IL GIARDINO DI BABUSHKA
A mia madre, Wiesia Kujawa, e in amorevole ricordo della mia Baba, Stefania Kujawa e della mia bellissima zia, Krystyna Kujawa — J. S.
Dedicato al mio caro amico Neal Porter — S. S.
TRADUZIONE DI RICCARDO DURANTI
La mia Babushka abita in una casa che sembra un pollaio vicino alla strada,
dietro una miniera di zolfo a forma di piramide egizia giallo brillante come un sole che non va mai a dormire.
Papà mi ci porta tutte le mattine.
È ancora buio quando percorriamo la costa in macchina.
Guardo il sole che sorge.
Le montagne sembrano tante pance di balene.
Quando papà mi lascia lì, Babushka non viene alla porta, ma io so dove sta.
Entro da solo e vado subito in cucina…
…
ed eccola lì, nascosta nel vapore delle patate che bollono, che danza tra il lavello, il frigo e la stufa. In mano tiene una rapa, con una gamba apre la credenza e con un gomito chiude il frigo.
Quando cucina Babushka canticchia come una notte affollata di insetti.
Casa sua trabocca di cibo del suo orto: in bagno ci sono vasetti di sottaceti, trecce d’aglio sono appese nella doccia, le rape sono sparse sulla scarpiera, i pomodori in veranda, le carote sulla sedia a dondolo, le mele in fondo al letto.
Mi siedo al tavolo di cucina e aspetto la colazione.
Non è che parliamo molto. Lei indica e io faccio di sì con la testa; lei mi strizza le guance e io rido.
Babushka mi prepara sempre le stesse cose la mattina prima di scuola: pappa d’avena con tanto burro; sottaceti, verza e rape dell’orto.
Certe volte penso che potrei tuffarmi nella scodella.
Tutte le mattine mi guarda mentre mangio.
SEGUE…