rivista trimestrale, Anno VI - Numero 1
marzo 2015
ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali
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i po tes i ri co s trutti ve Diverse applicazioni del restauro virtuale Regium@Lepidi 2200 project Mobile e RealtĂ Aumentata a Urbino Digitalizzazione accurata per la valorizzazione
D i g i ta li
EDITORIALE
Internet
dei monumenti,
ovvero a ciascuno il suo indirizzo
IP
Rilevamento e acquisizione di dati attraverso sensori sempre più sofisticati e precisi, accesso e utilizzo di basi di dati sempre più complesse e ricche, accresciuta capacità di analisi, elaborazione e fruizione dei dati attraverso servizi sempre più innovativi, uso di Internet. Sono queste le principali direttrici lungo le quali sta rapidamente evolvendo il settore delle tecnologie applicate ai beni culturali. Un processo che si sviluppa attraverso e nella combinazione di tecnologie costituite da componenti infrastrutturali, ovvero i dispositivi e le reti di telecomunicazione, e applicative, ovvero i prodotti software che consentono di fruire dei servizi e la relativa capacità di elaborazione dei dati. Lo sviluppo e la diffusione pervasiva dei dispositivi integrati in grado di comunicare tramite reti wireless è certamente tra i fenomeni più significativi che accompagnano questo processo. Smartphone, tablet, watch sono in grado oggi, grazie a sensori, di misurare e di aggregare in modo continuo dati di ogni tipo determinando a loro volta lo sviluppo di un vastissimo spettro di applicazioni che interagiscono con sistemi remoti tramite Internet e le sue applicazioni. Che i dispositivi siano sensori chimici o fisici per la rilevazione di parametri come temperatura, umidità, vibrazioni, luminosità, inquinamento oppure elettronici, spesso a bassissimo consumo di potenza, per l’acquisizione di immagini per la riproduzione virtuale, l’analisi bi-tridimensionale o il trasferimento a distanza, il tipo di infrastruttura di rete necessaria al loro uso e i componenti da utilizzare risultano sempre definiti in funzione dell’ambiente e dei requisiti di servizio, tra cui il volume delle informazioni e la eventuale necessità del tempo reale. Per la loro flessibilità e non invasività i sistemi senza filo appaiono essere quelli più adatti per lo scenario dei beni culturali e ne esistono di tutti i tipi, selezionabili in base alle distanze o alle aree da coprire ma anche in base alla tecnologia di tipo terrestre (GSM, UMTS, WiMax, LTE, DVB T/TV analogica, WiFi, Hiperlan, Reti Ad hoc e NFC, che non richiedono infrastruttura) o spaziale (Satellite, HAPs e droni). Ciascuna di queste tecnologie offre differenti caratteristiche e prestazioni che trovano la loro utilizzazione ottimale di volta in volta a seconda dell’applicazione e dello scenario, anche combinando due o più di esse. Proprio grazie alle differenti caratteristiche si possono scambiare informazioni in qualsiasi luogo (in un sotterraneo o su un’isola in mezzo all’oceano, nel deserto o nella città più edificata del mondo) sia da fermi che in mobilità e anche quando non esiste un'infrastruttura vera e propria (caso delle reti ad hoc, di NFC e dell’istradamento opportunistico) oppure quando il collegamento subisce lunghe interruzioni (grazie all’uso di protocolli Delay Tolerant Networks o di realizzazione di cache) oppure quando non ci sono infrastrutture terrestri usando collegamenti satellitari. La capacità trasmissiva sarà disponibile in base alle esigenze, da pochi kbit/s (per trasmissione parametri fisici di monitoraggio) fino a 100 Mbit/s (per trasmissione in tempo reale di immagini fisse o in movimento ad altissima definizione). Tutto ciò sta sulla scia del paradigma tecnologico dell’Internet of Things (IoT) ovvero l’Internet delle cose. Ogni oggetto e i dispositivi operanti su di esso potranno essere dotati di un indirizzo IP (come fino a ieri praticamente solo i PC e oggi anche gli smartphone) e scambieranno dati attraverso la rete, un Internet dinamico. La gamma delle possibili applicazioni nei vari campi e in quello del patrimonio culturale in particolare, con implicazioni giuridiche tutte da esplorare e normative da adeguare, è sterminato e ha solo il limite della creatività umana. L’ondata tecnologica della realtà aumentata sta per cambiare la nostra vita. Durante un recente intervento al World Economic Forum, Davos Eric Schmidt, presidente del consiglio di amministrazione di Google, ha delineato con chiarezza il futuro che ci aspetta: «Ci saranno talmente tanti indirizzi IP, talmente tanti dispositivi, sensori, cose che indosseremo, cose con cui interagiremo che non ce ne accorgeremo neppure più (di internet n.d.r.). Diverrà una presenza costante. Immagini di camminare in una stanza, e che quella stanza sia dinamica. E che, con il tuo permesso e tutto quel che serve, tu interagirai con gli oggetti che sono nella stanza». Miliardi di sensori entro pochi anni pronti a dialogare fra loro, big data su cui si accingono a operare il big understanding e l’Intelligenza Artificiale. Non è il mondo reale che evapora dinanzi ai nostri occhi nella sua replica virtuale che Baudrillard pessimisticamente preconizzava come nostra condizione e destino ma forza l’uomo che antropizza la realtà sempre più in profondità, tentando prometeicamente di replicare la propria struttura e i propri meccanismi vitali nel mondo.
Michele Fasolo michele.fasolo@archeomatica.it
IN QUESTO NUMERO DOCUMENTAZIONE 6 Il Kouros di Reggio - Due ipotesi ricostruttive di Simonetta Bonomi, Maurizio Paoletti e Rosanna Pesce
In copertina il modello numerico tridimensionale della testa del Kouros, in una vista unificata delle mesh e della superficie texturizzata, risultante dal rilievo laser eseguito con la strumentazione della digi. Art basata sulla tecnologia “MultiStripe Laser Triangulation (MLT)” della Next Engine con una precisione del dato fino a 0.02 cm. Il modello tridimensionale definitivo è ottenuto dalla fusione di due operazioni di rilievo con elaborazione dei dati attraverso il software per la scultura digitale ZBrush della Pixologic.
Codevintec
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Cultour Active
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Ecox
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Ett
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Flytop
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Geco
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Geogrà
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GEOmedia
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Noreal
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10 Digital Mont’e Prama: dalla digitalizzazione accurata alla valorizzazione di uno straordinario complesso statuario di Enrico Gobbetti, Ruggero Pintus, Fabio Bettio, Fabio Marton, Marco Agus e Marcos Balsa Rodriguez
RESTAURO 16 Restauro archeologico e restauro librario - Due Diverse applicazioni del restauro virtuale per la conservazione del patrimonio dei Beni Culturali di Giulia Dionisio, Anna Margherita Jasink, Giovanna Lazzi e Daniele Licari
Salone del Restauro di Ferrara 2 TECHNOLOGYforALL
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ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali Anno VI, N° 1 - marzo 2015
Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e, in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione avanzata del web con il suo social networking e le periferiche "smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.
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RUBRICHE
RIVELAZIONI 22 Due taccuini romani di disegni: un’idea della smartcity di fine Seicento
di
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Soluzioni allo Stato dell'Arte
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SCHEDA TECNICA 30 3DZ: Soluzioni innovative per la stampa 3D A cura di 3DZ
38 AGORÀ
MUSEI E FRUIZIONE 32 Mobile e Realtà Aumentata al Palazzo Ducale di Urbino: il museo è digitale di Ramona Quattrini, Roberto Pierdicca,
Notizie dal mondo delle Tecnologie dei Beni Culturali
41 ERRATA CORRIGE 50 EVENTI
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GUEST PAPER 42 Regium@Lepidi 2200 Project di Maurizio Forte e Nevio Danelon
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DOCUMENTAZIONE
I l Kouros
di
R eggio
DUE IPOTESI RICOSTRUTTIVE
Fig. 1 - Le fasi di sviluppo dell’ipotesi ricostruttiva digitale. Da sinistra: modello numerico tridimensionale generato dalle scansioni (a luce strutturata e a laser per triangolazione ottica) e rilievo delle textures (fase 1); modello con una texture neutra (fase 2); applicazione delle textures originali per la testa e di quelle elaborate per il corpo (fase 3); le due ipotesi ricostruttive digitali nelle versioni con arco e lira, e con patera nella mano sinistra (fasi 4 e 5).
di Simonetta Bonomi, Maurizio Paoletti e Rosanna Pesce
Le nuove tecnologie al servizio della cultura e della conoscenza dell’arte dell’antica Grecia. L’ipotesi di ricostruzione digitale della statua del Kouros di Reggio Calabria effettuata con uno scanner a pistola Artec MH e il “MultiStripe Laser Triangulation (MLT)”.
I
l progetto di una ricostruzione virtuale della statua del Kouros di Reggio Calabria, promosso dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria ed eseguito dalla digi.Art servizi digitali per l’Arte, le Esposizioni e il Marketing, è iniziato con l’elaborazione delle scansioni tridimensionali e del corredo fotografico di cui disponeva la Soprintendenza, integrata dall’esame delle pubblicazioni finora edite sulle rappresentazioni dei kouroi sia della Grecia che della Sicilia. La storia del ritrovamento del Kouros reggino è alquanto travagliata. La statua fu notata casualmente durante un controllo della Polizia Tributaria di Reggio Calabria in casa di un imprenditore edile ed era il frutto mai denunciato di un rinvenimento fortuito effettuato intorno al 1990 in un cantiere del centro cittadino: da quel momento iniziò un lungo iter giudiziario per recuperarlo alla pubblica fruizione, che portò nel 2000 la Soprintendenza ad acquisirlo in conseguenza di una sentenza del Tribunale di Reggio Calabria. La magnifica statua in marmo venne quindi esposta al Museo Archeologico Nazionale. Con la chiusura nel novembre del 2009 del Museo Archeologico Nazionale per l’avvio dei lavori di ristrutturazione, il Kouros fu portato, insieme ad altri preziosi capolavori come le due teste bronzee di Basilea e del Filosofo da Porticello, presso la sala Federica Monteleone di Palazzo Campanella,
sede del Consiglio Regionale della Calabria, che per l’occasione fu predisposta per esporre una selezione significativa delle opere più importanti e per ospitare anche il Laboratorio di Restauro dei Bronzi di Riace, garantendo così un minimo di pubblica fruizione delle raccolte museali anche nel periodo del cantiere. Come i Bronzi di Riace ed altri capolavori del Museo, anche il Kouros fu allora oggetto di una campagna di rilievo con laser scanner 3D, oltre che di diagnostica generale con gammagrafie, grazie al supporto finanziario del Consiglio Regionale della Calabria. Nel 2012, su iniziativa della società “Progetto Magna Graecia”, presieduta da Pino Arlacchi, e con l’adesione della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, fu organizzata una mostra archeologica nella sede del Parlamento Europeo a Bruxelles dal titolo ”Alle radici dell’Europa Progetto Magna Graecia: un grande passato davanti a noi”: in tale occasione si sentì la necessità di affiancare al Kouros una sua ipotesi ricostruttiva digitale a colori per migliorare la comprensione del reperto da parte del pubblico e degli studiosi esperti di statuaria greca. L’esperimento di ipotesi ricostruttiva ha dato i risultati attesi ad un punto tale da spingere a proseguire nella ricerca e da crearne una seconda, realizzata poco dopo. Ad oggi le due ipotesi sono esposte accanto all’opera originale nel rinnovato Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria.
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LA REALIZZAZIONE DELLA PRIMA IPOTESI DIGITALE Il rilievo dell’opera è stato effettuato sulla scorta di una doppia tecnologia di scansione: si è utilizzato uno scanner a pistola per l’intera figura senza rilevamento delle textures ed uno scanner laser a triangolazione ottica rilevando anche le textures, in particolare quelle della testa. Con lo scanner a pistola Artec MH, sono state acquisite le superfici direttamente come mesh e successivamente rettificate (in loco) tramite le prime procedure di allineamento fine e globale per cercare di comporre le superfici d’insieme. Per la testa della statua e per la capigliatura, si è optato per l’utilizzo dello scanner con tecnologia “MultiStripe Laser Triangulation (MLT)” della Next Engine, tecnologicamente più preciso ed in grado di rilevare anche le textures dell’oggetto associando ai punti rilevati il colore proprio delle superfici (includendo quindi le patine, le variazioni cromatiche, ecc.). Questa tipologia di rilievo tridimensionale ha permesso di acquisire i dati direttamente a colori creando così una perfetta copia virtuale del Kouros con una precisione del dato fino a 0.02 cm.. Ulteriore accortezza è stata adottata nei confronti della gestione della luce così da eliminare le ombre dovute all’illuminazione dell’ambiente in cui si è eseguita la scansione, ottenendo textures più realistiche. Con lo strumento a luce strutturata si sono inizialmente generate le nuvole di punti che hanno subìto un primo processo di allineamento direttamente sul cantiere di rilievo, per poi essere completate nelle operazioni di post processing. Terminata la fase di riprese sul campo, si è proceduto con la post produzione e le lavorazioni di modellazione e texturing. Le nuvole sono state quindi trattate con le operazioni necessarie per l’eliminazione dei punti isolati e del rumore e con la correzione di eventuali piccole deviazioni. In questo modo si sono costruite tutte le superfici (mesh) in maniera definitiva ed a queste sono state associate le textures colorate precedentemente trattate con il software ScanStudio HD nativo della Next Engine. Dopo aver elaborato le scansioni 3D con laser scanner a triangolazione ottica e quelle con scanner a pistola, in collaborazione con lo studio di architettura Asastudio di Napoli, si è portata avanti la fase di studio ricostruttivo in collaborazione con la Soprintendente Simonetta Bonomi e con il Prof. Maurizio Paoletti dell’Università della Calabria, grazie anche all’aiuto prezioso generosamente prestato da vari esperti di statuaria greca e magno-greca.
Fig. 2 - Il modello numerico tridimensionale della testa del Kouros, in una vista unificata delle mesh e della superficie texturizzata, risultante dal rilievo laser eseguito con la strumentazione della digi.Art.
Il modello tridimensionale ottenuto dalla fusione delle due operazioni di rilievo è stato elaborato con il software per la scultura digitale ZBrush della Pixologic, lasciando comunque il modello digitale di base invariato su un livello di lavoro separato. Per completare il modello tridimensionale copia dell’originale statua, mancante in parte degli arti inferiori e superiori, si è sovrapposto un modello umano completo appositamente creato, corrispondente alle masse e alla posizione suggerita dal Kouros stesso. Grazie agli esperti studiosi che ci hanno fornito indicazioni preziose sulle parti mancanti, stabilita la posizione,
Fig. 3 destra: particolare dell’ipotetico volto del Kouros con la ricostruzione digitale della parte mancante del naso (zona delle cartilagini alari) e l’applicazione dell’ipotetica coloritura della chioma e del volto. A sinistra: immagine del modello tridimensionale di partenza.
Fig. 4 - Studio e ricostruzione digitale della corona di foglie di alloro facente parte degli ipotetici ornamenti attribuiti al Kouros. Sono evidenziati il colore brillante del bronzo appena fuso e la struttura tridimensionale generata dalla modellazione digitale.
Fig. 5 - Ricostruzione digitale tridimensionale della lira, strumento musicale attribuito al dio Apollo. La ricostruzione proviene da studi precedentemente fatti da archeologi e disegnatori della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria.
si sono proiettati i dettagli integri del modello originale sul modello digitale completo. Si è scolpito digitalmente il resto mantenendone lo stile anche con il supporto di riferimenti fotografici di sculture simili. Si è quindi proceduto a scegliere la texture marmorea di rivestimento: volendo riproporre una immagine il più possibile vicina all’originale, si è scelto il materiale più simile a quello del Kouros, cioè il marmo di Paros, e lo si è applicato al modello. La fase dello studio della postura, dei tratti somatici mancanti (il naso andò perduto precedentemente al rinvenimento) e della modellazione e coloritura, oltre alla creazione e applicazione al Kouros degli elementi simbolici caratteristici e decorativi è stata realizzata dalla digi.Art e dai suoi collaboratori. A questo punto, sulla scorta di pubblicazioni e dal confronto con gli studiosi, si è provveduto a realizzare la coloritura della statua secondo i canoni estetici antichi e, selezionando il colore rosso di fondo che si è mantenuto quasi inalterato sulla testa, si è resa la capigliatura di un colore biondo rossiccio con l’aggiunta di un effetto dorato. Considerata la presenza di due file di fori sulla fronte, indizio dell’esistenza di un ornamento della testa in materiale metallico, è stata poi aggiunta una corona di foglie di alloro con il colore brillante del bronzo appena fuso. Il problema più spinoso è stato la postura da dare agli avambracci e alle gambe, andati perduti: dopo un’analisi attenta delle indicazioni anatomiche fornite dalle scansioni in 3D, le gambe sono state integrate come fossero in procinto di accennare il passo, mentre le braccia, evidentemente ben discostate dal torso nella statua originale, sono state rese leggermente aperte e piegate in una posizione quasi speculare, con una leggera differenza di altezza tra il braccio destro ed il sinistro suggerita dall’originale. Il braccio sinistro è stato collocato più in basso e con il palmo della mano rivolto verso l’alto. Il modello ricostruttivo risultante ha restituito una figura che si discosta dai canoni usuali dei kouroi, ovvero da quella categoria di statue tipica dell’arte greca arcaica che raffigurava giovani uomini nudi stanti con le braccia aderenti al corpo e che veniva impiegata come segnacolo di tombe oppure come ex-voto nei santuari. Questo fatto ha portato il team a riprendere ed a confermare l’ipotesi, recentemente già avanzata da alcuni studiosi, che si tratti di un piccolo Apollo offerente. Per definirne l’impostazione ci si è riferiti principalmente alla statua bronzea di Apollo esposta nel Museo del Pireo ad Atene. Quindi sono stati aggiunti un arco, l’arma tipica di Apollo, nella mano destra e una coppa nella mano sinistra in segno di offerta. LA SECONDA IPOTESI Poiché però la statua si prestava ad altre integrazioni ricostruttive la digi.Art ha successivamente realizzato una nuova versione digitale basata sul confronto con una raffigurazione più vicina nel tempo e nello spazio al nostro Kouros: un pinax, ovvero un quadretto votivo
di terracotta, dal santuario della Mannella di Locri dove il giovane dio con arco e lira rende omaggio ai signori dell’oltretomba Ade e Persefone. LA NUOVA COLLOCAZIONE Grazie all’impegno dell’allora Ministro Massimo Bray, del Direttore Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria Francesco Prosperetti e di tutti i tecnici del MiBACT, dell’ISCR, della Soprintendenza, dell’ENEA e della digi.Art tutti i reperti esposti temporaneamente a Palazzo Campanella sono stati riportati nel dicembre 2013 all’interno del nuovo Museo Archeologico Nazionale di Reggio Calabria. Essendo stata ultimata la sala dei Bronzi di Riace, si è reso necessario realizzare un allestimento provvisorio per arricchire la visita. Il Kouros ha trovato così la sua collocazione proprio prima dell’ingresso alla sala di decontaminazione che introduce il pubblico ai Bronzi di Riace. Accanto alla statua è stato posizionato un grande monitor che presenta ai visitatori le due ipotesi ricostruttive digitali dando così la possibilità di apprezzare e di comprendere l’abilità artistica dell’ignoto scultore, forse greco, forse magno greco, se non addirittura reggino, che con raffinata perizia lavorò il marmo pario per creare questo piccolo capolavoro. RINGRAZIAMENTI Si ringraziano per la collaborazione: Anna Maria Chilà (traduzione), AsaStudio NA (rilievo a luce strutturata), Claudio Martino e Antonio Tarantello (grafica e modellazione) Roberta Pileggi Schenal (disegni della lira e riferimenti sui Pinakes di Locri).
Abstract
The resulting reconstruction model brought back a figure distancing itself from the usual standard of the kouroi. Because of this, the Superintendence and digi.Art support and confirm the hypothesis of a young Apollo as offerer. In fact, in spite of some significant differences concerning the size and the style, its arrangement recalls the bronze statue of Apollo exhibited at the Piraeus Museum of Athens. Finally, the statue has also been provided with a bow - the Apollo’s typical weapon - in the right hand and with a bowl in the left one, as symbol of votive gift. Since the statue’s missing elements could leave themselves open to different reconstruction hypotheses, a digital adaptation has also been realized on the basis of a chronologically, geographically and stylistically nearer comparison. Such a basis is represented by a small terracotta tablet, a votive pinax from Locri, in which the young god with bow and lyre honours the king of the underworld Hades and his wife Persephone.
Parole Chiave
Kouros; Reggio Calabria; giovane Apollo; ricostruzione virtuale; ipotesi; laser scanner; Maurizio Paoletti; digi.Art di Rosanna Pesce; Simonetta Bonomi.
Autore Simonetta Bonomi (MiBACT Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria) Maurizio Paoletti (Università della Calabria) Rosanna Pesce rosannapesce@digiart-rc.it
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Tecnologie per i Beni Culturali
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DOCUMENTAZIONE
Digital Mont’e Prama: dalla digitalizzazione accurata alla valorizzazione di uno straordinario complesso statuario
Fig. 1 - Digital Mont’ Prama: installazione presso il museo archeologico di Cagliari.
di Enrico Gobbetti, Ruggero Pintus, Fabio Bettio, Fabio Marton, Marco Agus e Marcos Balsa Rodriguez
L'articolo illustra i principali risultati del progetto Digital Mont'e Prama. Il progetto è partito da una grande campagna di digitalizzazione 3D del complesso di Mont'e Prama, una straordinaria collezione di frammenti lapidei di epoca nuragica. Tecnologie innovative sono state studiate e sviluppate al fine di acquisire, elaborare e ricostruire rappresentazioni 3D molto dettagliate delle statue.
L
e sculture nuragiche di Mont’e Prama sono la più grande novità dell’archeologia sarda degli ultimi decenni. Ritrovate in una miriade di frammenti nell’area della singolare necropoli di Mont’e Prama, nel Sinis di Cabras, queste grandi sculture calcaree riproducono gli schemi figurativi e lo stile dei più elaborati bronzetti nuragici dell’età del Ferro e sono di enorme importanza storica e artistica. Anche se la loro precisa datazione non è ancora certa, alcune tra le più accreditate ipotesi potrebbero farne fra le più antiche sculture a tutto tondo del bacino mediterraneo (Usai, 2014). Le sculture ricomposte da un accurato progetto di restauro sono finora 38, suddivise in 5 arcieri, 4 guerrieri, 16 pugilatori e 13 modelli di nuraghe. Le dimensioni delle sculture variano dal metro circa per i nuraghi ai 2.5m per le sculture antropomorfe. Dopo una prima mostra tenutasi a Li Punti tra l’autunno del 2011 e la primavera del 2012, il Ministero per i Beni e le Attività Culturali e la Regione Autonoma della Sardegna hanno definito il programma di esposizione che si concluderà con l’allestimento museale definitivo; attualmente, il programma prevede iniziative temporanee di alta qualità nelle sedi del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, del Museo Civico di Cabras e del Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” di Roma. Altre iniziative a scala nazionale e internazionale sono altresì previste.
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Tecnologie per i Beni Culturali
Fig. 2 - Le sculture sono composte da frammenti mantenuti in posizione attraverso supporti metallici che rendono difficile l’utilizzazione efficace di metodiche standard per l’acquisizione di forma e colore a causa presenza di geometri estranee, ombre e occlusioni.
Il processo di restauro e musealizzazione è stato accompagnato negli ultimi anni da un imponente piano di sperimentazione scientifica e tecnologica, denominato Digital Mont’e Prama e realizzato dal gruppo Visual Computing del CRS4 in collaborazione con la Soprintendenza per i Beni Archeologici delle province di Cagliari e Oristano, avente l’obiettivo di fornire memoria digitale di grande accuratezza scientifica delle sculture e di creare strumenti di conoscenza e valorizzazione attraverso diverse forme di riproduzione virtuale e materica. Sfruttando sinergie con altre iniziative internazionali del CRS4, Il progetto ha portato allo sviluppo di nuove tecnologie per l’acquisizione di forma e colore di modelli 3D complessi, alla completa digitalizzazione ad alta risoluzione di tutte le sculture ricomposte, e allo sviluppo e applicazione di metodi per la riproduzione materica, la distribuzione in rete verso dispositivi mobili e la presentazione museale di repliche virtuali altamente realistiche. Tutto il software utilizzato nel progetto è stato sviluppato al CRS4 nell’ambito delle sue attività di ricerca. DIGITALIZZAZIONE ACCURATA DI FORMA E COLORE La digitalizzazione di oggetti d’arte per creare ricostruzioni virtuali sta diventando sempre più comune. Il complesso scultorio di Mont’e Prama, però, pone importanti problemi nell’utilizzo di tecnologie standardizzate, sia per il numero e la dimensione dei reperti da acquisire che, soprattutto, per la particolare complessità dell’acquisizione. Infatti, il processo di digitalizzazione, avvenuto post-restauro e da svolgersi senza contatto, si è dovuto confrontare con reperti ricomposti con l’aiuto di sostegni metallici. Com’è evidente dalla Figura 1, tali supporti, oltre a comportare la presenza di forme non desiderate nel dato acquisito, generano occlusioni che richiedono la ripresa da un gran numero di punti di vista e producono effetti d’ombra.
Fig. 3 - Pipeline di ricostruzione dei modelli digitali 3D da scansioni laser e fotografie. Tecniche innovative descritte in (Bettio, 2014) sono state ideate e utilizzate per rimuovere le geometri estranee e le ombre generate dai supporti.
11 Con le usuali tecniche di digitalizzazione, si sarebbe dovuto compiere un pesante lavoro manuale di post-processing per la pulizia della geometria e del colore, che, comunque, avrebbe solo potuto mascherare in maniera approssimativa gli effetti di colore dovuti all’ombra proiettata dai supporti. Per questo motivo, abbiamo ideato una nuova metodica per la digitalizzazione 3D attraverso l’uso combinato di acquisizione fotografica con luce controllata e scansione laser a triangolazione (vedi Figura 3). La procedura, descritta in dettaglio in (Bettio, 2014), lavoro che ha ricevuto il Best Paper Award a Digital Heritage 2013, riesce a produrre un modello accurato della forma dell’oggetto e a stimarne l’albedo riducendo al minimo le operazioni manuali sia in fase di acquisizione sia di post-processing. Per migliorare la ricostruzione e ridurre i tempi di calcolo e il numero di operazioni manuali, abbiamo inoltre combinato il metodo con tecniche di automazione di tutte le elaborazioni, soprattutto nelle fasi di ricostruzione delle superfici triangolate da nuvole di punti (Cuccuru, 2009), di registrazione delle foto sui modelli 3D (Pintus, 2014), e di applicazione dei colori ai modelli (Pintus, 2011). Le operazioni sul campo hanno riguardato l’acquisizione della geometria con scanner laser a triangolazione, per produrre mappe di profondità e di riflettanza, mentre il colore è stato acquisito attraverso fotografie, utilizzando il flash montato sulla camera come unica sorgente d’illuminazione. La forma di tutte le sculture è stata acquisita a una risoluzione di 0,25 mm mediante un Minolta Vivid 9i in modalità tele, per un totale di oltre 6200 scansioni e oltre 1.3 miliardi di campioni validi. Il colore è stato acquisito mediante una Nikon D200 con lente 50mm scattando oltre 3800 foto a dieci Mpixel. Tutte le fotografie sono state prese con un flash in una stanza scura, con otturatore 1/250s, apertura f/11.0+0.0, e ISO 400. Tutto il resto del lavoro è stato compiuto in post-processing. Un metodo semi-automatico è stato ideato per separare l’ingombro dei supporti dal materiale della scultura. Da un piccolo training set di mappe e fotografie segmentate a mano, un algoritmo di classificazione ha appreso una descrizione statistica del materiale della scultura, che è stata poi utilizzata per generare delle maschere di segmentazione sia per le mappe di profondità che per le fotografie a colori e utilizzate per rimuovere i dati 3D e di colore indesiderati, quali i supporti e le loro ombre. Il processo di segmentazione ha richiesto in media per ogni scultura nove minuti per la creazione delle maschere manuali, e sei minuti per la classificazione automatica su un processore 8-core. L’applicazione del processo automatico su tutte le trentotto sculture ha richiesto soltanto cinque ore, con una riduzione di un ordine di grandezza rispetto agli approcci manuali. I modelli 3D, liberi da dati estranei, sono poi stati creati utilizzando le nostre pipeline per la ricostruzione 3D e la mappatura di colore (Bettio, 2014). Le deviazioni di colore introdotte dalla luce del flash sono state corrette durante la fase di proiezione e fusione dei colori grazie alla conoscenza della posizione relativa della sorgente d’illuminazione rispetto a ogni punto illuminato. Invertendo un modello d’illuminazione basato su un’approssimazione Lambertiana della superficie, il colore apparente è stato trasformato in un’approssimazione dell’albedo. I modelli digitali ottenuti sono utilizzabili sia per la documentazione e conservazione del dato che per lo studio e la visualizzazione a fini di ricerca e divulgazione. La Figura 4 mostra un esempio di visualizzazione di una scultura ricostruita, con e senza colore, e una foto originale del modello. Si può notare la risoluzione elevata del modello virtuale e la qualità della visualizzazione.
Fig. 4 - Ricostruzione virtuale: confronto di una foto originale (immagine a sinistra) con la visualizzazione del modello 3D illuminato con una luce virtuale posizionata in modo da enfatizzare i dettagli geometrici. La foto al centro è senza colore, mentre la foto a destra utilizza la riflettanza diffusa misurata.
PROMOZIONE E VALORIZZAZIONE BASATA SU MODELLI DIGITALI 3D La promozione e la valorizzazione del patrimonio culturale sono parte integrante del processo di gestione del patrimonio stesso. I musei sono ormai diventati ambienti nei quali il visitatore accresce la propria esperienza tramite meccanismi attivi d’interazione e interpretazione e devono essere integrati in un eco-sistema in cui collezioni reali e digitali sono fuse per essere presentate sia a un’utenza locale, per arricchire le visite, sia remota, per attirare e/o fidelizzare i visitatori.
Fig. 5 - Sistema di esplorazione interattiva dei modelli ad alta risoluzione per installazioni museali: un setup innovativo, descritto in (Marton, 2014), e basato su tecnologie di visualizzazione multirisoluzione (Cignoni 2004) ed interfacce di navigazione interattiva semplificate (Balsa, 2014), consente ad i visitatori di apprezzare le ricostruzioni virtuali delle sculture fino al dettaglio più fine. La foto mostra l’installazione al museo archeologico di Cagliari.
Le attuali tecnologie di presentazione dei modelli 3D, al contrario di quelle ormai consolidate per immagini o video, non consentono, però, di sfruttare tutta questa potenzialità per simulare adeguatamente la qualità percettiva e ritornare al visitatore l’aura di un ambiente o di un’opera d’arte. Con i limiti attuali, derivanti dall’utilizzo di modelli semplificati, è pertanto difficile l’impiego di copie virtuali senza perdere le caratteristiche uniche dell’originale. Per la fruizione ed esplorazione interattiva dei modelli 3D delle sculture di Mont’e Prama, abbiamo pertanto realizzato sulla base di nostri precedenti risultati di ricerca un sistema hardware e software di visualizzazione tale da poter essere utilizzato in installazioni museali da gruppi numerosi ed eterogenei di visitatori, presentando loro i modelli alla massima qualità possibile (Marton, 2014) e per accedere alla stessa qualità di visualizzazione in maniera ubiqua attraverso terminali mobili. Inoltre, per permettere la fruizione tattile, stiamo anche lavorando sull’accurata riproduzione materica dei dettagli in riproduzioni a diverse scale. ESPLORAZIONE AD ALTA QUALITÀ IN AMBIENTE MUSEALE Fino a poco tempo fa, le ricostruzioni 3D hanno trovato il loro uso più efficace e diffuso attraverso presentazioni visive per lo più passive, come video o animazioni. L’interesse si sta, tuttavia, sempre più spostando verso metodi più attivi e flessibili, come i sistemi di navigazione virtuali, che coinvolgono maggiormente i visitatori, migliorandone l’esperienza complessiva di visita, che tende a essere personale, auto-motivata, ed esplorativa. Nel nostro approccio (vedi Figura 5), un sistema interattivo permette al visitatore di esplorare virtualmente alla massima risoluzione ogni singola scultura utilizzando uno schermo tattile collegato a un sistema a retroproiezione a grande schermo, di dimensione tale da consentire la visualizzazione a scala reale. La separazione tra i dispositivi d’interazione e visualizzazione consente di utilizzare superfici di proiezione di grosse dimensioni e permette a un numero elevato visitatori di osservare lo schermo nella propria interezza senza problemi di occlusione, apprezzando i modelli da distanza di comfort al dettaglio desiderato. In questo design lo schermo tattile non fornisce alcuna informazione visiva durante l’esplorazione dei modelli, per incoraggiare gli utenti a focalizzare la loro attenzione soltanto sulle sculture proiettate. Il design della tecnica di esplorazione ha tenuto conto dei requisiti raccolti durante una fase di analisi, che ha coinvol-
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Tecnologie per i Beni Culturali to esperti nel settore e potenziali visitatori, appartenenti a varie fasce di età e di diversa estrazione sociale e culturale. In generale, era richiesta una metafora di navigazione che fornisse feedback in tempo reale, aumentasse il senso di controllo e di comfort, supportasse un movimento continuo e fluido ed agevolasse la transizione tra l’esplorazione globale del modello e l’ispezione dei dettagli. Per soddisfare tali requisiti, abbiamo ideato un’interfaccia utente che combina un metodo di navigazione semplificato con un sistema di selezione di punti d’interesse per spostare la camera in punti di vista precalcolati. La tecnica di navigazione è descritta in dettaglio in (Balsa, 2014) e consiste in una rivisitazione della classica Virtual Trackball, che fa corrispondere spostamenti 2D sul touch screen a rotazioni attorno a due assi del sistema di coordinate della camera, entrambi ortogonali alla direzione di vista. Tali rotazioni avvengono rispetto a un centro di rotazione, su cui gli utenti non devono preoccuparsi di operare alcun controllo, poiché esso è calcolato in modo automatico. Infatti, quando un movimento di traslazione o rotazione è completato, un nuovo perno è calcolato sulla base dell’attuale punto di vista, ponendolo approssimativamente al baricentro della superficie visibile attraverso di un campionamento stocastico dei punti visibili sulla superficie in quell’istante (Balsa, 2014). L’utente ha inoltre a disposizione uno strumento di navigazione guidata basato sulla selezione dei punti d’interesse più vicini (Marton, 2014; Balsa, 2015), che consente all’utente di esplorare l’oggetto attraverso posizioni di osservazione che sono state precedentemente definite e commentate. La selezione di una delle immagini sposta il punto di vista sino alla posizione associata all’immagine e mostra in sovra-impressione le informazioni associate. Tali informazioni restano visibili sino a quando l’utente non decide di spostarsi in un’altra posizione. Poiché il sistema deve visualizzare sculture decorate e contenenti dettagli finissimi, occorre tener conto che i modelli contengono informazioni d’interesse a diversa scala, e in particolare sia la macrostruttura delle sculture che i dettagli di lavorazione più fini, visibili utilizzando dati sub-millimetrici. Per assicurare prestazioni in tempo reale su dataset di notevoli dimensioni visualizzati a elevata risoluzione, abbiamo sfruttato speciali strutture dati multirisoluzione e algoritmi adattativi (Cignoni, 2004; Marton, 2014). Grazie a tali tecniche, la complessità di tutte le operazioni dipende solo dalla complessità (limitata) dell’immagine da presentare agli utenti, piuttosto che dalla complessità (potenzialmente illimitata) del modello. Si possono pertanto garantire in ogni momento un’elevata accuratezza della visualizzazione e prestazioni in tempo reale durante l’esplorazione dei modelli, sia a livello di macrostruttura sia a quello di microstruttura. Un singolo PC grafico riesce infatti a sostenere frame-rate superiori ai 30 fotogrammi al secondo presentando i modelli ad una risoluzione di 0.5 triangoli/pixel. Due versioni del sistema sono state installate presso i Musei Archeologici di Cagliari e Cabras, a corredo delle esposizioni delle sculture di Mont’e Prama (vedi Figura 5). L’inaugurazione delle esposizioni è avvenuta a Marzo del 2014, e da allora, il sistema interattivo è stato utilizzato da decine di migliaia di persone. Un’altra installazione è stata visibile a Roma, al Museo Nazionale Preistorico Etnografico “Luigi Pigorini” per il periodo 29 novembre 2014 - 21 marzo 2015. DISTRIBUZIONE IN RETE E APPLICAZIONI PER DISPOSITIVI MOBILI Per assicurare la fruizione remota dei modelli 3D delle sculture di Mont’e Prama, sulla base delle tecnologie di visualizzazione sviluppate per il sistema museale, stiamo realizzando un’architettura client-server per l’esplorazione inte-
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Fig. 6 - Esplorazione interattiva dei modelli digitali su dispositivi mobili: un’interfaccia semplificata (Balsa, 2014) ed un’architettura client-server (Balsa, 2013) consentono di visualizzare i modelli digitali ad alta risoluzione su smartphone e tablet di nuova generazione.
rattiva dei modelli su dispositivi mobili, i cui primi risultati sono descritti in dettaglio in (Balsa, 2013) e (Balsa, 2014). La visualizzazione delle sculture di Mont’e Prama su piattaforme mobili avviene riducendo la banda e la memoria locale necessarie attraverso un metodo di compressione che permette la visualizzazione diretta del dato compresso e migliorando i meccanismi di richiesta asincrona durante la visualizzazione per evitare che l’applicazione si blocchi quando i dati richiesti non sono ancora disponibili. Una versione semplificata dell’interfaccia realizzata per l’applicazione museale è utilizzata per realizzare un’applicazione mobile su dispositivi Android. In Figura 6, si possono osservare alcuni esempi di esplorazione di modelli ad alta risoluzione delle sculture di Mont’e Prama su smartphone e tablet di nuova generazione. ARRICCHIMENTO DELLA FRUIZIONE ATTRAVERSO RIPRODUZIONI MATERICHE La disponibilità di un modello digitale 3D completo ad alta risoluzione di ogni scultura rende possibile con le attuali tecnologie di stampa 3D di realizzarne repliche fisiche a qualsiasi scala e in molti tipi di materiale. Negli ultimi anni, le tecniche di stampa 3D sono diventate sempre meno costose e hanno migliorato la loro qualità di stampa. Nel cam-
Fig. 7 - Riproduzione materica. Nuovi metodi di miglioramento delle stampe 3D, descritti in (Cignoni,2008) e (Cignoni, 2010) sono stati ideati ed utilizzati per ottenere delle repliche fisiche con dettagli riconoscibili anche a piccola scala. La figura mostra riproduzioni in scala 1:10.
po dei beni culturali, la stampa 3D avviene spesso utilizzando materiali in polvere, come il gesso, che producono oggetti dall’aspetto sabbioso e dal colore diffuso e opaco, che possono essere eventualmente colorati per rappresentare delle trame di colore definite dall’utente. Nonostante questi materiali siano appropriati per la riproduzione di sculture in pietra, le loro proprietà ottiche e fisiche limitano la presenza di dettagli fini nelle riproduzioni a piccole scale. Abbiamo pertanto sviluppato dei metodi innovativi che migliorano la riproduzione di colore e forma delle stampanti 3D, per migliorare la percezione dei dettagli attraverso ombreggiature (Cignoni, 2008) e per conservare dettagli fini in repliche in scala (Cignoni, 2010). In Figura 7 vengono mostrati alcuni modelli in gesso alla scala 1:10. La stampante utilizzata è una ZCorp-Z450. CONCLUSIONI L’esperienza del progetto Digital Mont’e Prama rappresenta un notevole esempio di sinergia tra competenze tecnologiche, informatiche e archeologiche. La speranza è che i risultati positivi del progetto possano contribuire a sensibilizzare i soggetti coinvolti nel settore in modo che la digitalizzazione accurata e la valorizzazione attraverso strumenti innovativi del patrimonio culturale diventi prassi diffusa. A tal proposito, la nostra esperienza ci porta a essere convinti che le tecnologie digitali possano rendere l’accesso ai beni culturali sempre più semplice, immediato, e appagante, e che le ricadute possano essere sempre più positive sia sul piano della conoscenza che sul piano della preservazione. RINGRAZIAMENTI Il lavoro è stato svolto dallo staff del gruppo Visual Computing del CRS4. Gli autori ringraziano in particolare Jose Diaz, Alberto Jaspe, Giovanni Pintore, Antonio Zorcolo, Roberto Combet, Emilio Merella e Alex Tinti per il supporto tecnico, l’effettuazione della campagna di acquisizione e l’aiuto nella realizzazione delle installazioni museali, così come Katia Brigaglia e Cinzia Sardu per il supporto logistico e amministrativo. Gli autori ringraziano inoltre Marco Minoja, Elena Romoli e Alessandro Usai della Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Cagliari e Oristano per il supporto al progetto e la continua collaborazione, e Daniela Rovina, Alba Canu, Luisanna Usai e il personale di Centro di Restauro e Conservazione dei Beni Culturali di Li Punti per il loro aiuto durante la campagna di scansione. Questo lavoro è stato supportato dal progetto UE FP7 290277 (DIVA), dal progetto HELIOS (RAS L7), dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici per le Province di Cagliari e Oristano e dalla Regione Sardegna.
S.T.Art
Diagnostica per Arte, Territorio e Ambienti
Test
Bibliografia M. Balsa Rodriguez, E. Gobbetti, F. Marton, A. Tinti. Compression-domain Seamless Multiresolution Visualization of Gigantic Meshes on Mobile Devices. Proc. ACM Web3D International Symposium, 99-107, June 2013. M. Balsa Rodriguez, M. Agus, F. Marton, E. Gobbetti. HuMoRS: Huge models Mobile Rendering System. Proc. ACM Web3D International Symposium, 7-16. 2014. F. Bettio, R. Pintus, A. Jaspe Villanueva, E. Merella, F. Marton, E. Gobbetti. Mont'e Scan: Effective Shape and Color Digitization of Cluttered 3D Artworks. ACM Journal on Computing and Cultural Heritage, 8(1), 4:1-4:23, 2015. M. Balsa Rodriguez, M. Agus, F. Marton, E. Gobbetti. Adaptive Recommendations for Enhanced Non-linear Exploration of Annotated 3D Objects. Computer Graphics Forum, 34, 2015. Proc. EuroVis 2015. To appear. P. Cignoni, F. Ganovelli, E. Gobbetti, F. Marton, F. Ponchio, and R. Scopigno. Adaptive TetraPuzzles - Efficient Out-of-core Construction and Visualization of Gigantic Polygonal Models. ACM Transactions on Graphics, 23(3), 796-803, 2004. P. Cignoni, E. Gobbetti, R. Pintus, R. Scopigno. Color Enhancement Techniques for Rapid Prototyping. VAST, 9-16, 2008. P. Cignoni, R. Pintus, E. Gobbetti, Roberto Scopigno. Shape Enhancement for Rapid Prototyping. The Visual Computer, 26(6--8), 831-840, 2010. G. Cuccuru, E. Gobbetti, F. Marton, R. Pajarola, R. Pintus. Fast low-memory streaming MLS reconstruction of point-sampled surfaces. In Graphics Interface, 15-22, 2009. R. Pintus, E. Gobbetti, M. Callieri. Fast Low-Memory Seamless Photo Blending on Massive Point Clouds using a Streaming Framework. ACM Journal on Computing and Cultural Heritage, 4(2), article 6, 2011. R. Pintus, E. Gobbetti. A Fast and Robust Framework for Semi-Automatic and Automatic Registration of Photographs to 3D Geometry. ACM Journal on Computing and Cultural Heritage, 2015. F. Marton, M. Balsa Rodriguez, F. Bettio, M. Agus, Alberto Jaspe Villanueva, Enrico Gobbetti. IsoCam: Interactive Visual Exploration of Massive Cultural Heritage Models on Large Projection Setups. ACM Journal on Computing and Cultural Heritage, 7(2), article 12, 2014. A. Usai, M. Minoja (a cura di), Le sculture di Mont'e Prama - Contesto, scavi e materiali, Gangemi 2014.
Abstract
The paper outlines the main outcomes of the Digital Mont'e Prama project, which started from a large scale acquisition campaign of the Mont'e Prama complex, an extraordinary collection of stone fragments from the Nuragic era, depicting larger-than-life archers, warriors, boxers, as well as small models of prehistoric nuraghe (cone-shaped stone towers). The acquisition campaign has covered 36 statues mounted on metallic supports, acquired at 0.25mm resolution, resulting in over 6200 range scans (over 1.3G valid samples) and over 3400 10Mpixel photographs. Innovative technologies were studied and developed in order to acquire, process, and reconstruct highly-detailed 3D representations of the statues. These digital surrogates, in addition to documenting the conservation status of the objects, are exploited for a variety of valorization applications, ranging from physical replicas for tactile museums, to networkbased frameworks for interactive exploration on mobile devices and high-end projection-based interactive installation in museum settings.
Parole
chiave
Mont’e Prama; Digitalizzazione 3D; Esplorazione Virtuale; Riproduzione Materica; Istallazioni Museali
Autori
Enrico Gobbetti - gobbetti@crs4.it, Ruggero Pintus, Fabio Bettio, Fabio Marton, Marco Agus, Marcos Balsa Rodriguez CRS4 Visual Computing –
http://www.crs4.it/vic/
Technology and services for art and environment diagnostics
Our services Imaging and Scanning IR reflectography False Colour IR imaging UV Fluorescence CT and Radiography XRF analysis and mapping IR Termography Ultrasonic testing GPR surveys Microclimate
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Tecnologie per i Beni Culturali
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RESTAURO
Restauro Archeologico
e
Restauro Librario
Due
diverse applicazioni
del restauro virtuale per la conservazione del patrimonio dei
Beni Culturali
di Giulia Dionisio, Anna Margherita Jasink, Giovanna Lazzi e Daniele Licari Fig. 2 - Le due giare a staffa da Rodi, Inv. 198805 e 198761, prima dell’attuale intervento di restauro.
L’articolo illustra differenti modalità di approccio al restauro virtuale, sia dal punto di vista del restauro archeologico che del restauro librario e come questi, interagendo fra loro attraverso la ricostruzione virtuale, permettano la ricostruzione e la conservazione del patrimonio artistico.
L
o scopo di questo lavoro è quello di mostrare come, partendo da ambiti completamente diversi all’interno della conservazione dei beni culturali, si possa ampliare l’orizzonte delle singole discipline attraverso un percorso virtuale: tale percorso permette di recuperare informazioni parallele utili ad una lettura globale dei reperti antichi, siano essi oggetti tridimensionali come la ceramica archeologica che bidimensionali come i manoscritti. L’idea di un confronto di metodologie e risultati del restauro archeologico e librario nasce da una collaborazione fra @egean, laboratorio di Civiltà Egee (http://aegean.sns.it) dell’Università di Firenze e la Biblioteca Riccardiana di Firenze, già in atto per esplorare metodologie di ricerca comuni di Enti che apparentemente si occupano di realtà distanti nel tempo e nello spazio (le culture egee e vicino orientali del II millennio a.C. e la cultura fiorentina del II millennio d.C.). Queste e analoghe collaborazioni evidenziano anche all’esterno come la ricerca nella nostra città sia estremamente attiva e attuale. Limitandoci ai due centri qui considerati, i risultati positivi già acquisiti (Bombardieri, Jasink: forthcoming; Jasink, Verdiani 2013) hanno dato impulso a nuove interazioni e il restauro virtuale fornisce un punto di incontro indiscutibile. Le moderne tecnologie informatiche, sempre più sofisticate, permettono analisi innovative, interpretazioni e ricomposizioni di dati nei più svariati campi delle discipline umanistiche e scientifiche, consentendo la creazione di realtà virtuali (Dionisio, Licari 2014). Le potenzialità teoriche, interpretative, euristiche e applicative di queste metodologie sono straordinarie. Ciò è vero in particolare nel settore della salvaguardia del patrimonio artistico e culturale per le
peculiarità degli oggetti di studio (unicità delle opere, necessità di esperimenti o tentativi rigorosamente controllati, dislocazione di reperti correlati da un punto di vista storico e/o geografico, complesse vicende di interventi conservativi pregressi, ecc.). In questo contesto si sono notevolmente sviluppati i concetti e le pratiche del Restauro Virtuale, con un’ampia documentazione scientifica (si veda l’apparato bibliografico). Il restauro virtuale ha valenze molteplici. In prima istanza è una metodologia non invasiva che agisce su fedeli riproduzioni digitali bi- e tri-dimensionali evitando un contatto fisico col reperto o il suo trasporto fuori del luogo di conservazione o ritrovamento. E’ così possibile, in totale sicurezza, sperimentare operazioni di restauro alternative a quelle tradizionali, più rischiose per l’opera d’arte. Le ricostruzioni strutturali possono includere il restauro di superfici danneggiate, abrase o deteriorate nel tempo, il completamento di decorazioni cromatiche e tentativi di ricostruzione di oggetti, partendo da semplici frammenti. Il restauro virtuale è uno strumento particolarmente utile, propedeutico a interventi fisici di restauro, permettendo la valutazione preliminare di più linee d’intervento. Esso si può sostituire, almeno in un primo momento, al restauro “tradizionale” e fornire un punto di partenza – e talvolta anche di arrivo – sia per ricostruzioni architettoniche di monumenti che per la ricomposizione di reperti ceramici, mosaici, affreschi, sculture e patrimoni librari. Il restauro virtuale è un aspetto specifico della “Virtual Archaeology”, che intende ricostruire paesaggi e contesti ambientali in cui collocare i reperti. Più in generale, le metodologie virtuali giocano un ruolo importante per studi scientifici di caratte-
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Tecnologie per i Beni Culturali
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re archeologico, storico-geografico e librario, e allo stesso tempo sono un potente strumento di formazione e divulgazione (A.M.J.). IL RESTAURO VIRTUALE APPLICATO ALLA CERAMICA ARCHEOLOGICA (G.D., A.M.J.) Gli interventi di conservazione e restauro della ceramica archeologica necessitano una conoscenza approfondita dei materiali, delle tecniche di fabbricazione e dei fenomeni di alterazione dovuti al contesto d’origine e di giacitura. Un manufatto ceramico è interessato, oltre che da un degrado di tipo chimico, anche da uno di tipo fisico (fragilità, decoesione, frammentarietà) che può rendere un restauro tradizionale non sempre possibile (Fig. 1). Inoltre, un restauro tradizionale con ripristino di funzionalità e leggibilità può indurre nuove cause di alterazione e danneggiamento nel tempo. Gli interventi conservativi del primo 1900 usavano spesso, per la pulitura, l’assemblaggio e l’integrazione dei reperti, materiali non idonei. La conoscenza delle caratteristiche chimiche e fisiche dei prodotti usati è essenziale per evitare puliture eccessive e irreversibili. Ma anche oggi, nonostante le nuove normative, il restauro tradizionale non è esente da rischi. Le rimozioni di alterazioni e incrostazioni superficiali richiedono cautela perché alcune di esse possono far parte della storia del manufatto, come ad esempio difetti di lavorazione o cambiamenti naturali causati dal tempo (Cavari 2007: 70). In ricostruzioni e reintegrazioni di parti mancanti, la situazione si complica ulteriormente per problemi estetici, strutturali ed etici. Le normative attuali prevedono una reintegrazione delle parti mancanti nettamente distinguibile dalla superficie originale. Non sempre, nel caso di vecchi restauri, questo principio è stato rispettato, richiedendo nuovi interventi. E’ oggi opinione comune che gli interventi di reintegrazione di parti mancanti si limitino al ripristino della funzione e alla comprensione della morfologia, evitando ricostruzioni estensive, spesso soggettive, con reintegrazioni maggiori rispetto alle porzioni conservate del manufatto o ricostruzioni arbitrarie non attendibili. Le tecnologie digitali sono una valida alternativa alle tecniche di restauro tradizionale, consentendo di effettuare sui manufatti ceramici interventi di restauro virtuale con notevoli vantaggi conservativi ed interpretativi. Un restauro virtuale consente, innanzitutto, di effettuare le operazioni necessarie alla conservazione non sul manufatto originale ma su una sua replica digitale estremamente aderente al modello. Questa possibilità esclude un contatto diretto con la ceramica, evitando di sottoporla a interventi manuali e a materiali che potrebbero danneggiarla. Un restauro virtuale da un lato permette una visualizzazione oggettiva della superficie del manufatto rispettandone l’autenticità, dall’altro consente di ripristinare il valore estetico delle ceramiche archeologiche ricostruendo virtualmente parti mancanti di elementi strutturali e decorativi senza alterare l’originale ed evitando problematiche di carattere etico. Per manufatti ceramici altamente frammentari, le tecnologie digitali possono essere utili nella ricomposizione dei frammenti, fornendo un valido aiuto nella pianificazione di eventuali interventi tradizionali. È opinione comune che una collaborazione tra restauro tradizionale e virtuale sia imprescindibile per la buona riuscita di un intervento di conservazione. La tecnologia digitale è estremamente utile, quindi, sia nei casi in cui un restauro di tipo tradizionale può essere attuato, integrando e giustificandone le metodologie di intervento, sia nei casi in cui quest’ultimo non può essere svolto per ragioni di fragilità e salvaguardia.
Fig. 1 - Le fasi principali del restauro conservativo sulla ceramica archeologica.
RESTAURO TRADIZIONALE E VIRTUALE: IL CASO DELLA CERAMICA EGEA DEL MUSEO ARCHEOLOGICO NAZIONALE DI FIRENZE (G.D.) La ceramica egea del Museo Archeologico Nazionale di Firenze comprende numerosi reperti da Creta, Grecia Continentale, Cicladi, Rodi e Cipro e fornisce un quadro cronologico e tipologico del mondo egeo molto dettagliato. A parte alcuni reperti esposti al pubblico nel museo, gran parte della collezione è conservata nei magazzini sia per la mancanza di spazi espositivi che per il compromesso stato di conservazione, in attesa di interventi di restauro e conservazione. Dopo dettagliati studi di carattere storico-archeologico e di musealizzazione interattiva che hanno fatto conoscere la collezione egea in questi ultimi anni (Jasink, Bombardieri 2009; Jasink, Tucci, Bombardieri 2011), è ora in corso anche un progetto di restauro che prevede interventi di conservazione su alcuni manufatti conservati nei magazzini per una successiva reintegrazione tra le collezioni museali. In questo ambito si è posta l’esigenza di un connubio tra metodologie di restauro tradizionale e tecnologie digitali per il precario stato di conservazione dei reperti selezionati. Infatti, se alcune ceramiche hanno caratteristiche strutturali, alterazioni e lacune che facilmente possono essere sottoposte a un restauro tradizionale, altre sono caratterizzate da estensive parti mancanti e abrasioni per le quali è da preferire un restauro di tipo virtuale: l’applicazione di un restauro di tipo fisico comporterebbe una reintegrazione delle parti mancanti e di particolari decorativi altamente invasiva che prevarrebbe sulla parte originale, comportando problematiche di interpretazione della ricostruzione. Inoltre, per superfici abrase con perdita del motivo decorativo, un restauro conservativo tradizionale non consente di riportare la superficie del manufatto al suo stato originario mentre, con un restauro virtuale, abrasioni e motivi decorativi possono essere ripristinati solo su una copia digitale, con risultati estetici più apprezzabili. Sono state selezionate due giare a staffa provenienti da Rodi (Inv. 198805 e 198761) (Fig. 2). Per il primo reperto si è adottato un restauro di tipo sia tradizionale che virtuale con lo scopo di confrontare i risultati delle due metodologie e di
evidenziare la riuscita ottimale e completa dell’intervento basato sul loro connubio. Il secondo manufatto, invece, è stato scelto come esempio dell’inattuabilità di un restauro tradizionale completo per la presenza di estensive parti mancanti. In questo caso, si è proceduto con un intervento di tipo virtuale che ha permesso di ricomporre l’oggetto e ripristinarne la valenza estetica agendo su una copia digitale (ricostruzione che con l’uso di stampanti 3D potrà poi essere esposta accanto all’originale). ANALISI STORICO-ARCHEOLOGICA, DESCRIZIONE E STATO DI CONSERVAZIONE DEI REPERTI (G.D.) I due manufatti scelti sono parte della collezione rodia di età micenea acquisita dal Museo quasi interamente nel 1904. I reperti mancano del contesto o di indicazioni topografiche, anche se lo stato di conservazione suggerisce la provenienza da contesti funerari. La collezione copre l’arco cronologico dal TE IIIA1 alle fasi iniziali del TE IIIC e consiste di manufatti generalmente integri o totalmente ricomposti nel corso di precedenti interventi con materiali non idonei, secondo le vigenti normative. Il primo, con corpo piriforme e piede sagomato “a toro”, è attribuito al TE IIIA2. La decorazione, in vernice scura, consiste di steli semicircolari sulle spalle, triangoli sulle anse e tracce di anelli concentrici sul bottone. Il secondo, di analoga tipologia e attribuito ancora al TE IIIA2, presenta corpo globulare e motivo decorativo in vernice di colore bruno e giallo rossastro raffigurante corolle sulla spalla e circoli concentrici sul corpo. Il primo reperto è stato ricomposto in un precedente intervento (cf. Fig. 2). La superficie appare polverulenta e fortemente abrasa dalla spalla in giù (a causa forse dell’interramento nei secoli di giacitura) con vasta perdita della copertura superficiale e del motivo decorativo. Il manufatto presenta lacune nella parte centrale del corpo (di cui una di cospicue dimensioni) e manca della parte terminale del beccuccio. La superficie, soprattutto nelle parti abrase, è caratterizzata da incrostazioni di probabile natura calcarea.
Fig. 3 - Giara a staffa Inv. 198761: smontaggio del vecchio restauro.
Fig. 4 - Le due giare a staffa dopo l’intervento di restauro.
Lungo le fratture sono visibili residui di colla, non rimossi dopo il restauro. Lo stato del secondo manufatto è estremamente frammentario, mancando di circa metà del corpo, del piede e di un’ansa. Anche in questo caso l'oggetto è stato interessato da un precedente intervento con ricomposizione dei frammenti conservati e parziale integrazione di parti mancanti (cf. Fig. 2). La superficie si presenta estremamente polverulenta con perdita del motivo decorativo in molti punti. Il beccuccio e il falso collo sono scheggiati all’estremità. Ci sono cospicue tracce di collante lungo le fratture, non rimosso al termine del restauro. La parziale ricostruzione delle parti mancanti è stata effettuata con un integrante di probabile natura gessosa di colore grigio. Abbondanti residui di scotch carta, di collante e di integrante sono visibili in superficie interna. ASPETTO TECNOLOGICO DEL RESTAURO TRADIZIONALE (G.D.) L’intervento di restauro sui due reperti è stato effettuato presso i Laboratori del Centro di Restauro della Soprintendenza Archeologica della Toscana con la rimozione iniziale dei precedenti interventi conservativi. Dopo la rimozione del vecchio collante e delle parti ricostruite (Fig. 3), i frammenti sono stati puliti con tamponi di cotone imbevuti di acqua demineralizzata e alcol etilico decolorato per rimuovere lo strato polverulento e le alterazioni di natura terrosa presenti sulla superficie. L’incollaggio dei frammenti è stato effettuato con acetato di polivinile utilizzato a caldo e la colla in eccesso è stata poi rimossa con tamponi di cotone imbevuti di acetone. L’integrazione delle parti mancanti è stata effettuata parzialmente con integrante a base di cera I76 allo scopo di ripristinare la leggibilità degli oggetti e assicurare una stabilità strutturale senza prevalere sulla parte conservata (Fig. 4).
Fig. 5 - Il restauro virtuale delle due giare a staffa.
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Tecnologie per i Beni Culturali ASPETTO TECNOLOGICO DELLA RICOSTRUZIONE VIRTUALE (D.L.) Il primo passo per la ricostruzione virtuale è stato l’acquisizione tridimensionale attraverso l’uso congiunto del laser scanner NextEngine e tecniche di fotogrammetria, questa seconda per la copertura geometrica di aree complesse, caratterizzate dalla presenza di sottosquadri. I modelli 3D ottenuti sono stati importati in Blender, software libero per grafica e animazione 3D, in modo da modellare le parti mancanti. Per la fotogrammetria è stata utilizzata la fotocamera reflex Nikon D800 con la lente Nikon 60mm f/2.8 MicroNIKKOR AF-D e il software Agisoft Photoscan per la generazione automatica del modello 3D. Le geometrie sono state ricostruite sulla base di analisi dei modelli acquisiti (proiezione ortogonali, diametro, orientamento e spessore), caratteristiche morfologiche e confronto con giare della stessa tipologia. La ricostruzione del colore e degli elementi decorativi è stata realizzata per simmetria rispetto alle decorazioni delle parti meglio conservate. Le textures sono state realizzate utilizzando Adobe Photoshop CS6 partendo da una documentazione fotografica realizzata cercando di massimizzare l’uniformità e di minimizzare le differenze di luce e colore. I risultati mostrano, con accuratezza, le forme iniziali delle giare e saranno usati per studi approfonditi di ceramiche della Grecia antica ritrovate in varie campagne di scavo (Fig. 5). RESTAURO LIBRARIO “VIRTUALE”: FASCINO E FUNZIONALITÀ (G.L.) La tecnologia digitale, ormai di altissimo livello, offre agli studiosi gli indubbi vantaggi di una riproduzione perfetta nonché la possibilità di giocare con i dettagli quanto e come si vuole. L’operazione successiva e più sofisticata, il così detto “restauro virtuale”, può apparire forse meno interessante in quanto presenta un prodotto levigato, perfetto, ripulito ma ormai non più reale né mai più ricostituibile, come “l’isola che non c’è”. Immagini del genere, tuttavia, acquistano una grande importanza se inserite, ad esempio, in un contesto museale, in un percorso didattico, collocate, magari, accanto ad un oggetto ridotto a pochi lacerti, ormai difficilmente interpretabili all’occhio di un visitatore comune che non sia uno specialista. Penso in particolare ai reperti archeologici come un utensile, un vaso a pezzi o con la decorazione decurtata o illeggibile per cadute di colore, mancanze ecc. In questo caso affiancare una riproduzione “virtuale” può costituire un affascinante strumento, scientificamente valido per l’alta percentuale di affidabilità per favorire una maggiore comprensione del manufatto, non solo della sua forma e della sua morfologia o del suo utilizzo, ma anche del suo aspetto artistico1. Anche nell’ambito del patrimonio librario la tecnologia può esser utile per conciliare il servizio all’utenza e la fruizione con la tutela. Il caso della Biblioteca Riccardiana, proprio in virtù del fatto di essere una collezione di una famiglia così importante che ha dato prova di grande competenza e cultura e non solo di ricchezza, è per certi versi emblematico, avendo la fortuna, per sua costituzione e storia, di conservare un fondo unitario di manoscritti, ove le collocazioni procedono topograficamente, senza quelle stratificazioni di collezioni che producono la congerie delle segnature speciali e diversificate. La raccolta si presenta, dunque, come una compagine unitaria, che non vantando valori numerici elevatissimi risulta ben controllabile, ma molto variegata e con una qualità altamente rappresentativa, tale da creare un ventaglio ampio di esempi, una casistica notevole che ben si presta come campionatura.
19 Il “restauro virtuale” delle filigrane2 di un gruppo di manoscritti datati ha consentito la creazione di un repertorio di immagini perfettamente ristrutturate (Figg. 6,7,8) soprattutto nei casi di incerta lettura o, come sovente succede, laddove la figura si trova in posizione assolutamente difficoltosa per un vero riconoscimento e quindi per la sua identificazione. La filigrana è uno degli elementi più importanti del manoscritto cartaceo in quanto costituisce una testimonianza preziosa di composizione, struttura, tempi e modi riferibili alla produzione del manoscritto. L’acquisizione della filigrana con la tecnica digitale e soprattutto la sua ricostruzione virtuale costituiscono un ausilio notevole per lo studioso, che può contare su una copia integrale e sicura di
Fig. 6 - Filigrana a forma di “cappello”.
Fig. 7 - Filigrana a forma di “forbice”.
Fig. 8 - Filigrana a forma di “giglio araldico”.
tutte le parti, evitando pericolose quanto necessarie operazioni di assemblaggio delle sezioni costitutive scompartite a causa della piegatura dei fogli. Nel contempo, si eludono le imbarazzanti richieste di ricalco o altre, persino stravaganti, forme di riproduzione, con grave rischio per la tutela e la conservazione. La costruzione di un repertorio in progress, continuamente implementabile, diviene uno strumento di eccezionale portata per gli studi, in considerazione anche dello stato attuale dei repertori sull’argomento specifico3. All’acquisizione ad altissima definizione segue l’elaborazione digitale dell’immagine, mirata ad evidenziare il tracciato della marca d’acqua4 nel pieno rispetto del segno originale, isolandola e posizionandola all’interno dei filoni e delle vergelle5, fino a ricostruirla, se divisa dalla piegatura. Si superano così completamente le incertezze del rifacimento grafico di repertori sul tipo del Briquet e soprattutto si può attuare quella ricostruzione totale che altri procedimenti, pur avanzati, non sono in grado di garantire con tale immediatezza e relativa semplicità di consultazione. Appare pertanto di grande importanza collegare l’acquisizione della marca d’acqua al manoscritto datato proprio per fornire un dato sicuro, quello cronico, consentendo alla filigrana di diventare utilizzabile con maggiore sicurezza quale elemento di datazione per ulteriori studi e analisi sui manoscritti. Infatti la filigrana, anche se è soltanto uno degli elementi di datazione e il cui valore acquista peso in unione con altri fattori, diventa particolarmente rilevante se accostata al dato cronologico certo, presente nel colophon di un codice datato. Il recupero virtuale consente, oltre l’ingrandimento e, di conseguenza, l’apprezzamento dei dettagli difficilmente identificabili a occhio nudo o anche con il solo ausilio di una lente, la lettura dei segni grafici e delle cromie compromesse e il loro recupero, l’eliminazione di molte specie di danni, il tentativo di ripristino della struttura e della tipologia originaria. In molte delle biblioteche pubbliche è iniziata e - in certi casi, come presso la Biblioteca Riccardiana, è ormai conclusa - la catalogazione dei codici datati afferente al progetto “Manoscritti datati d’Italia”, che ha costituito un solido punto di partenza per la scelta dei manoscritti costituenti il nucleo del progetto. La catalogazione delle filigrane della Riccardiana ha dimostrato l’utilità e l’importanza della creazione di un data base di vaste proporzioni, che si qualifica come uno strumento di valore scientifico, sottoposto ad un continuo controllo e ad un continuo arricchimento. Il progetto si è articolato in tre fasi: dopo un primo spoglio dal catalogo dei manoscritti datati, i volumi sono stati esaminati uno per uno, identificando le filigrane di diversa tipologia e indicando le pagine da fotografare, scelte in base alle condizioni di conservazione e alla leggibilità. Si è prestata molta attenzione a segnalare le carte dove si trovavano le porzioni e la loro ubicazione nel foglio. All’acquisizione digitale ad altissima definizione è seguita la realizzazione del sw di consultazione e ricerca, strutturato secondo le norme di codifica standardizzata delle filigrane, pubblicate dall’International Association of papers Historians, International Standard for the Registration of Watermarks. La tecnica consente l’evidenziazione della filigrana, la ricostruzione del segno diviso in più parti, la localizzazione all’interno del foglio originale reso evidente con le schermate di confronto delle pagine in cui risalta la porzione ove è localizzata la figura. La catalogazione è stata effettuata sulla base di una scheda che contiene la descrizione codificata e gli elementi identificativi del manoscritto. La codifica è un metadato descrittivo composto da una stringa numerica, correlata ad una alfabetica; sono state individuate 24 famiglie ognuna delle quali è una classe aperta per consentire l’introduzione di soggetti non compresi. La parte più difficoltosa è risulta-
ta la soggettazione iconografica che ha richiesto frequenti controlli ai repertori esistenti. La possibilità del confronto consentita dal data base permette, tuttavia, lo studio comparato di filigrane con la stessa denominazione. Il progetto, concluso nel 2000, ha consentito l’acquisizione di 744 filigrane localizzate in 133 manoscritti datati equivalenti a 1000 riprese. CONCLUSIONI (A.M.J.) I risultati presentati per alcuni reperti specifici, sia in campo archeologico che librario, costituiscono la dimostrazione di acquisizioni e prospettive di carattere generale: da un lato, il restauro virtuale non è più solo una tecnologia aggiuntiva nei due campi d’indagine rispetto al restauro tradizionale, ma apre nuove possibilità di ricerca inerenti l’oggetto considerato e talvolta appare addirittura l’unico mezzo disponibile per il recupero dell’oggetto nella sua totalità; dall’altro lato, attività scientifiche focalizzate su campi d’indagine lontane nel tempo e nello spazio possono convergere e incontrarsi proprio attraverso l’impiego di queste nuove metodologie. In conseguenza, si prospettano nuove possibilità di collaborazione non solo metodologica ma anche di contenuto fra istituzioni che si occupano di argomenti diversi, in modo da accrescere le conoscenze generali di un comune patrimonio archeologico-artistico, talora relegato in singoli settori. Nel nostro caso abbiamo confrontato materiali archeologici e librari, attraverso procedure di restauro virtuale analoghe. Del resto, non è la prima volta che sottolineiamo la possibilità di attività congiunte, da perseguire sia nell’ambito della ricerca che in quello della didattica (Jasink, Tucci, Bombardieri 2011; Bombardieri, Jasink 2014; Bombardieri, Jasink forthcoming; Jasink, Bombardieri, Kruklidis forthcoming). E’ nostro intento proseguire su questa strada, prefigurando a breve un ulteriore tassello nelle nostre ricostruzioni virtuali: allestire una piccola esposizione in cui siano esposti oggetti (materiali ceramici e manoscritti) prima del restauro, oggetti restaurati in modo tradizionale (sia nel passato che secondo le tecniche attuali) e oggetti ottenuti attraverso le ricostruzioni virtuali e resi “reali” attraverso i nuovi strumenti digitali. Tale esposizione si rivelerà utile anche per lo specialista ma soprattutto per il visitatore attratto da nuove tecniche di cui può apprezzare le realizzazioni concrete, anche senza conoscerne il funzionamento dettagliato. Abstract
The idea of this paper is to compare the application of the physical and virtual restoration to the two apparently remote areas of the archaeological and the librarian patrimonies. The results discussed here derive from the collaboration of two Florentine institutions, the Aegean laboratory of the University and the Biblioteca Riccardiana. The specific analyzed objects pertain to the Aegean ware collections from the Archeological Museum and to the ancient Italian manuscripts with their ligatures and watermarks kept in the Riccardiana Library. This work represents an example of extended collaborations that should be profitably implemented among different fields and institutions.
Parole
Autori
Giulia Dionisio giulia.dionisio@unifi.it
Anna Margherita Jasink annamargherita.jasink@unifi.it Università di Firenze – Dipartimento SAGAS Giovanna Lazzi Biblioteca Riccardiana Firenze b-ricc.direzione@beniculturali.it Daniele Licari Scuola Normale Superiore DreamsLab daniele.licari@sns.it
di
Pisa –
chiave
RESTAURO VIRTUALE; RESTAURO TRADIZIONALE; CERAMICA EGEA; MANOSCRITTI DATATI
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Note 1 La parte tecnica dell'esperimento, di cui si sono presentati i risultati nel convegno Verso il restauro virtuale? tenutosi alla Biblioteca Nazionale il 1 dicembre 1995, è stata effettuata dalla Fotoscientifica, Centro Fotografico per la documentazione tecnica e scientifica di Parma, che in quegli anni si era dedicata alle elaborazioni digitali, volte al "restauro virtuale". Il progetto è stato presentato nel novembre 2004 alla IV Conferenza nazionale delle biblioteche cfr. Censimento delle attività di digitalizzazione, promosso dalla Biblioteca digitale italiana; la banca dati è consultabile in sede cfr. anche Lazzi 1996. 2 La filigrana è il marchio di fabbrica della cartiera e rappresenta uno dei riferimenti più importanti per la datazione e la localizzazione della carta. Si ottiene inserendo un marchio lavorato nella forma contenente la pasta di stracci, e salvo alcune eccezioni non era collocata nel mezzo della forma ma al centro di una delle sue metà. Nel caso di un formato in-folio la filigrana è collocata al centro di una delle due carte del fascicolo, in un formato in-quarto la filigrana è posta al centro lungo la linea di cucitura dei fascicoli mentre in un formato in-ottavo si trova ancora lungo la linea di cucitura ma nell'angolo superiore o inferiore a seconda dell'orientamento dei fascicoli. 3 Hanno partecipato al progetto: Giovanna Lazzi, responsabile e referente, Maria Luisa Migliore, Teresa Sansone, Rossella Giovannetti. 4 Marca d’acqua è l’altro nome che si attribuisce alla filigrana, in quanto disegno visibile in trasparenza o in controluce che si ricavava inserendo fili metallici nello staccio per formare una figura a guisa di marchio. 5 Filoni e vergelle sono righe (più grosse e distanziate le prime, più fitte e sottili le seconde) che si incrociano. I filoni sono i fili metallici perpendicolari alle vergelle e orientati di conseguenza parallelamente ai lati corti della forma. Ai giorni nostri i filoni costituiscono una specie di catena, destinata a tenere al loro posto le vergelle, che vengono ritorte tra ogni paio di filoni. In origine, sembra non avessero altro scopo che quello di sostenere le vergelle e di impedire alla forma di incurvarsi al centro. Più tardi, a partire dalla fine del XIV secolo, per migliorare la tecnica, si è iniziato in qualche cartiera a fissare le vergelle ai filoni con un sottilissimo filo metallico.
Bibliografia
Bombardieri, L., Jasink, A.M. (2014). SHERD PROJECT. Towards a DigiDactic Museum of the Aegean and Cypriote ceramic collection, University of Florence. Proceedings of the International Conference on Cultural Heritage and New Technologies (CHNT 18), November 11-13, 2013, Wien. Bombardieri, L., Jasink, A.M. (forthcoming). What is a Digidactic Archive? New Didactic tools for Epigraphy, Paleography and Philology. DO-SOMO Fascicula Mycenologica et Classica Polona 11. . Briquet, C.M. (1968). Les filigranes, Amsterdam (facs.ed.1907). Cavari, F. (2007). Conservazione e restauro della ceramica archeologica, Introduzione allo studio della ceramica in archeologia, edited by Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti, Università di Siena, Firenze, 63-86. Dionisio, G., Licari, D. (2014). Silvered ceramics in the National Archaeological Museum of Florence: virtual technologies in analysis and restoration. Proceedings of the International Conference on Cultural Heritage and New Technologies (CHNT 18), November 11-13, 2013, Wien. Jasink A.M., Bombardieri, L. (2009). Le Collezioni Egee del Museo Archeologico Nazionale di Firenze, Firenze University Press. Jasink, A.M., Bombardieri, L., Kruklidis, P. (forthcoming). The Gallery and the Town: the Florentine Bronze Age Aegean and Cypriote Collections beyond the Museum walls. Proceedings of the International Conference on Cultural Heritage and New Technologies (CHNT 19), November 3-5, Wien. Jasink, A.M., Verdiani, G. (2013). Public databases, accessible virtual reconstructions and interactive museums: new research and learning tools in archaeology. Round Table Discussion (A.M.Jasink, G. Verdiani organizers) in CHNT 18 (abstract), Wien. Jasink, A.M., Tucci , G., Bombardieri, L. (2011). MUSINT. Le Collezioni archeologiche egee e cipriote in Toscana. Ricerche ed esperienze di museologia interattiva, Firenze University Press. Lazzi, G. (1996). Manoscritti e miniature al computer. Antichità viva XXXV 2-3, 68-71.
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RIVELAZIONI
Due
taccuini romani di disegni:
un’idea della smart-city di fine
Seicento
di Francesca Salvemini
L’articolo presenta due taccuini di disegni architettonici, urbanistici e decorativi attribuiti a Giuseppe Passeri e ad Alessandro Specchi nella transizione al tardo barocco romano.
Fig. 1 - G. Passeri, Ospedale dei poveri, Roma, rilievo (BUA, ms 350).
I
n un frammento autobiografico delle Vite de’ pittori (Settari 1772) Giovan Battista Passeri, artista, storiografo e teorico del Seicento, affermò di aver abitato giovanissimo di fronte alla piccola chiesa romana di S. Giuliano dei Cesarini, SS. Celso e Giuliano a Ponte S. Angelo. Risalendo il Tevere fino a Ponte Sisto, si trova ancora uno degli edifici dell’Ospedale apostolico dei poveri, che nel 1581 aveva avuto il titolo di sistino dalla vicina Opera trinitaria, od Ospizio dei pellegrini convalescenti, e che nel 1687 sarà stato illustrato fra i disegni di un taccuino del nipote di Giovan Battista, Giuseppe Passeri (BUA Roma, ms.350, figg.1, 2), fervido ideatore della Roma di fine secolo. Con l’urbanistica a volo d’uccello del complesso ospedaliero lungo il Tevere, le sezioni di una scala a chiocciola e di una canonica dalla torretta campanaria, una Fig. 2 - G. Passeri, Ospedale dei poveri, canonica, chiesa dedicata a S. (BUA, ms 350). Francesco1, le tavo-
le contemplavano il progetto di un pennello frangiflutto, che, interrati gli Horrea dell’arenile, vi attrezzava un molo per l’artigianato locale e le università dei mestieri nella regola dei terziari francescani. La sezione di due archivolti nel taccuino (tv.51), uno chiuso e l’altro in ombra - una scala - erano un accesso dal Tevere al prospetto demolito del Convento, che dalla pianificazione urbanistica oratoriana avrà contribuito a determinare una tipologia comune di abitazione civile, interrotta centralmente sul lato strada dalla facciata di Passeri della non più esistente cappella. L’ecclesiastico Ospedale degli storpi a Ponte Sisto era stato ampliato da Domenico Fontana e ornato di pitture con la donazione del cardinale Marcello Lante, ricordata da un’epigrafe sistina del 1587. A Castro Pretorio, discosto dalle Terme di Diocleziano (Piazza Esedra) ed in prossimità dei monumentali Granai rifatti da Alessandro Specchi, all’entrata del parco della Villa Peretti Montalto (via Milano), la progettazione di Domenico Fontana del Casino di Termini, il Casino Valenti Gonzaga inglobato da Camillo Pistrucci2 in una delle sedi dell’attuale Museo Nazionale Romano, era digradata come due dei corpi di fabbrica disegnati da Passeri. L’Ospizio restaurato accolse nel 1696 i mendicanti dal Laterano, divenendo, con il sussidio prefettizio del cardinale Renato Imperiali, l’ampliata Collegiale a Ponte Sisto di sacerdoti secolari e del Conservatorio femminile di S. Clemente, che una lapide per la strada commemora sull’ala sussistente, datata 1715, non ancora ultimate la maniche lunghe del Quirinale e del S. Michele, nel decennio in cui alcuni itinerari vorrebbero Francesco De Sanctis ideatore della facciata della Trinità dei Pellegrini. In fondo alla Via del Conservatorio delle ‘Zoccolette’, sul retro della chiesa di S. Paolo alla Regola e dell’annesso Collegium Siculum, dove invece Ridolfino Venuti avrà ricordato Passeri pittore della tribuna, spunta, a ridosso dell’Oratorio paolino, an-
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Tecnologie per i Beni Culturali che l’aggetto anastilotico della facciata dei SS. Vincenzo e Anastasio dei Cuochi o dell’Annunziata, riadattata nello sventramento dei primi decenni del secolo scorso del Ministero della Giustizia di Pio Piacentini e dei progettisti del Genio, con la sovrintendenza di Antonio Muñoz. Piano urbanistico di riassetto depositato alla Sapienza, interessante il recupero di più fabbriche romane, il Libro dei disegni di architettura di Giuseppe Passeri del 1687 è una sequenza di disegni di profili e rilievi di edifici, incisi e rapportati in scala da Alessandro Specchi nelle raccolte della stamperia romana di Domenico De Rossi3. Se confrontato alla grafica sviluppata da questa tipografia nello Studio d’architettura civile (Roma, 1702) e alle vedute di Roma del Nuovo teatro delli palazzi, incisi da Specchi, un altro taccuino di rilievo architettonico (BAV, Vat. Lat. 13295) contiene invece suoi disegni da dettagli borrominiani di Palazzo Barberini, del portale laterale con volute (fig. 3a, 3b) di Palazzo Pamphilj a Piazza Navona, dell’Oratorio dei Filippini ed altre impressioni delle medesime serie monumentali, denotando a sua volta il praticantato nei tanti cantieri romani di fine Seicento di Carlo Fontana, e sparsamente l’accuratezza del segno dell’Opus architettonico. L’elegante scrigno del camino (fig. 4) sotto le finestre della Sala di ricreazione dei padri Filippini, l’uno all’altra concepite ad ovoidi concentrici, era ingegneria tecnica peculiare non solo a Specchi, come Francesco Milizia non mancherà di rimarcare, ma congeniale al gusto europeo, che suggerirà a Gilles Marie Oppenord di ambientarlo su una parete arredata nel confort di fine secolo. La fortuna del romano Giuseppe Passeri, trascurata dallo Studio di Filippo Titi del 1674 e 1675, decorreva dall’Ammaestramento utile del 1686 con il restauro di S. Barbara dei librai, com’erano Domenico De Rossi e soprattutto Zenobio Masotti, che era espressamente ricordato nel passo di Titi, bibliofili per i quali incise, e farà ancora la sua comparsa senza distinzioni nelle Memorie dell’Aracoeli di Casimiro Romano. Identicamente le edizioni delle guide di Titi: il Nuovo studio, con il corpus delle sue opere profuse un po’ovunque nelle chiese romane e la Descrizione nel 1763, che non senza averlo definito allievo di Carlo Maratta, lo designerà al suo seguito con una tela nella cappella Albani di S. Fabiano a S. Sebastiano fuori le mura, realizzata a partire dal 1704 da Carlo Fontana, Alessandro Specchi e Filippo Barigioni. Imprecisata la fine del paesaggista modenese Annibale Passeri fiorito nella terz’ultima decade, Pellegrino Orlandi aveva scritto una biografia di Giuseppe nell’‘Abcedario’ del 1704: “Gioseffo Passari è nato in Roma l’anno 1654. Geniale del Disegno, ebbe per Maestro Carlo Maratti, e tale fu il profitto che colorì diligenti, ed ameni quadri in diversi Tempj…”. Attestandone il Mosé a S. Maria in Vallicella ed almeno un dipinto nella Basilica di S. Pietro, che sarà ricordato nel 1749 come di Giuseppe Passeri “oriundo da Siena” dalla Descrizione del Palazzo apostolico vaticano, opera postuma di Agostino Taja - nella quale in realtà è la sapienza di Giovanni Bottari a tacciare di settarismo Caravaggio - Orlandi distinse altrove anche un suo allievo romano, Giovan Battista Puccetti (c. 202) e, infine, una data di morte 1715 che fu aggiunta all’edizione del 17194. La fisionomia del virtuoso è identificata dai ritratti, a diverse età, degli Uffizi e dell’Accademia di S. Luca, che nel cartiglio ne indicherà la morte nel 1614 a sessantuno anni, al corrente le Vite di Nicola Pio: vivente con la famiglia, il bolognese Orlandi lo sostenne accademico nelle tre arti, apparendo piuttosto un suo compilatore al riguardo un altro biografo, Francesco Maria Niccolò Gabburri. Il lascito secolare di beni a nome di Passeri, fra le omonimie esemplari dell’onomastica, che cronologicamente precede di un anno il 1687, data del volume di disegni, disponeva il legato alla Sapienza di libri
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Fig. 3a - A. Specchi, Palazzo Pamphilj, a P.zza Navona, Roma, Portale laterale, rilievo (BAV, Vat. Lat. 13295).
Fig. 3b - A. Specchi, Palazzo Pamphilj, a P.zza Navona, Roma,, Volute del portale laterale, rilievo (BAV, Vat. Lat. 13295).
architettonici, disegni e carte, stilandone un inventario e dotando altri beneficiari ‘in punto di morte’5, affermandone la storiografia l’ingegno molteplice e i suoi rilievi l’attività in S. Pietro, se non secondaria a Sebastiano Resta a testimonianza di una volontà dell’architetto dell’avvocatura e dei tesorieri Patrizi di disobbligarsi nelle relazioni pubbliche e private. Fondato da Alessandro VII nell’Archiginnasio lo Studio pubblico di scienze che aveva accolto i libri proibiti, a S. Ivo alla Sapienza, non da solo il Collegio Germanico di S. Apollinare, dalle facciate di Ferdinando Fuga, partecipava da tempo della fama di istituto internazionale6 con il Collegio Clementino poco oltre la mola dei Borghese, dove all’ingresso del giardino del Palazzo Borghese, nei pressi di una residenza romana dei cardinali Gonzaga, anche il corpo di fabbrica della Loggia del cardinale Francesco Maria Del Monte era affacciato a Ripetta. Nell’accresciuta Biblioteca Vaticana, l’Alessandrina arricchita nel 1690 dai volumi della regina Cristina Alessandra di Svezia, sarà confluita in larga parte la “…famosa librarìa de’ manoscritti del Duca d’Urbino”, parte del fondo urbinate conservato in una delle gallerie del Corridore vaticano, pervenuto alla Sapienza e nella Biblioteca Universitaria Alessandrina.
Fig. 4 - A. Specchi, Oratorio dei Filippini, Roma, Camino della Sala di ricreazione, rilievo (BAV, Vat. Lat. 13295).
Nel 1769 sarà la Roma ricercata nel suo sito, edite le Vite di Leone Pascoli, ad aver ritrovato Passeri attivo tanto a S. Barbara, quanto a S. Croce in Gerusalemme con il cognato Luigi Garzi, non senza avere sottolineato l’abile copista nel lodato pennello a macchia, anticipatore di scenografie coreografiche non dimentiche dello zio Giovan Battista ed autore o incisore di ritratti in serie di cardinali anche per i tipi di Domenico De Rossi, fluente nei bulini di Arnold van Westerhout. Nel soffermarsi sulle opere di Alessandro Specchi (c.549) Pascoli è laconico: “Alessandro Specchi che ha eretto da’ fondamenti il palazzo de Carolis al Corso, il Porto di Ripetta, il sito della Roma trionfante in Campidoglio, e’l portico di San Paolo fuor delle mura, che cadde, e fu rifatto dal Canavari [n. d. r.: Antonio Canevari], e Matteo Sassi.” Inaugurata nel 1704, la spettacolare scalinata dell’appro-
Fig. 5 - A. Specchi, Collegio teutonico, Città del Vaticano, disegno (BAV, Vat. Lat. 13295).
do a Porta del Popolo, l’avancorpo demolito della Dogana illustrato nel 1715 nella Roma ricercata nel suo sito, ridimensionava gli imponenti Granai di Mattia De Rossi e Carlo Fontana a Ripa Grande, ancora in piedi nei primi decenni del secolo scorso l’aggetto dell’ingresso sull’odierna Porta Portese, inciso da Specchi su disegno di Francesco Fontana, allineato al Tevere e all’Istituto di correzione di orfani S. Michele, manifattura artigianale della lana. Gli interventi di Specchi sugli arsenali, le industrie, le caserme, i musei, le infrastrutture integravano alla città la navigabilità del fiume e la percorribilità di monti e colli con assi viari, pennelli e scalinate: il concorso di piazza di Spagna, la cordonata del Campidoglio, architettato il Portico di Palazzo dei Conservatori, la salita del Casino della Guardia del Quirinale, al suo interno una piazza imperniata alla scala ellissoidale, al di fuori la rotazione dissimulata della rocca, riadattata a struttura espositiva da Gae Aulenti. Il prospetto di Palazzo dei Conservatori, proposto e riproposto nella facciata del Palazzo Pichini a piazza Farnese e dalle partiture architettoniche sviluppate nei Concorsi Clementini, trionfa in uno dei disegni del taccuino vaticano (fig. 5) dove è detto del
‘Germanico’, che data 1704 il progetto neoclassico della facciata del Collegio del Camposanto teutonico. La lunga manica dell’edificio vaticano, che nello Spaccato di Cosimo Morelli volgeva il prospetto al Gianicolo, nel 1776 era arretrata dalle adiacenti Sagrestie di S. Pietro e, nel secolo scorso, lo sarà sul lato opposto dall’Aula di Pier Luigi Nervi. Altre due idee del taccuino (fig. 6), se confrontate alla nuda chiesa di S. Rocco, la facciata intrapresa da Luigi Valadier, e di S. Gerolamo degli Schiavoni di Giovanni Fontana, con gli emblemi del pontificato di Clemente XI, sembrano attenersi alla prospettiva del porto tra la Dogana ed il Collegio Clementino, demolito nel secolo scorso. Ma è la facciata di S. Eustachio, dove intervennero Giambattista Contini ed Antonio Canevari, ad innalzare, in scala ridotta, il timpano del Pantheon sul quadriportico antico della Basilica di S. Paolo, l’alta fronte sorretta al centro da quattro colonne favoleggiata nel disegno, che raddrizzava l’andamento concavo-convesso di S. Agnese in Agone. L’assetto conservativo dell’atrio basilicale, crollato non appena incatenato da Specchi, sarà ricomposto nel 1725 con l’alta architrave ad otto colonne priva di timpano da Canevari e Matteo Sassi, ripristinata nel secolo successivo da Luigi Poletti.
Note 1 Un’anteprima di questo studio è stata presentata al Bollettino d’arte nel 1998. Un ringraziamento al personale della BUA (Roma), in particolare Enrica Lozzi, Saveria Rito e Rosa Vernile. 2 La Casa del Popolo in via Capo d’Africa a Roma, S. Stucchi cur., Roma 2003, p.39. 3 L’atrio di Palazzo Farnese (tv.52), una finestra del Palazzo dei Conservatori in Campidoglio (BUA ms. 350, tv.10: G. Passeri, disegno; ING: A. Specchi, I, tv.7, incisione), il cassettonato degli arconi della Basilica Vaticana, uno scorcio senza ornato dello spicchio e spaccato del costolone della cupola, il cui sesto nel 1694 sarà incluso nel Templum Vaticanum (tv. 313) di Carlo Fontana. 4 Seguendo Giovanni Baglione nei luoghi delle memorie di Giulio Mancini, lo storiografo darà altrettante notizie dei più discussi artisti nel creato dei biografi di Caravaggio, Gerrit Dou “Gerardo Dau da Lione” miracolo dell’arte nel dipingere “nella misura d’un palmo, minute storiette”, Sigismondo Laire, “Enrico Hondio” (Henricus Hondius) o Gondio di Duffel in Baldinucci, Hendrick Hondius ed i monogrammisti Esaias van Hulsen e l’Augustano. 5 ASR, Notai del Tribunale dell’Auditor Camerae, Notaio N. Mazzescus, vol 4273, c. 99 (DBI 2014); ASVR, S. Lorenzo, Morti, c. 146, 6 novembre1687. Nessuna notizia di questa sepoltura. 6 A Porta Metronia la ricostruzione, attribuita a Gustavo Giovannoni, del Collegio Germanico di S. Stefano Rotondo, dov’era lo scavo seicentesco del mosaico di Medusa del Museo Nazionale Romano.
Abstract
It has been discussed in the last decades the split personality of Giuseppe Passeri in two homonyms contemporaries, one architect and the other painter. The end of the seventeenth century saw the triumph of figures of artists such the same Passeri and Alessandro Specchi, which at ease move dynamically in the design commonly understood among the arts.
Parole
chiave
Roma; disegni; architettura; smart city storiche; omonimia
Autore
Francesca Salvemini Fig. 6 - A. Specchi, Studi di facciate (BAV, Vat. Lat. 13295).
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RECENSIONE
Topografia
di
Base
Fondamentali della geomatica per la misura e la rappresentazione del territorio AUTORE: ALDO RIGGIO, RENZO CARLUCCI EDIZIONE: EPC EDITORE WWW.EPC.IT PAGINE: 951 PREZZO: 53 EURO ISBN: 978-88-6310-579-7
Un breve sondaggio su Google, ricercando testi di topografia per gli Istituti Tecnici, evidenzia una quindicina di libri che sembrano essere tuttora sul mercato. Fra questi sono citati quelli “storici” editi da Le Monnier e dovuti a due nomi di spicco, Clemente Bonfigli e Luigi Solaini, sui quali ha appreso questa disciplina, da giovanissimo, anche il presente recensore. Così come figurano anche quelli a lui stesso dovuti, redatti nel primo decennio del Duemila e pubblicati da Marietti-UTET: libri che cercavano di trattare la nuova topografia del cambio di secolo, pur seguendo anche se non troppo fedelmente il programma ministeriale allora vigente, che risaliva (ahimé!) al 1973. Libri che peraltro hanno registrato, non si sa bene il perché, un vistoso insuccesso. Scrivere oggi un testo di topografia per i nuovi periti “CAT”, successori ancora non bene identificati dei geometri, sarebbe piuttosto difficile, anche per via del nuovo programma voluto dal MIUR, che chi scrive ha duramente censurato e non solo su questa rivista. Peraltro anche nel settore universitario italiano (a differenza di quanto si vede in Europa) non sembrano spiccare testi strettamente connessi alla realtà attuale, quella del secondo decennio del ventunesimo secolo. A sommesso parere dello scrivente, anche le “lezioni” e le “dispense” delle varie università nostrane, ricavabili dall’esame di Internet, sembrano piuttosto datate. Ciò a differenza per esempio, di quanto leggo su di un paio di testi, ovviamente scritti nella lingua di Goethe, avuti in omaggio da colleghi del Politecnico Federale di Zurigo. E’ quindi con piacere che ho ricevuto direttamente da uno dei due autori, il ponderoso volume “Topografia di base”, di Aldo Riggio e Renzo Carlucci. Non è un testo scolastico scritto per i nuovi periti o per i vecchi geometri, e sarebbe piuttosto consigliabile a parecchi studenti universitari di ingegneria, di architettura e di altre facoltà laddove ancora compare la topografia.
E’ sicuramente invece un libro dedicato a coloro che, indipendentemente dal titolo di studio, vogliano imparare o aggiornare le proprie cognizioni sulle discipline del rilevamento e della rappresentazione, così come sono oggi e non come erano ier l’altro. Gli autori, il primo docente negli Istituti Tecnici, il secondo già ricercatore e docente in diverse università del nostro Paese, sono fortemente impegnati nella redazione di questa stessa Rivista ma soprattutto praticano da tempo le discipline geomatiche, di cui ben conoscono sia la storia meno recente che la prassi attuativa contemporanea e non solo dentro i confini italiani. Entrambi infatti sono ben attivi in congressi, seminari, convegni e manifestazioni sia al di qua che la di là delle Alpi. Forse le dimensioni del libro potrebbe spaventare l’acquirente: ma non si tratta di un semplice “manuale” più o meno tascabile; è invece un testo da tenere sulla scrivania e soprattutto da leggere e meditare, da parte di chi voglia realmente “fare” il topografo. A proposito: a chi scrive fa piacere che il libro si chiami “Topografia di base” ma tratti anche di fotogrammetria, di cartografia, di telerilevamento. In un suo librino pubblicato un paio di anni fa da Maggioli, aveva chiarito che almeno nella nostra lingua il sostantivo “topografia” comprende per l’appunto anche le altre discipline correlate e che in qualche modo dalla topografia discendono. In definitiva, agli autori di questa Topografia fondamentale va il plauso di chi se ne occupa e da molto, moltissimo tempo, sia sul terreno che nelle aule universitarie. Attilio Selvini, già presidente della Società Italiana di Fotogrammetria e Topografia, SIFET.
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AZIENDE E PRODOTTI HYPERSPACES, PIATTAFORMA PER ACCEDERE A CONTENUTI IN REALTÀ AUMENTATA Inglobe Technologies ha recentemente rilasciato Hyperspaces, una nuova piattaforma che permette agli utenti di creare, pubblicare e accedere ad esperienze di Realtà Aumentata e di Mixed Reality uniche nel loro genere per mezzo di un insieme di strumenti su cloud e mobile. Il set di strumenti integra una varietà di metodi di riconoscimento e di tipi di tracking tra cui uno basato su immagini, geo-localizzazione e Beacons e uno su oggetti 3D. Una delle funzionalità più importanti della piattaforma è data dalla capacità di annidare e collegare in modo arbitrariamente complesso le esperienze. Con la piattaforma Hyperspaces, gli utenti saranno in grado di creare esperienze che legano il mondo digitale e fisico in modi mai visti prima. Hyperspaces abilita una nuova generazione di esperienze che ridefiniscono davvero il confine tra Realtà Aumentata in ambienti indoor e outdoor in ambiti quali l’istruzione, la visualizzazione architettonica, la comunicazione, il patrimonio culturale e la manutenzione industriale, solo per citarne alcuni. “Abbiamo progettato Hyperspaces con una varietà di casi d’uso in mente, tenendo conto dell’importante feedback proveniente dalla grande base di utenti di ARmedia. Facendo leva sulla potenza del nostro collaudato sistema di gestione dei contenuti AR, abbiamo costruito una piattaforma che fornisce agli utenti illimitate possibilità creative”, ha dichiarato Graziano Terenzi, CEO di Inglobe Technologies. “Hyperspaces è basato su un’idea totalmente nuova nell’ecosistema mobile in quanto dimostra come l’AR si adatti a diversi scenari di interazione mobile e allo stesso tempo dia una nuova forma al Mondo Aumentato.” La nuova piattaforma Hyperspaces permette agli utenti provenienti da diverse aree di creare esperienze AR utili -non solo destinate alla visualizzazione- in modo semplice, flessibile e ad alto valore aggiunto, senza la necessità di scrivere una sola riga di codice: 4 Architettura, Ingegneria e Costruzioni: Hyperspaces fornisce un insieme di strumenti unica che supporta i professionisti nell’intero ciclo di vita del progetto con più alti livelli di coinvolgimento rispetto alle attuali alternative; 4 Istruzione: Hyperspaces può migliorare l’apprendimento e le prestazioni degli studenti, mantenendo l’attenzione del discente concentrata sul compito di apprendimento sfruttando le tecnologie mobili; 4 Marketing e stampa: con Hyperspaces le campagne di marketing e i contenuti multimediali possono dimostrare i livelli di engagement e ROI superiori rispetto ai media tradizionali; 4 Manutenzione industriale: con Hyperspaces, i professionisti della manutenzione e della riparazione possono iniziare a sperimentare alcuni degli elementi costitutivi della soluzione di Smart Maintenance di Inglobe in modo tale da mirare a concreti miglioramenti qualitativi e quantitativi; 4 Beni culturali: Hyperspaces è uno strumento unico per creare coinvolgenti esperienze per la valorizzazione dei Beni Culturali, di ricostruire e raccontare il passato, il presente e il futuro, sia sul campo che nei musei. La piattaforma non solo consente agli utenti di utilizzate gli “asset” esistenti provenienti da diversi software per la creazione di contenuti 3D (come Autodesk 3ds Max, Maya, Maxon Cinema 4D, Trimble SketchUp o Nemetschek Vectorworks), ma permette anche di aggiungere altri “asset” alle esperienze di Mixed Reality ivi incluso documenti, video, audio, immagini e testo. Inoltre, grazie ad una delle più potenti tecnologie di riconoscimento e tracking di oggetti 3D presenti sul mercato, la piattaforma Hyperspaces fornisce uno strumento distintivo e potente per aiutare gli utenti a creare accattivanti esperienze AR mediante l’interazione di oggetti 3D e informazioni digitali. Gli utenti si possono registrare per la piattaforma Hyperspaces sul sito dedicato di Hyperspaces: http://hyperspaces.inglobetechnologies.com Fonte: Inglobe Technologies
MUSEUM CHILDREN BOOK: IL PATRIMONIO CULTURALE A MISURA DI BAMBINO Quando l’amore per l’arte e le competenze tecnologiche si incontrano nascono e si sviluppano progetti come Museum Children Ebook. Nato da una bella idea di Anna Cipparrone, storica dell’arte, ideatrice e responsabile scientifico dei lavori, è stato sviluppato da un team di professionisti composto da Pasquale Biafora ingegnere informatico, Raffaella Bilotta media educator, Rosa Francesca Romano illustratrice, Lisa Maguire madrelingua inglese e traduttrice, Carmela Bruno neuropsichiatria infantile e Giuseppina Pascuzzo content e community manager. Museum Children Ebook ha come principale obiettivo quello di rendere il patrimonio museale italiano e le nostre città d’arte a “misura di bambino” sfruttando gli strumenti offerti dalle nuove tecnologie digitali. I tanti tesori del patrimonio artistico e museale italiano diventano così protagonisti di simpatiche app ed ebook ludico didattici, fruibili dai più piccoli attraverso l’ausilio di tablet e smartphone, tecnologie che già conoscono e utilizzano quotidianamente da buoni nativi digitali. In questo modo la visita a musei e alle città d’arte diventa per il bambino un’esperienza interattiva, divertente e allo stesso tempo formativa, da rivivere tutte le volte che se ne ha voglia con un solo tocco . Ad accompagnare i piccoli utenti nei fantastici viaggi alla scoperta delle bellezze artistiche italiane un simpatico gruppo di gufetti, capitanati dal saggio Bartolomeo Masterly. Un modo per avvicinare e invogliare un nuovo e prezioso target, quello dei giovanissimi, al mondo museale attraverso innovativi strumenti didattici, accuratamente realizzati, che allo stesso tempo si caratterizzano come un utile mezzo di promozione culturale e turistica offerta alle strutture e agli enti aderenti. Il progetto ha già ricevuto l'approvazione della Direzione Regionale dei beni culturali della Calabria ed è stato ufficialmente presentato venerdì 7 novembre presso il Musei dei Brettii e degli Enotri di Cosenza. Proprio il museo archeologico cosentino, che ha aderito al progetto con il sostegno dell’Amministrazione comunale locale, venerdì 23 gennaio 2015 ha visto la messa online della app e dell’ebook, disponibile anche in inglese e nel doppio formato ePub2 e Pdf, ad esso dedicati e, primo tra tutti, ha accolto all’interno del proprio bookshop le card ebook4you innovativa tecnologia ideata dal team di Biblon – Let’s digitall e dalla casa editrice tutta digitale Teomedia grazie alle quali sarà possibile acquistare direttamente nel museo il libro elettronico, per poi scaricarlo comodamente da casa senza alcun costo aggiuntivo. Tra le strutture aderenti al progetto anche: il Museo di Arte Sacra di Santa Severina, la Galleria Nazionale di Cosenza, i Musei del Parco Nazionale della Sila, i Musei Archeologici Nazionali di Reggio Calabria e Locri, il Museo Archeologico Statale Vito Capialbi di Vibo Valentia e il Museo Provinciale della Civiltà Rupestre e Contadina di Zungri (VV) Sei ebook Alla scoperta dei Musei e Archivi d’Impresa , La storia di Cosenza e dei suoi monumenti, Il Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza, La Galleria Nazionale di Cosenza, Scopriamo la Magna Grecia. Il Museo Archeologico Nazionale di Vibo Valentia e Scopriamo la Magna Grecia. Il Museo Archeologico Nazionale di Locri Epizefiri – sono già disponibili in download gratuito sul sito e su tutte le librerie online insieme alle prime due app Viaggio nel Museo Diocesano di Arte Sacra di Santa Severina e Il Museo dei Brettii e degli Enotri di Cosenza. Ma le sorprese non finiscono qui. Da pochi giorni infatti il nostro Bartolomeo Masterly ha intrapreso una nuova e coraggiosa avventura, quella del crowdfunding. La Direttrice del Museo Diocesano di Reggio Calabria, la Dott.ssa Lucia Lojacono Anna Cipparrone animate dal comune intento di valorizzare e veicolare il patrimonio artistico e culturale tra i piccoli utenti per permettere al Museo Diocesano di Reggio Calabria di aderire al progetto e per ovviare alle difficoltà economiche purtroppo
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ArcheomaticA marzo 2015 2015 ArcheomaticA N° N°11 marzo
Tecnologie per per ii Beni Beni Culturali Culturali Tecnologie
esistenti, con il patrocinio morale del Comune della città reggina, hanno lanciato sulla piattaforma Produzioni dal Basso una campagna di raccolta fondi, una delle prime in Calabria. Il finanziamento verrà utilizzato per la realizzazione di un ebook e di una app, entrambi gratuiti, per i bambini dai 3 ai 10 anni sulle collezioni museali. “La nostra parola d’ordine è accessibilità; ricerca e scientificità sono le nostre risorse; passione e originalità il modo in cui veicoliamo le collezioni museali”. Sito web: www. museumebook.it
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nuta nei suoi primi sette anni di attività per la messa in sicurezza della Biblioteca del Sacro Convento di Assisi, della Biblioteca di Santa Croce a Firenze, dell'Archivio Capitolare della Biblioteca di Sant'Ambrogio a Milano, dei locali destinati alla digitalizzazione dei manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana a Roma ed è ora impegnata in un nuovo importante progetto dedicato alla Biblioteca Ambrosiana di Milano. E' dunque per noi motivo di grande soddisfazione sostenere la protezione di Casa Leopardi, che custodisce la biblioteca simbolo per eccellenza della letteratura italiana". Fonte: Fondazione Hruby
TECNOLOGIE DI SICUREZZA PER LA PROTEZIONE DI CASA LEOPARDI La Biblioteca di Casa Leopardi e il suo straordinario patrimonio culturale da oggi sono protetti dalle più avanzate tecnologie di sicurezza e di videosorveglianza grazie ad un progetto sostenuto dalla Fondazione Enzo Hruby. La Biblioteca di Casa Leopardi è stata aperta al pubblico nel 1812 e ha rappresentato per il padre del Poeta e per i suoi figli un impegno lungo una vita, protratto nei duecento anni successivi dagli eredi, che hanno mantenuto e valorizzato la Biblioteca e la raccolta di oltre 20 mila volumi in essa custoditi. L'intervento si è concretizzato nel ripristino del sistema antintrusione e nell'installazione di un avanzato sistema di videosorveglianza. La Biblioteca è stata dotata di rivelatori di movimento e di contatti magnetici collegati ad una centrale di ultima generazione. Per completare il sistema sono state installate due sirene – una esterna e una interna - e un modulo di comunicazione vocale per l'invio delle segnalazioni d'allarme. Il sistema di videosorveglianza è costituito da 16 telecamere Day&Night antivandalo ad alta risoluzione con illuminatori IR integrati, che permettono una perfetta visibilità delle aree videosorvegliate anche di notte. In condizioni di illuminazione diurna, le telecamere funzionano in modalità a colori, mentre in condizioni di scarsa illuminazione e nelle ore notturne passano alla modalità monocromatica, avvalendosi di sistemi di elaborazione che consentono di offrire sempre immagini ottimali. Le immagini riprese dalle telecamere confluiscono in un sistema centralizzato che permette il monitoraggio costante in tempo reale dell'area protetta tramite un monitor ubicato nella postazione di controllo e l'archiviazione delle immagini per l'utilizzo, in caso di effrazione, da parte delle Forze dell'Ordine. Oltre alla Biblioteca, il progetto ha interessato anche gli appartamenti nobiliari di Casa Leopardi. "Sono rimasta colpita – dichiara la Contessa Olimpia Leopardi, discendente del sommo poeta, - dalla serietà dell'azienda Hesa e positivamente impressionata dal desiderio della famiglia Hruby di mettere a disposizione - attraverso la Fondazione - gli strumenti e la conoscenza acquisiti negli anni, con lo scopo di salvaguardare dalla dispersione molti preziosi beni culturali italiani. L'impegno della Fondazione prosegue nel suo nobile fine con l'intervento a Casa Leopardi volto a proteggere nel miglior modo possibile un bene caro a tutti gli italiani, culla degli studi di Giacomo Leopardi, poeta e pensatore conosciuto e stimato nel mondo. Mi auguro che questa esemplare dimostrazione di spontaneo interesse possa essere un primo passo ed un esempio positivo di collaborazione tra privati per la tutela di quell'immenso patrimonio culturale che tutto il mondo ci invidia." "Dopo aver sostenuto a Urbino la protezione di Casa Raffaello e degli splendidi oratori di San Giovanni e di San Giuseppe – dichiara Carlo Hruby, Vice Presidente della Fondazione Enzo Hruby - la nostra Fondazione interviene nuovamente nelle Marche con un progetto che ci riempie di orgoglio per l'importanza del luogo oggetto della protezione. I libri, tra i beni culturali, si collocano tra gli oggetti più difficili da proteggere e anche tra i più rubati, solo nel 2013 ne sono stati trafugati ben 6.769. Per questo la nostra Fondazione è da sempre impegnata nella loro tutela ed già interve-
UN PROGETTO DI CROWDFUNDING PER LO SVILUPPO DI UN NUOVO SISTEMA MULTISPETTRALE LOW-COST “Multispectral Imaging for Art and Archaeology” è il primo progetto di ricerca crowdfunding per il settore della diagnostica per i beni culturali. È stato lanciato da CHSOS (Cultural Heritage Science Open Source, chsopensource.org) e la raccolta durerà 2 mesi. Per la prima volta, la ricerca verrà finanziata dagli utilizzatori finali di un nuovo sistema per la diagnostica delle opere d’arte. Restauratori di tutte le nazionalità sono invitati a partecipare e ad imparare la tecnica dell’imaging multispetrale con un sistema low-cost. CHSOS conta sulla partecipazione dei professionisti del settore che seguono il CHSOS blog e lo considerano una fonte di utili informazioni per il loro lavoro nell’ambito della conservazione. L’imaging multispettrale è una tecnica non invasiva usata con successo per la diagnostica di opere policrome perché permette la mappatura dei diversi pigmenti e di localizzare i ritocchi. È anche utilizzata per aumentare la leggibilità di documenti antichi. CHSOS si propone di promuovere la diffusione di questa tecnologia sviluppando un sistema multispettrale low-cost. Questo progetto beneficerà la comunità internazionale di restauratori e professionisti del settore museale. Partecipate al primo progetto crowdfunded per la diagnostica di opere d’arte! Maggiori informazioni su come partecipare su http://igg.me/p/ multispectral-imaging-for-art-and-archaeology/x/3564705 Fonte: CHSOS
TECHE TECNOLOGICHE PER LA MOSTRA DEDICATA ALLO LO STUDIOLO DEL DUCA DA MONTEFELTRO Dal 12 marzo al 4 luglio 2015 presso la Galleria Nazionale delle Marche di Urbino è aperta la dedicata dal titolo “Lo Studiolo del Duca. Il ritorno degli Uomini Illustri alla Corte di Urbino”. Daca Vetrina D’Autore, azienda marchigiana con sede a Fermo, è sponsor tecnico della mostra. L’esposizione permette di restituire al pubblico lo Studiolo di Federico da Montefeltro nella sua veste originaria, prima della dispersione delle sue opere avvenuta agli albori del Seicento. Daca ha contribuito all’esposizione fornendo la teca Musejon e le strutture di protezione delle straordinarie pareti dello Studiolo. Musejon è una teca delle dimensioni 180x90 cm protetta da una struttura in vetro stratificato. L'apertura avviene attraverso il sol-
AZIENDE E PRODOTTI levamento elettronico di tutta la parte in vetro superiore in modo da facilitare l'allestimento e la pulizia. La teca è inoltre dotata di sistema di condizionamento passivo ed è predisposta per l'installazione del sistema e per il condizionamento attivo con controllo in remoto. Il design essenziale, e la modularità delle versioni disponibili, rendono la teca Musejon particolarmente flessibile alle varie tipologie di allestimento. Per la protezione dello Studiolo del Duca da Montefeltro sono state realizzate delle balaustre costituite da una base in acciaio, dove sono stati integrati i corpi illuminanti (orientabili e regolabili in intensità) e da paratia di protezione in plexiglass. La struttura, opportunamente concepita e zavorrata alla base, permette di garantire una perfetta illuminazione e sicurezza vista la mole di visitatori attesa per la prestigiosa mostra. Anche in questa occasione, l’azienda fermana si è distinta per le rifiniture, l’attenzione ai dettagli e i rapidi tempi di realizzazione. Daca è orgogliosa di aver contribuito ad un progetto straordinario che, per la prima volta, dopo secoli rimette insieme i 28 dipinti che componevano lo spettacolare studiolo del Duca. La mostra ha una valenza internazionale, poiché supera i confini nazionali con l’arrivo di opere provenienti dal Louvre. Tale eccezionale ricomposizione non solo consentirà di studiare uno degli esempi più importanti dell’arte rinascimentale italiana, ma saprà anche rievocare il clima culturale della corte urbinate nell’ultimo decennio di vita del Duca da Montefeltro. Lo Studiolo era un luogo privatissimo voluto da Federico da Montefeltro come spazio adeguato a favorire studio, riflessione e radunare immagini di sapienti, con i quali instaurare un dialogo virtuale, oltre ad oggetti rari con cui nutrire lo spirito. L’ambiente è composto da tarsie lignee policrome di bottega fiorentina dove si ritrovano raffigurati libri, strumenti musicali e scientifici, armi, clessidre e personificazioni allegoriche che compaiono su ripiani della finta panca. Oggi solo la metà dei ritratti è ancora conservata nel Palazzo Ducale, in quanto le restanti 14 tavole, acquistate da Napoleone III, sono conservate nelle collezioni del Museo del Louvre. Grazie alla collaborazione con il Museo francese è stato possibile riposizionare in occasione della mostra i 28 dipinti ad olio che raffigurano personaggi storici come Mosè, Salomone, Cicerone, Omero, Dante, Platone, Aristotele, Euclide, Sisto IV. La mostra , promossa dalla Regione Marche, dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche in collaborazione con il Comune di Urbino, è curata da Maria Rosaria Valazzi. Fonte: Daca Vetrina D’autore (www.dacavetrina.it)
A effettuarla, con l’obiettivo di monitorare il monumento nel tempo , è stata la BQT S.n.c. di Solomeo di Corciano (PG), utilizzando l’interferometro radar terrestre IBISFS, prodotto dalla IDS di Pisa, e operando in collaborazione con i docenti Massimiliano Gioffré e Filippo Ubertini del Laboratorio di Dinamica delle Strutture del Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale, Università degli Studi di Perugia. “La campagna - spiega l’ing. Andrea Bonaca di BQT S.n.c. - è volta alla caratterizzazione dinamica delle catene presenti sugli archi di sostegno del tamburo e della cupola soprastante. Grazie all’uso di questa tecnologia innovativa, le misure sono state ottenute sfruttando esclusivamente le vibrazioni ambientali, senza bisogno di indurre oscillazioni forzate, evitando complesse operazioni per raggiungere le catene che sono ad una quota di circa 16 metri e prive di accesso diretto. Lo strumento è stato posizionato a terra in corrispondenza della mezzeria di ciascuna delle 4 catene”. Dall’analisi dei dati è stato possibile stimare le frequenze naturali, i corrispondenti modi di vibrare e, indirettamente, il tiro di ciascuna catena. I risultati sono stati confrontati con quelli ottenuti in una precedente campagna del Laboratorio di Dinamica delle Strutture mediante l’utilizzo di un vibrometro laser-doppler e di un drone per il posizionamento delle mire riflettenti. Vista la rapidità di misura, la facilità di esecuzione e l’ottima risposta ottenuta mediante l’interferometro radar IBIS-FS, le misure saranno nuovamente ripetute per il monitoraggio del tiro nelle catene, che potrà variare sia per effetto di variazioni termiche che per l’insorgere di eventuali cinematismi strutturali. I dati raccolti nelle successive campagne saranno così utilizzati per monitorare nel tempo lo stato di salute della struttura e permetteranno di validare un metodo indiretto e non invasivo che potrà essere esteso ad altre strutture simili per storia ed importanza. Il sistema interferometrico radar IBIS-FS introduce una modalità completamente innovativa nella misura degli spostamenti e delle vibrazioni, con notevoli vantaggi rispetto alla strumentazione convenzionale, quali: monitoraggio completo e veloce dell’intera area osservata, senza la necessità di accedere alla zona di interesse, fino ad una distanza massima di 1 km; facilità e rapidità di installazione; mappattura pressoché continua degli spostamenti dell’intera area osservata; misura in tempo reale degli spostamenti con accuratezze comprese fra 1/100 ed 1/10 di millimetro; capacità di acquisizione sia di giorno che di notte ed in ogni condizione atmosferica ed elaborazione dei dati in automatico per il monitoraggio in continuo e per utilizzo a scopo di early warning. Fonte: BQT (www.bqttech.com)
INTERFEROMETRIA RADAR PER INDAGINI DINAMICHE SULLE CATENE DEL TEMPIO DELLA CONSOLAZIONE DI TODI Si è recentemente conclusa la prima campagna di indagini dinamiche sulle catene del Tempio di Santa Maria della Consolazione di Todi (sec. XVI-XVII), attribuito al Bramante, mediante l’utilizzo dell’interferometria radar a microonde.
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ArcheomaticA 1 marzo marzo 2015 2015 ArcheomaticA N° N°1
Tecnologie per i Beni Culturali Tecnologie per i Beni Culturali
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elocizzare l’accesso alle informazioni, snellire le procedure burocratiche, rendere più rapido ed efficace il lavoro dei funzionari archeologi: questa è la funzione di RAPTOR, l’innovativo geodatabase gestionale sviluppato con soluzioni esclusivamente open source dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia. Ne abbiamo parlato con il funzionario archeologo Matteo Frassine, ideatore e coordinatore del progetto. Cos'è RAPTOR e quando è nato? Il progetto RAPTOR, acronimo di Ricerca Archivi e Pratiche per la Tutela Operativa Regionale, è un geodatabase per la gestione delle procedure amministrative di tutela archeologica del territorio con lo scopo di dotare l’Amministrazione di uno strumento agile e intuitivo che non richiedesse particolari nozioni informatiche. Creato nel 2011 all’interno della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Friuli Venezia Giulia, è stato in seguito presentato alle due consorelle di Lombardia e Veneto che hanno aderito divenendo parte integrante del gruppo di lavoro. Quali soluzioni informatiche avete adottato? RAPTOR è scritto a livello software da ArcTeam s.r.l. ed è interamente open source. E' costituito da un database basato su PostgreSQL e sull’estensione spaziale PostGIS, installati su server Apache. A Geoserver, installato all'interno del servlet java Tomcat, è demandato il controllo delle mappe per la fruizione via web, mentre PHP, JQuery, OpenLayers e CSS3 (modellazione del layout) sono stati utilizzati per l'interfaccia grafica. L'infrastruttura hardware è stata messa a disposizione dal Centro di Elaborazione Dati del MiBACT - area Ricerca, Innovazione Organizzazione, che si occupa anche della gestione. Come funziona? Sintetizzare in poche parole come funziona non è facile. Il sistema si fonda su tre moduli essenziali: “Progetti”, “Interventi” ed esiti (“Siti” e “Indagini Negative”). Accedendo alla sezione “Progetti”, due form di compilazione permettono di registrare dapprima i dati essenziali relativi al protocollo istituzionale e poi le specifiche progettuali che identificano l’opera (in-
quadramento topografico, tipologia dell’opera e descrizione).; successivamente è possibile procedere alla vettorializzazione via web della geometria progettuale o all’upload dello shapefile. Valutata la natura dell’opera e la sua ricaduta in termini di impatto archeologico è possibile procedere nella registrazione del documento prodotto dal funzionario archeologo preposto, attraverso una schermata in cui è fondamentale il tipo di risposta (“positiva”, “negativa”, “con prescrizione”, “richiesta integrazioni”, “comunicazione”), soprattutto nel caso di eventuali prescrizioni che attivano tre voci ulteriori: “no intervento”, “si intervento” e “su intervento in corso”. Tralasciando la prima, che di fatto sancisce la chiusura della procedura, la scelta della seconda, a cui è correlata la terza, comporta l’apparizione nella scheda monografica “Progetto” di uno specifico “alert” che avverte l’utente di un futuribile “Intervento” di scavo archeologico. Al momento dell’avvio dello scavo archeologico il funzionario può procedere alla registrazione dell’intervento attraverso il form dedicato che prevede tre campi particolarmente importanti: “ditte archeologiche” e la coppia “stato” – “esito”. Nel primo caso RAPTOR provvederà alla generazione e all’invio automatico di una mail alla ditta/professionista incaricato, facendo comparire nella sua bacheca il nome dell’intervento, con conseguente abilitazione all’upload della documentazione di scavo. Nel secondo caso, invece, le coppie “terminato-positivo”, “terminato-negativo” o “terminato-positivo e negativo” attiveranno un apposito contatore all’interno del quale saranno inseriti i valori numerici corrispondenti ai Siti individuati e/o alle Indagini archeologiche aventi esito negativo. Dalla scheda monografica d’ “Intervento” si accede alla/e scheda/e di Sito/ Indagine Negativa procedendo alla loro compilazione, il contatore scala progressivamente, permettendo così sia al funzionario responsabile, ma anche a chi eventualmente dovesse subentragli, di avere un quadro aggiornato sullo stato dell’arte. La scheda di “Sito” si costituisce, insieme a quella di “Indagine Negativa”, quale elemento fondamentale per la tutela del patrimonio archeologico, configurandosi come ricettore finale di una serie di informazioni, inserite in archivi correlati esterni, incrementabili attraverso la sezione “Livelli informativi” (Bibliografia, Fonte orale, Geofisica, Geologia, Ritrovamento occasionale, Scavo, Survey, Telerilevamento). A ciascun livello è dunque possibile associare infiniti record e soprattutto una geometria specifica, in un rapporto univoco tra dato alfanumerico e possibile corrispettivo topografico. Tale strutturazione
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OPEN SOURCE
permette così di accogliere tutti i dati che “parlano” di uno specifico sito (incluse le realtà urbane pluristratificate), comprendendo anche le indagini non invasive. Quanto ha facilitato il vostro lavoro? I vantaggi sono molti: tempi di risposta alle istanze esterne ridotti al minimo grazie a ricerche d’archivio informatizzate e trasversali a portata di un click da qualsiasi postazione (o supporto mobile) dotata di una connessione internet; panoramica sempre aggiornata dello stato delle pratiche e degli interventi, nonché delle documentazioni di scavo ancora da consegnare da parte delle ditte archeologiche incaricate; coadiuvare con statistiche automatizzate la valutazione dei carichi di lavoro e la performance istituzionale; procedure standardizzate e condivise; interazione maggiore tra le singole componenti d’ufficio; validazione dei dati; posizionamenti georeferenziati; dematerializzazione della pubblica amministrazione (Dlgs. 82/2005 e Dlgs. 235/2010 s.m.i.). Quanti elementi archeologici sono già schedati? Allo stato attuale annovera 5693 siti totali, suddivisi tra Friuli Venezia Giulia (2141), Lombardia (2683) e Veneto (869), oltre a 241 aree oggetto di vincolo archeologico e 560 interventi di scavo archeologico. Chi può accedere ai dati archeologici? RAPTOR fin dal principio ha previsto vari gradi di apertura al pubblico esterno: una delle ultimissime novità apportate al sistema è stata proprio quella di impostare una procedura automatica di generazione di mail contenenti password temporanee che consenta agli archeologi esterni alle Soprintendenze di utilizzare il software.
Cosa avete in mente per il futuro? Le idee non mancano: ci sarebbe ad esempio da sviluppare la sezione delle concessioni di scavo oppure il difficile comparto dell’archivio materiali a cui si ricollegano poi i depositi, argomenti sui quali in realtà le tre Soprintendenze si sono già confrontate. La verità è che tutto dipende, come sempre, dai finanziamenti che sarà possibile ottenere. A cura di Giulio Bigliardi
SCHEDA TECNICA
3DZ:
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3D A cura di 3DZ
I
n un clima di forte cam- ultimi anni, e ci ha permesso biamento e continua tra- di raggiungere risultati che sformazione delle modalità solo alcuni anni fa sembravaNUOVI DATI SUGLInasce ARGENTI DELLA CASA DI no EUPÒLEMOS A MORGANTINA produttive 3DZ. Siamo pura fantascienza. In 3DZ Il progetto scientifico di ricerca per lo studio degli Argenti di Morgantina, ideato rivenditori autorizzati 3D Syimpieghiamo tutte le nostre e coordinato dall’Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell'Identità Siciliana risorse, inlaprevisione nostra professioleader mondiale e dalstems, Museo Regionale di Aidone nella è stato intrapreso della movimentazione dei reperti e del loro trasferimento Metropolitan produzione di stampanti 3D, nalitàtemporaneo e il nostroal entusiasmo Museum of Art di New York. software e scanner 3D.nel corso diper il tuonon livelLe attività di ricerca, condotte unaincrementare campagna di indagini invasive in situ, hanno avuto come obiettivolo siadi l’approfondimento Abbiamo iniziato l’attività soddisfazione,conoscitivo migliofinalizzato alla fruizione e alla valorizzazione che il monitoraggio dello stato di specializzandosi subito nel rando quotidianamente sia conservazione di questo inestimabile patrimonio che rappresenta una delle tecampodella della prototipaziola qualità dei nostri stimonianze produzione ellenistica originaria della Magna Grecia,prodotti risalente al III ne secolo a. C., e oggi conservato presso di Aidone sia il Archeologico nostro servizio. Per(EN). darrapida nella vendita di il Museo Si è ritenuto indispensabile programmare un protocollo operativo multidiscipliti molto di più di quanto ti nare stampanti che coinvolgessetridimensionali competenze differenti, garantendo un approccio scienfornendo ser- per saresti aspettato! tificoprofessionali, e metodologico quanto più completo lo studio dei preziosi reperti. Nellavizi prima fase di indagine conoscitiva, dunque, si è un considerato Offriamo servizioprioritario di vencompleti di consulenza realizzare, attraverso una campagna di rilevamento indiretto ad alta densità e soluzioni per ogni tipo di dita e assistenza tecnica informativa, una banca dati 3D della collezione degli argenti, in modo che, a trasferimento delladal collezione avvenuto, acquisiti costituiscano un archiclientela: privato alla i dati localizzata, a casa tua: posvio digitale di supporto per le successive indagini in programmazione; oltre che grande azienda. siamo contare su una fitta e loro stessi oggetto di fruizione da parte dei visitatori nel periodo di assenza dei L’ obiettivo è quello di for- fidata rete commerciale e di reperti. Per lonire svolgimento questa prima fase di indagini conoscitive, si è stipulata una supporto tecnico. Il nostro ad ognidi cliente gli struconvenzione tra l'Assessorato Regionale dei Beni Culturali e dell'Identità siciliana servizio di assistenza è un’almenti ottimali per produrre e il Dipartimento di Architettura della Scuola Politecnica di Palermo; le attività in programma sono stateincurate dal Dott. Paola, responsabile e per creare modo da Ing. traFrancesco punta diDidiamante dell’ascientifico del progetto. massimizzare gli investimen- zienda, con tecnici certifiIl processo di indagine avviato si definisce Reverse Engineering e la tecnica imti e risultati pro- noncati sempre a disposizione, piegata è laottenere 3D Scanning. La metodica invasiva, non distruttiva e ad alta densità informativa si basa sull’acquisizione posizione spaziale di punti che operativi in tutta Italia. duttivi immediati. Si vuole della compongono la superficie di un oggetto fisico, restituendo un modello tridimenmettere nelle tue mani lo Inoltre proponiamo servisionale digitale con un elevato grado di corrispondenza geometrica all'oggetto con- rientra zi di prototipazione rapidaa reale.strumento Il particolareadatto sistemache impiegato nella categoria di scansione luce senta strutturata (modello impiegato: Artec e Spider; risoluzione 3D, completi soluzioni persodi dare unaScanner forma 3D alle fino a 0,1 millimetri; precisione del punto 3D, fino a 0,05 millimetri; velocità tue idee,dati, esattamente come nalizzate ogni di acquisizione fino a 1.000.000 punti/s.), cioè cheper ricorre alla esigenza luce come mezzo di indagine per ottenere una scansione 3D di un oggetto fisico. Il sistema sono nella tua testa. Vogliaspecifica. si è rilevato particolarmente idoneo per l’acquisizione digitale degli oggetti memo renderti indipendente ed tallici riflettenti di dimensioni contenute. autonomo nel creare esattaServizi Contestualmente all’acquisizione 3D dei sedici reperti, è stata condotta una campagna diagnostica di tipo non invasivo 3DZ che offre ha portato di una all’acquisizione delle più vaste mente quello che ti occorre, radiografie digitali, riprese di fluorescenza ultravioletta e analisi di fluorescengamme di prodotti 3D Sycome lo vuoi, senza sprechi e za a raggi X. Tale approfondimento scientifico, affidato alla S.T.Art-Test di S. in tempi brevi. di diagnostica applicata stems e servizi peredlaeseguito stampa Schiavone sas (Società ai beni culturali) in stretta con il Direttore Percollaborazione questo lavoriamo costan-del Museo, 3D: Dott.ssa Laura Maniscalco, è stato finalizzato all’identificazione e mappatura dei materiali costituenti, origiportare tutti nali, temente di degrado per e/o di restauro,a all'approfondimento conoscitivo della tecnica di realizzazione e alla valutazione dello stato conservativo attuale dei3D preziosi le straordinarie possibilità 4Vendita stampanti Perreperti, acquisendo dati utili per intraprendere un monitoraggio programmato che offre la tecnologia della sonal e Professional delle condizioni conservative degli stessi. In particolare, sono state eseguite instampa 3D eperlal’analisi qualità dei 4Vendita stampanti 3D per dagini radiografiche strutturale e approfondimenti sulla tecnica di realizzazione; acquisizioni nelproduzione visibile a seguito di prodottile3D Systems.della fluorescenzalaemessa grande illuminazione con sorgente ultravioletta hanno permesso di localizzare i matetecnologia stam- infine, 4Fornitura perX riali La di restauro presentidelle sulla superficie; l’analisi dei dellamateriali fluorescenza ha consentito degli elementi chimici il monitoraggio delle tutti i per sistemi 3D Systems panti 3Dl'identificazione ha fatto passi da superfici interessate da fenomeni di corrosione,disponibili e per acquisire informazioni sia gigante, soprattutto negli sulla tecnica di estrazione dell'argento che di applicazione della foglia d'oro decorativa.
4Servizi di manutenzione e formazione 4Servizi di prototipazione rapida I nostri numeri 470 persone, un team di professionisti preparati e motivati, guidati dalla passione per la stampa 3D e con un idea fissa in testa: aiutarti a produrre il futuro. 48 sedi, 3DZ ha una rete di rivenditori distribuita su tutto il territorio italiano, con sedi a Castelfranco Veneto (Treviso), Mazzano (Brescia), Casale Monferrato (Alessandria), Arezzo, Roma, Reggio Emilia e Valletta (Malta). 4800 clienti in Italia La stampa 3D è una rivoluzione in atto, con un mercato in continua espansione. Ogni settimana abbiamo nuovi clienti che vogliono provare i vantaggi delle stampanti 3D e degli altri prodotti 3D Systems. La stampa 3D La stampa 3D è l’evoluzione della stampa bidimensionale su carta. Consente di creare un reale modello tridimensionale di un oggetto progettato con un software di modellazione o ricreare le fattezze di un elemento esistente scansionato con uno scanner 3D.
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Si tratta di un particolare processo di produzione, detto “additivo”, in grado di realizzare oggetti tramite la stratificazione successiva di materiali particolari. Le stampanti 3D sono veloci, affidabili e semplici da usare: con una stampante 3D è possibile creare oggetti composti da materiali diversi e dalle diverse proprietà fisiche e meccaniche in un singolo processo di stampa 3D. La rivoluzione digitale, dunque, non è più limitata a computer e device affini: oggi anche la produzione è diventata digitale. Per questo possiamo affermare che stiamo vivendo una vera rivoluzione della produzione: la nuova rivoluzione industriale è una rivoluzione digitale. Negli ultimi anni abbiamo scoperto nuovi modi per creare, inventare e lavorare… e ora tutto ciò che abbiamo imparato viene applicato al mondo reale. Grazie a questa rivoluzione e alle tecnologie che porta con sé, possiamo dare vita ai nostri progetti, a qualsiasi oggetto o bene materiale, dando loro forma e solidità, facendoli uscire dai monitor dei computer e portandoli nel mondo reale, con tutti i loro particolari. Se negli ultimi decenni questo avveniva nelle fabbriche e negli studi di progettazio-
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ne, ora sta accadendo anche nei personal computer, nelle case, nelle scuole, per privati e singoli professionisti. È la cosiddetta “rivoluzione dei maker”, o filosofia del DiY: “Do It Yourself”. Il costo delle stampanti 3D è andato via via calando ed è sempre più accessibile, per cui un investimento che dieci anni fa era impensabile per la tua impresa, oggi non solo è affrontabile ma ti garantisce anche la valorizzazione e la qualità dei tuoi prodotti grazie alla stampa 3D. Anche i software di modellazione e gestione sono sempli-
ci ed intuitivi da usare: non avrebbe senso creare uno strumento che ti fa perdere tempo ed energie preziose, quando il tuo obiettivo, nell’acquistare una stampante 3D, è proprio risparmiare: denaro, tempo e fatica. 3D Systems è stato un pioniere nella costruzione e nella commercializzazioni di stampanti 3D e ancora oggi investe numerose risorse in ricerca e sviluppo per poter offrire ai propri clienti dei prodotti in grado di soddisfare ogni singola esigenza. In questo clima è nata 3DZ, rivenditore ufficiale di pro-
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dotti 3D Systems in tutta Italia, con l’intento di fornire ai creativi, alle scuole, alle imprese e a tutti i cittadini le macchine e l’attrezzatura necessaria per dar corpo alle proprie idee, permettendo a ogni utente di sviluppare una cultura del fare e di acquisire le competenze necessarie per trasformare le proprie idee in prototipi e prodotti. Uno dei settori applicativi più importanti in cui la stampa 3D si sta affermando è nel campo del restauro o della conservazione dei beni culturali. Si può restaurare un monumento o ripristinare parti
mancanti di sculture o di vari oggetti in maniera semplice, efficace e con una precisione impensabile fino a poco tempo fa. Un esempio concreto è stata l’installazione di una replica di fossile di balena, reporto originale rinvenuto in Cile. L’installazione della replica stampata in 3D in scala 1:1 è stata fatta presso un importante museo con la replica di un fossile di balena preistorico (http://www.3dz.it/news/ fossile_di_balena_stampato_in_3d/).
3DZ Via Germania, 18 31033 Castelfranco Veneto (TV) Tel: +39.0423.1923070 www.3dz.it Parole chiave
stampa 3D; rilievo, laser scanner;
MUSEI E FRUIZIONE
Mobile e Realtà Aumentata al Palazzo Ducale di Urbino: il museo è digitale di Ramona Quattrini, Roberto Pierdicca, Emanuele Frontoni, Paolo Clini
In questo articolo viene presentato un approccio interessante per Palazzo Ducale e la sua collezione. L'obiettivo principale del progetto è quello di trasformare il museo in una sorta di laboratorio per sperimentare nuove tecnologie in grado di dare una risposta alle PA, che hanno sempre meno risorse disponibili per migliorare la fruizione del loro inestimabile patrimonio
IL CASO DELLA CITTÀ IDEALE La visita al museo, e più in generale l’intera filiera della fruizione dei beni culturali, deve diventare attuale. Utenti e addetti ai lavori si interrogano sul modo in cui essi vengono gestiti, fruiti e valorizzati; è altresì indispensabile discutere e riflettere sul ruolo delle istituzioni museali e del territorio, su come essi possano valersi delle nuove frontiere della comunicazione. In altre parole, la rivalutazione del patrimonio culturale può vedere nella digitalizzazione un nuovo strumento. Il digitale, infatti, si sta via via sostituendo nel nostro quotidiano interagire con la realtà ma, seppur in notevole controtendenza, l’immissione dell’ICT per il Cultural Heritage stenta a decollare. Nel pressoché sterminato panorama museale italiano sono ancora pochi gli esempi di apertura verso i nuovi scenari della tecnologia come strumento per la tutela e la valorizzazione; questo trend è però solo apparentemente incontrovertibile, come alcuni esempi sporadici dimostrano. Alcune recenti realizzazioni sono la app Step by Step 2.0, che permette di esplorare l’ambiente e le collezioni di Palazzo Madama, il progetto PArSJAd per la valorizzazione dei reperti architettonici presenti sul territorio del Parco Archeologico dell’Alto Adriatico, una app alla Galleria Nazionale dell’Umbria per la fruizione in realtà aumentata della Sala Farnese, solo per citarne alcuni. Gli strumenti tecnologici a disposizione per questi scopi sono innumerevoli e ad oggi anche Fig. 2 – Panoramiche sferiche e full dome derivanti dall’acquisizio-
ne fotografica e laser. 32
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33 capillare ogni utente. E’ in corso infatti lo sviluppo di una serie di applicazioni che migliorino la conoscenza delle singole opere ma che allo stesso tempo facilitino la comprensione all’ utente dell’intero allestimento museale. Tra queste vengono qui presentate le App Città Ideale e Città Ideale AR, già scaricabili, che si distinguono per la grande intuitività e facilità di utilizzo e che sono destinate a soddisfare le esigenze di tutte le tipologie dei visitatori della Galleria Nazionale delle Marche.
Fig. 1 – Filiera di gestione dei dati: dall’acquisizione alla fruizione.
accessibili; camere ad altissima risoluzione consentono un’acquisizione rapida ed efficace delle opere; il mobile, gioco forza la sua capillare diffusione verso il grande pubblico, facilita l’interazione; il web mette a disposizione semplici strumenti per la catalogazione e la diffusione. Un comune timore, comprensibile ma dannoso, è quello di pensare alla tecnologia non come filo conduttore ma come un punto di disgiunzione che allontana il pubblico fuori dai musei. Una ardita missione è invece quella di spingere, sperimentare, allargare la fruizione digitale, fino a renderla imprescindibile dall’opera d’arte nella sua dimensione originale. La direzione verso cui orientarsi, già in parte delineata, è quella di creare un rapporto sinergico tra cultura e tecnologia, affiancando al normale percorso di visita strumenti multimediali che coinvolgano visitatori ed insiders verso nuove esperienze di godimento del patrimonio culturale. Le più significative innovazioni nel settore dell’ICT possono, anzi devono, fornire uno sguardo allargato sull’arte.
PALAZZO DUCALE: un museo contenitore Definito «una città in forma di palazzo», il Palazzo Ducale fu voluto e realizzato nel cuore di Urbino da Federico da Montefeltro, con uno straordinario intervento di riprogettazione urbanistico - architettonica. La sua misura architettonica, l’armonia delle proporzioni, la raffinatezza dei decori costituiscono la materializzazione dello straordinario clima culturale che pervase Urbino nel secondo Quattrocento e che diede vita alla stagione del Rinascimento matematico. Nel 1912 un Regio Decreto istituì al suo interno la Galleria Nazionale delle Marche, con il compito di raccogliere e custodire gli oggetti d’arte di, proprietà governativa, provenienti dall’intero territorio regionale. A distanza di un secolo, il nostro gruppo di ricerca, con diverse competenze sia nel rilievo e disegno sia nel campo dell’ ICT si sta occupando di sviluppare filiere di acquisizione e gestione integrata dei dati morfologici e metrici relativi alla architettura e non solo, al fine di permettere al gestore pubblico del bene culturale una più sostenibile e autosufficiente produzione di contenuti per la fruizione degli utenti, ma anche una semplice tutela e conservazione del proprio patrimonio, attraverso dati digitali (Figura 1). Molto performante l’acquisizione fotografica dalla quale si può arrivare alle panoramiche sferiche che consentono la navigazione degli ambienti come scenari virtuali, a partire da semplici acquisizioni fotografiche, opportunamente calibrate e montate. La strumentazione laser, oggi disponibile sul mercato, permette anche l'acquisizione di panoramiche full dome ad ottima risoluzione (Figura 2). Tali acquisizioni permettono di costituire e collezionare modelli morfometrici di grande precisione che consentono di estrapolare molti tipi di dato per altrettante applicazioni:
IL PROGETTO DUCALE Su questi presupposti si basa il progetto dUcale (Do yoU Care Art sociaL Edutainment?) facente parte di un Accordo Quadro 4 dati fotografici per la documentazione o la costruzione di per attività di collaborazione scientifica per lo “Sviluppo di scenari virtuali speditivi (panoramiche sferiche); tecnologie digitali destinate alla valorizzazione e alla frui- 4 dati metrici per la ricostruzione virtuale dei singoli modelli; zione della Galleria Nazionale delle Marche” tra la Direzione 4 dati morfo-materici per applicazioni nell’ambito della conRegionale per i Beni Culturali e Paesaggistici delle Marche, servazione e del restauro. Università Politecnica delle Marche di Ancona, Università degli Studi di Urbino “Carlo BO” e Università “Alma Mater Studiorum” di Bologna. Esso prevede di trasformare Palazzo Ducale (uno dei monumenti-simbolo del Rinascimento italiano) in un nuovo laboratorio di sperimentazione tecnologica per la conoscenza e la comunicazione del patrimonio architettonico e artistico. In particolare la necessità è garantire strumenti di gestione facili e prevalentemente open source (lato client e/o utente), a valle della acquisizione di una grande mole di dati, metricamente affidabili e significativi per un patrimonio di elevato pregio (livelli di dettaglio, scale metriche etc,). I sistemi adottati per l’intero progetto consentono di raggiungere un alto grado di versatilità e scalabilità fino a raggiungere in modo Fig. 3 – Applicativo per la navigazione, misurazione e gestione delle stanze del museo.
Le nuvole di punti, allineate e decimate, degli ambienti architettonici sono di notevole interesse per il gestore pubblico del bene. Esse possono essere gestite semplicemente mediante un applicativo html (proprietario ma non a pagamento) che consente di navigare al loro interno, di misurare con precisione ogni dimensione e distanza, di inserire markup sotto forma di tag, di metadati e/o di dati aggiuntivi e di collegare link a siti web o a file esterni. Si
Fig. 4 – Visualizzazione del dipinto ad alta definizione sul web, ottenuta con l’uso di immagini piramidali e tassellatori.
tratta di un risultato molto snello e rilevante che si configura come uno strumento operativo di dialogo tra addetti ai lavori estremamente efficace e versatile (Figura 3). Alle acquisizioni Laser, per le peculiari caratteristiche del patrimonio conservato nella Galleria Nazionale delle Marche, si sono affiancate acquisizioni in pseudo LHR e in alcuni casi si è reso anche necessario utilizzare triangolatori ottici, date le forti condizioni di deformazione delle tavole su cui sono dipinti i capolavori quali la Città Ideale e la Flagellazione di Piero della Francesca. Per raggiungere il modello morfometrico completo del complesso tavola-dipinto è stata usata la macro-fotografia per mappare la nuvola di punti del dipinto. Integrando diversi applicativi si è potuta aggiungere completezza all’informazione, pur mantenendo il dato facilmente divulgabile online: con l’uso di immagini piramidali e tassellatori è stato infatti possibile restituire efficientemente le immagini ad alta risoluzione, superando così i limiti imposti dalla risoluzione scelta per la panoramica. (Figura 4). Alcune di queste tecnologie, come ad esempio la visualizzazione dell’opera in alta definizione o la navigazione 3D delle stanze del museo, sono state poi rielaborate e riadattate per essere fruibili anche da mobile come spiegato nel seguito.
Fig. 5 – Home page dell’app Città Ideale.
L’APPLICAZIONE “CITTÀ IDEALE” L’App è stata voluta dalla Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici delle Marche in collaborazione con l’Università Politecnica delle Marche e realizzata da un gruppo di docenti e ricercatori di Univpm. È una applicazione sviluppata per tablet iOS (ma è già stata rilasciata anche per la versione per Android) che racchiude al suo interno molte funzionalità. Essa infatti consente sia di consultare dei contenuti statici (off-line) per approfondire la conoscenza del dipinto sia di accedere ad una serie di funzioni dinamiche che rendono l’end user protagonista della sua visita. Il progetto della applicazione è stato realizzato su Appcelerator Titanium, un ambiente open che include un SDK open source JavaScript per lo sviluppo nativo multipiattaforma. Il semplice schema su cui è strutturata la app non ha come scopo la spettacolarizzazione dell’opera d’arte, ma quello di comunicare le principali nozioni storiche in un contesto in cui l’utente deve essere impegnato nell’osservazione dell’ambiente circostante. Nella parte bassa della Homepage compaiono cinque macro aree tematiche, a loro volta composte di più pagine di approfondimento, sfogliabili in parallelo (Figura 5). 4 dove e quando, contiene informazioni di carattere generale sulla collocazione storica e temporale del dipinto; 4 la geometria segreta, mostra l’insieme di linee tracciate sulla preparazione con diversi strumenti: esse mostreranno all’osservatore come il disegno preparatorio sia mutato in corso di stesura ovvero gli elementi aggiunti e quelli disattesi nel riempimento a colore (Figura 6); 4 i restauri della Città, contiene il confronto tra ciò che era visibile prima e ciò che il restauro conclusosi nel 1976 ha permesso di scoprire, eliminando definitivamente la coltre brunastra che ricopriva la veduta prospettica; 4 le tavole gemelle, sezione che permette scoprire le affinità della prospettiva di Urbino con le altre due tavole di vedute di città, conservate a Baltimora e Berlino. 4 Città ideali progettate e costruite, fornisce approfondimenti su alcune realizzazione urbanistiche coeve o successive alla tavola di matrice antropocentrica. Pur mantenendo lo schema lineare appena descritto, nella
Fig. 6 – Screen shot relativo ad una delle cinque aree tematiche dell’app.
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Fig. 7 – Alcuni visitatori del museo mentre utilizzano l’app direttamente di fronte al dipinto.
Homepage si dipanano anche quattro sezioni funzionali ben distinte tra di loro e molto differenti, che verranno in breve descritte. L’idea che sta alla base di queste funzioni dinamiche è quella di trasformare l’utente da spettatore ad attore della fruizione del bene e degli spazi museali. Una volta letti i contenuti testuali delle macro aree tematiche, si può approfondire l’opera con maggiore cognizione. La sezione HD permette di godere del dipinto nel dettaglio interagendo con la macrofotografia del dipinto stesso. L’utente può osservare nel dettaglio particolari emozionanti, che altrimenti sarebbero imperscrutabili ad occhio nudo, anche a pochi passi di distanza dall’originale (Figura 7). In questa sezione l’opera è raccontata attraverso ingrandimenti mirati su specifiche porzioni del quadro; l’alta definizione è uno strumento molto potente per avere un forte dettaglio a portata di mano, mentre i contenuti testuali ne arricchiscono la comprensione. Basta accedere alla sezione e dette aree sono immediatamente selezionabili e zoomabili dall’utente che può poi navigare l’intera immagine in HD (Figura 8). La sezione 360 º sfrutta le acquisizioni a panoramiche sferiche delle stanze museali per esplorare lo spazio architettonico. Dal proprio tablet l’utente può esplorare ogni ambiente del museo; può inoltre muoversi da una stanza
Fig. 8 – Screen shot relativo alla sezione HD della app.
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Fig. 9 – Navigazione virtuale delle stanze della Galleria direttamente da tablet.
all’altra della Galleria grazie alla pianta che funge da navigatore (Figura 9). Questa funzione permette al visitatore di pianificare la propria visita da casa, facilitando quindi il way-finding all’ interno del museo. È stata dedicata una intera sezione allo sharing sui principali social network. L’aver introdotto la possibilità di connessione ai principali canali, consente al museo di uscire dalle proprie mura, di diffondersi, rendendo la App uno strumento di facile condivisione e diffusione della conoscenza (Figura 10). Ed infine la sezione di Realtà Aumentata, che verrà descritta nel seguente paragrafo, per la quale è stata sviluppata una App ad hoc. Questa scelta di progetto deriva dal fatto che, nonostante il legame tra le due app e la loro fruizione pressoché contigua, la App AR potrebbe essere più agevolmente scaricata all’ interno del museo. Questo ne garantirà l’utilizzo solo in presenza del dipinto, evitando difficoltà di comprensione per utenti poco esperti di realtà aumentata. LA REALTÀ AUMENTATA: “CITTÀ IDEALE AR” Per lo sviluppo della applicazione “Città Ideale AR” è stata utilizzata la Realtà Aumentata (AR), una tecnologia della computer vision che permette di accrescere la percezione della realtà attraverso l’uso di un dispositivo mobile (o wea-
Fig. 10 – Utilizzo della sezione dedicata alla condivisione sui social network.
Fig. 11 – Splash screen dell’app Città Ideale AR.
reable) nel quale vengo visualizzati in sovraimpressione nello schermo una serie di contenuti virtuali. In particolare si è scelto di adottare la tecnica di visione artificiale cosiddetta vision based; in altre parole, si “istruisce un dispositivo” ad analizzare in tempo reale il flusso video mentre la fotocamera sta riprendendo. L’utilizzo del tablet all’ interno del museo migliora così il rapporto tra l’opera e l’osservatore, il quale può continuare ad analizzarla, ma con un contributo digitale che metta in risalto le caratteristiche salienti di un’opera. L’applicazione di AR è stata creata per le piattaforme mobile iOS e Android con la possibilità di inserire extra-layers come oggetti 3D e
video. Per migliorare ulteriormente la naturalezza dell’esperienza e creare un continuum tra reale e virtuale sono stati utilizzati “markerless tracking alghorithms”, che consentono di estrarre features stabili per il riconoscimento di immagini, alle quali ancorare contenuti suppletivi. Per guidare l’utente ad un più intuitivo utilizzo di questo strumento, lo splash screen si presenta come una sorta di guida alla caccia dei punti di interesse sulla tavola (Figura 11). Una volta entrati nella modalità camera attiva, il device analizza il flusso video della fotocamera e alla ricerca dei keypoints associati alle immagini; una volta identificati, i contenuti interattivi vengono messi in sovraimpressione nella corretta posizione. Per rendere l’utilizzo più dinamico, in prima istanza vengono visualizzati dei pop-up che fungono da bottone per richiamare altre funzioni come video guide, testi e immagini (Figg.12,13). Gli highlights dell’opera sono stati accuratamente scelti per il primo lancio della App; tuttavia, essendo i contenuti stoccati su un cloud esterno, essi possono essere facilmente modificati o incrementati anche da non esperti, rendendo la App ancora più dinamica e interessante. Questo crea le precondizioni al concetto di museo laboratorio. Come già detto in precedenza, la App è disponibile su Apple Store tuttavia, prima della submission la versione demo è stata sottoposta ad uno user test per valutarne l’usabilità ed individuare le criticità dell’interfaccia. Va sottolineato che le valutazioni sono state complessivamente buone ed incoraggianti e che nessun giudizio negativo è stato raccolto. L’atto finale con cui si intende costruire un sistema integrato di Realtà Aumentata, attualmente in fase di test, è quello di prevedere la possibilità di una AR route guidance. Basandosi sul riconoscimento delle immagini dei vari capolavori, questa App consente di geolocalizzare l’utente all’ interno del museo. Egli, un volta inquadrato un dipinto, visualizza un bottone attivo che richiama un radar. Da questo punto in poi il visitatore viene guidato tra le varie opere, direzionato verso l’opera successiva e rilocalizzato per ogni opera inquadrata. Questo sistema, integrato con beacon attivi che sfruttano la tecnologia NFC o bluetooth, darà al visitatore uno strumento valido, intuitivo e divertente per la comprensione del patrimonio culturale e quindi un sistema di valorizzazione tecnologica a costi contenuti di un museo e delle sue collezioni. CONCLUSIONI
Fig. 12 – Utenti utilizzano la videoguida in Realtà Aumentata di fronte alla Città Ideale
Fig. 13 – Pop up interattivi di alcuni punti di interesse dell’opera: le tortore.
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Tecnologie per i Beni Culturali Il lavoro è stato sviluppato attraverso una precisa metodologia, passando dall’acquisizione dei dati attraverso tecniche di rilievo speditive e low cost, fino al loro utilizzo finalizzato sia alla gestione, sia alla valorizzazione del patrimonio costruito e dipinto. Lo scopo principale del progetto, tuttora in itinere, ha una valenza duale. Da un lato trasformare il museo in un laboratorio, all’ interno del quale poter sviluppare efficaci soluzioni per la sua valorizzazione. Dall’ altro una nuova porta di ingresso per digitale e virtuale che renda il museo un luogo divertente e al contempo educativo. L’ utilizzo della AR ha dimostrato di essere in grado di catturare l’attenzione dell’utente, essendo uno strumento facile e intuitivo, ma comunque ancora sorprendente. Attraverso questo primo progetto, inoltre, si dimostra la portabilità di contenuti digitali di grande qualità e atti ad approfondimenti specialistici in un ambiente cloud di gestione dei dati e al loro sfruttamento in applicazioni divulgative per il più ampio pubblico. ACKNOWLEDGMENTS Si ringrazia Gianni Plescia per la acquisizione ed elaborazione fotografica LHR. Si ringraziano inoltre Luigi Sagone, Floriano Capponi e Romina Nespeca per la Acquisizione ed Elaborazione Laser scanner. Una particolare menzione è doverosa nei confronti della Soprintendenza Regionale per i Beni Storici, Artistici ed Etnoantropologici delle Marche ed in particolare si ringrazia Maria Rosaria Valazzi per il Coordinamento Scientifico e per i contenuti della applicazione mobile. Si ringrazia infine Alessia Vitturini per le elaborazioni grafiche delle interfacce.
Abstract
In this article we show an interesting approach of exploitation for Palazzo Ducale, the most important museum of Marche Region. The main objective of this project is to transform the museum into a sort of laboratory to experiment new technologies able to give a response to the administrations, who have less and less resources available to enhance their priceless heritage. We propose innovative solutions to create tools, instruments and opportunities for both insiders and common users. The production chain starts from cutting edge survey technology that gives strong data for the conservation; furthermore they are the starting point reach the broader public with augmented reality and mobile application.
Parole
chiave
Realtà Aumentata; Mobile; Acquisizione Speditiva; Museo Contenitore; Guida Interattiva
37 Bibliografia Clini P., Valazzi M.R., Quattrini R, Razionale A, Plescia G., Sagone L. (2012) Tecniche speditive per la realtà aumentata nell’analisi, comunicazione e musealizzazione del patrimonio storico artistico. La città Ideale di Urbino. Conference proceedings, of Ottava Conferenza del Colore, Colore e Colorimetria Contributi Multidisciplinari, vol. 1, 23-30, Bologna. ISBN: 8838761361. Bationo Tillon A., Marchand E., Laneurit J., Servant F., Marchal I., Houlier P (2010). A day at the museum: An augmented fine-art exhibit. Conference proceedings of Mixed and Augmented Reality - Arts, Media, and Humanities (ISMAR-AMH), 2010 IEEE International Symposium, 69-70, Seoul. Miyashita, T., Meier, P., Tachikawa, T., Orlic, S., Eble, T., Scholz, V., Gapel, A., Gerl, O., Arnaudov S., Lieberknecht S. (2008) An Augmented Reality Museum Guide, conference proceedings of Mixed and Augmented Reality, ISMAR 2008. 7th IEEE/ACM International Symposium, 103-106, Cambridge. Mazzoli L., (2009) Quando la rete diventa pop in Network Effect, L.Mazzoli, Ed., 3–20, Codice, Turin, Italy. Link Damala A., Cubaud P., Bationo A., Houlier P., Marchal I., (2008) Bridging the gap between the digital and the physical: design and evaluation of a mobile augmented reality guide for the museum visit, in Proceedings of the 3rd International Conference on Digital Interactive Media in Entertainment and Arts (DIMEA ’08), 120–127. Wojciechowski R., Walczak K., White M., Cellary W., (2004) Building virtual and augmented reality museum exhibitions in Proceedings of the 9th International Conference on 3D Web Technology, 135–144. Se S., Lowe D., Little J., (2001) Vision-based mobile robot localization and mapping using scale-invariant features in Proceedings of the IEEE International Conference on Roboticsand Automation (ICRA ’01), pp. 2051–2058, Seoul, Republic of Korea, May 2001. D. G. Lowe, “Distinctive image features from scale-invariant key points,” International Journal of Computer Vision, vol. 60, no.2, 91–110. Buniotto E., Alecce C. (2014) PARSJAD, il Parco Archeologico dell’Alto Adriatico: un luogo diffuso, unito dalla tecnologia, Archeomatica Vol.5 n° 1. Minelli M. R., (2013) tecnologie multivisione e quadri parlanti per rivivere i fasti della Tuscia Farnese, Archeomatica Anno IV, n° 1. Tesoriero R., Lozano M., Gallud J.A, Penichet V.M.R., (2007) Evaluating the users’ experience of a pda-based software applied in art museums, 3rd International Conference on Web Information Systems and Technologies, Proceedings WIA , 351-358. Natale M. T., (2012) Tutti pazzi per le app. Note a uso di musei, archivi e biblioteche, in Digitalia, Anno VII, n° 2.
Autore
Ramona Quattrini, r.quattrini@univpm.it Paolo Clini, p.clini@univpm.it DICEA Dipartimento di Ingegneria Civile, Edile e Architettura, Università Politecnica delle Marche, Ancona Roberto Pierdicca, r.pierdicca@univpm.it Emanuele Frontoni, e.frontoni@univpm.it DII Dipartimento di Ingegneria dell’Informazione, Università Politecnica Marche, Ancona
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AGORÀ
Una Unità di Giovani per Pompei - Grazie al Bando 150 Giovani per la Cultura è stato riunito un gruppo di giovani professionisti specializzati nel settore dei Beni Culturali. Il gruppo UGP (Unità Giovani Pompei) si compone di nove Architetti ( Fabrizia Ancora, Daniela Decrescenzo, Bruna Sigillo, Francesco Vitiello, Chiara Pirro, Cinzia Fragomeni, Ambra Romano, Claudia Lamanna, Diana Martelloni), una Urban Planner (Gaia Accardi), un Ingegnere (Elvira Nicolini), due Archeologhe (Valentina Soviero, Martina Nuziata) e una Diagnosta (Felicia Villella), scelti per affiancare i funzionari dell'Unità Grande Pompei, dedicata a rafforzare l’efficacia delle azioni e degli interventi di tutela nell’area archeologica di Pompei e dei comuni limitrofi mediante l’elaborazione di un Programma straordinario ed urgente di interventi conservativi, di prevenzione, manutenzione e restauro. Così come ha spiegato il Ministro Franceschini è necessario sottolineare come “è proprio su queste priorità che saranno indirizzati questi 150 tirocini che serviranno a realizzare progetti di tutela, fruizione e valorizzazione del patrimonio culturale”. Uniti dalle tre linee di azione che il gruppo di professionisti segue, scopo del loro lavoro è quello di partecipare attivamente alla stesura di un progetto di riqualificazione che comprende i Comuni di Portici, Ercolano, Torre del Greco, Boscoreale, Boscotrecase, Trecase, Pompei, Torre Annunziata e Castellammare di Stabia, riunite sotto il nome di Buffer Zone. Il gruppo vuole puntare sulle potenzialità della rete internet, per dare maggiore visibilità alla propria professionalità nel campo dei beni culturali e per “mettere a nudo le proprie competenze e dimostrare quale sia la propria preparazione e quanta sia la voglia di lavorare nel settore per il quale hanno investito anni di studio”. Ulteriori informazioni su http://unitagiovanipompei.altervista.org/ index.html e https://www.facebook.com/UGiovaniP. Fonte: UGP
Accordo MiBACT e ASSIRCCO per l'informatizzazione e diffusione rilievi e progetti per il recupero dei beni architettonici - Il Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo (MiBACT) ha sottoscritto un protocollo d’intesa con l’ASS.I.R.C.CO. (Associazione Italiana Recupero e Consolidamento Costruzioni) "per la informatizzazione e la diffusione di rilievi e progetti per il recupero dei beni architettonici, al fine di implementare o contribuire a formare, un archivio ragionato sulle condizioni del nostro Patrimonio Culturale e la diffusione di rilievi e progetti per il recupero dei beni architettonici- offre un’occasione di lavoro, negli interventi che risultassero necessari, per giovani professionisti laureati da meno di 5 anni". L’opportunità è rivolta ai Laureati Estensori della Tesi nelle materie sia dei Corsi di Laurea, in Architettura, Ingegneria, Lettere (Storia dell’arte, Storia dell’Architettura, Archeologia) Conservazione e nelle discipline che attengono i Beni Architettonici), così come di Dottorato, Specializzazione e Master nelle discipline di Rilievo, Diagnostica, Restauro, Consolidamento e Recupero dei Beni Architettonici, Ingegneria strutturale, Antisismica. L’archiviazione di questo materiale è una risorsa molto importante che avvia un circolo virtuoso in cui vengono valorizzati tutti i ruoli della filiera: Studenti, Ministero, Università e Associazionismo, con soddisfazione del cittadino, utilizzatore finale. COME FUNZIONA L’Estensore della Tesi nelle materie interessate deve compilare un form on-line predisposto dall’Associazione sul sito www.assircco.it e descrivere sinteticamente l’architettura studiata, il suo stato, gli interventi necessari. Queste schede, verificate ed organizzate dall’ASS.I.R.C.CO., forniranno al MiBACT un archivio aggiornato da cui estrarre con molteplici chiavi di ricerca (geografica, economica, tipologica, di urgenza, etc…) informazioni mirate molto utili per la propria Programmazione o in chiave di realizzazione di interventi d’emergenza. Il sistema sgrava altresì il Ministero da rilievi e ricerche, talvolta ripetitive, fornendo materiale accademico verificato collegialmente e maturato in tempi adeguati, di cui spesso non si dispone nelle normali condizioni temporali ed economiche tipiche della professione. Nel caso di intervento su di un bene oggetto di tesi, il MIBACT, se preliminarmente verifica l’utilità dello studio, chiede all’ESTENSORE - tramite l’ASS.I.R.C.CO. - l’invio della propria Tesi, affidando così al Giovane Professionista un incarico professionale eventualmente anche mediante l’inserimento in un gruppo di lavoro. Fonte: MiBACT
Wet Document Days 2015 - L'Associazione SOS Archivi, impegnata fin dalla sua costituzione a diffondere la cultura della prevenzione in archivi e biblioteche, organizza a maggio due eventi dedicati all’emergenza, i Wet Document Day 2015. Le due giornate saranno divise tra un workshop teorico durante la mattina, a cui interverranno i rappresentanti di diversi enti impegnati nel settore della tutela del patrimonio culturale, e un esercitazione pratica nel pomeriggio a cui prenderanno parte i partecipanti del workshop guidati da un team tecnico. Il primo WDD si terrà il 5 maggio presso The American University of Rome, in lingua italiana, mentre il secondo WDD si terrà in lingua inglese il 28 maggio presso la sede romana di ICCROM. La partecipazione è gratuita, ma i posti per entrambi gli eventi sono limitati per questioni di sicurezza. Per maggiori informazioni: info@sosarchivi.it, www.sosarchivi.it
Fonte: SOS Archivi
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ArcheomaticA N°1 marzo 2015 ArcheomaticA N° 1 marzo 2015
Culturali Tecnologie per i Beni Culturali
Batteri per il restauro di fontane e statue dei Giardini Vaticani - Restaurare le opere d’arte, con risultati talvolta migliori, utilizzando batteri e sostanze naturali invece di prodotti chimici potenzialmente più rischiosi per la salute. Si chiama “biorestauro” ed è una tecnologia tutta italiana, perfezionata dall’ENEA, che presto potrà essere utilizzata anche per le fontane e le statue dei giardini della Città del Vaticano. Questo metodo di pulitura bio-based prevede l’uso di microrganismi capaci di rimuovere depositi di varia natura, con indubbi vantaggi in termini di selettività dell’intervento, sicurezza per l’opera d’arte, non tossicità per i restauratori, basso costo e ridotto impatto ambientale. Dell’applicazione al restauro di biotecnologie già usate per il disinquinamento del suolo si è parlato in un recente workshop “Tecnologie e prodotti BIO-based per strategie sostenibili di conservazione dei Beni Culturali e di risanamento dei suoli”, organizzato dall’ENEA con la partecipazione di esponenti del mondo dei beni culturali e artistici, fra i quali il responsabile del Gabinetto di Ricerche Scientifiche dei Musei Vaticani, Ulderico Santamaria, e Giuseppina Fazio dell’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro. “La ricerca scientifica ha individuato nei microrganismi formidabili alleati per un nuovo strumento utilizzabile per la tutela e la conservazione del patrimonio artistico. L’idea dalla quale siamo partiti è stata di trasformare in risorsa un problema, ovvero sfruttare le capacità metaboliche dei microrganismi che vivono in aree degradate di interesse archeologico per intervenire sugli stessi manufatti artistici bisognosi di restauro”, spiega Anna Rosa Sprocati, coordinatrice del laboratorio ENEA di “Microbiologia Ambientale e Biotecnologie Microbiche”, presso il quale collaborano alle applicazioni del biorestauro le ricercatrici Chiara Alisi, Flavia Tasso, Paola Marconi, Giada Migliore, oltre a diversi dottorandi e tesisti che negli anni hanno contribuito a queste attività di ricerca. Batteri e funghi vengono portati in laboratorio e isolati per poi essere utilizzati negli interventi di restauro: finora il laboratorio dell’ENEA ne ha selezionati ben 500 ceppi, un vero e proprio esercito di potenziali “micro-riparatori” con i quali è possibile realizzare interventi ‘su misura’, a seconda dei materiali sui quali si interviene (dipinti, affreschi, carta, pergamena, marmo o legno) e a seconda delle sostanze da rimuovere nella pulitura delle opere d’arte (colle animali e sintetiche, resine, idrocarburi, oli, gessi o carbonati). I risultati, ad oggi, sono molto positivi anche perché gli addetti ai lavori vedono nel biorestauro un’alternativa promettente ai tradizionali metodi di intervento che richiedono l’uso di prodotti più aggressivi. Qualche esempio? La ricerca ENEA ha fatto il suo ingresso nel Palazzo dei Papi di Avignone, individuando, in laboratorio, una procedura per rimuovere colle viniliche dagli affreschi. Nella rinascimentale Casina Farnese sul Palatino, i ricercatori ENEA hanno applicato la “biopulitura” di parte delle logge affrescate con la leggenda di Ercole e Caco, mettendo a punto una procedura di intervento che ha portato al deposito di un brevetto nazionale ed internazionale (Brevetto ENEA sul biorestauro nella banca dati European Patent Office). Tante le collaborazioni, dall’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro, ai Musei Vaticani, alla Galleria Nazionale di Arte Moderna: in quest’ultima sono state esposte due sculture in marmo sulle quali i ricercatori ENEA hanno affiancato i restauratori utilizzando la biopulitura con microrganismi che hanno completamente rimosso i depositi di cera dalla “Testa di Donna” di Emilio Quadrelli e i residui di smog dalla “Lupa” di Giuseppe Graziosi, rimasta all’aperto per 40 anni. Dal biorisanamento ambientale alle biotecnologie per il restauro e la conservazione dei beni artistici il passo è stato breve. Il mix di microrganismi utilizzato per la biopulitura della “Lupa” aveva già dimostrato tutta la sua efficacia nella bonifica di un terreno inquinato da idrocarburi. Una tecnologia, quella del biorisanamento, in grado di trasformare i contaminanti senza danneggiare le funzioni e la fertilità del suolo. Per il momento, forse, l’unica. Fonte: ENEA
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IPERION_CH.it: una task force per ricerca nei beni culturali - Gli esperti di analisi, conservazione e restauro dei beni culturali hanno fatto “rete” costituendo in Italia IPERION_CH.it, una task-force mobile e integrata capace di intervenire su opere d’arte, monumenti e reperti storico-archeologici, in loco o in laboratorio, in modo non invasivo e funzionale a pianificarne il restauro. IPERION_CH.it è finanziata dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e vede la partecipazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, che la coordina, dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, del Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali; partner dell’infrastruttura è l’Opificio delle Pietre Dure, che mette a disposizione il suo expertise in materia di restauro e storia dell’arte. La rete italiana, insieme a quelle di altri paesi europei è parte di un più ampio progetto per la costruzione di una infrastruttura cross-disciplinare europea per le scienze e le tecnologie della conservazione (E-RIHS). Fra le altre attività, la rete offre accesso gratuito ai laboratori, agli strumenti portatili di diagnosi e alle competenze tecnico-scientifiche per mezzo di team interdisciplinari di ricercatori che supportano progetti proposti da soggetti pubblici e privati selezionati attraverso uno specifico bando. Gli interventi scelti per il 2014-2015 riguardano: il Mosaico di Alessandro della casa del fauno di Pompei, conservato presso il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, una collezione di dipinti di Pollock del Museo Guggenheim di Venezia, la pala di San Bernardino di Piero della Francesca della Pinacoteca di Brera a Milano, il Trittico del Maestro dei Fogliami Ricamati nella chiesa di Polizzi Generosa (PA), alcune opere del Divisionismo italiano presso la Galleria Nazionale di Arte Moderna di Roma, l’Incontro dei pellegrini con Papa Ciriaco di Vittore Carpaccio custodito alla Galleria dell’Accademia di Venezia, le pitture murali della chiesa rupestre di Sant’Angelo di Casalrotto (Mottola, TA.) IPERION_CH.it è composta da: CNR Molab-Cnr, Laboratorio mobile per indagini non invasive sulle opere d’arte costituito da Istituto di scienze e tecnologie molecolari (Istm-Cnr), Istituto nazionale di ottica (Ino-Cnr), Visual-Computing Lab (isti-Cnr) e del Centro SMAArt di Perugia INFN Il Labec Laboratorio di tecniche nucleari per i beni culturali della sezione di Firenze, il Landis, Laboratorio di analisi non distruttiva dei Laboratori Nazionali del Sud, i Laboratori Nazionali di Frascati e le sezioni di Bari, Bologna, Catania, Ferrara, Milano Bicocca, Napoli e Torino. INSTM Il Consorzio Interuniversitario Nazionale per la Scienza e Tecnologia dei Materiali che riunisce 47 Università italiane che svolgono attività di ricerca sui materiali avanzati e relative tecnologie. OPD L’Opificio delle Pietre Dure di Firenze, centro di eccellenza per il restauro e la conservazione dei beni culturali e scuola di alta formazione Fonte: INFN
AGORÀ Prorogata le iscrizioni al Master di II livello ed i corsi di Perfezionamento dell’Università Europea di Roma - Questa iniziativa mira a coinvolgere la comunità locale, a partire dalla scuola, in un processo di ricostruzione dei legami proprio tra le comunità e il loro patrimonio culturale, dimostrando le potenzialità della collaborazione tra pubblico e privato, tra il mondo delle infrastrutture e quello dell’archeologia Il programma delle diverse attività prevede laboratori, attività didattiche e animazione per i ragazzi e le loro famiglie presso il sito archeologico del Porto di Traiano nei fine settimana che vanno dal 25 aprile al 21 giugno. Offrire esperienze coinvolgenti alla cittadinanza attiva, promuovere la cultura, valorizzare il territorio nello spirito dell’articolo 9 della Costituzione è l’obiettivo di Navigare il territorio, progetto della Fondazione Benetton Studi Ricerche che lo promuove con la Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma (SS-Col) del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo in collaborazione con la Città di Fiumicino e la Rete scolastica "Progetto Tirreno - Eco-Schools" di Fiumicino. Il progetto è realizzato grazie al sostegno di Aeroporti di Roma. Navigare il territorio mira a coinvolgere il territorio, a partire dalla scuola, in un processo di ricostruzione dei legami tra le comunità e il loro patrimonio culturale, dimostrando le potenzialità della collaborazione tra pubblico e privato, tra il mondo delle infrastrutture e quello dell’archeologia. A garantire la tutela attiva saranno i ragazzi delle scuole della Rete “Progetto Tirreno” con il supporto e la preparazione di personale specializzato. Assieme al personale della Soprintendenza saranno i ragazzi a promuovere le visite guidate, accompagnando i visitatori, creando laboratori didattici storici e naturalistici, letture animate e percorsi scientifici dedicati ai bambini dai 3 ai 6 anni oltre a una piccola biblioteca. Sarà inoltre allestito uno spazio incontri dedicato agli adulti. Il Progetto coinvolge dapprima le scuole del Comune di Fiumicino, poi tutta la cittadinanza. Nei fine settimana che vanno dal 25 aprile al 21 giugno, sarà infatti organizzato un programma gratuito di attività nell’area archeologica del Porto di Traiano (il sabato dalle 14 alle 18, la domenica dalle 11 alle 18), che prevede laboratori, attività didattiche e animazione per i ragazzi e le loro famiglie. Contemporaneamente sarà allestito un punto informativo, dedicato ai porti imperiali di Claudio e Traiano, presso il Terminal 3 dell’aeroporto Leonardo da Vinci, in un’area aperta al pubblico, non soggetta ai controlli di sicurezza, facilmente raggiungibile sia dalla stazione ferroviaria sia dai parcheggi, tramite appositi collegamenti pedonali. Nei giorni di apertura dell’area archeologi-
ca sarà inoltre disponibile una navetta per raggiungere la zona del Porto di Traiano direttamente dall’aeroporto di Fiumicino. Nel frattempo, con l’adesione del "Progetto Tirreno - Eco-Schools", rete interscolastica costituitasi negli anni '90, che coinvolge tutti gli istituti scolastici di Fiumicino, gli studenti hanno potuto accedere al sito e, grazie al supporto di personale specializzato, studiare il territorio dei Porti di Claudio e Traiano, fondamentale punto di approdo fin dall’antichità e luogo cruciale per lo sviluppo degli scambi nel Mediterraneo. Con il metodo learning by doing, attraverso specifici corsi di formazione, uscite sul campo e laboratori scolastici, lo studente è stato messo in condizione di apprendere peculiarità storiche e culturali e di diventare a sua volta, durante i giorni di apertura dell’area archeologica, un motore di trasmissione di conoscenze verso i propri coetanei e la cittadinanza. L’area archeologica del Porto di Traiano è formata da due contesti fisicamente vicini ma distinti, che afferiscono a quanto resta dei moli di Claudio, con le strutture connesse e il Museo delle Navi Romane, contigui all’aeroporto Leonardo Da Vinci, e Porto di Traiano, la cui struttura originaria è ancora ben leggibile. L’area del Porto di Traiano, forma il parco demaniale del Porto Traiano, accessibile dalla via Portuense. L’insieme è oggi gestito dalla Soprintendenza Speciale per il Colosseo, il Museo Nazionale Romano e l’Area archeologica di Roma (SS-Col) La demanializzazione dei 32 ettari del Porto di Traiano ha permesso allo Stato, negli anni ’90 del secolo scorso, di recuperare al patrimonio pubblico, ad esclusione del bacino esagonale rimasto di proprietà privata, la parte principale della infrastruttura portuale del mondo e un importante patrimonio naturalistico, riserva di biodiversità caratterizzata da più di 2300 piante d’alto fusto, fra cui diverse quasi centenarie, che ne fanno un paesaggio delle archeologie di eccezionale valore. Gli interventi del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo hanno risanato e attrezzato il sito, realizzando all’interno del Parco più di 5 km di percorsi dotati di pannelli esplicativi per permettere diversi livelli di visita in termini di tempi (breve, medio e lungo, da ca. 1h 30’ a 4-5h) e di tipologia (misto, a prevalenza archeologica o naturalistica). L’apertura al pubblico è prevista attraverso una doppia modalità: due giorni fissi al mese, il primo sabato e l’ultima domenica, e visite guidate su prenotazione effettuate nel corso dell’anno. In questo quadro si colloca Navigare il territorio, che vuole essere un progetto sperimentale per la conoscenza e fruizione del territorio e che, come la Rete scolastica "Progetto Tirreno - Eco-Schools" di Fiumicino, ha l’obiettivo di sviluppare e diffondere nei ragazzi il senso di responsabilità verso il buon governo del bene comune, implementando attività ecosostenibili per lo sviluppo del territorio attraverso la sua conoscenza storica, archeologica e naturalistica. Tutti i materiali dell’iniziativa, comprese le indicazioni su come poter partecipare alle attività gratuite, sono reperibili sul sito www.navigareilterritorio.it. Fonte: MiBACT
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Tecnologie per i Beni Culturali ERRATA CORRIGE Bibliografia Guest Paper Feasibility study for a neutron investigation in archaeological research on Tifernum Mataurense - by Massimo Rogante, Emanuela Stortoni, Archeomatica, 4 2014 Antiqua frustula (2002), Antiqua frustula. Urbs Salvia. Materiali sporadici dalla città e dal territorio. Catalogo della mostra (Urbisaglia, giugno-luglio 2002; Civitanova Marche, luglio-agosto 2007), Pollenza (MC): Servizio Editoria Fondazione Ca.Ri.Ma. Antiqua frustula (2007), Antiqua frustula. Monete, oggetti bronzei e altri reperti sporadici da Urbs Salvia. Catalogo della mostra (Urbisaglia, giugnoluglio 2007; Civitanova Marche, luglio-agosto 2007), Pollenza (MC): Servizio Editoria Fondazione Ca.Ri.Ma. Belgya T., Kis Z., Szentmiklósi L., Kasztovszky Zs., Kudejova P., Schulze R., Materna T., Festa G., Caroppi P.A. 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GUEST PAPER
Regium@Lepidi 2200 Project
Fig. 1 - Virtual Museum: the IT room.
di Maurizio Forte e Nevio Danelon
Regium@Lepidi 2200 is an international project designed with the aim of studying and virtually reconstruct the roman city of Regium Lepidi. The project has been developed by Duke University in collaboration with Dig@Lab.
R
egium@Lepidi 2200 is an international project designed by Duke University - Dig@Lab in collaboration with the Lions Club Host “Citta’ del Tricolore” which is the main co-sponsor. The project was born with the twofold scope to study and virtually reconstruct the Roman city of Regium Lepidi (now Reggio Emilia) and to support a junior research fellow for the entire period of research and production in USA. The happy end, beside the virtual museum, is that the fellow, Nevio Danelon, achieved a postdoc position at Duke University (Media+Art&Sciences program). More specifically, the final aim is the creation of a new virtual museum and IT room (fig. 1) designed within the archaeological museum of Reggio Emilia (Musei Civici, http://www.musei.re.it/). The contextualization of the virtual museum inside the real one is particularly challenging because it creates a strong connection between empirical data, the museum collection (tangible), their ancient invisible context (the city, intangible) and new immersive perception of artifacts (virtual and immersive). This new scenario should be able to generate a new narrative for museum visitors whereas the virtual can actually generate a special ranking for archaeological objects, a new cityscape and mindscape (the landscape interpreted by an-
cient and modern minds). In other words, the Virtual draws from the taxonomic collections a new meaning which is based on the relations object-environment (what’s for? why? how?) and not on a inexplicable technical classification. The new digital narrative transforms the traditional archaeological taxonomy in affordances, showing potential relationships among objects, context and environment. In this way objects and sites are embodied in and out of the museum and they can tell stories. The methodological approach used for the digital reconstruction follows the main principles of cyber-archaeology (Forte 2008; 2010): reflexivity, potentiality, multivocality, real time immersive embodiment and interaction. The final goal is to open and choose multiple perspectives in the digital imagination of the city, rather than to choose a peremptory reconstruction. The case study is quite complex, because of the lack of archaeological empirical evidence in situ and of recent scientific archaeological excavations. The Roman city is almost completely hidden inside the modern city of Reggio Emilia. Citizens and visitors cannot easily get the sense of a Roman urban plan and of their own Roman past, because of the fragmentation of archaeological sites and finds, and the lack of extensive excavations.
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This situation is in fact quite different in comparison with other well documented Roman cities along the Via Emilia, such as Mutina and Bononia. More in detail, the interpretation and reconstruction of the Roman city has used the following methodological criteria: 4 Virtual recontextualization of museum objects and sites within the ancient Roman city. 4 Archaeological and historical markers. Unknown areas of the Roman city can be indirectly reconstructed by other “markers�, such as archaeological finds showing the power of imperial domus and/or the high rank of specific areas. Scattered finds, if correctly studied, can create patterns, clusters, otherwise not visible and understandable. 4 Shape and urban plan of the modern city. In two thousands years the development of the city of Reggio is deeply influenced by the original plan of the Roman one. It is a sort of architectural and urban DNA. 4 Archaeological excavations. High resolution and very accurate 3D models made by laser scanners 4 Paleo-environmental and geo-archaeological studies.
Fig. 2 - GIS: geodatabase.
The digital and virtual reconstruction, discussed below, show clearly the impressive visual impact of the interpretation of the two cities overlapped (the modern and the Roman one). DATA COLLECTION AND DIGITAL RECORDING The Regium@Lepidi 2200 Project aims to thoroughly investigate the archaeological record of Reggio Emilia and envisage what the ancient land- and cityscape would have looked like during the Roman imperial age. We followed an interdisciplinary approach, already outlined for analogous case studies (Pescarin et al. 2002), that entails the integration of different categories of data and methodologies, ranging from, archaeology, geology, topography to remote sensing. The research was based on published bibliographic material and archival records, but it also produced new data and interpretations through different instruments and software. As a result, several Virtual and Augmented Reality applications have been designed to be run with the state-of-the-art devices for stereoscopic visualization and fully immersive experience. In this way, we intend to raise awareness about the invisible Roman legacy of Reggio among the visitors of the local Musei Civici, as well as to promote a debate about possible reconstructive scenarios within the scholarly community. Reggio is renowned among the other Italian historical centers for the Roman mosaics, as Ravenna is for the Byzantine ones. Unfortunately, most of them were unearthed during the post-war reconstruction of the city in the early Fifties, without any proper archaeological record having taken place. Just a few pieces of information about the location and depth of findings were reported, along with some occasional photos relating to the excavation context. Therefore, any attempt to reframe the mosaic floors in their architectural context would be groundless. Nevertheless, this kind of information proved very useful in order to generate a digital model of the city ground level for the Roman period (see further). As a first step, we set up a GIS geodatabase with a cartographic base consisting of raster and vector data. For this purpose, we purchased a Digital Terrain Model (DTM) and a Digital Surface Model (DSM) of Reggio Emilia territory, generated from LiDAR data at a 1 m spatial resolution and provided in raster format. Then, we started collecting and digitizing the available archaeological maps, entering these pieces of information into the geodatabase (fig. 2).
Fig. 3 - SfM: photo acquisition and processing in PhotoScan.
In particular, a map of Reggio Emilia (Scagliarini & Venturi 1999) representing the location of each floor findspot, was georeferenced. For each point, a numeral value relating to the floor depth in respect to the present ground level was entered in the corresponding attribute table, together with other information such as the age of the artifact. The archaeological maps representing the main reconstructive hypotheses about the original Roman centuriation grid were also georeferenced, while the street axes were redrawn in a vector layer as linear features. We carried out a number of high-detailed 3D digital acquisition of several Roman artifacts, preserved in the local archaeological museum. The technique chosen was Structure from Motion (SfM), via PhotoScan software, that generates 3D models by processing a number of digital photos, taken all around the object (figs. 3, 4). In this way, it is possible to reuse some of the original architectural elements in 3D simulations, after virtually restoring the missing part of the fragments (fig. 5). Fig. 4 - Anaglyph of a fountain mask (PhotoScan).
Fig. 5 - Virtual anastylosis integrating the original fragments (red lined).
In some respects, the sense of proportion in classical architecture is quite codified in Vitruvius’ rules, so that the possible structure of a building can be predicted on the basis of the foundation layout and the surviving architectural items. We experimentally applied SfM to some of the Roman mosaics on exhibit at the museum, trying to generate very dense 3D polygonal meshes in order to capture the minute geometric details of the tesserae (fig. 6). This approach led to interesting results, providing a first comprehensive 3D documentation for the corpus of the Roman mosaics in Reggio. The extensive excavations carried out between 1980 and 1983 in the basement of the Credito Emiliano headquarters (Credem) has proved to be one of the rare chances to investigate a large area – almost an entire block – of the Roman city center (Malnati 1988). Here, the massive foundations of two buildings, now lost, were unearthed in a complex stratigraphy. These remains have been identified with a Roman basilica and an undefined structure – possibly late defensive walls or a temple podium – whose archaeological interpretation, however, is still controversial (Lippolis 2000). Far from suggesting a de facto reconstruction, we ideally chose to simulate the hypothesis of a temple in order to verify its compatibility with the underlying archaeological layout. We found it reliable in terms of spatial constraints, it being understood that no archaeological evidence has been so far found, to support this hypothesis.
Fig. 6 - SfM: mosaics (PhotoScan).
Fig. 7 - Regium Lepidi: nadiral view.
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Fig. 8 -Regium Lepidi: bird's eye view.
For the digital recording of the Credem archaeological site, we used a terrestrial laser scanner (Faro Focus 3D) together with a large number of checkerboard and spherical targets in order to overcome the visual obstacles preventing the correct alignment of the scans. What currently remains visible in the Credem basement is the result of a final display that has concealed or removed most of the structures unearthed in the course of the excavation, leaving visible only some masonry samples of the foundation walls. Therefore, a total station survey proved necessary for the reunification of the different sections, as well as to provide a topographic base for the subsequent three-dimensional reconstructions. DATA PROCESSING AND APPLICATIONS Two Unity3D-developed applications were created for each typology of device: Regium@Lepidi is a macro-scale representation of the Regium landscape to be visualized through the main stereo projector, while Forum@Lepidi is a fully immersive scenario focusing on the forum area and developed for Oculus Rift. Below a short description of the main installations. REGIUM@LEPIDI gives the visitor a global glimpse inside the Regium country, back to the Roman times. Fig. 9 -
Generation of the Roman DTM.
This application contains a realistic macro-scale terrain model and a camera flying over the ground in a bird’s-eye view (figs. 7, 8). The observer can scroll the landscape, characterized by an almost uniform land subdivision (centuriation) that originates in the city center from the intersection of the main roads (Via Aemilia and the main cardo). One can swap to the present day in an attempt to notice the landscape changes occurred over the centuries. This is an important chance to understand the spatial relationships over time since many features are no longer recognizable. While Via Aemilia is still unmistakably identifiable by its straight path, the original regularly spaced street grid is difficult to find from the modern road layout. The ancient course of the Crostolo River is still identifiable along Corso Garibaldi that follows its original riverbed. The Roman terrain was reshaped on the basis of the present DTM. Assuming that the natural landscape underwent very little change, the major modifications are mainly anthropogenic. Thus, elevation data in correspondence with largest artifacts, such as embankments, highways and canals, were removed from the DTM grid, while the original ground level of the ancient city – up to 4 m lower than at present – was generated by interpolating both geological and archaeological elevation data relating to the Roman phases (fig. 9) (Pescarin 2001).
The ancient city layout was recreated after importing the archaeological maps to the GIS. The original street grid was hypothesized by scholars on the basis of the road fragments found during post-war rebuilding activity. GIS features (points, lines and polygons) as well as the modified DTM, were imported into procedural modeling software (CityEngine) in order to generate the city blocks (insulae) and the residential lots (domus) in an almost automated way (Pescarin et al. 2010).
Fig. 10 - Stereo-view inside the Oculus Rift headset.
Fig. 11 - Forum Lepidi: view inside the Roman forum.
These 3D models were created accordingly to some predefined rule set (shape grammars) and small objects (assets), so that repetitions are avoided yet the number of assets is limited. Procedural modeling also generates an almost neutral and homogeneous cityscape, preventing the observer from focusing on particular buildings. FORUM@LEPIDI Provides an insight into the Roman forum daily life, allowing the user to walk through some of the most monumental public buildings, originally located in the central area of Regium. Oculus Rift allows a real-scale perception so that the observer can appreciate the architectural details from a closer range than in the previous application (figs. 10, 11). Preserving graphic details in a real-time visualization is a major challenge that computer artists are facing, since polygonal models need to be very simple in order to minimize the workload on the Graphic Processing Unit. To overcome this issue, different techniques borrowed from computer game design were used to increase the efficiency of real-time rendering. Complex objects can be dynamically replaced by instances at different polygonal resolution – called Levels of Detail (LODs) – depending on camera range. Occlusion culling can further reduce the number of objects that lie outside of the view. Parallax normal mapping is by far the most effective way to preserve minute geometric details in very simple objects. The latter technique was extensively adopted for the architectural decorations featured in Forum@ Lepidi. Complex models, made of dense polygonal meshes, have been retopologized and decimated, while the lost geometric details were resumed from the original object to be mapped onto the surface of the simplified model, through render-to-texture procedures (figs 12 and 13). Virtual simulations of ancient sites are possible even in case of scarce archaeological clues, as long as the objective record of the archaeological evidence can be clearly distinguished from its interpretation (Forte et al. 2006; Bentkowska et al. 2012). The imposing buildings, whose foundations were unearthed in the basement of the Credem building, were stripped of their marbles since the Middle Ages and none of the architectural elements belonging to the original superstructure has been found in situ. On the other hand, some architectural fragments of outstanding elegance survived as reused material in later structures; eventually they were recovered and are now in exhibit at the local museum. We felt it significant to ideally reuse these decontextualized blocks for simulating the buildings in the forum area, not with the intention to give the visitors a precise idea of what the Regium forum was, but in order that they may understand their original architectural function as a part of a building.
Fig. 12 - Model simplification and texture baking workflow in Blender.
Z-SPACE IMMERSIVITY Z-space is an holographic virtual reality collaborative platform managed by a 3D stylus. Here the users will explore the potential of proprioception and eye-tracking in the virtual exploration of archaeological artifacts. This interaction is collaborative, since the interaction of the user with tracking glasses will be displayed in an external monitor by a video camera. This monitor will show in augmented reality real people and virtual objects in the same frame.
Fig. 13 - Parallax normal mapping: a) base map; b) normal map; c) height map.
DREAMOC This case is a 3D holographic display with a remote access for uploading the virtual content. The system shows 3D models of museum artifacts and virtual reconstructions visualized in a three-dimensional case.
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Since it is able to host endless models and AR applications and it is remotely upgradable (for example from our lab in USA), it is the ideal platform for displaying objects not included in the public collections (for example archaeological finds in the museum storage) or not correctly contextualized. AUGMENTED REALITY A new app was developed in Metaio (software for augmented reality applications) for the museum visitors. QR codes will be labeled close to a selection of key objects of the Roman collection. Every user with a smartphone, after downloading the app, will be able to visualize 3D models and metadata in front of the museum objects. CONCLUSIONS Regium@Lepidi 2200 Project is a challenging case of 3D simulation. The major issue concerning a correct understanding of Regium Lepidi topography is that the Roman city lies beneath the modern settlement. Therefore, the city layout has emerged only unevenly, mostly during rescue archaeological investigations carried out within the boundaries of the modern construction sites. The topography of Regium during the imperial age is better known than the previous phases and more intelligible. The extent and the boundaries of the city could be inferred from the centuriation imprint that still characterizes the present urban street layout, as well as from other clues such as the discontinuity between paved and graveled road surface along the Via Aemilia (Pellegrini 1996). Between the end of the first century BC and the beginning of the second AD, Regium underwent a considerable urban development, coinciding with a period of economic prosperity. A substantial urban renewal occurred in the central area where private residential blocks on the north side of the forum were torn down to make room for a large basilica and possibly other public buildings. The earthenware (cocciopesto) paving technique that characterized the private houses during the Republican age was mostly replaced by fine mosaic floors. At this time, some of the wealthiest residences were provided with thermal baths facilities whose presence demonstrates the high standard of living of their owners. In order to make this visible in the virtual simulation, steam flows rising from the roofs were placed in correspondence with the archaeological finds of thermal infrastructures. Burial grounds were arranged along the main access roads to the city, as in the case of the Eastern necropolis (fig. 14) from where several items stored in the museum (sepulchral
Fig. 14 - Via Aemilia: the Eastern necropolis.
Fig. 15 - Industrial area: furnaces.
altars, tombstones and sarcophagi) come. Industrial areas were located in the immediate vicinity of the city, such as the furnaces for firing pottery found in the northern suburbs of Regium (fig. 15). No entertainment buildings have been found yet, even if they undoubtedly had to be present in Regium. Thus, we have envisioned a theater and an amphitheater relying on a recent study of topographic maps (Storchi 2009). The presence of city walls in Reggio is much more uncertain and controversial (Gelichi & Curina 2007) so we decided not to include them in the virtual simulation. Three-dimensional models and the major reconstructive scenarios underwent a careful validation process by a multidisciplinary research team of Italian and American scholars involved in the project and by an international scientific committee.
Fig. 16 - Data transparency: archaeological layout and hypothetical reconstructions.
Nevertheless, in order to provide transparency into the process of interpretation and simulation, the raw evidences (the ruins at the present state) have been incorporated in the Forum Lepidi scenario so that it is possible to overlay archaeological data and virtual hypothetical reconstructions (fig. 16). Ultimately, the Regium@Lepidi Project has produced a large amount of new spatial data (GIS, remote sensing, laser scanning, 3D modeling), which can be shared with a large community of scholars, archaeologists and historians, beside the public virtual installations. The virtual museum is designed mainly according to a bodily-kinesthetic approach: the users are stimulated to learn by interaction and in that way they should be able to produce new knowledge. We imagine the virtual museum like an experimental lab of digital-cognitive embodiment where mind and body are involved. The more users/visitors exchange information with the environment, the more they learn, share and transmit knowledge. At the same time the project tries to reconnect the Roman and modern towns and their environment in the cityscape, hopefully stimulating the local communities to rethink the space they inhabit and to imagine two thousands year of history and urban transformations.
ACKNOWLEDGMENTS Regium@Lepidi 2200 is sponsored by Lions Club Reggio Emilia Host “Città del Tricolore” and Duke University (Dept. of Art, Art History and Visual Studies; Dept. of Classical Studies; Dig@Lab), in collaboration with Credito Emiliano S.p.a. Z-Space installations are sponsored by © zSpace, Inc. USA. Co-sponsors: Studio Alfa S.r.l. - Vimi Fasteners S.p.a. - Aerre Partners - Studio Legale Sutich-Barbieri-Sutich; Tecnograf S.r.l. Special thanks to Vito Alessandro Pellegrino, Sergio Vaiani and Alberto Cari Gallingani, Musei Civici, Reggio Emilia, CINECA, Bologna, City of Reggio Emilia, Soprintendenza Archeologica dell’Emilia Romagna
Abstract
Regium@Lepidi 2200 is an international project designed with the scope to study and virtually reconstruct the Roman city of Regium Lepidi (Reggio Emilia). The final aim is the creation of a new virtual museum and IT room designed within the archaeological museum of Reggio Emilia.
Author
Maurizio Forte maurizio.forte@duke.edu
Nevio Danelon nd74@duke.edu Duke University
Keywords
Virtual museum; digital reconstruction; data procession; data application; digital archaeology
NUOVI MODI NUOVE TECNOLOGIE NUOVI LINGUAGGI SPECIAL EFFECTS CREATURES STUDIOS SRL
CREAZIONI E SCENOGRAFIE DI
ARTEESTORIA SIMOSTRANO CON NUOVE EMOZIONI
NEL 2014 MARE NOSTRUM. AUGUSTO E LA POTENZA DI ROMA // OSIRIDE E L’ALTRO EGITTO // EGITTO, IL MISTERO DEI FARAONI // DI LÀ DAL FIUME. HEMINGWAY L’AMERICANO DEL BASSO PIAVE // LE MEMORIE RITROVATE // TASTE THE PAST // PARSJAD AND MUCH MORE // 48 ArcheomaticA N°1 marzo 2015 CEMA - CENTRO ESPOSITIVO MULTIMEDIALE DELL’ARCHEOLOGIA // www.cultouractive.com // f cultouractive
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Apa l’Etrusco sbarca a Roma e passa il testimone ad Ati
Il progetto "Apa l’Etrusco sbarca a Roma", nato da una condivisione di idee tra il Museo di Villa Giulia, il Museo Genus Bononiae di Bologna e il CINECA è un iniziativa messa in atto per la realizzazione di un nuovo capitolo a cartoni 3D della saga di Apa, il piccolo buffo padano cui aveva dato voce Lucio Dalla per narrare la storia di Bologna. Ad un nuovo personaggio, Ati, etrusca cugina di Apa, alla quale ha prestato la voce Sabrina Ferilli, è stato affidato il compito di coinvolgere in pochi minuti il pubblico nella visita ad un importantissimo complesso del Museo di Villa Giulia e del santuario di Portonaccio a Veio con le famose statue di Apollo, Eracle, Hermes e Latona. Dal museo al territorio, Ati conduce per mano il visitatore fin sul tetto dell’edificio templare, sapientemente ricostruito con rigore filologico in stretta collaborazione tra gli archeologici del Museo e i tecnici del CINECA.
EVENTI
8 - 11 APRILE 2015 Chicago Museums and the web 2015 Web: http://mw2015.museumsandtheweb. com 27 - 30 APRILE 2015 Catania TECHNART 2015: Tecniche non distruttive e microanalitiche nell'arte e nei beni culturali Web: http://technart2015.lns.infn.it 28 APRILE 2015 Milano Arteq www.arteqsummit.com 6 - 9 MAGGIO 2015 Ferrara XXII Salone dell’Arte del Restauro e dei Beni Culturali e Ambientali Web: www.salonedelrestauro.com 13 - 14 MAGGIO 2015 TECHNOLOGYforALL Roma Web: www.technologyforall.it 30 GIUGNO - 3 LUGLIO 2015 Bressanone XXXI Convegno Scienza e Beni Culturali Web: www.scienzaebeniculturali.it
31 AGOSTO - 3 SETTEMBRE 2015 Lecce 2nd International Conference on Augmented and Virtual Reality - Salento AVR 2015 Web: www.salentoavr.it 10 - 11 SETTEMBRE 2015 Milano XI Conferenza del Colore Web: www.gruppodelcolore.it
29 OTTOBRE – 1 NOVEMBRE 2015 Paestum XVIII Borsa Mediterranea del Turismo Archeologico Web: www.bmta.it 2 – 4 NOVEMBRE 2015 Vienna Conference on Cultural Heritage and New Technologies 2015 - CHNT 20 Web: www.chnt.at
24-26 SETTEMBRE 2015 COLOURS 2015 Web: www.colours2015.uevora.pt 28 SETTEMBRE - 2 OTTOBRE 2015 Granada Digital Heritage 2015 Web: www.digitalheritage2015.org 8 – 10 OTTOBRE 2015 Lucca XI LuBeC – Lucca Beni Culturali Web: www.lubec.it 27 – 28 OTTOBRE 2015 Roma Green Conservation of Cultural Heritage Web: www.yococu.com
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PEOPLE AND TECHNOLOGY Il nostro tempo è quello delle novità che ci circondano, il nostro futuro è dialogare con esse. Ogni giorno la storia e la cultura si rinnovano, ogni giorno le persone cercano corrispondenze ed emozioni. Per questo i musei ci appaiono vivi, ci interrogano, ci rispondono. GENOvA
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