Mario Brassard · Gérard Dubois
A chi appartengono le nuvole?
A Salomé (M. B.) Grazie a Mario, Frédéric e Martin per avermi regalato questo sogno (G. D.)
Mario Brassard · Gérard Dubois
A chi appartengono le nuvole?
Quella che ho in mano, è una mia vecchia foto scattata qualche ora prima che partissimo.
Beh, questo è quel che dice papà, che era dietro la macchina fotografica.
Devo ammettere, però, che non sono così sicura che quella sconosciuta dagli occhi sfocati sia proprio io.
Ho guardato questa foto da ogni angolazione, l’ho scossa finché il melo alla mia sinistra non ha perso ogni frutto. Non mi riconosco.
Tutto ciò che ricordo è che mi chiamavo Mila, che avevo nove anni, e che la mia ombra era smisuratamente lunga.
Nei giorni prima della nostra partenza, ero così stanca che gli occhi mi si chiudevano da soli. Mia madre dice che con la mia stanchezza avremmo potuto costruire un hotel di lusso, e che sarebbe andato tutto esaurito.
Non avete idea di quanto sognassimo delle lenzuola bianche.
Dovete sapere che in quel momento della mia vita, ogni volta che chiudevo gli occhi, avevo l’impressione che mi sfuggisse qualcosa.
Come se il mondo si approfittasse della mia assenza, per peggiorare ulteriormente.
Così, nonostante la stanchezza, avevo deciso di non dormire più,
per vegliare sulla dolcezza rimasta nel pelo dei gatti randagi.
Comunque, il mio cuscino conteneva sempre lo stesso sogno,
anche più estenuante.
Il copione era identico, notte dopo notte:
ero in fila con la mia famiglia, una valigia in mano.
Era una fila senza fine. Nessuno sapeva a cosa servisse.
Procedeva così lentamente che a volte un corvo si appollaiava sulla mia spalla. Doveva avermi confuso con una statua.
La cosa strana è che non ero la sola a fare questo sogno. Almeno credo.
La mia famiglia, i miei vicini, i vicini dei miei vicini, tutti non parlavano d’altro che della fila. Tutto il giorno. Bisognava seguirla?
Dove conduceva esattamente? Sarebbe andata meglio laggiù?