GEOmedia 6 2011

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Rivista bimestrale - anno 15 - Numero 6/2011 Sped. in abb. postale 70% - Filiale di Roma

La prima rivista italiana di geomatica e geografia intelligente

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INTERVISTA

N째6 2011

AD

ALESSANDRO CORSINI

INFORMAZIONE GEOGRAFICA PER L 'ENERGIA DEL FUTURO

X La geomatica nella progettazione di impianti eolici e fotovoltaici

X Piattaforme UAV per applicazioni geomatiche

X In volo con l'occhio termico

X Una carta della vegetazione con immagini satellitari ad alta risoluzione


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www.rivistageomedia.it GEOmedia, bimestrale, è la prima rivista italiana di geomatica. Da oltre 10 anni pubblica argomenti collegati alle tecnologie dei processi di acquisizione, analisi e interpretazione dei dati, in particolare strumentali, relativi alla superficie terrestre. In questo settore GEOmedia affronta temi culturali e tecnologici per l’operatività degli addetti ai settori dei sistemi informativi geografici e del catasto, della fotogrammetria e cartografia, della geodesia e topografia, del telerilevamento aereo e spaziale, con un approccio tecnico-scientifico e divulgativo. Direttore RENZO CARLUCCI direttore@rivistageomedia.it Comitato editoriale Fabrizio Bernardini, Luigi Colombo, Mattia Crespi, Luigi Di Prinzio, Michele Dussi, Beniamino Murgante, Mauro Salvemini, Luciano Surace, Domenico Santarsiero, Donato Tufillaro Direttore Responsabile FULVIO BERNARDINI fbernardini@rivistageomedia.it Hanno collaborato a questo numero: A. Bargagli, E. Caiaffa, A. Carillo, L. Liberti, G. Sannino, M. Santonastasi, G. Barbato, A. Corsini, E. Tuccime F. Remondino, F. Nex, D. Sarazzi,S.Amici, M. F. Buongiorno, E. L. De Angelis, F. Giulietti, M. Turci, M. Folegani E S.Pasetti, L. Malatesta, F. Attorre, M. De Sanctis, M. Vitale, A. Altobelli, M. Salvemini, F. Marcucci Redazione redazione@rivistageomedia.it SANDRA LEONARDI sleonardi@rivistageomedia.it GIANLUCA PITITTO gpititto@rivistageomedia.it Marketing e Distribuzione ALFONSO QUAGLIONE marketing@rivistageomedia.it Diffusione e Amministrazione TATIANA IASILLO diffusione@rivistageomedia.it Progetto grafico e impaginazione DANIELE CARLUCCI dcarlucci@rivistageomedia.it MediaGEO soc. coop. Via Nomentana, 525 00141 Roma Tel. 06.62279612 Fax. 06.62209510 info@rivistageomedia.it ISSN 1128-8132 Reg. Trib. di Roma N° 243/2003 del 14.05.03 Stampa: Futura Grafica 70 Via Anicio Paolino, 21 00178 Roma Editore: A&C2000 s.r.l. Condizioni di abbonamento La quota annuale di abbonamento alla rivista è di 45,00. Il prezzo di ciascun fascicolo compreso nell’abbonamento è di 9,00. Il prezzo di ciascun fascicolo arretrato è di12,00. I prezzi indicati si intendono Iva inclusa. L’editore, al fine di garantire la continuità del servizio, in mancanza di esplicita revoca, da comunicarsi in forma scritta entro il trimestre seguente alla scadenza dell’abbonamento, si riserva di inviare il periodico anche per il periodo successivo. La disdetta non è comunque valida se l’abbonato non è in regola con i pagamenti. Il rifiuto o la restituzione dei fascicoli della Rivista non costituiscono disdetta dell’abbonamento a nessun effetto. I fascicoli non pervenuti possono essere richiesti dall’abbonato non oltre 20 giorni dopo la ricezione del numero successivo. Numero chiuso in redazione il 31 gennaio 2012. Gli articoli firmati impegnano solo la responsabilità dell’autore. È vietata la riproduzione anche parziale del contenuto di questo numero della Rivista in qualsiasi forma e con qualsiasi procedimento elettronico o meccanico, ivi inclusi i sistemi di archiviazione e prelievo dati, senza il consenso scritto dell’editore. Rivista fondata da Domenico Santarsiero.

Le necessità di base dell’Informazione Geografica Italiana Se volessimo esercitarci ad avviare una discussione per comprendere bene quali siano i possibili nuovi interventi per il settore dell’informazione geografica, dovremmo continuare a dare il nostro contributo a iniziative che stanno dando ascolto alle necessità del territorio come, ad esempio, quella degli Stati Generali dell’Innovazione e del FORUM PA, sfruttando la presenza di un Governo tecnico, al quale far pervenire un chiaro programma di interventi necessari per l’innovazione del settore, dando vita ad una nuova economia di riflesso. Dobbiamo attivarci per chiarire e condividere bene le nostre idee, evitare di mostrarci come un settore disgregato, non rappresentato, senza programma e chiarezza di fondo, ove ognuno tira il suo carro su strade non ben definite. Cominciamo a pensare anche a un termine temporale per preparare una nostra Carta degli interventi per l’Informazione Geografica Italiana e portiamola all’interno della Pubblica Amministrazione per migliorarla, condividerla e attuarla. Ne abbiamo diritto e dovere. Partiamo dall’attuale ruolo della cartografia di base, ieri digitalizzata ed oggi arrivata a costituire il cuore delle Infrastrutture di Dati Territoriali (IDT) , o delle Spatial Data Infrastructure (SDI) che dir si voglia, i cui elementi informatici di base debbono essere adeguati a direttive nazionali ed internazionali di armonizzazione. Abbiamo più volte auspicato la “promozione” della IDT agli stessi livelli delle altre infrastrutture primarie, quale quella elettrica o quella delle comunicazioni, avendone in comune il carattere di primaria utilità nel livello territoriale ampio, con investimenti da adeguare negli oneri della urbanizzazione, essendo quest’ultima, spesso con le sue aggressioni selvagge al territorio, la principale artefice della necessità di rinnovamento e aggiornamento cartografico. Soffermiamoci su quei dati geografici costituiti dai geodatabase topografici e dalle ortofoto che concorrono a generare la cosiddetta “base cartografica”, quella cartografia tecnica per gli usi urbanistici, che deve descrivere posizioni di elementi geografici naturali e di elementi antropici, tra cui opere, manufatti e fabbricati in genere con il loro ingombro sul terreno; elementi che hanno difficoltà ad essere rappresentati con dati telerilevati dall’alto, che per essere usati subiscono processi di ortorettifica, tipica della aerofotogrammetria, per correggere le deformazioni prospettiche e le variazioni di scala. Abbiamo avuto modo di scambiare idee con molti e nonostante le naturali disomogeneità dei punti di vista, emerge chiara una strada da affrontare i cui passaggi possono essere sintetizzati in quanto segue. Avviare un programma per la realizzazione della nuova cartografia del territorio italiano che porti tutte le zone allo stesso livello di conoscenza e aggionamento. L’investimento necessario da attuarsi gradualmente dal livello statale a quello regionale fino ai comuni secondo le rispettive competenze vedrà la sua sostenibilità nel ritorno che si avrà dal forte indotto di tutti i settori produttivi che utilizzano il dato geografico. Gestire la distribuzione libera ed aperta delle IDT per dare avvio a prodotti e analisi derivate che si poggino su dati attendibili e controllati la cui posizione sia certa nei limiti di accuratezza della scala di utilizzazione e sia garantita la provenienza, la affidabilità e la relativa licenza d’uso. Ma nel contempo attivare le necessarie istruzioni e precauzioni, per rendere utilizzabili eventuali aggiornamenti derivabili dalle aggregazioni di utenti quali ad esempio quelli di OpenStreetMap. Riformare gli attuali Organi Cartografici con eventuali accorpamenti e creazione di una struttura innovativa e adeguata ai tempi che sia in grado di coordinare l’intero settore nei livelli regionali e sub-regionali e al contempo si raffronti con le corrispondenti istituzioni internazionali. Concretizzare la formazione di una figura professionale di geografo / geomatico innovativa con ottimizzazione dell’attuale percorso formativo avvalendosi di un corso di studio che contempli la globalità delle discipline raccolte sotto l’unico nome della geomatica. Non vuole essere ancora un manifesto, ma uno spunto di discussione. Vogliamo parlarne al prossimo appuntamento che ci possa vedere riuniti in un convegno nel breve termine? Buona lettura, Renzo Carlucci


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SOMMARIO 6-2011

FOCUS

6

ENERGIA DAL MARE: MODELLI NUMERICI E GIS PER LA VALUTAZIONE DEL POTENZIALE ENERGETICO A. BARGAGLI, E. CAIAFFA, A. CARILLO, L. LIBERTI, G. SANNINO

DI

14 La geomatica nella progettazione di impianti eolici e fotovoltaici DI

MARCO SANTONASTASI E GIUSEPPE BARBATO

INTERVISTA

22 Intervista a Alessandro Corsini

A CURA DELLA

REDAZIONE

REPORTS

24 Colonne d'acqua oscillanti come risorsa energetica costiera DI

28 P DI

ESMERALDA TUCCIME

IATTAFORME

UAV

PER APPLICAZIONI GEOMATICHE

FABIO REMONDINO, FRANCESCO NEX, DANIELE SARAZZI

34 In volo con l'occhio termico DI

S.AMICI, M. F. BUONGIORNO, E. L. DE ANGELIS, F. GIULIETTI, M. TURCI

38 Il telerilevamento per la qualità dell'aria, l'esperienza SENSORER DI

42

LE

MARCO FOLEGANI E STEFANIA PASETTI

IMMAGINI SATELLITARI AD ALTA RISOLUZIONE E LA

CLASSIFICAZIONE DELLE COMUNITÀ VEGETALI PER LA

VEGETAZIONE (YEMEN)

CREAZIONE DELLA CARTA DELLA DELL'ISOLA DI DI

SOCOTRA

L. MALATESTA, F. ATTORRE, M. DE SANCTIS, M. VITALE, A. ALTOBELLI

ALTRE RUBRICHE Nel Mare nascono turbine eoliche di nuova generazione ma molte perplessità hanno sollevato tali soluzioni anche a causa degli elevati costi di realizzazione e manutenzione.

DI

INSERZIONISTI AMBROGEO ABACO BOVIAR CGT CODEVINTEC CRISEL EPSILON ESRI ITALIA GEOCART GEOGRA' GEOGRAFICA GEOSOLUTION GESP

54 13 19 17 4 18 36 56 41 31 25 51 55

18 MERCATO 49 GI IN EUROPE

GEXCEL INTERGRAPH NBL NETHIX P. BOWES PLANETEK PRISMA SINERGIS TEOREMA TOPCON TRIMBLE ZENIT

30 48 11 27 21 23 37 33 20 2 47 16

MAURO SALVEMINI

50 OPEN SOURCE L'evoluzione del WEB GIS DI F. MARCUCCI

54 AGENDA


FOCUS

Energia dal mare: modelli numerici e GIS per la valutazione del potenziale energetico di A. Bargagli, E. Caiaffa, A. Carillo, L. Liberti, G. Sannino

Attraverso l’uso di modelli numerici oceanografici applicati al Mar Mediterraneo i ricercatori del laboratorio di modellistica climatica e impatti dell’ENEA stanno valutando il potenziale energetico contenuto nel moto ondoso lungo la fascia costiera e più in generale nei mari italiani, allo scopo di identificare i siti più idonei all’installazione di impianti di conversione del moto ondoso in energia elettrica.

L’idea della possibilità di convertire in energia elettrica sfruttabile l’energia associata al moto ondoso (sia off-shore che in acque costiere) e alle correnti marine e fluviali, non è nuova e nel tempo sono stati sviluppati diversi progetti atti alla realizzazione di dispositivi per la generazione di energia elettrica dal mare. Tuttavia rispetto alle altre fonti rinnovabili per eccellenza come l’eolico, il solare e le biomasse, lo sfruttamento della forza di onde del mare, correnti marine e maree avviene attualmente solo grazie a prototipi che tuttavia hanno dimostrato potenzialità molto promettenti, come risulta anche dal lavoro che ENEA ed altre Istituzioni pubbliche e private stanno effettuando. Un panorama più completo di come l’energia può essere estratta dal mare attraverso tecnologie che si avvalgono dell’acqua di mare come forza motrice o che sfruttano il suo potenziale chimico o termico, è dato dalle seguenti sei fonti distinte:

L’

6

Onde: energia cinetica trasferita dal vento alla superficie degli oceani. Maree: energia potenziale derivata dall’attrazione gravitazionale lunisolare degli oceani. Correnti di marea: energia cinetica delle correnti marine derivate dall’innalzamento e abbassamento della colonna d’acqua a causa delle maree. Correnti marine: energia cinetica delle correnti dovute alla differenza di densità tra masse d’acqua e/o al vento superficiale.

Gradienti di temperatura: energia termica derivata dalla differenza di temperatura tra gli strati superficiali degli oceani riscaldati direttamente dal sole e gli strati profondi più freddi. Gradiente di salinità: energia osmotica derivata dalla differenza di salinità tra gli oceani e l’acqua dolce presente alla foce dei fiumi.

Alcune di queste risorse, come le correnti marine e il gradiente di salinità, sono distribuite a livello globale, mentre altre forme di energia marina sono presenti in maniera complementare tra di loro. L’energia termica degli oceani,

per esempio, è principalmente presente ai tropici (latitudine 0° a 35°), mentre l’energia delle onde si concentra alle medie latitudini (tra 30° a 60°, Figura 1). Inoltre, mentre alcune risorse energetiche marine, come ad esempio quella termica, le correnti di marea, e i gradienti di salinità, possono essere usate per generare elettricità in maniera continua, altre sono soggette ad un’alta variabilità temporale e per questo possono produrre energia solo in maniera discontinua. La figura 1 mostra la distribuzione a livello globale della stima dell’energia ricavabile dal moto ondoso in chilowatt per metro.

Figura 1 - Stima dell’energia ondosa a livello globale espressa in kW/m Fonte: Soerensen and Weinstein, 2008.

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FOCUS Sebbene una valutazione approfondita della risorsa energetica marina sia ancora in fase preliminare, le prime stime a livello globale hanno indicato come potenziale energetico teorico nelle sue diverse forme 7400 EJ/yr (1 Exajoule = 1018 joule) (Rogner et al., 2000). Di questi, la quasi totalità (7200 EJ/yr) deriva dal gradiente di temperatura, mentre le altre forme di energia sono così distribuite: 83 EJ/yr dal gradiente di salinità, 79 EJ/yr dalle maree, e 65 EJ/yr dalle onde. Per avere un termine di paragone, il consumo energetico mondiale nel 2006 è stato di circa 470 EJ (IEA, 2006). Recentemente Krewitt et al. (2009) hanno invece indicato come potenziale energetico globale degli oceani 3249 EJ/yr, con una distribuzione, nelle sue diverse forme, sostanzialmente simile alla precedente. Dispositivi di conversione brevettati nel mondo Come si è detto, esistono diverse fonti di energia dal mare ed ognuna di queste richiede una specifica tecnologia per la conversione in energia elettrica. Numerosi progetti di ricerca sono stati indirizzati soprattutto alla conversione di energia dalle onde e dalle correnti di marea e taluni hanno ormai raggiunto la fase di prototipo dimostrativo. Tuttavia, nonostante molti di questi dispositivi abbiano dimostrato la loro applicabilità a causa di difficili condizioni operative, come mareggiate oceaniche, non si è ancora arrivati alla loro fase di commercializzazione (una lista si trova nel sito http://www.equimar.org/equimarproject-deliverables.html). Solo un dispositivo di conversione dell’energia ondosa, il PELAMIS, ideato dalla Pelamis Wave Power Ltd, risulta pronto alla commercializzazione (Figura 2). La sola tecnologia in uso che commercializza l’energia prodotta è quella relativa agli sbarramenti di marea, il cui esempio più significativo è rappresentato da una installazione da 240 MW presente dal 1966 a La Rance, nella zona nord-ovest della Francia. Lo scorso agosto è stato inaugurato un altro impianto a sbarramento a Shihwa, in Corea del Sud. I lavori di costruzione di questo impianto sono durati sette anni, e il prossimo dicembre la centrale da 254 MW entrerà definitivamente a regime. Potenziale energetico del bacino del mediterraneo Il settore delle energie rinnovabili sta sempre più estendendo i suoi interessi nel campo marino, valutando quanto sia vantaggioso estrarre energia elettrica sia dalle correnti di marea sia dalle

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Figura 2 - Dispositivo di conversione dell’energia ondosa PELAMIS, prodotto dalla Pelamis Wave Power Ltd Fonte: Pelamis Wave Power Ltd.

onde superficiali generate dal vento e da quelle sottomarine prodotte dall’interazione tra correnti e fondo del mare. Queste tre tipologie sono già in fase di utilizzo in diverse parti del mondo. Il possibile sfruttamento tuttavia è strettamente legato a una conoscenza dettagliata delle grandezze fisiche connesse (velocità della corrente, altezza delle onde, intensità delle maree) e allo sviluppo di tecnologie adatte. Le mappe che descrivono le correnti marine disponibili per il Mar Mediterraneo, e i mari italiani in particolare, sono state realizzate interpolando spazialmente i dati sperimentali ottenuti dalle numerose campagne oceanografiche che si sono succedute negli ultimi quaranta anni. Nonostante la grossa mole di dati utilizzati, il risultato finale non può essere considerato sufficiente ai fini della valutazione del potenziale energetico delle correnti di marea anche a causa della disomogeneità spaziale e della discontinuità temporale dei dati raccolti. Di contro, gli attuali modelli numerici di circolazione marina hanno raggiunto un elevato livello di complessità, tale da renderli lo strumento più idoneo alla descrizione dettagliata della circolazione marina e del moto ondoso. Uno dei vantaggi più evidenti legati allo sviluppo di modelli numerici per la simulazione delle correnti marine e il moto ondoso è rappresentato dalla possibilità di valutare in anticipo, e con un discreto grado di affidabilità, l’energia teorica disponibile nel sito in cui si è deciso di installare un dispositivo di conversione. La possibilità di

valutare l’energia teorica disponibile nel sito anche per il prossimo futuro, secondo gli scenari climatici per esempio suggeriti dall’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change), costituisce un ulteriore vantaggio. L’energia del moto ondoso disponibile per la conversione in energia elettrica nel Mediterraneo è relativamente bassa se paragonata a quella che può essere ricavata dagli oceani; le onde, infatti, risentono delle dimensioni ridotte del bacino e sono caratterizzate da altezze significative e periodi minori rispetto a quelle oceaniche. Le correnti di marea sono movimenti orizzontali di acqua che risentono fortemente della variazione di profondità del fondale marino, e si intensificano negli stretti e nei canali. Per quanto riguarda i mari che circondano l’Italia, le regioni più interessanti in termini di correnti di marea sono lo stretto di Messina, la laguna di Venezia, il canale di Sicilia e le Bocche di Bonifacio in Sardegna. Uno dei vantaggi più evidenti legati allo sfruttamento dell’energia delle correnti di marea è rappresentato dalla possibilità di valutare in maniera quasi esatta l’energia teorica disponibile annualmente in un sito. Questa fonte di energia rinnovabile è infatti indipendente dalle condizioni atmosferiche e dai cambiamenti climatici ed essendo legata esclusivamente alle fasi lunari è possibile conoscerne, per un dato sito, la velocità alle diverse ore del giorno, per ogni giorno dell’anno, potendo in questo modo predire con una certa precisione l’energia estraibile.

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FOCUS

Figura 3 - Posizione delle boe della Rete Ondamentrica Nazionale (RON). Sono stati utilizzati i dati delle boe evidenziate in rosso, mentre i dati delle boe indicate in grigio non sono stati considerate perché l’estensione temporale della serie non è sufficientemente lunga.

Il moto ondoso Una stima dettagliata e completa dell’energia delle onde per i mari italiani non è fino ad oggi disponibile. Allo stato attuale, la quasi totalità delle informazioni relative al potenziale energetico del moto ondoso è valutata sulla base dei dati registrati dalle 15 boe della Rete Ondametrica Nazionale (RON), attiva dal 1989 e gestita dal Servizio Mareografico dell’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA). Le boe RON sono distribuite lungo tutta la fascia costiera italiana come mostrato in figura 3. Tutte le boe RON sono situate in acque profonde, ossia la profondità in corri-

spondenza della boa è maggiore della metà del massimo della lunghezza d’onda, quindi è possibile calcolare il flusso di energia del moto ondoso utilizzando l’equazione:

dove ρ rappresenta la densità del mare (valore pari circa a 1025 Kg/m3) e g è la gravità. In questa formula viene utilizzato il momento di ordine zero dell’altezza dell’onda Hm0 e il periodo medio dello spettro Tmo,-1 che possono essere ricavati dai dati registrati dalle boe.

Figura 4 - Mappe di altezza significativa (Hs) in metri simulata dal modello WAM (SIM_ECMWF). I valori riportati si riferiscono alla media stagionale calcolata per l’intervallo 2001-2010.

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I dati ottenuti dall’analisi delle boe RON, nonostante costituiscano una fonte insostituibile di informazioni, non forniscono una copertura spaziale adeguata per l’individuazione dei siti costieri adatti all’estrazione dell’energia ondosa. Lo strumento modellistico è quindi necessario per colmare questa limitazione. Il presente articolo, non potendo addentrarsi nello specifico dei complessi modelli numerici utilizzati, descrive sommariamente i risultati ottenuti utilizzando il WAve prediction Model (WAM, WAMDI-Group 1988). Per gli scopi che si prefigge di ottenere, il modello viene forzato con uno dei migliori dataset di vento disponibile a fini scientifici che per l’area mediterranea è sicuramente costituito dalle analisi prodotte dal Centro Europeo per le previsioni meteo a medio termine (ECMWF). In particolare, i campi di vento utilizzati provengono dalle analisi meteorologiche prodotte in modalità operativa per il periodo 2001-2010. La risoluzione spaziale del codice operativo del Centro Europeo ha raggiunto nel 2010 una risoluzione orizzontale di circa 40 km. I risultati del modello WAM sono stati validati tramite il confronto con i valori misurati dalle boe RON, i cui dati sono disponibili all’indirizzo: http://www. idromare.it/. Una volta verificato il buon accordo dei risultati della simulazione forzata con le analisi ECMWF rispetto ai valori misurati dalle boe RON, questa simulazione viene utilizzata per analizzare i campi del moto ondoso e del potenziale energetico delle onde per tutta l’area dei mari italiani. Il valore aggiunto costituito dai risultati delle simulazioni numeriche, rispetto ai dati registrati dalle boe, è rappresentato dalla possibilità di ottenere informazioni sull’intero bacino mediterraneo. In Figura 4 e 5 sono riportate, per l’area mediterranea, rispettivamente le mappe delle medie stagionali e la mappa annuale dell’altezza significativa dell’onda (Hs) calcolate sulla base dei dati ricavati dalla simulazione WAM forzata con le analisi di vento ECMWF. Le medie si riferiscono al periodo 20012010, e per questo possono essere considerate come rappresentative del clima presente del moto ondoso. Come si evince dalla figura 4 il moto ondoso risulta particolarmente intenso durante la stagione invernale e autunnale, con i valori più elevati presenti nel Mediterraneo occidentale, in particolare nel golfo del Leone e nella zona compresa tra le isole Baleari e la Sardegna, dove viene raggiunto un

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FOCUS colarmente elevati, attorno a 15 kW/m, nel periodo da novembre a febbraio e valori intorno a 4 kW/m nei mesi estivi. Le mappe stagionali per i valori di potenziale energetico relative a tutto il bacino mediterraneo sono riportate in Figura 7. In particolare, analizzando la figura 7, per quanto interessa le coste italiane, i valori più elevati sono rilevati, nel corso dei mesi autunnali e invernali, lungo tutta la costa ovest della Sardegna.

Figura 5 - Mappa di altezza significativa (Hs) in metri simulata dal modello WAM (SIM_ECMWF). I valori riportati si riferiscono alla media annuale calcolata per l’intervallo 2001-2010.

valore medio per l’altezza dell’onda di 1.8m. Altra regione interessata da valori elevati di altezza d’onda significativa, nelle stesse stagioni dell’anno, è quella del Canale di Sicilia e del Mar Ionio. Strutture analoghe si notano durante la primavera ma con valori ovunque inferiori. Il campo medio delle onde nel periodo estivo è significativamente più basso con valori medi superiori ad 1.2m solo nella zona orientale, in prossimità dell’isola di Rodi interessata dai venti etesiani. Dall’esame delle mappe si possono anche individuare quali tra le regioni della costa italiana sono tra le più adatte allo

sfruttamento dell’energia dalle onde (figura 4 e 5). Quindi basandosi sui dati prodotti dalla simulazione con WAM è possibile calcolare il potenziale energetico delle onde nel mar Mediterraneo secondo la formulazione del potenziale energetico già precedentemente enunciata [1]. La figura 6 mostra il confronto tra il valore misurato dalla boa (linea nera) e la simulazione ottenuta con WAM (linea rossa) per la stazione di Alghero. Il flusso medio di energia è in funzione del mese, calcolato come media sul periodo 2001-2010. Il sito di Alghero presenta valori di potenziale energetico parti-

Figura 6 - Confronto del flusso medio di energia in funzione del mese tra il valore misurato dalla boa (linea nera) e la simulazione SIM_ECMWF (linea rossa) per la stazione di Alghero. Medie effettuate su tutto il periodo 2001-2010. Le linee orizzontali tratteggiate corrispondono al flusso medio annuale.

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In una visione integrata delle problematiche che ruotano attorno alle politiche energetiche, l’utilizzo di fonti di energia rinnovabili ha assunto un’importanza prioritaria. Infatti, come già delineato nel 1998 dal Consiglio europeo di Cardiff e, poi stabilito dalla Decisione n. 280/2004/ CE del Parlamento europeo (relativa ad un meccanismo per monitorare le emissioni di gas a effetto serra nella Comunità e per attuare il protocollo di Kyoto), tutti i paesi europei sono chiamati ad abbattere il livello di emissioni di gas serra in atmosfera. Molti organismi, a livello internazionale, come la Commissione per lo Sviluppo Sostenibile dell’ONU (UNCSD), l’Agenzia Ambientale Europea (EEA), l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OECD), l’EUROSTAT (Ufficio Statistica della Comunità Europea) e l’AIE (Agenzia Internazionale dell’Energia) stanno mettendo a punto piani di sviluppo in questa direzione. In questo contesto di studio per l’individuazione di fonti di energie sostenibili sin dal 1986, a livello europeo la CE si è fatta promotrice e sostenitrice di varie attività di ricerca e sviluppo sulla conversione dell'energia marina e del moto ondoso. Nel 1993 la CE ha inoltre finanziato una serie di conferenze internazionali sul tema “energia da moto ondoso”, come ad esempio quella ad Edimburgo (UK), e poi a seguire le conferenze tenutesi a Lisbona (PT) nel 1995, a Patrasso (GR) nel 1998 e ad Aalborg (DK) nel 2000. Le ricerche e gli studi di fattibilità che sono seguiti a tutte queste iniziative hanno portato alla costruzione di impianti prototipali. L’ENEA stessa, nell’ambito dei suoi compiti istituzionali, è chiamata alla messa a punto di strumenti di analisi e valutazione di supporto alle amministrazioni centrali e locali per la definizione delle politiche di intervento in campo energetico-ambientale che si concretizzano in un insieme di attività di ricerca e sviluppo finalizzate a ridurre il costo dell'energia elettrica per gli utenti finali, migliorare l'affidabilità del sistema e la qualità del servizio, ridurre l'impatto del sistema elettrico sull'ambiente e sulla salute e consentire l'utilizzo razionale delle risorse energetiche ed assicurare al Paese le condizioni per uno sviluppo sostenibile.

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FOCUS

Figura 7 - Mappe di potenziale energetico (in kW/m) calcolate dai dati del modello WAM (SIM_ECMWF). I valori riportati si riferiscono alla media stagionale calcolata per l’intervallo 2001-2010.

Le mappe mostrano che la zona successiva in ordine di importanza, per quanto riguarda il potenziale energetico delle onde, è rappresentata dalla costa sud-ovest della Sicilia. Il GIS per la caratterizzazione del potenziale energetico associato al moto ondoso Allo scopo di evidenziare meglio i risultati lungo le coste italiane, i valori del potenziale energetico, estratti lungo la fascia costiera (circa 12 Km dalla costa), sono riportati all’interno di un progetto GIS (Geographic Information System) e il risultato è mostrato nella Figura 8.

Tutta la costa ovest della Sardegna è caratterizzata da valori superiori a 12 kW/m e la zona dove vengono raggiunti i valori più elevati è quella situata a nord di Alghero (figura 8). Per quanto riguarda la Sicilia le due zone più significative si trovano alle due estremità est e ovest della costa Sud (figura 12). In questo caso la boa di Mazara del Vallo sembra collocata in una delle zone di maggiore intensità. L’introduzione dello strumento GIS (Geographic Information System) in questo tipo di studi e di analisi fornisce l’opportunità di correlare tra loro una serie di dati ambientali, socio-economici,

Figura 8 - Elaborazione GIS che integra la media (sull’intera simulazione SIM_ECMWF) del potenziale energetico lungo le coste italiane, con la carta tematica delle aree protette marine e terrestri.

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climatici, ecc., utili sia alla definizione del potenziale energetico associato al moto ondoso, sia alla caratterizzazione delle aree dove effettivamente risulti possibile l’installazione di convertitori di energia dal mare. Nel caso del Mediterraneo, alla luce di studi già assimilati, si è visto che un buon bilanciamento tra i diversi parametri scientifici e socioeconomici che intervengono nel calcolo del potenziale energetico stesso, portano allo sfruttamento dell’energia da moto ondoso in zone costiere. Per l’analisi dei numerosi parametri che intervengono nella definizione della presenza e del possibile sfruttamento di energia da moto ondoso, si capisce quanto sia importante la caratterizzazione di tali grandezze a livello territoriale. La visualizzazione, attraverso carte tematiche, dei valori misurati e soprattutto la possibilità di poter combinare vari strati informativi di diversa natura tra loro, permette di verificare gli aspetti socioeconomici dell’impresa. La figura 8 mostra la media sull’intera simulazione con il modello ondametrico WAM, del potenziale energetico lungo le coste italiane e risulta abbastanza immediata la localizzazione di quelle che sono le zone con maggiore potenziale energetico sfruttabile. E’ a questo punto che lo studio deve necessariamente prendere in considerazione altri parametri che devono tenere conto di altri aspetti legati alla reale possibilità di installare dispositivi di conversione di energia. Uno dei primi aspetti analizzati è stato quello della presenza di parchi marini o di zone comunque dichiarate Aree Naturali Marine Protette e Riserve Naturali Marine. I dati analizzati e caricati nel GIS sono quelli forniti dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio che ha stilato un elenco ufficiale delle suddette aree. Quindi, sovrapponendo allo strato informativo Energia media potenziale lo strato informativo Aree Protette sia marine che terrestri, come mostrato nelle figure 9, 10, 11 e 12 si evince immediatamente quali sono le zone, che pur presentando un buon potenziale energetico, risultano interdette a qualsiasi tipo di installazione in quanto aree protette. In particolare, come mostrato nella figura 10 le aree tematizzate con il grigliato obliquo nero, ricavate dall’Elenco Ufficiale delle Aree Naturali Protette, 5° aggiornamento del 2003, sono denominate Santuario per i mammiferi marini e presentano il codice EUAP1174 e rispondono alla Tipologia di Area Naturale Marina di Interesse Internazionale. Dalla carta tematica di Figura 10 e, an-

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FOCUS cora meglio, dalla figura 11 si possono poi individuare delle aree colorate di celeste, la maggior parte delle quali attorno ad isole o penisole. Tali aree rispondono alla Tipologia di Aree Naturali Marine Protette o di Riserva Naturale Marina. Nelle figure 10 e 11 vengono riportati alcuni particolari della zona relativa alla Sardegna con la visualizzazione dell’interrogazione dei dati con il GIS. Le figure 9 e 12 mostrano in dettaglio la situazione energetica potenziale rispettivamente per la Sardegna e per la Sicilia. Nelle considerazioni generali di cui tenere conto un altro aspetto importante è la verifica delle condizioni batimetriche delle aree sotto esame. Quindi risulta importante poter interfacciare attraverso il GIS anche le informazioni

batimetriche del Mediterraneo. Sarebbe auspicabile avere a disposizione anche valori batimetrici e geomorfologici del fondale marino e costiero con una elevata risoluzione, almeno nelle aree ritenute più interessanti al fine di uno sfruttamento dell’energia ondosa. Tali informazioni risulterebbero di considerevole aiuto per la progettazione effettiva degli impianti di sfruttamento dell’energia marina. La presente relazione tiene conto solo dei dati che attualmente si hanno a disposizione e che si sono potuti integrare all’interno del GIS. Molteplici analisi si possono condurre avendo a disposizione una più ampia gamma di informazioni anche di tipo socio-economico. Le carte tematiche qui presentate sono state ottenute utilizzando molte delle funzioni offerte dallo strumento GIS.

Figura 9 - Particolare della Sardegna con le aree protette terrestri e marine.

Figura 10 - EUAP1174 Santuario per mammiferi marini.

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Bibliografia e Sitografia • Soerensen, H.C. and A. Weinstein, Ocean Energy: Position paper for IPCC, Key Note Paper for the IPCC Scoping Conference on Renewable Energy, Lübeck, Germany, January 2008. • Rogner, H.-H., F. Barthel, M. Cabrera, A. Faaij, M. Giroux, D. Hall, V. Kagramanian, S. Kononov, T. Lefevre, R. Moreira, R. Nötstaller, P. Odell, and M. Taylor (2000). Energy resources. In: World Energy Assessment. Energy and the Challenge of Sustainability. United Nations Development Programme, United Nations Department of Economic and Social Affairs, World Energy Council, New York, USA, 508 pp. • A. Bargagli, A. Carillo, V. Ruggiero, P. Lanucara, G. Sannino, “Modello di onde per l’area mediterranea” http://www.enea.it/it/Ricerca_sviluppo/ricerca-di-sistema-elettrico/ correnti-marine • WAMDI-group: S. Hasselmann, K. Hasselmann, E. Bauer, P.A.E.M. Janssen, G.J. Komen, L.,Bertotti, P. Lionello, A. Guillaume, V.C. Cardone, J.A. Greenwood, M. Reistad, L. Zambresky and J.A. Ewing, 1988. The WAM model - a third generation ocean wave prediction model. J. Phys. Ocean. 18, 1775 – 1810 • Janssen P. and Bidlot J.R. – ECMWF Wave Model Operational implementation 9 April 2002 – IFS Documentation Cy25R1 • ECMWF Wave Model Operational implementation 26 January 2010 – IFS Documentation Cy36R1 • Caiaffa E., ECDL GIS La rappresentazione cartografica e i fondamenti del GIS. Ed. McGrawHill 2011. • Caiaffa E., Sistemi Informativi Geografici. Un percorso attraverso il vasto mondo dell’Informazione Geografica. Ed. Scientifiche ENEA 2006. • Sito web del progetto: http:// utmea.enea.it/projects/energiadalmare/ Dati Rete Ondametrica Nazionale (RON)- URL: http://www. idromare.it/

Figura 11 - EUAP0951 Area naturale marina protetta Penisola del Sinis – Isola Mal di Ventre.

Parole chiave Figura 12 - Energia potenziale media per la Sicilia con le zone delle aree marine protette.

FONTI DI ENERGIA RINNOVABILI, POTENZIALE ENERGETICO DEL MOTO ONDOSO, GEOGRAPHIC INFORMATION SYSTEM.

Abstract

Autori A. BARGAGLI, E. CAIAFFA, A. CARILLO, G. SANNINO ENEA, UTMEA-CLIM VIA ANGUILLARESE, 301 00123 ROMA GIANMARIA.SANNINO@ENEA.IT L. LIBERTI ISPRA VIA CURTATONE 3, 00185 ROMA LUCA.LIBERTI@ISPRAMBIENTE.IT

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Energy from the sea: numerical models and GIS for the evaluation of potential production Marine renewable energy is an emerging sector with great potential to contribute in achieving European renewable energy and decarbonisation targets. Marine renewable energy is here defined to include both wave and tidal current energy. With a diverse set of technologies in development and policy support mechanisms introduced in a number of European countries, the sector is working towards achieving commercial deployments in the near future. The present paper after a short and simple description of the WAve prediction Model (WAM), a numerical wave model to assess the wave potential energy in the Mediterranean basin, describes the potential advantages in integrating the numerical results in a GIS (Geographic Information System) containing environmental and territorial data. The analysis of multiple layers of geo-referenced information allows to explore the spatial relationship between the wave energy potential and other variables such as the location of protected areas or navigational routes. This kind of analysis helps identifying the most suitable areas for the the installation of wave energy converters. As an example, in order to better highlight the results along the Italian coast, the values of the potential energy, extracted along the coast (about 12 km from the coast), have been included in a series of thematic maps.

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La geomatica nella progettazione di

impianti eolici e fotovoltaici di Marco Santonastasi e Giuseppe Barbato

Il crescente interesse nello sfruttamento delle risorse rinnovabili per la soddisfazione dei bisogni energetici del paese ha un particolare risvolto in termini applicativi per gli specialisti della geomatica, poiché propone in chiave nuova una applicazione tradizionale del GIS che è l'ottimizzazione della localizzazione di installazioni produttive attraverso l'uso di mappe tematiche.

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enché il problema generale della localizzazione di impianti produttivi sia stato indubbiamente descritto in maniera esaustiva nella letteratura tecnica, nel caso della localizzazione di centrali a fonti rinnovabili, e in particolare per gli impianti eolici e fotovoltaici, assume rilievo sempre maggiore una particolarità nella determinazione e nell’assegnazione dei criteri di localizzazione che rendono il problema rinnovato e di non immediata risoluzione.

Incentivi per l’attuazione del protocollo di Kyoto Con la sottoscrizione del Protocollo di Kyoto (1997) l’Italia si è impegnata a ridurre le emissioni totali di gas serra al di sotto del 95% delle emissioni registrate nel 1990. Il legislatore, con il D.Lgs. 79/99 (decreto Bersani), ha deciso di conseguire tale riduzione principalmente attraverso una strategia di sostituzione delle fonti di generazione di energia elettrica, fornendo incentivi basati sulla effettiva produzione ai nuovi impianti che utilizzino fonti rinnovabili.

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L’incentivazione e la gestione commerciale della produzione di energia elettrica attualmente vigente per gli impianti a fonte eolica e fotovoltaica è regolata secondo i seguenti meccanismi: EOLICO: Certificati Verdi: Sono titoli al portatore con valenza di 15 anni per l’eolico. Possono essere commercializzati al valore di mercato stabilito dal Gestore del Mercato Elettrico (GME) e assegnato per delibera della Autorità sulla Energia (AEEG). Tariffa Onnicomprensiva: È una remunerazione che ingloba sia il valore dell’incentivo sia quello della energia ceduta alla rete. È applicabile solo per impianti con potenza tra 1 e 200 kW. La tariffa per gli impianti eolici é pari a 30 ¢€ per ogni kWh immesso nella rete. FOTOVOLTAICO: Quarto Conto Energia: Un compenso fisso per ogni kWh immesso il cui valore monetario, che si ricava dalle tabelle pubblicate dal Gestore dei Servizi Energetici (GSE), varia dai 40 ai 20 ¢€ a seconda della tipologia di installazio-

ne e della data di entrata in esercizio dell’impianto. In abbinamento al meccanismo dei Certificati Verdi, della Tariffa Onnicomprensiva e del Conto Energia, esistono delle facilitazioni commerciali per la immissione di energia verde in rete. Scambio sul posto: È uno schema di conguaglio della energia immessa e di quella prelevata, attuabile per tutti gli impianti al di sotto dei 200 kW, sia fotovoltaici che eolici. Vale solo in caso di coincidenza tra punto di prelievo e il punto di immissione. Il Gestore dei Servizi Energetici (GSE) compensa il valore monetario dell’energia elettrica immessa in rete con il valore monetario associato all’energia consumata in un periodo differente da quello in cui avviene la produzione. Ritiro dedicato: Vale solo per gli impianti eolici. È una forma semplificata di tariffazione della energia venduta alla rete, nella quale si demanda al GSE l’onere del ritiro, cioè l’acquisto, di tutta l’elettricità prodotta dall’impianto. Il GSE corrisponde al produttore un prezzo concordato e fisso per ogni kWh ritirato.

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FOCUS Subentro delle fonti rinnovabili La caratteristica distintiva, spesso non sufficientemente enfatizzata delle centrali a fonte rinnovabile è che esse puntano, nell’intenzione del legislatore e anche nella comune percezione del pubblico, alla sostituzione delle più tradizionali centrali a fonti fossili esistenti. Pertanto, esse non sono soggette ad una logica di incontro della domanda, locale o territoriale, presente o futura, quanto piuttosto al raggiungimento di un obiettivo generalizzato di copertura di una quota della potenza totale installata a livello nazionale, che deve quindi necessariamente essere sottratta a quella erogata dalle centrali tradizionali già operative o in fase avanzata di realizzazione per non eccedere inutilmente la domanda globale. Il problema dell’allaccio alle reti Una diretta conseguenza positiva di questo approccio è la possibilità da parte dei tecnici di localizzare ad esempio un parco eolico indipendentemente dalla domanda di energia delle aree ad esso limitrofe. Ciò si traduce nella apprezzata capacità di sfruttare zone ad alta ventosità comunque collocate sul territorio, ma porta con se il problema legato alla tipica mancanza di infrastrutture sulla rete di distribuzione e di trasmissione, che caratterizza tali località, quasi sempre remote o rurali, conseguente alla assenza di domanda locale. A questo va aggiunta la seconda e ben nota caratteristica delle fonti rinnovabili che è la non programmabilità dell’erogazione, ovvero la non predicibilità della disponibilità della risorsa energetica (i “combustibili” vento e sole), fatto che impatta negativamente sulla stabilità delle reti a cui gli impianti si allacciano.

L’impatto nella ingegneria della localizzazione di questi due aspetti è certamente sostanziale e sempre più rilevante, e richiede un approccio critico basato su una serie di dati geomatici ed economici nuovi.

la potenza nominale dell’impianto, in modo da poter valorizzare tutti i costi in €/MW installato e ottenere i ricavi come prodotto della potenza nominale per le ore di sole o di vento equivalenti del sito geografico in esame.

Costi e tempi di allaccio Vorremmo argomentare che la fattorizzazione della capacità ricettiva della rete di distribuzione/trasmissione e dei tempi di allaccio nei criteri di localizzazione sia un punto fondamentale che merita una analisi approfondita se si vuole assicurare un rendimento finanziario ed energetico valido ai parchi eolici e fotovoltaici. L’approccio classico, basato tipicamente sullo studio anemometrico, irradiativo e geomorfologico, non esaurisce infatti la analisi di fattibilità necessaria per la localizzazione di un impianto, poiché agli input tradizionali va necessariamente aggiunto il peso finanziario dei costi e dei tempi per l’adeguamento della capacità ricettiva della rete di trasmissione necessario a finalizzare l’erogazione dell’energia e la corresponsione del contributo.

Distribuzione spaziale e GIS Per ottimizzare la localizzazione di un progetto è certamente fondamentale identificare, come tradizionalmente fatto, la distribuzione spaziale dei vincoli e degli impatti che un impianto può avere sul territorio, inclusi gli impatti cumulativi e le interazioni d’impatto, in modo da escludere preventivamente quelle località nelle quali non è consentito installare. A tale scopo si utilizzano metodologie come l’overlay mapping e i GIS che richiedono la preparazione di mappe o strati (layers) d’informazione da sovrapporre con criteri logici in modo da generare una figura composita di base del territorio in cui si identificano le aree precluse o sensibili e le risorse elio-anemometriche. Su tali overlay si possono mostrare le influenze delle attività passate, presenti e future sul progetto in esame e l’interazione di questo con l’ambiente ricevente o con un particolare corpo ricettore. Tradizionalmente le carte tematiche per la ricerca di aree a vocazione solare o eolica contengono i seguenti dati: • Atlante di irraggiamento e anemometrico per diverse altezze dal suolo; • Confini comunali; • Uso del suolo distinto in zone residenziali, commerciali/industriali, agricole tipiche e aree sottoposte a tutele specifiche; • Zonizzazione urbanistica; • Rete stradale per la valutazione della distanza dalle infrastrutture principali e secondarie;

Criteri di ottimizzazione Tipicamente in uno studio di fattibilità preliminare, condotto cioè su area geografica vasta, si adotta un conto economico semplificato che prevede il calcolo degli indici di rendimento finanziario dell’utile di esercizio in base a due macrovoci di costo e due macrovoci di ricavo, secondo la formula: Utile Esercizio = Ricavo Vendita Energia + Incentivi - Ammortamento - Spese di Esercizio, con attualizzazione dei valori negli anni di erogazione dell’incentivo. È consuetudine esprimere le voci di ricavo e di costo in funzione di un fattore di conversione specifico basato sul-

Numero di richieste in corso e corrispondente richiesta di connessione richiesta da produttori della rete BT (Fonte dati: Enel Distribuzione – novembre 2010)

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Numero di richieste in corso e corrispondente richiesta di connessione richiesta da produttori della rete MT/AT (Fonte dati: Enel Distribuzione – novembre 2010)

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FOCUS • Limiti catastali; • Orografia; • Modello Digitale del Terreno (DTM) (per l’esclusione di zone a pendenza eccessiva); • Cartografia tecnica. • Una carta tematica delle ricettività della rete e dei costi e tempi di allaccio. La semplicità di tale approccio è però a nostro avviso minata dalla difficoltà di predire compiutamente per una generica zona, in assenza di dati georeferenziati dettagliati e affidabili, i costi totali di installazione dell’impianto. Infatti, su questi grava in maniera consistente il costo di allaccio e/o di adeguamento della rete esistente, che, tra l’altro, è un fattore soggetto a variazione nel tempo. Secondo quanto disposto dalla normativa, il corrispettivo che deve essere obbligatoriamente versato al Gestore di Rete per l’allaccio di un impianto è calcolato come il minore tra i due valori, indicati dalla AEEG come A e B, che calcolano il costo di allaccio sulla base di una serie di fattori, il più rilevante dei quali è la distanza in linea d’aria tra il punto di connessione e la più vicina cabina di trasformazione di media (MT/ BT) o alta (AT/MT) tensione in servizio da almeno 5 anni. Altri fattori che concorrono al calcolo dei corrispettivi sono la potenza ai fini della connessione e la tipologia di realizzazione della linea di connessione (aerea, interrata o mista). Potrebbe sembrare che il dato geomatico della misura della distanza sia l’unico da considerare, e che quindi l’utilizzo delle carte tematiche attualmente disponibili e consolidate sia sufficiente.

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Esse invece riportano unicamente i percorsi e le tensioni dei cavidotti, senza menzionare la potenza residua trasportabile, né il tempo medio preventivato dal gestore per l’allaccio di nuovi impianti; dato che, abbiamo accennato, è di centrale importanza. Esse mancano inoltre di un’altra informazione parimenti necessaria che è la variazione temporale dei due parametri precedentemente menzionati. Accade, infatti, che il progressivo allaccio degli impianti ad una dorsale di trasmissione ne riduca la capacità residua a disposizione delle installazioni che seguono, facendone diminuire la ricettività nel tempo. A rendere ancora più complesso il quadro è l’evenienza che la ricettività della rete è principalmente “virtuale” piuttosto che “reale”. Infatti la capacità che il Gestore di Rete deve obbligatoriamente comunicare è legata alla potenza “prenotata” dai produttori in fase di accettazione del Preventivo (o della Soluzione Tecnica Minima Generale), e non già quella effettivamente residuale nel ramo di connessione. I due dati non coincidono mai, non potendosi prevedere se gli impianti che hanno prenotato un allaccio concludano positivamente il loro iter autorizzativo. Ne consegue che la capacità ricettiva residua è un parametro che ha una variabilità temporale di complessa analisi e quindi di grande valore nella determinazione della fattibilità, soprattutto in un quadro normativo come quello delle energie rinnovabili in Italia, mutevole e spesso controverso. Tale considerazione deve allertare i tecnici sulla necessità di analizzare mappe tematiche che quantifichino i

costi e i tempi di allaccio attesi e che indichino la attuale capacità ricettiva della rete, sia virtuale che reale, tenendo in conto le complessità sopra citate. Le mappe dovrebbero riportare, per microaree geografiche coprenti tutto il territorio nazionale, i costi e i tempi di allaccio aggiornati, in modo da poterle utilizzare nell’algoritmo di minimizzazione della funzione costo totale a fine vita che è il metodo di ingegneria finanziaria preferito per la localizzazione di centrali a fonte solare ed eolica. Mettere a disposizione carte tematiche della ricettività e/o degli interventi sulla rete esistente in funzione del tempo consentirebbe una valutazione più realistica dell’utile di esercizio, fortemente dipendente dai ricavi derivati dal regime di incentivazione, a sua volta legato alle data di entrata in esercizio dell’impianto. Dunque, la produzione di carte GIS che mettano in relazione i dati di ricettività e l’asse del tempo sono fondamentali e sono un contributo a nostro avviso importante che la digitalizzazione e georeferenziazione dei dati numerici può dare allo sviluppo delle fonti rinnovabili. L’uso della dimensione tempo nelle carte tematiche di allaccio Dal punto di vista applicativo, si ravvedono due possibili modi in cui integrare le informazioni delle carte tematiche di allaccio negli studi di fattibilità preliminari. Il primo è di tipo qualitativo, il secondo di tipo quantitativo. Nell’approccio qualitativo il dato del tempo di allaccio è esterno all’algoritmo di localizzazione e viene presen-

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FOCUS tato al lato dei fattori di rendimento economico di una lista ordinata di siti investigati per la loro potenzialità eolica. Il tempo di allaccio può dunque essere sottoposto alla valutazione dell’investitore, diventando un elemento di giudizio soggettivo che può essere utilizzato per discriminare tra due siti in base alla sopportabilità del ritardo nell’inizio dell’erogazione dell’incentivo. Alternativamente, può essere usato dall’investitore, sfruttando il principio della prenotazione della potenza da cedere in rete, come lasso di tempo da far intercorrere tra la prima installazione e un repowering dell’impianto che porti il progetto dalla potenza immediatamente disponibile in prima istanza fino alla potenza massima nominale del sito geografico, una volta che questa sia diventata ricevibile dalla rete. In questo ultimo senso il tempo di allaccio può essere usato per graduare lo scaglionamento dell’investimento e quindi estendere il confronto tra due o più siti ad un periodo superiore agli anni di erogazione dell’incentivo. Nell’approccio quantitativo viene assegnato un costo finanziario al tem-

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po di allaccio da sommare al costo nominale del preventivo in modo che tale costo totale possa essere elaborato dall’algoritmo di localizzazione come qualsiasi altro costo. In tal caso si dovrà decidere in concerto con l’investitore se quantificare il parametro temporale come costo di opportunità o come costo per mancato guadagno nel tempo intercorrente tra l’anno zero dell’investimento e l’anno di allaccio nel quale si iniziano a percepire gli incentivi. Entrambi gli approcci sono validi e possono essere usati in alternativa o in concomitanza per specifiche esigenze di valutazione economica. Entrambi però sono necessariamente basati sulla disponibilità di dati geomatici oggettivi e affidabili circa la tempistica degli allacci e la ricettività delle reti, dati che, pur avendo un considerevole impatto sulla resa di un sito eolico o fotovoltaico, non sono a tutto oggi disponibili. Rimane la centralità del contributo della geomatica all’eliminazione del collo di bottiglia costituito dalla problematica dell’allaccio degli impianti che rallenta la auspicata diffusione delle energie rinnovabili.

Parole chiave FOTOVOLTAICO, EOLICO, ENERGIE RINNOVABILI, LOCALIZZAZIONE IMPIANTI EOLICI E FOTOVOLTAICI, CARTE TEMATICHE.

Abstract Contribution of geomatics in the siting of large wind and solar plants. The growing interest in the use of renewable energy sources to meet the nation's demand for electricity has a particular outcome for geomatics application specialists; in fact it calls for a new application of a traditional GIS task: the siting optimization of production nodes through the use of ad-hoc thematic maps overlay.

Autore MARCO SANTONASTASI MARCO.SANTONASTASI@ALTESIS-PRO.COM

GIUSEPPE BARBATO GIUSEPPE.BARBATO@ALTESIS-PRO.COM

ALTÉSIS ENERGIA AMBIENTE, WWW.ALTESIS-PRO.COM

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MERCATO Presentate le nuove Total Stations CX di SOKKIA In un comunicato stampa Sokkia ha annunciato che le sue total stations serie CX, hanno ora la possibilità di misurare distanze con EDM fino a 500 metri senza riflettore e 4.000 metri con un solo prisma. Sempre secondo Sokkia, ottengono ora i tempi di misurazione più veloci della loro categoria. Sokkia ha annunciato un nuovo standard industriale in quanto a prestazioni e sicurezza delle total stations con l'introduzione della serie CX. Denny Welch, senior vice president-survey, ha dichiarato: "La serie di total stations CX non è semplicemente la nuova generazione ma stabilisce uno standard elevato per l'intero settore, per essere più potenti e più precisi, con caratteristiche che non sono mai state disponibili prima in strumenti di questo tipo". I modelli CX (con precisione di 1, 2, 3, 5, e 7 secondi), caratterizzano la "più potente e precisa" tecnologia RED-tech di misurazione della distanza elettronica (EDM) a disposizione. "Grazie alla possibilità di scattare immagini fino a 500 metri senza riflettore e a 4.000 metri con un prisma e grazie al tempo più veloce di misura nella sua classe, la CX dà libertà straordinaria in ogni situazione", ha detto Welch. La nuova serie CX è dotata di tecnologia – TSshield all'avanguardia. Questo modulo telematico di comunicazione fornisce sicurezza sulla distanza e buone opzioni di manutenzione. Ray Kerwin, direttore della pianificazione globale per i prodotti, ha detto che "TSshield consente ai proprietari di ricevere le comunicazioni in riferimento agli aggiornamenti del firmware direttamente sullo strumento. Inoltre, se questo viene smarrito o rubato, una release futura del firmware consentirà al proprietario di inviare, praticamente in tutto il mondo, un segnale codificato per disabilitarlo. Questo tipo di funzionalità di controllo remoto sarà il primo sistema del genere nel settore". Kerwin spiega che la serie CX, quando si utilizza un memorizzatore di dati esterno, è in grado di utilizzare il software Magnet, "una soluzione cloud-based che semplifica le connessioni tra il campo e l'ufficio. Collegamenti in tempo reale...quando e dove ne hai bisogno". Welch ha aggiunto che “il CX101 e il CX102 usano anche l'Independent Angle Calibration System (IACS), tecnologia che consente una misurazione angolare estremamente affidabile."Questo metodo permette di fare misure accurate fino a 1 secondo anche in un piccolo strumento". Utilizzando la tecnologia Bluetooth Classe 1, con la CX potrete stabilire comunicazioni wireless a lunga distanza, anche a più di 300 metri. "Con una durata della batteria fino a 36 ore - la più lunga del settore - e un robusto telaio in metallo, che vanta un grado di protezione IP66 a prova di polvere ed acqua, il CX è stato progettato per superare tutte le aspettative del sito di lavoro, indipendentemente dalle condizioni", ha concluso Welch. (Fonte: Sokkia)

Open Data per immagini satellitari OrbView3 ad alta risoluzione ScanEX ci ha inviato la comunicazione che molte immagini satellitari ad alta risoluzione, acquisite dai satelliti OrbView-3 nel periodo 2003-2007, sono state pubblicate per l'accesso libero. La notizia è confermata anche con un annuncio dallo US Geological Survey (USGS) del 9 gennaio 2012. Più di 180.000 scene con la risoluzione di 1 metro (pan) e 4 metri (multispettrale) del territorio di diverse aree della Terra sono ora accessibili attraverso EarthExplorer, l'interfaccia web per la ricerca di dati aerei e spaziali. Matteo Larsen dello US Geological Survey ha riportato che questi dati sono un complemento indispensabile per l'archivio USGS e sono di alto valore per la comunità scientifica internazionale. Le immagini OrbView-3 sono distribuite sotto licenza Public Domain come è stato precisato a Hrvoje Bogner della comunità OpenStreetMap di Croatia nella risposta email da parte di USGS stesso riportata a questo link: http://lists.openstreetmap.org/pipermail/talk/2012January/061546.html Questo significa che i dati possono essere liberamente copiati, distribuiti o utilizzati per creare prodotti derivati. E' da tenere presente che le immagini disponibili per il libero accesso OrbView-3 non sono orto-rettificate e che la ortho proiezione è effettuata solo per scene separate "on-demand". Il fondatore del GIS-Lab russo Maxim Dubinin ha così commentato: - Molte grazie per l'USGS. Resta solo da essere contenti per il paese in cui il governo apre le sue informazioni al pubblico e fa sforzi per concordare con i fornitori commerciali per aprire parte dei loro archivi -. Si noti che nel catalogo di OrbView-3 sono pubblicate anche immagini dettagliate del territorio russo. Il satellite OrbView-3 è stato lanciato in orbita eliosincrona a 470 km il 26 giugno 2003 ed è stato messo fuori servizio il 4 marzo 2007. La fotocamera ad alta risoluzione OrbView Imaging System installata sul satellite, ha acquisito immagini a risoluzione di 1 metro pancromatico e di 4 m multispettrale con una larghezza di banda di 8 km. L'operatore satellitare fu OrbImage (ora GeoEye - dopo la fusione con Space Imaging nel febbraio 2006). (Fonte: ScanEX)

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MERCATO

Accordo strategico tra Autodesk e Pitney Bowes Mapinfo Autodesk, leader mondiale nei software per la progettazione 3D, l'ingegneria e Pitney Bowes, leader mondiale nelle soluzioni di location intelligence e geomarketing, hanno annunciato di aver stipulato un accordo di alleanza strategica. Il nuovo accordo servirà come quadro di riferimento per entrambe le aziende al fine di fornire risorse, servizi e soluzioni per supportare chi si occupa di infrastrutture e di architettura, le organizzazioni di ingegneria e costruzioni a prendere decisioni più consapevoli ed aumentare in tal modo l'efficienza nella pianificazione, progettazione, implementazione, gestione del ciclo di vita delle infrastrutture stesse. L'accordo permetterà alle parti di fornire ai professionisti delle infrastrutture di trasporti, alle pubblica amministrazione, alle utilities e altri settori chiave, la più ampia gamma di soluzioni coordinate oggi disponibili per contribuire a realizzare appieno il valore delle informazioni del progetto, dalla pianificazione e gestione delle risorse per la progettazione sino alla gestione operativa. Secondo i termini dell'accordo, Pitney Bowes ed Autodesk uniranno le forze per affrontare al meglio le esigenze di una clientela globale. Inoltre, attraverso il coordinamento e l'integrazione di applicazioni esistenti, le due aziende lavoreranno insieme per fornire soluzioni ad alcune necessità immediate all'interno di una serie di mercati verticali. "Vediamo enormi sinergie tra l'offerta di Autodesk e di Pitney Bowes", ha dichiarato Paul McRoberts, vice president, responsabile della divisione Architecture, Engineering and Construction (AEC) di Autodesk. "Gli utenti delle nostre soluzioni Building Information Modeling (BIM), tra cui la Infrastructure Design Suite, possono ottenere enormi vantaggi dalle intuizioni profonde che la famiglia di prodotti MapInfo è in grado di fornire, in particolare durante le fasi di pianificazione e gestione dei progetti infrastrutturali. Con la nostra esperienza combinata nei settori di mercato e le soluzioni per il GIS, l'analisi, il BIM, e l'asset management, saremo ben posizionati per un'offerta più completa agli utenti finali rispetto ad altri fornitori". "La nostre capacità complementari aumenteranno il valore delle nostre soluzioni e creeranno efficienze enormi per i nostri clienti" ha detto James Buckley, Senior Vice President & General Manager, Customer Data & Location Intelligence di Pitney Bowes. "Gli esperti AEC saranno in grado di usufruire di soluzioni uniche, che abbrevieranno le fasi per la modellazione e la costruzione dei progetti ed aiuteranno le organizzazioni a determinare la localizzazione ottimale anche al fine di diminuire l'impatto ambientale di scenari di progettazione, inoltre aiuterannno la gestione delle risorse per ottimizzare la manutenzione in modo che i fondi per le infrastrutture possano essere massimizzati nell'intero ciclo di vita". Questa alleanza strategica da l'opportunità unica, ad entrambe le aziende, di sviluppare in futuro soluzioni specifiche per settori industriali approfittando della conoscenza, dei prodotti e servizi delle due società. (Fonte: redazione)

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MERCATO Esri Italia per l'OpenData: riuso, condivisione, collaborazione

Rilasciata da Esri la National Geographics Map online

Il movimento OpenData, che ha avuto il suo reale battesimo con il governo Obama, è arrivato finalmente anche in Europa. Alla fine del 2011 la Commissione Europea ha deciso di modificare la Direttiva 2003 sull’Open Government verso l’OpenData con la finalità di portare tutte le nazioni della CE verso la liberalizzazione dei dati pubblici. Molte nazioni hanno anticipato la decisione dell’Europa seguendo la strada tracciata dagli USA. L’Italia ha visto precursori come la Regione Piemonte che oggi ha anche istituzionalizzato l’OpenData con una legge regionale. Nell’autunno 2011 sono partite diverse iniziative che hanno decretato definitivamente l’avvio dell’OpenData in Italia: il governo ha lanciato il portale nazionale dati.gov.it, l’Istat ha liberalizzato i propri dati, la Regione Emilia Romagna ha seguito la scia del Piemonte. Da sottolineare che una buona parte dei dati open della Pubblica Amministrazione, sono dati geografici, ed è facile constatare che sono anche quelli più scaricati in assoluto. Esri è stata coinvolta sin da subito nell’operazione OpenData negli USA ed ha creato lo strumento ArcGIS Online che consente non solo il riuso dei geodati open della PA e la loro condivisione a livello mondiale, ma anche la generazione di applicazioni. L’avvio delle iniziative nel nostro paese ha spinto la Esri Italia a promuovere tutte le azioni del caso per la condivisione dei dati open della PA italiana in un contesto non solo nazionale. Infatti su ArcGIS Online sono già disponibili una serie di dataset a copertura mondiale ai quali oggi si stanno gradatamente aggiungendo i dataset liberi della PA italiana, che chiunque può riutilizzare e con i quali è possibile costruire applicazioni specifiche e viste che integrano e relazionano dati di provenienza diversa. Ad esempio, già nel 2011 sono state pubblicate applicazioni che usano dati open sul movimento dei rifiuti plastici, sui dati relativi ai minori (elaborati da Save the children), sulla distribuzione degli immigrati in Italia. Queste ultime sono applicazioni che sono state già viste da migliaia di utenti non solo italiani. In questi ultimi mesi Esri Italia si è impegnata a pubblicare e far pubblicare i dati open topografici e tematici delle regioni e i dati open degli enti nazionali. Una attività che darà molto presto i suoi frutti rendendo più facilmente fruibili i dati geografici open della PA. (Fonte: esri Italia)

In collaborazione con National Geographic, Esri ha rilasciato la National Geographic World Map. Esri e National Geographic hanno lavorato insieme per produrre una mappa d'eccezione che riflette la simbologia cartografica, lo stile topografco e le convenzioni proprie della storica tradizione di National Geographics. Disegnata per dare un particolare fascino estetico, tale mappa si rivolge a tutti coloro che vogliono visualizzare dati su una base geografica di rilievo con un sfondo ad alto livello di dettaglio. La mappa è disponibile tramite la Esri ArcGIS Online nella "basemap gallery" (http://www.arcgis.com/) La nuova basemap combina un secolo di tradizione cartografica con la potenza attuale dei sistemi GIS per produrre un servizio via Internet dedicato agli utenti finali anche su sistemi mobile. Questa basemap sarà aggiunta alla collezione di mappe Esri e di servizi web disegnati per differenti usi e necessità degli utenti. Tutte le basemap Esri sono liberamente accessibili per inclusione e ridistribuzione su siti web.

(Fonte Esri)

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INTERVISTA

Intervista a Alessandro Corsini Professore alla Facoltà di Ingegneria Civile ed Industriale dell'Università "Sapienza" di Roma.

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EOmedia: Qual’è l’attività effettuata nell’ambito del vostro Dipartimento nel campo delle energie rinnovabili? Alessandro Corsini: Appartengo al gruppo di ricerca per la Modellazione di Sistemi Energetici ed Ambientali della Facoltà di Ingegneria Civile Industriale, con sede sia a Roma che a Latina. Dal punto di vista generale ci occupiamo della creazione di strumenti (anche con tecnologie GIS) per definire le politiche energetiche ed il potenziale energetico del territorio. Tra l’altro siamo stati anche autori del Piano Energetico/Ambientale della Provincia di Latina). Dal punto di vista della ricerca industriale ci occupiamo con il collega Prof. Franco Rispoli, e in collaborazione con l’industria, di tecnologie per la cattura di energia dal moto ondoso e dall’eolico di piccola taglia. A livello di studi abbiamo invece un buon bagaglio conoscitivo per quanto riguarda i sistemi solari a concentrazione, dove stiamo cercando di proporre idee e metodi per l’uso di sistemi termodinamici a bassa temperatura contribuendo a scalare in basso sia le dimensioni che i costi degli impianti. G: Come avviene, nella realtà universitaria di oggi, la vostra collaborazione con l’industria? AC: Non abbiamo ancora realizzato uno “spin-off”, ma ci stiamo lavorando. La nostra collaborazione storica è con la Faggiolati Pumps, nelle Marche, alla quale si deve riconoscere il

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coraggio e gli investimenti effettuati a proprio rischio. Infatti è l’azienda che finanzia direttamente rapporti e contratti e solo recentemente, con il progetto Poseidone, abbiamo avuto anche accesso a finanziamenti governativi, ma solo in parte. Abbiamo anche registrato diversi brevetti internazionali. Collaboriamo poi con WavEnergy, che è a sua volta uno “spin-off” dell’Università di Reggio Calabria. G: Che prospettive ci sono in Italia per l’applicazione della tecnologia OWC? AC: Le OWC sono nate in ambiente oceanico. Per le condizioni di bassa energia del mare in Italia occorre una nuova modalità di progettazione della camera pneumatica ed una rivisitazione della progettazione della turbina. Il progetto Poseidone integra le due modalità in un laboratorio in ‘opensea conditions’. La potenza prevista per questo progetto è di circa 1.5 kW in condizioni primaverili (con onde inferiori al metro). Nel contesto dei cosiddetti microgeneratori c’è sicuramente una possibilità d’impiego in diverse realtà italiane come le isole, i porti, le dighe foranee, soprattutto dove si può dare un contributo a strutture già esistenti. L’ottica del progetto Poseidone è proprio quella del prototipo pre-industriale con un occhio anche all’economia del progetto. Piccoli generatori OWC possono poi essere usati in parallelo per sfruttare, adattandosi e mimetizzandosi, lunghe porzioni di linee di costa.

G: E per quanto riguarda le problematiche di interfacciamento alla rete elettrica? AC: Ci siamo occupati proprio della modellazione di piccole reti di potenza, come quelle studiate presso le isole Ponziane, considerando l’apporto combinato di generatori OWC, eolici e fotovoltaici. Inoltre abbiamo anche considerato tecniche di immagazzinamento dell’energia quali la produzione di idrogeno e l’utilizzo per dissalare l’acqua (un costo energetico nascosto per le isole). G: Come giudica la disponibilità di dati relativi al moto ondoso? AC: La Rete Ondametrica Nazionale rappresenta uno dei servizi più efficaci non solo per il moto ondoso, ma nell’ambito delle diverse reti di monitoraggio ambientale. Fornisce dati ben distribuiti e con uno storico che risale fin dal 1990. Purtroppo oggi c’è il timore che si stia disinvestendo su questo importante servizio, per motivi di costo. Eppure l’importanza di questo monitoraggio è essenziale (come quello dei venti ‘off-shore’), considerando che molti progetti di ‘ocean energy’ sono falliti in passato per mancanza di dati con cui fare delle predizioni attendibili.

A cura della Redazione

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INTERVISTA

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REPORTS

Colonne d’acqua oscillanti come risorsa energetica costiera di Esmeralda Tuccimei Nel panorama delle fonti rinnovabili attualmente esistenti hanno avuto notevole impulso, soprattutto nell’ultimo decennio, le tecnologie di produzione dell’energia dal moto ondoso. Tra le principali tecnologie esistenti in merito, quella delle Colonne d’Acque Oscillanti (OWC, Oscillating Water Columns) è ben avanzata e ricerche di vario tipo sono in atto anche nel nostro Paese, tuttavia, le particolari condizioni del Mare Mediterraneo, ed altri fattori, pongono vincoli d’impiego che richiedono ulteriori ricerche e sperimentazioni.

A

d oggi, dopo lo sviluppo di sistemi che raccolgono energia dal sole e dal vento, è possibile recuperare energia anche dal movimento di grandi masse d’acqua, quali oceani, mari e grandi laghi. I mari, di cui il nostro pianeta dispone in gran quantità, rappresentano una fonte di energia pressochè inesauribile e presente sotto varie forme. Basti pensare alle maree, alle correnti marine, al gradiente termico o salino, nonché al semplice moto ondoso, oggetto quest’ultimo di molteplici studi. E’solo a partire dagli anni ‘70 che l’attenzione mondiale viene posta su questa nuova risorsa energetica, cominciando ad investire in tale direzione, in seguito alla crisi energetica del 1973. Attualmente sono numerosi i progetti sperimentali di varia tipologia realizzati e in fase di realizzazione, sostenuti da molti stati europei e non, che, come è ovvio aspettarsi, hanno chilometri e chilometri di coste lungo distese d’acqua come gli oceani. Nella figura 1 sono elencati alcuni impianti sperimentali di produzione di energia elettrica dal moto ondoso in

uso, distinti in base al principio di funzionamento: questi sono ulteriormente distinguibili in on-shore, shore-line e offshore, a seconda che siano costruiti sulla terra ferma, lungo la costa o in mare aperto. Tre sono le principali tecnologie esistenti per lo sfruttamento del moto ondoso: Oscillating Water Column (OWC), Oscillating Body e Overtopping. In questo articolo parleremo della generazione di energia mediante OWC.

Impianti OWC Uno dei pionieri nel mondo dell’energia dal moto ondoso fu l’ex comandante navale giapponese Yoshio Masuda, che verso la metà degli anni ’70 propose la costruzione in Giappone del primo impianto basato sulla tecnologia OWC, chiamato Kaimei. Questo primo esperimento non ebbe il successo sperato, probabilmente perché la conoscenza e modellazione del moto ondoso e la conseguente progettazione dei singoli componenti necessitavano maggior impiego di risorse e perfezionamenti, cioè era una tecnologia ancora prematura a quei tempi. Il primo esempio di impianto OWC in scala reale realizzato in Europa è quello presente sull’isola di Pico, nelle Azzorre (Portogallo), visibile in figura 2, impianto shore-line dalla capacità produttiva di 400 kW. Il primo impianto realizzato e connesso alla rete elettrica nazionale è invece quello di Limpet, sito nell’isola di Islay, in Scozia, di potenza di circa 500 kW. Un altro progetto, in fase di realizzazione in Spagna (presso Mutriku), si chiama Nereida, nel quale sono previste 16 OWC in parallelo, perfettamente integrate in un frangiflutti della lunghezza di 100 metri, e per una potenza complessiva di circa 300 kW. La particolare novità di detto impianto è proprio il ridotto impatto ambientale ottenuto ‘mimetizzando’ l’impianto in una struttura già esistente. Figura 1 - Panoramica dei diversi sistemi di produzione di energia dal moto ondoso.

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REPORTS

Figura 2 - Vista posteriore dell’impianto di Pico delle Azzorre (cortesia Wave Energy Centre).

Funzionamento di un impianto OWC In figura 3 è rappresentato uno schema di funzionamento, peraltro assai semplice ed intuitivo, di un generico impianto OWC. Il movimento oscillatorio dell’acqua dovuto al moto ondoso comprime (nella fase di espirazione) ed aspira (nella fase di inspirazione) l’aria presente in una camera, opportunamente progettata, attraverso un condotto in cui è presente una turbina. Il moto oscillatorio dell’aria, provoca la rotazione della turbina che, opportunamente scelta, fornisce potenza ad un generatore elettrico. Un simile impianto è pertanto costituito da due parti fondamentali, la camera pneumatica e la turbina. La progettazione delle due parti, che apparentemente possono considerarsi come due entità separate, è strettamente dipendente l’una dall’altra. Infatti dalle dimensioni della camera dipende la quantità di aria presente nella camera stessa e a disposizione dell’impianto. In base alle portate d’aria realizzate nella camera viene derivato poi il corretto dimensionamento della turbina. Poiché la direzione del flusso d’aria e la sua velocità cambiano in maniera oscillatoria è necessario utilizzare una turbina che mantenga lo stesso verso di rotazione, nonostante il flusso d’aria che l’attraversa inverta il moto in maniera periodica. E’ il caso sia della turbina Wells che della turbina ad impulsi, anche se quest’ultima è meno impiegata, in quanto finora la semplicità costruttiva della Wells ha prevalso.

metria del profilo aerodinamico utilizzato per le palette e alla disposizione di queste a 90 gradi rispetto alla direzione del flusso (in figura 4 è mostrato un esempio di turbina Wells). Negli anni sono state studiate, e in alcuni casi anche applicate, configurazioni differenti, volte ad ottimizzare e migliorare le prestazioni della configurazione di base. A tal proposito basti pensare alla possibilità di avere più schiere coassiali di palette, co-rotanti o contro-rotanti; oppure ad un calettamento differente dai 90 gradi o addirittura all’introduzione di schiere statoriche (cioè palette fisse) in ingresso e/o in uscita dalla turbina. Ovviamente ogni elemento introdotto, o variante apportata, comporta il miglioramento di alcune caratteristiche, ma anche il peggioramento di altre; la configurazione finale sarà il risultato di un compromesso tra le diverse caratteristiche progettuali dettate dalle esigenze specifiche richieste per il determinato impianto.

Figura 4 - Configurazione di una turbina Wells in condotto.

I vantaggi, rispetto ad una turbina ad impulsi, che incentivano l’utilizzo della Wells sono essenzialmente i seguenti: alta velocità di rotazione, che consente di utilizzare generatori più economici; efficienze abbastanza buone, dell’ordine del 70-80%; basso costo di realizzazione. Gli svantaggi, ai quali si cerca di ovviare mediante l’adozione di opportuni accorgimenti, invece possono essere: i bassi valori di coppia, se non addirittura negativa, alle basse portate d’aria; le perdite di pressione, soprattutto se le velocità del flusso eccedono i valori critici di stallo della turbina; la necessità di dimensioni geometriche grandi per ottenere grandi potenze; il rumore, la turbina Wells, anche a causa delle sue elevate velocità di rotazione, risulta essere molto rumorosa. Ciò rappresenta un notevole svantaggio soprattutto nei casi in cui si voglia integrare un sistema OWC in strutture civili come i frangiflutti.

Figura 3 - Schema funzionale di un impianto OWC.

La turbina La configurazione di base della turbina Wells, inventata negli anni ’70 dal professore della Queen’s University of Belfast di cui porta il nome, consente di mantenere lo stesso verso di rotazione, pur variando la “direzione” del flusso d’aria durante le fasi di inspirazione ed espirazione, grazie alla sim-

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Presso il Dipartimento di Ingegneria Meccanica e Aerospaziale (DIMA) dell’Università Sapienza di Roma un gruppo di ricercatori, coordinato dal prof. Rispoli e dal prof. Corsini, e di cui fa parte l’autrice, si occupa dello studio della turbina Wells per applicazioni OWC e dello sviluppo di nuove configurazioni, volte ad ovviare alle problematiche sopra citate e ad ottimizzare le prestazioni della macchina stessa in applicazioni tipiche per il Mar Mediterraneo.

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REPORTS La camera pneumatica Pur sembrando banale, il progetto della camera è di fondamentale importanza, in quanto si deve tener presente che in questa avviene il trasferimento pneumatico di pressione dall’acqua all’aria, che, in un siffatto impianto, rappresenta il vettore energetico: studiare la geometria e le dimensioni della camera ha lo scopo di massimizzare tale trasferimento di potenza. Al riguardo si possono citare gli studi, ed il brevetto, del prof. Boccotti dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che prevedono un cassone, chiamato REWEC (REsonant Wave Energy Converter) o U-OWC (Oscillating Water Column with U duct), avente una geometria come quella mostrata in figura 5. La pressione trasmessa dal moto ondoso all’aria viene ottimizzata così da ottenere massima l’energia disponibile alla turbina: in tal modo l’efficienza risultante sarà maggiore rispetto all’impiego di una camera convenzionale.

Figura 5 - Configurazione prevista per l’impianto sperimentale OWC (Poseidone) in costruzione in Calabria e basato sullo schema REWEC della camera pneumatica.

Altre considerazioni Se da una parte un impianto OWC presenta estrema semplicità costruttiva, è relativamente economico, e consente una facile manutenzione in fase operativa, tutte cose peraltro che lo favoriscono rispetto ad altre tipologie di impianti mare-motore, dall’altra tale impianto è soggetto comunque a problematiche che necessitano di attenzione, alcune delle quali tipicamente dovute all’ambiente in cui viene installato. Per esempio, la presenza dell’aria e acqua marina comportano una rapida corrosione dei materiali impiegati, la cui scelta si rende a questo punto necessariamente accurata. Altro immediato effetto è la crescita marina (fouling) di elementi organici su parti dell’impianto, che in alcuni casi potrebbero compromettere il normale funzionamento di quest’ultimo. Si tenga inoltre presente che ci sono delle parti rotanti, le quali possono essere soggette facilmente a problemi di fatica e usura. Problema di carattere più generale, che si ha ogni qualvolta si parla di impianti a fonti rinnovabili, è l’impatto ambientale che questo può avere sull’ecosistema: nello specifico la turbina Wells, soprattutto ad alti regimi di rotazione, risulta essere piuttosto rumorosa e, soprattutto in quei casi in cui l’impianto OWC è integrato in frangiflutti (vedi Mutriku), necessita l’adozione di opportuni sistemi di protezione acustica, attivi e passivi. La quantità di energia a disposizione che, come è facile immaginare, è strettamente legata al sito scelto per l’installazione dell’impianto, può rappresentare in taluni casi un problema per la progettazione di un impianto OWC, caratte-

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rizzandone spesso anche le dimensioni stesse dell’impianto. Nel caso dell’Italia, che per quasi tutta la lunghezza dei suoi confini avrebbe dei potenziali siti di installazione, si ha una bassa energia delle onde: la media annua è stimata intorno ai 5 kW per metro di fronte d’onda e ciò, se comparato con le onde presenti nelle regioni atlantiche che hanno valori pari a circa 70 kW/m, rende necessaria l’adozione di tecniche e geometrie differenti per poter sfruttare al massimo la poca potenza disponibile. Tipicamente per prevedere la produttività di un convertitore di energia da onda è necessaria la conoscenza delle caratteristiche meteo-climatiche del luogo stesso: al momento l’unica fonte di dati ondametrici in Italia è costituita dalla Rete Ondametrica Nazionale, attiva dal 1989, che dispone di 15 boe disposte a largo dei nostri litorali. Ogni boa è collocata in acque alte e da queste si possono ricavare informazioni in merito all’altezza dell’onda, al periodo d’onda e alla direzione di provenienza. Tali dati sono pubblici e consultabili in tempo reale sul sito riportato nei riferimenti. Da questi dati è possibile stimare la potenza fornita dal moto ondoso in ogni singola località: il mar Adriatico è quello che presenta un’energia ondosa media più piccola, pari circa a 2 kW/m; poi seguono il mar Ionio, il nord e medio Tirreno con un valore medio di circa 3 kW/m; il sud Tirreno con un valore di circa 4 kW/m. L’unica eccezione riscontrata riguarda la zona al largo di Alghero, che ha una potenza media annua stimata di circa 13.1 kW/m. Sviluppi futuri Attualmente è in fase di realizzazione il primo esempio di impianto pilota con tecnologia OWC in Italia ((Si veda in proposito l'articolo pubblicato a pag. XX di questo stesso numero), che verrà posizionato presso il laboratorio 'open ocean' dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, nelle acque dello stretto di Messina. Il progetto, dal nome evocativo Poseidone, prevede una diga con cassone U-OWC ed una turbina ad aria di nuova concezione ottimizzata per la produzione di energia elettrica da onde nei climi meteo-marini propri del Mar Mediterraneo con una potenza di circa 2 kW. Obiettivo della ricerca, sarà lo sviluppo di una tecnologia dedicata e capace di superare alcuni dei limiti operativi propri delle soluzioni allo stato dell’arte (controllo dello stallo e del rumore). L’installazione prototipale consentirà di effettuare tutta una serie di campagne di prova al variare delle condizioni meteo-marine e delle configurazioni di impianto, per effettuare l’analisi del comportamento di detto impianto e della sua integrazione con una rete di potenza. Tali dati così ottenuti, sono realistici e assolutamente attendibili poiché l’impianto, seppur in scala ridotta, è direttamente posto in mare, cioè si troverà a lavorare in condizioni reali, tipiche del Mar Mediterraneo, ben diverse, come logico che sia, da quelle di laboratorio. Il progetto, della durata di 36 mesi, ed avviato ad Ottobre 2011, è finanziato dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, e prevede la cooperazione tra l’Università Sapienza di Roma, che si occupa principalmente della progettazione aerodinamica della turbina Wells, e che avrà così la possibilità di sperimentare nuove configurazioni studiate ad hoc per le condizioni tipiche del Mar Mediterraneo, il dipartimento di Meccanica e Materiali dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, che invece si occupa della progettazione della camera. Per quanto riguarda invece i partner industriali del progetto la Faggiolati Pumps S.p.A. si occuperà della progettazione elettro-meccanica del gruppo turbo-alternatore e lavorerà in vista della produzione di serie di turbine mare-motrici, mentre la WavEnergy S.r.L. si occuperà della realizzazione e messa in opera della cassone REWEC.

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REPORTS Tale progetto rappresenta inoltre un esempio di cooperazione tra ambienti accademici ed industriali che, mettendo a disposizione l’esperienza maturata nel settore della ricerca e quella del comparto industriale italiano, potrebbero spianare la strada ad una futura diffusione su larga scala di questa sconosciuta, ma promettente, tecnologia.

Ringraziamenti L’autrice coglie l'occasione per ringraziare non solo il corpo docente, ma i collaboratori, ingegneri, dottorandi e ricercatori, con cui quotidianamente lavora, nonché i partner del progetto Poseidone (Università Sapienza di Roma, Università Mediterranea di Reggio Calabria, Faggiolati Pumps e WavEnergy) e il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare, che ha permesso l’avvio del progetto.

Parole chiave OWC, TURBINA WELLS, REWEC, MOTO ONDOSO, ENERGIE RINNOVABILI.

Abstract

Autore

Oscillating Water Columns as coastal energy source. In the wide range of existing renewable energy sources, the last decade witnessed the great boost given to wave energy production technologies. Among them, the technology of Oscillating Water Columns is well advanced and different types of research are underway also in Italy. The specific conditions of the Mediterranean Sea and other factors, however, impose utilization constraints that require further research and testing.

ESMERALDA TUCCIMEI ESMERALDA.TUCCIMEI@GMAIL.COM

Riferimenti IMPIANTO DI PICO DELLE AZZORRE: HTTP://WWW.PICO-OWC.NET/ DIPARTIMENTO DI INGEGNERIA MECCANICA E AEROSPAZIALE DELL’UNIVERSITÀ “SAPIENZA” DI ROMA: HTTP://WWW.DIMA.UNIROMA1.IT/DIMA/ UNIVERSITÀ SAPIENZA DI ROMA: HTTP://WWW.UNIROMA1.IT/ DIPARTIMENTO DI MECCANICA E MATERIALI DELL’UNIV. MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA: HTTP://WWW.UNIRC.IT/ATENEO/DETT_AMMINISTRAZIONE. PHP?COD_STRUTTURA=616 RETE ONDAMETRICA NAZIONALE: HTTP://WWW.TELEMISURA.IT/ FAGGIOLATI PUMPS: HTTP://WWW.FAGGIOLATIPUMPS.IT/ WAVENERGY: HTTP://WWW.WAVENERGY.IT/IT

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REPORTS

Piattaforme UAV per applicazioni geomatiche di Fabio Remondino, Francesco Nex, Daniele Sarazzi

Un’alternativa efficiente, veloce e low-cost al tradizionale rilievo aereo, ma ancora senza una regolamentazione chiara e con alcuni problemi di stabilità e payload. Figura 1 - Alcune piattaforme UAV per sorveglianza, monitoraggio, ispezioni e rilievi fotogrammetrici.

Definizioni e tipologie Secondo l’UVS (Unmanned Vehicle Systems) International (www.uvs-international.org), una piattaforma UAV (Unmanned Aerial Vehicle) è un velivolo che può operare senza pilota o viene controllato in remoto da un operatore. L’UVS International era nata nel 1995 con il nome di EURO UVS, un’iniziativa per unire e promuovere l’industria degli UAV in Europa. Dal 2000 l’UVS è diventata un’associazione noprofit con lo scopo di rappresentare i costruttori di sistemi e sotto-componenti UAV, promuoverne le loro applicazioni (non solo per scopi militari), fornire un canale di scambio tra aziende, governi e aviazione civile, creare standard e certificati, supportare le aziende che lavorano con piattaforme UAV. Nella comunità scientifica, accanto al termine UAV sono spesso utilizzati termini quali RPV (Remotely Controlled Vehicle), APR (Aeromobile a Pilotaggio Remoto), ROA (Remotely Operated Aircraft), RPA (Remotely Piloted Aircraft), UAS (Unmanned Aerial Systems), MALE (Medium Altitude Long Endurance) UAV, elicotteri RC (Remotely Controlled) o semplicemente droni. Gli UAV possono essere classificati a seconda delle dimensioni, peso, motore, carico trasportabile (‘payload’), massima distanza percorribile e quota di volo. In particolare, l’UVS International suddivide gli UAV in tre grandi categorie: • UAV tattici: in questo gruppo sono inclusi velivoli con caratteristiche molto diverse fra loro per massa (1-1000 kg), distanza percorribile (1-500 km), quota (100-5000 m) e autonomia di volo (da un’ora a 2-3 giorni). Le due sottocategorie ‘mini-‘ (<20 kg) e ‘micro-UAV’ (<2 kg) sono quelle a cui appartengono la grande maggioranza dei velivoli in commercio utilizzati per fini geomatici. • UAV strategici: sono inclusi in questo gruppo i mezzi utilizzati per missioni nella stratosfera e nella troposfera (fino a 20000 m di quota) in cui la durata del volo può arrivare a 2-4 giorni. • UAV per scopi speciali: a quest’ultima categoria appartengono tutti i mezzi utilizzati per finalità belliche.

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Per le fasi di decollo e atterraggio, diversi sistemi UAV sono in grado di eseguirle senza aiuti esterni (sia aerei che elicotteri), altri richiedono l’aiuto di un operatore per il lancio manuale, o con sistemi a fionda o razzo o trainati da un auto. Le piattaforme più utilizzate sono ad elica (da una a otto) o ad ala fissa, con motore a scoppio o elettrico e capaci di eseguire voli in modalità manuale, semi-automatica o automatica. Ogni UAV dispone di una stazione a terra per il controllo remoto della navigazione, per verificare l’andamento del volo ed eventuali malfunzionamenti del sistema. Tipicamente un UAV per applicazioni geomatiche (mini- e micro-UAV) monta una foto-camera digitale (amatoriale o reflex) e sensori GNSS/INS. Per i sistemi a batteria, iI payload è tuttavia ridotto e questo obbliga l’uso di strumentazioni leggere (e di basso costo), sia per la navigazione automatica che per l’acquisizione delle immagini. Pertanto l’impiego di laser scanner o di strumenti GNSS/INS sufficientemente accurati da permettere l’orientamento diretto delle immagini, è limitato a piattaforme molto costose. UAV elettrici hanno inoltre il problema dell’instabilità dovuto al loro peso ridotto che sovente li rende particolarmente oscillanti in condizioni di vento, nonché l’autonomia di volo limitata a poche decine di minuti. UAV con motore a scoppio sono più pesanti e quindi un po’ meno instabili in condizioni ventose, consentono l’utilizzo di camere digitali reflex ma possono dare problemi di trasportabilità. In generale, a parità di motore, si predilige l’uso di elicotteri per il rilievo di aree circoscritte o pareti verticali, mentre l’uso degli aerei ad ala fissa è consigliabile per acquisire immagini su aree più vaste. Storia e normativa vigente Le prime piattaforme UAV furono realizzate per scopi militari al fine di sorvegliare e spiare aree remote o nemiche e per missioni di ‘peace keeping’. Sul versante geomatico, la prima esperienza di rilievo fu compiuta da Przybilla e WesternEbbinghaus nel 1979 (1). Nell’ultimo decennio l’impiego di sistemi UAV si è allargato ad applicazioni comuni, grazie allo sviluppo di sensori GNSS/INS che ne hanno permesso la navigazione autonoma su percorsi pianificati (‘waypoints’). Attualmente la regolamentazione dei sistemi UAV non è ancora molto chiara, in particolare per le applicazioni geomatiche.

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REPORTS A livello internazionale, nonostante diversi progetti e programmi (2), organizzazioni ed enti internazionali (3), non ci sono standard chiari, le specifiche e certificazioni sono generalmente solo per piattaforme UAV impiegate per scopi militari (4) ed ogni stato ha delle proprie direttive o linee guida (5) da seguire, create tutte principalmente per assicurare la sicurezza del cittadino e consentire l’utilizzo di UAV con lo stesso livello di flight-safety dei velivoli dotati di pilota a bordo. A livello italiano, la normativa nazionale (6, 7, 8) definisce un drone (o APR) un mezzo aereo pilotato da un equipaggio che opera da una stazione remota di comando e controllo e ne regola gli usi e i permessi principalmente per scopi militari. Per usi civili, si stanno discutendo i parametri e i livelli di safety degli aeromobili, le certificazioni delle piattaforme e degli operatori. L’utilizzo di UAV su aree urbane per la realizzazione di cartografia o analisi urbanistiche è attualmente regolato dall’attuale normativa dell’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) che impedisce voli al di sotto di 350 m di quota. Ma un comunicato della FIAM (Federazione Italiana AeroModellismo) dichiara che gli UAV, in quanto presuppongono un controllo automatico del volo, non sono considerati aeromobili (poiché senza pilota) e per le loro caratteristiche, devono sottostare alle leggi dell’aria emanate dall’ENAC e dell’ENAV. Quindi, vista la poca chiarezza, per ciascun rilievo geomatico con sistemi UAV, in base alle caratteristiche della piattaforma e all’area rilevata, serve valutare quale di queste norme applicare e come assicurarsi la sicurezza operativa. Costruttori e sviluppatori italiani (ad esempio Alenia, Selex Galileo, Nimus e Aermatica) hanno operato a livello sperimentale con un apposito permesso di volo rilasciato da ENAC per il sorvolo di aree non segregate. Le PMI attive nel settore UAV operano principalmente con velivoli elettrici “micro” e svolgono rilievi fotogrammetrici a bassa quota (50-150 m) lontani dai centri urbani. Le principali attività sono state svolte su siti archeologici, cave, coste e greti di torrenti, pareti rocciose, aree agricole e linee elettriche extra-urbane, svolgendo liberamente sorvoli e assicurandosi la massima sicurezza operativa. Ma visto il crescente interesse sia da parte dei costruttori che da parte dei potenziali utilizzatori, le istituzioni comunitarie, le autorità nazionali e l’ICAO (Organizzazione Internazionale dell’Aviazione Civile) si stanno attivando per gli aspetti di competenza sebbene, al momento, non esista una regolamentazione chiara di settore.

metrie) per la fase successiva di processamento e triangolazione aerea. La foto-camera è normalmente pre-calibrata poiché una procedura di auto-calibrazione richiederebbe, in teoria, l’impiego di strisciate trasversali e, possibilmente, a quote differenti. Le immagini acquisite durante il volo sono processate seguendo la classica procedura fotogrammetrica. Generalmente nei voli eseguiti con mini- e micro-UAV, l’orientamento diretto delle immagini non è ancora possibile, in quanto l’uso di GNSS con solo il segnale di codice e di INS di ridotte dimensioni e peso, rende i dati di orientamento totalmente insufficienti per questa procedura. Pertanto la triangolazione aerea (‘bundle block adjustment’) viene effettuata identificando (automaticamente) i punti omologhi e definendo un sistema di riferimento relativo (imposto solitamente fissando la base fra le immagini e fornendo una scala) oppure assoluto (geo-referenziazione) con l’aiuto di punti a terra di coordinate topografiche note. La precisione dei punti a terra è ovviamente di fondamentale importanza per la restituzione di dati metrici accurati.

Rilievo e processamento di immagini UAV Un rilievo fotogrammetrico con piattaforma UAV sopra un’area di interesse presuppone la pianificazione dell’acquisizione di un blocco di immagini con sufficiente ricoprimento (longitudinale e trasversale) e una predefinita risoluzione a terra (‘Ground Sample Distance’ - GSD) dettata dal tipo di applicazione. Le fasi di decollo e atterraggio sono solitamente eseguite manualmente mentre il resto del volo è eseguito dalla piattaforma in maniera autonoma (anche se gli spostamenti del velivolo sono monitorati e possono essere controllati in tempo reale dalla stazione di controllo remoto). La presenza di un sistema (software) di autopilota (con GNSS/INS) rappresenta sicuramente un requisito essenziale per l’acquisizione di immagini che rispecchino le tipiche caratteristiche di un blocco fotogrammetrico. L’autopilota è funzionale per definire e seguire le strisciate del blocco e, in alcuni casi, per definire i centri di presa delle immagini. Gli scatti avvengono in corrispondenza delle posizioni prestabilite o, nella maggior parte dei casi, ad intervalli regolari. Tutti i dati del volo vengono generalmente registrati (tele-

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Figura 2 - Esempi di immagini acquisite con UAV (Microdrone MD4-200) e di prodotti fotogrammetrici da essi ottenibili: modelli digitali, ortofoto e profili altimetrici (scavo archeologico di Montalcino). 29


REPORTS

I punti a terra devono essere importati nel programma di triangolazione aerea come osservazioni pesate per definire il datum. Utilizzare i punti a terra per eseguire una roto-traslazione con fattore di scala (trasformazione di Helmert) del blocco dopo la fase di orientamento relativo non fornisce gli stessi risultati e possibili deformazioni del blocco non verrebbero compensate o minimizzate. Una volta eseguito l’orientamento delle immagini è possibile estrarre modelli di superfici (DSM) o del terreno (DTM) con tecniche di image matching. Attualmente i software a disposizione (commerciali e/o open source) permettono di derivare nuvole di punti con densità pari alla dimensione del GSD, anche se un passo di campionamento di 2-3 volte il GSD è fortemente consigliato. Infine dalle nuvole di punti si possono derivare ortofoto, modelli tridimensionali poligonali e texturizzati oppure informazioni tematiche di vario genere.

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Applicazioni ed esempi Per diverse applicazioni l’uso di piattaforme UAV ha rappresentato un notevole passo in avanti in termini di completezza del risultato, velocità di acquisizioni, riduzione dei costi e semplicità d’uso, pur continuando a fornire dati geometricamente accurati e dettagliati. Le applicazioni geomatiche più richieste sono in agricoltura (‘precision farming’), scienze forestali (calcolo di biomasse o monitoraggio), archeologia e beni culturali (documentazione e modellazione 3D), geologia e ambiente (dissesti, volumi di cava, ecc.), controllo in ambienti cittadini (dispersioni termiche, potenziale fotovoltaico, manifestazioni, sicurezza), ecc. A questi rilievi UAV per scopi fotogrammetrici, si aggiungono richieste di scatti fotografici per puri scopi documentativi (panorami, settore immobiliare, ecc.) o attività di sorveglianza in zone di confine, coste e mari.

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REPORTS Figura 3 - Orientamento di un blocco UAV acquisito attorno ad un monumento archeologico e modello digitale derivato con tecniche di image matching.

Laddove le leggi nazionali lo consentono, gli UAV possono essere utilizzati per volare su zone urbane e realizzare DSM particolarmente densi delle aree da cui eventualmente estrarre informazioni riguardo la geometria degli edifici, produrre ‘3D city models’ o aggiornare la cartografia.

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Figura 4 - Un nucleo urbano in Indonesia rilevato e modellato in 3D da immagini UAV.

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Figura 6 - Rilievo di campi con tende per la stima del numero di profughi e rilievo di coste per monitore l’erosione marina.

Nel settore ambientale, gli UAV sono spesso impiegati per studiare aree difficilmente raggiungibili o rilevabili con altre tecniche, consentendo ad esempio voli verticali (rilievi di versanti rocciosi o dissesti in parete). Nel settore estrattivo, immagini da UAV consentono di valutare i volumi dei materiali di scavo. Nel monitoraggio di emergenze umanitarie, le immagini acquisite da UAV permettono di estrarre informazioni di interesse per la pianificazione dei soccorsi e per quantificare la presenza di tende e profughi. Note le dimensioni (dato di input) e il numero dei tendoni (determinato tramite le informazioni ottenute dalle immagini e dal DSM) è possibile stimare il numero dei profughi nel campo. Figura 5 - Mosaico di immagini UAV su un’area estrattiva e modello 3D della zona per la determinazione del volume del materiale estratto.

Bibliografia • (1): PRZYBILLA, H.-J., WESTER-EBBINGHAUS, W., 1979: BILDFLUG MIT FERNGELENKTEM KLEINFLUGZEUG. BILDMESSUNG UND LUFTBILDWESEN. ZEITSCHRIFT FUER PHOTOGRAMMETRIE UND FERNERKUNDUNG. HERBERT WICHMAN VERLAG, KARLSRUHE, GERMANY. • (2): PROGRAMMI E PROGETTI EUROPEI: USICO (UAV SAFETY ISSUES FOR CIVIL OPERATIONS), INOUI (INNOVATIVE OPERATIONAL UAS INTEGRATION), UCARE (UAVS: CONCERTED ACTIONS FOR REQUIRED REGULATIONS) • (3): AGENZIE E ORGANIZZAZIONI: EUROCAE (EUROPEAN ORGANISATION FOR CIVIL AVIATION EQUIPMENT), EASA (EUROPEAN AVIATION SAFETY AGENCY), • (4): EUROCONTROL (EUROPEAN ORGANISATION FOR THE SAFETY OF AIR NAVIGATION): “SPECIFICATIONS FOR THE USE OF MILITARY UAVS AS OPERATIONAL AIR TRAFFIC" • (5): AUTORITÀ DELL’AVIAZIONE CIVILE (CAA) INGLESE - CAP 722 “UNMANNED AIRCRAFT SYSTEM OPERATIONS IN UK AIRSPACE - GUIDANCE" • (6): LEGGE 14 LUGLIO 2004, N. 178 "DISPOSIZIONI IN MATERIA DI AEROMOBILI A PILOTAGGIO REMOTO DELLE FORZE ARMATE" • (7): DECRETO DEL MINISTRO DELLA DIFESA DEL 23 GIUGNO 2006 – ADOTTATO AI SENSI DEL 2º COMMA DELL’ART.743 DEL CODICE DELLA NAVIGAZIONE COME SOSTITUTO DELL’ARTICOLO 8 DEL DECRETO LEGISLATIVO DEL 15 MARZO 2006, N. 151. • (8): DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA, 9 LUGLIO 2010, N. 133.

Abstract UAV platforms for geomatics UAV platforms are nowadays a valuable source of data for inspection, surveillance, mapping and 3D modeling issues. New applications in the short- and close-range domain are introduced, being the UAVs a low-cost alternatives to the classical manned aerial photogrammetry. Rotary or fixed wing UAVs, capable of performing the photogrammetric data acquisition with amateur or SLR digital cameras, can fly in manual, semi-automated and autonomous modes. With a typical photogrammetric pipeline, 3D results like DSM/DTM, contour lines, textured 3D models, vector data, etc. can be produced, in a reasonable automated way. The article reports the latest developments of UAV image processing methods for photogrammetric applications with also some insight on regulation and system certifications.

Autori FABIO REMONDINO – 3D OPTICAL METROLOGY, FONDAZIONE BRUNO KESSLER, TRENTO WEB: HTTP://3DOM.FBK.EU, EMAIL: REMONDINO@FBK.EU FRANCESCO NEX 3D OPTICAL METROLOGY, FONDAZIONE BRUNO KESSLER, TRENTO WEB: HTTP://3DOM.FBK.EU, EMAIL: FRANEX@FBK.EU

Parole chiave UAV, FOTOGRAMMETRIA, GEOMATICA, DSM/DTM.

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DANIELE SARAZZI ZENIT S.R.L. – WEB: HTTP://WWW.ZENIT-SA.COM, EMAIL: DANIELE.SARAZZI@ZENIT-SA.COM.

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In volo con l’occhio termico di S.Amici, M. F. Buongiorno, E. L. de Angelis, F. Giulietti, M. Turci

Il Laboratorio di Meccanica del Volo (MDVLab) dell’Università di Bologna nasce nel 2006 presso la Seconda Facoltà di Ingegneria e la sua attività di ricerca riguarda principalmente problematiche di modellazione, simulazione e controllo del volo atmosferico e spaziale. Un'intensa collaborazione con l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) ha consentito di estendere le proprie conoscenze al di fuori del settore aerospaziale, presentando oggi un’ampia offerta di tecnologie per l’Osservazione della Terra nell'ambito di progetti in cui MDVLab è coinvolto insieme ad INGV per l’impiego di velivoli non abilitati per applicazioni di gestione del rischio sismico, vulcanico ed ambientale.

L

e attuali metodologie per l’osservazione del territorio e il monitoraggio ambientale presentano alcuni aspetti che limitano fortemente le relative potenzialità applicative. Primo fra tutti è il fattore di rischio connesso con la frequente necessità di inviare veicoli con equipaggio a bordo in zone colpite da incendi, eruzioni o comunque verso situazioni in cui la visibilità e le condizioni avverse rendono difficoltose le operazioni. Per lo studio dei vulcani attivi, l’analisi delle anomalie termiche e la mappatura in tempo reale dei flussi lavici durante la fase attiva di un’eruzione rappresentano attività di notevole interesse scientifico, tuttavia l’impiego di mezzi tradizionali (elicotteri o aeroplani con pilota a bordo) costituisce un forte limite a causa del rischio connesso con la pericolosità dello scenario operativo. Nell’ultimo decennio, l’impiego di velivoli non abitati (UAS), in scenari denominati D^3 (dull, dirty, dangerous) a causa dell’elevato fattore di rischio, è ormai consolidato in molti ambiti scientifici.

Figura 1 - Primo volo effettuato con il sistema Butterfly nel 2004 (A) sul vulcano Stromboli. Una camera vista pilota ha realizzato una ripresa durante la fase di avvicinamento al cratere; il pennacchio del vulcano (B) è particolarmente evidente.

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A questo proposito, il laboratorio di Meccanica del Volo dell’Università di Bologna e dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) collaborano ad un progetto denominato “Sistema UAS per il monitoraggio di fenomeni naturali ed antropici”, per l’esecuzione di misure termo-chimiche dei fumi vulcanici in condizioni pre-crisi, al fine di studiare il legame tra eventuali anomalie termochimiche ed attività eruttive e post-crisi, per valutare lo stato dell’area colpita. Oltre alla realizzazione del velivolo e dei sistemi di bordo, una parte consistente del progetto riguarda l’integrazione e la validazione attraverso prove di volo della strumentazione scientifica. Nel Luglio 2011 è stata effettuata una campagna di prove di volo rivolta alla sperimentazione del sistema di acquisizione di immagini termiche. La piattaforma UAS utilizzata è l’MDV Cardinal un velivolo elettrico di apertura alare 2.1 m e capacità di carico pari a 1.2 kg. Il sistema di acquisizione è basato su architettura PC104 e comprende: 1) un modulo di alimentazione DC/DC, 2) un modulo Real-Time PAL/NTSC Frame Grabber, 3) un modulo PC con sistema operativo Windows XP e 4) un modulo trasmissione WI-FI. Il sensore selezionato è la camera ultra-leggera THERMAL EYE 3600AS, operante nell’intervallo spettrale 7-14 micron, installata a bordo del’ MDV Cardinal in configurazione nadir. Le immagini acquisite, sono digitalizzate attraverso il modulo Frame Grabber e inviate in tempo reale alla stazione di terra. Una memoria a stato solido di tipo Compact Flash ne permette inoltre il salvataggio a bordo.

Test in laboratorio Allo scopo di caratterizzare il comportamento della camera è stato allestito in laboratorio un banco prova, costituito da una workstation, un frame-grabber USB ed un software di acquisizione ed elaborazione dell’immagine. E’ stato poi effettuato un test di tipo qualitativo utilizzando come corpo caldo di riferimento una resistenza termica di forma quadrata (10 cm x 10 cm), posizionata alla distanza di un metro dalla termocamera. La resistenza è stata riscaldata facendo circolare corrente costante (potenza dissipata: 5 Watt) fino a che non si è raggiunta una condizione di stazionarietà

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Figura 2 - (A) Camera termica in posizione nadir a bordo del velivolo MDV Cardinal (B) Velivolo Cardinal e stazione di controllo a terra.

Figura 3 - L’immagine del satellite Geo-eye (su Google map) mostra la pista di decollo e due delle aree sorvolate dal Cardinal.

Figura 4 - Sistema di acquisizione di immagini termiche durante le prove in laboratorio.

Prove sul campo e sviluppi futuri La superficie selezionata per la campagna di prove è il campo di volo del Gruppo Aeromodellisti di Forlì (Lat 44°18’12.01N, Lon 12°3’27.34’’E), un’area di cinque ettari aperta e priva di ostacoli. La pista di decollo è una striscia d’erba di 145m x 10m. Il volo è stato realizzato al tramonto, il 30 Giugno 2011, in condizioni meteorologiche ottimali ed in assenza di vento. Le figure riportano il confronto tra le immagini termografiche acquisite durante il volo e le corrispondenti immagini satellitari nel visibile. Il risultato positivo di questa prima sperimentazione conferma le potenzialità del sistema e la forte vocazione multidisciplinare. Oltre alle già citate applicazioni in ambito geofisico, infatti, il sistema può fornire soluzioni efficaci anche in campo agricolo e archeologico.

A sinistra, Figura 5, immagini termiche in falsi colori della resistenza: a) fase iniziale di riscaldamento b) condizione stazionaria. Sopra, Figura 6, l’immagine visibile acquisita dal satellite ad alta risoluzione GEO-EYE su Google Earth (sinistra) ed immagine termica della stessa area in falsi colori (destra acquisita durante il volo. B) Immagine di un vigneto visibile (sinistra) confrontata con un altro frame acquisito dalla camera termica (destra). I termogrammi sono visualizzati in falsi colori ove i colori chiari indicano valori termici più alti.

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Abstract Flight testing with thermal camera Remote sensing from satellites or aircraft represents an important tool for the monitoring and management of catastrophic events. For some rapidly evolving phenomena (e.g. volcanic events, wildfires) they both show two relevant limits: long revisiting time (satellites) and the high cost and high human risk for monitoring. Unmanned Aircraft Veicle (UAV) because of their autonomous flight and real time telemetry transmission offer a good solution to these limitations.To explore the operational aspects of such UAV deployments for example in volcanology, INGV in partnership with MavLab department of University of Bologna (Unibo) developed a UAV system and actually are carrying on integration studies and testing of scientific payloads. The payload is thermal camera. it has a light weight of 67.5g while the spectral response is in the 7-14micron spectral range. The integration activities, the on board installation and results of the first in flight thermal acquisition experiment realized on July 30 2011, in Italy, are presented.

AutorI EMANUELE LUIGI DE ANGELIS, DOTTORANDO EMANUELE.DEANGELIS4@UNIBO.IT

FABRIZIO GIULIETTI, RICERCATORE CONFERMATO FABRIZIO.GIULIETTI@UNIBO.IT

MATTEO TURCI, TECNICO INFORMATICO MATTEO.TURCI@UNIBO.IT

II FACOLTÀ DI INGEGNERIA, SEDE DI FORLÌ - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA VIA FONTANELLE, 40 – 47122 FORLÌ STEFANIA AMICI, PHD, RICERCATORE A CONTRATTO STEFANIA.AMICI@INGV.IT

MARIA FABRIZIA BUONGIORNO, RESPONSABILE UNITÀ FUNZIONALE FABRIZIA.BUONGIORNO@INGV.IT

ISTITUTO NAZIONALE DI GEOFISICA E VULCANOLOGIA VIA DI VIGNA MURATA, 605 – 00143 ROMA

Ringraziamenti GLI AUTORI RINGRAZIANO MASSIMILIANO POMPIGNOLI E LUCA DI SANTO (GRUPPO AEROMODELLISTI DI FORLÌ) PER IL SUPPORTO DURANTE LE PROVE DI VOLO.

Riferimenti Parole chiave WWW.ING2.UNIBO.IT, WWW.INGV.IT

UAV, THERMAL CAMERA, TERMOGRAMMI

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REPORTS

Il telerilevamento per la qualità dell'aria L'esperienza SENSORER di Marco Folegani e Stefania Pasetti

Il monitoraggio della qualità dell'aria con tecniche di telerilevamento è noto da tempo negli ambienti scientifici ma considerato ancora con prudenza e perplessità dalle strutture istituzionali sia per il livello "accademico" delle applicazioni sia per la mancanza di una forte motivazione normativa nell'adottare nuovi metodi di monitoraggio. L'esperienza SENSORER ha l'ambizione di mostrare come si possono superare entrambe queste barriere.

I

l fenomeno dell’inquinamento da polveri sottili (PM) rimane tenacemente attuale e puntualmente ogni anno ci ricorda quanto siamo lontani dall’aver individuato una o più soluzioni efficaci in grado di gestire e ridurre l’impatto di tale inquinante sulla popolazione. La questione presenta gradi di complessità notevoli dovuti a diversi fattori come l’evoluzione tecnologica che causa dei cambiamenti nella natura e nella quantità degli inquinanti oppure l’evoluzione della normativa che in base a evidenze scientifiche dell’impatto sulla salute pubblica degli inquinanti, ne modifica le soglie di tollerabilità. Non ultimo l’evoluzione dei trasporti, che vede la componente di traffico come una delle fonti più importanti di inquinamento da particolato. Le discussioni aperte su un aumento di inquinamento percepito rispetto ad una realtà descritta dai numeri a volte differente, non prescindono dalla necessità condivisa di affrontare il problema in modo più efficace. Nonostante tale complessità, rimane la considerazione per cui se una diagnosi è sbagliata la terapia non funziona. Lo spunto di riflessione che si vuole proporre riguarda nuovi sistemi di osservazione e di diagnosi del fenomeno di inquinamento al fine di individuare delle azioni più efficaci. L’osservazione da satellite è un metodo di misura che merita di essere approfondito: si tratta, infatti, di un metodo di osservazione consolidato per lo studio di fenomeni di inquinamento atmosferico su scala continentale ma non è ancora impiegato in modo sistematico per il monitoraggio dell’inquinamento a livello locale. I casi d’uso per il monitoraggio dell’inquinamento urbano che si basano sui dati satellitari si stanno moltiplicando e ne vorremmo presentare uno in particolare sviluppato nell’ambito di un progetto di ricerca industriale cofinanziato dalla Regione Emilia Romagna, il progetto SENSORER. La rete di monitoraggio attuale I metodi tradizionalmente impiegati per la misura della qualità dell’aria hanno ampiamente dimostrato la loro efficacia nell’identificare la natura del fenomeno “inquinamento urbano” e hanno consentito, in passato, di prendere decisioni corrette e concrete incidendo sul riscaldamento urbano, sulle emissioni industriali e sui trasporti introducendo, ad esempio, la benzina verde per eliminare l’inquina-

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mento da piombo oppure i filtri anti-particolato per ridurre la concentrazione delle polveri sottili. Tuttavia la portata del fenomeno ha mostrato anche i limiti di tali strumenti, che essendo puntuali, sono in grado di descrivere in modo tempestivo situazioni locali ma non sono in grado di determinare la portata del fenomeno nella sua estensione geografica. Per superare questi limiti, i modelli di dispersione sono stati adottati per valutare lo scenario d’insieme che rispecchia la connotazione geografica ad ampia scala dei fenomeni di inquinamento. Ma anche i modelli di dispersione hanno mostrato qualche limite nella capacità di descrivere le complesse dinamiche chimico-fisiche e climatiche che determinano l’attuale situazione di persistente presenza di inquinamento da polveri sottili. In parte tali limiti sono dovuti ai dati delle centraline stesse che alimentano i modelli che, seppur precisi, possono rivelarsi talvolta non sufficienti o non sufficientemente distribuiti per essere rappresentativi della scala del fenomeno. Le misure da satellite possono dare un contributo significativo in tal senso. L’adozione delle tecnologie satellitari La situazione normativa riguardo alle nuove metodologie di misura della qualità dell’aria sta iniziando a cambiare. Lo si intuisce da quanto sta accadendo in Emilia Romagna, in cui una delle ARPA più attive in Italia ha ottenuto dalla giunta Regionale il supporto necessario per introdurre, anche se in via sperimentale, l’osservazione da satellite come strumento per il monitoraggio della qualità dell’aria (Delibera della Giunta Regionale del 21/12/2009 n°2166 che assegnava ad ARPA un finanziamento per l’utilizzo di tecnologie da satellite per la valutazione della qualità dell’aria). L’iniziativa dell’ARPA non è l’unico caso. A livello europeo sono stati realizzati e sono tuttora in corso diversi progetti di ricerca applicata in cui i dati satellitari vengono utilizzati per il monitoraggio atmosferico. Oltre all’ambito GMES, di cui si può citare il progetto MACC, vale la pena menzionare il progetto AQA-PM (http://www.sistema.at/aqa.html), nell’ambito del programma dell’Agenzia Spaziale Austriaca (Austrian Space Application Program ASAP), in cui il consorzio composto dal Centro Meteorologico Austriaco (ZAMG coordinatore del team) SISTEMA GmbH (filiale estera dell’azienda MEEO), EOX e BOKU – University of Natural

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REPORTS Resources and Life Sciences, stanno lavorando all’assimilazione di prodotti satellitari nel modello numerico AQA per il miglioramento dell’accuratezza delle mappe previsionali di PM. Le integrazioni di osservazioni da satellite, centraline a terra e modellistica è stato anticipato da un’iniziativa nata nel 2003 che vedeva coinvolti l’università del Wisconsin, (Madison) e la NASA nel progetto congiunto IDEA (Infusing satellite Data into Environmental air quality Application) in cui i dati di spessore ottico dell’atmosfera prodotti dal sensore MODIS sono utilizzati assieme alle misure a terra di PM 2,5 e alla modellistica per prevedere l’inquinamento da particolato fine. A livello Italiano, nel progetto WHERE (2011), coordinato da NEXTant e supportato dall’Agenzia Spaziale Italiana (ASI), vengono utilizzate le stime di PM da satellite (fornite da MEEO S.r.l) per la salvaguardia delle infrastrutture dichiarate Patrimonio UNESCO. Le iniziative citate non esauriscono la lista dei numerosi progetti in cui vengono utilizzate tecniche di data-fusion tra dati satellitari e dati al suolo per avere monitoraggi ambientali più performanti. In questo contesto il progetto SENSORER è precursore di quelle che saranno le tendenze future nell’ambito del monitoraggio dell’inquinamento atmosferico. Il progetto SENSORER e l’analisi multi temporale di MEEO Il progetto SENSORER nasce nel 2008 da un’idea di MEEO condivisa con il Dipartimento di Ingegneria delle Telecomunicazioni dell’Università di Ferrara per lo sviluppo di un dimostratore in grado di aggregare sorgenti di dati eterogenei (i dati satellitari e misure delle centraline per la qualità dell’aria), di integrarli attraverso tecniche di data-fusion e di distribuire questi dati alla rete delle Pubbliche Amministrazioni della regione Emilia-Romagna attraverso la rete Lepida (www.lepida.it). Inoltre, nel progetto era previsto lo sviluppo di una componente di modellistica per realizzare previsioni a breve termine di concentrazioni di PM nel dominio regionale. Lo scopo del sistema era quello di dimostrare come, attraverso la fusione dei dati da satellite e da centralina, è possibile superare i limiti che caratterizzano i due sistemi di monitoraggio. Da un lato, l’osservazione satellitare ha il grosso limite della copertura nuvolosa che impedisce di avere dati

Figura 1 – Schema a blocchi di MEA-PM.

giornalieri con sufficiente continuità, dall’altro lato la rete di monitoraggio al suolo misura i dati reali solo dove sono dislocate le centraline. Per rendere facilmente accessibili tali dati, sono stati sviluppati dei moduli software in grado di accedere automaticamente alle sorgenti di dati satellitari e di dati ARPA, i dati raccolti vengono processati e resi disponibili attraverso un database continuamente aggiornato. Il processore statistico è il modulo software che realizza il data-fusion. Basato sul metodo di regressione di Kriging, il processore genera delle mappe di concentrazione di PM utilizzando sotto certe condizioni di sufficiente rappresentatività, anche i dati puntuali per determinare i valori delle aree con copertura nuvolosa. I parametri ausiliari inseriti nel processore statistico riguardano sia l’orografia del terreno che le condizioni meteo-climatiche, ovvero quei parametri che rivestono un ruolo rilevante nella determinazione della dispersione degli inquinanti in atmosfera ed in particolare dell’aerosol. Per l’estrazione delle mappe di PM da satellite, il sistema è basato sul PM MAPPER, il sistema di monitoraggio del particolato (PM 2,5 e PM 10) che utilizza i dati di spessore ottico acquisiti dal sensore satellitare MODIS. La risoluzione delle mappe, già migliorata nell’ambito di attività di ricerca e sviluppo interne a partire dal 2006, viene ulteriormente migliorata per ottenere valori di concentrazione di particolato su una griglia di 1km x 1km.

Figura 2. Mappa di PM10 con risoluzione 10 km x 10 km a sinistra e con risoluzione 1kmx 1km a destra sul Sud Italia, sovrapposta all'immagine a colori.

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REPORTS Per quanto riguarda la gestione e la visualizzazione dei dati, è stata utilizzato MEA (Multi-sensor Evolution Analysis), ovvero la piattaforma sviluppata da MEEO per l’ente spaziale europeo (ESA) nell’ambito del progetto SPA che consiste in un'applicazione web in grado di effettuare analisi multi temporali sia satellitari che di altra natura per il monitoraggio dell'uso del suolo. Il risultato del progetto è un sistema che consente sia la visualizzazione associata delle due sorgenti di dati sia il dato generato attraverso il processore statistico. La possibilità di confrontare sia i dati originali che quelli elaborati è considerato un valore aggiunto in quanto consente in qualsiasi momento di verificare la qualità del processamento. L’interfaccia grafica fornisce inoltre, tramite un apposito riquadro, la visualizzazione dei dati storici riferiti al punto selezionato estrapolati dal database di dati satellitari. Attraverso una visualizzazione associata di più anni è possibile inoltre effettuare una comparazione immediata sull’andamento delle concentrazioni di PM nei diversi periodi. Una funzionalità “videoclip” consente di visualizzare l’evoluzione della concentrazione di PM sull’area d’interesse selezionata per un range di tempo definito.

ad esempio il traffico urbano. In questo caso l’osservazione satellitare può risultare importante in quanto da satellite si è in grado di rendere quasi capillare la misura dell’inquinamento, incluse le zone remote. Il caso dell’ARPA EMR come esempio di introduzione del monitoraggio satellitare per l’analisi della qualità dell’aria rimane al momento un caso limitato, in quanto in generale la normativa a cui i decisori degli enti locali fanno riferimento rimane saldamente vincolata alle misure effettuate dalle centraline al suolo nonostante i loro limiti risultino sempre più evidenti. Tuttavia è evidente una maggior sensibilizzazione degli enti sia a livello locale che a livello regionale per nuovi sistemi di misura in grado presentare scenari più completi e quindi più realistici. In prospettiva le piattaforme satellitari per l’osservazione della terra saranno incrementate con nuovi satelliti con tecnologie notevolmente più precise, ma la mancanza di normative e di procedure certificate e condivise sono un grosso limite alla diffusione del monitoraggio dell’inquinamento atmosferico da satellite.

Riferimenti •

HTTP://RSSPORTAL.ESA.INT/DEEPENANDLEARN/TIKI-INDEX.

• • • •

HTTP://EN.WIKIPEDIA.ORG/WIKI/MEEO

PHP?PAGE=SPA+PROJECT HTTP://WWW.GMES-ATMOSPHERE.EU/ HTTP://WWW.STAR.NESDIS.NOAA.GOV/SMCD/SPB/AQ/INDEX.SHP HTTP://WWW.REGIONE.EMILIA-ROMAGNA.IT/TEMI/AMBIENTE/INQUINAMENTO/VEDI-ANCHE/INQUINAMENTO-ATMOSFERICO/LE-NORME-E-GLI-ATTI-INVIGORE

Figura 3- Interfaccia grafica di MEA-PM con sovrapposizione di mappa di concentrazione di PM10, dati a terra e mappa integrata.

Conclusioni L’esperienza del progetto SENSORER ha consentito di realizzare un sistema che rappresenta uno strumento operativo prezioso per rispondere in modo più efficace alle nuove sfide che la gestione della cosa pubblica impone per la tutela della qualità dell’aria. Questo progetto, cosi come le altre iniziative nazionali ed internazionali, evidenzia come la tecnologia satellitare non sia in grado di sostituire la rete attualmente in uso delle centraline per il monitoraggio giornaliero nei centri urbani, ma costituisca uno strumento fondamentale per analizzare scenari estesi come ad esempio quello della Pianura Padana o l’analisi di serie storiche significative grazie all’archivio di dati satellitari. L’utilizzo del dato satellitare consente di effettuare valutazioni d’impatto di interventi e decisioni di gestione territoriale come le dismissioni di impianti industriali inquinanti o l’installazione di nuove strutture come termovalorizzatori o centrali elettriche a diversa tipologia di combustibile. Un altro aspetto di rilievo è la possibilità di analizzare il fenomeno dell’accumulo degli inquinanti ovvero quell’effetto di persistenza in atmosfera di inquinanti come il particolato fine che non viene più disperso con efficacia dalle componenti meteorologiche come le piogge e i venti. Tale effetto di persistenza viene attualmente monitorato tramite le centraline dette di fondo che essendo collocate in zone remote nella loro misura non vengono affette da fonti dirette come

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Parole chiave REMOTE SENSING, PARTICOLATO FINE, INQUINAMENTO, QUALITÀ DELL’ARIA.

Abstract The remote sensing for air quality monitoring The SENSORER project. The satellite observations have proven their capabilities for remote sensing of atmospheric pollutants such as the Particulate Matter. But the advantage of global coverage, homogeneous quality and a relative good spatial resolution are counterbalanced by the limited temporal resolution and the cloud coverage. The SENSORER project is just the last example of a web platform that thanks to a combination of satellite data with information from ground based sensors and models overcomes the limitations of each single observation method to provide better pollution maps to make better decisions.

Autori MARCO FOLEGANI, STEFANIA PASETTI MEEO SRL VIA SARAGAT 9 44122 – FERRARA FOLEGANI@MEEO.IT, PASETTI@MEEO.IT, WWW.MEEO.IT

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REPORTS

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REPORTS

Le immagini satellitari ad alta risoluzione e la classificazione delle

comunità vegetali

per la creazione della carta della Vegetazione dell'isola di Socotra (Yemen) di L. Malatesta, F. Attorre, M. De Sanctis, M. Vitale, A. Altobelli

L'arcipelago di Socotra (Yemen), ospita una elevata diversità biologica, con caratteristiche uniche tali da renderlo un territorio rilevante per la conservazione della biodiversità a livello globale: l’alto livello di endemismo, soprattutto per le specie vegetali, lo colloca tra le isole più importanti del mondo.

arcipelago ospita 837 specie di piante e, tra queste, 308 (pari al 37%) sono endemiche; a livelli tassonomici più elevati, sono presenti 15 generi e 1 sottofamiglia non riscontrabili in qualsiasi altro luogo del mondo (Miller e Morris 2004). Negli ultimi venti anni, purtroppo, lo sviluppo economico, l’abbandono delle pratiche agricole di tipo tradizionale, la crescita del settore turistico, la costruzione della rete stradale, l’aumento della popolazione e gli effetti dei cambiamenti climatici, hanno rappresentato e rappresentano una minaccia alla diversità biologica, generando una seria pressione sulle dinamiche degli ecosistemi e mettendo a rischio alcuni habitat importanti, come l’area protetta di Homhil, e la rige-

L’

Adenium obesum.

Dracaena cinnabari.

Euphorbia arbuscula.

Boswellia elongata.

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nerazione di molte specie di piante, come la Dracaena cinnabari e la Boswellia spp. Ciononostante, Socotra rappresenta un patrimonio unico di biodiversità, che ha però bisogno di essere protetto attraverso uno sforzo coordinato tra tutte le ONG, i donatori internazionali e gli esperti che lavorano per la conservazione e lo sviluppo dell’isola. In questa prospettiva, il presente studio ha avuto lo scopo di colmare una lacuna di conoscenze e di dati attraverso la creazione di una mappa ad alta risoluzione della vegetazione che rappresenta uno strumento utile ed affidabile per i futuri progetti di conservazione e di sviluppo.

Area di studio Socotra è la più grande delle quattro isole che formano l’arcipelago omonimo, fa parte della Repubblica dello Yemen e si trova nella parte nord-occidentale dell’Oceano Indiano. L’isola ha un’estensione di 3.650 km2, ed è caratterizzata da una notevole varietà ambientale e geomorfologica. Tre sono i principali sistemi ambientali: la pianura costiera, gli altopiani calcarei ed il massiccio granitico centrale dell'Haggeher. L’andamento climatico è caratterizzato dai monsoni d’estate e d’inverno, e tra queste due stagioni si verificano, in autunno e in primavera, periodi di transizione; questi cambiamenti periodici determinano una piovosità media annuale di 216 mm. La temperatura diminuisce con l’altitudine, e la media è superiore a 27° C. Le piante xeromorfe dominano l’isola, favorite dalle condizioni climatiche aride che limitano la vegetazione arborea ai dirupi, alle scarpate e alle montagne più alte. Le cime esposte degli altipiani calcarei sono generalmente dominate da cespugli o erbe basse, con vegetazione rigogliosa

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Isola di Socotra (Yemen), immagine RapidEye colori reali 26-27 dicembre 2010

confinata ai pendii e alle vallate. La pianura costiera è principalmente semidesertica, con arbusti sparsi o in generale scarsa copertura vegetale. Materiali e metodi Una mappa della copertura del suolo dell’isola di Socotra è stata realizzata da Kral e Pavlis (2006) combinando le indagini sul campo con i dati satellitari Landsat / ETM. Il presente studio è invece focalizzato sulla produzione di una carta delle comunità vegetali a più alta risoluzione. A tal fine, le indagini sulla vegetazione sono state effettuate secondo il metodo fitosociologico di Braun - Blanquet (1964) e classificate in varie tipologie a seconda della composizione specifica e del grado di copertura. I dati telerilevati sono stati scelti per fornire una più ampia gamma di bande spettrali e una risoluzione più elevata. Il satellite RapidEye™, a 5 bande spettrali e 5 metri di risoluzione, si adatta perfettamente allo scopo finale di associare la precisione e l’affidabilità dell’indagine diretta con le potenzialità di ampia ripresa e sintesi del telerilevamento, allo scopo di produrre una descrizione dettagliata, ovvero una mappa accurata della vegetazione di tutta l’isola.

I dati satellitari I dati satellitari utilizzati per il presente studio sono costituiti da due set di immagini RapidEye™, acquisite nei periodi intorno al 19 febbraio ed al 27 Dicembre 2010 . Le due date sono state scelte in modo da tenere in considerazione la variabilità climatica stagionale legata all’effetto dei monsoni sul grado di copertura e sulla composizione delle specie vegetali dell’isola. Il sistema satellitare tedesco RapidEye™ è costituito da una costellazione di 5 satelliti artificiali eliosincroni, che acquisiscono immagini alla risoluzione di 5 metri, in cinque bande spettrali (Blue: 440-510 nm, Green: 520-590 nm, Red: 630-685 nm, Red Edge: 690-730 nm, e NIR: 760-850 nm.). I dati satellitari multispettrali di RapiEye ™ possono essere di grande aiuto per il monitoraggio ambientale, discriminando le diverse tipologie di vegetazione, segnalando repentinamente lo stato di salute delle piante (con l’individuazione di eventuali variazioni di azoto, acqua e clorofilla) e permettendo così una rapida lettura e analisi delle risorse vegetali del territorio. Inoltre, da questi dati telerilevati è possibile ottenere indici di vegetazione come ad esempio l’NDVI (indice di vegetazione normalizzato, in inglese Normalized

Isola di Socotra (Yemen), immagine RapidEye infrarosso 26-27 dicembre 2010

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REPORTS Difference Vegetation Index), che consiste nel rapporto tra la differenza e la somma delle energie luminose misurate in due diverse bande dello spettro. Le due bande utilizzate sono l’infrarosso vicino (NIR) e il rosso (R) e la semplice formula usata è NDVI=(NIR-R)/(R+NIR). L’indice sfrutta l’elevato assorbimento nel rosso e l’elevata riflessione nell’infrarosso per discriminare la vegetazione dagli altri tipi di copertura del suolo (suolo nudo, urbano, acqua, neve e nubi). I 5 satelliti, avendo lo stesso tipo di equipaggiamento di sensori, e viaggiando uno dietro l’altro nella stessa orbita, permettono un tempo di rivisitazione molto breve e l’acquisizione d’immagini di grandi superfici su base giornaliera: la costellazione può infatti acquisire fino a 4 milioni di km2 al giorno. Le immagini RapidEye si prestano dunque ad essere utilizzate in tutti i campi applicativi che richiedono un monitoraggio aggiornato e frequente, grazie alla loro capacità di garantire informazioni multiple sulla medesima area con brevi intervalli temporali. I dati satellitari della costellazione RapidEye ™ sono stati forniti, georeferenziati, ortorettificati e corretti radiometricamente dalla società iptsat di Roma, Patner Distributor di RapidEye™. La iptsat è da anni impegnata a interagire con la comunità degli utenti GIS e del Telerilevamento fornendo alta professionalità su tutti gli aspetti legati all’utilizzo di tali tecnologie e proponendo soluzioni ad alto valore aggiunto a supporto dei propri clienti. Ulteriori dati spaziali Carte tematiche digitali contenenti informazioni sull’altitudine, la pendenza, il clima e la geologia sono state utilizzate come fonte di dati addizionali per il presente studio. La cartografia climatica (precipitazioni annue, temperatura media annuale) è stata ottenuta interpolando fra loro i risultati provenienti da una rete di 10 stazioni meteorologiche presenti sull’isola, attraverso il metodo di regressione universal kriging, definendo una funzione avente come covariate il DEM, la pendenza, l’esposizione e la distanza dalla costa (Attorre et al. 2007b). La carta geologica dell’isola è stata digitalizzata partendo dai dati di Beydoun e Bichan (1970), e distingue quattro formazioni principali: rocce vulcaniche, rocce calcaree, sedimenti alluvionali e depositi sabbiosi. Classificazione della vegetazione: indagini di campo ed analisi dei dati Il database delle tipologie di vegetazione è derivato da un precedente lavoro di De Sanctis et al. (2011). La ricerca in campo è stata condotta tra il 2007 e il 2009, con un totale di 318 rilievi (comprendenti 417 taxa di piante vascolari) eseguiti secondo i metodi descritti da Westhoff e van der Maarel (1978) e Braun-Blanquet (1964). La superficie coperta da ciascun rilievo è stata di volta in volta selezionata ricercando l’omogeneità delle caratteristiche fisiche , della struttura della vegetazione e della dominanza specifica. La scala di Braun-Blanquet (1964) è stata utilizzata per registrare la copertura e l’abbondanza di tutte le specie vegetali osservate. L’analisi statistica multivariata ha permesso l’identificazione di otto tipi di boschi, sette di arbusti, sei di comunità erbacee e sette di vegetazione alofila. Il set di punti di riferimento (training set) previsto per la procedura di classificazione è stato ottenuto dai punti georeferenziati relativi alle indagini di classificazione sul campo. Attorno a ciascun punto è stato creato un buffer di 10 m al fine di generare le aree d’interesse. Questa distanza è stata scelta per rappresentare l’estensione media della superficie coperta da ogni indagine sul campo. Le classi di vegetazione originali sono state modificate durante il processo di generazione della carta in modo da tener conto della sovrapposizione delle firme spettrali.

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Classificazione delle immagini satellitari e produzione della carta della vegetazione La classificazione tramite immagini satellitari è una procedura in più fasi che consiste nell’estrarre le statistiche delle risposte spettrali delle classi definite (la cosiddetta “firma spettrale”) e nell’utilizzare questi dati per assegnare ogni pixel della mappa ad una specifica classe sulla base di elaborazioni statistiche (e, in alcuni casi, spaziali). Tutte le fasi della procedura di classificazione sono state effettuate utilizzando il software Geographic Resources Analysis Support System (GRASS), GIS distribuito gratuitamente e con codice sorgente pubblico (OSGeo 2011). Nel presente lavoro, due approcci alternativi sono stati testati, ognuno basato su una diversa metodologia di estrazione delle firme spettrali e di classificazione dell’immagine. Il primo metodo (Massima verosimiglianza) effettua una classificazione che opera sul singolo pixel dell’immagine satellitare indipendentemente dagli altri. La firma spettrale è calcolata partendo dal presupposto che i valori di riflettanza di ogni classe abbiano una distribuzione normale ed estrae una firma univoca per ognuna delle tipologie. Il secondo (Massimo sequenziale A Posteriori) consta di un processo spaziale basato su un approccio multi-scala che assegna i pixel ad una delle classi definite in considerazione delle celle limitrofe. Il calcolo della firma spettrale adatta ogni distribuzione ad una Gaussian Mixture (GM) che comprende un numero variabile di sottoclassi, tenendo così conto della possibile variabilità interna di ogni classe. L’accuratezza della classificazione è stata valutata attraverso il confronto con una serie di aree (test set) selezionate tra quelle usate per le indagini di classificazione della vegetazione ed altre osservazioni sul campo eseguite tra febbraio e dicembre 2010. La valutazione si basa sulla sovrapposizione delle aree di test alla mappa classificata. Quest’operazione è stata effettuata in GRASS attraverso il modulo r.kappa, una variante dello strumento di estrazione statistica (r.stats), che utilizza la funzionalità di confronto per generare una “matrice di confusione”. In questo modo è stato possibile valutare l’accuratezza percentuale della carta in generale e di ogni singola classe. Post classificazione In seguito al processo di classificazione, la precisione finale della carta è stata incrementata attraverso l’applicazione di alcuni filtri basati sulle caratteristiche ecologiche delle tipologie di vegetazione, in modo da ridurre il numero di pixel classificati erroneamente nei casi in cui le classi corrispondenti siano facilmente distinguibili su base ecologica. Queste situazioni sono state identificate osservando la matrice di confusione. Nella maggior parte dei casi, infatti, quando due classi mostrano una fisionomia simile e/o una simile produzione di biomassa, le loro firme spettrali risulteranno quasi coincidenti, e quella che ottiene la firma più ampia “sottrae” un elevato numero di pixel all’altra. Se esiste un valore di soglia di una qualsiasi variabile ambientale che separa esattamente le due classi, una mappa raster che rappresenta il parametro selezionato può essere utilizzata per correggere questo errore attraverso l’applicazione di un filtro post-classificazione. L’operazione consiste nell’assegnare i pixel della prima classe, oltre la soglia definita, alla seconda. Per applicare i filtri è stato utilizzato il modulo r.mapcalc, in ambiente GRASS. Il parametro selezionato è stata l’altitudine (riferendosi ad un raster DEM con risoluzione 30 m), la cui influenza è determinante sulla distribuzione delle comunità vegetali dell’isola.

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Mappa della vegetazione dell'isola di Socotra (Yemen)

Risultati e discussione L’applicazione di due diversi metodi di classificazione ha portato alla produzione di due versioni della carta della vegetazione, entrambe caratterizzate da una notevole dominanza di arbusteti a Croton socotranus, soprattutto nella parte occidentale, che ospita una diversità più bassa e che appare meno eterogenea, essendo dominata da vegetazione rada. Anche le ricche e variegate comunità montane sono rappresentate chiaramente nelle due carte. Tuttavia, la classificazione di Massima verosimiglianza, a causa dell’assegnazione indipendente di singole celle, appare più frammentata, con un elevato numero di pixel isolati, mentre la metodologia Massimo sequenziale A Posteriori si è dimostrata capace di produrre una rappresentazione continua e omogenea della comunità vegetali, con elevato dettaglio e notevole precisione nella mappatura dell’intricato mosaico di boschi, arbusteti e radure erbacee delle montagne dell’Haggeher. Questa maggiore accuratezza, sia per le singole classi che in totale, fa sì che la mappa prodotta applicando quest’ultima metodologia possa essere considerata la versione finale della carta della vegetazione dell’isola di Socotra. Comunità vegetali cartografate La carta della vegetazione ottenuta comprende 28 classi, tra cui sono comprese le comunità vegetali individuate da De Sanctis et al. (2011) e diversi tipi di copertura del suolo creati ad hoc. Una descrizione sintetica delle tipologie viene fornita di seguito. Foreste Mangr: mangrovie. Dominate da Avicenna marina. Boschi ComSt: Bosco di Commiphora ornifolia e Sterculia africana. BoswE: Bosco di Boswellia elongata. DracC: Bosco di Dracaena cinnabari.

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BoswA: Bosco di Boswellia ameero. Leupi: Bosco di Leucas haggiriensis e Pittosporum viridiflorum. Cespuglieti e garighe PulSt: Gariga a Pulicaria stephanocarpa. JusRi: Gariga a Justicia rigida. CrSoc: Cespuglieto a Croton socotranus. JatAd: Cespuglieto a Jatropha unicostata e Adenium obesum. Buxan: Cespuglieto a Buxanthus pedicellatus. CrSar: Cespuglieto a Croton sarcocarpus. Crprs: Gariga a Croton socotranus (forma prostrata). TrCep: Cespuglieto a Trichodesma scottii e Cephalocroton socotranus. CoeHy: Cespuglieto a Coelocarpum haggierensis e Hypericum scopulorum. Praterie TephA: Prateria a Tephrosia Apollinea. IndPs: Prateria ad Indigofera pseudointricata. DacRo: Prateria a Dactyloctenium robecchii. PanAt: Prateria a Panicum atrosanguineum. HeCon: Prateria a Heteropogon contortus. Vegetazione alofila halveg: vegetazione alofila. sndvg: Sabbia con vegetazione alofila sparsa e rada. Altri (creato ad hoc) PhDac: Phoenix dactylifera (piantagioni). rocce: Roccia, nuda o con arbusti nani molto radi. dune: Sabbia nuda e dune. water: acque interne. settl: insediamenti, sterrati, nuvole. strade: strade asfaltate ed aeroporto.

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REPORTS Conclusioni Il presente studio ha prodotto una carta ad alta risoluzione della vegetazione dell’isola di Socotra (Yemen), combinando la classificazione delle comunità vegetali con l’analisi da telerilevamento. La fonte dei dati satellitari è stata rappresentata da due serie multitemporali di immagini della costellazione satellitare RapidEye ™, con risoluzione (dimensione dei pixel) 5 m e 5 bande spettrali. Più di 370 rilievi di vegetazione, eseguiti secondo il metodo fitosociologico e utilizzati per identificare le principali comunità vegetali, sono stati impiegati per ottenere le aree di riferimento e di confronto. Per produrre la carta della vegetazione, le firme spettrali sono state ottenute attraverso un modello basato su classi a firma multipla (Gaussian Mixture). Il metodo di classificazione Massimo sequenziale A Posteriori è stato applicato per tener conto della eterogeneità nella copertura di alcune classi e nel mosaico delle tipologie di vegetazione. Il Massimo sequenziale A Posteriori ha dimostrato di essere molto più efficace nel rappresentare l’estrema variabilità del paesaggio di Socotra, ottenendo una precisione maggiore del 21,3% rispetto al metodo di Massima verosimiglianza, e si rivela particolarmente adatto allo scopo di cartografare un mosaico di vegetazione così eterogeneo, evitando allo stesso tempo una frammentazione eccessiva della mappa, e riducendo dunque la perdita di informazione e gli errori di classificazione. La precisione raggiunta è superiore all’87%, un risultato decisamente soddisfacente alla luce del numero elevato di classi considerate, dell’eterogeneità delle loro coperture e della complessità del paesaggio dell’isola. La classificazione di Massima verosimiglianza ha generato invece una mappa eccessivamente irregolare, meno precisa nella individuazione e distinzione delle formazioni contigue e commiste, ed in generale meno accurata di oltre il 20%. Questi risultati suggeriscono che, anche se più difficile da applicare, il metodo di segmentazione sequenziale si adatta meglio ai paesaggi complessi rispetto all’approccio puramente statistico di massima verosimiglianza. La mappa ottenuta rappresenta una base di conoscenze preziosa per la pianificazione delle future iniziative di conservazione volte a proteggere il patrimonio unico di biodiversità dell’isola di Socotra.

Parole chiave MAPPA VEGETAZIONE, TELERILEVAMENTO, CARTOGRAFIA TEMATICA

Ringraziamenti Questo lavoro è stato realizzato nell’ambito del Progetto di Cooperazione Italiana “Cudarat”, promosso dal Ministero degli Affari Esteri italiano e dal governo yemenita. I nostri più sentiti ringraziamenti vanno al Project Manager Andrea Mao ed a tutto lo staff tecnico e istituzionale che ha reso il progetto, e quindi questo studio, possibile. Una menzione particolare va ai membri dell’Unità di Botanica, Ahmed Adeeb, Ahmed Issa, Fahmi Abdulla e Abdulwhab Saad, la cui assistenza durante il lavoro sul campo ha rappresentato un aiuto prezioso ed insostituibile.

Abstract Vegetation map by satellite imagery in Socotra (Yemen) The present study has produced a high resolution vegetation map of Socotra Island (Yemen) by combining vegetation classification with remote sensing analysis. The satellite data source was represented by two multi–temporal sets of RapidEye™ satellite images with a pixel resolution of 5 m and 5 spectral bands. More than 370 vegetation surveys, carried out with the phytosociological method and used to identify the main vegetation types, were used to obtain the training and evaluation sets. To produce the vegetation map, spectral signatures of the vegetation classes were obtained through a Gaussian mixture distribution model. A Sequential Maximum “a Posteriori” classification method was applied to take into account the heterogeneities in the signatures of some classes and the spatial pattern of the vegetation types. Post–classification sorting was performed to adjust the classification through various rule–based operations. A total of 28 classes were mapped with an accuracy greater than 80%. The resulting map and data will represent a fundamental tool for the elaboration of conservation strategies and the sustainable use of natural resources.

Autori LUCA MALATESTA, FABIO ATTORRE, MICHELE DE SANCTIS, MARCELLO VITALE DIPARTIMENTO DI BIOLOGIA AMBIENTALE, LA SAPIENZA UNIVERSITÀ DI ROMA ALFREDO ALTOBELLI DIPARTIMENTO DI SCIENZE DELLA VITA. UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI TRIESTE

Open Data In Europa si parla del virus dell’open data ormai da qualche tempo, visto che il contagio si è esteso in tutto il mondo. Il Commissario EU Kroes ha pubblicato a Novembre 2011 nuove misure per stimolare il riuso del settore pubblico. Da questo momento in poi i portali web stanno riempiendosi di collegamenti a dati pubblici aperti spesso riferendo anche di dati geografici aperti. Recentemente in Olanda il Ministero delle Infrastrutture e dell’Ambiente ha annunciato che entro il 1° gennaio 2015 saranno resi pubblici tutti i dati di competenza del Ministero. In Italia è stato aperto il sito dati.gov.it ove le amministrazioni possono rendere pubblici i loro dati e molte organizzazioni stanno sposando la causa proponendo vere e proprie professioni di fede da seguire come ad esempio la spaghettiopendata.org o la neonata opengeodata. it associazione senza scopo di lucro. Ma il problema della legislazione sulla privacy del cittadino sta portando seri ostacoli in tutta Europa alla diffusione di dati sensibili. Inoltre il problema delle licenze d’uso dei dati sta diventando un serio argomento che vede la Creative Commons Public Domains Mark, la Public Domain Dedication CCO o la Open Government License, come esempi di come una trasparenza legale possa realizzarsi all’interno delle Pubbliche Amministrazioni. L’Open Geospatial Consortium ha pubblicato una suite di condizioni d’uso che potranno configurarsi come primo passo per l’armonizzazione delle licenze d’uso. Non solo, un gruppo di lavoro del GSDI (Global Spatial Data Infrustructure, www.gsdi.org) sta lavorando per un quadro che possa armonizzare le attuali licenze di uso dei dati geografici. Renzo Carlucci

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GI IN EUROPE - di Mauro Salvemini

UN Committee on Global Geospatial Information Management: Insediato il Comitato delle Nazioni Unite sulla gestione dell’informazione geospaziale L’iniziativa delle Nazioni Unite volta alla formazione di un comitato di esperti nella gestione della informazione geografica, già presentata in questa rubrica in un precedente numero, ha fatto un passo avanti definitivo con l’incontro di Seoul dello scorso ottobre.

P

remesso che anche gli stessi funzionari dell’ONU, usi ad una preparazione accurata degli eventi delle Nazioni Unite sottoposti a rigidi protocolli, sono rimasti particolarmente impressionati ed inizialmente preoccupati dalla meticolosità con la quale il governo ospitante della Corea del Sud ha curato i tempi degli interventi, manifestazioni, break e pause, sono rimasto impressionato dalla conduzione di un convegno che pur avendo visto presenti più di sei ministri di paesi quale Cile, Finlandia, India , Corea, è riuscito a conservare un orario perfetto: sono arrivati tutti in orario! Eppure dovevo pensarci quando arrivando al Forum sono stato salutato personalmente da un cordiale signore che, dopo un interessante scambio di informazioni sullo stato dell’arte dei Sistemi Informativi geografici in Europa, si è dimostrato essere, (da un semplice biglietto da visita con caratteri occidentali) il Ministro dei lavori pubblici ed infrastrutture della Corea del Sud ( sic!) . La cornice di riferimento del Forum delle Nazioni Unite è la Seoul Declaration on Global Geospatial Information Management (GGIM) , che sulla scorta delle decisioni preliminari dell’ECOSOC ratifica quanto segue ed esprime sostegno per l'iniziativa delle Nazioni Unite a promuovere la gestione delle informazioni geo-spaziali tra gli Stati membri dell'ONU, organizzazioni internazionali, e il settore privato.A tal fine: • invita a intraprendere azioni per promuo-

vere e rafforzare la cooperazione nazionale, regionale e globale, con l'obiettivo di sviluppare una comunità globale interconnessa di buone pratiche sulle informazioni geo-spaziali sotto l'ombrello delle Nazioni Unite; • invita ad elaborare processi efficaci per promuovere, in modo collaborativo e congiunto, strutture e norme comuni, così come definizioni e metodi armonizzati per il trattamento dei dati geospaziali nazionali al fine di migliorare la gestione delle informazioni geo-spaziali a livello nazionale, regionale e globale; • invita a condividere esperienze nelle decisioni politiche, nel sostegno della legislazione e nelle strategie di finanziamento, per incoraggiare e sviluppare le migliori pratiche nella gestione delle informazioni geo-spaziali (cioè raccolta, conservazione, manutenzione e diffusione) a tutti i livelli, compresa l'integrazione di dati spaziali con dati di altre fonti tematiche, e per facilitare e promuovere lo sviluppo di capacità cognitive ed operative nei paesi in via di sviluppo.

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I 350 esperti di 90 paesi membri hanno sancito il successo dei due obiettivi previsti e pianificati dal Direttore del Dipartimento Statistico dell’ ONU. Si è infatti realizzato il primo forum internazionale sulla gestione della informazione geo-spaziale che, nella prassi internazionale, è la prima tappa verso una possibile conferenza mondiale sulla informazione geografica , e si è istituzionalizzato il Comitato di esperti dei paesi membri sul tema della gestione della informazione geografica che si riunirà periodicamente per mettere in pratica quanto contenuto nella dichiarazione di Seoul e riferire al Segretariato delle Nazioni Unite. Il Forum ha riconosciuto la necessità di disporre di informazioni geo-spaziali per assicurare il raggiungimento del Millenium Goals dell’ ONU (http://www.un.org/millenniumgoals/) e tra i diversi aspetti emersi vale evidenziare:

Seoul Declaration on Global Geospatial Information Management (GGIM) We, the participants of the First High Level Forum on Global Geospatial Information Management held in Seoul, Korea, on October 24 to 26, 2011, having met in the context of United Nations initiatives to enhance global cooperation in the field of geospatial information management in order to help overcome global challenges, hereby issue this Seoul Declaration on Global Geospatial Information Management (GGIM). Recalling Resolution 2011/24 of the United Nations Economic and Social Council, which recognized the need to promote international cooperation in the field of global geospatial information; Recalling further the United Nations Secretary-General’s Report E/2011/89, which encouraged the strengthening of cooperation among Member States and International Organizations and emphasized the urgency in establishing concrete actions for the further development of global geospatial information in order to adequately respond to global challenges; Recognizing the need for full interoperability of multi-dimensional geospatial information and integration with other data sources at national, regional, and global level, in order to provide an effective information base for the resolution of global and local issues, and the need for establishing national, regional and global mechanisms for effective management and utilization of such information; Sharing a global vision and conviction that reliable and timely geospatial information is an important basis for policy decision making, especially in the context of humanitarian assistance and sustainable development; We, therefore resolve, to express our support for the initiative of the United Nations to foster geospatial information management among UN Member States, international organizations, and the private sector; and in this regard: to take actions to foster and strengthen national, regional and global cooperation with the aim of developing an interconnected global community of practice on geospatial information under the umbrella of the United Nations; to devise effective processes for jointly and collaboratively promoting common frameworks and standards, as well as harmonized definitions and methods for the treatment of national geospatial data in order to enhance geospatial information management at the national, regional and global level; to share experiences in policy-making, supporting legislation, and funding strategies, to encourage and develop best practices in geospatial information management (i.e. collection, storage, maintenance and dissemination) at all levels, including integration of spatial data with thematic data from other sources, and to facilitate and promote capacity development in the developing countries.

Issued on 26 Oct 2011

• il tema della proprietà e del

costo dei dati e della loro condivisione a livello di enti e di cittadini. Un tema caldo che partendo da aspetti puramente economici pervade campi collegati con etica e sfruttamento industriale delle informazioni geografiche. • Il tema del “capacity building” o “capacitacion” che , particolarmente fatto emergere dai paesi in via di sviluppo, rappresenta un aspetto cruciale della usabilità dei dati geografici ; • Il tema dei grandi rischi e della necessità di disporre di un adeguato sistema di standardizzazione reale atto a funzionare trasversalmente nei vari e diversi ambiti che i rischi naturali coinvolgono quando si realizzano le purtroppo ben note calamità globali e nazionali. Questa dell’ONU è un’iniziativa di cornice allo sviluppo dell’informazione geografica e dei sistemi correlati che sta caratterizzando questi anni. A volte le cornici valgono più dei quadri in esse contenuti: non è questo certamente il caso, ma una cosa è certa senza questa cornice il quadro dell’informazione geo-spaziale sarebbe impossibile da fruire.

Seoul Declaration on GGIM del 25 Ottobre 2011

Abstract The United Nations Committee of Experts on Global Geospatial Information Management, established by ECOSOC on 27 July 2011 as the official UN consultative mechanism on GGIM, has convened its inaugural meeting on 26 October 2011 in Seoul, Republic of Korea. The inaugural meeting has brought together experts from Member States and observers from international organizations to adopt the Terms of Reference of the Committee, review the Rules of Procedure of the Committee, and discuss its contribution to Rio+20 Conference as well as an inventory of critical issues to be addressed by the Committee in its future sessions

Riferimenti http://ggim.un.org/

Parole chiave Nazioni Unite , Dichiarazione di Seoul, Millenium Goals, gestione della informazione geospaziale.

Autore MAURO SALVEMINI MAURO.SALVEMINI@UNIROMA1.IT

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OPEN SOURCE

L'evoluzione del WEB GIS la filiera postgis-mapserver-geoextopenlayers per sviluppare piattaforme GIS complete, agili ed economiche di Francesco Marucci Spesso, nel nostro ambito, ci si sente dire che il GIS è un bene di lusso, dal quale, soprattutto in epoca di crisi economica, le piccole entità (sia in ambito pubblico che privato) possono facilmente prescindere. Questo articolo vuole segnalare la presenza di tecnologie non nuove ma consolidate che unite insieme possono costituire una base informatica flessibile e di costi ridotti per l'implementazione di piattaforme GIS dedicate che siano di supporto anche per le piccole realtà nella gestione di dati ed attività territoriali, con notevoli vantaggi sulla produttività e sull'immagine.

ambito dei Sistemi Informativi Geografici, come sappiamo, è strettamente legato al mondo dell’IT, del software e dell’evoluzione tecnologica. La rappresentazione del territorio è pesantemente influenzata dalla varietà di aspetti che lo definiscono. Dati geografici, componenti software ed applicazioni GIS devono essere strumenti estremamente elastici nell’ottica di coprire tutte le esigenze delle entità preposte alla gestione dei dati territoriali. Fino a qualche anno fa lo scoglio insormontabile era costituito dai costi elevati dell’informatizzazione dei dati geografici, sia essi dati di base o dati specifici. Negli ultimi anni, il grande lavoro svolto dalle pubbliche amministrazioni e dai movimenti per gli Open Data, i dati di base prodotti dall’industria dell’automobile con il diffondersi dei sistemi di navigazione, la stessa cartografia OpenStreetMap, l’enorme mole di dati fornita da grandi realtà aziendali su scala internazionale, hanno drasticamente ridotto i costi di implementazione di applicazioni GIS e quindi ampliato il ventaglio di potenziali realtà professionali che possono dotarsi di sistemi di gestione di dati geografici informatizzati. In ambito applicativo, gli elevati costi di licenze dei vari componenti software hanno portato alla concentrazione dello sviluppo di applicazioni GIS in “grandi” realtà (sia pubbliche che private), costringendo le realtà più “piccole” a considerare la gestione informatizzata dei dati geografici come un lusso. I “piccoli” erano costretti a rinunciare oppure a dotarsi di applicazioni sviluppate con ottiche di riuso che inevitabilmente rischiavano di essere troppo generiche, oppure di acquisire “prodotti”, per definizione pensati per essere commercializzati in serie, e quindi volutamente generici, per coprire il più ampio ventaglio di potenziali clienti. Negli ultimi tempi, invece, stiamo vivendo una piccola rivoluzione anche in ambito applicativo. La presenza di prodotti GIS Open Source ormai estremamente consolidati come PostGIS, l’estensione geografica per il noto gestore di database PostgreSQL in grado di gestire spazialmente le primitive geometriche, il motore di rendering cartografico UMN MapServer (Università del Minnesota), le ormai note librerie Javascript GeoExt ed Openlayers, rendono lo sviluppo di applicativi WEB per la pubblicazione di dati cartografici particolarmente facile ed agile. Il motore di rendering cartografico MapServer può essere anche sostituito da GeoServer, un ottimo e completo software in grado di pubblicare cartografia in ambiente WEB di tipo Java.

L’

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Il ruolo dei “piccoli” gestori di dati geografici si sta quindi spostando da cliente di applicazioni implementate, a progettista di applicativi disegnati in funzione della reale necessità ed utilizzo. Tutti i prodotti precedentemente citati vengono sviluppati e distribuiti con licenze Open Source che ne consentono, senza restrizioni, l’utilizzo, la modifica e la ridistribuzione: licenze OS standard, come la GPL per PostGIS, FreeBSD per OpenLayers, BSD per GeoExt o licenze ad hoc come la X/MIT per UMN MapServer e per PostgreSQL. L’utilizzo, l’implementazione e lo sviluppo di questi componenti non prevede il pagamento di onerosi costi di licenze di acquisto, di manutenzione, aggiornamenti, etc... Ma, il vantaggio (anche economico) della scelta di utilizzare strumenti Open Source non deriva solamente dall’assenza di costi di licenza. L’evoluzione di questi software non dipende da una sola entità, ma da una comunità di sviluppatori/utenti, che contribuiscono al naturale sviluppo di funzionalità dettate dalle reali esigenze e non da logiche economiche. In particolare i quattro strumenti sopra citati hanno raggiunto una completezza, in quanto a funzionalità, tale da minimizzare gli sviluppi ad hoc, riducendo quindi i costi di implementazione. PostGIS possiede un ampio ventaglio di funzioni per espletare tutte le classiche operazioni spaziali tra i dati; supporta agilmente la gestione di viste spaziali, creando basi per la pubblicazione e rappresentazione dei dati. UMN MapServer gestisce, grazie alle librerie GDAL, una grande varietà di formati e permette diverse tipologie di tematizzazioni, rese con una invidiabile qualità grafica e cartografica. OpenLayers consente di integrare dati raster (tipicamente da servizi WMS) ma anche dati vettoriali. GeoExt si inserisce tra le librerie Javascript ExtJS ed OpenLayers, e consente lo sviluppo di applicativi cartografici, che si avvalgono delle ottime funzionalità delle classi ExtJS. L’adozione di componenti estremamente diffusi e la sensibile riduzione di sviluppi dedicati svincola il mantenimento dell’applicativo risultante dall’entità che lo ha “prodotto”: la filiera citata, in questo momento, può essere considerata uno standard, il committente troverà sempre uno sviluppatore in grado di seguire la naturale evoluzione dell’applicazione. Una valida combinazione e sinergia di strumenti software OS in grado di costituire agili applicazioni GIS, dimensionate sulle esigenze anche di piccole realtà.

Nelle immagini alcuni esempi di diverse implementazioni di WEB GIS, sviluppato con le tecnologie descritte per usi specifici e dedicati: rilievo di dati in campo [Figura 1 e 3] con maschere semplificate e il supporto del GPS, rappresentazione di dati per la comunicazione ai cittadini di aspetti del territorio (illuminazione pubblica) [Figura 2].

Abstract The evolution of WEB GIS mapserverpostgis-geoextopenlayers chain Often in our field, we hear that GIS is a luxury good, from which, especially in times of economic crisis, small entities (both public and private sectors) can easily avoid the use.

Autore FRANCESCO MARUCCI FRANCESCO@ALVEO.COOP

CON LA COLLABORAZIONE DI IVAN MARCHESINI, FLAVIO RIGOLON E ALESSANDRO FURIERI.

GEOmedia n°6-2011



Inizia ad usare ArcGIS Online e le sue mappe in cinque mosse ArcGIS Online è il Content Management System, basato su Cloud, di tutti gli “aspetti” online del sistema ArcGIS. ArcGIS Online include mappe, dati, funzioni, APIs, servizi quali geocoding, routing messi a disposizione da Esri, i suoi partner e la comunità GIS in generale. L’uso delle mappe e delle basemap su ArcGIS Online è possibile tramite gli strumenti e la creazione delle mappe con gli strumenti disponibili Online quali ArcGIS.com Map Viewer e ArcGIS Explorer Online, la piattaforma di Esri mette a disposizione i contenuti (mappe e basemap) come servizi web di tipo ArcGIS, OGC WMS o KML.

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Navighiamo in tutto il mondo con ArcGIS Online Creare una mappa e condividerla? Mai stato così semplice! ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online: i due viewer di ArcGIS.com Caricare shapefile Esri da ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online Vuoi usare i bellissimi dati geografici pubblicati su ArcGIS Online nelle tue applicazioni?

...e non è tutto qui! Navighiamo in tutto il mondo con ArcGIS Online ArcGIS.com è la porta di accesso ad un mondo di informazioni geografiche! Chiunque entrando in ArcGIS.com può facilmente e gratuitamente utilizzare i contenuti e le funzionalità di ArcGIS Online quali basemap, layer, applicazioni, dati e mappe tematiche pubblicati da Esri e dalla Community di tutto il mondo. L’accesso e la creazione di mappe è possibile con i prodotti ArcGIS, dispositivi portatili, smartphone, applicazioni basate su browser. Fai un giro con il map viewer di ArcGIS.com, scoprirai il mondo.

La Basemap un valore aggiunto Uno dei vantaggi offerti da ArcGIS Online consiste nella disponibilità di dati geografici di alta qualità, selezionati tra le migliori fonti di dati perfetti e pronti per essere integrati facilmente e velocemente con i propri dati tematici. Si può scegliere tra immagini, mappe topografiche e stradali a copertura mondiale quali Bing Maps (immagini, strade e mappe ibride), Esri World Street Map, OpenStreetMap, World Imagery e World Topographic Map.

Una vetrina personale Da non perdere l’opportunità con ArcGIS Online di dare visibilità o condividere i propri lavori senza dover ricorrere a tecnologie di tipo server, con l’uso delle funzioni Layer Packages o Map Packages in ArcMap, ArcGIS.com Map Viewer, ArcGIS Explorer Online, ArcGIS Explorer for Desktop o la pubblicazione di servizi ArcGIS Server. Per navigare in tutto il mondo e avere maggiori dettagli http://www.arcgis.com/home/

Creare una mappa e condividerla? Mai stato così semplice! Con ArcGIS Online è ora possibile per tutti, non solo per gli utenti Esri, creare e condividere le proprie mappe in maniera semplice e gratuita. Avete a disposizione una base geografica al massimo dettaglio di tutto il mondo con ortofoto, mappe stradali e topografiche. Inoltre ArcGIS Online essendo un portale collaborativo, molto simile al noto youtube, permette di accedere e condividere le mappe create o messe a disposizione da tutti i partecipanti. La prima volta, per creare una mappa è necessario effettuare la registrazione nel sito www.arcgis.com e ottenere un Esri Global Account. L’Esri Global Account, oltre a consentire l’accesso ad ArcGIS.com, permette di accedere alla maggior parte dei servizi messi a disposizione nei portali di Esri. A questo punto si procede aprendo la sezione Map e selezionando l’area geografica di interesse (pan, zoom o semplicemente inserendo nome e indirizzo): si potrà scegliere la base geografica che piace di più fra le varie a disposizione (bottone Basemap). Una volta scelta la base geografica, si crea un layer editabile (bottone Add > create editable layer) inserendo nome e template. Si aprirà così una finestra editabile dove poter inserire ulteriori informazioni inerenti il nuovo layer generato.

www.arcgis.com Intelligenza del Territorio


Una volta creato il layer sarà possibile salvare la mappa nei propri contenuti e condividerla tramite Facebook e Twitter. Per esempio potete creare la mappa con la localizzazione del vostro luogo di lavoro. Anche Esri Italia ha creato la sua, localizzando la propria sede: sulla mappa Esri Italia & Friends potete localizzare il vostro ufficio e cominciare a far parte della Community di ArcGIS Online! Dalla pagina principale di ArcGIS.com si può accedere a tutti i contenuti (mappe, applicazioni web e applicazioni per dispositivi portatili e smartphone) del sito dalla vetrina denominata Gallery o tramite lo strumento di ricerca situato in alto a destra della pagina. Gli utenti Esri in possesso di un prodotto Desktop (ArcView, ArcEditor o ArcInfo) possono utilizzare arcgis.com postando le proprie mappe a scopo di divulgazione o condivisione con altri utenti, con l’uso dello strumento layer packages. Per cominciare a creare le vostre mappe, visitare il sito www.arcgis.com

ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online: i due viewer di ArcGIS.com Insieme ad una grande quantità di dati geografici in ArcGIS. com sono presenti degli strumenti, facili da utilizzare, per interagire con le informazioni già presenti e per arricchire questo youtube delle mappe con contenuti creati da noi: ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online. La prima domanda che ci si pone è, perché due diversi strumenti? La scelta di avere due soluzioni è motivata da due ragioni, poter fornire la possibilità di interagire con ArcGIS.com anche a coloro che operano su sistemi dove non è possibile l’installazione di componenti aggiuntivi e non avere limitazioni in quanto alle possibili evoluzioni funzionali. Quindi ArcGIS.com map viewer è realizzato con tecnologia Javascript che ha la caratteristica di poter essere utilizzata senza l’installazione di componenti aggiuntivi, mentre ArcGIS Explorer Online è realizzato con tecnologia Silverlight, molto più facile da implementare e con un look più moderno e attraente, che richiede l’installazione nel browser di uno specifico plugin. La seconda domanda è quali sono le differenze tra loro? ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online possiedono piccole differenze destinate a variare con cadenza mensile, in funzione dei nuovi rilasci. Ad esempio in questo momento sono disponibili solo in ArcGIS Explorer Online le funzioni di dashboards, creazione di una presentazione (solo la creazione), crazione di querie mentre solo con ArcGIS.com map viewer è possibile operare nell’ app template gallery ed esiste il supporto dei dati KML . In questa sezione del sito ArcGIS.com come sia semplice creare e vedere mappe con ArcGIS.com map viewer . E’ possibile approfondire la conoscenza e l’uso di ArcGIS Explorer Online in ArcGIS Explorer Online Help.

Caricare shapefile Esri da ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online Spesso capita di voler condividere i propri dati GIS con altri utenti o, addirittura, di volerli integrare con dati GIS già esistenti. Ciò è possibile tramite strumenti quali ArcGIS.com map viewer e ArcGIS Explorer Online, sfruttando le funzioni di importazione degli shapefile. Lo shapefile Esri è un formato vettoriale standard per sistemi informativi geografici che descrive le entità geografiche tramite l’utilizzo di dati geometrici primitivi (features) e dei relativi attributi. Lo shapefile si presenta come un file .zip al cui interno solitamente si trovano file diversi con estensione .shp, .dbf, .shx (più altri opzionali), tutti funzionali alla caratterizzazione stessa dello shapefile. Se lo shapefile di cui si è in possesso contiene una quantità limitata di dati (generalmente meno di 1.000 features), è possibile condividere le proprie informazioni geografiche direttamente all’interno di un browser web grazie ad ArcGIS.com map viewer, servizio che sfrutta le basemap e i layer presenti in ArcGIS.com. ArcGIS.com map viewer converte automaticamente lo shapefile importato in un formato leggibile dai client web, semplificando la condivisione delle mappe all’interno di un sito web o la creazione di applicazioni cartografiche personalizzate per il web. La fase di importazione dello shapefile in ArcGIS.com map viewer - eseguibile tramite il tasto Add o effettuando drag-and-drop dello shapefile direttamente all’interno della mappa - prevede anche la possibilità di ‘generalizzare’ le features presenti nello shapefile: questa operazione è utile per semplificare le features rendendo lo shapefile più leggero e più adatto alla visualizzazione su piccole scale. Maggiori informazioni sulla fase di importazione degli shapefile in ArcGIS.com map viewer sono disponibili all’interno dell’ArcGIS Resource Center. Grazie ad ArcGIS Explorer Online è invece possibile integrare i set di dati disponibili in ArcGIS Online con i propri dati in formato shapefile, in modo da condividere con altri utenti mappe ancora più ricche di informazioni. Il processo di importazione è molto semplice e viene eseguito tramite il tasto Add content. Una volta selezionata la voce Import, basterà scegliere il tipo di file, nel nostro caso lo Shapefile. Anche ArcGIS Explorer Online permette di generalizzare le feature dello shapefile o, in alternativa, di mantenerne le caratteristiche correnti. Maggiori informazioni sulla fase di importazione degli shapefile in ArcGIS Explorer Online sono disponibili all’interno dell’ArcGIS Resource Center.

Vuoi usare i bellissimi dati geografici pubblicati su ArcGIS Online nelle tue applicazioni? Le cosiddette Basemap, mappe topografiche, stradali e ortofoto, pubblicate su ArcGIS Online, sono consultabili sia con i Viewer resi disponibili gratuitamente da Esri sia accedendo direttamente via web con i prodotti di Esri. Le Basemap e i dati tematici pubblicati su ArcGIS Online, disponibili per l’intero globo terrestre e che aumentano di giorno in giorno sia in quantità che in qualità, possono essere utilizzate direttamente da tutti quei prodotti software che consentano l’accesso a servizi web di interoperabilità. Per esempio i prodotti di Esri, quali ArcGIS for Server, ArcGIS for Desktop, ArcGIS Engine e ArcGIS SDK, possono usufruire di questi dati accedendo via web ai servizi standard Esri (usa la funzione “add data from ArcGIS Online”). Ma i dati di ArcGIS Online possono essere resi disponibili anche attraverso servizi WMS (standard Open Geospatial Consortium). Quindi qualsiasi software che è abilitato a fruire di questi servizi web, può accedere ai dati pubblicati in WMS su ArcGIS Online, i parametri per l’accesso sono esposti nella descrizione del servizio.

www.arcgis.com Intelligenza del Territorio


AGENDA

2011-2012 18-19 aprile Roma 13a Conferenza Italiana Utenti Esri - Esriitalia.it 19 – 20 aprile Barcellona (Spagna) 7th ICA Workshop on Digital Approaches to Cartographic Heritage http://xeee.web.auth.gr/ ICA-Heritage/2011_2015/ BARCELONA_2012/index.htm 23 – 27 aprile Amsterdam Geospatial World Forum www.geospatialworldforum.org 6 - 10 maggio Roma FIG Working Week 2012 http://www.fig.net/fig2012/ 10 – 11 maggio Padova Convegno AIC, La cartografia nella tutela e valorizzazione dei beni naturali e culturali www.associazioneitalianacartografia.org 10 – 12 maggio Cagliari INPUT 2012 - http://input2012.it 15 – 16 maggio Roma Third Annual Hyperspectral Imaging Conference http://istituto.ingv.it/l-ingv/ convegni-e-seminari/archiviocongressi/convegni-2012/ hsi2012-1/hsi2012/view 16 – 17 maggio Quebec City (CANADA) 7th International Conference on 3D GeoInformation www.3dgeoinfo2012.ulaval.ca 21 – 24 maggio Mykonos (Grecia) 32nd EARSeL Symposium 2012 www.earsel.org/symposia/2012symposium-Mykonos/ 24 – 25 maggio Mykonos (Grecia) Remote Sensing and Geology www.earsel.org/SIG/Geology/ workshop.php

18–22 giugno Albena (Bulgaria) 4th International Conference on Cartography and GIS www.cartography-gis. com/4thConference/Index.html 26 – 27 giugno Nizza (Francia) 6th International Terrestrial Laser Scanning User Meeting www.optech.com/i3dugm 3 – 6 luglio Salisburgo (Austria) GI_Forum 2012 www.gi-forum.org 25 agosto – 1 settembre Melburne XXII Congresso della Società Internazionale di Fotogrammetria e Telerilevamento www.sifet.org 19 – 22 settembre Ghent (Belgio) 3rd Workshop on Remote Sensing for Archaeology and Cultural Heritage Management www.earsel2012.ugent.be 24 – 27 settembre Edimburgo (GB) SPIE Remote Sensing 2012 http://spie.org/remote-sensingeurope.xml?WT.mc_id=RCalERSW 24 – 29 settembre Venezia 20 Years of Progress in Radar Altimetry www.altimetry2012.org 29 ottobre – 2 novembre El Jadida (Marocco) AARSE 2012 - Earth Observation & Geoinformation Sciences for Environment and Development in Africa: Global Vision and Local Action Synergy www.aarse2012.org 6 - 9 novembre Vicenza ASITA 2012 www.asita.it

24 – 25 maggio Mykonos (Grecia) I workshop internazionale ‘Temporal Analysis of Satellite Images’ www.earsel.org/SIG/timeseries/ workshops.php

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Crisi o non crisi, continuiamo a crescere. Forse perché non cerchiamo di fare i furbi. La crisi colpisce tutti, per carità. Ma la vita va avanti e – soprattutto per chi fa un lavoro molto specializzato, come noi – c’è sempre mercato. A patto di lavorare bene, s’intende. E di aver fatto in passato scelte corrette, sviluppando competenze che con il tempo crescono di valore. Da molti anni, investiamo costantemente in R&D studiando soluzioni innovative per semplificare l’uso delle applicazioni geospatial, creare interfacce sempre più intuitive e integrare in maniera trasparente i dati geo-spaziali nella filiera produttiva, migliorando in modo significativo la performance dei sistemi IT. Parallelamente, abbiamo messo a punto procedure che consentono di raggiungere l’eccellenza di prodotto nel rispetto dei tempi e del budget, con un livello qualitativo sempre certificato. Inoltre, abbiamo percorso prima di altri la strada del software open source, liberando i nostri clienti da molte rigidità tecnologiche e garantendo la massima qualità a costi competitivi Grazie a tutto questo, siamo riusciti a competere con successo in Russia, Kosovo, Romania, Turchia, Siria, Cipro, i Caraibi.

GESP Srl MILANO - BOLOGNA - TORINO http://w w w.gesp.it - gespsrl@gesp.it

E oggi affrontiamo nuove sfide in un contesto sempre più globale e allargato: attualmente, i nostri programmatori e i nostri tecnici sono attivi in quattro continenti e una parte consistente del nostro fatturato proviene da clienti esteri. Continuiamo a crescere, sia in temini economici, sia in termini dimensionali. I nostri collaboratori aumentano, abbiamo aperto nuove sedi e stiamo entrando in mercati che richiedono applicazioni geospatial sempre più evolute, come i trasporti, le telecomunicazioni, l’ambiente e i beni culturali. Insomma, crisi o non crisi, continuiamo a perseguire il nostro obiettivo di fondo: confermare il trend che negli ultimi anni ci ha permesso di diventare una tra le principali realtà italiane nel settore del GIS. Evitando di imbrogliare le carte.



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