"Il piccolo leone" - anteprima

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IL PICCOLO LEONE

PAROLE DI JACQUES PRÉVERT YLLA

FOTOGRAFIE DI

Quest’opera ha beneficiato del sostegno del Programma di aiuto alla pubblicazione dell’Institut français

© 2023 orecchio acerbo s.r.l.

Viale Aurelio Saffi 54, 00152 Roma www.orecchioacerbo.com

Titolo originale Le petit lion, 1947

Traduzione dal francese di Francesca Lazzarato

© Fatras Succession Jacques Prévert (testo)

© Pryor Dodge (immagini)

Stampa: Grafiche AZ, Verona

Finito di stampare nel mese di ottobre 2023

IL PICCOLO LEONE

FOTOGRAFIE DI YLLA TESTO DI JACQUES PRÉVERT

TRADUZIONE DI FRANCESCA LAZZARATO

POSTFAZIONE DI LAURENCE PERRIGAULT

La grande leonessa mostra i denti e nessuno, tra le persone grandi del Grande Serraglio, nessuno tra le persone grandi e piccole che pagano per vedere gli animali prigionieri, nessuno oserebbe infilare la punta del dito tra le sbarre della gabbia.

Gli uomini sanno bene, in fondo, che la leonessa ha delle ottime ragioni per essere arrabbiata.

Chiudere un leone o una leonessa in una misera gabbia di legno con tristi sbarre di ferro non è qualcosa di cui vantarsi, non c’è da andarne fieri!

È come rinchiudere un maratoneta campione in un armadio della biancheria, oppure un grazioso topolino dell’Opera in una cappelliera o, peggio ancora, l’allodola, l’uccello del giorno, nel cassetto di un vecchio comodino. Ma al mondo succede anche questo: persone che chiudono una rosa nel portamonete e altre che sognano di mettere il sole all’ombra, il mare in una bottiglia e i propri fratelli in prigione. Ognuno ha le sue usanze, le sue piccole abitudini, ognuno ha i suoi sogni e le sue canzoni.

Gli uomini mettono spesso i leoni in gabbia, ma i leoni non mettono mai i loro figli in collegio o in una casa di correzione. Ed è per questo che il piccolo leone non ha paura di sua madre e sa bene che non ce l’ha con lui, è un piccolo leone molto carino con grosse zampe e una piccola, soffice testa perfettamente rotonda, e in quella testa ci sono soltanto i semplici sogni di un piccolo leone coraggioso.

Accanto a lui c’è il fratellino, un piccolo leone ancora più piccolo che si è nascosto dietro alla madre perché ha paura, e se ha paura è perché un giorno un imbecille grande e grosso con un cappello di paglia nero e la bocca piena di brutti denti gli ha assestato un forte colpo col bastone da passeggio, così, con noncuranza, tanto per ridere e far divertire gli amici.

L’uomo spesso si diverte con niente, scoppia a ridere per delle sciocchezze e passa il tempo come può, e quando ha finito di ridere torna serio e va a casa per cena.

E mentre l’uomo con il brutto cappello di paglia e i denti neri, dignitosamente seduto su una sedia stile Enrico II, divora una cotoletta d’agnello o un cosciotto di montone con fagioli di Soissons e racconta ai suoi bambini storie spaventose su animali carnivori e selvaggi, per un po’ nel Grande Serraglio tornano pace e tranquillità.

E nella penombra si sente la leonessa che, turbando appena il soave silenzio della notte, racconta sottovoce ai suoi piccoli le storie della giungla e le avventure dei leoni, e la sua voce, così minacciosa quando ruggisce, è dolce come il vento che accarezza le sabbie del deserto, calda come il sole di quei paesi immensi e liberi dove non è mai inverno.

E il piccolo leone ascolta sua madre, incantato.

Si dice che bisogna sempre ascoltare la propria madre, ma forse il piccolo leone ha ascoltato un po’ troppo la sua, ed ecco perché in quest’immagine è tutto solo, sperduto nel bel mezzo del giardino pubblico. Approfittando di un istante di disattenzione dei custodi del serraglio, è scappato per andare a vedere gli Spazi Aperti, la foresta vergine, il deserto e la sorgente dove i leoni vanno a bere, è scappato per sentire il canto dei tordi beffeggiatori, gli uccelli che si burlano dei cacciatori, è scappato per vedere tutti gli uccelli dai diecimila colori. Ed eccolo sfinito per aver tanto corso, ma senza arrivare troppo lontano, mentre cala la notte e pallide luci si accendono nelle grandi fredde case della città, che levano verso un cielo senza stelle le loro miserabili carcasse di cemento armato.

E il piccolo leone, deluso e stanco, vede venirgli incontro

un cane.

E il cane che l’ha preso per un altro cane di un’altra razza e di un altro paese, lo mordicchia un po’ e vuole giocare con lui.

Ma il piccolo leone è già abbastanza infastidito, non ha nessuna voglia di giocare con quel cane che non conosce, ma è così sperduto, così inquieto e così stanco che non ha la forza di arrabbiarsi sul serio.

Ed ecco che l’indomani mattina, con suo grande stupore, si sveglia senza sapere dov’è, né dove e come si è addormentato.

È stato il padrone del cane,

un bambino, a trovarlo nel parco e, senza svegliarlo, se lo è portato a casa.

E quel bambino era così felice di aver trovato un piccolo leone, che tremava di gioia!

Sì, era felice, centomila volte più felice di un uomo che ha appena trovato una miniera d’oro, e più felice del vecchio astronomo che piange di gioia nel suo osservatorio perché ha scoperto una nuova stella della sera.

E adesso il piccolo leone guarda il piccolo umano ed è felice anche lui, felicissimo di aver trovato un amico, in un momento di difficoltà.

Ed eccoli raccontarsi storie a non finire, e siccome il bambino racconta quella di Barbablù che faceva morire le sue mogli una dopo l’altra, e anche quella dell’Orco che mangia i bambini, il piccolo leone non crede alle sue orecchie.

IL PICCOLO LEONE : Cose del genere sono impossibili e da noi il più cattivo di tutti i re leoni, così cattivo che lo chiamavano Riccardo Cuor di Uomo, non ha mai mangiato né piccole leonesse né piccoli leoni!

IL BAMBINO : Allora non ci sono orchi, fra i leoni?

IL PICCOLO LEONE : Sì, c’è l’Uomo, ma non è delle nostre parti. Viene da lontano, ci uccide o ci spezza una zampa con la sua carabina, e poi si muore o si zoppica per tutta la vita.

IL BAMBINO : Certo, non è una bella cosa, ma a quanto pare il leone mangia l’uomo!

IL PICCOLO LEONE : Quando non c’è nient’altro, ma non gli piace per niente e, come dice mia mamma quando parla di cucina: in fondo il leone è come l’uomo, preferisce il montone!

«Tutti mangiano qualcun altro» dice il bambino, e, dato che gli sembra una cosa molto triste, cambia argomento.

«Hai mai visto dei conigli bianchi?» chiede al piccolo leone.

Ed ecco il piccolo leone con i conigli bianchi.

Si conoscono da cinque minuti e sono già amicissimi.

I conigli bianchi non hanno una grande immaginazione, per loro tutto è molto semplice e, molto semplicemente, prendono il piccolo leone per un coniglio come loro, ma più grosso.

Certo, trovano che ha le orecchie “un po’ corte”, cosa abbastanza ridicola per un coniglio, ma evitano di parlarne, perché per niente al mondo vorrebbero offendere il loro nuovo amico.

«E, in fin dei conti», dice sottovoce uno dei conigli, «un giorno o l’altro potrebbero crescere!»

IL PICCOLO LEONE, incuriosito: «Cos’è che potrebbe crescere?»

I DUE CONIGLI, insieme, come un solo coniglio: «Le carote, le carote!»

E cominciano a raccontare storie di carote.

È meglio parlare di carote che di orecchie, ed è meglio parlare di lenticchie che di naso!

SEGUE…

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