Archeomatica 4 2015

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rivista trimestrale, Anno VI - Numero 4

dicembre 2015

ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali

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EDITORIALE

La

strada è la tecnologia

La tecnologia genera in progress ulteriore tecnologia, ma quali scenari di sviluppo possono spalancarsi se invece ci rivolgiamo al passato e applichiamo le nostre moderne tecnologie a quelle degli antichi? Prendiamo le strade romane, il trionfo eccellente del concetto algoritmico del saper come fare che conferisce chiarezza all’etimologia del termine tecnologia. Il sistema stradale romano costituisce a tale riguardo davvero un fatto straordinario. Non solamente rappresenta, integrato con la rete dei trasporti marittimi, una delle componenti strutturali fondamentali attraverso cui lo stato romano si è prima affermato e ha poi dispiegato per almeno dieci secoli il suo dominio su popoli e territori ma ha determinato, con le tante vicende linguistiche, artistiche e scientifiche che sulle strade sono nate e grazie a esse si sono diffuse, grandissime conseguenze a livello culturale talmente profonde e durature che proseguono sino ai nostri giorni. Le antiche civiltà dell’Oriente e dell’Occidente sulle strade iniziarono a parlarsi, a confrontarsi, ad arricchirsi vicendevolmente. La civiltà romana in particolare grazie alle strade ha assorbito, fuso e trasformato i contributi e gli influssi culturali ed economici anche i più disparati e lontani che hanno finito così poi per conferirle quella dimensione di universalità che le ha consentito di non estinguersi ma di giungere sino a noi. Rispetto ad esperienze di altre civiltà presiede alla costruzione delle strade romane un potente processo di astrazione. Il territorio viene sottratto alla sua condizione di naturalità e decontestualizzato. All’incertezza dei segni della natura in perenne trasformazione il gromatico sostituisce la corrispondenza certa di quelli dello Stato. La pietra milliare fissa univocamente, una volta per tutte, il punto nello spazio finendo per scandire così anche il tempo. Immensi territori assumono in questo modo per la prima volta contorni certi, punti di riferimento militari ed economici permanenti e si possono stabilire tempi di percorrenza. Le attività politiche, militari, economiche e amministrative possono così abbracciarli e innervarli con margini di previsione e programmazione prima sconosciuti. La strada si afferma come il significato su cui scorrono i significanti. Solamente grazie alla concomitante maturazione di un complesso di adeguati presupposti di conoscenza (economica, geografica, etnografica, geometrica, ingegneristica) e di organizzazione questo processo, un fatto tecnologico, è stato possibile. La peculiare novità di cui Roma si fa portatrice non risiede, come tante volte si è scritto, nel disegno generale, strategico, sconosciuto ad altri orizzonti, che presiede alla costruzione, sviluppo e al mantenimento delle infrastrutture stradali. Questo semmai è il sintomo di un sapere scientifico organizzato, strutturato in sistema, il solo capace di ridefinire con coerenza il territorio, che riesce a dispiegare la sua potenza e di cui sappiamo purtroppo davvero poco. Nel corso della loro storia millenaria le viae romanae hanno assunto molti aspetti e svolto molte funzioni, certamente hanno rappresentato molto di più di una mera circolazione di merci e di uomini su un tragitto. Tra queste è proprio la funzione di strumento di assetto e di pianificazione territoriale che ci permette di riconoscere il sistema stradale romano come una delle matrici di quella realtà complessa e pluriforme, articolata su più dimensioni, che è il nostro paesaggio, aggredito oggi dappertutto da processi dissolutivi che paiono inarrestabili. L’aspetto tecnologico non è limitato al manufatto in sé ma si dilata alla realtà territoriale. Possono essere le strade romane, in quanto elementi che hanno strutturato e continuano a strutturare durevolmente i territori, lo strumento per avvertire, difendere, tutelare, valorizzare il paesaggio culturale? E in quale scenario? E in quale modo? Oggi che sui tracciati stradali risaltano con evidenza i flussi delle risorse energetiche e quelli di un bene immateriale come l’informazione, divenuti indispensabili e decisivi per lo sviluppo di intere aree continentali, siamo portati a pensare le strade in termini multimodali, fasci di connessioni, corridoi che comprendono le vie di comunicazione e di trasporto terrestre marittimo, fluviale e aereo ma anche il trasporto di energia (oleodotti, gasdotti, elettrodotti) nonché le telecomunicazioni (cavi e sistemi di ripetizione). Non è questo però il punto di arrivo. Dalla e nella reciproca integrazione di tutte queste connessioni il sistema stradale romano può ritrovare la sua funzione a livello di pianificazione territoriale, ridivenire capace di apportare linfa, costruire tessuto connettivo, innescare processi e progetti di trasformazione e di innovazione. Per farlo dovremo assumere un punto di vista insieme interdisciplinare e plurimetodologico, attraverso l’uso di strumenti e metodi cognitivi nuovi e un ampio spettro di tecnologie anche a volte estremamente sofisticate, spesso risultato di un’innovazione che ha come protagonista l’intelligenza collettiva e che oggi ci permettono di studiare in modo più profondo e articolato il territorio, l’ambiente e il patrimonio culturale. Potremo così arrivare a ricostruzioni in termini dinamici e funzionali degli assetti territoriali antichi e delle loro persistenze nel paesaggio attuale e formulare ipotesi convincenti sul rapporto da intrattenere con essi. Solamente l’indagine che si avvalga dell’uso delle tecnologie odierne più innovative può permetterci di cogliere la profondità, la portata e l’attualità della tecnologia antica sottesa alla costruzione di infrastrutture come le strade romane. Anzi, proprio dal confronto tra tecnologie antiche e quelle moderne possono svilupparsi, richieste dalla complessità delle questioni da affrontare, ricerca applicata e innovazione tecnologica.

Michele Fasolo michele.fasolo@archeomatica.it


IN QUESTO NUMERO DOCUMENTAZIONE 6 3DHOP Una piattaforma flessibile per la pubblicazione e visualizzazione su web dei risultati di digitalizzazioni 3D

di

Marco Potenziani, Marco Callieri, Matteo

Dellepiane, Massimiliano Corsini, Federico Ponchio e Roberto Scopigno

MUSEI E FRUIZIONE Modello da 15 milioni di triangoli della testa di Tutankhamun (Museo Egizio del Cairo) pubblicato online in alta risoluzione mediante la piattaforma 3DHOP.

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ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali Anno VI, N° 4 - dicembre 2015

Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale italiano ed internazionale. Pubblica argomenti su tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e, in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione avanzata del web con il suo social networking e le periferiche "smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.

12 Il Museo Paolo Orsi di Siracusa. Un progetto pilota con Google di ELisa Bonacini e Giuseppina Monterosso

LABORATORI 18 Le Tecnologie di Osservazione della terra e di diagnostica elettromagnetica al servizio dei beni culturali. L'esperienza dell'IREA-CNR di

Francesco Soldovieri, Romeo Bernini, Manuela

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INTERVISTA 24 World Advanced Saving Project di

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Notizie dal mondo delle Tecnologie dei Beni Culturali

46 AZIENDE E

RESTAURO 32 La liofilizzazione come metodo per il salvataggio di beni cartacei di

28 AGORÀ

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UNIVERSITÀ E RICERCA 36 Tecniche di rilievo integrate per la fruizione virtuale di architetture monumentali complesse. Il caso del Ninfeo di Villa Mondragone di Saverio D’Auria, Fabrizio De Silla, Roberto Gabrielli e Rodolfo Maria Strollo

42 L'Archeologia a volo d'uccello Un Report dal Secondo

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DOCUMENTAZIONE

3DHOP una piattaforma flessibile per la pubblicazione e visualizzazione su

Web

dei risultati di digitalizzazioni

3D

di M. Potenziani, M. Callieri, M. Dellepiane, M. Corsini, F. Ponchio e R. Scopigno

Fig. 1 - L’applicazione realizzata per la navigazione interattiva della Capsella Samagher, un reliquario conservato al Museo Archeologico Nazionale di Venezia. 3DHOP permette di pubblicare sul Web il modello 3D ad alta risoluzione (10 milioni di triangoli), esplorabile in un modo semplice, intuitivo e interattivo. Il viewer esemplifica anche il collegamento di informazioni aggiuntive multimediali tramite hotspot cliccabili (le aree in blu in figura). Esempio disponibile nella sezione Gallery del sito ufficiale di 3DHOP (http://3dhop. net).

3DHOP è una soluzione tecnologica innovativa per la presentazione di contenuti 3D ad alta risoluzione sul Web. Il design di questo strumento è stata focalizzato verso il campo dei Beni Culturali , anche se la sua versatilità lo rende uno strumento di uso generale.

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razie ai recenti progressi tecnologici l’integrazione di contenuti 3D su Web sta diventando sempre più accessibile. Infatti, la possibilità di visualizzare modelli 3D online seguendo uno specifico standard ha fatto in modo che l’uso di tali contenuti avvenga oggi in maniera totalmente trasparente all’utente finale, che non è più obbligato ad installare e utilizzare specifici plugin. Tutto ciò ha portato enorme beneficio dell’adozione diffusa della piattaforma Web per la disseminazione e fruizione di contenuti tridimensionali. La necessità di pubblicare e condividere contenuti 3D su Web caratterizza anche il settore dei Beni Culturali. Accanto agli usi più comuni di tipo tecnico dei modelli 3D (documentazione e catalogazione, supporto al restauro, studio dell’opera), tali modelli stanno diventando preziosi nel campo dei Cultural Heritage (CH) anche per il supporto di applicazioni di divulgazione, didattica e presentazione al pubblico. Per questi scopi è innegabile che la qualità dei modelli 3D utilizzati sia un criterio importante per la corretta valutazione dell’utilità e dell’impatto dei risultati delle azioni di digitalizzazione. La possibilità di condividere rappresentazioni ad alta risoluzione, possibilmente identiche al modello master creato in digitalizzazione, diviene in tal modo un requisito molto importante in fase di fruizione. Azioni di semplificazione dei dati sono possibili (abbiamo ampia letteratura su questo tema e le tecnologie necessarie sono disponibili su tutte le più comuni piattaforme di elaborazione dei dati 3D), ma in genere queste ultime riducono la qualità descrittiva e documentale dei modelli. Un modello 3D pesantemente semplificato può essere sempre considerato una veritiera rappresentazione dell’opera originale?

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Fig. 2 - Il viewer messo a punto per mostrare il modello da 15 milioni di triangoli della testa di Tutankhamun (Museo Egizio del Cairo): 3DHOP permette di pubblicare sul Web il modello 3D ad alta risoluzione, esplorabile in un modo semplice, intuitivo e interattivo. Esempio disponibile nella sezione Gallery del sito ufficiale di 3DHOP (http://3dhop.net).

3DHOP (3D Heritage Online Presenter) è una piattaforma software progettata proprio per far fronte alle esigenze di questa specifica tipologia di applicazioni ed utenze. L’uso di 3DHOP semplifica la creazione di pagine Web per la visualizzazione interattiva di modelli 3D ad alta risoluzione, adottando intuitive modalità di interazione con l’utente e di manipolazione dei dati. Inoltre, con 3DHOP si vuole rendere il più possibile semplice la realizzazione di presentazioni multimediali in cui le risorse 3D debbano essere profondamente connesse con il resto degli elementi della pagina Web, seguendo le classiche modalità di collegamento ipermediale (Figura 1). Le applicazioni CH non sono l’unico dominio applicativo in cui si debbano trattare modelli ad alta risoluzione che richiedono una fitta interconnessione ipermediale. Pertanto, il dominio CH non esaurisce l’insieme dei contesti applicativi di interesse per la piattaforma 3DHOP.3DHOP si basa sul sottoinsieme WebGL (Khronos Group.) di HTML5 e su SpiderGL (Di Benedetto, Ponchio, Ganovelli, & Scopigno, 2010), una libreria di supporto JavaScript orientata alla progettazione di applicazioni grafiche

avanzate sulla piattaforma Web. Pertanto, 3DHOP funziona senza richiedere plugin aggiuntivi, sui browser più moderni (Chrome, Firefox, Internet Explorer, Safari ed Opera) e su tutte le principali piattaforme (Windows, Mac OS e Linux). 3DHOP è stato rilasciato come software Open Source (licenza GPL) nel mese di Aprile 2014 e ed è giunto ad oggi alla versione 3.0 (mentre una nuova versione è attualmente in fase di release). Il pacchetto software è disponibile all’indirizzo http://3dhop.net, dove è possibile trovare anche una serie di tutorial (How To), una galleria di esempi più complessi (Gallery) e la documentazione completa. IL CONTESTO DELLA GRAFICA 3D SU WEB Le tecnologie grafiche attuali permettono di produrre in modo abbastanza semplice contenuti 3D, la cui piena integrazione all’interno dell’ambiente Web è diventata un obiettivo sempre più pressante. Molte sono le soluzione sviluppate, tra cui i pioneristici sviluppi dei primi linguaggi di specifica pensati appositamente per il Web 3D, fra cui VRML (Ragget, 1995), divenuto poi X3D (Brutzman & Daly, 2007).

Fig. 3: esempio applicativo di un componente aggiuntivo di 3DHOP in azione (particolare). In questo caso il “measurement tool” è utilizzato per effettuare misurazioni sul modello 3D dell’ingresso monumentale del monastero di Santa Maria di Ripoll (Girona, Spagna).


Tali soluzioni dovevano fare i conti con piattaforme browser non adatte al rendering di contenuti 3D. L’obbligo era quello di ricorrere a plugin esterni che l’utente finale aveva l’obbligo di installare, scelta questa che ovviamente limitava in modo pesante l’ampia diffusione di contenuti 3D fra il grande pubblico. La rivoluzione si è avuta solo a ridosso dell’anno 2010, con il rilascio dello standard WebGL, API grafica JavaScript pensata appositamente per integrare Web e 3D, che ha permesso agli sviluppatori di creare soluzioni che funzionassero in maniera completamente integrata ai browser, ponendo i contenuti 3D al pari degli altri layer multimediali (immagini, audio, video). Le soluzioni ideate oggi a disposizione di sviluppatori ed utilizzatori finali sono molteplici, e svariano da linguaggi di markup come X3DOM (Behr, Eschler, Jung, & Zollner, 2009), pronipote di X3D, a librerie JavaScript come Scene.js (Kay, 2009) o Three.js (Cabello, 2010), a sistemi applicativi commerciali dotati di interfaccia utente, come Sketchfab (Sketchfab, 2012) o Unity (UnityTechnologies, 2013). PERCHÉ UNA NUOVA PIATTAFORMA PER IL 3D SU WEB? 3DHOP non è un sistema che possa supportare ogni possibile applicazione o progetto di comunicazione visiva, ma un framework progettato per affrontare delle esigenze specifiche. L’uso di un algoritmo proprietario per lo streaming efficiente e performante di dati via HTTP lo rende uno strumento ideale per visualizzare geometrie 3D ad altissima definizione direttamente all’interno del browser. Esso si integra molto bene con il resto della pagina Web, grazie ad opportune funzioni JavaScript. Ciò lo rende quindi particolarmente adatto a creare presentazione online dinamiche di modelli 3D che richiedono di essere visualizzati ad alta risoluzione, eventualmente collegabili in modo interattivo con elementi multimediali informativi aggiuntivi. Essendo nella maggior parte sviluppato in JavaScript, 3DHOP appartiene alla schiera di soluzioni con paradigma di sviluppo imperativo, ma nella progettazione del software si è scelto di avere una struttura descrittiva della scena 3D che mimi da vicino quelle dichiarative, in modo da velocizzare notevolmente la curva d’apprendimento degli sviluppatori con background Web oriented, senza rinunciare però alla flessibilità d’uso propria dei linguaggi imperativi. 3DHOP è stato concepito per poter essere utilizzato da (quasi) tutti, e la sua struttura modulare, così come l’in-

sieme di documenti how-to e la documentazione presente sul sito ufficiale sono lì a dimostrarlo. Infine in un certo senso in quest’ottica rientra anche la scelta di rilasciare il software in maniera libera e gratuita, distinguendosi così ulteriormente da quei sistemi solo parzialmente freeware (Unity e Sketchfab). Concludendo, 3DHOP può dunque essere inquadrato come un framework, o volendo un insieme di tool, da utilizzare come aiuto alla pubblicazione semplificata ed alla visualizzazione interattiva su Web di oggetti 3D ad alta risoluzione (Figura 2), in grado di garantire una forte interconnessione con gli altri media ed una manipolazione semplificata ma configurabile dello stesso layer 3D. CARATTERISTICHE PRINCIPALI - UNA PIATTAFORMA MODULARE 3DHOP è stato progettato per essere utilizzato con facilità da utenti che non abbiano un background di conoscenze evolute di programmazione e Computer Graphics (CG). Tuttavia spesso rendere un prodotto semplice da usare ne riduce la flessibilità d’uso (features troppo semplici o limitate infatti difficilmente soddisfano le esigenze di utenti con bisogni specifici). Per questo motivo 3DHOP è stato sviluppato con una struttura modulare, sia per quanto riguarda le componenti architetturali alla base del viewer sia per quanto riguarda le modalità di utilizzo. Così, uno sviluppatore non particolarmente qualificato può iniziare a utilizzare 3DHOP per visualizzare il proprio insieme di dati semplicemente scaricando gli esempi base e cambiando l’interno del main file HTML. Uno sviluppatore Web invece potrebbe utilizzare il framework in modo diverso, modificando i main files CSS e JavaScript personalizzando grafica e i comportamenti di default del visualizzatore. Infine, un programmatore con conoscenza approfondita del linguaggio JavaScript e di elementi di Computer Grafica può provare ad apportare modifiche più marcate a tutto il codice strutturale del visualizzatore, cambiando la modalità di interazione con la scena 3D o personalizzando la routine di rendering, arrivando ad utilizzare 3DHOP come codebase per applicazioni che richiedono modifiche più specifiche e radicali. La struttura modulare della piattaforma software facilità infatti sia l’implementazione di componenti nuove che la modifica di quelle esistenti, rendendo così 3DHOP in grado di adattarsi a necessità specifiche e ai progetti più disparati.

Fig. 4 - Il chiosco multimediale realizzato per la mostra "Alchimia di Jackson Pollock. Viaggio all'interno della materia" (Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, 2015). Nell’esempio in figura, partendo dalla versione base, 3DHOP è stato modificato in maniera sostanziale introducendo elementi nuovi e specialistici (come il controllo dell’illuminazione in basso a sinistra o la mappa del dipinto in alto a destra). Grazie all’architettura di 3DHOP è stato possibile riutilizzare (con modifiche minimali) il codice sviluppato per il chiosco museale per la relativa applicazione online (disponibile all’indirizzo http://vcg.isti.cnr.it/ alchemy).

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Fig. 5 - Alcuni esempi di utilizzo di 3DHOP da parte della community. In senso orario partendo dal riquadro in alto a sinistra: il visualizzatore di bozzetti del MuSA (Pietrasanta, LU), ovvero come presentare una collezione di oggetti 3D collegati a testi descrittivi usando 3DHOP; il progetto MorphoMuseuM (Montpellier, Francia), o come visualizzare con 3DHOP dati anatomici tridimensionali per un Journal online; l’esempio dell’Archaeology Data Service (York, UK), ovvero come utilizzare 3DHOP in un database archeologico 3D; ed infine l’esperienza del Muséum National D’Histoire Naturelle (Parigi, Francia) che ha costruito un vero e proprio Cabinet De Curiosités 3D sempre grazie a 3DHOP.

SET UP DELLA SCENA 3D Come già detto 3DHOP è stato progettato per essere utilizzato con facilità, senza richiedere conoscenze evolute di programmazione e CG, magari da utenti che abbiano solo un background in Web design. La maggior parte delle scelte progettuali hanno avuto origine da questo postulato, a cominciare dalla modalità di inizializzazione del visualizzatore stesso, ovvero il set up della scena 3D. Definire la scena virtuale è il primo passo necessario ad inizializzare il viewer, e questa definizione è realizzata in 3DHOP in modo dichiarativo. Tutti gli elementi della scena sono dichiarati come strutture JavaScript (con le associate proprietà e valori) ed aggregati in un’unica funzione di set up. La scena 3DHOP è composto da diversi elementi: “meshes” ed “modelInstances” sono i componenti più elementari, e gli unici sempre necessari (un elemento “meshes” è semplicemente un modello 3D, mentre un elemento “modelInstances” è una singola occorrenza dell’elemento “meshes” nella scena corrente). Una scena 3D può essere modificata e personalizzata utilizzando molti altri elementi, come “spots” (punti cliccabili collegati a link ipermediali), “trackball” (che permette di manipolare il modello 3D) e “space” (elemento dedicato al set up delle specifiche dello spazio virtuale), tutti configurabili utilizzando strutture dichiarative e tutti opzionali. Una caratteristica essenziale del design di 3DHOP è infatti quella di fornire comportamenti di default per tutti i vari elementi elencati, che sia in linea con un set up logico del visualizzatore standard. Quindi, nonostante ogni componente del viewer sia configurabile, non è mai obbligatorio selezionare valori specifici per ciascun parametro, ogni componente ha predefinito un insieme congruente di valori predefiniti per ogni set di parametri che ne permette un uso ed un apprendimento incrementale.

INTERCONNESSIONI CON LA PAGINA WEB Nel settore della grafica 3D su Web, una situazione abbastanza comune è la separazione tra il componente di visualizzazione e il resto della pagina Web. Nella maggior parte dei casi, lo strumento di visualizzazione è completamente indipendente e non interagisce con gli elementi della pagina. Questo crea difficoltà nella creazione di presentazioni multimediali, ad esempio quando un’azione sugli elementi della pagina Web debba influire sulla visualizzazione 3D, o viceversa. Contrariamente a ciò, 3DHOP è stato progettato come sistema in grado di sostenere l’interconnessione con gli altri elementi del contesto/pagina Web in modo più esteso e configurabile. 3DHOP può funzionare come un semplice visualizzatore (se l’utente non configura alcuna interazione con il contesto DOM), ma al tempo stesso offre molti modi per interconnettere la visualizzazione con il resto della pagina Web. Ad esempio è possibile modificare la visibilità dei diversi modelli; selezionare, leggere e animare la posizione della camera; attivare e disattivare hotspot geometrici sulla scena 3D rilevando le interazioni con questi ultimi, etc. ELEMENTI PER LA GESTIONE DELL’INTERAZIONE Un visualizzatore 3D non è solo un motore di rendering, ma comprende anche i componenti necessari per la gestione dell’interazione con l’utente. 3DHOP utilizza prevalentemente la metafora di interazione per manipolazione dell’oggetto visualizzato (object-in-hand), dove si assume che la telecamera sia in posizione fissa e l’utente manipoli il modello digitale per osservarlo da ogni lato. Per gestire la manipolazione si usa in genere una cosiddetta trackball. Al fine di aumentare la flessibilità del sistema di presentazione, è importante avere a disposizione diverse tipologie di trackball, da adottare distintamente a seconda delle necessità. 3DHOP fornisce differenti trackball, fra


queste le principali sono la “Full Sphere” (è la trackball più generica, che consente all’utente di ruotare l’oggetto attorno al suo baricentro in modo libero), la “Turn Table” (leggermente più vincolata della precedente, fornisce la possibilità di ruotare il modello in modo libero attorno all’asse verticale, mentre si può variare l’inclinazione attorno all’asse orizzontale solo in modo limitato), la “Pan Tilt” (trackball definita in modo specifico per la presentazione di bassorilievi o di oggetti il cui dettaglio si trova normalmente su un unico piano), ed infine la “Turn Table Pan” (un mix delle ultime due, in grado di unire i vantaggi di entrambi i metodi di interazione). COMPONENTI AGGIUNTIVE La maggior parte delle scelte progettuali dietro 3DHOP hanno avuto origine dal voler soddisfare esigenze specifiche del dominio CH, fornendo una serie di caratteristiche che sono estremamente rilevanti in questo. Con le nuove versioni sono state via via aggiunte altre componenti e funzionalità alla piattaforma, alcune più generalpurpose, come quella che dà la possibilità utilizzare hotspot geometrici sulla scena 3D per la gestione di link ipermediali, altri più peculiari al il settore CH come il tool per eseguire misurazioni (Figura 3) o le funzionalità di controllo della trasparenza dei modelli 3D (utilizzabili ad esempio nella visualizzazione stratificata di scavi archeologici). GESTIONE DEI MODELLI 3D Una delle caratteristiche principali di 3DHOP è di offrire un approccio multirisoluzione per la gestione di modelli 3D ad alta risoluzione, come ad esempio i modelli prodotti con le tecnologie di scansione 3D. Il fine non è solo di ottimizzare la velocità di rendering, ma anche il tempo di trasmissione su rete (visto che i modelli 3D ad alta risoluzione possono andare da pochi MB fino a centinaia di MB), che rende poco pratico per l’utente attendere la fine dell’intera trasmissione del file per ricevere il primo feedback visivo del modello scaricato. L’adozione di un approccio multirisoluzione garantisce efficienza sia di trasferimento che di rendering dei dati 3D. Gli schemi multirisoluzione sono generalmente basati su una suddivisione in blocchi della geometria del modello. Per ogni porzione, lo schema rende disponibili più livelli di dettaglio. La trasmissione dei dati è in genere realizzata in modo progressivo e on demand, richiedendo in ogni istante di caricare e visualizzare solo le porzioni del modello strettamente necessaria per la generazione della vista corrente. A livello percettivo, uno schema multirisoluzione permette di avere in tempi estremamente bassi una prima visualizzazione del modello, inizialmente a bassa risoluzione e poi via via più dettagliata in accordo al progredire della trasmissione dei dati. 3DHOP adotta l’ultima versione (Ponchio & Dellepiane, 2015) della libreria multirisoluzione Nexus (http://vcg.isti.cnr.it/nexus/), che permette di gestire sia mesh di triangoli che point clouds in un formato proprietario compresso. Va sottolineato come l’adozione di un formato multirisoluzione permette anche un certo grado di protezione dei dati. La maggior parte delle istituzioni proprietarie di un bene spesso non vogliono che i loro dati 3D possano essere scaricati e quindi riutilizzati senza autorizzazione. Qualora si adotti una codifica multirisoluzione, il modello 3D ad alta risoluzione non viene mai trasmesso all’utente remoto in un singolo file, ma mediante un insieme di porzioni codificate con una struttura dati spesso proprietaria. In questo modo, realizzare una copia fraudolenta del modello 3D diventa molto più complesso. 3DHOP gestisce anche modelli 3D a bassa o media risoluzione, in questo caso mediante un unico livello di risoluzione codificato in formato PLY (GeorgiaTech, 2014).

SVILUPPO DI PRESENTAZIONI OFFLINE E DI CHIOSCHI MULTIMEDIALI Nonostante 3DHOP sia stato sviluppato per applicazioni online, è anche possibile utilizzare la piattaforma per la progettazione di chioschi informativi istallati su un computer locale. Data la sua struttura di funzionamento totalmente client side, la sua interfaccia minimale compatibile con sistemi touchscreen e la capacità di supportare eventi multitouch, 3DHOP è un buon candidato per la realizzazione di chioschi multimediali e display interattivi da predisporre su macchine locali all’interno di un museo o di una mostra. Ciò permette un riutilizzo del codice pressoché totale, che può essere indistintamente impiegato in ambiente online e offline, a seconda delle necessità (Figura 4). RISULTATI, PROSPETTIVE E CONCLUSIONI 3DHOP è un progetto Open Source in cui il codice è reso disponibile agli sviluppatori in differenti modalità, che vanno dal package contenente l'ultima release ufficiale del software, disponibile alla voce download del sito di 3DHOP (http://3dhop. net/download.php) e rivolto a tutti gli utenti interessati ad un'uso applicativo diretto dei componenti già sviluppati, a quello ideato per un'utilizzo più collaborativo del codice stesso, dedicato a chiunque voglia contribuire allo sviluppo del progetto e pubblicato all’indirizzo https://github.com/cnristi-vclab/3DHOP (è utile ricordare che il repository presente a tale indirizzo, oltre a contenere la release più recente del viewer, da anche la possibilità di accedere a tutte le release ufficiali precedenti, nonchè all'anteprima della versione di sviluppo corrente del codice sorgente). Data la sua natura di framework open, il team di sviluppo di 3DHOP ha fortemente incoraggiato la personalizzazione, l’estensione e la modifica collaborativa delle componenti base della piattaforma, a volte partecipando direttamente al design dei progetti di terze parti, a volte dando consulenza agli sviluppatori interessati, altre volte semplicemente recependo e facendo propri i suggerimenti degli utenti finali. Sono pertanto cominciati ad apparire in rete i primi esempi di utilizzo reale di 3DHOP (Figura 5), mentre altri sono attualmente in fase di sviluppo.Tutti questi progetti esterni sono tenuti in alta considerazione dal team di sviluppo di 3DHOP, sia perché rappresentano fondamentali stress test della piattaforma e perché possono dare un feedback sulle qualità del prodotto e suggerire necessità o direzioni di sviluppo da seguire. 3DHOP infatti è ancora un progetto giovane e la sua fase di sviluppo è dinamica e continuativa, come conferma il recente rilascio di un servizio online basato su 3DHOP (http://visual.ariadne-infrastructure.eu) che permette di pubblicare in pochi semplici passi il proprio modello 3D (e non solo) su web. Tale strumento, si rivolge a tutte le tipologie di utenti, anche quelle senza alcuna competenza di programmazione, ed, introducendo anche gli sviluppatori più inesperti alla versione classica della piattaforma, rappresenta un ottimo modo per avvicinarsi a 3DHOP. Oltre allo sviluppo del modello di authoring del servizio online, la roadmap dell’evoluzione futura di 3DHOP include molte altre migliorie ed estensioni (, alcune delle quali (come la gestione dei modelli con texture, un nuovo strumento per effettuare sezioni dei modelli sulla scena 3D, o ancora il potenziamento degli strumenti di misurazione della scena stessa) sono già state integrate nell'ultima versione del software attualmente in fase di release, altre invece (come l’introduzione di nuove modalità di navigazione, l’implementazione di shaders configurabili, una nuova definizione dinamica della scena 3D o ancora il supporto allargato ad altri layer multimediali) in procinto di entrare a far parte del codice in un futuro prossimo.Concludendo, in questo articolo abbiamo presentato le potenzialità e le caratteristiche della piattaforma 3DHOP, un framework in grado di integrare modelli 3D ad alta risoluzione all’interno di

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Tecnologie per i Beni Culturali pagine Web, progettato per far fronte alle specifiche esigenze del settore dei CH. Utilizzando un esclusivo motore di rendering 3DHOP può garantire la gestione efficiente di modelli 3D di grandi dimensioni, dando la possibilità di collegare la visualizzazione di tali contenuti con il resto della pagina Web, rendendo così possibile la creazione di presentazioni integrate ad alta fedeltà. Grazie alla sua natura modulare ed una configurazione dichiarativa, imparare ad usare (a diversi livelli) 3DHOP è alla portata di tutti i profili professionali, anche dei non esperti di grafica 3D. Bibliografia

Behr, J., Eschler, P., Jung, Y., & Zollner, M. (2009). X3dom: a dom-based html5/x3d integration model. (p. 127-135). New York, NY, USA: ACM. Brutzman, D., & Daly, L. (2007). X3D: Extensible 3D Graphics for Web. Morgan Kaufmann. Cabello, R. (2010). three.js - Javascript 3D library. Tratto da http:// threejs.org/ Cignoni, P., Ganovelli, F., Gobbetti, E., Marton, F., Ponchio, F., & Scopigno, R. (2005). Batched multi triangulation. IEEE Visualization (p. 207–214). Minneapolis, USA: IEEE Computer Society Press. Di Benedetto, M., Ponchio, F., Ganovelli, F., & Scopigno, R. (2010). Spidergl: a javascript 3d graphics library for next-generation WWW. 15th International Conference on Web 3D Technology (Web3D’10) (p. 165-174). New York, NY, USA: ACM. GeorgiaTech. (2014). The ply file format. Tratto da http://www. cc.gatech.edu/projects/large_models/ply.html Kay, L. (2009). SceneJS. Tratto da http://scenejs.org/ Khronos Group. (s.d.). WebGL - OpenGL ES 2.0 for the Web. Tratto da https://www.khronos.org/webgl/ Ponchio, F., & Dellepiane, M. (2015). Fast decompression for webbased viewdependent 3d rendering. Web3D (p. 199-207). ACM. Ragget, D. (1995). Extending WWW to support platform independent virtual reality. Sketchfab. (2012). Sketchfab - The Easiest Way to Share Your 3D Models. Tratto da https://sketchfab.com/ UnityTechnologies. (2013). Unity - Game Engine. Tratto da http:// unity3d.com/

11 RINGRAZIAMENTI Il progetto 3DHOP è finanziato dai progetti EC INFRA “ARIADNE”.

Abstract

3DHOP (3D Heritage Online Presenter) is an innovative technological solution for the advanced presentation of high-resolution 3D content on the Web. The design of this tool has been focused towards the Cultural Heritage (CH) field, even though its versatility makes it a general-purpose instrument. 3DHOP is particularly suitable for the online presentation of CH artifacts due to its main features: the capability to efficiently stream high-resolution 3D models (as the ones coming from 3D scanning which are usually employed in CH); the possibility to build integrated presentations schemes by interconnecting the viewer to the rest of Web pages elements; and, finally, the ready-to-use templates and examples of configuration focused towards CH applications. In its design and development, we put particular attention on three factors: easiness of use, smooth learning curve and performances. 3DHOP is written in JavaScript and it uses the WebGL subset of HTML5 for efficient rendering. Thanks to its modular nature, and a declarative-like setup, it is easy to learn and may be configured and customized at different levels, making it accessible for people without skilled knowledge in Computer Graphics (CG) programming. In this paper we present capabilities and characteristics of the third release of this tool, using some examples based on real-world projects.

Parole

chiave

WEB 3D; SVILUPPO DI CONTENUTI 3D ONLINE; RENDERING 3D SU WEB; WEBGL; BENI CULTURALI

Autore

Marco Potenziani Marco.Potenziani@isti.cnr.it Marco Callieri Matteo Dellepiane Massimiliano Corsini Federico Ponchio Visual Computing Lab, CNR-ISTI, Pisa, Italy

NUOVI MODI NUOVE TECNOLOGIE NUOVI LINGUAGGI SPECIAL EFFECTS CREATURES STUDIOS SRL

CREAZIONI E SCENOGRAFIE DI

ARTEESTORIA SIMOSTRANO CON NUOVE EMOZIONI

NEL 2014 MARE NOSTRUM. AUGUSTO E LA POTENZA DI ROMA // OSIRIDE E L’ALTRO EGITTO // EGITTO, IL MISTERO DEI FARAONI // DI LÀ DAL FIUME. HEMINGWAY L’AMERICANO DEL BASSO PIAVE // LE MEMORIE RITROVATE // TASTE THE PAST // PARSJAD AND MUCH MORE // CEMA - CENTRO ESPOSITIVO MULTIMEDIALE DELL’ARCHEOLOGIA // www.cultouractive.com // f cultouractive


MUSEI E FRUIZIONE

Il Museo Paolo Orsi di Siracusa un Progetto Pilota con Google Virtual

tour a

360°

del museo e di reperti archeologici in modalità

Street View

di Elisa Bonacini e Giuseppina Monterosso

Lo scopo di questo lavoro è quello di offrire un'anteprima del progetto pilota al "Paolo Orsi" Museo Archeologico Regionale di Siracusa (Italia). Grazie ad una collaborazione gratuita con Google Business Photos/ Street View Indoor, è stato mappato l'intero museo, l'unico museo archeologico nel Sud Italia che può essere visitato on-line in un tour a 360 ° su una piattaforma di Google. Fig. 1 - La sede del Museo Archeologico “Paolo Orsi”.

Fig. 2 - Il primo livello del Museo.

IL MUSEO “PAOLO ORSI”: BREVE STORIA DI UN MUSEO “NAZIONALE” Il Museo Archeologico Regionale di Siracusa “Paolo Orsi” per la rilevanza e l’ampiezza delle sue collezioni, fra le più ricche in Italia, è il più importante museo archeologico della Sicilia, dividendo il primato col Museo “Antonino Salinas” di Palermo. Dalle collezioni del seminario arcivescovile, confluite poi nel Museo Civico, costituito nel 1811, è nel 1878, con regio decreto, che il Museo di Siracusa diventò Museo Archeologico Nazionale. Ubicato nella storica sede di Piazza Duomo, che ancora oggi ospita la Soprintendenza regionale ai beni culturali, nel centro dell’isola di Ortigia (già sede del più antico insediamento della colonia greca e di alcuni fra i più splendidi esempi dell’architettura sacra), fu diretto dal grande archeologo roveretano Paolo Orsi dal 1895 al 1934. La collezione archeologica, incrementata da 70 anni di ricerche archeologiche, fu trasferita in una nuova sede, progettata dall’architetto Franco Minissi nel parco storico di villa Landolina, acquisito al demanio grazie all’azione illuminata di Luigi Bernabò Brea.

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Tecnologie per i Beni Culturali

Fig. 3 - Il secondo livello del Museo.

13 e, fra questi, è presente solo la collezione d’arte contemporanea del Festival Internazionale degli artisti di strada a Giardini Naxos (ME), che non si può annoverare fra le più importanti. Nessun altro museo siciliano, collezione o sito archeologico è incluso in Art Project. Sulla Street View Gallery accessibile dal portale del Google Cultural Institute, è possibile effettuare i virtual tour di 172 siti nel mondo, di cui 22 in Italia, 2 dei quali in Sicilia: i siti UNESCO delle Città barocche del Val di Noto e l’Etna. Una sola spiegazione esiste per questo gap con il resto d’Italia. La Sicilia, regione a Statuto Autonomo, ha competenza esclusiva in materia di beni culturali che la esclude, ad esempio, dalla convenzione che il Ministero dei Beni Culturali e del Turismo ha firmato nel 2009 con Google e che ha consentito la digitalizzazione di parte delle collezioni archivistiche e librarie nazionali e la realizzazione dei virtual tour in musei, siti archeologici e monumentali sul territorio nazionale. L’Assessorato regionale alla Cultura e Identità Siciliana finora non si è mai preoccupato di risolvere questo divario, divenuto negli anni profondo, in termini di visibilità del suo patrimonio culturale e paesaggistico.

Costruito tra il 1967 e il 1986, il nuovo Museo fu inaugurato il 16 gennaio del 1988. La collezione, ricca e cronologicamente articolata, vanta reperti dall’età preistorica all’età cristiana e medievale, provenienti da Siracusa e da altri siti della Sicilia centroorientale. Lo spazio museale è distinto in tre livelli (piani 1 e 2 e seminterrato), distribuiti intorno a uno spazio centrale, dedicato all’allestimento di mostre temporanee. Il primo livello (Figura 2), diviso in tre settori (A, B1-B2 e C), documenta la storia della Sicilia centro-orientale dall’epoca preistorica a quella greca. Al piano superiore (Figura 3), i settori D (inaugurato nel 2006, espone i reperti di età ellenistico-romana dalla città di Siracusa) e F (inaugurato in parte nel 2014, con l’allestimento della Rotonda di Adelfia, è in fase di completamento con i reperti di età cristiana e bizantina da Siracusa e il territorio della Sicilia orientale). La sezione E aprirà il prossimo anno con i reperti di età ellenistica e romana provenienti da siti come Centuripe, Morgantina, Akrai, Katane e Tauromenion. Il seminterrato ospita il Medagliere, inaugurato nel 2010, con la sua collezione unica di monete dall’età arcaica a quella moderna ed una ricca ed interessante varietà di oreficerie. IL PATRIMONIO CULTURALE SICILIANO E IL SUO GAP DI VISIBILITÀ SULLE PIATTAFORME DI GOOGLE La Sicilia ha il maggior numero al mondo di siti UNESCO, del patrimonio tangibile (7/51 in totale in Italia), immateriale (3/6) e di geoparchi (2/10). Nonostante questo, il patrimonio culturale siciliano, rispetto a quello del resto d’Italia, non è presente sulle piattaforme di valorizzazione e disseminazione digitale del Google Cultural institute, come Google Street View Gallery1, Art Project2 e World Wonders project3 (Bonacini 2013; Bonacini 2014). Sulla Street View Gallery, la Sicilia nella sezione “Monumenti d’Italia”, è presente solo con 9 foto sferiche delle spiagge delle Isole Eolie (7), Favignana (1) e Marettimo (1). Tra le 605 collezioni di musei su Art Project, 47 sono italiani

IL PROGETTO PILOTA Questo progetto nasce dalla volontà di colmare, in parte, questo profondo divario ed è stato realizzato in collaborazione con Gianfranco Guccione, fotografo certificato di Google Business Photos (http://www.airworks.it/). Abbiamo raccolto la proposta del sig. Guccione di mappare un museo e un sito archeologico, con la possibilità di creare virtual tour “aumentati” da contenuti aggiuntivi (tour a 360° di oggetti, didascalie e approfondimenti), mentre lavoravamo nel 2014 presso l’ufficio di gabinetto della prof. ssa Mariarita Sgarlata, ex Assessore Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità siciliana. Si è proceduto, dapprima, a stipulare un accordo tra la Direzione generale del Dipartimento Regionale e il Coordinamento europeo di Google Business Photos, indicando come campioni di questo progetto due istituzioni regionali culturali, il Museo “Paolo Orsi” di Siracusa e la Valle dei Templi di Agrigento, entrambi siti UNESCO rispettivamente dal 2005 e il 1997. Il progetto si è poi strutturato come un progetto di ricerca presso il Dipartimento di Scienze Umanistiche dell’Università di Catania e portato avanti in stretta collaborazione con il sig. Guccione. È stata appena ultimata la parte riguardante il museo di Siracusa, recentemente presentata alla Conferenza Internazionale SITIS 2015 (23-27 November 2015, Bangkok-Thailand; Bonacini cds) e pubblicata sulla rivista SCIRES (Bonacini 2015). Una campagna di mappatura fotografica ha avuto l’obiettivo di mappare tutte le aree del primo e del secondo livello accessibili ai visitatori (escludendo per motivi di sicurezza il Monetiere). Sono stati necessari 3.924 scatti per ricavare circa 327 singoli virtual tour delle sale, realizzati con una stazione mobile costituita da una reflex con obiettivo fisheye, montata su treppiedi con testa panoramica (Fig. 4). L’illuminazione del museo, artificiale e naturale con le più varie fonti di luce, e la rifrazione della luce fra vetrine spesso collocate una di fronte all’altra ha costretto l’operatore a cercare di


regolare la luminosità e di adottare precauzioni per evitare, per quanto possibile, quelle rifrazioni. Il pacchetto dei 327 virtual tour, caricato sul software di Business Photos, è stato restituito dal sistema geolocalizzando il museo e il tour su Google Maps Street View. La accortezza nella realizzazione dei virtual tour ha consentito di evitare quei difetti di collimazione - fra le immagini di ogni singolo virtual tour e fra gli stessi virtual tour - che appaiono, frequentemente, nei tour virtuali su Google Street View (perché le postazioni di mappatura fotografica utilizzate sono di tipo mobile). In questo modo, il museo è navigabile su Street View nei suoi due livelli, collegati fra loro da frecce, accessibili ai link https://goo.gl/maps/oagnd8urP1H2 (per il primo livello, v. Fig. 5) e https://goo.gl/maps/vrpDfuPPgwM2 (per il secondo livello, v. Fig. 6). Dall’ingresso del museo l’utente remoto può entrare e dare inizio al suo tour virtuale muovendosi con le frecce direzionali, tra settori e livelli (Fig. 7). L’aspetto innovativo del progetto sta nell’aver fornito l’opportunità di effettuare tour virtuali a 360° di una dozzina di reperti archeologici, esposti nelle vetrine, come soluzione “aumentata” di fruizione digitale del tour. Google, infatti, pur consentendo di visualizzare anche ad alta risoluzione alcuni manufatti o opere d’arte nei musei presenti su Art Project, come punti di interesse lungo il percorso virtuale, presenta didascalie sintetiche e le foto sono statiche. Solo da qualche mese è stata lanciata una iniziativa pilota con cui Google mira a creare il più ampio database di riproduzioni 3D di opere d’arte - per consentire di navigare oltre 300 riproduzioni tridimensionali di oggetti, provenienti da sei istituti culturali nel mondo. Tuttavia 242 di questi oggetti sono scansioni di teschi moderni di animali provenienti dalla collezione della California Academy of Science; 22 oggetti d’arte appartengono alla collezione del Museo d’Arte

Orientale di Torino, la sola istituzione italiana ad aderire al progetto. Anche questi oggetti 3D, come le foto bidimensionali di cui si è accennato, sono descritti da brevi didascalie. Per quanto riguarda la visualizzazione su Google Maps dei tour virtuali dei reperti selezionati al “Paolo Orsi” è bene precisare che Maps finora non supporta l’integrazione di menu, didascalie, foto, video, informazioni all’interno di un tour virtuale culturale su Street View. La soluzione tecnica adottata per “aggirare” l’ostacolo imposto dalla piattaforma è stata quella di creare, con dei software specifici licenziati per attività commerciali, dei virtual tour montati all’interno di schede e forniti di elementi descrittivi generici (didascalia) e puntuali (descrizione dell’oggetto), in italiano e inglese (la seconda lingua è stata appena implementata). I tour degli oggetti, accessibili cliccando sul link disponibile dalla scheda di Google+ del Museo, sono indicati attraverso dei punti di interesse cliccabili sulle mappe interattive dei settori per ogni livello o attraversoquesti contenuti, collegati al tour virtuale del Museo già esistente su Street View - e realizzato secondo gli standard di Google -, consentono per la prima volta di “aumentare” un tradizionale tour virtuale di museo su Street View, visualizzando in modo anche più esaustivo tutti questi elementi aggiuntivi. La tecnologia utilizzata, compatibile con tutti i sistemi operativi esistenti, è di tipo responsive, adattandosi automaticamente alla visualizzazione su dispositivi mobili. La proprietà del virtual tour del Museo su Street View è di Google Street View, mentre quella dei virtual tour degli oggetti rimane al Museo. I link ai tour virtuali del museo e degli oggetti sono stati inseriti sul sito web del Museo, presente con dominio di terzo livello sul portale del Dipartimento Regionale dei Beni Culturali e dell’Identità Siciliana (http://www.regione.sicilia. it/beniculturali/museopaoloorsi/). I 12 oggetti selezionati sono:

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Fig. 4 - Il settore B2 con i

reperti pertinenti ai templi ArcheomaticA N°4 dicembre 2015

di Siracusa. Backstage della mappatura fotografica.


Tecnologie per i Beni Culturali

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Fig. 5 - Ingresso del virtual tour al Settore A del primo livello del Museo.

Fig. 7 - Il virtual tour della sala con la Venere Landolina, capolavoro della collezione.

Fig. 6 - Ingresso del virtual tour al Settore D al secondo livello del Museo.

Fig. 8 - Virtual tour a 360° del lebete nuziale da Lentini.

1. Una coppa su piede pertinente alla facies di Rodì-Tindari, da Vallelunga (CL), datata al XV sec. a.C. 2. Un lebete nuziale a figure rosse (Figura 8), da Lentini (SR), attribuito al Pittore di Siracusa 47099 e datato 360-340 a.C. 3. Una oinochoe proto-corinzia, dagli scavi in ​​ piazza Duomo a Siracusa e datata 670 a.C. 4. Un vaso plastico a forma di leoncino, di produzione corinzia, rinvenuto nella necropoli di Giardino Spagna a Siracusa, datato 610-590 a.C. 5. Un cratere a calice attico a figure nere (Figura 9), attribuito al Pittore di Antimene, rinvenuto nella stessa necropoli, datato al 520 a.C. 6. Un’anfora panatenaica a figure nere, dagli scavi condotti a Siracusa in ​​Viale Paolo Orsi, datato alla metà del VI sec. a.C. 7. Una statuetta di offerente in terracotta, dal deposito votivo in Piazza della Vittoria a Siracusa, datato al IV sec. a.C. 8. Un cratere a campana a figure rosse proveniente da Camarina (RG), prodotto nella bottega del pittore ateniese Polignoto, datato intorno al 440-430 a.C. 9. Una lekythos attica a figure rosse, dalla necropoli di Capo Soprano vicino Gela (CL), risalente al 470 a.C. e realizzato secondo lo stile del Pittore di Londra E342. 10. L’Efebo di Adrano (CT), un piccolo atleta di bronzo (Figura 10), datato alla prima metà del V sec. a.C., ritenuto una copia in scala ridotta di un originale in bronzo del famoso scultore greco Pitagora. 11. Una piccola barca in terracotta ellenistica (Figura 11) a forma di pistrice, un mostro marino, dalla necropoli del Fusco a Siracusa. 12. L’iscrizione di Nassiane, incisa su un disco di marmo di

riuso, dalle Catacombe di San Giovanni a Siracusa. CONCLUSIONI Grazie alla sua incomparabile capacità economica, Google è il soggetto più attivo al mondo nella conservazione, diffusione e promozione del patrimonio culturale, ben al di sopra di qualsiasi altra istituzione culturale pubblica o di grandi progetti internazionali di digitalizzazione. Pertanto, la maggior parte dei musei e degli istituti culturali del mondo vedono in Google un partner che consente loro di progredire nella visibilità online e nel processo di digitalizzazione del patrimonio. Il “Paolo Orsi” è, così, il primo museo archeologico al mondo - e, ovviamente, il primo in Sicilia - interamente sfogliabile su Google Maps Street View con un tour virtuale e con tour virtuali a 360​​° di opere della collezione, integrate con didascalie e schede descrittive. Nel prossimo futuro ci auguriamo di consentire la visualizzazione a 360° di un maggior numero di oggetti, con schede tradotte in inglese e in versione audio. Grazie a questo progetto, ci auguriamo che Google stesso si renda conto di come sia giunto il momento di “ringiovanire” il sistema di Google Maps Street View, consentendo agli utenti certificati di applicare contenuti aggiuntivi, come già accade nel settore online commerciale. L’ampia interoperabilità tra i software di Google, lo sviluppo di nuove soluzioni e l’integrazione dei risultati sulle pagine del motore di ricerca con Google +, consentiranno al Museo “Paolo Orsi”, alla città di Siracusa e all’intera Sicilia, di trarre vantaggio da questo nuovo strumento per la sua visibilità. NOTE


Fig. 9 - Virtual tour a 360° del cratere a calice attico del Pittore di Antimene da Siracusa.

Fig. 11 - Virtual tour a 360° dell'iscrizione di Nassiane da Siracusa.

Fig. 10 - Virtual tour a 360° dell'Efebo di Adrano.

Fig. 12 - Virtual tour a 360° della barchetta da Siracusa.

1 https://www.google.com/maps/views/streetview?gl=us.

Abstract

2 https://www.google.com/maps/views/streetview/art-project?gl=it. 3 https://www.google.com/maps/views/streetview/world-wonders-project?gl=it.

Bibliografia

Bonacini E. (2013) Communication and enhancement of Italian cultural heritage by Google. Palabra Clave 2(2), 49-63. Bonacini E. (2014) Google e il patrimonio culturale italiano. SCIRES 4(1), 25-40. Bonacini E. (2015) A Pilot Project with Google Indoor Street View: a 360° tour of “Paolo Orsi” Museum. SCIRES 2, 2015. Bonacini E. (cds) “The “Paolo Orsi” Syracuse Archaeological Museum pilot project. A 360° tour with Google Indoor Street View”. In SITIS 2015, Proceedings of the 11th International Conference on Signal-Image Technology and Internet-Based Systems, Bangkok, November 23-27, 2015.

The aim of this paper is to offer a preview of the pilot project at the “Paolo Orsi” Regional Archaeological Museum of Syracuse (Italy). Thanks to a free partnership with Google Business Photos/Street View Indoor, we managed to map the entire museum, the only archaeological museum in South Italy that can be visited online on a 360° tour on a Google platform, with a dozen archaeological finds which can be clicked as POIs from the museum windows and explored, taking 360° virtual tours, provided with descriptive sheets. The aim of the project is is to begin to bridge the gap of Sicilian Cultural Heritage’s visibility on the web.

Parole

chiave

Archeologia 2.0; Musei Virtuali; Musei Digitali; Collezioni Digitali; Fruizione aumentata

Autore

Elisa Bonacini, e_bonacini@hotmail.com Assegnista di Ricerca - Piazza Dante 32, 95100, Catania Dipartimento di Scienze Umanistiche, Università di Catania Giuseppina Monterosso , museo.arche.orsi@regione.sicilia.it Funzionario Direttivo Archeologo Viale Teocrito 66, 96100, Siracusa Museo Archeologico Regionale “Paolo Orsi” di Siracusa

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Georadar GSSI per indagini non distruttive dei primi metri del sottosuolo, per rilievi pre-scavo, ricerca di cavità ed oggetti. Dalla superficie fino a 15 metri. Ecoscandagli, multibeam e side scan sonar per acquisizioni di precisione dei fondali. Dal pelo d’acqua fino a 6.000 metri di profondità.

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ArcheomaticA N°4 dicembre 2015

Tecnologie per le Scienze della Terra


Tecnologie per i Beni Culturali

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PEOPLE AND TECHNOLOGY Il nostro tempo è quello delle novità che ci circondano, il nostro futuro è dialogare con esse. Ogni giorno la storia e la cultura si rinnovano, ogni giorno le persone cercano corrispondenze ed emozioni. Per questo i musei ci appaiono vivi, ci interrogano, ci rispondono. GENOVA

ROMA

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LABORATORI

Le tecnologie di osservazione della terra e di diagnostica elettromagnetica al servizio dei beni culturali l’esperienza dell’irea-cnr di Francesco Soldovieri, Romeo Bernini, Manuela Bonano, Ilaria Catapano, Gianfranco Fornaro, Maria Consiglia Rasulo, Olga Zeni e Riccardo Lanari

L'IREA-CNR sviluppa metodologie e tecnologie per l'acquisizione, l'elaborazione, la fusione e l'interpretazione di immagini e dati ottenuti utilizzando sensori per il monitoraggio dell'ambiente e del territorio nonché per la valutazione del rischio elettromagnetico.

L’

Istituto per il Rilevamento Elettromagnetico dell’Ambiente (IREA) sviluppa ormai da più di un decennio metodologie per elaborare, interpretare e rendere disponibili dati provenienti da sensori operanti da satellite, aereo e in situ, per la sorveglianza e la gestione del territorio, la sicurezza e la valutazione dei rischi, compreso quello elettromagnetico. Inoltre, vengono sviluppate metodologie e tecnologie per la realizzazione di infrastrutture di dati geo-spaziali e per applicazioni biomedicali dei campi elettromagnetici. L'istituto, costituito nel 2001, rappresenta un’eccellenza della ricerca scientifica e tecnologica del nostro Paese. Con sede istituzionale a Napoli, sede secondaria a Milano e la stazione sperimentale “Eugenio Zilioli” a Sirmione del Garda (Bs), l’IREA contribuisce a dare risposte a problematiche di notevole importanza in relazione alle sfide sociali in diversi settori che vanno dal monitoraggio del territorio e dell’ambiente, alla sicurezza, alla protezione delle infrastrutture strategiche. Fra le attività svolte assume particolare importanza lo sviluppo di tecnologie di osservazione della terra e di close sensing per la gestione sostenibile e la protezione dei Beni Culturali.

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Tecnologie per i Beni Culturali Fig. 1 - A) analisi SBAS-DInSAR relativa al centro urbano di Roma, ottenuta sfruttando dati SAR ERS/ENVISAT acquisiti nel periodo 1992-2010. Mappa geocodificata della velocità di deformazione sovrapposta ad un’immagine ottica dell’area investigata, con il particolare del Colosseo e la serie storica di deformazione relativa a un punto localizzato in corrispondenza dell’anello esterno (in nero i dati ERS e in rosso i dati ENVISAT); B) distribuzione spaziale sul Ponte sul Basento (Potenza) del coefficiente di dilatazione termica stimato grazie all’elaborazione tomografica, sovrapposta ad una immagine ottica (in alto); sono inoltre mostrati lo schema di una campata del ponte ed il confronto tra la serie storica della deformazione totale (diamanti neri) e della sola componente di dilatazione termica (asterischi rossi).

Una corretta gestione dei beni architettonici ed archeologici non può prescindere dalla messa in sicurezza degli stessi. A tal fine, è necessaria una diagnostica capace di fornire un’accurata conoscenza dello stato degli edifici durante il loro normale ciclo di vita, con particolare riferimento all’identificazione della loro tipologia costruttiva, laddove non nota, ed all’individuazione delle cause, dell’estensione e della natura di possibili danni o situazioni di degrado. Ciò consente un monitoraggio della struttura al fine di prevedere l’andamento temporale dello stato di degrado o di possibili fenomeni precursori di situazioni di pericolo. Infine, è di interesse l’esigenza di fornire risposte in termini di “quick damage assessment”, a seguito di un evento di crisi sia di origine naturale (sismico, idrogeologico,..) che di natura antropica, al fine di stabilire un corretto ordine di priorità nella fase di gestione post-crisi, sia in termini di oggetti che di interventi. La natura multi-disciplinare dell’IREA ha permesso di concentrare gli sforzi sullo sviluppo di un approccio sistemico per la conservazione e la mitigazione dei rischi naturali ed antropici per i beni culturali mobili e immobili. Tale obiettivo è stato perseguito grazie allo sviluppo ed all’integrazione di tecniche di sensing elettromagnetico basate su sistemi radar e sensoristica in fibra ottica capaci di una diagnostica ed un monitoraggio non invasivo.

19 In particolare, le tecniche di telerilevamento radar da satellite e da piattaforme aeree hanno il vantaggio di fornire una “visione” globale relativa a grandi aree, anche di dimensioni di decine di chilometri e con una risoluzione spaziale che arriva al metro, consentendo in tal modo di accoppiare la sorveglianza su larga scala del territorio con il monitoraggio ad una scala di dettaglio della singola struttura. Ciò permette sia di analizzare la stabilità strutturale del bene, sia gli effetti indiretti di eventuali movimenti del sottosuolo, legati ad esempio a scavi, variazione di parametri idro-geofisici ed altri fattori di rischio. Complementari alle tecnologie appena citate sono le metodologie di diagnostica elettromagnetica in situ sviluppate presso l’IREA. Esse si pongono in contrapposizione a quelle cosiddette “distruttive” in quanto non richiedono il prelievo di campioni, che possono talvolta interessare l’intero spessore della struttura, oppure la realizzazione di fori di ispezione o ancora l’esecuzione di tagli. Va infine sottolineato, come le attività IREA si siano concentrate sul problema dell’integrazione delle diverse tecnologie di sensing, con l’obiettivo di un monitoraggio multi-scala (visione globale e locale), multi-risoluzione, a livello sia superficiale che sub-superficiale, sia del bene che del territorio circostante. Un ulteriore aspetto riguarda anche lo sviluppo di approcci non invasivi basati sull’uso delle radiofrequenze/microonde per la conservazione del bene. Sintetizzando, le attività di ricerca dell’IREA hanno come obiettivo lo sviluppo e l’adattamento delle tecnologie di sensing elettromagnetico all’ambito della diagnostica e del monitoraggio dei beni culturali, con particolare riferimento allo sviluppo di approcci di data processing a partire da misure in situ e in remoto ed allo studio di approcci di data correlation e information fusion per l’integrazione

Fig. 2 - Misura delle deformazioni del Ponte sul Basento attraverso il sensore distribuito in fibra ottica sviluppato presso l’IREA.


di dati ottenuti dai differenti sensori. Tale approccio consente quindi di dare risposta alle diverse esigenze degli stakeholders in termini di: i) analisi del manufatto con particolare attenzione all’ottenimento di informazioni sulla sua storia dal punto di vista costruttivo (tipologia costruttiva, materiali..) ed alla comprensione del comportamento statico/strutturale, grazie all’impiego congiunto di fonti storiche e di tecnologie non distruttive di diagnostica e monitoraggio; ii) assessment del rischio, sia durante il normale ciclo di vita, sia a seguito di eventi di crisi, con riferimento alle aree circostanti al bene, mediante tecnologie capaci di dare una visione multi spaziale e multi risoluzione del territorio; iii) supporto al planning e design degli eventuali interventi di restauro e rinforzo; iv) verifica della bontà degli interventi di restauro. ATTIVITÀ DI RICERCA CORRENTI Questa sezione ha l’obiettivo di descrivere in modo sintetico alcuni temi di ricerca attivi presso l’IREA, nell’ambito dei quali sono stati prodotti recentemente importanti risultati. RADAR AD APERTURA SINTETICA Il Radar ad Apertura Sintetica (SAR) è un sistema di telerilevamento attivo alle microonde, che permette di misurare la distanza tra il sensore e il target sfruttando il segnale elettromagnetico retrodiffuso dalla superficie terrestre. L’elaborazione coerente di tale segnale consente di ottenere immagini radar complesse ad alta risoluzione spaziale della scena osservata, indipendentemente dalle

condizioni meteorologiche o dalla presenza di una sorgente luminosa esterna, con un monitoraggio giorno/notte pressoché continuo. Una delle principali applicazioni della tecnologia SAR è rappresentata dalla tecnica denominata Interferometria SAR Differenziale (DInSAR), che permette di generare mappe di deformazione della superficie terrestre (“interferogrammi”) sfruttando coppie d’immagini SAR acquisite in istanti differenti e da posizioni orbitali diverse, con un’accuratezza anche di pochi millimetri. In tale settore l’IREA ha una consolidata esperienza, testimoniata dalla significativa produzione scientifica. Inoltre, nel 2001 l’IREA ha sviluppato la tecnica DInSAR denominata Small BAseline Subset (SBAS) che, combinando opportunamente sequenze di immagini SAR acquisite nel tempo, consente di seguire l’evoluzione temporale dei fenomeni deformativi in contesti sia naturali sia urbani, massimizzando il numero dei punti di misura per i quali l’informazione risulta affidabile (punti coerenti). In particolare, la tecnica SBAS consente di generare mappe di spostamento del suolo e serie storiche di deformazione; inoltre, è possibile “zoomare” in aree sensibili e rilevare fenomeni deformativi in aree urbanizzate e d’interesse storico, alla scala del singolo edificio o infrastruttura. In tale contesto, l’IREA ha messo a punto una catena di elaborazione SBAS-DInSAR che, partendo dai dati grezzi acquisiti dai tutti i sistemi SAR civili oggi disponibili, consente di arrivare alla generazione di mappe geocodificate di deformazione. Come evoluzione delle tecniche d’Interferometria DInSAR multipassaggio per monitoraggio di deformazioni, sono stati sviluppati approcci basati sul recente concetto della tomografia SAR. Nello specifico, si parla di metodi innovativi di “tomografia SAR differenziale” che consentono di

Fig. 3 - Prospezione georadar (in collaborazione con l'Università degli Studi di Napoli "L'Orientale" e la Seconda Università di Napoli) presso la Domus del Centauro a Pompei. La prospezione georadar ha evidenziato l'esistenza di un frammento di muro sepolto, confermata dal successivo scavo, ed è stata importante nel con20 ArcheomaticA N°4 dicembre 2015 fermare le informazioni sulla struttura preesistente alla domus romana.


Tecnologie per i Beni Culturali realizzare un radar scanner dallo spazio in grado di ricostruire la forma tridimensionale delle strutture e monitorare le deformazioni lente nel tempo con una elevata densità spaziale. I metodi tomografici differenziali permettono di migliorare significativamente l’analisi rispetto agli approcci

21 classici, soprattutto per le scene complesse come le aree urbane e le infrastrutture. In Figura 1 sono riportati alcuni esempi che mostrano l’efficacia delle tecniche SBAS-DInSAR e tomografica in contesti urbani e d’interesse storico.

Fig. 4 - Indagine ai THz di una maiolica prodotte a Napoli nel XIX secolo. Dall'angolo in alto a sinistra: fotografia della maiolica, topografia prodotta dall’indagine ai THz, immagini della struttura interna a partire della superficie ed al crescere della profondità. Tale risultato ha consentito di acquisire informazioni sulle modalità costruttive e sull'entità del degrado.


SENSORISTICA IN FIBRA OTTICA I sensori in fibra ottica sviluppati presso l’IREA ricadono nell’ambito dei cosiddetti “sensori distributi”, per la loro capacità di monitorare con continuità spaziale la struttura investigata su distanze fino a decine di chilometri. Il sensore è costituito da una comune fibra ottica collegata solidalmente all’edificio ed interrogata mediante segnali ottici prodotti da una sorgente laser. Tali sensori sono caratterizzati dall’avere piccole dimensioni e basso costo, dall’essere chimicamente e meccanicamente compatibili con molti materiali e dall’essere immuni alle interferenze elettromagnetiche; pertanto, rappresentano una soluzione ideale per costruire reti di monitoraggio molto estese. Presso l’IREA esiste in una consolidata esperienza nello sviluppo e applicazione di sensori distribuiti in fibra ottica basati sul fenomeno dello scattering di Brillouin. Tale fenomeno, intrinsecamente presente anche nelle fibre ottiche commerciali, consente il monitoraggio su distanze che possono arrivare a decine di chilometri delle deformazioni e /o della temperatura della struttura investigata. Sono stati sviluppati diversi prototipi utilizzati per il monitoraggio di deformazioni di grandi strutture quali ponti, viadotti e per il monitoraggio su lunga distanza della temperatura. In particolare, un prototipo è stato impiegato in condizioni operative per il monitoraggio delle deformazioni di una volta del Ponte sul Basento a Potenza che, oltre ad essere la principale via di accesso alla città, rappresenta una delle opere architettoniche più visionarie del noto ingegnere (civile e navale) Sergio Musmeci. La Figura 2 mostra sia la volta dove è stato installato il sensore, sia il risultato della misura dalla quale è stato possibile desumere la presenza di una fratturazione incipiente degli strati superficiali del manufatto. GEORADAR Il georadar o GPR (Ground Penetrating Radar) si comporta come un “classico” sistema radar ed è costituito da un’antenna trasmittente, che invia un segnale interrogante nel mezzo investigato, ed una o più antenne riceventi che registrano gli echi prodotti in superficie dall’interazione dell’onda elettromagnetica con la regione investigata. La principale limitazione legata all’impiego del GPR è legata al fatto che le tecniche di elaborazione comunemente utilizzate si basano essenzialmente su una “lettura” diretta dei cosiddetti radargrammi. Tale metodologia di elaborazione è fortemente dipendente dall’interpretazione dell’operatore e può risentire della mancanza di informazioni sulla struttura investigata. Le attività di ricerca svolte presso l’IREA mirano al superamento di tale limitazione e consentono una diagnostica affidabile, accurata, ad alta risoluzione ed user-friendly. Tale obiettivo viene perseguito attraverso tecniche innovative di elaborazione dati, basate sulla tomografia a microonde, capaci di fornire “immagini” di semplice interpretazione in termini di presenza, localizzazione e caratterizzazione della geometria degli oggetti sepolti e/o presenti all’interno della struttura (rappresentative di intercapedini, interfacce tra materiali diversi, difetti localizzati..). L’IREA ha sviluppato negli anni approcci tomografici per l’imaging 2D e 3D ormai largamente impiegati in scenari operativi sia per la prospezione archeologica, sia per la diagnostica di manufatti. A titolo di esempio, viene mostrato in Figura 3 il risultato di una prospezione GPR effettuata a Pompei presso la Domus del Centauro.

IMAGING AI TERAHERTZ L’uso di segnali elettromagnetici a frequenze comprese tra 0.1THz e 30THz è alla base di tecnologie emergenti per l’analisi non invasiva di manufatti di pregio (come dipinti, mosaici e opere d’arte in genere) al fine di ottenere informazioni utili sulla struttura, sulla tecnica, sui materiali costruttivi e sullo stato di conservazione dell’oggetto. In confronto alle tecniche diagnostiche basate su raggi X o ultravioletti, la tecnologia ai THz si basa sull’uso di radiazioni non ionizzanti e, quindi, consente di ridurre il rischio di un deterioramento dell’opera per effetto dell’analisi stessa. Inoltre, i recenti sviluppi tecnologici hanno portato alla messa a punto di sistemi flessibili, di facile utilizzo e portabili da poter impiegare in-situ. Ciò rappresenta un intrinseco e significativo vantaggio nel caso di beni artistici non trasportabili quali, ad esempio, affreschi e mosaici. Esempi allo stato dell’arte dell’uso di tecnologie ai THz nell’ambito dei beni culturali riguardano l’analisi di opere d’arte come papiri, dipinti, affreschi e reperti archeologici, finalizzate da un lato alla generazione di immagini che consentano di visualizzare la struttura interna dell’opera, possibili deterioramenti ed eventuali particolari non direttamente osservabili e, dall’altro, ad analisi spettroscopiche per la caratterizzazione dei materiali utilizzati. Presso l’IREA è, disponibile un sistema ai THz di ultima generazione per l'imaging real-time e la spettroscopia ad alta velocità, che consente di lavorare in diverse configurazioni di misura. Tale sistema è stato recentemente usato per investigare manufatti in ceramica (maioliche) prodotti tra il XVIII e XIX secolo ed acquisire informazioni utili a delineare l’evoluzione storica delle modalità costruttive (vedi Figura 4). UTILIZZO DELLE MICROONDE E DELLE RADIOFREQUENZE PER LA DISINFESTAZIONE NON INVASIVA DI MANUFATTI ARTISTICI La presenza di specie infestanti (muffe, funghi) e i parametri ambientali (umidità) sono determinanti nel processo di deterioramento di beni di interesse artistico-culturale (pietre monumentali, affreschi, oggetti lignei). I metodi di disinfestazione comunemente utilizzati comprendono trattamenti chimici e fisici che spesso risultano tossici per l’ambiente e l’operatore e che possono danneggiare i beni trattati. In tale contesto, le radiofrequenze (RF) e le microonde (MW) offrono la possibilità di sviluppare tecnologie non invasive che sfruttano l’assorbimento di energia elettromagnetica da parte dell’acqua per indurre il riscaldamento selettivo delle forme biologiche infestanti al di sopra della loro temperatura letale, in assenza di riscaldamento significativo dei materiali inorganici. I trattamenti a MW sono stati applicati con successo a manufatti lignei e statue. La definizione di metodi di trattamento a RF/MW per la disinfestazione di opere d’arte non può prescindere dalla conoscenza delle proprietà termiche ed elettromagnetiche delle specie infestanti e delle strutture ospitanti. Tali informazioni vengono utilizzate in studi di dosimetria numerica e sperimentale, allo scopo di definire il pattern di deposizione dell’energia elettromagnetica ed i fenomeni di diffusione termica nei materiali di interesse, ed individuare parametri di trattamento (frequenza, potenza, durata e modalità di irradiazione) efficaci per la disinfestazione dei manufatti, senza alterarne le caratteristiche. PROGETTI E COLLABORAZIONI SCIENTIFICHE L’IREA ha partecipato a diversi progetti europei e nazionali riguardanti le tematiche della diagnostica per i beni culturali ed il patrimonio costruito (http://goo.gl/jeCZZi).

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Tecnologie per i Beni Culturali L'IREA coordina il Settore Guida “Sicurezza integrata dei beni culturali e del costruito” nella piattaforma tecnologica nazionale sulla Sicurezza SERIT (www.piattaformaserit.it). Inoltre, IREA partecipa al Distretto ad Alta Tecnologia dei Beni Culturali (DATABENC) promosso dalla Regione Campania (www.databenc.it). Sono attive collaborazioni con storici dell’arte e archeologi in Italia e all’estero. Recentemente è stata attivata una convenzione con la Soprintendenza Speciale per Pompei, Ercolano e Stabia. PREMI A conferma dell’elevato impatto dei risultati ottenuti con riferimento a tematiche relative ai beni culturali, il laboratorio dell’IREA denominato “Radar per applicazioni di sicurezza e monitoraggio del territorio” ha ricevuto il SERIT Award 2012 per il laboratorio pubblico e / o privato italiano che si è distinto per la ricerca e l’innovazione nel campo della sicurezza (http://goo.gl/i0acX4). Inoltre, ricercatori IREA sono stati premiati per Best papers su riviste prestigiose quali IEEE Geoscience and Remote Sensing Letters (http://goo.gl/eyqQie) e Journal of Geophysics and Engineering (http://goo.gl/AupAIx).

23 L’articolo “Le tecnologie di osservazione della terra e di diagnostica elettromagnetica al servizio dei beni culturali: l’esperienza dell’IREA-CNR” è il secondo della serie tematica curata da Luca Papi (CNR) dedicata a cinque Laboratori del Consiglio Nazionale delle Ricerche, il più grande Ente Pubblico di Ricerca italiano. I direttori dei singoli laboratori sono chiamati a descrivere le competenze, le attività di ricerca, i progetti, le collaborazioni nazionali e internazionali delle strutture di cui sono responsabili.

Abstract

IREA (an Institute of the Italian National Research Council) develops methodologies and technologies for acquisition, processing, fusion and interpretation of images and data obtained by using electromagnetic sensors (operating on satellite, aircraft and in situ), aimed at monitoring environment and territory, at non-invasive diagnostic and at electromagnetic risk assessment. These scientific activities have a significant follow-up in the fields of Cultural Heritage (CH) monitoring and protection. IREA is an excellence level Institute with a very solid international visibility, gained thanks to a very good scientific production and through the involvement in national and international projects. IREA is also involved in the organization of scientific events, conferences, summer schools and contributes to the editorial board of several international journals. Awards have been assigned to IREA laboratories and researchers who collaborate with many CH institutions in Italy and abroad.

Parole Remote

chiave

sensing technologies;

and protection;

CNR- IREA

Autore

Francesco Soldovieri Romeo Bernini Manuela Bonano Ilaria Catapano Gianfranco Fornaro Maria Consiglia Rasulo Olga Zeni Riccardo Lanari mbox@irea.cnr.it lanari.r@irea.cnr.it

Electromagnetic

diagnostics;

CH

monitoring


INTERVISTA

World Advanced Saving Project di Valerio Carlucci

Un intervista al CEO di WASP Massimo Moretti sul ruolo delle stampanti 3D circa lo sviluppo sostenibile, l'autoproduzione e i beni culturali.

CHE COSA È IL PROGETTO WASP? CSP (Centro Sviluppo Progetti) nasce nel 2003 dall’esperienza decennale nel mondo dell’elettronica e della meccanica del suo fondatore, Massimo Moretti. E’ un’azienda che si occupa dello sviluppo di progetti innovativi: la continua ricerca e l’avanguardia sono i cardini di un lavoro che si fonda sulla volontà di lasciare un mondo migliore di quello che si è trovato e sulla fiducia nella tecnologia alla base di un progresso sostenibile. Qui, nel 2012, viene creato WASP (World’s Advanced Saving Project): un progetto incentrato sullo sviluppo della stampa 3D che fonda le proprie radici nel mondo dell’Open-source, con l’intento di restituire e mettere in circolazione conoscenze e strumenti. WASP produce stampanti solide professionali con l’intento di incentivare uno sviluppo sostenibile e l’autoproduzione. QUAL’È LA STAMPANTE CHE HA RISCONTRATO PIÙ SUCCESSO? Più che di una sola stampante parlerei della linea di stampanti DELTAWASP, adeguate a tutte le esigenze della stampa 3D, dalle piccole alle grandi dimensioni. Veloci e altamente precise, consentono la realizzazione di una vasta gamma di prodotti. Grazie all’implementazione di un estrusore per la stampa di materiali ceramici la DELTAWASP costituisce una possibilità concreta di lavoro, un salto nel mondo dell’artigianato digitale, con un consumo di energia minimo. La più piccola delle nostre DELTA, la 20 40 si è guadagnata recentemente il podio nella 2016 3D Printer Guide di 3D Hubs per design, precisione, velocità, area e qualità di stampa.

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Tecnologie per i Beni Culturali

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Un progetto incentrato sullo sviluppo della stampa 3D che fonda le proprie radici nel mondo dell'Open Source Massimo Moretti

BIG DELTA: UNA STAMPANTE ECOSOSTENIBILE? Ciò che ci interessava sviluppare era una macchina in grado di stampare case con materiali reperiti sul territorio, adattabile a qualsiasi tipo di contesto ambientale, trasportabile e assemblabile facilmente, che richieda il minor quantitativo di energia possibile o meglio, che sia in grado di autoalimentarsi. Abbiamo scelto da tempo l’approccio delta proprio perché i tre assi verticali consentono bassi consumi energetici, quello che si muove è solo l’estrusore. Se avessimo costruito una stampante a portale come è stato fatto in Cina e negli Stati Uniti avremmo dovuto muovere una macchina con un peso che potrebbe arrivare a dieci o quindici quintali. Il nostro estrusore può arrivare al massimo a settanta kg, per questa ragione parliamo di un consumo ridotto a meno di un decimo, dieci volte più efficienza e facilità di montaggio. Il fabbisogno di energia della Big delta è perfettamente gestibile con una batteria e pochi metri quadri di pannelli solari. Per questo motivo dichiariamo che lo sviluppo del progetto è perfettamente in linea con l’idea di partenza: una stampante che estrude materiale a km 0 e si alimenta di sole, vento e acqua.

La continua ricerca e l’avanguardia sono i cardini di un lavoro che si fonda sulla volontà di lasciare un mondo migliore di quello che si è trovato Massimo Moretti


DEPOSIZIONE DEL MATERIALE: PERCHÉ L’ESTRUSORE ROTANTE? L’estrusore è stata una delle parti più complesse da progettare ed è in continuo sviluppo. Per il sistema con la pompa peristaltica appositamente modificata la difficoltà era legata all’alimentazione: gli attriti dell’impasto all’interno del tubo richiedono un quantitativo di energia maggiore di quello impiegato dai bracci per muoversi. Il nuovo estrusore ha un serbatoio che contiene circa 50 kg di materiale, poiché abbiamo verificato che questo è il peso che i bracci riescono a sostenere agevolmente, e lo deposita direttamente, senza l’impiego di tubi di trasporto. La macchina è progettata in modo che una volta finito l’impasto nel serbatoio ne recuperi altro, proprio come la vespa vasaia che ci ha ispirato fin dall’inizio. Assieme al nostro collaboratore Denis Patella abbiamo sviluppato un nuovo firmware che permette di interrompere la stampa in qualsiasi momento, spegnere la macchina e riprendere la procedura da dove la si era lasciata. L’abbiamo battezzato Resurrection. RESTAURO DEI BENI CULTURALI: FIN DOVE CI SI PUÒ SPINGERE? Le applicazioni della stampa 3D sono praticamente infinite e quello del restauro dei beni culturali è un terreno per noi molto interessante. Inoltre con le nostre macchine la Soprintendenza ai Beni Culturali di Pompei ha realizzato le copie di venti tra i famosi calchi che sono la testimonianza dell’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. Lo scopo è trasportare le copie in vari musei del mondo per renderle visibili a tutti. Stiamo ragionando anche sul progetto di ricostruzione delle opere d’arte distrutte a Palmira, ma qui ogni discorso è ancora prematuro.

CHE COS’È LA MAKER ECONOMY IN TERMINI ECONOMICI E SOSTENIBILI? La MakerEconomy è un termine che abbiamo coniato noi per definire un nuovo modello in cui tutto può essere autoprodotto, dove esiste la possibilità di non dipendere quindi da entità invalicabili che detengono il monopolio produttivo. WASP è l’acronimo di World’s Advanced Saving Project e la nostra ricerca è incentrata sul benessere collettivo e la conoscenza condivisa. La casa, il cibo, il lavoro e la salute sono ciò di cui l’uomo necessita per vivere. La stampa 3D consente di trovare nuove soluzioni condivise legate ad ognuno di questi ambiti, creando sistemi che interagiscono tra loro attraverso tecnologie aperte alla comunità. Parliamo di autoproduzione: immaginiamo un mondo dove chiunque sappia progettare e realizzare ciò di cui ha bisogno e realizzarlo in tempo reale. È POSSIBILE PARLARE DI ERA DELLE STAMPANTI 3D? Non sappiamo se si può parlare di una vera e propria era, ma il momento è adesso. Nonostante la stampa 3D sia nata oltre trenta anni fa, è certamente questo il periodo in cui le stampanti stanno diventando quasi di uso comune. Al giorno d’oggi non è difficile trovare una stampante desktop 3D facile da usare e a un prezzo accessibile. Anche senza essere un designer 3D, esistono molti siti specializzati per la condivisione di file 3D e suggerimenti utili per la stampa 3D. In campo industriale, sempre più realtà si stanno interessando a questa tecnologia e pensiamo che in breve l’interesse aumenterà. Abstract

An interview with the CEO of World's Advanced Saving Project Massimo Moretti on the role of 3D printers about sustainable development , self-production and Cultural Heritage.

Parole

chiave

Stampa 3D; WASP; Big Delta; maker economy

Autore

Valerio Carlucci, Valerio.carlucci@gmail.com

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Tecnologie per i Beni Culturali

NEL PROSSIMO NUMERO:

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AGORÀ

Le tecnologie ENEA per i Beni Culturali a disposizione delle PMI e del lavoro di giovani - Creare nuove opportunità di sviluppo per le imprese e occupazione giovanile altamente qualificata attraverso i beni culturali è una sfida possibile. Dopo l’anno record dei musei italiani con circa 43 milioni di visitatori nei luoghi della cultura e incassi per circa 155milioni di euro, prende il via un innovativo progetto che punta al trasferimento di tecnologie avanzate alle PMI attive nella tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e alla creazione di posti di lavoro per giovani laureati in discipline scientifiche. Il progetto si chiama COBRA, è finanziato con oltre 860mila euro dalla Regione Lazio ed è stato vinto dall’ENEA, l’Agenzia per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile. L’ENEA è attiva nel settore della tutela dei beni culturali con diversi progetti e tecnologie, quali le tavole vibranti antisismiche per testare sistemi a protezione di opere d’arte (ad esempio i bronzi di Riace) e sistemi laser scanner per imaging remoto per riprodurre in 3D un’opera d’arte (come la Loggia di Amore e Psiche di Raffaello a Villa Farnesina). In particolare, per i due anni della durata del progetto, i Centri di Ricerca ENEA di Casaccia e Frascati apriranno i loro laboratori per mettere a disposizione infrastrutture e tecnologie d’avanguardia alle imprese che vorranno arricchire le loro competenze di diagnostica e restauro del patrimonio culturale. Sul lato occupazionale, l’ENEA ha già iniziato a reclutare laureati tra ingegneri, informatici, chimici e fisici che lavoreranno a tempo pieno al progetto, per un totale di sei assunzioni a tempo determinato per un anno e due assegni di ricerca. Il progetto COBRA (COnservazione dei Beni culturali, attraverso l’applicazione di Radiazioni e di tecnologie Abilitanti) è stato illustrato il 26 gennaio scorso nel corso del workshop “Tecnologie ENEA per i beni

culturali: disponibilità e prospettive per il trasferimento tecnologico”, che si è tenuto a Roma alla presenza dei principali attori del settore: Regione Lazio, le aziende hitech El.En Group e Quanta System, TECNICON Restauro Opere d’Arte, Associazione Italiana Restauratori (ARI), Sovrintendenza Speciale per Colosseo, Museo Nazionale Romano e Area Archeologica di Roma, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali, Assorestauro, Museo diocesano di Rieti, Pontificia commissione archeologia sacra e Laboratori scientifici dei Musei Vaticani. “L’accesso ai laboratori – commenta la responsabile del progetto per l’ENEA, Roberta Fantoni, capo della divisione ‘Tecnologie Fisiche per la Sicurezza e la Salute’ – sarà possibile anche da remoto, grazie al nuovo laboratorio virtuale che permetterà alle aziende di assistere a distanza alle sperimentazioni con sorgenti laser e su tavole vibranti e di interagire in tempo reale con i ricercatori. Questo progetto – ha aggiunto – è destinato comunque a creare ulteriore occupazione qualificata attraverso il trasferimento di competenze e tecnologie innovative alle aziende che si occupano in particolare di restauro e microelettronica”. Nell’ambito di COBRA, l’ENEA ha già iniziato a collaborare con alcune aziende italiane come Quanta System, il cui amministratore delegato Paolo Salvadeo afferma: “Il nostro impegno ha contribuito a salvare tesori grazie a sistemi sempre più sofisticati e intelligenti per ripulire le opere d’arte dall’incuria e dagli effetti del tempo e dell’inquinamento. A guidarci è un’ampia visione che mette al centro l’importanza del recupero del patrimonio artistico come leva per il rilancio dell’economia nazionale e del made in Italy nel mondo”. Oltre ai laboratori aperti, il progetto COBRA prevede l’utilizzo della strumentazione tecnologica per casi studio selezionati nella Regione Lazio e la creazione, a beneficio delle aziende, di un database digitale che raccoglie tutta l’esperienza ENEA sui beni culturali (progetti, infrastrutture e brevetti). A questo proposito, l’Agenzia ha messo online un questionario per testare l’interesse delle imprese laziali del settore a una piattaforma informatica che raccolga competenze scientifiche e dotazioni tecnologiche dell’ENEA. Il patrimonio di conoscenze e di esperienze ENEA in questo settore spazia dall’ICT, alla diagnostica fino alla conservazione. Il workshop è stato l’occasione per illustrare alcune tecnologie, in particolare quelle più “mature” e pronte per il trasferimento tecnologico alle PMI, con la possibilità di realizzare dimostratori semplificati e a basso costo che permetteranno anche alle aziende più piccole di dotarsi di strumenti innovativi per la soluzione di specifici problemi. Tra le tecnologie presentate: Piattaforma informatica. Le PMI potranno

accedere ai laboratori virtuali dell’ENEA e partecipare da remoto ai test, come quelli condotti sull’infrastruttura DySCO delle tavole vibranti per la sperimentazione di materiali e tecnologie per la protezione sismica del patrimonio culturale e di singole opere d’arte. Tra i risultati ottenuti, la realizzazione di basi antisismiche per i “Bronzi di Riace” e per alcune statue del Duomo di Orvieto. Prove non distruttive. L’ENEA si occupa del rilievo del quadro fessurativo di singole opere d’arte e di strutture storico-monumentali, come le indagini ultrasoniche condotte sull’Obelisco Lateranense e sui “Bronzi”. Sistemi di diagnostica laser scanner per imaging remoto. L’ITR-RGB opera da 3 a 30 metri di distanza con una risoluzione submillimetrica e permette di riprodurre il modello 3D di un’opera d’arte (come la Loggia di Amore e Psiche di Raffaello a Villa Farnesina). In questo modo è possibile individuare eventuali danneggiamenti, come nel caso delle fessurazioni rilevate sulla riproduzione digitale di un’arcata del Duomo di Orvieto. Il laser 2D LIF Scanning è uno strumento portatile – utilizzato per analizzare lo stato di conservazione di affreschi - e permette l’analisi non invasiva delle superfici grazie allo studio dell’emissione di fluorescenza indotta dalla radiazione laser. Il prototipo ILS (Integrated Laser System) è un altro esempio di tecnologia laser che l’ENEA ha utilizzato con successo per analisi microdistruttive di ceramiche dipinte. Sistemi di sensori in fibra ottica per il monitoraggio strutturale. Adatti ad applicazioni permanenti e su tempi lunghi, permettono di rilevare e di monitorare l’apertura di crepe su pareti in muratura dei complessi storico-monumentali. Questi sensori - già utilizzati nelle Mura Aureliane e nel Duomo di Orvieto - sono sensibili sia a eventi come subsidenza (lo sprofondamento del suolo) che ai microsismi, possono operare in qualsiasi condizione (all’aperto, sepolti o sommersi) e risultano poco invasivi per cablaggio ed installazione. Tecnologie di restauro. Gli esempi spaziano dalle camere climatiche per lo studio di degrado dei materiali, all’acceleratore lineare di elettroni “LINAC” per la disinfestazione di opere d’arte mediante raggi X, dallo sviluppo di nanocompositi protettivi fino alla pulitura laser delicata. Per quest’ultimo tipo di intervento ENEA utilizzerà nelle dimostrazioni strumenti innovativi già in commercio realizzati e messi a disposizione dalle aziende Quanta System S.p.A. di Milano ed El.En. di Firenze. Fonte: ENEA

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Culturali Tecnologie per i Beni Culturali

YOCOCU 2016: la Conferenza Internazionale YOuth in COnservation of CUltural Heritage a Madrid - Dal La quinta edizione della Conferenza Internazionale YOuth in COnservation of CUltural Heritage si svolgerà a Madrid dal 21 al 23 Settembre 2016 presso il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia (Auditorio 400, Calle de Santa Isabel, 52, 28012 Madrid). YOCOCU mira a promuovere il ruolo dei giovani nel campo della ricerca sulla conservazione e il restauro, in tutte le discipline legate al patrimonio culturale, dalle più tradizionali alle prospettive più moderne, tutti i tipi di materiali e di patrimoni. YOCOCU vuole costituire un punto di incontro tra i giovani e i professionisti, essendo i formatori i veri protagonisti di questo evento. Sono benvenute le imprese e le aziende del settore, così come responsabili di musei, istituti storici, fondazioni, corsi di formazione e le istituzioni competenti nel campo dei beni culturali. L'evento è organizzato in collaborazione tra il Geosciences Institute IGEO (CSIC-UCM), il Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofía (MNCARS), l'associazione YOCOCU e la Fundación Museo Reina Sofía, con la collaborazione del World Monuments Fund (WMF). Sono benvenuti tutti i contributi relativi alla caratterizzazione, diagnostica, conservazione e restauro dei beni culturali. Si incoraggiano professionisti, ricercatori e studenti a presentare le proprie idee e il proprio lavoro nell'ambito della conservazione del patrimonio culturale (materiale, tecniche, etc) e su alcuni temi non sempre approfonditi abbastanza, come l'arte contemporanea e il patrimonio industriale così come la didattica e il patrimonio. In particolare, sono tre i temi principali alla Conferenza: materiali, patrimonio, tecniche, alla quale possono essere aggiunti altri topic. La scadenza per l'invio di abstract è il 30 Aprile 2016. Il template è disponibile sul sito dell'evento.

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Sito web: www.yococu2016.com

ArchAIDE: nuovo progetto sull'interpretazione archeologica automatica e la documentazione di ceramiche antiche- Si chiama ArchAIDE (Archaeological Automatic Interpretation and Documentation of cEramics) il nuovo progetto europeo finanziato nell'ambito di Horizon 2020 con ente capofila l’Università di Pisa attraverso il Dipartimento di Civiltà e forme del sapere, insieme al CNR-Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione, le Università di Tel Aviv (Israele)-School of Computer Science, York (Gran Bretagna)-Archaeology Data Service, Barcellona (Spagna)-Facultad de Prehistòria, Història Antiga i Arquelogia e Koeln (Germania)Institut für Archäologie. Sono impegnate nel progetto anche due aziende spagnole, “Baraka Arqueologos” ed “Elements Centre De Gestió i Difusió De Patrimoni Cultural”, e la società italiana Inera srl che sperimenterà sul campo il prototipo che sarà realizzato. Il progetto nasce con l'obiettivo "di creare un prototipo in grado di agevolare e accelerare il lavoro degli archeologi per quanto riguarda l’attività di classificazione delle ceramiche, che sono reperti di fondamentale importanza per capire e datare i contesti archeologici e comprendere i flussi commerciali e le interazioni sociali nel passato". “La classificazione delle ceramiche antiche richiede oggi competenze complesse, data la specializzazione raggiunta in questo specifico campo dagli studi archeologici nell’ultimo secolo. È un lavoro che richiede tempi lunghi anche perché spesso dev’essere effettuato direttamente sugli scavi, in luoghi lontani dalle biblioteche”, spiega la professoressa Letizia Gualandi dell’Ateneo pisano, coordinatrice del progetto. “L’idea è quindi di aiutare gli archeologi con strumenti tecnologici per ridurre tempi e costi, migliorando l'accesso, il riutilizzo e la valorizzazione del patrimonio in modo sostenibile”. Il progetto durerà tre anni a partire dal 1 aprile, grazie ad un finanziamento di 2 milioni e 460mila euro. E' previsto lo sviluppo e il test "di un’applicazione per dispositivi mobili, capace di riconoscere e classificare i reperti – anche in condizioni frammentarie – sulla base di immagini fotografiche, grazie ad un’interfaccia semplice e ad algoritmi efficienti per la caratterizzazione, la ricerca e il recupero delle corrispondenze visive e geometriche. Inviando la foto del reperto ceramico, mediante smartphone o tablet, a un database contenente le informazioni sulle varie tipologie di ceramiche in uso nell’antichità, sarà possibile ottenere l’identificazione del reperto – o quantomeno una serie di indicazioni circa la sua possibile identificazione – e l’area di distribuzione dei rinvenimenti: il tutto in tempi rapidissimi e in qualunque angolo della terra. Il sistema inoltre sarà in grado di autoaggiornarsi, poiché ogni nuova segnalazione andrà ad arricchire automaticamente il database. L’obiettivo, in altri termini, è creare una sorta di carta d'identità elettronica delle singole ceramiche, che consenta la visualizzazione delle informazioni in tempo reale e la creazione di un archivio aperto per trasformare i dati in patrimonio comune". “Alla fine del progetto – ha concluso Letizia Gualandi - sarà realizzato un primo nucleo di database, digitalizzando i cataloghi cartacei esistenti relativi ad alcune classi ceramiche che, per le loro caratteristiche formali, cronologiche e di distribuzione geografica, si prestano a testare al meglio il prototipo. Il nostro obiettivo è infatti creare un archivio che sia valido per tutto il mondo antico e che possa essere utilizzato da qualunque ricercatore, studioso o appassionato in qualunque luogo si trovi. Un sito web, che sarà appositamente creato all’inizio del progetto, consentirà a chiunque di seguire il lavoro di ricerca in ogni sua fase”.

Fonte: YOCOCU

Fonte: Unipi


AGORÀ

Call di accesso gratuito ai laboratori diagnostici IPERION CH.it - Dopo il successo della prima esperienza, l'infrastruttura di Ricerca IPERION CH.it, finanziata dal MIUR, ha aperto la seconda call di accesso ai laboratori diagnostici per i beni culturali. Tecnologie diagnostiche avanzate ed expertise di eccellenza sono gratuitamente a disposizione di ricercatori e conservatori che stanno lavorando alla conoscenza e alla conservazione di opere d'arte, monumenti e siti archeologici italiani. Per accedere ai laboratori occorre presentare una proposta; i migliori progetti saranno selezionati da un comitato esterno di esperti sulla base dell'eccellenza scientifica. Con il supporto finanziario del MIUR, l'infrastruttura di ricerca italiana IPERION CH.it offre la possibilità di accedere ai propri laboratori e alle relative competenze tecnico-scientifiche a coloro che operano nel settore dello studio, conservazione e restauro del patrimonio culturale. Archeologi, conservatori, storici dell'arte, restauratori, ricercatori, studiosi dei beni culturali potranno presentare "domanda per l'accesso" per chiedere l'intervento di IPERION CH.it nello studio di opere d'arte, monumenti e siti archeologici del territorio italiano. L'accesso ha caratteristiche di eccellenza e unicità. Offre agli utenti strumentazioni, metodi analitici e competenze all'avanguardia, frutto di una costante e consolidata attività di ricerca e sviluppo nel settore, che non sarebbero altrimenti disponibili per le strutture, pubbliche o private. L'obiettivo è promuovere e supportare la ricerca di alta qualità sia per la conoscenza sia per la conservazione dei beni culturali. Domanda per l'accesso Tramite la raccolta delle domande per l'accesso, IPERION CH.it seleziona, sulla base della qualità scientifica, progetti di ricerca per lo studio di beni d'interesse storico, artistico e archeologico mobili e immobili basati su un approccio non invasivo in-situ completato, se necessario, da analisi micro-distruttive su campioni. I proponenti dei progetti selezionati usufruiranno gratuitamente dell'accesso a strumentazioni mobili non-invasive (tecniche spettroscopiche puntuali, di imaging e di digitalizzazione) e dell'accesso remoto a metodi di indagine micro-distruttivi (datazioni, analisi cromatografiche ed analisi spettroscopiche in sezione stratigrafica, analisi paleogenetiche, ecc.). I progetti saranno selezionati sulla base dell'eccellenza scientifica da un panel di revisori esterni all'infrastruttura. La data di scadenza per la sottomissione della domanda di accesso è il 25 Marzo 2016. Per maggiori dettagli e per scaricare il modulo di partecipazione, consultare il sito http://www.iperionch.eu/web/iperion_it/calls-fornational-access2. Per info, scrivere a: co@iperionch.eu. Fonte: IPERION CH.it

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Ipotesi Applicazioni Foto-video-rilievi Video guide ricostruttive multimediali con drone e traduzioni 30 ArcheomaticA N°4 dicembre 2015 Scansioni 3D Allestimenti e rover in linguaggio L.I.S.


Tecnologie per i Beni Culturali Culturali

Riorganizzazione del MiBACT: 39 soprintendenze unificate - Nel corso della riunione congiunta delle Commissioni Cultura di Camera e Senato, il Ministro Franceschini ha esposto il progetto di completamento della riorganizzazione del Mibact presentato ieri alle Parti sociali e al Consiglio Superiore dei Beni Culturali. "Ancora un passo avanti nella riorganizzazione del MiBACT, è la volta delle soprintendenze" - ha dichiarato il ministro Franceschini, sottolineando come - "il ministero viene ridisegnato a livello territoriale per rafforzare i presidi di tutela e semplificare il rapporto tra cittadini e amministrazione. Le nuove soprintendenze parleranno con voce unica a cittadini e imprese riducendo tempi e costi burocratici. La riorganizzazione prosegue nella strada di valorizzazione del patrimonio. Vengono per questo istituiti 10 nuovi musei e parchi archeologici autonomi retti da altrettanti direttori che saranno selezionati con un nuovo bando internazionale". Il nuovo assetto del ministero presentato oggi dal ministro Franceschini prevede la creazione delle ‘Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio’. Con questo intervento aumentano i presidi di tutela sul territorio nazionale, che, proprio per l'archeologia, passano dalle attuali 17 Soprintendenze Archeologiche alle nuove 39 soprintendenze unificate (a cui si sommano le due soprintendenze speciali del Colosseo e di Pompei). La nuova articolazione territoriale, che realizza una distribuzione dei presidi più equilibrata ed efficiente, è stata definita tenendo conto del numero di abitanti, della consistenza del patrimonio culturale e della dimensione dei territori. Ogni nuova Soprintendenza parlerà con voce unica ai cittadini e verrà articolata in sette aree funzionali (organizzazione e funzionamento; patrimonio archeologico; patrimonio storico e artistico; patrimonio architettonico; patrimonio demoetnoantropologico; paesaggio; educazione e ricerca) che garantiscono una visione complessiva dell’esercizio della tutela, assicurando anche la presenza delle specifiche professionalità. Per cittadini e imprese sarà così più semplice e rapido rapportarsi con l'amministrazione con una notevole riduzione degli oneri burocratici. Ciascuna soprintendenza costituirà un riferimento univoco per la valutazione di qualunque aspetto di ogni singolo progetto, dalla tutela di beni archeologici per arrivare all’impatto paesaggistico, passando per gli aspetti di carattere artistico e architettonico: a un’unica domanda corrisponderanno un unico parere e un’unica risposta. Al centro ci sarà una sola Direzione generale Archeologia, belle arti e paesaggio, che garantirà il coordinamento delle soprintendenze su tutto il territorio nazionale. La riorganizzazione affida inoltre alle Soprintendenze archivistiche la tutela del patrimonio librario, che pertanto vengono denominate Soprintendenze archivistiche e bibliografiche. Nell’esercizio di questa nuova funzione esse risponderanno anche alla Direzione Generale Biblioteche e potranno avvalersi del personale delle biblioteche statali. L’intervento completa la riforma del ministero e prosegue lungo il percorso di una più decisa valorizzazione del patrimonio, specialmente archeologico, attraverso la costituzione di dieci nuovi istituti autonomi retti da altrettanti direttori che saranno selezionati con un nuovo bando internazionale. Fonte: MiBACT

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RESTAURO

La Liofilizzazione come Metodo per il Salvataggio di Beni Cartacei di Hellen Pittino

Il recupero dei Beni documentali danneggiati dalle inondazioni si può fare con le attuali tecnologie avanzate, che sono state create nel corso degli anni dalla conoscenza combinata di esperti restauratori, biologi e ingegneri, e che ora vengono impiegati in tutto il mondo da industrie e organizzazioni interessate nel campo della conservazione dei beni culturali. Fig.1 - Archivio allagato.

I

l 4 Novembre 1966 è una data che tutti coloro che operano nei Beni Culturali conoscono molto bene. Firenze venne colpita da un’alluvione terrificante, che causò moltissimi danni anche al patrimonio artistico della città. Questo evento ha posto in Italia una grande questione sulla risposta all’emergenza in situazioni catastrofali e sulle tecniche di recupero e restauro dei beni culturali colpiti da danni da acqua. Nonostante i grandissimi progressi e gli insegnamenti appresi dopo Firenze, dimentichiamo spesso quanto l’Italia sia un paese a gravissimo rischio idrogeologico, anche se le alluvioni e le temute “bombe d’acqua” degli ultimi anni ce lo ricordano periodicamente. L’osservazione ovvia che esce da questa situazione, è che l’acqua può essere dannosa come il fuoco, e dove non distrugge lascia effetti collaterali che causano deterioramento nel tempo. Prendiamo un materiale di cui siamo circondati: la carta. E’ vero, viviamo nell’era digitale e la tendenza è quella di cambiare le nostre abitudini, affinché ci sia sempre meno carta e più digitale. Ma la carta è qualcosa di cui non possiamo disfarci del tutto, basti pensare ai milioni di fogli compilati, trascritti, schedati nel corso di decenni che riempiono gli archivi del nostro Paese, archivi pubblici e privati, storici e correnti, di enti e aziende in tutte le città, di tutte le regioni. Quando riusciremo a digitalizzare tutto questo materiale? E cosa accade se un archivio subisce danni da acqua, a seguito di un’alluvione o di un allagamento per la rottura di un tubo? In un contesto favorevole, le muffe iniziano a svilupparsi dopo solo 48 ore, è fondamentale quindi intervenire il più rapidamente possibile, sia per la messa in sicurezza dei beni danneggiati che per il loro ripristino tramite asciugatura, eventuale disinfestazione da muffe e restauro. L’asciugatura dei documenti è un processo che richiede estrema competenza e l’impiego di tecnologie sofisticate da utilizzare in tempi rapidi.

La tecnologia che offre la soluzione migliore per questo genere di interventi, è la liofilizzazione, un processo fisico a cui vengono sottoposti i beni cartacei e che non impiega sostanze chimiche potenzialmente nocive per l’uomo o per il materiale da recuperare. COSA È LA LIOFILIZZAZIONE? La liofilizzazione è un particolare metodo di essiccazione in cui il materiale viene prima congelato e poi, per effetto dell’applicazione di un vuoto molto spinto, il solvente di cui è imbevuto (nel caso che stiamo considerando, il solvente: l’acqua) passa direttamente dalla fase solida a quella vapore (sublimazione). La liofilizzazione, pur consentendo di ridurre l’umidità residua dei materiali (la frazione di acqua legata ai solidi che compongono il prodotto e che resta in esso dispersa e incongelabile) a valori molto bassi, non provoca modificazioni irreversibili della struttura del materiale. Infatti il processo consiste nel congelare il materiale facendo passare l’acqua allo stato solido (ghiaccio), e successivamente allontanare l’acqua con il passaggio allo stato gassoso (vapore) della sublimazione. Questo processo si adatta bene a materiali molto termolabili, cioè che hanno la tendenza ad alterarsi sotto l’azione del calore. La liofilizzazione, applicata in origine ai soli prodotti farmaceutici (antibiotici, sieri, enzimi, vaccini ecc.), è stata poi estesa al trattamento degli alimenti; trova inoltre impiego anche in chimica (purificazione di prodotti, preparazione di catalizzatori), in medicina (trattamento di tessuti per innesto chirurgico). L’impiego della liofilizzazione, da alcuni anni, è diventata una prassi usuale anche negli interventi su beni culturali, nello specifico nei beni archivistici e librari, proprio perché particolarmente indicata per l’essiccazione di materiali che sono sensibili alle alte temperature. Inoltre, si dimostra di grande utilità lì dove è indispensabile lavorare sotto rigoro-

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Tecnologie per i Beni Culturali se condizioni di sterilità, in quanto, nei materiali congelati, non hanno luogo né la crescita dei batteri né le trasformazioni enzimatiche; poiché l’essiccazione avviene sotto vuoto, altri tipi di deterioramento risultano notevolmente ritardati. Infine è possibile il rapido ripristino del materiale nella forma originaria per semplice aggiunta del solvente rimosso. Questo significa, nel caso della carta, che dopo il procedimento di asciugatura, attraverso la liofilizzazione essa sarà in grado di rimettersi in equilibrio con l’ambiente circostante e mantenere le sue caratteristiche meccaniche. Nel corso della sublimazione, le piastre su cui poggiano i volumi devono essere riscaldate, in quanto la sublimazione del ghiaccio assorbe calore, ma evitando che la temperatura salga oltre i 40°C. Dunque, si pongono due necessità: fornire calore e allontanare rapidamente il vapore che si forma: solo così facendo si mantiene bassa la temperatura del materiale. Se si lasciasse accumulare vapore sulla superficie del ghiaccio, aumenterebbe la temperatura. Per trasferire rapidamente il vapore che si forma si usa il vuoto, perciò, sia all’autoclave che al vano condensatore sono collegate pompe da vuoto. All’interno del liofilizzatore, il processo si svolge in tre fasi successive. Congelamento: In questa fase viene sottratto calore alla soluzione per fare passare l’acqua a ghiaccio. Non tutta l’acqua cristallizza e la percentuale di acqua che non passa a ghiaccio varia a seconda dei casi. Essicamento primario: in questa fase si verifica la sublimazione del ghiaccio. Essiccamento secondario o desorbimento: consiste nell’allontanamento dell’acqua assorbita. LA LIOFILIZZAZIONE APPLICATA AI BENI DOCUMENTALI Nel caso in cui avvenga un allagamento, sia esso dovuto a cause naturali (alluvioni, esondazioni, frane, etc.) o all'incuria o a eventi casuali (mancata manutenzione degli impianti idrici, condizionamento, etc.) all’interno di un archivio o di una biblioteca è fondamentale agire in maniera tempestiva per evitare la proliferazione di attacchi fungini. Asciugare immediatamente il materiale, inoltre, riduce i rischi di dilavamento di inchiostri, pigmenti e coloranti e la migrazione di soluti attraverso le carte e la conseguente creazione di gore, ovvero macchie. L’intervento di liofilizzazione è particolarmente indicato quando: i documenti bagnati sono sporchi di fango o terra; i documenti rischiano, con un asciugatura naturale di incorrere in deformazioni o dilavamenti di inchiostri o altre sostanze; i documenti danneggiati dall’acqua siano insostituibili o vincolati alla conservazione per valenza legale o appartenenza all’archivio storico. Se l’evento non ha intaccato grandi quantità di materiale e si dispone di un ambiente pulito, adeguatamente ventilato e di un adeguato numero di operatori supervisionati da restauratori qualificati, sarà possibile procedere all’asciugatura del materiale in maniera naturale. Asciugare volumi o faldoni bagnati a seguito di un allagamento significa utilizzare carte assorbenti per interfoliare le carte, operazione al termine della quale, sarà necessario posizionare i volumi sul taglio di piede (quando le legature lo consentono) e creare, attraverso l’utilizzo di ventilatori, un adeguata circolazione dell’aria. Questo procedimento richiede molto tempo e l’impiego di una grande quantità di carte assorbenti che vanno costantemente sostituite, ma quando non eseguito con le dovute attenzioni, potrebbe dare origine a deformazioni delle carte e delle legature. Inoltre, se il periodo dell’asciugatura non viene attentamente monitorato, si potrebbe incorrere nell’attacco di microrganismi. Nel caso si tratti di un evento di grosse dimensioni, con una grande quantità di materiale interessato, la liofilizzazione è l’unico processo in grado di assicurare l’asciugatura e la

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Fig. 2 – Documenti imbustati prima della liofilizzazione.

sanificazione del materiale cartaceo. I documenti bagnati devono essere congelati entro le successive 48 ore, principalmente per evitare il proliferare degli attacchi fungini, molte volte, a seguito di eventi straordinari, il congelamento è l’unica soluzione per stoccare e spostare materiale alluvionato dal luogo dell’emergenza. Questo, in termini pratici di gestione delle emergenze, significa anche poter procrastinare delle lavorazioni e dare priorità ad attività dirette sulla messa in sicurezza degli edifici e la salvaguardia della salute delle persone. Prima di intraprendere un processo di liofilizzazione è sempre meglio consultare un restauratore di beni culturali, poiché non tutti i materiali possono beneficiare del trattamento di liofilizzazione allo stesso modo. Ad esempio, se il processo è sempre consigliato per documenti in carta di qualsiasi epoca e tecnica di produzione anche con inchiostri, pigmenti, coloranti (acquerelli) e i lapis, bisognerà fare attenzione nel caso in cui siano presenti elementi di legatura, cuciture, o coperte, soprattutto se realizzate in cuoio o pergamena. LA RISPOSTA DI PRODOC AI “DANNI DA ACQUA” In quanto azienda specializzata nel pronto intervento e nel recupero di beni archivistici e librari, unica in Italia nel suo settore ad aver ottenuto la certificazione ISO 9001 e 14001, Prodoc Srl ha dotato la sua sede operativa di un liofilizzatore di ultima generazione, che permette lavorazioni di ingenti quantità di materiale cartaceo danneggiato o a rischio in tempi contenuti. Quando si verifica un’emergenza, il primo intervento da attuare è quello del congelamento, per evitare la proliferazione di agenti patogeni.

Fig. 3 – Muffe. Conseguenze di danni da acqua.


Fig. 4 – Danni da acqua su faldoni.

Una volta catalogati e identificati univocamente, in modo da poter essere sempre tracciabili, i documenti inseriti in buste di plastica possono essere posizionati all’interno di bins o caricati su pallet e imballati per poi essere inseriti in appositi container refrigeranti. All’arrivo in laboratorio, le buste contenenti i documenti congelati vengono aperte, e i documenti vengono inseriti all’interno del liofilizzatore, divisi in gruppi di carte e inframmezzati da appositi supporti plastici al fine di ottimizzare l’efficacia del trattamento. Il processo di liofilizzazione ha una durata variabile a seconda della quantità e del tipo di materiale inserito all’interno dell’autoclave, da un minimo di 12 ad un massimo di 60 ore. Al termine del procedimento di liofilizzazione, le carte asciutte vengono, se necessario, sottoposte a pulitura da restauratori. La spolveratura avviene mediante l’impiego di pennelli a setole morbide sotto cappe aspiranti previste di filtri HEPA e successivamente le carte vengono spianate e ricondizionate. I documenti asciutti e restaurati sono il primo passo per mettere al sicuro dati e contenuti ma è indispensabile riporre il materiale restaurato in ambienti salubri ed idonei alla conservazione. Al termine delle operazioni di liofilizzazione, il materiale andrà reinserito nel suo ambiente di conservazione con gradualità e dovrà essere monitorato per almeno un anno, fino alla sua messa in equilibrio con l’ambiente di conservazione. L’intervento di liofilizzazione garantisce l’asciugatura delle carte e il mantenimento delle sue caratteristiche chimicofisiche, ma non può essere considerato un procedimento di prevenzione per successivi attacchi di microrganismi. All’interno dei depositi di conservazione è fondamentale mantenere standard termo-igrometrici controllati e il più possibile costanti. Inoltre i depositi e i loro impianti, devono essere costantemente mantenuti e controllati per evitare di incorrere in piccoli incidenti che possono, se trascurati, dare origine a grosse problematiche.

Fig. 5 – Danni da acqua su libro antico.

Prodoc si propone come azienda pronta a seguire tutte le operazioni di salvataggio di un archivio o di una biblioteca, sia dei beni contenuti all’interno delle strutture, che degli edifici. Non bisogna dimenticare che una volta intervenuti sui beni cartacei, è fortemente sconsigliato che vengano ricollocati nel medesimo luogo in cui si è verificato il danno. Quindi è necessario intervenire anche sulla bonifica dell’ambiente contaminato a seguito di un’alluvione o allagamento (a seconda dei casi, si tratta di sgombero dei fanghi, lavaggio e decontaminazione degli ambienti, deumidificazione, deodorizzazione sanificazione), per evitare un nuovo attacco di muffe e funghi e per tutelare la salute di coloro che operano all’interno dell’edificio. La salvaguardia del patrimonio può iniziare già da un’accurata analisi dei rischi e da una pronta risposta, che consiste nell’attuare un piano di prevenzione dei danni e una formazione adeguata del personale incaricato della gestione dell’archivio o della biblioteca. Se il danno si è già verificato, è importante non sottovalutare le conseguenze di un recupero non effettuato, o effettuato da operatori non professionisti e senza le adeguate conoscenze di restauro, necessarie per legge. Dal prelievo del materiale al trasporto, dal congelamento alla liofilizzazione, dal restauro al condizionamento, tutti i passaggi per il ripristino di beni cartacei devono essere portati a termine da personale qualificato, che segua procedure standardizzate, stabilite in primo luogo dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali. Salvare i beni culturali del nostro Paese non è un’opzione, ma un obbligo che siamo tenuti a rispettare per le generazioni che verranno. La carta non è solo un materiale di uso comune, ma un supporto su cui poggia gran parte del nostro passato e che non possiamo permettere venga perso per sempre.

Bibliografia

Bertini M.B. (2005). La conservazione dei beni archivistici e librari. Prevenzione e piani di emergenza. Roma, Carocci Editore. Buchanan S. (1988). Disaster Planning: Preparedness and Recovery for Libraries and Archives. Unesco, Paris. Carapelle A., Henrist M., Rabecki F. (2001). A study of vacuum freezedrying of frozen wet papers. Drying Technology, 19(6), 1113-1124. Crespi E., Capolongo A., Fissore D., Barresi A.A. (2008). Experimental investigation of the recovering of soaked paper using evaporative freeze-drying. Drying Technology, 26(3), 349-356 Troiano F., Barbabietola N., Colaizzi P., Montanari M., Pinzari F. (2012). La liofilizzazione quale intervento di recupero di volumi alluvionati ed attaccati da microfunghi. Atti del congresso: "Prima, durante... invece del restauro". Parma, 16-17 novembre 2012.

Abstract

Ever more frequently we hear about material archives being lost and destroyed by damages caused directly and indirectly by water. Salvaging a cultural heritage of documents damaged by flooding is a job that can be done, thanks to the advanced technologies, which have been created over the years by the combined knowledge of expert restorers, biologists and engineers, and which are now being employed worldwide by industries and organizations interested in the field of the preservation of cultural heritages. One of the methods used to obtain the best results for regenerating the damaged materials, to enable them to still be useful for many more years to come, is that of the vacuum freeze-drying process which does not use potentially harmful chemicals for humans or for the material to be retrieved.

Parole

chiave

Liofilizzazione; beni culturali; restauro dei beni archivistici; documenti bagnati

Autore

Hellen Pittino, hellen.pittino@prodoc.it Restauratrice dei Beni Culturali Prodoc SRL, Viale Mazzini 11, 00195 Roma Tel. 066243599 www.prodoc.it

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MUSEI E PAESAGGI CULTURALI 3 - 9 LUGLIO 2016

www.milano2016.icom.museum Credit: Roberto Mascaroni


UNIVERSITÀ E RICERCA

Tecniche Virtuale

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Fig. 1 - Modello a nuvola di punti del Ninfeo di Villa Mondragone.

di Saverio D’Auria, Fabrizio De Silla, Roberto Gabrielli e Rodolfo Maria Strollo

Il presente contributo nasce all’interno delle attività di ricerca del LAboratorio di Rilievo E Architettura (LAREA) dell’Università degli Studi di Roma ‘Tor Vergata’, struttura da tempo impegnata nella realizzazione di un database informatico volto alla documentazione, alla divulgazione scientifica e alla fruizione (anche) virtuale del complesso di Villa Mondragone situato a Monte Porzio Catone, a sud di Roma.

L

e tecniche di realtà virtuale applicate ai beni culturali stanno assumendo sempre maggiore rilevanza grazie alle molteplici possibilità offerte dalle tecnologie e dalle metodologie di acquisizione, elaborazione e gestione dei dati. Il laser scanning e la fotogrammetria digitale, ad esempio, hanno assunto negli ultimi anni un ruolo fondamentale nelle attività legate alla ricerca scientifica, alla catalogazione, alla conservazione, alla valorizzazione e alla fruizione dei siti e dei manufatti di interesse storico-culturale. Inoltre, molti settori legati all’ICT, sempre più propensi ad approcci user-friendly basati su piattaforme open, mirano alla maggior sensibilizzazione di utenze prive di specifiche conoscenze sulle tematiche appena accennate, ottenendo risultati efficaci. Il crescente impiego di tali tecnologie ad alta densità di in-

formazioni per il rilievo e la documentazione dei manufatti è dovuto a svariati fattori tra cui la rapidità di acquisizione, la precisione e la qualità dei dati e la valenza scientifica dei risultati ottenibili. Nell’ultimo decennio si è assistito ad una vera e propria ‘rivoluzione’ informatica legata al patrimonio culturale, grazie anche alla crescente disponibilità di hardware e software a costi accessibili, al crescente impegno delle Università e degli Enti di ricerca e al conseguente coinvolgimento di un pubblico sempre più vasto. La ricerca scientifica in tali campi ha avuto, infatti, quale principale obiettivo quello di rendere fruibili a tutti i prodotti e le potenzialità offerte da un mondo altamente tecnologico, tant’è che il fenomeno informatico legato alla diffusione di rappresentazioni digitali ha portato, dopo un lungo percorso, alla stesura della London Charter (2009),

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fondamentale documento che, tra le altre cose, “defines principles for the use of computer-based visualisation methods in relation to intellectual integrity, reliability, documentation, sustainability and access”. Nell'articolo, inserito nell'ambito delle ricerche menzionate, viene presentato un caso studio condotto in collaborazione con l’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali (ITABC) del Consiglio Nazionale delle Ricerche di Roma relativo all’integrazione di dati geometrici e colorimetrici provenienti da fonti di acquisizione diversa – il laser scanner e la fotocamera digitale – riferiti al Ninfeo. L’obiettivo perse- Fig. 2 - Foto aerea dell’intero complesso della Villa. guito è stato quello di analizzare l’affidabilità di tale metodo, qui finalizzato non solo alla realizzazione di un modello infografico tridi- estiva a Castel Gandolfo. Una serie di interventi di manumensionale morfologicamente valido ma anche alla produ- tenzione e di rifunzionalizzazione – in alcuni casi drastici zione di un virtual tour del monumento a fini divulgativi e – voluti dal gesuitico Collegium Tusculanum insediatosi nel 1865 portano la Villa alla conformazione attuale. Chiuso il di valorizzazione. collegio nel 1953, per la struttura inizia un nuovo periodo di decadimento, interrotto da alcuni interventi di restauro CENNI STORICI SULLA VILLA Villa Mondragone fa parte del sistema delle Ville Tuscolane, promossi dall’Università. un prestigioso complesso di dodici fabbriche rinascimentali che si estende tra i territori comunali di Frascati, Monte METODOLOGIA E STRUMENTAZIONI IMPIEGATE PER IL RIPorzio Catone e Grottaferrata. Tra il XVI e il XVIII secolo LIEVO DEL NINFEO le colline del Tuscolano videro sorgere un gran numero di Il Ninfeo, situato nella parte meridionale del Giardino deldimore nobiliari, fatte erigere dalle grandi famiglie romane la Girandola, è costituito da un’esedra centrale racchiusa sulla scia della riscoperta dei luoghi classici tuscolani. In lateralmente da due campate rettilinee di testata e anteparticolare, Villa Mondragone (Fig. 2) spicca nell’insieme riormente da una terrazza sulla quale sbarcano le rampe anche per aver avuto uno stretto rapporto con le scienze, la gradonate di accesso. Il manufatto è realizzato in buona parte in pietra sperone del Tuscolo, il suo impianto risulta tecnologia, il sapere e la sua divulgazione. Nell’originario fu probabilmente firmata, il 24 febbraio centrato rispetto a una peschiera antistante, la cosiddetta 1582, la riforma del Calendario Gregoriano voluta da Papa Fontana della Girandola, ed è scandito da un articolato orGregorio XIII; lo stesso nucleo, nel 1611, fu preso a rife- dine di paraste bugnate trabeate. rimento da Galileo Galilei nell’osservazione sperimentale La ricchezza che caratterizza le decorazioni viene ricondote dimostrativo, da Roma, con il cannocchiale da poco in- ta alla pratica di ebanista nella quale Vasanzio era maestro. ventato; nella Villa venne dispensata un’elitaria formazione nel Nobile Collegio Mondragone (1865-1953) gestito dai padri Gesuiti e il 26 aprile del 1932 Guglielmo Marconi condusse importanti esperimenti sulle onde ultracorte. La Villa, da quando l’Università degli Studi di Roma Tor Vergata ne è divenuta proprietaria nel 1981, è sede di rappresentanza e centro congressi dell’Ateneo. La lunga e complessa vicenda edilizia della Villa ha origine nel 1573 quando il cardinale Altemps ne affida la realizzazione all’architetto Martino Longhi il Vecchio che imposta le fondamenta sulle rovine dell’antica villa romana dei fratelli e consoli Quintili. Tra l’inizio del XVII e la seconda metà del XIX secolo, il complesso subisce dapprima importanti interventi di riqualificazione e di ampliamento a firma dall’architetto fiammingo Jan Van Santen (già noto come Vasanzio), poi un lento processo di declino originato dal trasferimento della residenza pontificia Fig. 3 – Stampa di Giovan Battista Falda del 1675 raffigurante il Ninfeo.


Fig. 4 - Overview map in ambiente Faro Scene.

Fig. 5 - Fase di allineamento tra due nuvole di punti in ambiente Faro Scene.

All’interno di ciascuna campata dell’esedra è posta una nicchia prospettica, definendo uno scenografico apparato complessivo, pensato sicuramente per accentuare la composizione radiale dell’insieme e per offrire una sequenza di scorci suggestivi dal percorso intorno alla peschiera (Fig. 3). Al fine di realizzare un virtual tour realistico, dettagliato e geometricamente valido dell’intero Ninfeo, è stata pro-

Fig. 6 - Modello a nuvola di punti del Ninfeo ottenuto da laser scanning.

gettata una campagna di rilievo che contemplasse l’impiego, oltre che del laser scanner (per l’acquisizione morfologica complessiva del monumento), anche della fotografia digitale (per l’integrazione dei ‘vuoti di informazione’) e della stazione totale (come supporto alle operazioni di allineamento delle nuvole di punti). Il solo impiego del laser scanner avrebbe richiesto, infatti, un numero di stazioni molto elevato per assicurare l’acquisizione di tutte le superfici, viste la complessità architettonica della struttura e, soprattutto, quella morfologica degli ornamenti e ciò avrebbe generato una notevole ridondanza di dati, un appesantimento dei file e una gestione gravosa delle nuvole di punti nella fase di post-processamento. Per questi motivi la metodologia di acquisizione adottata ha fatto uso della fotogrammetria limitatamente alle zone rilevate i cui dati geometrici e colorimetrici risultavano lacunosi. Il laser scanner impiegato per questo caso studio è stato il Faro Focus3D X120, per mezzo del quale sono state effettuate 46 scansioni con stazioni poste in un range altimetrico compreso tra il piano del Giardino antistante il Ninfeo, quello intorno alla Fontana della Girandola e sulle rampe di raccordo tra di essi (Fig. 4). Il settaggio adottato ha previsto una risoluzione di 1/4 con qualità pari a 4X – equivalente a un punto battuto ogni 6,14 mm a distanza di 10 metri, a una velocità di acquisizione di circa 122.000 punti al secondo e a un numero di punti per ogni scansione pari a circa 44 milioni (poi decimati in fase di ‘pulizia’ delle singole nuvole) – e la contemporanea acquisizione di fotografie scattate mediante la fotocamera integrata. Per garantire un alto grado di affidabilità all’allineamento delle nuvole di punti – e per integrare, nelle successive fasi, le elaborazioni tridimensionali derivanti da fotogrammetria – è stato condotto anche il rilievo celerimetrico con stazione totale Sokkia SET530RK. Battendo 44 punti identificati da marker a maglia quadrata e ad elevato contrasto mediante una poligonale chiusa di tre stazioni, è stato possibile collegare tutti i modelli digitali allo stesso sistema di riferimento locale. La fase di post-processamento dei dati acquisiti, consistente nell’allineamento delle nuvole dei punti, è stata condotta in ambiente Faro Scene 5.2 (Fig. 5) tramite procedure di collimazione rese più agevoli grazie all’uso degli stessi

Fig. 7 - Modello tridimensionale di uno dei piedistalli del Ninfeo rilevato con laser scanner. Si notino i vuoti di informazioni.

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Fig. 8 - Nuvola di punti di uno dei piedistalli ottenuta da fotogrammetria in ambiente Agisoft Photoscan, con visualizzazione delle prese fotografiche.

Fig. 9 - Integrazione dei modelli digitali ottenuti da fotogrammetria con la nuvola di punti complessiva del Ninfeo in ambiente Gexcel JRC 3D Reconstructor.

target bidimensionali usati per il rilievo topografico e di ulteriori 5 target sferici disposti, di volta in volta, sui piani orizzontali. L’implementazione delle coordinate spaziali acquisite con la stazione totale all’interno delle singole scansioni laser ha consentito di elaborare il modello digitale in vera forma con un errore di allineamento medio pari a circa 2 millimetri, considerato accettabile nello specifico contesto architettonico. In questo modo si è ottenuto un modello completo del Ninfeo composto da oltre 200 milioni di punti dotati anche di informazioni radiometriche RGB (Fig. 6). Come si era previsto durante la fase di progettazione del rilievo, il modello ottenuto presentava diverse zone caratterizzate da vuoti di informazione, in particolare in corrispondenza degli elementi ornamentali (quali, ad esempio, i piedistalli delle perdute statue posti all’interno delle nicchie prospettiche) e delle superfici aggettanti (soprattutto il cornicione e il retrostante parapetto) in quanto collocate molto più in alto rispetto alla posizione del laser scanner (Fig. 7). Per completare il modello così ottenuto si è sfruttata la fotogrammetria con l’impiego di una fotocamera digitale

Fig. 10 - Parte del modello completo del Ninfeo non affetto da vuoti di informazioni.

Nikon D90 e del software Agisoft Photoscan. Attraverso l’acquisizione di oltre 200 prese fotografiche dell’estradosso del cornicione (scattate dalla copertura del manufatto) e di circa 70 per ogni piedistallo ornamentale nelle nicchie prospettiche (riprese dal piano di spiccato del Ninfeo) con risoluzione pari a 12 megapixel, sono stati elaborati singolarmente i diversi modelli a nuvola di punti (Fig. 8). La fase di ‘fusione’ di tutti gli elaborati tridimensionali prodotti è stata condotta in ambiente Gexcel JRC 3D Reconstructor, esportando tutti i file in formato ply. Le operazioni di allineamento delle nuvole di punti provenienti da fotogrammetria digitale – rappresentative dei dettagli architettonici – con il modello generale del Ninfeo ottenuto da laser scanning sono state effettuate attraverso l’attribuzione delle coordinate topografiche ai punti infografici corrispondenti (Fig. 9). Questi ultimi, scelti nell’intorno delle zone critiche oggetto del rilievo fotografico, hanno consentito una corretta registrazione di tutto il modello (che conta oltre 162 milioni di punti, dopo le operazioni di decimazione controllata e di ‘pulitura’), colmando così i vuoti di informazione dovuti all’acquisizione laser scanning e mantenendo un errore di collimazione dell’ordine dei 2 millimetri (Fig. 10).


Bibliografia Fig. 11 - Percorso virtuale progettato per il tour del Ninfeo, (sopra) Fig. 12 - Alcuni dei frame video del virtual tour, (sotto).

Per realizzare il tour virtuale dell’ambito architettonico rilevato, sono state condotte sulla nuvola di punti una serie di operazioni volte alla risoluzione di alcuni problemi di gestione e di visualizzazione, legati soprattutto alla rigenerazione del modello durante il movimento della videocamera virtuale, all’esigenza di rendere continua la percezione del ‘manufatto infografico’ e alla richiesta di prestazioni hardware molto elevate che avrebbero rallentato il processo di renderizzazione. A tale scopo la nuvola di punti è stata convertita in una superficie poligonale mesh da circa 44 milioni di triangoli. Sempre in ambiente Gexcel JRC 3D Reconstructor, è stato realizzato il percorso di fruizione virtuale (Fig. 11), progettando un itinerario in formato avi ad una frequenza di 25 fps, con risoluzione di 1280x800 e con quota della videocamera posta a 1,60 metri dai piani di calpestio (Fig. 12). CONCLUSIONI Il caso studio proposto mostra come le informazioni geometriche e colorimetriche provenienti da tecnologie diverse di acquisizione possano efficacemente integrarsi, se risultano preventivamente chiari gli obiettivi da perseguire, le criticità potenzialmente riscontrabili già durante la fase progettuale del rilievo e le problematiche connesse alla successiva elaborazione dei dati. È evidente come il laser scanning, che nell’ultimo decennio ha profondamente rivoluzionato il ‘modo’ di fare rilievo (non solo legato ai beni culturali ma anche al territorio, alle infrastrutture, al monitoraggio, ecc.), non sia sempre adattabile a tutti i contesti e a tutte le esigenze, o comunque il suo impiego possa non risultare il più esauriente in assoluto. Per questi motivi, come si è visto, è necessario effettuare anche attente analisi dei benefici che la tecnologia e la metodologia di intervento possono effettivamente apportare per la realizzazione/ produzione di modelli digitali di architetture, specie se complesse. La fotogrammetria digitale, pertanto, si può considerare come un valido strumento complementare ai rilievi laser scanning di grandi edifici monumentali – finalizzato sia per rilievi scientifici sia per redigere documentazione grafica volta alla valorizzazione, come i virtual tour appunto – che, se caratterizzati da dettagli e ornamenti architettonici, non si prestano sempre a un proficuo utilizzo della sola tecnologia del laser scanner.

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Abstract

The paper presents methodologies and specific technologies connected to research activities of LAREA (LAboratorio di Rilievo E Architettura/Laboratory of Survey and Architecture) of University of Roma Tor Vergata in cooperation with ITABC (Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali) of CNR. The goal of this case study is to contribute to the 3D digital documentation of Villa Mondragone in Monte Porzio Catone (Rome). In particular, the research is aimed to integrating laser scanning, digital photogrammetry and thopographic survey of Ninfeo, a monumental and scenographic artifact located at one end of the Giardino della Girandola, characterized by an articulated architecture and detailed decorations to produces a virtual tour of the manufact.

Parole Laser

RINGRAZIAMENTI Si ringraziano l’architetto Claudio Baldoni e l’ingegnere Emanuela De Feo per la collaborazione.

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Autore

Saverio D’Auria saverio.d.auria@uniroma2.it Fabrizio De Silla fabriziodesilla@gmail.com Rodolfo Maria Strollo strollo@ing.uniroma2.it LAREA - Università degli Studi di Roma Tor Vergata Roberto Gabrielli roberto.gabrielli@itabc. cnr.it ITABC -Istituto di Tecnologie Applicate ai Beni Culturali

chiave

scanning; fotogrammetria digitale; modelli digitali; integrazione tecniche di rilievo; virtual tour; edilizia monumentale storica; valorizzazione patrimonio

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Tecnologie per i Beni Culturali

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UNIVERSITÀ E RICERCA

L’Archeologia

Un Report

dal

a volo d’uccello

Secondo Convegno

di

Archeologia Aerea

di Valerio Carlucci

Presso l’Accademia Belgica di Roma si è svolto il 2° Convegno Internazionale di Archeologia Aerea “Dagli aerostati ai droni: immagini aeree in Archeologia”, promosso dall’Università del Salento in collaborazione con l’università di Gent e l’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale.

L’

incontro fra i tanti studiosi e appassionati di Archeologia Aerea, articolatosi nelle sale dell’Accademia Belgica, ha visto la partecipazione di molte personalità del settore provenienti da diverse località europee. L’Apertura dei lavori e gli indirizzi di saluto sono stati affidati a Wouter Bracke (Director Academia Belgica), Mario Lombardo (Direttore Dipartimento Beni Culturali - Università del Salento), Frank Vermeulen (Head of Department of Archaeology - Ghent University) ed Edoardo Crisci (Direttore Dipartimento Lettere e Filosofia - Università di Cassino). Nell’arco della conferenza sono stati affrontati diversi temi come la storia della fotografia aerea; le prime ricognizioni archeologiche su aeromobili; il contributo del telerilevamento aereo e satellitare per la formazione e lo sviluppo delle tecniche per la ricerca archeologica; il contributo dell’esercito allo sviluppo della fotografia aerea; le tecniche di telerilevamento; il ruolo degli APR in archeologia e molti altri ancora.

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Tecnologie per i Beni Culturali

Le tre giornate di archeologia aerea sono state suddivise in 4 sessioni principali: Prima Sessione - Storia degli studi, l’opera dei pionieri ed il materiale aerofotografico storico; Seconda Sessione - Contributi di metodologia ed applicazioni di fotointerpretazione archeologica e lavori di fotogrammetria finalizzata; Terza sessione - Progetti che prevedono l’impiego sistematico delle immagini aeree; Quarta Sessione - I droni in archeologia. Le sessioni poster sono state organizzate al pian terreno dell’Accademia Belgica vicino allo stand della Flytop. Al piano di sopra, nella saletta adiacente l’aula magna, hanno allestito i loro stand gli altri sponsor dell’evento fra cui RIEGL, Me.S.A. Srl, Menci Software, ArcTron 3D, Caprioli Solutions e 3D Target. Curioso è stato lo svolgimento bilingue della Conferenza dove gli speaker si sono succeduti in una catena di interventi sia in italiano che in inglese dando vita ad un clima internazionale tutto particolare. STORIA DEGLI STUDI, L’OPERA DEI PIONIERI ED IL MATERIALE AEROFOTOGRAFICO STORICO Famosissima è la prima fotografia aerea scattata in volo da una mongolfiera nel 1853 da Gaspar Felix Torunachon meglio conosciuto come Nadar. E’ l’inizio della fotografia aerea. A partire dai primi anni del secolo scorso questa tecnica viene applicata anche in archeologia, ma il vero boom avviene con lo scoppio della prima guerra mondiale quando la fotografia aerea diviene strumento bellico per la ricognizione militare. In questa prima sessione hanno trovato spazio alcuni contributi relativi alle pionieristiche sperimentazioni di fotografia aerea applicata all’archeologia dove l’apporto delle applicazioni militari è stato enorme. Jorge Garcia e Iván Fumadó hanno rammentato la storia del Conte di Porok a Cartagine negli anni 20’, l’archeologo americano dalla personalità alquanto eccentrica e visionaria che svolse le prime fotografie dall’alto della zona. Inoltre, si è parlato di “Ostia Antica prima e dopo l’E42”. Il lavoro di indagine archeologica dell’area, protrattosi negli anni fin dal 1911 sino ai giorni nostri, è sempre stato supportato dalla fotografia aerea (in particolare RAF 1943/44; SARA 1934). E la visione dall’alto ha fornito continuamente nuovi spunti di riflessione per l’interpretazione dell’enorme area archeologica. Insomma, una sessione di storia, storia e ancora storia delle applicazioni di fotografia aerea all’archeologia che si chiude con l’intervento di Giuseppe Ceraudo e di Veronica Ferrari dal titolo “ In volo sul tavoliere. L’eredità di Bradford: dalla “Total Archaeology” alle “Smart strategies”.

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CONTRIBUTI DI METODOLOGIA ED APPLICAZIONI DI FOTOINTERPRETAZIONE ARCHEOLOGICA E LAVORI DI FOTOGRAMMETRIA FINALIZZATA La seconda seduta è stata incentrata sul tema del Telerilevamento. Le informazioni ottenute dai dati telerilavati non sempre sono di facile lettura e, anzi, molto spesso, l’interpretazione delle immagini satellitari in ambito archeologico è complessa e richiede un occhio ben allenato nonché le necessarie conoscenze per la “lettura” di quest’ultime. Nel caso del SAR (Synthetique Aperture Radar) radar che acquisisce immagini ad una più elevata risoluzione rispetto ad un radar di tipo tradizionale, ci spiega l’autore del contributo “Potenzialità dei dati satellitari SAR Cosmo-SkyMed per l’archeologia: primi risultati a Hierapolis di Frigia (Turchia)” che “le informazioni ricavate dai dati satellitari ottici (con risoluzione di circa 60 cm) sono state qualitativamente e quantitativamente superiori a quelle ottenibili dai dati radar, specie nel caso in cui tale informazioni sono legate alla crescita differenziale della vegetazione come indicatore della presenza di strutture sepolte o semiaffioranti”. Uno dei grandi vantaggi di questo strumento è che offre la possibilità di acquisire dati sia di notte che di giorno nonché in presenza di nuvole. Una delle problematiche maggiori per quanto riguarda l’applicazione dei dati satellitari in ambito archeologico concerne la difficoltà di utilizzo delle immagini sia a causa di problemi tecnici (difficoltà di elaborazione delle immagini, prodotti non sempre rispondenti alle aspettative: copertura nuvolosa, stagione/ora non adatta, vegetazione coprente) che logistici ed economici. Telerilevamento? Si, ma non solo. Rita Cosentino (Soprintendenza Archeologia del Lazio e dell’Etruria Meridionale) e Emanuel Demetrescu (CNR-ITABC) ci hanno informato sullo stato attuale delle attività di documentazione, cominciate da Mengarelli tra il 1909 e 1936, circa la necropoli della Banditaccia sottolineando l’esigenza di tutela e valorizzazione di questo sito archeologico dall’eccezionale estensione territoriale. I lavori, tutt’ora in via di sviluppo, hanno portato alla creazione di modelli tridimensionali dell’area archeologica per la valorizzazione e la tutela del sito. Fuori dalle righe della sessione ma fra i temi più caldi del momento si inserisce il contributo “Preparing for disaster: the rapid recording of our threatened monuments”. Le Guerre –Palmyra il caso più eclatante- mettono a rischio il patrimonio culturale mondiale, ed è sempre più sentita la necessità di documentare ciò che è stato parzialmente distrutto e che a distanza di poco tempo potrebbe non esserci più. In questo contesto la necessità di acquisire informazioni velocemente è fondamentale.


L’autore del contributo ci informa che una delle problematiche più rilevanti di questo tema è la difficile accessibilità di quei siti archeologici collocati in aeree afflitte da conflitti bellici. Per superare questi problemi alcuni studiosi sono ricorsi all’uso di fotografie scattate da visitatori in tempi di pace, facilmente reperibili in internet. Questa pratica – seppur con evidenti limitazioni- permette la documentazione del bene culturale, col fine di restituirlo in ambiente digitale, di quei siti archeologici a rischio di estinzione. PROGETTI CHE PREVEDONO L’IMPIEGO SISTEMATICO DELLE IMMAGINI AEREE La seduta è stata caratterizzata da interventi sia nazionali che internazionali dall’approccio specificamente multidisciplinare e accademico col fine di informare sulla natura dei siti archeologici analizzati nel corso dei diversi progetti. L’Università di Padova è salita in cattedra con due relazioni “Horus Project: aerospace technologies for the archaeological research” miglior progetto innovativo proposto dagli studenti all’interno dell’università e “La campagna di telerilevamento dell’ambito del Progetto Via Annia: riflessioni e bilanci”. Scopo del progetto è stato l’individuazione di quei tratti della Via Annia modificatisi nel tempo a causa dell’ambiente circostante. Gli scavi archeologici, i rilievi geomorfologici e le immagini satellitari nonché le oltre 30.000 fotografie aeree scattate hanno contributo ad una migliore conoscenza del territorio restituendo a queste aeree la propria identità storico-culturale. I DRONI IN ARCHEOLOGIA La quarta sessione è stata aperta da Stefano Campana con una presentazione dal titolo “Expanding the Boundaries of Aerial Archaeology: from Balloons to Drones”, a cui sono seguite una serie di piccoli e grandi casi studio che hanno affrontato le problematiche relative all’utilizzo degli APR in Archeologia e di come queste siano differenti di caso in caso. Dalle note dei presenti si evince come le principali difficoltà, oggi più che mai, riguardino la necessità di svolgere i rilievi in tempi brevi -con un budget spesso assai limitato- e con un alta precisione/ affidabilità dei dati ottenuti. Dalle “Esperienze Veneziane” del Laboratorio di Fotogrammetria dell’Università di Venezia che ha indirizzato la propria attività di ricerca su applicazioni Low-cost e closerange in ambito archeologico sino al contributo presentato da Gianluca Casagrande “Dai due chili in giù. Droni minimali e ricognizione aerofotogrammetrica. Una verifica sperimentale per applicazioni archeologiche”. Una ricerca sperimentale, quindi, sulle applicazioni degli APR minimali di masse comprese fra 2Kg e 300 g che portano fotocamere low-cost e sulle performance aerofotogrammetriche che questi piccoli velivoli hanno rispetto agli APR con massa superiore.

La sessione mattutina si è conclusa con il caso dell’insediamento di al-Wu’ayra (Petra, Giordania), oggetto delle indagini della Missione Petra Medievale. APR, fotogrammetria e software di modellazione tridimensionale sono stati di grande supporto nella fase di documentazione di aeree geomorfologicamente complesse e inaccessibili. Nel pomeriggio uno spunto di riflessione sulle attività dei tombaroli è arrivato dal capitano Massimo Maresca comandante del nucleo “Tutela Patrimonio Culturale” che ha illustrato come questi signori procedono nelle loro illecite attività e quali siano le operazioni di prevenzione e repressione messe in atto dal comando dei Carabinieri. In particolare si è soffermato sul ruolo delle ricognizioni aeree nella lotta contro attività clandestine che distruggono il contesto archeologico e, con esso, la memoria collettiva.

Abstract

At the Belgica Academy of Rome was held the 2nd International Congress of Aerial Archaeology "From balloons to the drones: aerial images in Archaeology", promoted by the University of Salento in collaboration with the University of Ghent and the University of Cassino and Southern Lazio.

Parole

chiave

Archeologia aerea; APR; telerilevamento

Autore

Valerio Carlucci valerio.carlucci@gmail.com

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Tecnologie per i Beni Culturali

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AZIENDE E PRODOTTI NUOVI DATALOGGER WINECAP SD PER LA MISURA DI PARAMETRI AMBIENTALI

Capetti Elettronica propone una nuova linea di datalogger senza fili interrogabili tramite una comune porta USB. Una volta “scaricati” i dati su un PC gli stessi possono essere inviati al Centro Servizi Winecap (www.winecap.it) e resi disponibili e consultabili da qualsiasi browser internet. I datalogger proposti sono lo SD00T Datalogger di temperatura aria ambiente e SD04T (con display) e lo SD00TH5 datalogger di temperatura e umidità aria ambiente e SD04TH5 (con display). Principali caratteristiche: 4Scarico per back-up e visualizzazione dei dati via mini USB attraverso qualsiasi dispositivo con sistema operativo Windows 4Memorizzazione di 128.000 campionamenti (programmabili) 4Batteria che assicura un’autonomia tipica di 10 anni (un campionamento ogni 10 minuti) 4Precisione rispondente ai capitolati CONSIP ± 0,2 °C 4Invisibile, assomigliando infatti ad una semplice sonda di termoregolazione non è soggetto a furti (soprattutto nella versione senza display) 4NUOVO SOFTWARE WINECAPMANAGER che permette lo storage e la visualizzazione in tabelle e grafici; la possibilità con un solo click di sincronizzare i dati sul Centro Servizi www.winecap.it da cui si possono visualizzare e scaricare i dati da qualsiasi postazione Internet (back-up sicuro) tramite: Smartphone, Tablet, Notebook, Netbook, PC mobile e fisso; si possono ordinare i dati per siti (storage) diversi; si possono costruire grafici personalizzati con comparazioni (benchmark) di dati diversi su siti diversi. Fonte: Capetti Elettronica (www.capetti.it)

NUOVA ILLUMINAZIONE PER GLI AFFRESCHI DEL MUSEO CAVALCASELLE DI VERONA Il Museo degli Affreschi “Giovanni Battista Cavalcaselle” di Verona è stato riaperto il 15 novembre 2015, con un nuovo ed ampliato percorso espositivo realizzato grazie al recupero di diversi ambienti, per integrare la grande raccolta di opere di epoca medievale e rinascimentale già presenti nel sito sin dalla nascita del museo nel 1973. Intitolato al Cavalcaselle, da alcuni ritenuto il fondatore della moderna storia dell’arte in Italia, ha sede nell’area dell’ex convento di San Francesco al Corso, le cui origini risalgono al XIII secolo, che ospita anche la celebre Tomba di Giulietta, con annessi spazi adibiti a verde e all’esposizione di reperti lapidei. Linea Light Group ha contribuito progettando una nuova illuminazione degli imponenti sottarchi arricchiti da alcuni ritratti di imperatori romani, provenienti dal Palazzo Scaligero di Cansignorio, affrescati da Altichiero a partire dal 1364 e staccati nel 1967. Si è trattata di un’operazione delicata considerato l’oggetto da illuminare e il contesto in cui è inserito, e ci si è affi-

data alla competenza dell’azienda trevigiana nell’illuminazione dell’arte e dei beni culturali. Un intervento audace, visto il rapporto esistente tra luce e arte, dove la prima deve favorire la percezione cognitiva ed emozionale del visitatore, traducendosi in soluzioni prive di aggressività nei confronti dei materiali e senza alterarne i colori, e nel rispetto assoluto dello spazio ospitante. Nel caso dei sottarchi esposti al museo veronese occorreva rispettare alcuni precisi vincoli, legati all’installazione di downlight orientabili all’interno di un contenitore in alluminio con funzione anche strutturale, facente da sostegno agli archi stessi attraverso dei tiranti a soffitto. Ulteriore punto critico era costituito dallo spazio piuttosto ristretto per la dissipazione del corpo illuminante, pari ad appena 4 centimetri. La soluzione è caduta sul modello Anton della collezione i-LèD di Linea Light Group, sottoalimentato a 500 mA con ottica basculante. Il corpo dell’apparecchio, realizzato in alluminio, presenta una finitura di colore nero, ottenuta tramite verniciatura e si caratterizza per grado di protezione IP45. Una soluzione dove la tecnologia evoluta ben si sposa alla ricercatezza del design.

Fonte: Linea Light Group (http://linealight.com/)

IN FRANCIA PREMIATE APPLICAZIONI INNOVATIVE PER LA FRUIZIONE DEL PATRIMONIO CULTURALE La società francese Art Graphique & Patrimoine che si occupa di digitalizzazione e valorizzazione del patrimonio culturale, è stata premiata nell’ambito dei Settimi Incontri nazionali Culture &Innovation(s) organizzati lo scorso 15 gennaio 2016 da CLIC France (Club Innovation & Culture France). Durante l’evento sono stati conferiti i premi del concorso Patrimonio e Innovazione, che ogni anno in Francia è assegnato alla creazioni digitali e audiovisive particolarmente innovative nei musei, nelle mostre e nei luoghi della cultura scientifica. La società ha infatti recentemente ricevuto due premi per sue due applicazioni valutate all’interno di un totale di 36 progetti suddivisi in sei categorie: siti e contenuti web, applicazioni mobile, dispositivi in situ, dispositivi d’immersione, comunicazione digitale e coinvolgimento del pubblico, educazione e gioventù. Le applicazioni che hanno ricevuto il Premio sono “3D Poitiers Evolution”, sviluppata per la città di Poitiers con GMT Editions e la collaborazione dell’INRAP (INstitut de Recherches Archéologiques Préventives) che concorreva nella categoria delle applicazioni mobile, e “Dôme Interactif”, sviluppata per il Musée de l’Armée insieme ad Antenna International nella categoria dei dispositivi in situ. “Poitiers 3D Evolution” racconta Poitiers dall’antichità ai giorni nostri mediante un viaggio virtuale costituito da ricostruzioni tridimensionali inedite del suo patrimonio. L’applicazione permette di muoversi al centro di Poitiers così come apparivano nelle diverse epoche: alto e basso impero, medioevo, età moderna.

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Tecnologie per per ii Beni Beni Culturali Culturali Tecnologie

“Dôme Interactive” (immagine in alto) è un applicazione in quattro lingue (francese, inglese, spagnolo, cinese) che grazie alla tecnologia della realtà aumenta permette di vivere un’esperienza interattiva scoprendo la storia del Museo dell’Armée e del suo edificio, al tempo di Luigi XIV e Napoleone Bonaparte, con punti di vista inediti e di ritrovare facilmente la propria posizione. Art Graphique & Patrimoine era stata premiata anche lo scorso anno nella categoria applicazioni mobile per l’applicazione Avignon 3D e nel 2013 aveva ricevuto il World Summit Award (premio internazionale concesso dall’ONU) nella categoria “Best content & Creativity” per l’applicazione Jumiège. Ulteriori informazioni sul sito della società: www.artgp.fr Fonte: ArtGP, Museum Expert, Clic France

RIAPRE LA SCALA CONTARINI DEL BOVOLO DI VENEZIA CON ARTPLACE MUSEUM E LA TECNOLOGIA BEACON Artplace Museum è il primo portale mobile per smartphone e tablet che consente ad ogni museo, galleria d’arte e palazzo storico di valorizzare le proprie collezioni e la propria storia condividendola con il pubblico, grazie all’innovativa tecnologia iBeacon. La piattaforma è stata scelta da Fondazione Venezia Servizi alla Persona, nell’ambito del progetto di recupero di alcuni beni di valore artistico e culturale di proprietà dell’IRE di Venezia; il primo tassello è rappresentato dalla riapertura della Scala Contarini del Bovolo, svoltasi sabato 30 gennaio 2016. Si tratta di uno dei più prestigiosi esempi dell’architettura veneziana di transizione dallo stile gotico a quello rinascimentale, commissionata da Pietro Contarini, approssimativamente verso la fine del 1400, come elemento decorativo dell’adiacente Palazzo, residenza della famiglia. Una serie di logge sovrapposte collega i vari piani del Palazzo all’aerea della scala, che si snoda a chiocciola (in dialetto veneziano “bovolo”) all’interno di una torre cilindrica traforata da archeggiature ascendenti. La salita della Scala si conclude con un belvedere a cupola, dal quale si può ammirare uno splendido ed inconsueto panorama sulla città. I visitatori potranno quindi scaricare gratuitamente l’app Artplace Museum – disponibile sugli store Android ed Apple – per scoprire la storia e le caratteristiche architettoniche della Scala. Una volta entrati sarà sufficiente attivare il Bluetooth ed esplorare il tour virtuale per ricevere direttamente sul proprio smartphone contenuti e informazioni in base alla posizione occupata, una sorta di audio guida interattiva e sempre aggiornata a portata di mano.

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I contenuti dei beacon, infatti, potranno essere gestiti in tempo reale da Fondazione Venezia Servizi alla Persona grazie ad un semplice pannello di controllo. “La nostra mission”, racconta il team di Artplace Museum, “è quella di contribuire alla promozione del Patrimonio Museale e Culturale Italiano attraverso un’unica app, offrendo agli enti culturali la possibilità di entrare a fare parte di un innovativo network digitale e comunicazionale. Il link all’app gemella Artplace, anch’essa già disponibile gratuitamente sugli store, permetterà inoltre agli utenti di conoscere le principali attrazioni turistiche di Venezia, così da pianificare al meglio la propria permanenza in Laguna.” “Fondazione Venezia Servizi alla Persona ha scelto di avviare il nuovo servizio di gestione di beni artistici e culturali, supportata da Artplace Museum e dalla tecnologia iBeacon al posto del tradizionale servizio di audioguida.” dichiara il Direttore Luca Brussato. “La Fondazione ha deciso di investire in questo progetto nella convinzione che il futuro vedrà sempre una maggiore diffusione delle strumentazioni tecnologiche a supporto delle attività museali in quanto più funzionali, più interattive e molto più stimolanti. La Fondazione ha adottato, presso la Scala Contarini del Bovolo la tecnologia iBeacon di Artplace Museum per far sì che tutti possano vivere l’esperienza coinvolgente di essere parte di un sito di arte e di cultura, scegliendo autonomamente il grado di approfondimento desiderato per ogni singola opera d’arte”. Artplace Museum ed Artplace sono prodotti ideati e sviluppati da Mumble S.r.l., startup digitale con sede a Modena, fondata nel 2013 da tre ragazzi modenesi, Mattia Farina, Francesco Vellani e Giacomo Torricelli, nel cui team compaiono anche Vittorio Cavani e Cristiano Grisogoni. I due progetti sono stati selezionati per l’edizione 2015 del programma di accelerazione di TIM #Wcap, l’acceleratore d’impresa di TIM. A conferma delle sue potenzialità, recentemente Artplace Museum è anche entrata a fare parte di due programmi per la crescita di startup, Google Launchpad e FbStart, gestiti rispettivamente da Google e Facebook. Fonte: Artplace (www.artplace.io)

NUOVI SISTEMI DI POSIZIONAMENTO PER UAV La società 3D TARGET comunica un nuovo accordo di distribuzione con l’azienda inglese OXTS produttrice di sistemi IMU – INS di posizionamento. L’accordo prevede la distribuzione sul territorio italiano specificatamente, ma non solo, nei settori Surveying e OEM. Tale accordo permette a 3D TARGET di accrescere il proprio portafoglio di soluzioni nel settore della fornitura degli strumenti di posizionamento e misura con specifico riferimento al mercato dei droni e dell’integrazione di sistemi per il mobile mapping (aereo, navale e terrestre). Con un peso inferiore a 380 g, e leggermente più grande del mouse di un computer, xNAV è in grado di colmare finalmente la lacuna tra i sistemi inerziali leggeri ma non abbastanza precisi, e i sistemi Inerziali precisi ma non abbastanza leggeri. Negli UAV (veicoli aerei senza pilota), xNAV fornisce una precisione di circa 1 m ad un’altezza di 1000 m, senza però influire sulla tolleranza di peso del velivolo.


AZIENDE E PRODOTTI Alcune caratteristiche principali: 4 INS assistito da GPS ad elevate prestazioni 4 Piccolo e leggero < 380 g 4 Misurazione della posizione con una precisione di 90 cm utilizzando il DGPS 4 GPS con seconda antenna: stabile accuratezza nella misurazione dell’heading 4 Precisione di misurazione dell’heading: 0,15° 4 Precisione di misurazione del roll/pitch: 0,05° 4 Velocità di aggiornamento: 100 Hz 4 Registrazione dei dati: 24 ore 4 Ingresso/uscita di temporizzazione per sincronizzazione 4 Accoppiamento stretto 4 Affidabile in ambienti con scarsa copertura 4 Precisione di 1,5 m in 1 min o su 1 km senza GPS 4 OEM/pacchetti di integrazione disponibili 4 Senza autorizzazione di esportazione 4 Suite di post-elaborazione inclusa

tual object e immagini fotografiche e di archivio, la storia degli antichi ferri e delle discipline mediche a cui appartenevano. Altri approfondimenti raccontano la storia dell’Ospedale del Ceppo, degli ospedali di Pistoia e le biografie dei grandi medici che vi hanno operato. Un tavolo multimediale propone un gioco didattico, “Il busto anatomico”, dove l’utente può scoprire il livello delle sue conoscenze anatomiche provando a collocare gli organi al posto giusto. Conclude il percorso un piccolo teatro multimediale che mette in scena un “dialogo impossibile”, quello tra due chirurghi che hanno operato nell’antico ospedale pistoiese: Bastiano Marcacci, vissuto nel 1600, e Filippo Mancini, chirurgo del 1800, due illustri medici che si confrontano sulla medicina e sugli strumenti scientifici tipici delle loro diverse epoche. Il Museo della Sanità Pistoiese è un piccolo gioiello che si aggiunge all’offerta culturale della Capitale della Cultura italiana per il 2017. Fonte: Space (www.spacespa.it)

Per maggiori dettagli visitare la pagina: http://imu.3dtarget.it Fonte: 3D TARGET SRL

A PISTOIA, NEOELETTA CAPITALE DELLA CULTURA ITALIANA 2017, IL NUOVO MUSEO DELLA SANITÀ PISTOIESE Inaugurato lo scorso dicembre, il “Museo della Sanità pistoiese, ferri per curare”, è stato allestito all’interno dell’ex corsia di San Jacopo dell’antico Ospedale del Ceppo di Pistoia, un luogo storico per la storia della scuola di chirurgia in Italia. La città di Pistoia è stata nominata Capitale della cultura Italiana 2017 lunedì 25 gennaio. Il museo, curato nell’allestimento multimediale da Space S.p.A., raccoglie circa duecentosettanta ferri chirurgici databili tra Settecento e inizio Novecento, collocati in otto grandi teche a forma di letto con alle spalle pitture murali raffiguranti gli antichi capoletti, a ricordare l’antico uso della sala come corsia ospedaliera; strumenti di grande valore scientifico, che riguardano soprattutto le branche ostetrico-ginecologica, urologica, ortopedica, della chirurgia cranica e dell’apparato digerente con esemplari legati al pronto intervento. Arricchisce la collezione la macchina del parto, avanguardia pura nell’ostetricia ottocentesca, utilizzato durante le lezioni della scuola per simulare un travaglio. Lungo il percorso sono distribuiti pannelli didascalici e totem touch, che consentono di scoprire, attraverso testi, video, vir-

LE SOLUZIONI ITALDRON PER LA FOTOGRAMMETRIA ED ISPEZIONI RAVVICINATE DI STRUTTURE VERTICALI

Italdron, nota azienda specializzata nella fornitura di droni multiruolo per applicazioni professionali ha recentemente lanciato il nuovo SAPR High One 4HSE Inspector, soluzione ottimizzata per fotogrammetria ed ispezioni ravvicinate di strutture verticali. Si tratta di un sistema derivato dal best seller HighOne 4HSE che oltre a garantire i già noti standard di sicurezza (paracadute automatico e ridondanza dei sistemi elettronici) efficacia ed affidabilità, offrirà un doppio supporto di acquisizione girostabilizzato su 3 assi per movimento remoto indipendente con anteprima video e scatto remoto. Questi i punti di forza del prodotto: 4 Gimbal primaria fotogrammetrica da 40 megapixel full frame 4 Gimbal secondaria ottimizzata per ispezione fotogrammetri ca di sovrastrutture 4 Paraeliche di protezione per acquisizioni ravvicinate. Le tecnologie Italdron sono state presentate lo scorso 20 Gennaio durante la Conferenza “Droni e Telerilevamento - L’utilizzo degli APR per la gestione del territorio e il controllo di infrastrutture e beni culturali” del ciclo di conference Roma Drone Conference. Italdron è stata protagonista durante l’intervento accademico della conferenza, con un contributo che ha coinvolto il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale – Università di Perugia con il Prof. Ing. Piergiorgio Manciola e la Dott. Ing. Giulia Buffi, dal titolo: “Il monitoraggio strutturale e la gestione proattiva della Diga della Romagna“. Il caso studio ha riguardato la rilevazione fotogrammetrica con il drone della Diga di Ridracoli, caso di studio che è servito da test ufficiale per paragonare fotogrammetria tradizionale e aerofotogrammetria con i droni. Per informazioni e richieste: (info@italdron.com) Fonte: www.italdron.com

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Tecnologie per i Beni Culturali

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EVENTI

9 -11 MARZO 2016 Arcavacata di Rende IX Congresso Nazionale di Archeometria Web: www.associazioneaiar.com/wp/ixcongresso-nazionale/ 21 - 25 MARZO 2016 2nd International Conference on Innovation in Art Research and Technology (inArt 2016) Ghent, Belgio Web: www.inart2016.ugent.be/index.php 29 MARZO – 2 APRILE 2016 Oslo Computer Applications and Quantitative Methods (CAA) Annuual Conference Web: caaconference.org/ 6 – 9 APRILE 2016 Ferrara XXII Salone dell’Arte del Restauro e della Conservazione dei Beni Culturali e Ambientali Web: www.salonedelrestauro.com 15 – 21 MAGGIO 2016 Kalamata, Grecia 41st International Symposium on Archaeometry Web: isa2016.uop.gr/ 15 - 18 GIUGNO 2016 Otranto, Lecce 3rd International Conference on Augmented Reality, virtual Reality and Computer Graphics (SALENTO AVR 2016) Web: www.salentoavr.it

21 GIUGNO 2016 Manchester Museum Tech 2016: a digital Festival for Museums Web: www.museumsassociation.org/findan-event/museum-tech-2016 28 GIUGNO – 1 LUGLIO 2016 Bressanone 32° Convegno Scienza e Beni Culturali Web: www.scienzaebeniculturali.it/ convegno.html 3 - 9 LUGLIO 2016 Milano Conferenza Generale ICOM Web: network.icom.museum/icommilan-2016/ 12 – 19 LUGLIO 2016 Praga 23rd International Society for Photogrammetry and Remote Sensing (ISPRS) Congress Web: www.isprs2016-prague.com 5 – 7 SETTEMBRE 2016 Valencia ARQUEOLÓGICA 2.0 - 8th International Congress on Archaeology, Computer Graphics, Cultural Heritage and Innovation Web: http://arqueologica8.webs.upv.es/

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19 – 23 SETTEMBRE 2016 Cracovia LACONA XI - Lasers in Conservation of Artworks Web: lacona11.org 3 -6 OTTOBRE 2016 13th International Conference on Digital Preservation (iPRES 2016) Berna Web: ipr16.organizers-congress.org 4 - 6 OTTOBRE 2016 Roma Forum TECHNOLOGYforALL 2016 Web: www.technologyforall.it 5 – 7 OTTOBRE 2016 14° Workshop EUROGRAPHICS on Graphics and Cultural Heritage (GCH 2016) Genova Web: http://gch2016.ge.imati.cnr.it/ 10 -12 NOVEMBRE 2016 Firenze Salone dell’Arte e del Restauro di Firenze Web: www.salonerestaurofirenze.com 21 -23 NOVEMBRE 2016 Vienna 21th International Conference on Cultural Heritage and New Technologies (CHNT) Web: www.chnt.at

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