rivista trimestrale, Anno II - Numero 1
marzo 2011
ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali
BASAMENTI ANTISISMICI DAL LABORATORIO ENEA PROGETTO ARCHEOLOGICO ALBERESE: PROVE TECNICHE BENI CULTURALI E SOFTWARE LIBERO: CHIMERA O REALTÀ? IL RESTAURO DELLE COPERTURE LIGNEE DEL PALAZZO DA VARANO ITALIA NOSTRA ESALTA LE ECCELLENZE DELLA SCUOLA
EDITORIALE
THE
HUMAN SIDE OF MUSEUMS
Museumnext, un’organizzazione che da pochi anni ha promosso una conferenza europea sulle tecnologie per i musei e le gallerie, sta pubblicando tutte le risposte ad un sondaggio di opinione realizzato sulla necessità d'uso dei social network per i musei. In tal modo sono state acquisite molte informazioni su quello che gli utenti dell’attuale socializzazione della rete pensano. Ad esempio per Twitter c'è chi afferma che potrebbe essere utile per promuovere conferenze ed esposizioni, chi sostiene, invece, che sarebbe produttivo per connettere utenti in modo da aprire la porta del museo e partecipare alle sue attività, chi, ancora, vede il ‘cinguettio’ come mezzo per intraprendere un dialogo con il pubblico, al fine di entrare in contatto con le idee dell’utenza, per chiedere pareri a coloro che lo hanno visitato, o scoprire le intenzioni e le aspettative di coloro che stanno per visitarlo; avvicinarsi anche a tutti coloro che non riescono a visitarlo. L’idea di adoperare Twitter per scoprire il lato umano dei musei (the human side of museums) è forse l'utilizzo che colpisce maggiormente: una tecnologia eterea, come quella informatica, che mostra meglio il lato umano di una realtà oggettiva, i casi sono due, o i musei sono proprio disumani o abbiamo finalmente scoperto il lato umano della rete. Sempre in tema di social networking lo stesso Museumnext ha realizzato un survey sul perché qualcuno sceglie di cliccare su Facebook l’opzione ‘mi piace’ per i musei. La maggior parte degli intervistati ha risposto di aver cliccato sul ‘mi piace’, per avere costantemente informazioni aggiornate sui nuovi eventi o esposizioni del museo. Subito dopo, in graduatoria, la scelta di gradimento viene fatta per dare un supporto alla struttura museale. Ne vengono fuori due aspetti completamente diversi, il primo che tocca l'umanità di un luogo considerato come contenitore e nel quale non si percepisce la presenza reale di vita, il secondo che riguarda la conoscenza delle sue esposizioni, sicuramente più necessario per quei musei poco diffusi e avulsi dai circuiti pubblicitari e che, nonostante ciò, conservano tesori di elevato valore. Alcuni musei tentano esperimenti attraverso l’utilizzo di tecnologie avanzate fino anche all'uso di Realtà Aumentata al loro interno. Usando uno speciale browser a realtà aumentata di Layar installato su uno smartphone i visitatori del MoMA hanno avuto la possibilità di vedere la galleria attraverso la video camera costruita all'interno dello smartphone, utilizzando la localizzazione GPS e la connessione internet, al fine di mostrare le opere d’arte sovrimpresse allo spazio museale nell’immagine della video camera. La tecnologia che si rivolge agli spazi espositivi e ai contenitori di opere d'arte è un argomento che si collega subito a valle degli interventi di restauro allo scopo di garantire la conservazione e la fruizione futura dei beni. Archeomatica si propone di promuovere il dibattito anche su questo tema sollecitando in futuro contributi che riguarderanno esperimenti di uso di tali tecnologie che illustrino vantaggi e svantaggi e in particolar modo i casi di successo. Nel particolare tema della protezione sismica all’interno dei musei in questo numero vi portiamo la testimonianza del Laboratorio ENEA che sta realizzando la base antisismica per poggiare i Bronzi nella futura nuova sistemazione del museo di Reggio Calabria. Seguono poi: un uso di Scansione Laser da aereo che ci viene proposto sul sito archeologico dello Scoglietto nel Parco dell’Uccellina, una discussione sull’uso del software open source per la catalogazione dei beni culturali, un sistema GIS del Patrimonio Unesco di Firenze, un sistema di analisi da effettuare a seguito di interventi di restauro, un esempio di uso di Google per le analisi storiche architettoniche del costruito in un esempio a Villa Ludovisi a Roma, una testimonianza di didattica applicata ai nostri temi e in ultimo una intervista ad un riferimento della Fondazione Fitzcarraldo.
RENZO CARLUCCI DIRETTORE EDITORIALE direttore@archeomatica.it
IN QUESTO NUMERO DOCUMENTAZIONE 6 Basi antisismiche in marmo per i Bronzi di Riace DI
GERARDO DE CANIO
10 Innovazione tecnologica per la ricerca e la diffusione della conoscenza del patrimonio culturale del centro storico di Firenze DI TIZIANA BRASIOLI
I nuovi basamenti in marmo per i Bronzi di Riace sono stati sottoposti a verifica presso i laboratori di “Qualificazione di Materiali e Componenti” del Centro Ricerche ENEA “Casaccia”, dove sono disponibili grandi attrezzature per le prove sismiche sui modelli in scala 1:1.
RIVELAZIONI 14 Il Rilievo Laser 3D da piattaforma aerea in archeologia DI
M. COLOMBINI, A. EBOLESE, A. SEBASTIANI
IN RETE 24 Standardizzazione e condivisione. I veri vantaggi del software libero per i beni culturali DI
ArcheomaticA Tecnologie per i Beni Culturali Anno II, N° 1 - marzo 2011
Archeomatica, trimestrale pubblicata dal 2009, è la prima rivista italiana interamente dedicata alla divulgazione, promozione e interscambio di conoscenze sulle tecnologie per la tutela, la conservazione, la valorizzazione e la fruizione del patrimonio culturale italiano ed internazionale.Pubblica argomenti su tecnologie per il rilievo e la documentazione, per l'analisi e la diagnosi, per l'intervento di restauro o per la manutenzione e, in ultimo, per la fruizione legata all'indotto dei musei e dei parchi archeologici, senza tralasciare le modalità di fruizione avanzata del web con il suo social networking e le periferiche "smart". Collabora con tutti i riferimenti del settore sia italiani che stranieri, tra i quali professionisti, istituzioni, accademia, enti di ricerca e pubbliche amministrazioni.
DIRETTORE RENZO CARLUCCI DIRETTORE@ARCHEOMATICA.IT DIRETTORE RESPONSABILE MICHELE FASOLO MICHELE.FASOLO@ARCHEOMATICA.IT COMITATO SCIENTIFICO MAURIZIO FORTE BERNARD FRISCHER SANDRO MASSA MAURA MEDRI MARIO MICHELI STEFANO MONTI FRANCESCO PROSPERETTI FRANCESCA SALVEMINI
STEFANO COSTA
REDAZIONE FULVIO BERNARDINI REDAZIONE@ARCHEOMATICA.IT GIOVANNA CASTELLI GIOVANNA.CASTELLI@ARCHEOMATICA.IT ELENA LATINI ELENA.LATINI@ARCHEOMATICA.IT SANDRA LEONARDI SANDRA.LEONARDI@ARCHEOMATICA.IT AMALIA RUSSO AMALIA.RUSSO@ARCHEOMATICA.IT DOMENICO SANTARSIERO DOMENICO.SANTARSIERO@ARCHEOMATICA.IT MARKETING E DISTRIBUZIONE ALFONSO QUAGLIONE A.QUAGLIONE@ARCHEOMATICA.IT
RESTAURO 28 Indagini diagnostiche integrate ex post per il monitoraggio di interventi di restauro architettonico DI
RUBRICHE 20 AGORÀ Notizie dal mercato
VITTORIO CERADINI E ALESSIA BIANCO
46 PRODOTTI
ARTE E SCIENZA 34 Villa Ludovisi dall’aerofotogrammetria al satellitare DI FRANCESCA SALVEMINI
Soluzioni allo stato dell’arte
48 RECENSIONE La fotomodellazione architettonica. Rilievo, rappresentazione
FORMAZIONE
di edifici a partire da
36 A scuola di tutela DI
fotografie
TITTI LOMBARDI
50 EVENTI
INTERVISTA 42 Il ruolo delle fondazioni per la tecnologia. Intervista ad Alessandro Bollo della Fondazione Fitzcarraldo A CURA
DELLA
DIFFUSIONE E AMMINISTRAZIONE TATIANA IASILLO DIFFUSIONE@ARCHEOMATICA.IT VIALE CRISTOFORO COLOMBO, 436 00145 ROMA TEL. 06.62.27.96.12 FAX. 06.62.20.95.10 WWW.ARCHEOMATICA.IT EDITORE A&C2000 S.R.L. Archeomatica è una testata registrata al Tribunale di Roma con il numero 395/2009 del 19 novembre 2009 ISSN 2037-2485
REDAZIONE
PROGETTO GRAFICO E IMPAGINAZIONE DANIELE CARLUCCI DANIELE@ARCHEOMATICA.IT STAMPA FUTURA GRAFICA 70 VIA ANICIO PAOLINO, 21 00178 ROMA CONDIZIONI DI ABBONAMENTO La quota annuale di abbonamento alla rivista è di € 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell’abbonamento è di € 12,00. Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di € 15,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa. Per abbonarsi: www.archeomatica.it
HANNO COLLABORATO A QUESTO NUMERO: A. Bianco, T. Brasioli, V. Ceradini, M. Colombini, S. Costa, G. De Canio, A. Ebolese, F. Salvemini, A. Sebastiani, T. Lombardi. Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore.
DOCUMENTAZIONE
BASI
ANTISISMICHE IN MARMO PER I BRONZI DI RIACE di Gerardo De Canio
Nell'ambito di una convenzione stipulata con la Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria, l’ENEA ha progettato e realizzato innovative basi antisismiche in marmo per i Bronzi di Riace in procinto di essere collocati in una nuova sede espositiva del Museo Archeologico Nazionale della Magna Grecia a Reggio Calabria.
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e nuove basi antisismiche dell’ENEA sono risultate particolarmente efficaci, in quanto in grado di offrire un maggiore isolamento sismico rispetto alla situazione attuale, una maggior durabilità e una minima manutenzione. Le basi antisismiche in marmo per i Bronzi di Riace fanno parte della famiglia di isolatori sismici sviluppati da ENEA per la protezione di strumentazioni delicate. Sono dispositivi passivi e/o semi-passivi di protezione sismica non invasivi, che possono essere celati alla vista nel caso di protezione di opere d’arte. Nella configurazione semipassiva possono essere nascosti in condizioni normali ed azionati solo al momento opportuno da un segnale di allerta sismico in modo da anticipare l’evento. Sono particolarmente adatte per statue a prevalente sviluppo verticale con ridotta base di appoggio, quali i Bronzi di Riace o il David di Michelangelo, poiché rendono minime - o nulle - le vibrazioni alla base delle gambe, il punto più sollecitato di questo tipo di statue. I nuovi basamenti in marmo sono stati sottoposti a verifica su tavola vibrante presso i laboratori di “Qualificazione di Materiali e Componenti” del Centro Ricerche ENEA “Casaccia”, dove sono disponibili grandi attrezzature per le prove sismiche sui modelli in scala 1:1. Il progetto dei nuovi dispositivi antisismici è stato finalizzato al conseguimento dei seguenti obiettivi prestazionali, con il vincolo di compatibilità dei materiali e reversibilità dell’intervento: 1. massimo isolamento sismico nelle direzioni orizzontali e verticale, 2. semplicità di manutenzione, 3. durabilità.
Per il conseguimento di questi obiettivi l’approccio alla progettazione è consistito nell’affidare direttamente ai basamenti in marmo delle statue la funzione di isolamento sismico. E’ stata quindi studiata una nuova geometria dei basamenti cha affidasse alla soluzione architettonica anche la funzione strutturale di isolamento sismico, cioè una geometria che conferisse ai basamenti le seguenti caratteristiche: a) bassa rigidezza e bassa dissipazione, b) grandi spostamenti orizzontali, c) isolamento sismico nelle direzioni X,Y,Z con disaccoppiamento tra isolamento delle componenti orizzontali (X,Y) e smorzamento delle oscillazioni verticali (Z) del terremoto. Il risultato della progettazione sono i nuovi basamenti, composti ciascuno da due blocchi di marmo sovrapposti (fig.1) sulle cui superfici interne sono state scavate, specularmene ai due blocchi, quattro calotte la cui geometria è un ellissoide di rotazione dove sono collocate quattro sfere, anch’esse in marmo, che con il loro rotolamento conferiscono i requisiti di grandi spostamenti, bassa rigidezza e basso attrito richiesti per massimizzare l’isolamento sismico.
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7 In presenza di un terremoto sarà la parte sottostante della base a subire l’azione sismica, e si potrà muovere con il terreno senza trasmettere alla parte superiore le sollecitazioni, in quanto completamente assorbite dal movimento delle sfere all’interno delle cavità ricavate nel marmo. Il movimento delle sfere rende il sistema di protezione poco rigido e con un attrito molto ridotto, caratteristiche che minimizzano o rendono quasi nulle le sollecitazioni del terremoto. Il nuovo basamento antisismico in marmo è particolarmente adatto per le statue sviluppate in verticale che hanno una base di appoggio molto ridotta e che quindi sono particolarmente vulnerabili alle azioni sismiche orizzontali, le quali ne possono comprometterne l’equilibrio e causare il ribaltamento.
Figura 1 - Basamento in marmo per i Bronzi di Riace. Tra i due blocchi è stato inserito un elemento dissipativo a trefolo di fine corsa e nel blocco superiore è inserito un dispositivo di smorzamento delle accelerazioni verticali, in acciaio inox.
Figura 2 - Basamento con elemento dissipativo di fine corsa tra i due blocchi di marmo e dispositivo di smorzamento verticale inserito nel blocco superiore.
RISULTATI DELLE PROVE SISMICHE SU TAVOLA VIBRANTE Le nuove basi antisismiche sono state sottoposte a verifica sperimentale sulle tavole vibranti presso i laboratori di “Qualificazione di Materiali e Componenti” del Centro Ricerche ENEA della Casaccia. Le tavole vibranti sono impianti sperimentali complessi, di grandi dimensioni, in grado di riprodurre i terremoti reali nelle componenti orizzontali e verticale. Per le prove sismiche delle basi sono stati applicati terremoti anche superiori al livello massimo previsto per il sito del Museo a Reggio Calabria, ottenendo un coefficiente di riduzione delle azioni sismiche pari al 15-20. Nel corso della campagna sperimentale su tavola vibrante sono stati applicati tre terremoti artificiali spettro compatibili con lo spettro sismico di Stato Limite Ultimo (SLU), amplificati al piano espositivo del museo; sono stati inoltre applicati due terremoti Naturali con periodo di ritorno 2475 anni (Max hazard). Tutte le time history sismiche sono state amplificate al piano espositivo in condizioni di: Edificio integro, Edificio mediamente danneggiato, Edificio fortemente danneggiato (al limite del collasso).
Infine è stato applicato un sisma TRS (Test Response Spectrum) per la qualifica sismica di componenti di centrali nucleari di classe di sicurezza 1-E (cioè essenziali ai fini della sicurezza) secondo le specifiche IEEE-344. Le figure 4-a e 4-b rappresentano i risultati dei test con sismi naturali amplificati al piano espositivo con edificio integro.
Figura 3a - Basamento posizionato sulla tavola vibrante per le prove sismiche.
Figura 3b - Acquisizione dei dati di spostamento tramite sistema 3D_Vision.
Figura 4a - Sisma naturale N°1 amplificato al piano espositivo, accelerazione misurata sulla tavola vibrante (F1_Tx) e sul basamento ai piedi della statua (F1_Bx)
Figura 4b - Sisma naturale N°2 amplificato al piano espositivo, accelerazione misurata sulla tavola vibrante (F2_Tx) e sul basamento ai piedi della statua.
La figura 5 è relativa ai test con sismi naturali amplificati al piano espositivo con edificio danneggiato. E’ evidente l’efficacia del basamento antisismico ai fini della riduzione dell’azione sismica alla base della statua, in tutti i test sismici effettuati il picco di accelerazione alla base delle statue è stato inferiore a 0.08g.
Figura 8 – particolare dell’asta di sostegno modificata rispetto alla configurazione precedente.
Figura 5 - Sisma artificiale spettro compatibile con lo Stato Limite Ultimo (SLU) dell’edificio amplificato al piano espositivo.
Poiché con i nuovi basamenti le azioni sismiche trasmesse alle statue sono ridotte di un fattore pari a circa 1/20 , sarà possibile ridurre di 1/6 la forza applicata all’ascella Destra e di 1/3 la forza applicata all’ascella sinistra, inoltre non sarà necessario applicare le forze di ritenuta di 1800N ai cavi inguinali. Nelle figure 6, 7 ed 8 è riportata la nuova configurazione dei sistemi di collegamento delle statue alle rispettive basi in marmo. Figura 6 - Forze applicate per l’ancoraggio delle statue alle piastre del basamento, ascella destra: 300N, ascella sinistra: 600N. Cavi inguinali:150N. Totale forze esterne applicate: 1200N. Nella precedente versione il totale delle forze applicate misurate dalle due celle di carico è pari a 3600N.
SISTEMA INNOVATIVO 3D_VISION PER I DATI DI SPOSTAMENTO Primo esempio in Italia di laboratorio virtuale per la sperimentazione condivisa a distanza, con partecipazione diretta dei partner e scambio dei dati in tempo reale. L’acquisizione dei dati è realizzata mediante un sistema innovativo denominato 3D_Vision, che utilizza una costellazione di telecamere NIR (Near Infrared) ad alta risoluzione (Fig. 9) per rilevare il moto nello spazio di speciali marcatori la cui traiettoria definisce il moto completo dei punti selezionati (spostamenti, velocità e accelerazioni, Fig. 10, 11) direttamente assimilabili via Internet attraverso l’infrastruttura ENEA-GRID nei data base e nei modelli numerici disponibili presso il Centro computazionale di RicErca sui Sistemi Complessi (CRESCO) (Fig. 12) ed in linea con l’approccio agli spostamenti nella progettazione strutturale in ingegneria sismica.
Figura 9 - Costellazione di telecamere ad alta risoluzione del sistema 3D_Vision presso i laboratori di Qualificazione Materiali e Componenti del C.R. Casaccia.
Figura 7 - Particolare del nuovo sistema di ancoraggio della statua alla piastra di base.
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Figura 10 - Rilevamento del moto nello spazio di speciali marcatori la cui traiettoria definisce il moto completo dei punti selezionati.
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9 Nella nuova configurazione le celle di carico misureranno la forza applicata direttamente al punto di appoggio della stampella di ripartizione del carico alle ascelle, pertanto il momento di serraggio dell’asta di sostegno e del cavo ascellare sarà regolato in funzione dell’effettiva forza misurata alle ascelle. Ai cavi inguinali sarà demandata la sola funzione di ancoraggio dei bronzi al basamento e le celle di carico saranno applicate ad ambedue i cavi. La forza applicata sarà di 150N per ogni cavo, sufficiente alla loro messa in tensione senza indurre uno stato tensionale aggiuntivo alle gambe.
L'AGENZIA ENEA Figura 11 - Spostamenti della tavola vibrante e del basamento rilevati tramite il sistema 3D_Vision.
L’ENEA è l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile (ENEA). L'Agenzia ENEA è finalizzata alla ricerca e all'innovazione tecnologica nonché alla prestazione di servizi avanzati nei settori dell’energia, con particolare riguardo al settore nucleare, e dello sviluppo economico sostenibile. Le sue attività riguardano le seguenti tematiche: Efficienza energetica e risparmio energetico, Fonti rinnovabili,
Figura 12 - Schema concettuale del sistema di sperimentazione condiviso a distanza presso i laboratori ENEA di qualificazione di materiali e componenti.
CONSIDERAZIONI CONCLUSIVE Con i precedenti isolatori in gomma vulcanizzata il coefficiente di attenuazione delle azioni sismiche era dell’ordine di 2.5-3 e le forze di ritenuta applicate alla barra di sostegno ed ai tiranti erano 1800N sotto le ascelle + 1800N all’inguine. Tali forze erano necessarie per contrastare la forza dovuta all’attrito di scorrimento e/o il momento ribaltante. Nella nuova configurazione di isolamento sismico con basamento in marmo il coefficiente di riduzione dell’azione sismica è dell’ordine di 15-20, pertanto è possibile ridurre le forze di stabilizzazione delle statue rispetto allo scorrimento orizzontale ed al momento ribaltante, demandando alle forze di ritenuta la sola funzione di ancoraggio alla piastra di base e di compensazione del peso mancante dello scudo (braccio Sinistro) e della lancia (braccio Destro). Pertanto la nuova configurazione delle forze è la seguente: Nuovo valore della forza
Valore precedente
Ascella Destra
0.3 KN
1.8 KN
Ascella Sinistra
0.6 KN
1.8 KN
0.3 KN 1.8 KN Inguine Tabella 1: Confronto tra la nuova e la precedente configurazione di carico per l’ancoraggio delle statue al basamento.
In precedenza il valore delle forze applicate era misurato da celle di carico poste sotto la piastra di base. In realtà le celle di carico misuravano le forze derivanti dalla tensione dei cavi in quello specifico punto sotto la piastra, non la forza effettiva applicata alle ascelle ed all’inguine, la quale era sensibilmente più elevata.
tecnologie per l’energia Nucleare: fusione nucleare; tecnologie per la fissione nucleare Ambiente e clima: cambiamenti globali e sviluppo sostenibile Biotecnologie, agroindustria e protezione della salute Sicurezza e salute Nuovi materiali Ricerca di Sistema Elettrico.
Le competenze ad ampio spettro e le avanzate infrastrutture impiantistiche e strumentali degli undici Centri di Ricerca ENEA, distribuiti su tutto il territorio nazionale operano nell’ambito dei programmi dell’Agenzia e sono a disposizione del mondo scientifico e imprenditoriale del Paese.
ABSTRACT Earthquake-resistant marble bases ENEA has designed and implemented innovative earthquake-resistant marble bases for Bronze Statues, which will be placed in a new venue of the National Archaeological Museum of Magna Greece in Reggio Calabria.
PAROLE CHIAVE BRONZI DI RIACE, BASI ANTISISMICHE, 3D_VISION, ENEA
AUTORE GERARDO DE CANIO GERARDO.DECANIO@ENEA.IT UNITÀ TECNICA TECNOLOGIE DEI MATERIALI LABORATORIO QUALIFICAZIONE DI MATERIALI E COMPONENTI - ENEA
DOCUMENTAZIONE
INNOVAZIONE TECNOLOGICA PER LA RICERCA E LA DIFFUSIONE DELLA CONOSCENZA DEL PATRIMONIO CULTURALE DEL CENTRO STORICO DI FIRENZE di Tiziana Brasioli
Da tempo, il Centro Storico di Firenze è interessato da progetti che pongono in stretta relazione le metodologie e il rigore della ricerca scientifica con la necessità di catalogare e gestire l’eccezionale patrimonio culturale della città. Il GIS e la carta del rischio archeologico del Centro Storico di Firenze e il progetto DAVID, sono entrambe azioni previste dal Piano di Gestione del Sito UNESCO, e si caratterizzano per l’impiego di tecnologia innovativa e per l’efficacia nel raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Vista del GIS archeologico della città con il posizionamento dei ritrovamenti.
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urante la sesta sessione del ‘Comitato intergovernativo del Patrimonio Mondiale’ UNESCO1 tenutasi a Parigi nel 1982, il Sito ‘Centro Storico di Firenze’, delimitato dalla cerchia di viali realizzati sul tracciato delle antiche mura medioevali, è stato iscritto nella Lista del Patrimonio Mondiale dell’Umanità sulla base di cinque criteri2 definiti dall’ICOMOS3 (International Concil on Monument and Sites). Per approfondire e diffondere la conoscenza di un patrimonio così vasto e complesso e garantirne nel tempo la conservazione dei valori di universale eccezionalità, l’Ufficio Centro Storico - Patrimonio Mondiale UNESCO4 del Comune di Firenze, in collaborazione con le Università di Firenze e Siena e la Soprintendenza Archeologica della Toscana, ha sostenuto, coordinato ed attuato interessanti attività incentrate nell’impiego di strumenti tecnologici innovativi per la conoscenza, la gestione e la comunicazione del proprio patrimonio culturale. In particolare, nel campo della conoscenza, della catalogazione e della gestione sostenibile dell’inestimabile patrimo-
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nio archeologico ed architettonico di Firenze, sono in corso due interessanti attività in costante aggiornamento: il ‘GIS e la carta del rischio archeologico del Centro Storico di Firenze’ e il Progetto DAVID - Digital Archive and Virtual Documentation. Si tratta di progetti interdisciplinari che si caratterizzano, oltre che per l’impiego di nuove tecnologie, anche per il fatto di essere azioni previste nel Piano di Gestione del Sito UNESCO5, rappresentando due dei progetti individuati per il raggiungimento degli obiettivi del Piano di Azione per la ricerca e la conoscenza. Entrambi hanno per scopo, oltre al potenziamento della consapevolezza dell’importanza del Sito, anche l’ottimizzazione della gestione delle numerosissime informazioni, talvolta sparse e frammentarie, sul patrimonio culturale di Firenze, favorendone soprattutto la comunicazione e la diffusione ad una utenza diversificata che comprenda oltre la comunità scientifica e i responsabili a vario titolo della gestione del Sito, anche la scuola e tutti i cittadini.
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Tecnologie per i Beni Culturali Stralcio dei CRITERI di iscrizione nella Lista del Patrimonio UNESCO, definiti dall’ICOMOS Realizzazione artistica unica nel suo genere, un capolavoro d’opera, il risultato di una continua creazione protrattasi per oltre sei secoli (Criterio I) in grado di esercitare “una influenza predominante sullo sviluppo architettonico e delle arti monumentali prima in Italia e poi in Europa” (Criterio II), il Centro Storico di Firenze conserva ancora “antiche strade intatte, palazzi fortificati (...) logge, fontane, un meraviglioso ponte risalente al quattordicesimo secolo” (Criterio III), raggiunse un “potere economico e politico in Europa tra il quattordicesimo ed il diciassettesimo secolo” (Criterio IV) e fu coinvolto “in eventi di importanza internazionale. Nell’ambiente dell’Accademia neoplatonica si sviluppò il concetto di Rinascimento ” (Criterio V).
IL GIS E LA CARTA DEL RISCHIO ARCHEOLOGICO DEL CENTRO STORICO DI FIRENZE Il ‘GIS per la gestione e valorizzazione del patrimonio archeologico del Centro Storico di Firenze’ è il frutto di un lungo lavoro coordinato dal Dipartimento di Archeologia Medioevale dell’Università degli Studi di Siena6 al quale hanno collaborato anche la Soprintendenza Archeologica della Toscana, l’Università e il Comune di Firenze. Si tratta del censimento dei ritrovamenti archeologici effettuati entro l’ultimo cerchio di mura, a partire dalla seconda metà del XIX secolo sino ai giorni nostri, confluiti e sistematizzati nel GIS archeologico. Gli obiettivi principali del GIS, concepito come strumento utile per l’archiviazione critica della vasta mole di dati e informazioni raccolte, per la ricostruzione dell’evoluzione urbanistica e architettonica della città dalla sua fondazione in epoca romana sino al XIII secolo, come anche per offrire un supporto per la tutela, la gestione e la valorizzazione del ricchissimo patrimonio storico e archeologico, sono così riassunti nel Piano di Gestione del Sito7: • costruire un quadro unitario aggiornato ove gestire in maniera efficiente i dati archeologici, sia per quanto riguarda gli scavi che lo studio degli elevati; • mettere a disposizione degli enti pubblici un potente strumento di gestione territoriale dei beni culturali; • ordinare e rendere fruibili le informazioni, per una corretta valorizzazione e conservazione; • creare strumenti per la pubblicazione e la diffusione dei dati, sia a livello scientifico che divulgativo. Per raggiungere tali obiettivi, le informazioni sono state schedate in un database relazionale dove ogni unità archeologica è collegata ad un numero univoco di riferimento al
Vista della carta cronologico-tematica con valutazione del rischio archeologico in Epoca romana.
11 quale il GIS associa informazioni di diversa natura ed immagini, collegandole alla cartografia di base costituita sia dal Catasto attuale, sia dal ‘Catasto Leopoldino’ del 1831, dal cui confronto mediante un’analisi geoprocessing effettuata tramite una funzione di QuantumGIS, si è potuta ricostruire anche l’evoluzione urbanistica della città nel corso degli ultimi due secoli. Il GIS archeologico, che contiene circa 145.000 oggetti vettoriali provenienti dalla digitalizzazione di piante, sezioni e prospetti di numerosi scavi archeologici della città, riporta vari tipi di informazioni come ad esempio la perimetrazione delle aree di scavo, i rilievi di scavo archeologico georeferenziati con le informazioni associate, lo spessore del deposito archeologico con le relative quote e i sottoservizi urbani (fognature, acquedotto, elettricità, gas). Nel 2010, il GIS è stato ampliato ed integrato da un sistema di gestione completamente open-source, grazie al quale sono state effettuate analisi per la creazione delle carte del rischio e cioè mappe digitali che indicano il coefficiente di rischio archeologico nel Centro Storico di Firenze. Il progetto è coordinato e realizzato dall’Ufficio Centro Storico - Patrimonio Mondiale UNESCO, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica della Toscana, ed è stato finanziato con le risorse che annualmente la Legge 77/20068 del Ministero per i Beni e le Attività Culturali mette a disposizione per progetti presentati dai 45 siti UNESCO italiani. In sostanza, sono state create delle carte cronologico-tematiche dell’insediamento che definiscono l’area di “minima estensione” della città, cioè effettivamente documentata da prove archeologiche o documentali, suddivise in quattro periodi storici: epoca romana (I sec. – III sec. d.C.), epoca tardoantica (IV sec.-VII sec. d.C.), epoca altomedioevale (VII sec.-X sec. d.C.) ed epoca romanica (XI sec. – XIII sec. d.C.). Alle quattro carte cronologico-tematiche sono associate altrettante carte del rischio archeologico, ciascuna delle quali fornisce un’indicazione del rischio in tutta l’area del centro storico in un dato periodo, dove il massimo valore, rappresentato dal numero cinque (5) di colore rosso, è localizzato nell’area di “minima estensione”, mentre a decrescere sino al numero (1), riferito al rischio minimo, sono individuate le altre aree sempre interne al perimetro del centro storico. Dall’unione delle quattro carte di rischio cronologico è stata ricavata la mappa complessiva del rischio archeologico del centro storico, con un valore massimo pari a 20 ed uno minimo pari a 4, a sua volta sovrapposta al raster del catasto Leopoldino per la definizione di un’ulteriore immagine che somma i valori di rischio di entrambe le cartografie. Di fatto, tutta l’area del Centro storico di Firenze è sotto-
Sovrapposizione del Catasto Leopoldino con il Catasto attuale. In rosso le aree non coincidenti.
posta a vincolo archeologico, tuttavia le carte del rischio forniscono uno strumento di dettaglio che evidenzia l’effettivo o potenziale coefficiente di rischio differenziato per livello e periodo storico, collegato direttamente alle singole particelle catastali e alla viabilità. Nell’ambito del progetto, è stato realizzato, tramite Google Earth, anche il sito internet sperimentale: www.florenceonearth.comune.fi.it, pensato per la presentazione e la divulgazione dei dati contenuti nel GIS archeologico, mentre è in corso di realizzazione un webGIS per la visualizzazione on-line delle carte del rischio e del GIS con sistemi completamente open-source, basato sempre su Postgresql e Postgis, ma con interfaccia realizzata utilizzando Mapserver e pMapper, ospitato in un server del SIT del Comune di Firenze. PROGETTO DAVID (DIGITAL ARCHIVE AND VIRTUAL DOCUMENTATION) L’Ufficio Centro Storico - Patrimonio Mondiale UNESCO, sta coordinando e attuando il progetto DAVID9 (Digital Archive and Virtual Documentation), finalizzato all’archiviazione digitale e alla rappresentazione virtuale del Centro Storico di Firenze, attraverso varie attività. Gli obiettivi del progetto, anch’esso incluso tra le azioni per la ricerca e la conoscenza previste dal Piano di Gestione del Sito, sono individuati e riassunti nei seguenti punti: • favorire e sviluppare la cooperazione di piccole/medie Imprese del territorio fiorentino (PMI), particolarmente attive nel settore delle Tecnologie dell’Informazione per i Beni Culturali, al fine di sviluppare metodologie innovative e prodotti competitivi a livello nazionale e internazionale; • integrare interventi separati, effettuati nel tempo sul Centro Storico, dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, dal Comune, dalle Soprintendenze ai Beni Artistici ed ai Monumenti e da altri Enti Pubblici e Privati; • apportare contributi a programmi di formazione per Istituti e Facoltà, impegnate nel settore dell’impiego delle nuove Tecnologie dell’Informazione per i Beni Culturali con corsi brevi, seminari, stage e dimostrazioni teoricopratiche; • costituire e mettere a regime un laboratorio che permetta l’implementazione del Piano di Gestione del Centro Storico di Firenze Patrimonio Mondiale UNESCO. Il progetto ha come fine il monitoraggio costante del tessuto urbano, non solo riferito alle singole emergenze architettoniche e ai beni storico-artistici, ma ad intere zone o quartieri della città, individuandone eventuali situazioni di degrado in atto per poterne programmare adeguati interventi conservativi. A tale scopo è stato elaborato un sistema di catalogazione e archiviazione delle informazioni relative anche allo stato di conservazione dei singoli edifici, con l’indicazione degli interventi necessari, al quale si collega la sperimentazione di un sistema di valutazione numerica dello stato di conservazione (SDV)10, testato su Palazzo Rucellai e palazzo Gualfonda (sperimentazione SICaR), e l’elaborazione di un manuale operativo e metodologico per l’indicazione delle indagini, degli studi preliminari e dei rilievi necessari alla redazione del progetto di restauro. Per quanto riguarda la fase di archiviazione digitale e rappresentazione virtuale del Centro Storico di Firenze sono stati realizzati interessanti progetti per i quali immagini e schede, organizzate tramite la piattaforma XLphoto®-Unesco11, sono state acquisite tutte ad altissima risoluzione per la creazione di tre differenti strumenti di gestione e comunicazione.
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Home page del sito web: ‘Il Giambologna a Firenze’.
È stato messo a punto un archivio fotografico digitale del Centro Storico di Firenze che, attraverso un sistema di catalogazione e fruizione di numerose immagini digitali accessibili in Internet all’indirizzo http://unescofirenze.xlphoto. eu, pone particolare attenzione al paesaggio urbano e alla città storica nel suo complesso. Alle immagini digitali sono poi stati associati i dati elaborati dal Sistema di Valutazione del Degrado (SVD) e la banca dati presente negli archivi dell’Ufficio Centro Storico – Patrimonio Mondiale UNESCO, in modo da realizzare una piattaforma omogenea con immediata apertura verso internet, per l’immissione e la gestione di informazioni visuali del Centro Storico di Firenze. Una seconda attività ha portato alla realizzazione di una campagna di digitalizzazione ad alta risoluzione di tutte le opere dello scultore fiammingo Jean de Boulogne, detto il Giambologna, presenti numerose nel centro storico e in alcuni musei di Firenze. L’intera documentazione acquisita è stata impiegata per la realizzazione del sito web: ‘Il Giambologna’ a Firenze (http://giambologna.comune.fi.it), che propone una visita tematica del centro storico della città seguendo le opere dell’artista, attraverso un percorso che comprende, tra gli altri, il giardino di Boboli, il Museo del Bargello, la Loggetta del Vasari, Palazzo Vecchio e la Loggia della Signoria, visualizzabile in una mappa interattiva (scaricabile in formato pdf), accessibile direttamente dalla home page del sito. Ogni opera è corredata di una scheda descrittiva nella quale sono riassunte informazioni cronologiche, storiche, tecniche e stilistide dell’opera esaminata, una audio guida scaricabile con mp3, una o più immagini interattive che permettono agli utenti di ingrandire a piacere le immagini per visualizzarne i dettagli grazie
Particolare della scheda web dedicata al ‘Ratto delle Sabine’.
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Galleria degli Uffizi e Palazzo Vecchio in una incisione di Giuseppe Zocchi.
alla tecnologia di image zooming di XLimage® (Internet image server prodotto da Centrica S.r.l.). Nel caso della celebre scultura del Ratto delle Sabine collocata sotto l’arcata destra della Loggia della Signoria, è presente anche un’audio guida online sincronizzata con la navigazione interattiva dell’immagine ad alta risoluzione (virtual XLtour). Infine, un breve cenno sulla campagna, attualmente in corso, di digitalizzazione ad alta risoluzione delle ‘Vedute di Firenze’, che comprende circa trenta rappresentazioni storiche della città, realizzate a partire dalla metà del XVIII secolo dall’incisore Giuseppe Zocchi. L’archivio delle ‘Vedute di Firenze’ è al momento in fase di caricamento nell’Archivio fotografico digitale del Centro Storico di Firenze, per consentirne anche la fruizione remota. CONCLUSIONI Le attività brevemente illustrate in questo articolo, dimostrano con i fatti come l’innovazione tecnologica posta al servizio della ricerca scientifica possa fornire strumenti utili per l’approfondimento e la divulgazione della conoscenza del patrimonio monumentale ed artistico del Centro Storico di Firenze e più in generale dell’innumerevole patrimonio culturale del nostro Paese. In secondo luogo, il GIS archeologico ed il progetto D.A.V.I.D., evidenziano anche come l’attuazione di attività organicamente inserite tra le strategie del Piano di Gestione del Sito UNESCO, possa svolgere un ruolo effettivo nel rafforzamento dei valori identitari e soprattutto nella salvaguardia dell’autenticità e dell’integrità di quei valori universali grazie ai quali Firenze è riconosciuta Patrimonio Mondiale dell’Umanità.
1. L’art. 8 della Convenzione sulla protezione del patrimonio mondiale, culturale e naturale ha previsto l’istituzione presso l’UNESCO di un Comitato intergovernativo per la protezione del patrimonio culturale e naturale di valore universale eccezionale denominato: “Comitato del patrimonio mondiale”. Secondo quanto sancito dall’art. 11 della Convenzione, il Comitato “allestisce, aggiorna e diffonde, sotto il nome di “lista del patrimonio mondiale”, un elenco dei beni del patrimonio culturale e del patrimonio naturale … che considera di valore universale eccezionale in applicazione dei criteri da esso stabiliti”. 2. Il Comitato del patrimonio mondiale, ha definito i criteri in base ai quali un bene del patrimonio culturale e naturale può essere iscritto nella Lista. Per poter essere iscritti, i siti devono soddisfare almeno uno dei dieci criteri stabiliti in base alla Linee Guida operative dei quali i primi sei si riferiscono ai siti culturali e gli ultimi quattro ai siti naturali. 3. L’ICOMOS è un’organizzazione non governativa fondata nel 1965 dopo l’adozione della Carta di Venezia, con lo scopo di promuovere le teorie e le tecniche di conservazione. L’ICOMOS fornisce al Comitato del Patrimonio Mondiale le valutazioni per le candidature dei siti culturali proposti per l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale, così come gli studi comparativi, l’assistenza tecnica ed i rapporti sullo stato di conservazione di siti iscritti. 4. La necessità di tutelare e valorizzare l’immenso patrimonio racchiuso nel centro storico di Firenze, ha portato alla creazione, all’interno della Direzione Cultura del Comune di Firenze, di un’apposita struttura: l’Ufficio Centro Storico - Patrimonio Mondiale UNESCO, attualmente diretto dal Dott. Carlo Francini, referente per il sito UNESCO Centro Storico di Firenze ( www.comune.fi.it/unesco). 5. Nel 2000, il Centro del Patrimonio Mondiale UNESCO ha reso obbligatoria la stesura del Piano di Gestione ai siti candidati per l’iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale UNESCO, mentre ne ha richiesto la redazione a tutti i siti già iscritti. 6. Gli esiti dell’attività, avviata in ambito universitario sotto la direzione del Prof. Riccardo Francovich e proseguita nel corso di un Dottorato di ricerca, sono ben illustrati nel volume di recente pubblicazione: E. SCAMPOLI, Firenze archeologia di una città, Firenze 2010, al quale si rimanda per i necessari approfondimenti. Il volume è liberamente scaricabile nella libreria open access della casa editrice Firenze University Press all’indirizzo www.fupress.com/scheda.asp?idv=2085, cliccando su: ‘Accesso aperto all’opera’. 7. Piano di Gestione 2006-2008 – Il Centro Storico di Firenze. Patrimonio Mondiale UNESCO”, cap. I.2 “Piano di azione per la ricerca e la conoscenza” pag. 75. Il Piano di Gestione è consultabile nel sito internet: www. comune.fi.it/unesco/piano_gestione.html. 8. La Legge 77/06, pubblicata sulla G.U. n. 58 del 10 marzo 2006, recante “Misure speciali di tutela e fruizione dei siti italiani di interesse culturale, paesaggistico e ambientale, inseriti nella ‘lista del patrimonio mondiale’, posti sotto la tutela dell'UNESCO”, è di competenza della Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale – Servizio I – Valorizzazione del Patrimonio Culturale Programmazione e Bilancio del MiBAC. 9. I soggetti attuatori del Progetto DAVID sono: l’Ufficio Centro Storico Patrimonio Mondiale UNESCO, che ha compiti di direzione, promozione e diffusione dei risultati raggiunti, di analisi e progettazione degli strumenti software e dei database necessari per la realizzazione del progetto; la Società Centrica S.r.l., che ha il compito di analisi e progetto generale software e dei dati software multimediale di consultazione e dati di realtà virtuale; la Società General Engineering – Galileo Siscam Technology, che si occupa del programma di ricerca denominato “mappa delle emergenze” che consiste nell’elaborare e verificare l’applicabilità di un sistema di valutazione numerico del degrado di un fabbricato. 10. Per consultare una “dimostrazione” del progetto D.A.V.I.D. vedi: www. progettodavid.it/index.html. 11. XLphoto® (www.xlphoto.eu) è una soluzione integralmente web based per la gestione di immagini digitali e la gestione dei diritti associati alle immagini.
ABSTRACT
RINGRAZIAMENTI Si ringrazia l’Ufficio Centro Storico – Patrimonio Mondiale UNESCO nella persona del Direttore dottore Carlo Francini, per aver segnalato le attività e messo a disposizione la documentazione necessaria alla redazione del presente articolo. CONTATTI DOTT. CARLO FRANCINI: c.francini@comune.fi.it DOTT. EMILIANO SCAMPOLI: scampoli.e@gmail.com.
Technological Innovation for the research and the diffusion of Florence historical knowledge - The Historical Centre of Florence has been involved for some time in projects that link methods and rigour of scientific research together with the need to catalogue and manage the extraordinary cultural heritage of the city. UNESCO World Heritage Site Management Plan is carrying out the following projects: "GIS and the map of archaeological risk of the Historical Centre of Florence" and "D.A.V.I.D. project" (Digital Archive and Virtual Documentation). Both of them use innovative technology and succeed in achieving the fixed objects.
PAROLE
CHIAVE
Patrimonio UNESCO, GIS, centro storico Firenze.
AUTORE
TIZIANA BRASIOLI - T.BRASIOLI@TISCALI.IT CONSULENTE UFFICIO PATRIMONIO MONDIALE UNESCO
DEL
MIBAC
RIVELAZIONI
IL
RILIEVO LASER 3D DA PIATTAFORMA AEREA IN ARCHEOLOGIA
ANALISI
LIDAR FW SUL DEI TEMPLI DELLO SCOGLIETTO
PREPARATORIA
PROMONTORIO
di Matteo Colombini, Amedeo Ebolese, Alessandro Sebastiani
Figura 1 - Vista aerea del Promontorio dello Scoglietto all’interno del Parco Regionale della Maremma (GR).
Partendo da un'analisi prettamente archeologica del sito dei templi dello Scoglietto, nella quale si delinea il contesto sul quale si è deciso di operare con metodo LiDAR-FW, si illustrerà questa tecnologia fornendo le linee della strategia di elaborazione della point-cloud di punti laser che sarà utilizzata nella fase di estrazione ed elaborazione del DTM del sito.
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L’
area dei templi dello Scoglietto è situata su di un basso rilievo collinare (20 m sul livello del mare) posto sulla propaggine settentrionale dei Monti dell’Uccellina, all’interno del Parco Regionale della Maremma. Il sito fu individuato casualmente nel corso del 2003, quando due guardie del Parco rinvennero in maniera fortuita un’epigrafe recante l’attestazione del culto di Diana Umbronensis da parte di uno schiavo di nome Dyonisius della famiglia ostiense degli Haterii (Ciacci 2009; Cygielman 2004; Cygielman 2007; Chirico, Colombini, Cygielman, Sebastiani 2009). Dal 2009 sono in corso campagne di scavo archeologico estensive al fine di poter riportare alla luce l’antica area religiosa: le indagini si pongono come obiettivo di comprendere il periodo della romanizzazione dell’Etruria meridionale e il suo impatto nel paesaggio in termini politici, sociali ed economici dal III secolo a.C. sino alle soglie del Medioevo (VI secolo d.C.) (Chirico, Colombini, Cygielman, Sebastiani 2010). A seguito di due anni di ricerca è già possibile tracciare un quadro interessante delle vicende insediative del sito grazie anche alla scoperta di oltre 650 m2 di strutture murarie pertinenti all’antico santuario. ARCHEOLOGIA E REMOTE SENSING: MOTIVAZIONI, PROSPETTIVE Dall'analisi storica la presenza antropica risulta quasi continuativa per svariate centinaia di anni. Resta, però, una certa incompletezza in questo quadro, imputabile alla dislocazione spaziale dei due siti su una superficie molto vasta, una parte della quale soggetta alle esondazioni del fiume Ombrone, per cui progettare una survey con le sole tecniche usuali dello scavo archeologico richiederebbe risorse (economiche, umane) non indifferenti, superiori alle potenzialità dei singoli gruppi di ricerca. Ancora, il Progetto Alberese è volto allo studio dei processi economici durante il periodo di romanizzazione dell’Etruria meridionale, ma solo pochi spiragli risultano aperti sul Tirreno e le interazioni terra/mare, il continente liquido (Braudel 2005) tanto amato dal viaggiatore romano del IV d.C. Namaziano (Celuzza 2011) e tanto importante dagli albori della civiltà ad oggi (Janni 1996). Questi nodi dell’indagine sul paesaggio storico sono utilmente sciolti ricorrendo al Remote Sensing (RS), che non solo consente ricostruzioni ad altissima risoluzione da cui estrarre importanti informazioni su diverse scale, da quella dello scavo fino alla regionale e creando quelle correlazioni territoriali che possono ridurre l’errore descritto, ma,
15 Dal periodo della romanizzazione al primo impero (III sec. a.C. – I sec. a.C.) Le tracce più antiche del santuario risalgono nel corso del II secolo – I secolo a.C., quando l’area dovette essere interessata da un primo impianto religioso: ne sono testimoni alcuni frammenti di ceramica in vernice nera e a pareti sottili recanti iscrizioni con lettere etrusche. Al momento in cui scriviamo mancano però strutture edili di riferimento e l’unica attestazione è data dai reperti mobili. Il periodo primo imperiale (I sec. a.C. – II sec. d.C.) Durante il regno di Augusto si registra una prima costruzione cultuale nella forma di un thesaurus localizzato in prossimità del pendio occidentale. La struttura si presenta a pianta rettangolare con esedra trapezoidale sul perimetrale N, l’orientamento è precisamente N-S e l’edificio conserva le tracce di almeno tre grandi fasi edilizie riassumibili in: 1) la costruzione dell’edificio; 2) restringimento della parete occidentale con la creazione di un nuovo perimetrale addossato al precedente; 3) costruzione di due panchine a ‘L’ contro i perimetrali est ed ovest. A questo edificio bisogna aggiungere una seconda struttura, conservatasi solo a livello di fondazione di un perimetrale, ed individuata a meridione, distante circa 30m dal thesaurus. Si tratta di una muratura in blocchi di calcare appena sbozzati e legati da calce forte, con identico orientamento N-S e intercettata dalla costruzione del tempio di età severiana (vedi infra). Proprio quest’ultimo sembrerebbe essere costruito al di sopra di un livello di crollo, forse pertinente ad una struttura databile in questo periodo: lo strato di macerie è stato intercettato a circa 1.70 m di profondità rispetto al piano di calpestio di III secolo d.C. e conservava frammenti di intonaco dipinto di rosso ma nessun reperto ceramico datante. Oltre al thesaurus e alle evidenze prima citate, nel corso del primo periodo imperiale si assiste alla realizzazione di un complesso santuariale, di supporto alle attività religiose svoltesi sul promontorio. Anche questa struttura sembra essere interessata da almeno tre fasi edilizie: se l’interpretazione delle fasi costruttive corrispondesse ad una crescita di interesse rivolta verso l’area dei templi dello Scoglietto, allora il santuario, composto per ora di circa sette vani, sarebbe il risultato di questa politica evergetica e di favoritismo di un luogo di culto collocato lungo il confine ideale tra il territorio dell’ager Rusellanus con quello Hebanus e Cosanus. Il santuario si configura come un’ampia zona edificata a pianta rettangolare con una piccola aula absidata sul versante settentrionale e pavimentata in mosaico in bicromia nera e bianca. Almeno cinque ambienti sono da considerarsi elitari e di supporto alle attività cultuali, mentre due vani, seminterrati e pavimentati con un semplice battuto in terra potrebbero rappresentare zona di stoccaggio di derrate alimentari e/o vani funzionali secondari.
Dall’età severiana al IV secolo d.C. Il santuario di Diana, con il suo thesaurus e forse altre strutture ancora non identificate in pianta sembra conoscere una fase di declino tra la metà e la fine del II secolo d.C.; questo potrebbe coincidere con l’estesa crisi della provincia italica, principalmente riassumibile in una contrazione della produzione viti-vinicola e un sorpasso delle provincie periferiche della Spagna e dell’Africa maghrebina come centri di produzione e esportazione di vino e olio. Scoglietto, dopo una fase di abbandono conobbe un nuovo periodo edilizio, con la costruzione di un grande tempio in antis recinto da temenos (Chirico, Colombini, Cygielman, Sebastiani 2010). L’edificio di culto presenta una pianta rettangolare con abside semicircolare posta nel perimetrale terminale meridionale e una piazza in opus spicatum sul fronte settentrionale. La struttura rimase in uso sino almeno alla metà del IV secolo d.C., quando, parzialmente abbandonata e crollata, ospitò la sepoltura di un uomo con una moneta di Costantino II o Costanzo II ai suoi piedi, databile nel corso del 348 d.C.; il continuo afflusso di monete sino agli anni ’80 del IV secolo fa presupporre come il luogo rimase impresso nella memoria della popolazione locale e di transito lungo le rotte di cabotaggio del Tirreno tardo-romano. Proprio in questi anni, però, si registra una distruzione sistematica del tempio, con crolli volontari di importanti blocchi di murature rinvenuti in più parti dello scavo. Non risulta azzardato ipotizzare che questo evento si relazioni all’emanazione dell’Editto di Thessalonica del 380 d.C. con il quale si sanciva la conversione dei luoghi di culto pagani a chiese paleocristiane o la loro demolizione. Il periodo tardoantico All’inizio del V secolo d.C. si assiste ad una conversione d’uso del sito dello Scoglietto (Chirico, Sebastiani 2010a; Chirico, Sebastiani 2010b). Sulle rovine del tempio oramai distrutto si installò, infatti, una capanna circolare del tipo grubenhausern, di circa 5m di diametro. La nuova struttura sfruttava il taglio semicircolare dell’abside del tempio severiano, mentre un profondo taglio diagonale fu effettuato sulla massicciata della pavimentazione al fine di completare la pianta della capanna e costruire una strada di accesso. Quest’ultima era costituita da pietrame di medie e piccole dimensioni, risultante dei crolli e della massicciata disfatta, legato da semplice argilla. La strada conduceva direttamente alla capanna, costruita in pisé grazie ad una intelaiatura di assi verticali. I reperti ceramici rinvenuti al suo interno confermano una datazione tra il V e la prima metà del VI secolo d.C.; l’edificio fu soggetto ad un violento incendio che ha lasciato pesanti tracce nei contesti di crollo e di disfacimento degli elevati in argilla. Con la metà del VI secolo si esaurisce l’occupazione del promontorio dello Scoglietto, eccezion fatta se si ricordano tre frammenti di Sparse Glazed Ware rinvenuti negli strati di humus e di almeno una moneta databile nel corso dell’età rinascimentale.
non richiedendo alcuna attività di scavo, aggira molte delle problematiche connesse agli aspetti logistici ed al timing della ricerca geoarcheologica, con le ripercussioni anche economiche facilmente immaginabili. Attueremo, quindi, una campagna di prospezione con tecnica elettromagnetica non invasiva, e fin da subito esplicitamente orientata e alla ricerca pura e alla conservazione dei beni archeologici. Prima di entrare nel merito del progetto di ricerca, è bene far notare che poiché un modello digitale delle altezze può risultare dall’incrocio di dati ottenuti con strumenti e tecniche diverse, saremo anche interessati allo studio delle correlazioni tra dataset afferenti a metodologie di misura eterogenee: quindi, se il contributo principale di questo lavoro sarà l’impiego di un’innovativa tecnologia LiDAR su piattaforma aerea come metodologia per l’individuazione di anomalie di interesse archeologico, impiegheremo anche le consolidate metodologie di analisi di immagini satellitari multi-banda (Lasaponara 2008) per la ricostruzione del contesto geomorfologico del territorio e delle dinamiche (paleo-)ambientali della valle del fiume Ombrone, il cui stato di attività è testimoniato dalle periodiche esondazioni e dalla progradazione della pianura costiera. RECONNAISSANCE ARCHEOLOGICA NEL REMOTE SENSING: I SISTEMI LIDAR-FW Storicamente, l’osservazione della presenza di ombre e variazioni tonali nel suolo alle scale tipiche del paesaggio storico è stata motivo dell’introduzione della fotografia aerea ai fini della reconnaissance archeologica, nelle sue varianti verticale e obliqua, e allo stesso tempo limite delle stesse tecniche. Infatti, per ottenere un buon prodotto, la fotografia aerea deve essere acquisita in presenza di particolari condizioni: dopo periodi di pioggia, quando le differenze tra gli orizzonti diventano più evidenti; oppure, quando il sole è basso sull’orizzonte e le ombre marcate (Devereux 2005). Di conseguenza, ci si aspetta, a ragione, che la nostra conoscenza del paesaggio storico sia migliorata quando il sito investigato giace in corrispondenza di aree coltivate piuttosto che in aree boschive o foreste. Il LiDAR o Airborne Laser Scanning (ALS) trova applicazione in archeologia in quanto il lavoro di investigazione di un sito archeologico o del paesaggio coinvolge la descrizione della sua topografia. I dati ricavati da ALS hanno la potenzialità di estendere l’analisi ben oltre l’orizzonte della fotogrammetria aerea. In particolare, in situazioni ostili come siti in aree boschive o estreme come per le situazioni marine/ lacustri. L’ALS è una tecnica di Remote Sensing attivo, che fornisce misure dirette delle distanza (o range) tra il laser scanner e la topografia terrestre. Il sistema laser emette un impulso elettromagnetico iniziale
Figura 2 - Esempio di forma d’onda LFW misurata con strumento RIEGL LMS-Q560. Le frecce indicano gli impulsi di ritorno riconosciuti nel segnale. (Fonte: Chauve 2007).
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PROGETTO ARCHEOLOGICO ALBERESE Il Progetto Archeologico Alberese nasce nel 2009 da un accordo di ricerca tra la Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana, l’Ente Parco Regionale della Maremma e l’Azienda Regionale Agricola di Alberese, in collaborazione con la Proloco Alborensis. Le ricerche promosse nell’area di Alberese, una piccola frazione del comune di Grosseto, cercano di rispondere ad alcuni interrogativi storiografici riguardanti la romanizzazione dell’Etruria meridionale. In particolare, attraverso lo scavo del porto di cabotaggio di Roselle collegato alla mansio ad Umbronem e dell’Area templare dello Scoglietto si indagheranno i contesti e i modelli economici che si alternarono nel periodo imperiale sino all’epoca tardoantica. I siti scelti permettono, inoltre, di poter collegare tra di loro i dati provenienti dagli scavi con quelli conosciuti per insediamenti urbani come Roselle e Vetulonia, fornendo quindi un quadro esaustivo delle dinamiche insediative nel territorio alla foce del fiume Ombrone. Il Progetto Archeologico Alberese si avvale, inoltre, dello studio specialistico di archeologi professionisti provenienti da tutta l’Europa, permettendo una visione mediterranea dei contesti di scavo ed un collegamento diretto ai più moderni dibattiti storiografici sulla formazione dei paesaggi romani e post-romani. (Fonte: www.progettoalberese.it)
che, fisicamente, prima di tornare al sensore (fotodiodo) incontra molti bersagli di dimensioni lineari, posizione rispetto al sensore e natura differenti. Ogni bersaglio dà luogo ad una riflessione che viene registrata come un impulso (Fig. 2) dal LiDAR-FullWaveform (LFW): il risultato finale è una ricostruzione del sito con un’enorme perdita di informazione che, però, possiamo tentare di minimizzare attraverso un accorto processing dei dati ed opportune tecniche statistiche. Nei sistemi laser scanning la realtà è mappata in una nuvola di punti. I punti sono, a loro volta, terne di coordinate spaziali, dalle quali, infine, vengono estratte le informazioni richieste dal modello. I sistemi ALS acquisiscono in generale diverse strip del sito da investigare che, grazie ad un’accorta progettazione del volo, possono essere sovrapposte. Il risultato finale è una nube di punti estremamente densa, che in alcuni casi può
Figura 3 - Rappresentazione schematica del funzionamento del LiDAR-ALS. L’impulso laser (in nero) incontra molti bersagli lungo il suo cammino, responsabili della forma d’onda del segnale di ritorno (in rosso). Il ritardo temporale di un picco nella forma d’onda equivale al range del bersaglio, mentre larghezza e intensità del picco sono connessi con le proprietà fisiche del bersaglio (forma, materiale,ecc.).
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Figura 4 – Esempio del contributo apportato dal LiDAR alla ricerca archeologica in area boschiva. Nel DSM da first pulse (sinistra, vedi testo), l’identificazione dei punti che non appartengono alla superficie topografica è poco efficiente (si nota la presenza di parte della volta del bosco e della bassa vegetazione in primo piano). Il DSM migliora notevolmente (centro) utilizzando i dati last pulse anche non filtrati: permangono punti spuri (ad esempio: rimbalzi sui fusti degli alberi) che, infine, l’analisi supervisionata da LFW (destra) riesce ad eliminare (si notano strutture maggiormente contrastate, e l’assenza di contributo dalla regione boschiva. (Fonte: Doneus 2006).
raggiungere e superare i 100pts/m2 (Mallet 2009). L’accuratezza delle misure altimetriche e planimetriche da ALS è molto alta (rispettivamente: <0.1m, <0.4cm). Dal 2004 è disponibile una nuova generazione di sistemi chiamati LiDAR full-waveform (Wagner 2006). Mentre i sistemi convenzionali riescono a registrare, in tempo reale, fino a quattro distinte eco da bersagli multipli, a parità di condizioni i sistemi LFW registrano invece l’intera forma d’onda del segnale di ritorno per singolo impulso emesso. Così, gli ALS-FW restituiscono nuvole di punti con una densità di 8pts/m2, che si riducono a 3-5pts/m2 al termine della fase di processamento del dataset. L’ANALISI La degradazione della densità è imputabile a diversi fattori, soprattutto l’errore di calibrazione e di georeferenziazione del sito (Doneus, Mallet 2009), nonché le decisioni ed i metodi che costituiscono la fase di processamento della forma d’onda e della nuvola di punti. Il segnale di ritorno o forma d’onda, per ciascun impulso laser, è in generale una serie temporale di impulsi (Fig. 2). I lidar convenzionali registrano solo la prima e l’ultima eco dell’impulso laser, rispettivamente associate al bersaglio più vicino all’ALS ed a quello più lontano (tecnica first/last pulse), senza nessuna informazione sugli stati intermedi. I sistemi multi-eco migliorano la situazione globale, ma sono i sistemi LFW ad essere davvero promettenti (Fig. 4): registrando anche la larghezza e l’intensità per tutti gli impulsi di ritorno, i FLW si prestano all’analisi di ulteriori proprietà fisiche degli oggetti inclusi nel cono di diffrazione, che possono così essere distinti più efficacemente durante l’analisi della forma d’onda (Chauve 2007). In generale, i metodi di analisi si differenziano per il modello di forma d’onda (Fig. 2). Nei sistemi FLW, è modellata come una sovrapposizione di curve gaussiane e l’analisi o processing procede cercando le correlazioni con un segnale di riferimento, che rappresenta l’impulso laser iniziale. Nella fase di processing si distinguono due blocchi di operazioni: all’insieme delle procedure che forniscono la nuvola di punti (meno studiato), sulle quali si innesta il lavoro presentato, seguono la fase di clustering ed enhancement (più sviluppata). L’ultimo blocco di operazioni è supervisionato secondo la prescrizione di essere predittivo per propositi archeologici: lo stato dell’arte dimostra già che, in conseguenza della maggiore quantità di informazione fisica registrata dai sistemi LFW, la resa della separazione dei punti della point-cloud in classi di punti in/off-ground è più efficiente che in altri sistemi LiDAR. Un esempio è fornito dal caso di studio archeologico reale in figura 3: mentre sono subito evidenti i miglioramenti apportati dalla tecnica LFW (pannello sinistro) rispetto alla tecnica first/last pulse (pan-
nelli centrale e destro), notiamo l’efficienza nell’eliminazione di falsi risultati e l’attenuazione delle alte frequenze spaziali nell’immagine LFW, in altri termini la sottrazione della zona boschiva e l’attenuazione della vegetazione bassa e densa. In Figura 5, invece, sono riassunti gli attuali contributi del LFW in campo batimetrico: attualmente inquadrati come analisi delle dinamiche sedimentarie, la tecnica risulta promettente entro i 40 m di profondità. Anche se la risoluzione è scarsa, si notano già strutture (in questo caso, geologiche). Benché promettenti, le applicazioni del LFW in ambito archeologico sono scarse e frammentarie, e poco studiate sono le procedure di riduzione del dato registrato a nuvola di punti. I sistemi LFW aprono a metodi di analisi più elastici ed ottimizzati per il tipo di ricerca in atto (in questo caso, archeologica). La struttura fisica dei bersagli, il metodo e gli strumenti di analisi stessi concorrono alla degradazione del segnale registrato dal sensore LFW. Il problema fondamentale del processing è, quindi, la ricostruzione della forma d’onda del segnale LFW: per fare questo, è necessario trattare il rumore per riconoscere i picchi realmente associati alle eco, e fornire una stima dei parametri del modello di riduzione del dato digitalizzato dal sistema LiDAR. La metodologia (in fase di studio) che si intende implementare perseguirà questo obiettivo attraverso lo studio teorico, e successivo test sul sito del Progetto Alberese, di un filtro statistico che restituisce una stima dei parametri del modello di forma d’onda ottimizzata nel senso del rapporto segnale/rumore.
Figura 5 - Questo esempio di applicazione della tecnologia LFW in zone boschive (destra) dimostra chiaramente l’accuratezza della tecnica, specie a confronto con la più diffusa first/last pulse (sinistra) (Fonte: Reitberger 2008).
Figura 6 – Esempio del contributo apportato dal LiDAR alla ricerca archeologica in aree sommerse. Destra: DEM di Port Everglades (Florida) ottenuto con il sensore SHOALS-1000T della società Optech (Vaughan, On Canda). Sinistra: ricostruzione da dati SHOALS-FLW del canale di navigazione di Fort Pierce (Florida, USA) (Fonte: Guenther 2000)
Il metodo opera ricercando segnali specifici all’interno della forma d’onda, e da questo ci si aspetta una maggiore eliminazione del rumore ad alta frequenza spaziale (tipico ad esempio delle zone con vegetazione bassa e densa). Infine, la point-cloud che risulta dall’applicazione del nostro metodo 1D ad un gridding opportuno di punti di campionamento spaziale sul sito, ci aspettiamo di ottenere una prospezione digitale ad altissima risoluzione, con una separazione tra le superfici reali ottimizzata per i fini della ricerca archeologica rispetto ai metodi attualmente disponibili. Da quest’ultima, infine, ricaveremo le informazioni sul sito (DTM, prospezioni) attraverso l’implementazione di un metodo di Pattern Recognition in tre dimensioni. Tutto queste fasi del lavoro sono attualmente oggetto di studio intensivo da parte di chi scrive, insieme con l’analisi delle correlazioni con dati afferenti ad altri metodi di misura. CONCLUSIONI A fronte dell’immediatezza dell’intuizione per cui le strutture sepolte danno luogo a cambiamenti significativi nel paesaggio attuale di un territorio, rintracciarne i collegamenti con le strutture del paesaggio storico costituisce invece una sfida notevole ed appassionante, che richiede lo sviluppo di metodi robusti (per mezzo dei quali misurare quei cambiamenti) così come modelli per interpretare i dati in termini di strutture sottostanti. In questo breve articolo, abbiamo voluto presentare una nuova tecnica di telerilevamento LiDAR, o full-waveform, attraverso la quale realizzare questo programma. Poiché il nostro interesse è esplicitamente rivolto alla ricerca archeologica (ovvero, non nasce come risoluzione di un problema di topografia), abbiamo inizialmente inquadrato storicamente e contestualizzato geomorfologicamente il sito utilizzando gli eccellenti risultati ottenuti dal Proget-
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to Alberese sul sito dello Scoglietto (Alberese – Grosseto). Sono, quindi, state fornite le linee guida della prospezione di Remote Sensing con dati satellitari multi-banda, ma focalizzando soprattutto sulla tecnica LiDAR-Fullwaveform. Attraverso brevi esempi forniti da casi di studio reperibili in letteratura, abbiamo evidenziato come la tecnica LFW trova applicazione in ambito archeologico, specialmente per siti in aree boschive o in presenza di vegetazione bassa e densa, ed in contesti sommersi, ambienti tutti presenti ad Alberese. Le potenzialità della FLW sono, ancora, alla base della metodologia di analisi che intendiamo seguire. Ci aspettiamo, infine, di poter fornire una prima serie di risultati applicativi della tecnica e del nostro metodo entro breve tempo. RINGRAZIAMENTI Gli autori desiderano ringraziare la Fondazione Monte dei Paschi di Siena per i contributi economici elargiti al Progetto Archeologico Alberese, l’Ente Parco Regionale della Maremma, l’Azienda Regionale Agricola di Alberese, la Regione Toscana, la Provincia di Grosseto e il Comune di Grosseto, i ricercatori dell’istituto IMAA-CNR di Tito Scalo (Potenza Basilicata) per le utili osservazioni e critiche. Il Progetto Archeologico Alberese è diretto dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana assieme a Elena Chirico, Matteo Colombini e Alessandro Sebastiani.
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Figura 7 - Vista aerea del tempio di età severiana a Scoglietto.
BIBLIOGRAFIA Chirico E., Colombini M., Cygielman M., Sebastiani A. 2009, (a cura di) Dinamiche insediative nel territorio della foce dell’Ombrone. Nuovi dati dagli scavi presso l’area templare dello Scoglietto in Notiziario della Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana 5, 35-92. Chirico E., Sebastiani A. (2010a), L’occupazione tardoantica del promontorio dello Scoglietto ad Alberese (Gr) in Archeologia Medievale XXXVII, 331-344. Chirico E., Sebastiani A. (2010b), L’insediamento tardoantico sul promontorio dello Scoglietto (Alberese, Grosseto - IT)”, FOLD&R IT-2010196. www.fastionline.org/docs/FOLDER-it-2010-196.pdf Ciacci A. (2009), Acque e luoghi di culto, in Resti G., Ombrone. Un fiume tra due terre, Pisa, Pacini Editore, 24-27. Cygielman M. (2004), Il territorio rosellano in età romana, in Cygielman M. (a cura di) La villa romana di Nomadelfia. Aspetti dell’insediamento rurale nel territorio rusellano, Arcidosso, Edizioni Effigi, 17-21, nota 23. Cygielman M. (2007), Il periodo etrusco e romano, in Citter C., Arnoldus-Huyzendveld (a cura di) Archeologia urbana a Grosseto. La città nel contesto geografico della bassa valle dell’Ombrone, Biblioteca del Dipartimento di Archeologia e Storia delle Arti – Sezione archeologica Università di Siena 16, 130-133. Braudel F. (2005), Memorie del Mediterraneo, Tascabili Bompiani. Celuzza M. (2011), Il De Reditu di Rutilio Namaziano e l’archeologia tardoantica delle coste tirreniche, in Casi C. (a cura di), Il mare degli antichi: miti marinai e imbarcazioni dalla preistoria al medioevo, Laurum Editrice (Pitigliano – Gr). Janni P. (1996), Il mare degli antichi, edizioni Dedalo, Bari. Lasaponara R., Masini N., Scardozzi G. (2008), New perspectives for satellite-based archaeological research in the ancient territory of Hierapolis (Turkey), Adv. Geosci. 19, 87-96. Devereux B. J., Amable G. S., Crow P. e Cliff A.D. (2005), The potential of airborne LiDAR for detection of archaeological features under woodland canopies, Antiquity 79, 648-660. Mallet C., Bretar F. (2009), Full-waveform topographic lidar: state-of-theart, ISPRS Journal of Photogrammetry and Remote Sensing, 64, 1-16. Doneus M., Briese C. (2006), Full-waveform airborne laser scanning as a tool for archaeological reconnaissance, International conference on remote sensing in archaeology, in From Space To Place. Proceedings of The 2Nd International Conference On Remote Sensing In Archaeology, Bar International Series, 1568 (2006), 99 – 105. Chauve A., Mallet C., Bretar F., Durrieu S., Deseilligny M.P., Puech W. (2007), Processing full-waveform LiDAR data: modelling raw signals, lirmm-00293129v1, http://hal-lirmm.ccsd.cnrs.fr/lirmm-00293129/ Wagner, W., Ullrich, A., Ducich, V., Melzer, T. and Studnicka, N. (2006), Gaussian decomposition and calibration of a novel smallfootprint fullwaveform digitising airborne laser scanner, ISPRS Journal of Photogrammetry and Remote Sensing 66, 100-112. Reitberger J., Schnorr Cl., Heurich M., Krzystec P., Stilla U. (2008), Towards 3D mapping of forests: a comparative study with first/last pulse and fullwaveform LIDAR data, www.isprs.org/proceedings/XXXVII/ congress/8_pdf/15_ThS-21/03.pdfhttp://www.isprs.org/proceedings/ XXXVII/congress/8_pdf/15_ThS-21/03.pdf.
ABSTRACT LiDAR-FullWaveform The LiDAR-FullWaveform was applied to the archaeological site of the temples of Scoglietto (GR). Starting from a purely archaeological analysis, we decided to work with this technology and we will explain the methodology applied technology.
PAROLE
CHIAVE
LiDAR, Remote Sensing, archeologia
AUTORI MATTEO COLOMBINI DIRETTORE SCIENTIFICO PROGETTO ARCHEOLOGICO ALBERESE AMEDEO EBOLESE PHYSICS GRADUATE, STUDENTE PRESSO LA FAST SCUOLA DI ALTA FORMAZIONE IN APPLICAZIONI SCIENTIFICHE E TECNOLOGICHE ALLA GEOARCHEOLOGIA (WWW.GEOARCHEOSCHOOL.ORG). ALESSANDRO SEBASTIANI DIRETTORE SCIENTIFICO PROGETTO ARCHEOLOGICO ALBERESE CONSULTING SCHOLAR UNIVERSITY OF PENNSYLVANIA MUSEUM OF ARCHAEOLOGY AND ANTHROPOLOGY 3260 SOUTH ST. PHILADELPHIA, PA 19104 ALESSANDRO.SEBASTIANI@GMAIL.COM WWW.PROGETTOALBERESE.IT
AGORÀ Il Signore della Folgore. Lo Zeus di Ugento e l’Ipogeo delle Cariatidi di Vaste Nell’ambito dell’eContent Award Italy 2010 sono stati premiati tra i migliori contenuti in formato digitale, nelle categorie eScience and Technology e eCulture and Heritage dell’eContent Award Italy 2010 i DVD “Il Signore della Folgore. Lo Zeus di Ugento” e “L’Ipogeo delle Cariatidi di Vaste”, due prodotti multimediali realizzati dal Coordinamento SIBA dell’Università del Salento con la collaborazione del CASPUR di Roma. I due prodotti multimediali, di altissimo valore culturale, scientifico e tecnologico, contengono le ricostruzioni tridimensionali e rappresentazioni virtuali di due beni archeologici del territorio salentino: Zeus di Ugento e Ipogeo delle Cariatidi di Vaste. Entrambi i progetti, coordinati da Virginia Valzano, consentono, mediante l’utilizzo di sistemi tecnologici e informatici innovativi, la valorizzazione e la fruizione anche a
Caravaggio. La Cappella Contarelli - Tre dipinti di Caravaggio, il ‘Martirio di San Matteo’, la ‘Chiamata di San Matteo’ e il ‘San Matteo e l’angelo’, della Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi, sono stati sottoposti a nuove ricerche, con tecnologie innovative di radiografia su supporto digitale, riflettografia infrarossa e analisi della fluoresecnza dei raggi X (XRF). L’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro (ISCR), diretto da Gisella Capponi, ha provveduto alla verifica dello stato di conservazione, che si è rivelato ottimale, e alla spolveratura dei dipinti, consentendo una nuova campagna di documentazione fotografica. I risultati delle nuove indagini saranno esposti, fino al 15 ottobre, alla mostra, ‘Caravaggio. La Cappella Contarelli’, organizzata e promossa dalla Soprintendenza speciale per il Polo Museale di Roma diretta da Rossella Vodret, nell’ex Refettorio di Palazzo Venezia. L’allestimento, in un ambiente particolarmente suggestivo, permetterà di ammirare da vicino dettagli che usualmente non sono visibili quando si osservano i dipinti nella cappella, piuttosto buia, di San Luigi dei Francesi. Ci sarà anche una postazione interattiva che permetterà al visitatore di entrare nei dipinti, e un ampio schermo sul quale sarà proiettato un video di circa 30 minuti sulla storia e le vicissitudini della Cappella Contarelli. (Fonte: Redazionale)
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distanza di insediamenti e manufatti messapici, e contribuiscono ad una più ampia conoscenza della storia e della civiltà del Salento antico. Per l’acquisizione ed elaborazione tridimensionale, ad altissima risoluzione è stato utilizzato uno scanner 3D laser specifico per oggetti di materiale con un basso coefficiente di riflettanza e di dimensioni fino ad un metro cubo di volume. Per riprendere i sottosquadri in zone difficili e non direttamente visibili dallo scanner è stato utilizzato uno specchio di qualità ottica elevata. I modelli 3D delle cariatidi e dei frammenti di fregio sono stati realizzati per la Provincia di Lecce nel 2008, nell’ambito del Progetto Interreg Grecia-Italia “Sul Cammino di Enea”, finanziato dall’Unione Europea. La visualizzazione stereoscopica e interattiva di tali modelli è accessibile attraverso il Teatro virtuale 3D della Provincia di Lecce e attraverso i Teatri virtuali 3D del Coordinamento Siba e del Caspur
150 Italiamobile - I 150 anni dell’Unità d’Italia sono una ricorrenza carica di significati, la nostra storia appassionante merita di essere celebrata anche all’insegna dell’innovazione. L’applicazione 150 Italiamobile, che prende il nome dal progetto - è stata ideata per avvicinare i cittadini alle vicende dell’Unità d’Italia e informare sugli eventi legati alle celebrazioni in programma per tutto il 2011, sfruttando le potenzialità delle nuove tecnologie. Sviluppa un racconto visivo degli avvenimenti storici che portarono all’Unità d’Italia grazie all’innovativa possibilità di individuare i luoghi in una mappa georeferenziata. Il progetto 150 Italiamobile è promosso dalla Presidenza dei Consiglio del Ministri-Unità tecnica di missione per i 150 anni dell’Italia Unità, dal Ministro del Turismo – Struttura tecnica di missione per il rilancio dell’immagine dell’Italia, dalla Direzione Generale per la Valorizzazione del patrimonio culturale del MiBAC. Il 21 aprile oltre 2.000 persone nel corso della notte hanno assistito in Piazza Colonna (Roma) alla prima assoluta dell’evento artistico Rifrazioni Permanenti parte integrante del progetto 150 Italiamobile ideato e coordinato da Artchivium per il lancio ufficiale dell’applicazione per smartphone legata all’Unità d’Italia, in occasione della ricorrenza del 21 aprile – giorno in cui 150 anni fa entrò in vigore la prima legge emanata dal Regno d’Italia che ne sanciva la nascita. L’altra sfida tecnologica del progetto 150 Italiamobile si esprime attraverso un grande evento artistico. Rifrazioni Permanenti è un’opera del giovane artista Daniele Spanò, realizzata da NUfactory, sfrutta la nuova tecnologia del Visual Mapping per creare proiezioni multimediali e spettacolari sulla facciata di Palazzo Wedekind, tra danza, musica e arte visiva. Piazza Colonna, luogo d’elezione di stratificazione storica e culturale, è stata protagonista di questo intervento artistico contemporaneo per ricordare l’importanza del luogo nel processo di unificazione dell’Italia. La tecnologia di Video Mapping alla base dell’opera Rifrazioni Permanenti racconta l’Italia
di Roma. La riproduzione delle cariatidi è stata effettuata con tecniche di ultimissima generazione, utilizzando infatti il rilievo laser-scanner 3D al fine di digitalizzare tridimensionalmente il manufatto e riprodurlo nella scala 1:1. (Fonte: Comunicato Stampa)
senza riferimenti iconografici, descrivendone la sua unità, il potere del singolo nella collettività, guardando al passato per lanciarsi nel futuro. È un lavoro che nasce dalla riflessione sul concetto di unità, corale e multimediale dove diverse discipline come la danza, la musica, e l’immagine partecipano, attraverso i loro differenti linguaggi, ad un processo condiviso. Un atto creativo che trova il suo compimento nel rapporto con il pubblico: gli abitanti della città. La Presidenza dei Consiglio dei Ministri - Unità tecnica di missione per i 150 anni dell’Unità d’Italia presenterà, inoltre, il nuovo portale web iluoghidellamemoria.it con un archivio storico-multimediale. Il portale insieme all’applicazione 150Italiamobile, con cui condivide la maggior parte dei contenuti, sono degli strumenti di promozione, di guida e di divulgazione della storia italiana in costante aggiornamento nel corso di tutto il 2011. Tutti i contenuti e gli itinerari saranno presto disponibili anche online sul Portale Nazionale del Turismo ltalia.it e sul sito ufficiale per le celebrazioni Italiaunita150.it. 150 Italiamobile è scaricabile gratuitamente da App Store e dai siti web istituzionali: www.italiaunita150.it www.Italia.it www.beniculturali.it
(Fonte: MiBAC)
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Tecnologie per i Beni Culturali
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Chi ha individuato i colori del Colosseo? L’Anfiteatro Flavio, meglio conosciuto come Colosseo, da sempre oggetto di studi e dibattiti, ultimamente è al centro anche di accese discussioni. Infatti, dopo le polemiche relative alle questioni sui diritti dei lavori di restauro, è stata pubblicata sul quotidiano ‘La Repubblica’ la notizia dell’individuazione dei veri colori del Colosseo. La bagarre si è riac-
cesa. Il quotidiano ha pubblicato, il 10 aprile, l’articolo ‘Oro e rosso i veri colori del Colosseo’, nel quale si leggeva che le immagini dei primi pilastri ripuliti, un’anteprima del futuro restauro, dimostravano che i colori originali di uno dei monumenti più conosciuti al mondo sono, appunto, oro e rosso. La crosta di sporco è stata rimossa da 14 pilastri con getti di acqua nebulizzata e colpi di spazzole in nylon. ‘’Sotto la patina inquinante è riapparso, a tratti intatto, il tono caldo della pietra romana - si legge sul quotidiano - Ma spesso anche il colore ocraceo dell’ossalato di calcio o i residui di combustione della legna bruciata nel Medioevo per portare via le graffe in ferro e bronzo (da qui le migliaia di buchi nel travertino)’’. “In alcuni punti abbiamo ritrovato tracce di vernice rossa, forse i segni usati per collocare nei punti esatti i blocchi di travertino in vista dell’inaugurazione dell’80 dopo Cristo - rivela a ‘La Repubblica’ l’archeologa Rossella Rea, direttrice del monumento - Ma ci sono anche le strisce trasversali color terra, sono i segni stratigrafici del piano di calpestio
Indagini diagnostiche per la sicurezza del David - L’architetto Fernando De Simone ha condotto un’analisi scientifica, durata circa un anno, sulla stabilità del David di Michelangelo. Il rapporto, consegnato alla Regione Toscana e al Comune di Firenze, evidenzia alcune criticità e consiglia un trasferimento della scultura che, se lasciata dove si trova ora, potrebbe subire l’effetto delle vibrazioni dei treni ad alta velocità in transito nei tunnel distanti solo 600 metri dalla sua attuale collocazione. Dalle indagini diagnostiche effettuate, è risultato che la statua presenta delle microfratture nelle caviglie e piccole crepe che potrebbero aumentare qualora il David continuasse a essere sottoposto a molteplici sollecitazioni. Certo che il David non è nuovo a questo stress! Infatti, lo stesso De Simone ricorda che ‘’le caviglie del David sono sottoposte anche alle vibrazioni del traffico au-
tomobilistico limitrofo alla Galleria dell’Accademia. Se si dovessero aggiungere le vibrazioni e le risonanze causate dai macchinari che scaveranno i tunnel ferroviari dell’alta velocità e poi dal passaggio dei treni ecco che i rischi di crollo diventerebbero reali’’. Non solo, l’architetto si ha spiegato che anche i visitatori hanno il loro peso, infatti i gruppi di visitatori, che si avvicinano e si allontanano quasi simultaneamente dalla statua (un gruppo di 60 visitatori pesa circa 4,5 tonnellate), provocano vibrazioni. L’architetto, che ha realizzato già altre costruzioni sotterranee in varie parti d’Italia propone di trasferire il David in un museo sotterraneo, appunto, in modo da proteggere la statua anche in caso di terremoto consentendo al visitatore un’osservazione da più angolazioni, non solo frontalmente, ma lateralmente e dall’alto. «Un’osservazione - aggiunge De Simone - dai punti
Nuova luce sui Buddha di Bamiyan - Nella regione di Hazarajat, in Afghanistan centrale, circa 250 chilometri a nordovest di Kabul, a Bamiyan, luogo di incontro tra le civiltà asiatiche lungo la Via della Seta, sorgevano due statue scolpite nella roccia, due Buddha, uno più maestoso (55 metri) l’altro più piccolo (35 metri). Erano lì dal 500 d.C. circa. Hanno vegliato sulla valle per quindici secoli fino al 2 marzo 2001, quando furono fatti saltare in aria. A dieci anni dalla loro distruzione vengono rivelate nuove scoperte che li riguardano e annunciate possibili ricostruzioni grazie a nuovi strumenti e alle tecnologie applicabili ai beni culturali. Secondo i ricercatori della Technische Universitaet di Monaco (TUM), che hanno esaminato i frammenti
dei due Buddha, le statue erano colorate. Non erano quindi dello stesso colore della pietra, secondo quanto siamo abituati a vedere dalle immagini di repertorio. Nei secoli i colori venivano ravvivati ogni volta che la tinta sbiadiva. Quando l’intera regione si convertì all’Islam le statue furono lasciate scolorire. Grazie agli studi fatti in Germania oggi viene ricostruita la loro storia cromatica e non solo. Infatti con la tecnica della spettrometria di massa è stata confermata la datazione dei due giganti: il piccolo Buddha è stato costruito tra il 544 e il 595, mentre il grande Buddha tra il 591 e il 644. I dettagli della tecnica utilizzata per forgiare le gigantesche icone non erano invece del tutto conosciuti. Sapevamo già che le sagome furono incise direttamente nella roccia mentre le vesti venivano plasmate altrove e aggiunte in un secondo tempo, ma ignoravamo alcune finezze della lavorazione. Nell’impasto di argilla che componeva gli abiti i ricercatori del TUM hanno trovato tracce di paglia sapientemente inserita per assorbire l’umidità, peli di animali che rendevano lo stucco compatto e quarzo e altri minerali che ne prevenivano la deformazione. Il composto
medievale”. L’Associazione Restauratori d’Italia (ARI) ha, però sottolineato che già 13 anni fa, dopo un’accurata ricerca portata avanti dal ministero dei Beni Culturali e dall’Istituto centrale del Restauro era stata rivelata la vera natura dei colori. Nel 1999 fu utilizzata una metodologia messa a punto nel 1981-1989 che prevedeva l’intervento congiunto tra tecnici e restauratori. I risultati degli interventi effettuati furono resi noti attraverso un convegno svoltosi nel 2000 dal titolo ‘Il restauro del Colosseo’. L’ARI inoltre, così come aveva sottolineato al momento della sottoscrizione degli accordi per il restauro del Colosseo intercorsi con Della Valle, fa presente che ‘stanno cercando di adottare le metodologie di intervento del restauro specialistico a una pratica edile per poter dare poi alle imprese edili l’incarico finanziato da Diego Della Valle, invece che ai restauratori (Lettera al Direttore del Manifesto, 12/04/2011)’. (Fonte: Redazionale)
di vista ascendenti e discendenti e spiralati, grazie a delle rampe e delle scale intorno alla statua. Un modo di vedere la celebre scultura come desiderava lo stesso Michelangelo e come ha scritto il grande critico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti, di cui io sono stato allievo». (Fonte: Redazionale) ottenuto raggiungeva uno spessore di otto centimetri. “Ciò spiega come questi manufatti abbiano resistito non solo ai 1500 anni di storia, ma anche all’esplosione del 2001”, dice Erwin Emmerling che ha guidato il team tedesco e che annuncia entusiasta la prossima impresa del suo laboratorio: ricostruire il piccolo Buddha dai frammenti dell’esplosione grazie a un composto organico di silicio iniettato nelle pietre. C’è un piccolo grande problema da risolvere: dove conservare i resti. In emergenza sono stati depositati nella stessa valle grazie all’intervento dell’International Council on Monuments and Sites (Icomos). Data la composizione delle pietre, molto porose e destinate a deteriorarsi, è necessario trovare una soluzione anche in virtù del fatto che sono difficilmente trasportabili. L’unica soluzione efficace, suggerisce Emmerling, sarebbe la costruzione di una fabbrica-laboratorio a pochi metri dalle inquietanti nicchie vuote. La valle di Bamiyan si può visitare nei minimi dettagli attraverso le foto navigabili (360°x180°) nel sito 1001wonders.org. (Fonte: Redazionale)
AGORÀ Georadar per cercar la Monna Lisa - Sei antenne radar hanno iniziato a cercare la tomba di Lisa Gherardini, la possibile ‘Monna Lisa’ raffigurata da Leonardo Da Vinci nella Gioconda. Nella chiesa dell’ex Convento di Sant’Orsola a Firenze, hanno preso il via il 27 aprile le ricerche della sepoltura, promosse dal Comitato per la valorizzazione dei beni culturali, artistici e ambientali e dalla Provincia di Firenze. Per tre giorni, tutta l’area della chiesa e dei due chiostri dell’ex convento (trasformato negli anni Ottanta in caserma), per un totale di circa 900 metri quadri, è passata al vaglio del georadar, una apparecchiatura molto utilizzata in archeologia in grado di inviare nel terreno onde che segnalano spazi vuoti e diverse conformazioni del suolo. I dati (raccolti a una profondità media di 3 metri, ma il georadar ha una potenza massima fino a 6 metri) saranno poi analizzati e il prossimo 9 maggio cominceranno gli scavi. Gli eventuali resti di Lisa Gherardini (morta a 63 anni nel 1542 dopo aver vissuto gli ultimi anni nel convento, dove era monaca la figlia) saranno prima identificati grazie al Dna. L’eventuale cranio, poi, sarà studiato dal paleoantropologo dell’Università di Pisa Francesco Mallegni, per arrivare a una ricostruzione del volto. «Se riusciremo - spiega Silvano Vinceti, presidente del Comitato - la scienza darà una risposta definitiva a un problema che la storiografia non può risolvere, cioè se Lisa Gherardini sia stata o meno la modella di Leonardo. Se non riusciremo il mistero della Gioconda restera un mistero». Una pre-analisi condotta con il georadar, ha spiegato Vinceti, ha rivelato la presenza nel sottosuolo della chiesa di una cavità "sotto l’altare e una zona dura che fa ipotizzare una cripta. Molto probabilmente lì ci sono le sepolture delle esterne". Le ricerche del Comitato sono partite dall’analisi di documenti che parlano di sepolture di esterne nella Chiesa di Sant’Orsola. Sono però andati perduti i libri mastri del convento relativi al Cinquecento, nel periodo in cui sarebbe stata sepolta la Gherardini. Nell’ex chiesa è stato effettuato anche un carotaggio che ha mostrato, 40 centimetri sotto il pavimento in cemento armato fatto negli anni Ottanta del secolo scorso, un pavimento in cotto che "secondo un rappresentante della Sovrintendenza ai beni architettonici può risalire al ‘500 o ‘600. A 2 metri e 20 di profondità, invece - rivela Vinceti - ci sono resti ossei che potrebbero far pensare a una necropoli romana". Il Comitato respinge anche le accuse di spettacolarizzazione: "Siamo aperti alle critiche purchè costruttive - dice Vinceti - e a chi ci attacca proponiamo un confronto per mostrare come lavoriamo". (Fonte: Redazionale) Case e palazzi di Firenze: una banca dati on line - Da dicembre 2010 è online il Repertorio delle Architetture Civili di Firenze, frutto di un progetto pluriennale sostenuto dall’Ente Cassa di Risparmio di Firenze, promosso dall’Associazione Palazzo Spinelli e coordinato da Claudio Paolini. Si tratta di una banca dati sui palazzi e sulle case della città storica (cioè della zona interna alla cerchia dei viali dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità) che, tra l’altro, raccoglie tutte le schede già pubblicate nel volume di Claudio Paolini, Architetture fiorentine, edito nel 2009 e segnalato dalla critica per l’ampiezza della ricerca e l’accuratezza delle note storiche, ma distribuito solo in tiratura limitata. Nella versione online (curata da Francesco Luglio), si può ora agevolmente cercare l’edificio che interessa (rilevante o per la sua architettura o per la sua storia o per le persone che vi hanno vissuto) per indirizzo, per denominazione, per proprietà (storica) e via dicendo. Attualmente il Repertorio comprende 1.000 schede che, in particolare, documentano tutta l’area del quartiere di Santa Croce e delle zone limitrofe. Le ulteriori 500 schede già redatte sono attualmente in fase di revisione ed è previsto che vengano rese disponibili in gruppi di 50 ogni mese, fino a coprire interamente l’area cittadina. Ogni scheda, oltre all’ubicazione e agli affacci, propone un testo storico e descrittivo, con evidenziate – se note – le vicende costruttivi e le trasformazioni operate nel tempo. Completa la scheda una bibliografia di riferimento (nel corso del lavoro sono stati consultati più di mille testi compresi gli articoli frutto di un accurato spoglio di periodici specialistici), l’indicazione sull’esistenza o meno di vincoli architettonici, e la localizzazione dell’edificio su Google Maps. La mole di dati raccolti non trova attualmente paragone in nessun altro lavoro, sia a stampa sia in rete, e consente di tornare a scoprire, una volta di più, le tante storie e bellezze della città, di modo che per ogni via sempre e comunque ci sarà qualcosa da narrare e qualcosa da ammirare. (Fonte: www.palazzospinelli.org/architetture)
TAMO. Tutta l’Avventura del Mosaico - Un avvincente viaggio alla scoperta dell’arte musiva nella città simbolo del mosaico antico. La nuova cittadella del mosaico viene inaugurata con una esposizione permanente il 20 maggio, nella splendida cornice di San Nicolò. Il nuovo atteso progetto permanente “TAMO. Tutta l’Avventura del Mosaico”, inaugurato a Ravenna, presso il Complesso di San Nicolò, racconta, all'interno di un'esposizione permanente, innovativa, versatile e multiforme, che cosa il mosaico è stato ed è, di che cosa è fatto e come si fa per conservarlo. In mostra, oltre a mosaici di raro pregio, in parte inediti, provenienti da Ravenna e dal suo territorio, il percorso museale si sviluppa con l’ausilio di strumenti multimediali d’avanguardia, tavoli touchscreen e touchless, che permettono di scoprire in modo interattivo il processo di realizzazione del mosaico e la sua diffusione geografica. Una grande proiezione videowall narra per immagini il mosaico dalle origini al medioevo. Video e collegamenti wireless a ulteriori contenuti multimediali completano la conoscenza dell’arte musiva, creando un laboratorio ed insieme uno spazio espositivo capace di sollecitare tutti i sensi del visitatore, con una fruizione emozionale e coinvolgente. TAMO non sarà quindi un museo nel senso tradizionale del termine, piuttosto un viaggio affascinante, per vivere tutta l’avventura del mosaico. L'esposizione è suddivisa in sei percorsi tematici. Il progetto TAMO è promosso da Fondazione RavennAntica, dal Comune di Ravenna, dalla Direzione Regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici dell'Emilia-Romagna e dal Dipartimento di Archeologia dell'Università di Bologna è presieduto dal Professor Carlo Bertelli, grande studioso del mosaico e affidato ad un comitato scientifico composto da Giovanna Bucci, Università di Bologna, Chiara Guarnieri, Soprintendenza per i Beni Archeologici dell'Emilia-Romagna e Paolo Racagni, maestro mosaicista ravennate. L’allestimento è curato dall’architetto Paolo Bolzani. (Fonte: Ravennantica)
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Restauro della Torre di Pisa - E’ giunto al termine il restauro delle superfici lapidee della torre di Pisa, un intervento esemplare sotto il profilo della moderna metodologia e dell’organizzazione di cantiere. Sotto la direzione dell’Arch. Gisella Capponi, dell’Istituto Superiore Centrale per il Restauro, l’intervento si è svolto sui quasi 25.000 conci e su un’area di circa 7.335 m2. Il restauro della torre ha preso il via dal cantiere studio del 2000 con il “Progetto per la conservazione delle superfici” istituito per verificare le diverse tipologie di degrado, un ‘tassello’ su cui sono stati testati metodi e tecnologie operative che sarebbero stati applicati all’intero parato murario. Nel 2002 è iniziato il restauro della cella campanaria. Concluso l’intervento sulla sommità del campanile, da febbraio 2004 a dicembre 2010 si è proceduto al restauro dei sette ordini architettonici. Per tutto questo periodo hanno lavorato mediamente dieci restauratori, un impegno quotidiano e costante sfidando intemperie e problematiche legate alla particolarità della struttura della Torre ma, soprattutto, consentendo sempre la salita dei turisti. La pendenza della torre, la statica del tutto speciale che ha fatto del campanile pisano un’icona, hanno costituito dei vincoli imprescindibili per la definizione dei ponteggi e di tutte le opere provvisionali necessarie a consentire alla squadra di restauratori di operare in assoluta sicurezza, garantendo al tempo stesso di raggiungere tutti gli elementi architettonici e decorativi, compresi quelli in aggetto, su cui spesso si concentravano i fenomeni di degrado. E anche sulle opere provvisionali è stato necessario sperimentare: sono stati ideati i due ponteggi circolari che hanno cinto, negli anni, i diversi ordini della torre, l’uno per operare all’interno dei loggiati e l’altro per raggiungere i capitelli decorati, gli spessori delle arcate tra una colonna e l’altra, le cornici marcapiano e, in definitiva di tutte quegli elementi posti ‘in aggetto’ rispetto al ‘cilindro’ del campanile. Ogni ‘spostamento’ da un anello all’altro è stata un’operazione, spesso condotta a tempo di record, dalla rodata squadra di operai specializzati in restauri edili in altezza, cha hanno agito in quota e senza l’ausilio di piattaforme aeree. Con cinture e funi di sicurezza hanno condotto a compimento ogni operazione di smontaggio e ricollocazione dei moduli componibili di un ponteggio ideato appositamente per un caso esemplare come il campanile pisano. Per una parte dei restauratori, impegnati nel restauro delle scale, l’orario di lavoro ha coinciso con l’orario di chiusura della Torre. Per non deludere le aspettative dei numerosissimi turisti che hanno visitato la Torre il restauro delle scale è stato eseguito di notte. Tutte le fasi d’intervento sono state accompagnate da una vasta campagna fotografica eseguita da fotografi dell’Istituto Superiore Centrale per il Restauro con scatti in digitale e fotocolor 6x6, documentando il ‘prima’, ‘durante’ e ‘dopo’ l’intervento. Il sistema informatico “Akira GIS server” ha permesso di documentare lo stato di conservazione e gli interventi eseguiti su rilievo fotogrammetrico. Inoltre il sistema ha consentito anche l’inserimento di una banca dati riguardante analisi storiche, vicende conservative, relazioni scientifiche diventando uno strumento utile per programmare interventi periodici di manutenzione. (Fonte: www.opapisa.it)
IN RETE
STANDARDIZZAZIONE I (VERI)
E CONDIVISIONE
VANTAGGI DEL SOFTWARE LIBERO PER I BENI CULTURALI di Stefano Costa
Il software libero e open source conosce una diffusione sempre maggiore anche nell'ambito dell'informatica per i beni culturali. Ma è davvero una garanzia di scelte tecniche ottimali o è solo un ingrediente per la sostenibilità dei nostri sistemi di documentazione e catalogazione? Solo integrando progettualità sul lungo termine e adozione di procedure per la condivisione sistematica dei dati possiamo assicurare questa sostenibilità.
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uante banche dati archeologiche sono state realizzate negli ultimi trenta anni? E quante sono ancora accessibili oggi, direttamente o per essere state riversate in altre banche dati? Le banche dati che stiamo costruendo oggi sono più durevoli di quelle di dieci e venti anni fa? Queste sono alcune delle domande che è opportuno porsi al momento di creare una nuova banca dati elettronica. Non è particolarmente importante rispondere, ma piuttosto prendere coscienza del problema della durata nel tempo e nella società di quello che costituisce una parte sempre più preminente del lavoro nell’ambito dei beni culturali. Dal 2004 il progetto IOSA mira ad affrontare, nell’ambito dell’archeologia, un ampio sottoinsieme di questo problema, attraverso la diffusione di pratiche e strumenti che contribuiscono a rendere sostenibili le strategie digitali di istituzioni di ricerca e professionisti. Basandosi sulla valutazione di numerosi fattori, IOSA promuove l’utilizzo di soluzioni tecniche basate su software libero e open source. Di per sé, l’adozione del software libero può essere dettata da vari fattori, anche indipendenti tra di loro, di matrice culturale o etica (preferenza per la cultura di condivisione e costruzione collettiva del sapere), tecnica (legge di Linus e superiorità del codice aperto), economica (risparmio dovuto all’azzeramento del costo di licenza, possibilità di installare un numero illimitato di copie del software, nessuna limitazione all’uso). Tuttavia, la sola adozione di un software non è affatto sufficiente a garantire una sostenibilità significativamente maggiore – la chiave dell’approccio è piuttosto quella dell’adozione condivisa di buone pratiche, della valutazione dettagliata degli scenari possibili, della stretta integrazione tra formazione e sviluppo. Il software libero può far parte della ricetta? La risposta breve è sì. La risposta più articolata è che è necessario adottare una visione di ampio spettro, che comprenda gli aspetti tecnico-informatici ma anche quelli sociali e gestionali – perché davanti al monitor ci sono sempre persone. Come è noto, il costo di ‘mantenimento’ di un sistema software non è particolarmente dipendente dal costo relativo alle licenze o alla strumentazione, quanto piuttosto al costo umano necessario per implementare e mantenere una piattaforma, e alla sua sostenibilità su tempi medio-lunghi.
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È chiaro che se è necessario prevedere la presenza di una persona in grado di gestire la piattaforma, va prevista una sostenibilità socio-economica. Questo tipo di considerazione ovviamente è valida al di fuori di una concezione della banca dati come ‘prodotto editoriale’ da costruire, riempire e poi abbandonare – una concezione purtroppo ancora largamente diffusa in particolare in ambito accademico. Aspetto speculare al mantenimento è quello della ‘durabilità’, anche in accezione puramente archivistica, che dipende certamente dalla scelta di una tecnologia più fortunata di altre, ma anche dalla capacità – o scelta – di archiviare i dati in modalità durevole sia per quanto riguarda i supporti fisici (ad esempio, i supporti ottici come CD-R sono notoriamente pessimi per la loro durata se paragonati ai supporti magnetici), sia i supporti digitali. La scelta di standard riconosciuti può essere una via accettabile per raggiungere questo scopo. Ma secondo Andy Tanenbaum il bello degli standard è che ce ne sono così tanti tra cui scegliere e gli standard per i beni culturali non fanno eccezione. In Italia sono presenti numerose direttive relative alla documentazione del patrimonio culturale, ma nessuna di esse fa riferimento alla gestione digitale dei dati, che sono quindi di volta in volta affidati a scelte predeterminate o dettate da una convenienza congiunturale. Inoltre, come è noto, la rapida evoluzione dei mezzi informatici male si adatta ad una definizione rigida delle procedure e degli strumenti più adatti per i diversi scopi che sovraintendono alla creazione e manutenzione di banche dati. Tuttavia, alcune istituzioni hanno ritenuto di poter esprimere delle indicazioni (più o meno dettagliate a seconda dei casi) sotto forma di buone pratiche, in parte facoltative ed in parte obbligatorie per il godimento di finanziamenti. Citiamo qui tre casi di esempio: l’Archaeological Data Service (ADS) inglese, il progetto MINERVA della Commissione Europea e l’Istituto Archeologico Germanico (DAI). Nel caso dell’ADS, la stesura delle Guides to Good Practice è stata avviata ormai diversi anni fa, e costituisce uno dei punti centrali di un’esperienza unica al mondo, in cui centinaia di banche dati risultanti da progetti di ricerca vengono messe a disposizione della comunità tramite la rete. Le linee guida MINERVA, in corso di revisione (attualmente solo la versione in lingua inglese è aggiornata), includono in
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Tecnologie per i Beni Culturali un capitolo dedicato un’indicazione dei formati da adottare preferibilmente per le diverse tipologie di dati (immagini, documenti scritti, banche dati alfanumeriche e geospaziali). Analoghe si presentano nella struttura le linee guida del DAI, le più recenti in ordine di apparizione, che esplicitamente definiscono l’adozione di sistemi client-server basati su software libero come MySQL o PostgreSQL da preferire rispetto ai database desktop proprietari. Ma queste buone pratiche sono trasferibili immediatamente ad ogni esperienza? Si tratta necessariamente di linee guida generiche, che appaiono pertanto come una scelta al ribasso per banche dati complesse, frutto di progetti decennali. Tuttavia, la loro bontà non sta solo nell’essere più o meno valide dal punto di vista tecnico, quanto di essere il risultato di un processo di discussione e selezione ragionata di alternative. La valutazione di alternative è un processo che avviene quasi sempre in fase progettuale, ed è piuttosto rara la conversione di strutture obsolete all’interno di sistemi più recenti – indipendentemente dall’adozione di software libero o proprietario. La maggior parte del tempo effettivamente impiegato per la progettazione di una banca dati è dedicata alla scelta di una struttura o modello e delle maschere di data entry, piuttosto che alla valutazione della sua sostenibilità e interoperabilità. In altre parole, è frequente che siano sopravvalutati gli aspetti tecnici e dimenticati quelli sociali e umani, anche in termini di costi e risorse – formazione, trasmissione del saper fare, condivisione. Molto spesso l’operazione di riversamento assume i tratti dell’impresa impossibile a causa della mancanza di una documentazione sufficiente sulla struttura delle banche dati, che è troppo spesso data per scontata e implicita. L’aderenza a standard riconosciuti per la gestione e lo scambio dei dati non è automaticamente garantita dalla scelta di software libero: anche in questo ambito abbiamo a che fare con prodotti di qualità variabile, ma la legge di Linus garantisce una qualità sempre crescente del software che tanti occhi possono guardare nei suoi meccanismi interni. Negli ultimi anni, la concorrenza virtuosa tra i diversi contendenti open source ha letteralmente reso obsoleti i prodotti proprietari analoghi (come nel caso di piattaforme di web mapping, content management systems, wiki e web framework). Nell’ambito delle banche dati geografiche e geospaziali tout court certamente si trovano delle punte di eccellenza del software libero, che possono essere riassunte nei seguenti aspetti: robustezza e qualità di livello industriale dei diversi software sviluppati sotto l’egida della Open Source Geospatial Foundation (OSGeo), aderenza a standard internazionali inclusi quelli dell’Open Geospatial Consortium (OGC) per la comunicazione e la trasmissione di dati sul web, alta modularità e possibilità di creare prodotti personalizzati tramite l’associazione di componenti diversi. Tra i fattori di sostenibilità garantiti dal software libero vanno inoltre certamente incluse la replicabilità dei sistemi (per creare piattaforme di sviluppo, esercitazione, ridondanza) e la maggiore facilità di migrazione. Senza la pretesa di esaurire l’ampia gamma di software esistenti, è forse utile richiamare a questo punto alcuni tra quelli principali. Nell’ambito dei database geospaziali, a fianco del noto PostGIS si sta affermando di recente anche SpatiaLite, sviluppato in Italia e supportato nativamente in ambito desktop da QuantumGIS. Proprio per l’uso desktop è maggiore la disponibilità di alternative, adatte a diverse modalità – e abitudini – di lavoro: QuantumGIS è noto per la sua semplicità d’uso e per l’interfaccia con GRASS, dedicata all’elaborazione avanzata; gvSIG, forte di una comunità di utenti in continua crescita, gode di una solida reputazione in ambito archeologico grazie all’utilizzo estensivo da parte di Oxford Archaeology, che ha anche messo a punto una versione personalizzata del programma.
25 Passando alla ricca varietà di strumenti, librerie e framework per il web, è irrinunciabile citare OpenLayers (ora arricchito da una versione Mobile), utilizzabile per visualizzazioni e data entry praticamente in tutti gli scenari; su OpenLayers e sui geodatabase visti sopra è basato GeoDjango, un framework completo per la creazione di applicazioni web. Un catalogo esaustivo è oltre gli spazi di questo intervento, e ulteriori informazioni possono essere reperite a partire dal sito web OSGeo così come da quello della Associazione GFOSS.it
Figura 1 - Un esempio di web mapping basato su piattaforma GeoDjango. Codice sorgente disponibile su http://bitbucket.org/steko/thesis-app/.
Due esperienze nate all’interno del progetto IOSA sono particolarmente significative alla luce delle considerazioni qui esposte. La prima consiste nella creazione di un archivio – aperto a tutti coloro che desiderano contribuirvi – per la raccolta e messa in rete di applicativi basati su software e licenze libere che siano compatibili con le varie direttive dell’ICCD in materia di catalogazione e schedatura dei beni culturali (Pesce, Costa, Bianconi 2009). Come è noto, a fianco dei software ad hoc distribuiti ai responsabili della catalogazione, esiste anche una varietà di software (di fattura più o meno artigianale, aspetto tutt’altro che negativo) che viene sviluppata per esigenze specifiche o per adattare i requisiti ICCD all’interno di sistemi già esistenti. Costituire in esperienza condivisa questi strumenti di lavoro è apparso come un obiettivo plausibile e desiderabile, proprio nell’ambito di un processo generalizzato di condivisione di procedure informatiche e non. L’impronta che abbiamo voluto dare è stata quella di una forte integrazione tra software libero (Python), standard riconosciuti (SQL) e licenze libere (GNU GPL, Creative Commons Attribution – Share Alike, Open Database License) per gli stessi contenuti che mettiamo a disposizione. La seconda esperienza, di carattere decisamente più pratico e tecnico, è rivolta alla pratica del rilievo sul campo e consiste in un tentativo (per il momento largamente in progress, e forse destinato a rimanere tale per la sua stessa natura) di standardizzazione per l’ampia gamma di strumentazione dedicata. Il software Total Open Station, sviluppato secondo le pratiche caratteristiche dell’open source, è stato predisposto per interagire con una vasta gamma di strumenti sulla base dei parametri tecnici di connessione, ma anche di elaborare i dati scaricati nei diversi formati in cui vengono forniti. La moltitudine di questi formati, la scarsa documentazione disponibile per la loro implementazione e una tendenza al vendor lock-in sono tra i fattori che rendono questo ambito operativo tra i più distanti dalla standardizzazione, che non è da intendere come una astratta aderenza a specifiche tecniche prefissate, quanto piuttosto come l’effettiva possibilità di passare da un sistema all’altro con il minore attrito possibile.
Figura 2 - Il software libero multi-piattaforma Total Open Station in esecuzione sul sistema operativo Windows Vista.
Attraversando il confine tra due Stati europei con l’auto, possiamo continuare a guidare nello stesso modo (magari con un diverso limite di velocità) e fare rifornimento senza problemi. D’altra parte, incontreremo quasi sempre problemi collegando le apparecchiature elettriche nei molti diversi tipi di presa esistenti. La compatibilità diminuisce queste forme di attrito e facilita il lavoro quotidiano, così come le operazioni ‘eccezionali’ di migrazione. È in questo senso che parliamo di software libero, per l’ampia gamma di possibilità che abbiamo a disposizione nel suo utilizzo, personalizzazione e adattamento. Fino a cinque anni fa, la personalizzazione veniva ritenuta una esclusiva di chi fosse dotato di particolari conoscenze tecniche, ma oggi la situazione è radicalmente diversa per almeno due motivi: da un lato sono ormai numerose le aziende che forniscono servizi per il software libero, garantendo la possibilità di integrare il codice esistente con le proprie esigenze a prezzi di mercato; dall’altro la disponibilità di linguaggi e librerie di programmazione di alto livello allarga notevolmente il numero di potenziali programmatori, anche in un settore tradizionalmente (e ingiustamente) ritenuto assai low tech come quello dei beni culturali. Dal software libero possiamo però trarre un ulteriore spunto, a nostro avviso significativo, nei termini dello sviluppo di un’ottica sistemica, in cui singoli progetti e gruppi di lavoro siano in grado di contribuire alla costruzione di un organismo complesso, piuttosto che essere ‘aggregati’ solo per esigenze particolari e momentanee, con notevole dispendio di energie. Il percorso verso una organicità di questo genere coinvolge, tra gli altri, due aspetti tra loro complementari, ancora largamente sperimentali nel campo dell’archeologia e dei beni culturali: lo sviluppo di Application Programming Interface (API) per il web e l’adozione di licenze libere. Tra le tante mode legate alla diffusione del Web 2.0, la creazione di API web è rimasta stranamente ignorata dal mondo dell’informatica per i beni culturali. Tra i diversi paradigmi adottati, quello maggiormente interessante è il REST (REpresentational State Transfer), basato sulla implementazione estensiva del protocollo HTTP e sull’attribuzione di un URL ad ogni ‘risorsa’ esposta. Per favorire la comunicazione tra applicazioni i dati vengono scambiati in formati leggeri e strutturati come JSON (Javascript Object Notation, di cui esiste anche un’estensione geografica, GeoJSON). Il principio alla base delle API web è la possibilità di ottenere i dati grezzi, privi della loro rappresentazione ‘per umani’ (tipicamente in formato HTML) e adatti a essere rielaborati da altre applicazioni per essere inclusi in nuove visualizzazioni. Questa caratteristica rende di fatto possibile scambiare informazioni tra banche dati con strutture diverse senza necessità di influire sulla struttura stessa: la ristrutturazione’ dell’infor-
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mazione avviene all’esterno della banca dati – determinante è naturalmente la disponibilità di una documentazione relativa proprio alla struttura che ne consenta la comprensione. Tutti i principali web framework open source (implementati in linguaggi di programmazione come Python, Ruby e PHP) rendono agevole la creazione di API REST. Dal punto di vista della gestione e manipolazione delle banche dati culturali, l’adozione di questa pratica permetterebbe un flusso di informazioni gestibile alla scala del Web, in luogo di banche dati ‘mute’ che non comunicano tra di loro e sono ancora oggi concepite essenzialmente per essere consultate secondo parametri e visualizzazioni predefiniti. D’altra parte, può essere aggirato in questo modo il problema ricorrente dell’omogeneizzazione, presa coscienza dell’impossibilità e inadeguatezza di proporre determinate soluzioni tecniche e ontologiche come accettabili per tutti. All’approccio della banca dati statica e ‘in sola lettura’ purtroppo non fanno eccezione anche progetti estremamente significativi come FastiOnLine. In generale l’interoperabilità tra le diverse banche dati non è ad oggi tra le priorità delle istituzioni che le curano, anche se in molti casi sarebbe possibile garantire un elevato livello di interoperabilità con l’aggiunta di semplici funzionalità. Solo raramente sono disponibili interfacce programmabili, come nel caso del portale CulturaItalia, disponibile anche tramite il protocollo aperto OAI-PMH (Open Archives Initiative – Protocol for Metadata Harvesting). OAIPMH è un protocollo nato nel contesto dei repository istituzionali open access, e implementa un ricco set di metadati. Per la natura stessa di CulturaItalia, non è tanto al singolo cittadino quanto all’istituzione o all’impresa che può interessare questa modalità di interrogazione. Qui si innesta il secondo punto di sviluppo indicato sopra, ovvero l’adozione di licenze libere.
Figura 3 – L’integrazione tra standard per la condivisione efficace di dati e informazioni in ambito culturale.
L’importanza delle licenze d’uso e riuso delle banche dati per i beni culturali, a cui il progetto IOSA ha dedicato nel 2009 un incontro specifico (IOSA 2009), è un secondo tema largamente inesplorato nonostante le interessanti opportunità che è in grado di offrire. All’ordine del giorno nelle agende digitali di molti governi, gli open data sono caratterizzati dalla licenza d’uso che ne rende possibile l’utilizzo e il riutilizzo senza significative limitazioni, anche per fini commerciali. La possibilità di applicare un simile paradigma al patrimonio culturale italiano è, di fatto, solo in minima parte ostacolata dal particolare regime di limitazioni caratteristico del nostro ordinamento legislativo. Al contrario, non esiste nessuna significativa controindicazione alla pubblicazione in rete di banche dati risultanti da ricerche di carattere scientifico o da esigenze amministrative, né tanto meno alla loro disponibilità secondo i termini di licenze libere – del tutto equivalenti a quelle ben note del software libero e open source. Studi recenti, così come iniziative di ampio respiro a livello europeo (Europeana) indicano che la disponibilità di banche dati di beni culturali digitali è un importantissimo strumento di sviluppo per l’Unione Europea, non solo in am-
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Figura 4 - Europeana, il portale europeo per l'accesso al patrimonio culturale digitale.
bito culturale ma prima di tutto sul piano economico – fino a costituire una infrastruttura di prim’ordine finanziata da interventi pubblici in massima parte già attuati. Come coniugare queste valutazioni ottimistiche con un quadro italiano ancora tutto da costruire? Banche dati liberamente accessibili in rete sono già di per sé abbastanza rare, e rimangono più spesso di accesso limitato agli studiosi, a gruppi di ricerca ristretti o a funzionari addetti ai lavori. Anche i potenziali ‘consumatori’ non hanno forse una idea compiuta di cosa significhi avere dati a disposizione invece di siti web o pubblicazioni cartacee. Forse è arrivato il momento di mettere i nostri dati a disposizione degli altri, e chiedere a tutti di fare altrettanto, nelle soprintendenze, nelle imprese e nelle università, seguendo anche in questo caso buone pratiche internazionali (Pollock 2011) ed evitando il più possibile di reinventare la ruota nella diffusa convinzione di essere sempre speciali. Sarà la società a decidere cosa deve durare nel tempo anche dopo che i creatori originali abbiano abbandonato la propria opera.
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Figura 5 - Pleiades, un atlante digitale del mondo antico i cui contenuti sono disponibili con licenza Creative Commons – Attribution.
Il progetto IOSA Il progetto IOSA nasce nel 2004 a Genova, presso il Gruppo Ricerche dell'Istituto Internazionale di Studi Liguri, ed è attualmente uno spin-off indipendente. La prima fase sperimentale è stata funzionale alla valutazione del software libero come approccio globale all'informatica in archeologica, superando un approccio strumentale centrato sul software come prodotto da acquisire. A partire dal 2007, con l'apertura di un nuovo filone di ricerca sulla condivisione dei dati della ricerca, si è aperta una nuova stagione che porta al confronto sul tema del software libero in archeologia anche a livello internazionale (collaborazione con Oxford Archaeology). A fronte di una progressiva adozione del software libero in ambito archeologico, IOSA individua nell'open access e nei diritti d'autore un nuovo importante ambito di ricerca, non come argomento indipendente ma al contrario strettamente integrato con il software. Infatti, dal 2008 il progetto IOSA ha realizzato diversi progetti di sviluppo, con l'obiettivo dichiarato di favorire una maggiore consapevolezza verso l'adozione di procedure standardizzate e la creazione di strumenti condivisi di indagine e analisi. Nel 2010 IOSA ha partecipato con Luca Bianconi al Google Summer of Code, contribuendo al software gvSIG.
RIFERIMENTI • • • • • • •
www.osgeo.org www.gfoss.it http://tops.berlios.de/ http://iccd.iosa.it/ www.fastionline.org/ www.culturaitalia.it www.europeana.eu/
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PAROLE
CHIAVE
Software libero, open data, best practices, condivisione.
ABSTRACT IT for Cultural Heritage Free and open source software are increasingly widespread in IT for Cultural Heritage. Is this adoption an effective guarantee of optimal technical choices, or is it rather just an ingredient towards the sustainability of our documentation and archiving systems? The IOSA project suggests that only integration between a mid-long term attitude and adoption of best practices for the systematic sharing and dissemination of data is able to ensure this sustainability.
AUTORE STEFANO COSTA UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI SIENA, DIPARTIMENTO DI ARCHEOLOGIA E STORIA COORDINATORE DEL PROGETTO IOSA STEKO@IOSA.IT
DELLE
ARTI
RESTAURO
INDAGINI DIAGNOSTICHE INTEGRATE EX POST PER IL MONITORAGGIO DI INTERVENTI DI RESTAURO ARCHITETTONICO IL CASO DELLE COPERTURE LIGNEE DI PALAZZO DA VARANO A CAMERINO (MC) di Vittorio Ceradini e Alessia Bianco
Figura 1 - Camerino e Palazzo Da Varano (1).
La diagnostica strumentale in situ ha acquistato, da circa un ventennio, un ruolo determinante nella fase di definizione progettuale del restauro architettonico soprattutto conservativo; molto meno diffusa è invece la pratica della sua applicazione in corso o a fine d’opera, per verificare la corretta esecuzione o la validazione degli interventi proposti. L’articolo riporta il caso studio di una campagna diagnostica ex post, realizzata presso alcune coperture lignee di Palazzo Da Varano a Camerino (MC). PREMESSA La diagnostica strumentale in sito rappresenta uno strumento importante nel restauro architettonico conservativo e da circa un ventennio è sempre più diffusamente utilizzata anche nel restauro di fabbriche non di carattere monumentale o di rilevante tenore testimoniale, trovando una certa adesione altresì nel tecnico generalista, che si interessa di restauro, mostrando sempre più una nuova sensibilità e consapevolezza della circostanza per cui l’approfondimento conoscitivo dell’edificio permette di minimizzare e qualificare l’intervento di restauro, con una riduzione non solo dei costi, ma anche dei tempi e dei rischi connessi alle soluzioni adottate. Tuttavia la diagnostica strumentale in situ ad oggi trova applicazione quasi esclusivamente nelle fasi di definizione progettuale degli interventi, quindi prevalentemente nell’accezione in cui essa possa rappresentare un supporto alla conoscenza del palinsesto dell’edificio, alla comprensione degli aspetti tecnico-costruttivi e alla definizione delle capacità comportamentali, soprattutto strutturali, delle fabbriche antiche. Meno diffuso è invece l’impiego delle tecnologie diagnostiche strumentali in corso d’opera o a conclusione di un intervento di restauro; difatti, se si escludono le procedure relative alle attività di collaudo, è piuttosto raro che la diagnostica
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strumentale venga ad essere impiegata in fieri o ex post, per verificare l’efficacia della soluzione progettuale scelta o per effettuare un controllo di coerenza tra progetto ed eseguito, se non in concomitanza di contenziosi o in circostanza del verificarsi di difformità, anomalie e problemi emergenti a conclusione delle opere. Eppure l’introduzione di questa prassi nel restauro conservativo, anche non monumentale, omologamente poco costosa se si correla ai rischi connessi, potrebbe rappresentare uno strumento utile alle tutela di tutti gli attori (non solo il committente, ma anche il progettista, le ditte fornitrici, l’impresa esecutrice, la DL, ecc.), secondo un orientamento che vede in altri settori specialistici, ad esempio quello infrastrutturale, una pratica ormai consolidata e ampiamente normata. E’ in tale ottica che si presenta un’esperienza di diagnostica strumentale ex post, realizzata presso il Palazzo Da Varano di Camerino (fig. 1), sede dell’Ateneo cittadino, oggetto pochi anni fa tra l’altro di un intervento locale di sostituzione delle alcune copertura, ove è stata di realizzata una recente campagna diagnostica, atta a verificare la presenza di anomalie e problematiche connesse alle scelte di progetto e ai materiali impiegati.
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Tecnologie per i Beni Culturali IL CASO STUDIO Palazzo Da Varano di Camerino, anche detto Palazzo Ducale, è il più esteso complesso monumentale residenziale fortificato della città; di fondazione duecentesca, ha vissuto una prima importante fase di espansione e riorganizzazione formale in età pieno rinascimentale e nel tempo un insieme di ampliamenti, rifusioni, sopraelevazioni, connesse alla densa vita funzionale, che oggi lo vede in parte ospitare talune sedi universitarie e in parte istituzioni museali e culturali. L’edificio è stato oggetto negli ultimi anni di diverse opere di restauro, conseguenti ai danneggiamenti subiti in occasione del sisma del 1997.
Figura 2 – Elaborati di progetto, stralcio (2).
29 buone proprietà meccaniche e di durevolezza, in relazione al su peso di volume (2). Ad alcuni anni dalla realizzazione dell’intervento, nel corso dei quali le opere avevano mostrato adeguatezza e i materiali coerenza comportamentale, si è manifestata, in assenza di straordinarie cause perturbatrici esterne, come può essere il sisma, una fessurazione atipica di una catena lignea di capriata, in corrispondenza di un nodo catena-puntone e la presenza di un blando attacco xilofage a carico di alcuni arcarecci, in corrispondenza dell’appoggio al muro; di qui l’opportunità di realizzare una campagna investigativa in situ, atta a eseguire una validazione d’insieme e a verificare lo stato conservativo locale; la circostanza ha costituito anche un’occasione di riflessione, su dati numerici qualitativi e qualitativi, dell’adeguatezza della scelta del rovere, rispetto ad essenze più ordinarie, quali ad esempio il castagno. LA CAMPAGNA DIAGNOSTICA: PROGRAMMAZIONE, ESECUZIONE, RISULTANZE La progettazione della campagna diagnostica (fig. 4) ha dovuto rispettare alcune precise istanze; in primo luogo, tenuto conto che la destinazione funzionale delle sale ad aule universitarie, la campagna doveva essere speditiva, così da poter minimizzare i tempi di esecuzione e elaborazione delle risultanze in sito; inoltre l’impossibilità di realizzare ponteggi estesi ha suggerito di eseguire delle indagini con strumentazioni in situ leggere, quasi manuali (3). Ciò ha portato all’esclusione di indagini termografiche di tipo attivo, non potendo raggiungere le strutture con adeguate fonti di calore; né le condizioni di rigore climatico del periodo di svolgimento della campagna hanno indicato l'applicazione di indagini termografiche passive. Inoltre l’indagine ispettiva generale non aveva suggerito problematiche specifiche locali; di qui la scelta di seguire due livelli di approfondimento conoscitivo. Si è determinato pertanto di eseguire una prima campagna diagnostica estesa, tramite l’utilizzo di strumentazione ad ultrasuoni per il rilevamento dei tempi di volo, specificatamente calibrata per l’essenza lignea in oggetto; a tal riguardo deve evidenziarsi la difficoltà di reperimento di una bibliografia di riferimento nel settore diagnostico non distruttivo; il vantaggio di questa tecnica, nel caso applicativo specifico ,è stato, oltre alla leggerezza dell’apparecchiatura, anche la circostanza per cui, essendo un’investigazione non distruttiva e non invasiva, poteva eseguirsi in modo diffuso (tant’è che sono state eseguite 65 indagini soniche su maglia quadrata di 10 punti con metodo per trasparenza ove possibile -35 puntie per metodo diretto- nei punti ove la prima metodologia non era applicabile per le condizioni al contorno, quali prossimità alle murature d’ambito, presenza di scale ed arredi, ecc.).
Figura 3 – Una capriata in rovere.
Tra queste è interesse specifico di questa trattazione la realizzazione di un intervento che ha visto tra l’altro la predisposizione di opere di sostituzione delle coperture lignee di alcune sale destinate ad aule didattiche, al fine del miglioramento del comportamento sotto azione sismica; la soluzione adottata, di tipo conservativo, ha visto la messa in opera di un sistema di incavallature lignee, in linea generale capriate, adeguatamente rese solidali alle cimase murarie tramite un cordolo sommitale in muratura, con soprastante sistema di ordito secondario arcarecci-fette-pianelle-manto, conformi al lessico costruttivo locale tradizionale (fig. 2-3). Per la realizzazione delle capriate e degli orditi di copertura è stato utilizzato per un vano il castagno, per altri il rovere, un’essenza diversa da quella originariamente impiegata, pur tuttavia ampiamente nelle applicazioni strutturali, grazie alle sue
ISPEZIONE VISIVA GENERALE
INDAGINE NON INVASIVA ESTESA ULTRASUONI
INDAGINE GINE MICROINVASIVA LOCALE PENETROMETRO
Figura 4 – Il protocollo diagnostico, sintesi.
CORRELAZIONE ONE DATI E DIAGNOSI
INDAGINI ULTRASONICHE Generalità L’indagine è finalizzata alla conoscenza dei tempi di propagazione di impulsi di vibrazione nelle strutture, fra una o più coppie di punti di rilievo. Con questa prova è possibile misurare la velocità di propagazione degli impulsi ultrasonici, intesa come rapporto fra la distanza tra i punti di rilievo e tempo di transito impiegato. L’utilizzo di ultrasuoni fornisce informazioni su ciò che si incontra nello spessore attraversato dagli impulsi e quindi sulle parti interne degli elementi in prova. Questa indagine può essere utilizzata per valutare l’omogeneità del mezzo indagato, con la possibilità di individuare la presenza di vuoti interni o di fessure. Poiché la velocità con cui gli impulsi vibrazionali si propagano in un mezzo è funzione delle caratteristiche elastiche del mezzo (modulo di elasticità e rapporto di Poisson dinamici) e della sua densità, considerato che le disomogeneità (per esempio fessure, zone degradate, cavità, ecc.) fanno variare la velocità di propagazione, riflettendo e rifrangendo l’onda di vibrazione, attraverso le indagini ultrasoniche, si possono valutare: stato di degrado delle strutture; modulo di elasticità dinamico; coefficiente di Poisson dinamico. Apparecchiatura L’apparecchiatura è composta da: 1. una sonda emittente impulsi di vibrazioni meccaniche in sincronismo con un segnale elettrico; 2. una sonda ricevente le vibrazioni meccaniche, trasformandole in segnali elettrici; 3. un dispositivo di amplificazione regolabile e di trattamento del segnale emesso dalla sonda ricevente; 4. un dispositivo elettronico di misura dell’intervallo di tempo fra istante di emissione ed istante di ricezione dell’impulso o della parte di esso analizzata. La misura dei tempi di propagazione degli impulsi di vibrazione viene normalmente eseguita secondo le tre diverse modalità: per trasparenza - semidiretta - indiretta. Metodi di trasmissione a) Metodo di trasmissione diretta (per trasparenza): applicando i trasduttori su due superfici opposte dell’elemento da saggiare. b) Metodo di trasmissione semi - diretta (diagonale): applicando i trasduttori su due superfici adiacenti dell’elemento, in genere ortogonali. c) Metodo di trasmissione indiretta (superficiale): applicando i trasduttori su una stessa superficie dell’elemento da saggiare. L’energia del segnale prodotto dalla sonda emittente è normalmente massima nella direzione perpendicolare alla superficie di accoppiamento.
Figura 5 – Localizzazione indagini ultrasoniche (UL) e penetrometriche (RE), pianta.
La capacità di ottenere con questa tecnologia le risultanze quantitative contestualmente alla prova, ha potuto suggerire in tempo reale la presenza di problemi non riscontrabili all’ispezione visiva e di anomalie su cui programmare un approfondimento conoscitivo locale di dettaglio (fig. 5). La campagna ultrasonica, relativa ai puntoni e alle catene in castagno ha evidenziato valori prossimi a quelli caratteristici delle essenze strutturali dure (150μs<tempi di volo>205 μs); di contro gli elementi in rovere hanno evidenziato non solo valori di tempi di volo generalmente bassi (tempi di volo medio=125μs), ma fortemente variabili da punto a punto dello stesso elemento, anche in posizioni piuttosto prossime (75μs<tempo di volo>175 μs), fornendo così indicazione di un’anisotropia comportamentale del rovere significativamente più incidente del castagno, sebbene la morfologia sembri suggerire un’opposta caratterizzazione. Tali evidenze appaiono ancor più evidenti se si tiene conto che si tratta di capriate di basso livello di vetustà e attacco xilofage solo episodico. La seconda fase del protocollo diagnostico ha visto pertanto l’esecuzione di 8 prove penetrometriche; 6 sono state localizzate presso i punti, ove peggiori erano le prestazioni dei tempi di volo degli elementi in rovere (tempo di volo<75μ) e due in punti caratterizzati da tempi di volo ordinari (tempo di volo>175μ), di cui 1 su catena in legno e 1 su catena in castagno, così da disporre di elementi di raffronto nell’analisi qualitativa dell’andamento dei profili resistografici. La prova, sebbene non suscettibile di generalizzazione per il carattere propriamente locale della prova, tuttavia ha dato conferma di una variabilità comportamentale dell’essenza di
Metodologia di prova La superficie dell’elemento in prova, nei punti di applicazione delle sonde, deve essere pulita, sufficientemente piana, levigata mediante smerigliatura qualora risulti eccessivamente rugosa per permettere un contatto uniforme con le sonde. Misura del tempo di propagazione Lo strumento fornisce sul display digitale il valore del tempo di propagazione, espresso in microsecondi, approssimato all’intero per tempi non minori di 100 μs, e alla prima cifra decimale per tempi minori di 100 μs. Attrezzature utilizzate per la misura del tempo di propagazione Per la misura del tempo di propagazione delle onde ultrasoniche attraverso il materiale, è stato utilizzato nel caso specifico il rilevatore ad ultrasuoni portatile - modello C368 - fornito di unità elettronica digitale, coppia di cavi, due sonde a contatto da 55 KHz diametro 1”. Ha una risoluzione e precisione di 0,16 msec. e un conteggio massimo di 9999 msec. Figura 6 – Profilo resistografico di arcareccio in castagno (sopra) e di puntone in rovere (sotto).
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Tecnologie per i Beni Culturali rovere (fig. 6 sopra), che la pone in condizioni di affidabilità minore rispetto ad altre essenze, tra cui il castagno stesso (fig. 6 sotto). La possibilità di integrazione delle risultanze ultrasoniche con quelle resistografiche non solo ha permesso di dare validazione al protocollo diagnostico programmato, ma anche di confermare l’anomalia comportamentale del rovere a raffronto con il castagno, che già le sole indagini ultrasoniche avevano paventato. Ciò anche in considerazione del fatto che l’esecuzione delle indagini, presso la copertura di una sala prospiciente, coperta con omologa struttura, ma in castagno, ha portato ad escludere la presenza di una problematica connessa alle condizioni ambientali e termoigrometriche al contorno o ad una inidonea scelta d’intervento. Difatti l’indagine integrata rilevamento ultrasonico-test penetrometrico sugli elementi in castagno ha fornito risultanze del tutto attese e ragionevoli per una copertura di recente realizzazione e in essenza forte. Di qui l’evidenza di una variabilità comportamentale del legno di rovere, sia in termini strettamente materici, come evidenziato dalle indagini ultrasoniche, che comportamentali, come appurato, seppure in termini solo qualitativi, tramite le prove penetrometriche, anche alla luce della presenza di un blando attacco biotico (4), consistente in marciume, sebbene di entità notevole, e in un’aggressione xilofage, che all’ispezione visiva, appare avere compromesso solo gli strati corticali, evidentemente più esposti a detto rischio e ricchi di nutrienti, anche se la mancanza di rosume indirizzi a ipotizzare che l’attacco fosse terminato o inibito, al momento dell’esecuzione dell’investigazione ispettiva (fig. 7). Le risultanze strumentali integrate, di cui sopra, anche qui hanno dato computezza della circostanza per cui il legno di rovere appare meno durevole, rispetto al castagno, anche nei confronti del rischio biotico fortificando l’ipotesi di una inadeguata affidabilità prestazionale di questa essenza, nel caso di specie. CONCLUSIONI La realizzazione di questa campagna diagnostica ex post ha potuto portare a due considerazioni. In termini generali la possibilità di realizzare delle indagini investigative alla conclusione di un intervento, specialmente se è trascorso un adeguato lasso temporale, può rappresentare un’occasione importante per verificare l’adeguatezza delle scelte di progetto e la rispondenza tra le aspettative ad esso correlate e quanto effettivamente verificatosi. In secondo luogo si è osservato che la scelta del rovere non ha risposto pienamente ai requisiti tecnici per cui era stato sele-
31 INDAGINI RESISTOGRAFICHE Generalità Il resistografo permette di individuare le variazioni di densità tra legno sano e legno degradato ed effettuare una diagnosi sul posto di aree di decadimento interno del materiale indagato. La resistenza opposta alla perforazione dipende principalmente dalla densità del legno. Quest’ultima rappresenta uno dei valori caratteristici del materiale e permette di trarre conclusioni sullo stato di degrado del legno in una particolare sezione. Tecnica operativa Lo strumento è composto da un sofisticato trapano, dotato di una punta del diametro di 1.5 mm, che penetra nel legno con movimento combinato di rotazione e avanzamento, a velocità costante. La resistenza incontrata nella penetrazione viene rappresentata in un grafico, composto da un sistema cartesiano piano ortogonale che, sull’asse delle ascisse, misura in cm la profondità di penetrazione della punta del trapano e sull’asse delle ordinate, la resistenza alla penetrazione. Con questa indagine è possibile individuare i difetti e le patologie dell’elemento analizzato, che, in genere, possono dipendere dalla presenza di nodi, discontinuità tra gli anelli di accrescimento, fessurazioni, patologie del midollo, cavernosità da attacco di insetti, aree interne di decadimento, etc. Apparecchiatura utilizzata Per lo svolgimento delle indagini resistografiche in oggetto è stato utilizzato un resistografo da legno IML RESI F400. La profondità di penetrazione è di 385 mm e la definizione del profilo è di 0.1 punti per mm.
zionato e che la letteratura di settore suggeriva, soprattutto se posto in correlazione al castagno. E’ pure necessario evidenziare che detta valutazione non può assumersi a carattere generale, essendo strettamente correlata al caso in specie, e che solo una ragionevole estensione della ricerca a circostanze applicative omologhe può fortificarne la validità.
NOTE (1) Zucconi Galli Fonseca Corrado (a cura di) 1999, Le mura di Camerino, atti del Convegno Passeggiata intorno alle mura di Camerino, quaderno n. 32 collana “Camerino, Città e Cultura”, Camerino. (2) Interventi di riparazione, miglioramento sismico e restauro delle parti di Palazzo Da Varano danneggiate dal terremoto del 1997-Progetto esecutivo; Progetto: arch. Gaia Remiddi (capogruppo), arch. Paolo Angeletti, arch. Vittorio Ceradini, arch. Guido Martini, Studio ing. Borsoni; Responsabile del procedimento: Università di Camerino-Divisione tecnica geom. Giuseppe Tomassini; 2002-2003. (3) La campagna diagnostica strumentale in situ è stata programmata, condotta e validata dalla Sezione SIS (Sezione Indagini in Situ) del Laboratorio di ricerca sperimentale M.A.RE. (Materiali ed Analisi per il restauro) del Dipartimento PAU (Patrimonio Architettonico ed Urbanistico) dell’Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria; si ringrazia pertanto la prof. arch. Simonetta Valtieri, direttore del Lab. M.A.RE. (4) Si ringrazia il prof. dr. Vincenzo Vacante e il dr. Carmelo Peter Bonsignore, rispettivamente professore associato e ricercato di Entomologia generale e applicata presso l’Università degli studi Mediterranea di Reggio Calabria, per il prezioso coadiuvo nella comprensione delle problematiche biotico-conservative del caso di studio. Figura 7 – Trave interessata da lieve attacco biotico.
Figura 8 - Vista dall'alto del Palazzo da Varano.
Figura 10 - Pianta topografica.
ABSTRACT
Figura 9 - Vista di Camerino da una cartolina storica.
BIBLIOGRAFIA Augelli F. (2006) La diagnosi delle opere e delle strutture lignee: le ispezioni, Saonara: Il prato. Aveta A. e monaco. M. (2007) Consolidamento delle strutture in legno: diagnostica e interventi conservativi Napoli: Edizioni scientifiche italiane. Bianco A. (a cura di) (2010) La casa baraccata. Guida al progetto e al cantiere di restauro, Roma: GBeditoria. Dalpra M. (2007) Degrado biotico del legno: riconoscimento e metodi di lotta, Torino: Piazza. Gambetta A. (2010) Funghi e insetti nel legno: diagnosi, prevenzione, controllo, Firenze: Nardini. Tampone G. (1996) Il restauro delle strutture di legno: il legname da costruzione, le strutture lignee e il loro studio, restauro, tecniche di esecuzione del restauro, Milano: Hoepli. Valtieri S. (a cura di) (2010) Atti del Symposium Internazionale “Gli insetti e le opere d’arte lignee: degrado e restauroReggio Calabria 8 luglio 2010”, Roma: GBeditoria.
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Integrated investigations for monitoring of architectural restoration: the case of a wooden roof of Palazzo Da Verano in Camerino (MC) The restoration of architectural structure, especially in recent years, has seen an implementation of sensitivity of professionals and practitioners to potentialities of in situ non-destructive diagnostics, especially in reference to possibility of assessment of behavioral characteristics and determination of pathological conditions of materials and technological components of historical buildoings, especially of monumental character, and this partly due to entry into force of, although discussed, NNTC'08. However, if the diagnostics has become quite popular even in current practice of architectural restoration of not significant buildings, this generally appears to turn first to deserve an evaluating support preventative and predictive, si aimed to assist during the planning; more rare instead is to use diagnostic technologies in order to evaluate the successful implementation and ongoing correspondence with directions of the project, and even more sporadic is to use NDT in summary phase, in order to realize a ex post monitoring of effectiveness of intervention, both in terms of adequacy of planning choices and correct implementations. The case of the wooden roofs of some rooms of Palazzo Da Varano in Camerino represents an example of how an integrated ex post diagnostics, created with a mapping of extended diagnostic non-invasive ultrasonic tests, and timely analysis with microinvasive penetrometric test, has have suggested guidelines on the appropriateness of the intervention carried out and was able to suggest information to establish small local improvements, aimed at dealing with one choice is not entirely suitable kind of wood used for new trusses, such as a replacement of a chain-strut node, before complications such structural problems could escalate into more complex and therefore more costly circumstances, in terms of risks and associated costs.
PAROLE
CHIAVE
Diagnostica, legno, restauro, ultrasuoni, penetrometria
AUTORI VITTORIO CERADINI VITTORIO.CERADINI@UNIRC.IT ALESSIA BIANCO ALESSIA.BIANCO@UNIRC.IT DIPARTIMENTO PAU, UNIVERSITÀ MEDITERRANEA
DI
REGGIO CALABRIA
Vittorio Ceradini ha scritto la premessa, la descrizione del caso di studio e le conclusioni, Alessia Bianco è l’autrice del paragrafo La campagna diagnostica: programmazione, esecuzione, risultanze.
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Light for Art Laser for Conservation Tecnologie per i Beni Culturali
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SOLUZIONI tecnologiche per il RESTAURO Il Gruppo El.En. S.p.A. contribuisce con i suoi sistemi laser alla conservazione del patrimonio storico e artistico ormai da due decenni, proponendo soluzioni sempre più innovative, sviluppate in collaborazione con i maggiori centri di ricerca nazionali. L’obiettivo dei ricercatori del Gruppo El.En. è quello di fornire ai restauratori la più completa e avanzata gamma di prodotti da impiegare sia in laboratorio che in cantiere nelle più diverse e difficili condizioni di lavoro. Affidabilità, praticità, flessibilità, elevate prestazioni e la costante validazione in campo da parte dei maggiori esperti del settore della conservazione, fanno sì che i sistemi laser del Gruppo El.En. siano i più diffusi e vengano impiegati nei più importanti cantieri di restauro in Italia e all’estero.
El.En. S.p.A. ELECTRONIC ENGINEERING www.elengroup.com - conservazione@elen.it
ARTE E SCIENZA
VILLA LUDOVISI DALL’AEROFOTOGRAMMETRIA AL SATELLITARE di Francesca Salvemini Le risorse geospaziali e di mashup consentono di avere a disposizione strumenti di indagine anche per luoghi difficilmente accessibili anche dove, fino a pochi anni fa, l’accesso da immagini aeree era precluso per motivi di sicurezza, l’avvento di Google map in questo senso ha aperto nuovi orizzonti all’interpretazione aerea. Figura 1 - Immagine da satellite di Villa Ludovisi.
D
al 1925 nell’aerofotografia, nell’aerofotogrammetria e nell’immagine satellitare è immutato l’assetto della veduta dall’alto dei due corpi di fabbrica dell’Ambasciata USA a Roma e della storica Villa Ludovisi (fig.1), nel 1946 interamente sede territoriale statunitense insieme al Palazzetto della Regina Margherita sull’angolo di Via Veneto. Con l’accesso alla webcam dell’ultima ora di Google Maps puntata da satellite sono rilevabili, mirati alla scala del volo da pallone frenato, la disposizione planimetrica a T dei due edifici dell’Ambasciata e del Palazzo Ludovisi e il coronamento della facciata centrale nella sua volumetria, com’era rappresentata dalle ipsografie del parco preesistente l’apertura di via Veneto, con alle spalle il Palazzo Barberini. Nel frazionamento di fine Ottocento del quartiere Boncompagni Ludovisi sono scomparsi all’entrata del complesso monumentale gli ambienti della Galleria delle statue del Palazzino Capponi nell’inventario Ludovisi del 1633 o “lo scompartimento del boschetto delle statue”architettura di Domenichino nelle Vite di Giovan Pietro Bellori (fig.2, che nella Nuova pianta et alzata della Città di Roma di Giovanni Battista Falda è dettagliato, nella pianta di Etienne Dupérac alla fine del Cinquecento prossimo ad una vigna Orsini. Nel 1741 Il Mercurio Errante di Pietro Rossini vi descriveva la scultura del “Fanciullo d’Ercole, ovvero Amore, che dorme.” Venduto dal cardinale Del Monte nel 1597 il terreno conteso e acquistato da Pietro Aldobrandini, limitrofo all’area urbanistica, era compreso dall’incisione della Pianta
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del Giardino dell’Eccel.mo Signor Prencipe Ludovisi a Porta Pinciana” di Giovanni Battista Falda, nel teatro dei Giardini di Roma con le loro piante alzate e vedute in prospettiva, il Casino della Guardarobba verso Porta Pinciana, che alle soglie del Seicento spartiva all’altra estremità del parco le proprietà Aldobrandini. La topografia del parco Ludovisi è percorribile nella sua estensione a via Francesco Crispi, la strada di Porta Pinciana che delimitava Villa Medici, sia cliccando la miniatura del link di trascinamento pedonale di Street View, che aumentando la percentuale di zoom fino allo scorrimento del video. Lungo il tratto che va dal Casino Boncompagni Ludovisi all’altezza del portale della Villa Medici verso Porta Pinciana - che era stato del cardinale Del Monte, adornandone Caravaggio una stanza, “il Camerino della sua distilleria”, come avrà riferito Giovan Pietro Bellori nel 1672, e Ludovisi nel corso del XVII secolo - all’altrettanto superstite Camerino (fig.3) del cardinale Del Monte sul filo della sede stradale verso il Quirinale. Il Dialogo de la Pintura di Vicente Carducho edito nel 1633 ha segnato lo spartiacque degli studi novecenteschi sulla cronologia romana di Caravaggio: “En nuestros tiempos se levantò en Roma Michael Angelo de Carabaggio, en el Pontificado del Papa Clemente VIII.” La “licencia” nel dipingere del caravaggismo era stata sottolineata nel Dialogo da Carducho come una peculiarità del pittore, come della “commodità” del dipingere ad olio, sulle pareti del Casino Ludovisi prima che altrove nella volta di quel camerino, si sarà fatto portavoce Bellori nelle
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Tecnologie per i Beni Culturali Vite e nel sonetto dedicatogli nelle Vite di Giovanni Baglione: “…E con verace finto lasciare il ver delle sue larve a tergo.” Giovanni Baglione dirà dei Domenichino: “Al Giardino del Principe Ludovisio su’l Monte Pincio, oltre alcuni bellissimi paesi a olio di non ordinario stile, ve n’è pur uno a fresco.” Nella raccolta della Loggia Del Monte nel Palazzo Borghese a Ripetta era attivo lo scultore Tommaso della Porta, come nella villa Ludovisi lo sarà Alessandro Algardi. La risonanza della testa di Medusa nelle cornici delle lunette dell’atrio del Casino, le monete tromp l’oeil di Francesco Zucchi. La Nota delli Musei situava alla metà del Seicento le raccolte di Fulvio Orsini di gemme e cammei nella topografia romana, collocandole nel palazzo di Flavio Orsini a Monte Giordano. Nella villa del cardinale Virgilio Orsini inoltre: “…nel suo Giardino fuori la Porta del Popolo da Sua Eminenza è stato raccolto un curioso et nobile Museo di cose naturali et peregrine, et di varie altre di antichità, et di artificio.” Giardini archeologici Orsini erano infine a S. Croce in Gerusalemme. L’antiquario di Paolo Emilio Cesi, da Giorgio Vasari, da Pirro Ligorio, da Ulisse Aldrovandi descritto in casa Cesi nei pressi di S. Pietro in Borgo e illustrato da Giovan Battista Cavalieri, era appartenuto in via della Maschera d’Oro al linceo Federico Cesi duca d’Acquasparta: “Nella strada Flaminia si vede la Villa Cesi…” nel Viaggio curioso di Pietro Sebastiani del 1683. Dov’erano la statua della Roma trionfante Cesi, il bassorilievo della Dacia, i bruni Re Daci del Portico di Palazzo dei Conservatori progettato da Alessandro Specchi nel pontificato Albani con le statue Ruffini di Cesare e di Augusto, e i leoni egizi della scalinata capitolina. Alla stessa scala nella mappa satellitare dell’elevato Casino Del Monte, che, con quattro avancorpi e al confine di Villa Medici, al rez de chaussée ostenta Guercino, “di cui mano è l’Aurora nella Volta di una Sala terrena con Paesi del Domenichino” la Nota delli Musei, all’opposto versante nel perimetro della lottizzazione del parco si configura tuttora, di dimensioni approssimabili all’altro con pianta a croce, la longilinea struttura architettonica della villa grande comprata dai Ludovisi. Perimetrabile da satellite sull’antica via Salaria, com’era stata nascosta nel Novecento, sul fronte stradale dell’elegante arteria di via Veneto, dal Palazzo dell’Ambasciata americana nell’assetto attuale: i partimenti e le volute delle facciate nei secoli scorsi sono documentati dai collodi, dalle prese dal pallone aerostatico e con teleobbiettivo catadiottrico. Nella Felsina pittrice Carlo Cesare Malvasia affermò che Guercino: “Fece molti freschi nella Vigna di Papa Gregorio [n.d.r.: Ludovisi], detta la Vigna Ludovisia”, assegnandone le quadrature ad Agostino Tassi. E affermò che lo stesso Guercino dipingesse ”alla bella prima” l’estemporanea grottesca degli scherzi d’acqua delle scalinate di Domenichino di Villa Ludovisi nella Sala degli “Amoretti nella ghirlanda” di Domenichino a dire delle Vite di Bellori, e cioé uno dei paesaggi in gara con Paul Bril, Giambattista Viola e Domenichino della complicata volta tra monocromi di ghirlande e statuari puttini, per i quali ultimi è Baglione, non smentito da Malvasia, a fare il nome di Giovanni Valesio: “Dipinse in quel palagio alcune statue con diversi capricci di puttini in fresco coloriti.” Il Viaggio curioso di Pietro Sebastiani scopriva il Palazzetto com’era nel 1683: “circondato da teatro ornato di statue, e Pili [n.d.r.: sarcofagi] antichi, e pitture à fresco del Guercini, che figura Figura 2 - C. Berentz, Galleria delle statue di l’Aurora di gran forza, e Villa Ludovisi, GNAA di Palazzo Corsini, Roma.
35 disegno.” Famiano Nardini nella Roma antica edita nel 1704 aggiungeva come nell’area fossero: “Le vestigia d’un Circo, i cui muri, e sedili erano congiunti alle rupi del Quirinale da una parte, e del Pincio dall’altra, ch’ivi stanno à fronte, e vicini; nel cui mezzo era gli anni addietro un’Obelisco rotto intagliato di geroglifici, e hoggi è nel Giardino Ludovisiano”, annotato Figura 3 - C. Berentz, Casino della Guardadallo stesso Sebastiani: roba, GNAA di Palazzo Corsini, Roma. “Giace in terra una gran Guglia antica, che giaceva nel cerchio vicino negli orti Salustiani.” L’obelisco degli Orti sallustiani alzato infine a Trinità dei Monti , era stato trovato nella sua vigna da Gabriele Vacca e rilevato a terra in pianta da Mario Cartaro, e interpretato e inciso nelle quattro facce da Attanasio Kircher nel 1654 con l’emblema di Niccolò Ludovisi, ‘modo Ludovisium’. L’obelisco piccolo del labirinto dei Giardini del Quirinale, avvistabile in Google Maps, era forse un’altra delle guglie del parco Ludovisi che ne reintegrava la studiata suggestione in antico di Domenichino: ‘en plein air’ la tecnica d’improvvisazione del colonnato della villa del paesaggio di Guercino. L’Aurora con i venti, Argeste e Zefiro seduti sulla biga, un volo di rondini, Titone e le Ore, raffigurate con una guglia nella lorica dell’Augusto di Prima Porta, e l’arcobaleno di Amorini si trovano nelle camere del piano terreno del Casino del Monte; al primo piano il Camerino di Ganimede e in un’altra camera la Fama, secondo Malvasia la Pace, in cui l’atmosfera è mossa da venti e nuvole: ogni spazio attraversato dal volo di uccelli. La Fama raffigura seduta con un globo Pallade e Apollo, figlio di Latona, con l’Onore e le corone, l’orizzonte, l’Atena e l’Apollo Ludovisi del Museo Nazionale Romano, che arricchivano la collezione di reperti dell’Arco di Gallieno a S. Maria Maggiore. La favola archeologica della Niobe di Villa Medici agli Uffizi, trovata a S. Giovanni in Laterano nelle Memorie di Flaminio Vacca del 1594: “Poco fuori di Porta S. Gio. mi ricordo che furono trovate molte statue rappresentanti la Favola di Niobe.” Bellori nella Vita di Guido Reni: “Io seppi, da chi fu seco familiare in Roma, che Guido studiò molto le statue di Niobe e delle figliole, le quali è in dubbio se siano di Scopas o di Prasitele ma di qualunque di loro eccellentissime.” La favola di Aurora con le metamorfosi di uccelli nei venti dei sott’archi della Loggia di Villa Farnesina e, edita nel 1509 la Cytherea di Egidio Gallo romano con l’Elegia ad Erasmo e nel 1512 il carme De Venere et Cupidine di Pico della Mirandola, la favola di Cupido nell’altra Loggia del piano terreno della villa rinascimentale.
ABSTRACT
Villa Ludovisi from the aerial photogrammetry to satellite imageries The geospatial resources and mashups allow to have instruments of investigation even for hard to reach places where even until a few years ago, access was denied to aerial photographs for security reasons and censored by military bodies, the advent of Google map in this way has opened up new horizons of interpretation overhead.
PAROLE
CHIAVE
Aerofotografia, aerofotogrammetria, immagine satellitare.
AUTORE
FRANCESCA SALVEMINI FSALVEMINI@FASTWEBNET.IT
FORMAZIONE
A SCUOLA
DI TUTELA di Titti Lombardi
Prosegue la collaborazione con Italia Nostra onlus, che ci segnala buone pratiche dalle scuole italiane sui nostri temi. L'esperienza presentata ha vinto il primo premio del concorso nazionale ‘Un anno per l'articolo 9’ bandito da Italia Nostra per l'anno scolastico 2008-2009.
L’
ITCG Oscar D’Agostino di Avellino ha vinto il concorso indetto da Italiana Nostra con la seguente motivazione: L’attività degli studenti e dei docenti dell’ITCG O. D’Agostino di Avellino è stata mirata alla riscoperta del territorio e delle proprie radici culturali attraverso lo studio storico-archeologico e il rilievo planovolumetrico della Basilica dell’Annunziata di Prata P. Ultra (AV).La collaborazione con esperti esterni ha permesso di arricchire la riflessione sul recupero e sulla valorizzazione del monumento. Percorso didattico ben articolato sia curriculare che integrativo. Grafica essenziale ed elegante. Documentazione sia di archivio che diretta ben integrate. Riconquistare i giovani al patrimonio storico artistico del
loro territorio: in un Paese sempre più distratto e smemorato, dove le tracce del passato sbiadiscono nell’immaginario collettivo e le presenze monumentali semplicemente abitano il nostro quotidiano, spogliate di valore come tutte le cose date per scontate, il rimando all’articolo 9 della nostra Costituzione si impone come urgenza didattica. La tutela dei beni culturali va promossa sin dall’età scolare, partendo dalla conoscenza e dalla valorizzazione di quello che ci sta vicino e che senza la nostra cura rischia di non sopravvivere alle offese del tempo. L’esperienza realizzata da una classe V dell’ITG Oscar D’Agostino di Avellino, di rilievo e studio della basilica paleocristiana dell’Annunziata di Prata di P. Ultra (AV), indica un
Il progetto di valorizzazione proposto dallo studio Lepore-Centrella. Gli urbanisti si sono occupati della didattica del recupero all'interno del progetto.
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L'elaborazione del rilievo con il software Autocad.
possibile percorso da sperimentare. L’occasione dello studio è arrivata con il progetto regionale ‘Scuole aperte”’’, che finanziava l’apertura pomeridiana degli istituti capaci di esprimere iniziative culturali in grado di sottrarre i giovani alla strada, aggregandoli con modalità attrattive e non convenzionali. L ’attività di rilievo, ambientata negli spazi suggestivi della campagna di Prata in cui è immerso il complesso basilicale, coniugava insieme il piacere di pomeriggi all’aria aperta, la possibilità di sfruttare e implementare la formazione tecnica prevista dal curricolo di studi, la necessità di riscoprire i tesori del territorio per educare alla valorizzazione e alla tutela.
L'abside dell'Annunziata. Alle spalle, il deambulatorio ricavato nell'antica catacomba.
IL MONUMENTO Il complesso basilicale è situato nella Valle del Sabato, cerniera di collegamento tra il beneventano e il salernitano, frequentata sin dall’antichità e, verosimilmente, viadotto di culture, maestranze, tecnologie. La collina tufacea in cui è incastonata la basilica ospita un numero elevato di sepolture di età prevalentemente paleocristiana, segno di un’antica vocazione funeraria del territorio probabilmente indotta dalla presenza in zona di un Martyrium o comunque di reliquie particolarmente venerate. L’impianto monumentale consta di tre nuclei insediativi, il più antico dei quali è la catacomba principale nota come Grotta. Scavata nel tufo e articolata in due ambienti comunicanti, ospita almeno 13 sepolture ad arcosolio, sarcofagi di spoglio, un altare in muratura; fu frequentata come sede di culto almeno fino al XVI secolo, come testimoniano i palinsesti pittorici. Il secondo nucleo è rappresentato dalla Grotta dell’Angelo, catacomba scavata ad una quota superiore; all’interno, tracce di
37 tombe ad arcosolio, faticosamente leggibili tra i materiali di crollo. Una terza grotta è quella che avrebbe successivamente ospitato la basilica dell’Annunziata e che è ancora leggibile nel deambulatorio che corre intorno all’abside e nei tratti murari non rivestiti, laddove è conservato il banco di tufo originario. La basilica infatti modificò il profilo della catacomba preesistente e ne foderò gli alzati naturali con un paramento in muratura listata; secondo gli studi più recenti, il monumento risalirebbe alla fine del VII sec, rientrando nel vasto piano di promozione dell’edilizia religiosa voluto dai Longobardi all’indomani della loro conversione al cattolicesimo. La navata unica della chiesa è conclusa da una suggestiva abside semiellittica, incorniciata da un triphorium e impreziosita da affreschi, colonnine tortili, materiali antichi di recupero. L’enfatizzazione dello spazio absidale, perimetrato dal deambulatorio e segnato da altre tracce sepolcrali, suggerisce la destinazione santuariale dell’edificio che, probabilmente, custodiva sepolture care alla devozione popolare. IL PROGETTO DI STUDIO E RILIEVO L’esperienza, durata un anno, è stata realizzata in un’ottica di vera sinergia, allargando le collaborazioni a partner esterni. Il Comune di Prata e la Soprintendenza, oltre ai permessi per effettuare i sopralluoghi, hanno messo a disposizione materiali di archivio e supporto tecnico. Lo storico dell’arte Giuseppe Muollo, curatore del recente restauro degli affreschi dell’Annunziata, ha coordinato gli studenti nello studio dei palinsesti pittorici guidandoli nella lettura iconografica e stratigrafica delle evidenze. L’archeologo Salvatore Ciro Nappo ha seguito gli studenti in tutte le fasi dello studio, insegnando loro a leggere un sito come le pagine di un libro, ricostruendone tutte le fasi di frequentazione, abbandono, riutilizzo. L’esame delle carte storiche e di un segmento della Tabula Peutingeriana ha permesso di definire la centralità del sito antico, lambito dalle acque del Sabato e da una strata maiore che collegava Avellino a Benevento, consentendo il transito di merci, forme artistiche, tecnologie costruttive , convogliate poi verso il fiume Sarno e verso le città marittime. Di qui l’idea di una koinè culturale che abbracciasse insieme l’area di Prata e la valle del Sarno e che spiegherebbe le affinità architettoniche tra l’Annunziata e le basiliche ipogee di Castellamare di Stabia e i rimandi evidenti delle pitture della “Grotta” di Prata agli affreschi di alcune chiese medioevali dell’agro nocerino- sarnese. La società topografica Stecta ha fornito la sofisticata strumentazione per il rilievo topografico e seguito gli studenti nelle complesse misurazioni: l’uso delle stazioni totali Topcon GTS 3B, Geodimeter 510, Trimble R6 e del GPS doppia frequenza RTK Trimble 5800 ha restituito il rilievo e l’esatto posizionamento cartografico delle emergenze, chiarendone per la prima volta i rapporti spaziali. I docenti interni dell’Istituto hanno seguito i ragazzi in tutti i sopralluoghi, i rilievi di campagna e la successiva elaborazione dei materiali con il software Autocad 2002; il rendering degli esterni è stato realizzato con il programma Archicad 13, utilizzato, inoltre, per la ricostruzione del profilo del banco tufaceo in cui è ricavato il complesso. La fotogrammetria terrestre ha permesso un’efficace restituzione di prospetti e sezioni. Un’equipe di urbanisti (studio Lepore-Centrella) ha coordinato gli studenti nella formulazione della proposta di recupero del monumento e di riqualificazione del parco archeologico circostante, presentata nel convegno conclusivo aperto al pubblico e alle autorità civili e religiose; uno studio grafico ha collaborato con gli alunni alla realizzazione dei pannelli di sintesi del progetto. Una convenzione con l’Istituto Alberghiero ha assicurato infine l’erogazione di pasti caldi o di cestini da viaggio per il gruppo di lavoro per tutta la durata del progetto.
Dagli schizzi alla restituzione digitale del rilievo.
LE PROPOSTE La muratura antica e le pitture, nonostante il restauro, sono intaccate da infiltrazioni di muffe e umidità; gli alzati invocano revisioni statiche e interventi di ripristino, tutti segnalati dagli studenti. Nel convegno conclusivo, il gruppo di lavoro ha segnalato alcuni possibili interventi finalizzati al recupero: rilievo materico e mappatura del degrado; monitoraggio delle condizioni microambientali con indagini termoigrometriche; indagini termografiche su murature e affreschi; analisi dell’eventuale microflora con uso di micro e macrofotografia; livellazioni di precisione per monitoraggio abbassamenti; monitoraggio del costone tufaceo con geodimetro; monitoraggio dei quadri fessurativi; indagini ultrasoniche e georadar sulle murature. Un’esplorazione archeologica mirata scioglierebbe alcuni nodi interpretativi e una riqualificazione dell’area, con l’allestimento di un parco archeologico, rilancerebbe il sito e l’intero territorio, alimentandone l’indotto economico.
Il rilievo topografico del complesso:la catacomba principale, la basilica, il giardino interno, il piazzale antistante.
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Tecnologie per i Beni Culturali
39 A sinstra,il prof. Domenico Colarusso coordina i rilievi di campagna.
Sotto, il rilievo manuale della navata. Sotto ancora, il gruppo di lavoro.
A DUE ANNI DAL LAVORO Nel mondo del virtuale, in cui ogni angolo del pianeta è a portata di clic, dove tutto resta però asettico e distante e inevitabilmente volatile, la fisicità di un monumento imprime una traccia di ben altra incisività: mettere le mani sull’antico, calarsi nelle sue viscere esplorandone gli anfratti meno accessibili, ripercorrerne la storia abitandone i luoghi, sentirne materialmente le ferite, conduce necessariamente all’affezione, al bisogno di conoscenza profonda e di qui al desiderio di cura e conservazione. Ancora oggi la basilica dell’Annunziata è meta di visite degli allievi che l’hanno rilevata e studiata, dei loro famigliari, dei loro amici. Poco, rispetto alla notorietà che meriterebbe di avere questo luogo, ancora periferico rispetto ai circuiti del turismo culturale campano; molto, se riconosciamo finalmente ai nostri giovani la capacità di custodire la memoria e consegnarla alle generazioni future.
ABSTRACT
Protection at school The experience of an Italian school about practical issues of new technology for the Cultural Heritage.
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PAROLE CHIAVE Scuola, geometri, georadar, rilievo
AUTORE TITTI LOMBARDI RESPONSABILE DEL PROGETTO, ISTITUTO TECNICO PER GEOMETRI O. D’AGOSTINO
ArcheomaticA N° 1 marzo 2011
grafit-werbeagentur.de
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INTERVISTA
IL RUOLO DELLE FONDAZIONI PER LA TECNOLOGIA INTERVISTA AD ALESSANDRO BOLLO DELLA FONDAZIONE FITZCARRALDO La Fondazione Fitzcarraldo onlus è un ente non profit indipendente che da più di vent’anni progetta, ricerca, fa formazione e documentazione sul management, l'economia e le politiche della cultura, delle arti e dei media. Nel suo ruolo di sostegno alle arti e alle culture da supporto alle organizzazioni e agli operatori culturali per progettare uno sviluppo sostenibile e a trasformare le idee in progetti. Archeomatica ha intervistato Alessandro Bollo, fondatore , attualmente coordinatore della ricerca e dell’Osservatorio Culturale del Piemonte.
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rcheomatica (A): Il ruolo che oggi si vorrebbe attribuire ai beni culturali risulta alquanto complesso perché deve coniugare le esigenze di conservazione e di tecnologia applicata ai beni culturali. Cosa ne pensa? Alessandro Bollo (A.B.): Penso che in questa fase attuale il sistema dei beni culturali italiano viva una situazione di forte complessità, con aspetti anche di spiccata contraddittorietà. Da un lato, infatti, si chiede ai musei e ai beni culturali di andare ben oltre la conservazione, esercitando un ruolo e delle funzioni molto più ampie di quanto non avvenisse in passato – agire come spazi di inclusione sociale, prestare attenzione alle istanze e ai bisogni molto differenziati della cittadinanza, collaborare con il sistema turistico e progettare per lo sviluppo locale, differenziare l’offerta con una molteplicità di attività e eventi, garantire la migliore qualità dell’esperienza di visita, essere efficienti nella gestione e valorizzare al meglio tutti gli aspetti tangibili e intangibili del patrimonio. Dall’altro lato, invece, si riducono i finanziamenti, e non si liberano i ‘blocchi’ che zavorrano la capacità di produrre visioni nuove e modelli alternativi di gestione e sviluppo: i limiti amministrativi e di governance (in particolare nei musei pubblici) non premiano a sufficienza chi vuole trovare nuove strade per la sostenibilità, si fa poca formazione finalizzata all’aggiornamento professionale e alla costruzione di nuove competenze. Le tecnologie, da questo punto di vista, sono sicuramente un fattore di opportunità, ma anche di ulteriore complessità. Le tecnologie possono infatti fornire valore aggiunto su svariati fronti, dalla conservazione, alla diagnostica, dalla conoscenza alla comunicazione, ma richiedono competenze, sensibilità e capacità di progettazione non sempre presenti all’interno delle organizzazioni museali. (A): Quali sono, secondo la sua prospettiva, le nuove tecnologie che potranno avere un impatto importante per la valorizzazione del patrimonio culturale, anche in un’ottica di sviluppo del settore museale?
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(A.B): Penso che la nuova cultura digitale possa rappresentare un vero punto di svolta per il settore museale sia sul fronte della comunicazione sia per la possibilità di “innestare” dinamiche partecipative che coinvolgano attivamente e in modo intelligente i diversi pubblici. Sebbene permangano ancora condizioni di digital divide, si sta assistendo a un incremento costante nell’utilizzo di Internet da parte di categorie sempre più ampie di utenza (in particolare le fasce adulte). I social network (Facebook è popolarissimo, seguito a distanza da Twitter e in futuro anche da Foursquare) e le piattaforme di aggregazione di contenuti (Youtube, ma anche Flickr), se non vengono utilizzati semplicemente come ulteriori ‘vetrine digitali’ per finalità promo-informative, possono diventare spazi di azione sociale utilissimi per parlare a pubblici nuovi, per ascoltare i fruitori reali e potenziali, per dialogare in modo informale e spontaneo, per coinvolgere le comunità di appassionati e per co-generare contenuti e proposte. Particolarmente esemplare, da questo punto di vista, l’iniziativa internazionale di Ask a curator (askacurator.com) in cui, per un giorno, su Twitter si potevano fare domande di qualunque tipo ai curatori dei vari musei che rispondevano online. Un modo sicuramente inusuale per relazionarsi con il museo e un’opportunità per mettere in contatto i curatori con il pubblico delle loro collezioni e delle loro mostre. L’unico rammarico è che su un centinaio di musei coinvolti uno solo era italiano (il Mart di Trento e Rovereto)! Un altro fronte interessante riguarda i sistemi collaborativi di catalogazione dei contenuti del museo (esemplare, da questo punto di vista, il progetto del catalogo online del patrimonio esibito e nascosto del Victoria & Albert Museum) che ibridano la logica unidirezionale di produzione di senso e di contenuto tutta interna al museo aprendola al contributo e alla risemantizzazione da parte del pubblico attraverso la possibilità di taggare e nominare in modo originale e personale gli oggetti artistici e culturali e le relazioni tra di essi (Per farsi un’idea delle
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potenzialità di questo approccio si può vedere il progetto “PopArt” del Moma www.moma.org/interactives/redstudio/popart/flash/index.html). Si sta sempre di più sviluppando, anche per i musei e il patrimonio, il fronte delle applicazioni mobile (per smart phone e per tablet come l’IPad). Le tecnologie della geolocalizzazione e quelle delle realtà aumentata, se coniugate con un livello qualitativamente adeguato di storytelling (fino ad ora l’anello debole del sistema di offerta), possono accompagnare il turista e l’escursionista non solo alla visita dei grandi musei e delle città d’arte, ma anche nell’esplorazione di territori e paesaggi poco noti, spesso di non immediata lettura o in cui non sono presenti beni-faro o fattori di attrattiva riconosciuti, ma ricchi di storia e di storie. (A): In Italia esiste un problema di accessibilità, anche via web, ai siti culturali. Che lei sappia c’è un piano per risolvere questo problema? Cosa pensa delle varie applicazioni I-Phone applicate alle istituzioni museali? (A.B): Direi di sì. Ormai quasi tutti i musei hanno una loro presenza digitale, ma in molti casi si tratta di siti statici, poco più che vetrine in formato bit che replicano con il digitale gli stili e i registri della comunicazione tradizionale. Il tema dell’accessibilità non può essere evidentemente ridotto al rispetto degli standard W3C per persone con disabilità fisiche di diverso tipo, ma riguarda la possibilità di realizzare spazi digitali che consentano, da un lato, di valorizzare al meglio i contenuti dei musei (soprattutto la parte nascosta e non accessibile), dall’altro di realizzare piattaforme collaborative che forniscano livelli diversi di interazione, partecipazione, approfondimento e coinvolgimento. L’evoluzione tecnologica (si pensi allo sviluppo delle piattaforme wiki) consente di ottenere siti performanti sia sul fronte interno sia sul fronte utente con costi di progettazione e manutenzione relativamente contenuti. A livello più generale e “infrastrutturale” una maggiore copertura della banda larga e l’abrogazione della Legge Pisanu con la conseguente liberalizzazione delle reti Wi-Fi pubbliche, garantirebbero una maggiore partecipazione soprattutto alle fasce di utenti più giovani. Sebbene il bacino di potenziali utilizzatori sia già molto ampio (circa 225 milioni di smart phone venduti nel mondo al 2010), le applicazioni museali per gli smart phone sono ancora in una fase embrionale e pionieristica. Explorer dell’American Museum of Natural History di New York, l’applicazione per I-phone probabilmente più sofisticata e avanzata dal punto di vista tecnologico, pone ancora problemi di usabilità, anche se le prospettive in questo settore sono molto promettenti. Quello che manca è la valutazione! Sono pochissime, fino ad ora, le ricerche che hanno analizzato e valutato se le persone utilizzano davvero le applicazioni (oltre a scaricarle), come le usano dentro i musei, che tipo di interferenza e di complementarietà si produce, a livello cognitivo, tra il piano reale e quello virtuale. Gli unici dati a disposizione riguardano il numero di applicazioni scaricate gratuitamente o a pagamento. (A): Il pubblico dei musei italiani (o stranieri) è pronto per un cambiamento radicale del dialogo ? O il museo non è ancora pronto per un nuovo ‘pubblico’ tecnologicamente preparato e interessato (A.B.): Il pubblico dei musei, ovvero le persone che normalmente usano Facebook, caricano e guardano i video
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su Youtube, leggono o partecipano ai blog e condividono le fotografie su Flickr, ha già mutato o sta mutando il modo di comunicare, di relazionarsi, di raccogliere le informazioni, di archiviare e condividere emozioni e opinioni, di far sentire la propria voce. Come ho scritto nell’introduzione a un recente convegno sul rapporto tra musei e web 2.0 il vero tema è se i musei sono pronti ad accettare la sfida lanciata da «nuova specie di ‘visitatore’, che sarà geneticamente modificato dall’esposizione continua e prolungata ai nuovi modelli di condivisione sociale dei significati e dell’informazione, di autorialità artistica, di partecipazione ai processi decisionali, di approvvigionamento e manipolazione dei prodotti della creatività artistica?». (A): L’evoluzione del sistema culturale passa inevitabilmente attraverso la diffusione delle idee su scala internazionale e la promozione delle eccellenze. Quali sono le esperienze più significative che si stanno sviluppando a livello internazionale? (A.B.): Le esperienze più significative – legate alle potenzialità della nuova cultura digitale - che si stanno sviluppando a livello internazionale ci raccontano di un panorama in grande fermento, caratterizzato da progetti spesso fortemente interdisciplinari e capaci di coinvolgere le diverse funzioni dell’organizzazione museale (dalla curatela, alla ricerca, all’attività educativa, al marketing e alla comunicazione). Non a caso molte delle principali istituzioni museali si sono attrezzate costituendo strutture interne dedicate ai progetti digitali ad alto tasso di dinamicità e sperimentazione, ma fortemente connesse con il resto dell’organizzazione. L’apporto della tecnologia risulta vincente se si innesta su un terreno fertile e predisposto al cambiamento. Il rischio, altrimenti, è che si producano soluzioni raffinate (e costose) dal punto di vista tecnologico che vengono rigettate dopo poco tempo dalla struttura (e dal pubblico) perché di difficile utilizzo e manutenzione, poco adattabili ai mutamenti; pensate principalmente come soluzione di un problema tecnologico e non per fare godere in senso pieno un’esperienza culturale e ludica. I progetti innovativi che si stanno sviluppando a scala internazionale sono moltissimi e diventa impossibile elencarli. Tra i molti casi esemplari, consiglierei di seguire l’attività del Brooklyn Museum (www. brooklynmuseum.org) per l’approccio partecipativo che coinvolge il pubblico reale e quello virtuale, il canale televisivo della Tate Gallery (http://channel.tate.org.uk) e il progetto collaborativo Fill the Gap realizzato dallo
www.brooklynmuseum.org
channel.tate.org.uk
www.fizz.it
Smithsonian Institute come idea per valorizzare i depositi visitabili dei musei. Sul sito Fizz.it (www.fizz.it) si possono trovare molti casi e esperienze interessanti a livello internazionale e nazionale. (A): Qual è lo scenario che la Fondazione Fitzcarraldo delinea per il futuro dei beni culturali? Quale la possibilità di dialogo con la tecnologia applicata ai beni culturali? (A. B.): E’ molto difficile, in un momento come questo di forte cambiamento e discontinuità, delineare scenari e prospettive. I musei dovranno dedicare molte energie per legittimare il loro ruolo nella società attuale attraverso la costruzione di un consenso costruito principalmente attraverso il radicamento con il territorio e l’individuazione di nuove forme di sostenibilità. Questi temi mettono in evidenza il problema di parlare e far partecipare fasce sempre più ampie di popolazione, di mettersi al servizio della collettività come luogo che si presti ad essere “abitato” e non solo attraversato dalle persone. Occorre, inoltre, comunicare, valutare e rendere conto di tutti gli impatti (economici, sociali, culturali) che i musei producono per il territorio e per la società. È necessario lavorare sulla qualità della progettazione per individuare nuovi canali di finanziamento, nuove alleanze e partnership con il mondo dell’impresa, del terzo settore, dell’associazionismo e del volontariato. Le tecnologie possono amplificare e rendere più evidenti alcuni risultati, possono contrastare un certo modo autoreferenziale di comunicare e valorizzare il nostro patrimonio. Per fare ciò diventa cruciale, per questo settore, investire sulle persone, sull’aggiornamento continuo, sulla mobilità e sulla condivisione di buone e cattive pratiche. Tutti
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Alessandro Bollo è responsabile Ricerca e Consulenza della Fondazione Fitzcarraldo di cui è socio fondatore. Insegna al Politecnico di Torino ed è responsabile editoriale della rivista online Fizz, oltre il marketing culturale.
Fondazione Fitzcarraldo onlus è un ente non profit indipendente che da più di vent’anni progetta, ricerca, fa formazione e documentazione sul management, l'economia e le politiche della cultura, delle arti e dei media. Fitzcarraldo è una fondazione operativa riconosciuta al servizio di chi crea, pratica, produce, promuove e sostiene le arti e le culture. Aiuta le organizzazioni e gli operatori culturali a progettare uno sviluppo sostenibile e a trasformare le idee in progetti; gli enti pubblici e privati a delineare programmi e politiche vicine alle reali necessità di chi crea, produce e organizza attività culturali. Opera per aprire tavoli di confronto tra i diversi soggetti interessati ad uno sviluppo culturale della società. ambiti su cui Fondazione Fitzcarraldo lavora da tempo sia attraverso i programmi di formazione sia attraverso l’attività di ricerca e di accompagnamento allo sviluppo dei progetti. Intervista a cura della Redazione, da parte di Elena Latini.
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L’Archeologia guarda negli occhi il Futuro
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Storia e Antico scelgono la Tecnologia per rivelarsi. Codevintec Strumenti d’eccellenza per rilievi sopra e sotto-suolo.
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AZIENDE E PRODOTTI LE SUPER VETRINE GOPPION
La Goppion ha contribuito al rilancio del Museo Archeologico di Milano, memoria storica della città. L’ampliamento del Civico Museo, inaugurato il 20 aprile, è un’altra importante occasione per la Goppion - dopo la messa in sicurezza del Quarto Stato nel Museo del Novecento - per adoperarsi al servizio del patrimonio culturale del capoluogo lombardo. La realizzazione delle vetrine dell’Archeologico è frutto dell’attività del Laboratorio Museotecnico, il settore ricerca e sviluppo della Goppion S.p.A. che ha creato anche la teca della Gioconda al Louvre. Il progetto museografico dell’allestimento, a cura dell’architetto Andrea Bruno di Torino, è costituito da vetrine di grande leggerezza visiva e ricercatezza formale, che prevedono un uso intensivo di vetri sabbiati e di vetri con interposti tessuti. Vere e proprie casseforti trasparenti – che in alcuni casi superano addirittura i 2.000 kg di peso – in cui è possibile ammirare il patrimonio delle Civiche Raccolte Archeologiche e Numismatiche di Milano, eredi dirette del Museo Patrio di Archeologia fondato nel 1862. Alla Goppion è stato affidato il compito di sviluppare e costruire le teche dei nuovi spazi espositivi, oltre 500 metri quadrati in cui si snoda il percorso che conduce alla scoperta dei tesori del Museo, con reperti in parte inediti. Ceramiche, sculture in terracotta, bronzi, gioielli e capi di abbigliamento sono allestiti in 81 vetrine a microclima controllato, secondo le specifiche necessità dei materiali da conservare. (Fonte: www.goppion.com) GEOFISICA E FOTOGRAFIA AEREA PER L’ARCHEOLOGIA L’Istituto per le Tecnologie Applicate ai Beni Culturali (CNR-AdR, Roma1), in collaborazione con il Dipartimento di Beni Culturali Laboratorio di “Topografia antica e Fotogrammetria (LabTAF)” dell’Università del Salento, con il Laboratorio di Archeologia dei Paesaggi e Telerilevamento dell’Università di Siena (LapetLab) e il Comune di Castrocielo (Frosinone), organizza il corso “Geofisica e Fotografia Aerea per l’Archeologia: metodi di indagine, acquisizione, elaborazione e rappresentazione 2D e 3D”. Dal 13 al 19 giugno i laureati (compresa laurea triennale) e i professionisti, operanti all’interno di strutture pubbliche e private, avranno la possibilità di approfondire la conoscenza delle metodologie geofisiche e aerofotografiche sviluppate ed applicate nel campo delle prospezioni archeologiche. Le lezioni, basate su argomenti teorici e presentazioni di casi di studio significativi sullo stato dell’arte delle metodologie trattate, saranno affiancate da dimostrazioni pratiche volte alla progettazione, acquisizione, elaborazione e rappresentazione di dati acquisiti con diverse tecniche di indagine. Sarà inoltre possibile la partecipazione degli studenti iscritti al corso alla successiva Campagna di scavi archeologici che si terrà sempre ad Aquinum secondo le modalità indicate nella allegata locandina. Gli scavi saranno effettuati nei settori individuati nel corso delle prospezioni geofisiche ed aeree a partire dal 20 giugno 2011 per un periodo minimo di un turno. (Fonte: Redazionale)
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PARTNERSHIP TECNOLOGICA L’imminente nuova release di Leios, software per l’elaborazione di scansioni 3D, include una serie di strumenti e miglioramenti progettati per ottimizzare la comunicazione fra le due tecnologie, Artec e EGS. A 6 mesi dall’accordo stipulato con Artec Group, EGS, dinamica azienda di progettazione software, oggi leader nello sviluppo delle più evolute tecniche di elaborazione di modelli digitali ottenuti tramite scansione 3D, è soddisfatta dei risultati finora ottenuti. Con Leios è possibile sia ottimizzare velocemente il modello digitale 3D per gli impieghi successivi, come fresatura o prototipazione, che approssimarlo tramite superfici CAD, con efficienti strumenti di reverse modeling. Le acquisizioni fatte finora sono state le più diversificate, da progetti in ambito estetico e medicale, all’industrial design, all’architettura. La velocità e la maneggevolezza degli strumenti Artec consente di raccogliere dati anche nelle situazioni più estreme, utilizzando un semplice laptop e impiegando poche ore di lavoro. I campi di applicazione di questa tecnologia sono evidentemente i più vari, con benefici riscontrabili sia nel settore medicale, che nel body scanning o nei beni culturali: progetti di creazione di musei virtuali, sia del materiale esposto che di quello non esposto, sarebbero di grande valore per il mondo dell’arte. Gli strumenti Artec riconoscono gli oggetti in base alla loro morfologia e questo permette di definire la sequenzialità delle mesh e i punti di ancoraggio. E’ sicuramente una tecnologia di facile utilizzo dove, insieme ad alcuni trucchi del mestiere per acquisire zone particolari, bisogna solo prestare attenzione alla velocità del proprio movimento in relazione a quella di processo del PC, in modo sia di non procedere troppo lentamente, acquisendo così informazioni inutili, o troppo velocemente causando difficoltà nel posizionamento delle mesh. Un corso di formazione per l’utilizzo degli scanner Artec, tenuto dagli esperti di EGS, dura mezza giornata. Leios 2011 permetterà una migliore integrazione con gli strumenti Artec, ponendo particolare cura nel supporto delle texture, trend che verrà mantenuto negli sviluppi futuri della tecnologia. (Fonte: Comunicato stampa) TESORI IN UN PALMO DI MANO Il progetto Tesori in un palmo di mano consta di 12 percorsi lungo 13 Vie Consolari romane disponibili su iPhone e sito internet www.tesorintrnoroma.it. Luoghi da scoprire lungo le "Vie Consolari romane" è progetto promosso dall’Associazione Civita e realizzato con il sostegno della Camera di Commercio di Roma ed il Patrocinio della Provincia di Roma, per contribuire alla valorizzazione e alla promozione del territorio della Provincia di Roma. Civita ha censito oltre 180 beni, tra centri abitati (43), beni storico-artistici (oltre 70: musei, chiese, santuari, palazzi, castelli, torri, forti), beni archeologici (oltre 50: musei e aree archeologiche, singoli monumenti) e beni paesaggistici (8 tra parchi, aree naturalistiche e riserve). Lungo gli itinerari sono stati rilevati anche “tesori” appartenenti al Patrimonio Mondiale UNESCO (Villa Adriana e Villa d’Este entrambe a Tivoli e le necropoli etrusche di Cerveteri). Il progetto ha previsto la realizzazione del volume “Tesori lungo le Vie Consolari romane. Storia, arte e paesaggio nella Provincia
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Tecnologie Tecnologieper periiBeni BeniCulturali Culturali
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di Roma”, del sito web “Tesori intorno a Roma”, in italiano, inglese e tedesco, e dell’applicazione iPhone “Tesori in un palmo di mano”, in italiano e in inglese, scaricabile gratuitamente da AppStore. L’impiego delle nuove tecnologie è volto, quindi, a favorire l’approccio alla visita e alla conoscenza dei luoghi ad un numero più ampio possibile di utenti. I tre prodotti realizzati offrono testi descrittivi, un ricchissimo apparato iconografico (nel portale sono presenti circa 200 fotografie) e, con particolare riferimento agli strumenti tecnologici, la possibilità di visualizzare video (12 video in doppia lingua, italiano e inglese, uno per ciascun itinerario), utilizzare mappe e funzioni interattive utili all’utente per progettare una visita, inviare contributi multimediali (immagini, video, ecc.), lasciare o condividere commenti e segnalazioni, oltre alle possibilità di condivisione tramite i più noti social network quali Facebook e Twitter. Inoltre, nell’ambito del progetto, oltre all’attività di valorizzazione, viene sviluppata anche un’azione di sostegno alle imprese con lo scopo di promuovere un modello di sviluppo imperniato sia sulle risorse culturali che a sostegno delle imprese della filiera. Il sito web e l’applicazione iPhone offrono, a tal fine, informazioni relative ai prodotti tipici e alle aziende produttrici, alle strutture ricettive e alla ristorazione, grazie anche alla collaborazione avviatasi tra Associazione Civita, Provinciattiva S.p.A. (Agenzia della Provincia di Roma) con il portale “Roma&Più” e l’Azienda Romana Mercati (Azienda Speciale della Camera di Commercio di Roma per lo sviluppo e la gestione del sistema agroalimentare e la gestione della Borsa Merci) con il portale “Romaincampagna.it”. (Fonte: Redazionale) TRIANGOLO INTERATTIVO DEI SOLVENTI E DELLE SOLUBILITÀ E’ stata rilasciata una nuova versione del “Triangolo interattivo dei solventi e delle solubilità” (ver. 4.0). Con questa versione sono stati risolti alcuni difetti riscontrati con l’uso della “calcolatrice” e alcuni problemi grafici. Sono invece state introdotte diverse novità: l’incidenza dei parametri Fd, Fp ed Fh è visualizzabile facendo clic sulle sigle; sono stati introdotti due pulsantini colorati accanto alla casella dei solventi: arancione: permette di visualizzare tutti i solventi elencati; azzurro: permette di evidenziare uno o più solventi singolarmente.
Attivandolo, lo sfondo della casella dei solventi diventa azzurra e il solvente selezionato viene visualizzato sul triangolo. Per ripristinare il consueto uso della casella dei solventi è sufficiente ripigiare sul pulsantino azzurro. I due pulsanti possono essere utilizzati contemporaneamente. (Fonte: ISCR) I-MIBAC VOYAGER: VIAGGIARE NEL TEMPO? Con i-MiBAC Voyager, la ricostruzione virtuale in 3D ed in tempo reale del Foro Romano in età costantiniana mentre si passeggia all’interno dell’area. La nuova applicazione Voyager, unica nel suo genere, arricchi-
In rete
sce il progetto i-MiBAC, permettendo di visualizzare, attraverso il display dell’iPhone 3GS/4G e iPad, contenuti 3D Virtuali in tempo reale e di qualità foto realistica che ricostruiscono i più importanti parchi archeologici nel loro periodo di massimo splendore. L’applicazione può essere utilizzata in due modi, il primo, in loco, con il supporto GPS che allinea la posizione della camera virtuale con quella dell’utente nel mondo reale. La seconda modalità consente di fruire di tutti i contenuti comodamente seduti a casa propria o in qualsiasi altro luogo ci si trovi, in questa modalità la camera virtuale viene controllata manualmente dall’utente attraverso i pulsanti dell’interfaccia. i-MiBAC VOYAGER utilizza il GPS, la BUSSOLA ELETTRONICA e gli ACCELEROMETRI dei terminali iPhone/iPad, per riconoscere la posizione ed il punto di vista dell’utente, consentendo una navigazione molto semplice ed intuitiva, senza bisogno di utilizzare alcun tasto. Basta solamente puntare l’iPhone o l’iPad verso un monumento per godersi un’ esperienza immersiva unica. Utilizzando un algoritmo software l’applicazione è in grado di riconoscere qualsiasi monumento geo-referenziato intorno alla vostra posizione. Grazie a questa tecnica, mentre si sta osservando un determinato monumento, è possibile ascoltare un’audioguida in diverse lingue, che fornisce tutte le informazioni storiche su di esso. L’uso rivoluzionario e combinato di questi dispositivi ed algoritmi software rappresenta una reale evoluzione delle interfacce di navigazione orientate al turismo ed alla cultura, fornendo un nuovo sistema mai sperimentato prima, orientato alla simulazione immersiva ed interattiva su terminali mobili, rendendo i-MiBAC VOYAGER un’esperienza di realtà virtuale mai provata prima. i-MiBAC VOYAGER evolve in maniera significativa ed in modo originale le audio guide e gli altri sistemi di informazioni orientati al turismo, alla divulgazione storica ed educativa. i-MiBAC VOYAGER dedicato ai Fori Imperiali è il primo prodotto di una serie. Le prossime versioni vedranno oltre alla pubblicazione di nuovi parchi archeologici da visitare e l’implementazione di nuove funzionalità. (FONTE MiBAC)
TECHNICAL SUPPLIER DEL CENTRO NIEMEYER Il Centro Niemeyer, promosso dal governo spagnolo e dal Principato delle Asturie, mira a diventare un punto di riferimento internazionale nella produzione di contenuti culturali e uno spazio per l’eccellenza e la creatività. Costato circa 44 milioni di euro e definito da Niemeyer, creatore della città di Brasilia e uno dei grandi miti dell’architettura moderna, come il più grande progetto da lui realizzato in Europa, il Centro è composto da più edifici: l’Auditorium, alto 26 metri, con 1.000 poltrone, si distingue per la “grande finestra”, il portone del palcoscenico che permette di aprirsi sulla piazza, di ampliare il palcoscenico portando lo spettacolo all’esterno; il Museo, un volume polifunzionale con sala proiezioni, sale prova, aree meeting e sale conferenza; la Torre panoramica alta 20 metri che ospita l’attività di ristoro e uno spazio espositivo di 2.000 metri quadrati. Kerakoll, produttore mondiale di materiali ecocompatibili per costruire nel rispetto dell’ambiente e del benessere abitativo, è stato Technical Supplier del Centro Niemeyer l’ultimo capolavoro dell’architetto brasiliano Oscar Niemeyer inaugurato lo scorso 25 marzo 2011 ad Aviles, cittadina a nord della Spagna. Kerakoll è stata scelta per la posa di tutta la pavimentazione della struttura: più in particolare per la posa di 4.000 m2 di pavimenti in moquette dell’auditorium e del Museo e per la posa dei pavimenti in ceramica nelle zone ristoranti e bagni. (Fonte: Redazionale)
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RECENSIONI
LA FOTOMODELLAZIONE ARCHITETTONICA RILIEVO,
RAPPRESENTAZIONE DI EDIFICI A PARTIRE DA FOTOGRAFIE
AUTORE: LIVIO DE LUCA EDITORE:DARIO FLACCOVIO, PALERMO 2011 WWW.DARIOFLACCOVIO.IT PAGINE: 265 PREZZO: 45 € A CHI È DIRETTO: PROFESSIONISTI DELLA CONSERVAZIONE DEI BENI CULTURALI E AGLI STUDENTI DI INGEGNERIA, ARCHITETTURA, ARCHEOLOGIA, GRAFICA
L
a produzione di elementi tridimensionali modellati con strumenti CAD rappresenta una delle aspirazioni maggiori di coloro che si occupano di rilievo del patrimonio architettonico. In particolare le tecniche esposte in questo testo si avvalgono di una serie di conoscenze di geometria descrittiva che fanno riferimento ad una scuola di pensiero legata alla scomposizione prospettica dell’immagine. Scomposizione realizzabile con gli strumenti del disegno e della rappresentazione architettonica, utilizzati però in modalità inversa. Se il disegno è lo strumento atto alla rappresentazione dell’idea progettuale materializzata a partire da piante e prospetti, questo trova la sua massima espressione nella rappresentazione tridimensionali tramite la realizzazione di disegni prospettici. Utilizzando il processo in modalità inversa è possibile ad esempio da una prospettiva, quale quella presente su una fotografia, ricreare le proiezioni ortogonali di piante e prospetti ricercando assi, fughe e simmetrie per arrivare infine a prendere misure reali su una immagine dell’oggetto tramite la cosiddetta tecnica della “restituzione prospettica”. Il testo di Livio De Luca, ripercorre questo processo, partendo proprio dalle prime esperienze di quella tecnica che sarà in seguito definita fotogrammetria (ricavare cioè misure da fotogrammi), alla quale, ancor prima della nascita stessa della fotografia, si usa far risalire l’adozione per esigenze di topografi militari come Laussedat, ufficiale del genio francese (Moulins 1819 - Parigi 1907), professore dal 1856 di astronomia e geodesia alla Scuola politecnica di Parigi, della quale fu nominato direttore nel 1880, tra i primi a occuparsi di fotogrammetria. L’autore procede poi verso l’ac-
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quisizione delle coordinate spaziali dei punti per arrivare alla modellazione geometrica e alla sua resa realistica. Un processo in più fasi che parte quindi dai metodi geometrici di acquisizione delle coordinate spaziali, per arrivare a dare i principi base per un ricostruzione del modello 3D sul quale infine si procede ad applicare una restituzione dell’apparenza visiva. Il testo inizia con una ottima trattazione del processo di acquisizione fotografico, della calibrazione della camera e della acquisizione delle misure di riferimento sull’oggetto, continua con la modellazione geometrica e la strutturazione del modello 3D per concludere con le modalità di estrazione delle texture da applicare. Ogni elemento è visto sotto il duplice aspetto teorico e pratico. Il testo termina con una serie di applicazioni pratiche da utilizzare come esercitazioni realizzabili con le versioni di prova dei software commerciali proposti: ImageModeler, Stitcher e AutoCAD di Autodesk. Per gli esperti di fotogrammetria sarà necessario procedere ad una equiparazione di termini simili in quanto spesso la terminologia usata dall’autore non contempla termini diversi per stessi elementi tipici della tecnica fotogrammetrica. Al testo è associato il portale Internet Architectural ImageBased Modeling (www.map.archi.fr/aibm) Inizialmente edito da Eyrolles nel 2009 in lingua francese con il titolo La photomodélisation architecturale è stato tradotto per i tipi della Flaccovio Editore da Francesca De Domenico. Renzo Carlucci
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Con soli € 65,00 l’anno potrai partecipare ad un ricco programma di iniziative organizzate da Civita a Roma e Milano e fruire di facilitazioni e sconti per l’accesso a musei, mostre e teatri. Tra gli eventi gratuiti che Civita propone ai possessori della Civita Card vi sono proiezioni e rassegne cinematografiche, presentazioni di libri e corsi di scrittura, concerti in musei o luoghi d’arte, prime teatrali, conversazioni di storia dell’arte, visite guidate presso mostre e musei e tanto altro. Per maggiori informazioni: civitacard@civita.it
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EVENTI 1 – 3 GIUGNO 2011 SREMSKA (SERBIA) HERITAGE ‘11 WEB: WWW.KULTURNIFORUM.COM/EN/ 4 – 6 GIUGNO 2011 ROCCA DI SASSOCORVARO, MONTEFELTRO, URBINO TURISTARTH III - INTERATTIVITÀ ED ARTE WEB: WWW.TURISTARTH.COM/ 7 – 10 GIUGNO ZURIGO (SVIZZERA) INTERACTION OF COLOUR &
LIGHT IN
THE ARTS AND SCIENCE
WEB:
WWW.ASSOCIAZIONEAIAR.IT/
AIC_ZURICH_2011.PDF
7 GIUGNO MILANO IL PROGETTO CONSERVATIVO DELLA CA GRANDA WEB: WWW.ICVBC.CNR.IT/CONFERENZE. HTM
7 – 10 GIUGNO PIACENZA CONVEGNO INTERNAZIONALE MEETING ON CULTURAL HERITAGE PESTS WEB: HTTP://CONVEGNI. UNICATT.IT/MEETINGS_2640. HTML?RDELOCALEATTR=EN
21 – 24 GIUGNO BRESSANONE SCIENZA E BENI CULTURALI WEB: WWW.SCIENZAEBENICULTURALI.IT/
12 – 15 SETTEMBRE MONTPELLIER (FRANCIA) EUROMAT 2011 WEB: HTTP://EUROMAT2011.FEMS.EU/
11 – 22 LUGLIO ROMA SUMMER SCHOOL IN ECONOMICS
9 – 11 GIUGNO MONASTERO DI SAN LORENZO, AVERSA S.A.V.E. HERITAGE WEB: WWW.LEVIEDEIMERCANTI. IT/2011/HOME.HTML
MANAGEMENT OF CULTURAL NETWORKS
14 – 16 SETTEMBRE RAVENNA ICIAP 2011 - THE INTERNATIONAL CONFERENCE ON IMAGE ANALYSIS WEB: WWW.GIRPR.ORG/
9 – 10 GIUGNO NAPOLI ARCHEOFOSS 2011 WEB: WWW.ARCHEO.UNINA.IT/ ARCHEOFOSS/INDEX.HTML 10 GIUGNO VALENCIA (SPAGNA) MCM-2011 WEB: WWW.INCCA.ORG/FILES/PDF/ NEWS/MODERN_MURALS_UPV_CALL_FOR_ POSTERS.PDF
AND
SCHOOL OF ECONOMICS WEB: WWW.CEISTORVERGATA.IT/MASTER/ BENICULTURALI/PAGE.PHP?A=83 5 – 8 SETTEMBRE PARMA RAA 2011 WEB: WWW.FIS.UNIPR.IT/RAA2011/ 7 – 10 SETTEMBRE LONDRA (REGNO UNITO) LACONA WEB: WWW.LACONA9.ORG
15 – 16 SETTEMBRE ROMA VII CONFERENZA NAZIONALE DEL COLORE WEB: WWW.GRUPPODELCOLORE.IT/ 19 – 23 SETTEMBRE LISBONA (PORTOGALLO) ICOM-CC WEB: WWW.ARCHEOMATICA.IT/WWW. ICOM-CC2011.ORG/
CULTURAL HERITAGE Istanbul 2011
5th International Congress “Science and Technology for the Safeguard of Cultural Heritage in the Mediterranean Basin” WELCOME! HOŞGELDİN! Every year on November 10 in Turkey there is a one minute stop: people, cars, shops stand still. For one minute the Turkish people stand silent in commemoration of Mustafa Kemal Atatürk, the Founder of modern Turkey, on the day of his death in 1938. This year, on November 22 our 5th Congress on Cultural Heritage will be held in Istanbul, the European Capital of Culture for 2010, a city that represents the spirit of the Founder of the modern Nation, its past and present culture with its ancient and modern monuments. The motto of the European Union is “united in diversity”; European citizens want to preserve their identity, grounded on their Cultural Heritage. However, such a Patrimony is fragile and Public Administrations spend yearly significant resources to save it. The purpose of this Congress, as well as of the previous Congresses held in Italy, France, Spain and Egypt, is to demonstrate how crucial may prove the contribution of scientists and technologists saving both our common cultural Patrimony and public money often wasted for erroneous interventions. A special opportunity this time is offered by the coincidence given by next 8th Framework Programme of the European Union for the years 2014-2020 being prepared by the European Commission as a “Discussion Document” just within 2011. We will discuss and approve during the Congress a specific Project called EACH devoted to the preservation of our common Cultural. CALL FOR PAPERS ABSTRACT PREPARATION Abstracts should be submitted by e-mail as a Word Microsoft Office document to: istanbulcongress@gmail.com Abstract should contain: the title, the names of the Authors, their affiliation and a text in English. Abstracts must not exceed 500 words (not including author information and title). The presenting author name should be selected with S. Abstracts should ideally adhere to the following format: objectives, methods, results, conclusions, and three keywords describing the abstract. Abstracts will not be re-typed or corrected once they are submitted. It is the author’s responsibility to submit the abstract in perfect order with no errors in spelling or grammar. Abstracts not received in proper format will not be considered by the Scientific Committee. Abstracts must be sent not later than June 15, 2011. ABSTRACT SELECTION An international Scientific Committee will review the submitted abstracts. Abstracts may be accepted for oral or poster presentation. Authors will receive by e-mail, not later than June 30, 2011 a confirmation of acceptance for oral or poster presentation with the date and the assigned Session. Accepted presentations will be published in the Abstract book and the consequent full papers will be published in the Congress Proceedings. SCIENTIFIC PROGRAMME
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SESSION A
RESOURCES OF THE TERRITORY
SESSION B
DIAGNOSTICS AND RESTORATION
SESSION C
BIOLOGICAL DIVERSITY AND PERFORMING ARTS
SESSION D
MUSEUMS PROJECTS & BENEFITS
SESSION E
ROBOTICS & CULTURAL HERITAGE
For information: www.istanbulcongress2011.com istanbulcongress@gmail.com each2014@gmail.com
ArcheomaticA N° 1 marzo 2011
ArcheomaticA
w w w. a r c h e o m a t i c a . i t
Tecnologie per i Beni Culturali
ABBONATI* AD ARCHEOMATICA: IL PONTE TRA PASSATO E FUTURO
CARTOLINA
*IN PROMOZIONE A
20 EURO
DI
ABBONAMENTO
Ragione Sociale P.I./C.F. Cognome
Nome
Indirizzo
INVECE DI 45.
ANCHE ONLINE
Cap
N° Comune
Tel.
Fax
E-mail / Sito web
Tipo di organizzazione
Attività primaria
Amministrazione
Restauro
Professionista
Rilievo e Modellazione
Privato
Documentazione
Associazione
Conservazione
Azienda
Forniture Strumenti
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Analisi Scientifiche
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