"Van'ka" - anteprima

Page 1

illustrazioni di Fabian Negrin

Van’ka

Storie che saltano di testa in testa, lasciando il prurito contagioso della lettura. Piccoli capolavori ritrovati, grandi autori classici che ci consegnano schegge d’infanzie indimenticabili. Bambini che si misurano con un mondo severo, estraneo e, spesso, assurdo e incomprensibile: quello degli adulti. ro

eu 50

8,

9 788899 064792

Van’ka

pulci nell’orecchio

Cechov Anton

A. Cechov

Un’infanzia segnata da una tirannica figura paterna e da una famiglia numerosa, Anton Cechov, nato a Taganrog nel 1860, finito il liceo si trasferì a Mosca per studiare medicina. Furono tuttavia i suoi primi racconti umoristici a permettergli di contribuire al mantenimento dei genitori e dei suoi cinque fratelli. Come scrisse lui stesso “La medicina è la mia legittima sposa, mentre la letteratura è la mia amante: quando mi stanco di una, passo la notte con l’altra”. Ma né la medicina né la letteratura riuscirono a distrarlo mai da un forte e convinto impegno sociale.

“E gli apprendisti mi prendono in giro, mi mandano all’osteria a prender la vodka e mi dicono di rubare i cetrioli ai padroni, e il padrone mi picchia con qualsiasi cosa. E da mangiare non c’è niente. La mattina mi danno del pane, a pranzo grano bollito, la sera ancora del pane.”

Il nonno è il destinatario della lettera che il piccolo orfano Van’ka scrive nella notte prima di Natale. A lume di candela, nel silenzio, con il terrore di farsi scoprire, prega l’unico parente a lui rimasto di venire a portarlo via da quell’apprendistato di botte, fame e poco sonno che il calzolaio gli impartisce. E ricorda i giorni felici di quando, al villaggio, le giovani cameriere della padrona lo viziavano a caramelle o il nonno lo portava nel bosco a tagliare l’abete per il Natale.



pulci nell’orecchio





Anton Cechov

Van’ka illustrazioni

Fabian Negrin

traduzione di paolo nori


pulci nell’orecchio Serie a cura di Fabian Negrin Titolo originale: Ванька, 1885 Traduzione dal russo di Paolo Nori © 2018 orecchio acerbo s.r.l. viale Aurelio Saffi, 54 · 00152 Roma www.orecchioacerbo.com Stampa: Futura Grafica ‘70 · Roma Finito di stampare nel mese di marzo 2018 Grafica: orecchio acerbo


Van’ka Žukov, un ragazzo di nove anni che da tre mesi era stato messo a bottega dal calzolaio Aljachin, la notte prima di Natale non era andato a dormire. Dopo avere aspettato che i padroni e gli apprendisti uscissero per andare a messa, aveva tirato fuori dall’armadio del padrone di casa una boccetta di inchiostro, una penna con il pennino arrugginito e, steso davanti a sé un foglio di carta tutto spiegazzato, aveva cominciato a scrivere. Prima di tracciare la prima let7


tera, aveva gettato uno sguardo timoroso alla porta e alle finestre, aveva guardato di traverso l’icona scura, ai lati della quale si stendevano gli scaffali con le forme per le scarpe, e aveva strascicato un sospiro. La carta stava su uno sgabello, e lui ci si era messo davanti in ginocchio. «Caro nonno, Konstantin Makary» aveva scritto, «ti scrivo una lettera. Ti faccio tanti auguri per Natale e ti auguro ogni bene dal Signore Benedetto. Io non ho né babbo né mamma, mi rimani solo tu.» Van’ka aveva voltato gli occhi verso la finestra buia, sulla quale brillava il riflesso della sua candela, e si era figurato in modo vivo il nonno, Konstantin Makary, che faceva il guardiano notturno dagli Živarëv. Era un vec8 ANTON CECHOV


chietto sui sessantacinque anni, piccolo, magro, ma straordinariamente svelto e vivace, con un volto sempre sorridente e due occhi da ubriacone. Di giorno dormiva nella cucina della servitù, o scherzava con le cuoche; la notte, avvolto in una grande pelliccia di montone rivoltato, faceva il giro della proprietà e dava dei colpi con la sua mazza. Dietro di lui, con le teste basse, andavano la vecchia Kaštanka e un cagnolino, V’jun, che significa anguilla, e l’avevano chiamato così per il suo pelo nero e il suo corpo lungo come quello di una donnola. Questo V’jun era straordinariamente buono e affettuoso, guardava con dolcezza sia quelli che conosceva che gli estranei, ma non era un tipo di cui fidarsi. Sotto quella bontà e quella mitezza si nascondeva una mali9 VAN’KA


zia gesuitica. Nessuno meglio di lui sapeva avvicinartisi furtivamente al momento giusto e azzannarti una gamba, o infilarsi nella ghiacciaia, o rubare una gallina a un contadino. Più di una volta gli avevano rotto le zampe di dietro, due volte l’avevano appeso per la collottola, tutte le settimane lo frustavano a morte, lui risuscitava sempre. ***


In quel momento, probabilmente, il nonno stava vicino al portone, socchiudeva gli occhi sulle finestre rosso vivo della chiesa e, picchiando per terra con gli stivali di feltro, scherzava con le serve. Teneva la mazza appesa alla cintura. Batteva le mani, si irrigidiva per il freddo e, con la sua risata da vecchio, pizzicava un po’ la cameriera, un po’ la cuoca. «Del tabacco da annusare?» diceva allungando alle donne la tabacchiera. 11 VAN’KA


Le donne annusavano e starnutivano. Il nonno veniva preso da un entusiasmo indescrivibile, scoppiava in una risata allegra e gridava: «Tanto va la gatta al lardo, che ci lascia lo zampino!» Davano da annusare il tabacco anche ai cani. Kaštanka starnutiva, voltava il muso e, offesa, andava in un angolo. V’jun, invece, dignitoso, non starnutiva e scodinzolava. Ed era una bellissima giornata. L’aria era mite, trasparente e fresca. La notte era scura, ma si vedeva tutto il villaggio con i suoi tetti bianchi e le strisce di fumo che escono dai camini, gli alberi argentati di brina, i mucchi di neve. Il cielo era tutto co12 ANTON CECHOV


sparso di stelle che brillavano, allegre, e la Via Lattea si disegnava così chiaramente come se, prima delle feste, l’avessero lavata e sfregata con la neve… ***


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.