"Mio padre il grande pirata" - anteprima

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Alla memoria di Piero. MQ

© 2013 orecchio acerbo s.r.l. viale Aurelio Saffi, 54 - 00152 Roma © 2013 Davide Calì (per il testo) © 2013 Maurizio A.C. Quarello (per le illustrazioni) Terza ristampa, finito di stampare nel mese di novembre 2020 da Arti Grafiche La Moderna - Guidonia


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Quando ero bambino, mio padre era lontano. Tornava a casa solo una volta l’anno, d’estate, per due settimane. Odorava di mare, mio padre. Questo perché era un pirata.

Un grande pirata.



Non appena arrivato, mio padre mi prendeva sulle ginocchia, apriva una grande mappa che odorava di polvere, e mi mostrava tutti i posti dove era stato. E per ogni posto mi raccontava di una nave che avevano attaccato, e di quante volte avevano deciso di salvare la vita dei marinai in cambio di tutti i tesori che avevano.


A casa però, di tesori, non ne portava mai. “Papà, perché non porti mai a casa neanche un tesoro?” gli chiedevo. E lui si metteva a ridere: “Perché i tesori sono in un posto sicuro che conosciamo solo io e il Tatuato. Ecco perché!”


Con mio padre c’era una ciurma,


e io conoscevo il nome di tutti.

Il Tatuato era un pirata pieno di tatuaggi che non parlava mai. Al suo posto parlava Centesimo, il pappagallo. Poi c’era Tabacco che cucinava bene e raccontava certe storie di fantasmi da far rabbrividire; Barbuto che, dicono, era peloso già da piccolo; Piccoletto che era alto come un bambino ma non aveva paura di niente.


E poi c’erano: Figaro (lo chiamavano così perché una volta era stato barbiere) che suonava la fisarmonica e nelle notti di luna piena piangeva come un bambino;


il Turco che era forte come un tronco e una volta aveva combattuto con un pesce sega a mani nude (e ne portava ancora il segno), ma sapeva anche essere delicatissimo: era lui a rammendare le vele strappate dal vento; Libeccio che era famoso per emettere sibilanti venti notturni; Salsiccia che odorava di cantina e, nelle notti di tempesta, tirava fuori le salsicce che faceva sua sorella al paese, grasse e piccanti.


Mio padre portava sempre un regalo


per me. Per i miei sette anni mi portò una bandiera pirata che il Turco aveva cucito apposta per me.


Ogni anno, quando tornava, gli chiedevo di raccontarmi dei suoi pirati e

…del Tatuato che aveva trovato una fidanzata ma lei voleva che lui si cancellasse i tatuaggi;

di Tabacco che aveva visto un fantasma sul ponte e poi si era scoperto che era solo uno straccio;


la sera mi addormentavo, ascoltando il fischio del suo naso e la storia…

di Barbuto al quale una notte avevano tagliato la barba, ma la mattina dopo gli era già ricresciuta;

di Piccoletto che aveva incontrato il Diavolo e gli aveva chiesto in prestito dei soldi;

di Figaro che aveva tagliato male i capelli al figlio del re ed era dovuto scappare.


E poi del Turco che una volta, per scommessa, aveva mangiato un’aragosta con il guscio; di Libeccio che era stato da una maga per farsi guarire dalla flatulenza notturna e lei aveva detto che ci voleva il miracolo di una santa; di Salsiccia al quale un gatto aveva mangiato tutte le salsicce e allora lui si era mangiato il gatto; di Centesimo che si chiamava così perché il Tatuato diceva: “Se avessi un centesimo ogni volta che gracchia, adesso sarei ricco!” E della sua nave che si chiamava Speranza.

E ogni volta che chiedevo “Speranza di cosa?” lui mi rispondeva:

“Speranza di tornare a casa”.



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