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Pensioni In attesa della rivoluzione la grande fuga dal lavoro p.58 Energia Speciale: rapporto sulle nuove fonti pulite e più economiche p.93 Ligresti Così il costruttore cerca di salvarsi dal tracollo p.134

Poste Italiane s.p.a.sped.in A.P.-D.L.353/03(conv.in legge 27/02/04 n.46)art.1comma 1-DCB Roma - Austria - Belgio - Francia - Germania - Grecia - Lussemburgo - Olanda - Portogallo - Principato di Monaco - Slovenia - Spagna € 5,10 - C.T. Sfr. 6,20 - Svizzera Sfr. 6,50 - Inghilterra £ 3,80

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Settimanale di politica cultura economia - www.espressonline.it

N.24 anno LVI

17 giugno 2010

Inchiesta

BASTA SPRECHI

1.PARLAMENTO: MILIONI BUTTATI PER OPERE INUTILI 2.SANIT≈: OSPEDALI K.O. CI CURERANNO I PRIVATI 3.CULTURA:ENTI TAGLIATI SENZA ALCUN CRITERIO 4.DIFESA:SPESE FOLLI PER ARMI NON NECESSARIE 5.RAI: MEGA STIPENDI PER STAR E DIRIGENTI






ALTAN

Il sommario di questo numero è a pagina 30

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GIORGIO BOCCA L’ANTITALIANO

LA POLITICA COME LA MODA

equivoco sta nello scambiare il meno peggio per l’ottimo, di pensare che la democrazia, il “one man one vote” sia la perfezione della libertà e del controllo, e non, come diceva Churchill, piena di difetti ma «non si conosce niente di meglio». La delega popolare, il consenso popolare, il voto, non si basano solo sul libero e razionale convincimento dell’elettore, sulla sua facoltà di scegliere i programmi migliori, i governanti, ma anche su altro che non è sempre razionale e non sempre premia i migliori. Quali il carisma personale di un candidato, la sua capacità di seduzione che non coincide sempre con i suoi meriti, la noia per un governo durato troppo a lungo per buono che sia stato, la voglia di cambiare, la speranza che il nuovo sia meglio del vecchio. Insomma quei misteriosi conformismi, quei misteriosi messaggi conformisti che fanno cambiare le mode, che producono i successi miracolosi inspiegabili razionalmente, esteticamente, come i bestseller, il libro, la canzone, l’abito che tutti vogliono, tutti comprano salvo a ricordarli solo come curiosi capricci. In altre parole: in che misura la politica, cioè la nostra vita associata, i nostri usi e costumi e leggi sono un decalogo divino, e in quale invece conformismi che vanno e vengono? Ci fu un tempo, a metà degli anni Settanta, in cui il conformismo più alla moda era quello del “comu-

Foto: A. Tosatto - Contrasto

L’

nismo liberale”, del mitico “sorpasso” del Pci sulla Dc. La sera del 25 giugno del 1975 mi invitarono a cena dei vecchi amici cattolici di una grande famiglia di industriali milanesi; la televisione trasmetteva i risultati elettorali e i miei vecchi amici erano felici per la vittoria del Partito comunista, avevano votato anche loro comunista. Anche la zia Bice? La capofamiglia, l’erede del fondatore del famoso cotonificio, quella che ogni settimana riceveva l’amministratore che le portava i dividendi e i rendimenti? Anche allora, s’intende, c’erano i borghesi anticomunisti, ma non erano di moda, non si dichiaravano. Oggi succede il contrario, oggi zia Bice vo-

In basso: la serata finale del concorso Miss Padania 2010

ta Berlusconi e impreca contro il traditore Fini, perché in attesa che la ruota del conformismo giri di nuovo, se non tutti, i più sono di destra, cercano di ingraziarsela, o le assegnano i primi posti nelle gallerie televisive. E fra le destre molti stanno rivalutando la Lega e il senatur Bossi e suo figlio “la trota”, già in carriera. Sono di moda, ritornano di moda, anche i fascisti, consci o inconsci, come il sindaco di Salerno che ha pubblicato in occasione del 25 aprile, festa della Liberazione, un suo manifesto storico in cui ripudia i partigiani e ringrazia i giovani soldati americani «di aver salvato l’Italia dal comunismo staliniano». Pensate! Il sindaco di una città italiana che non sa che i giovani soldati americani sbarcarono in Italia anche grazie all’alleanza con l’Unione Sovietica e grazie ai suoi milioni di morti, e che nel primo governo dell’Italia libera a Salerno c’era anche il comunista Palmiro Togliatti. È l’abissale, tetragona, presuntuosa ignoranza della nuova eterna destra ad atterrirci, più della profezia Maya sulla fine del mondo nel 2012. Questa predicazione ossessiva del fare a danno del pensare, questo correre alla cieca verso un futuro che sarà quel che sarà, come nella vecchia festa della rottura delle pignatte, con il rischio di rompere quella piena di acqua sporca. La politica non è sempre razionalità, spesso è moda e conformismo. L’unico modo per evitare il peggio e quello dei reciproci controlli anche se difficili e defatiganti.

Il voto e la scelta dei candidati seguono sempre più criteri irrazionali, misteriosi conformismi che producono successi miracolosi. Come succede con i libri, le canzoni, gli abiti, salvo ricordarli solo come curiosi capricci

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MOISES NAIM SENZA FRONTIERE

TOPOLINO E LA COREA DEL NORD ak Chol era un grande fan di Michael Jordan. Certo non c’è niente di speciale in questo. Dopotutto negli anni ’90 erano milioni i ragazzi di tutto il mondo che come Pak ammiravano la superstar del basket. Come tanti altri giovani Pak ammirava anche Jean-Claude Van Damme. Che Chol venisse dalla Corea del nord non aveva alcuna importanza. A quel tempo suo padre lavorava come autista per l’ambasciata della Corea del nord in Svizzera e Pak era solo uno dei tanti figli di diplomatici che studiavano alla scuola internazionale di Berna. C’erano ben 40 nazionalità tra i 280 studenti di quella scuola, e alcuni di questi erano amici del giovane Pak Chol che, ricordano, era incline a parlare il francese e il tedesco. Un giorno il giovane Chol non si presentò a scuola e da allora nessuno lo ha più visto. Recentemente è riapparso a Pyongyang. Potrebbe essere lui la causa per cui la tensione tra Corea del Nord e del Sud ha raggiunto quel punto di criticità che ha portato analisti e strateghi militari a considerare la possibilità di un’esplosione militare in quella penisola tanto armata. La settimana scorsa la moneta della Corea del sud ha raggiunto il livello più basso degli ultimi dieci mesi a causa della preoccupazione internazionale per la crescente instabilità militare nell’area. Pare adesso che il vero nome di Pak Chol sia Kim Jong-un e che il giovane non è affatto il figlio di un autista dell’ambasciata, bensì di Kim Jung il, il dittatore nordcoreano. La notizia non è confermata, come d’altro canto tutto ciò che riguarda l’ultra-

Foto: I. Berry - Magnum / Contrasto

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riservato governo di Pyongyang. Gli scettici ritengono che il figlio più giovane del dittatore non abbia mai lasciato il Paese. Sia come sia, fatto sta che il ventisettenne Kim Jong-un è stato designato - dopo un processo complesso e piuttosto segreto - successore del padre. Questo però non era il piano iniziale in cui il successore favorito era Kim Jong-nam, un figlio più grande del dittatore. Sfortunatamente a Jong-nam è capitato un incidente che ha visto coinvolto Topolino: nel 2001 è caduto in disgrazia perché scoperto mentre cercava di entrare in Giappone con un passaporto falso per visitare la Disneyland di Tokyo. Ma cosa ha a che vedere tutto questo con l’escalation della tensione nella Penisola coreana? La necessità di creare in fretta un eroe militare. Pyongyang ha bisogno di una letteratura che esalti l’eroismo militare e la leadership del giovane erede di probabile formazione svizzera. E siccome i grandi eroi leggendari nascono dalle battaglie, la macchina propagandistica nordcoreana ha bisogna di un confronto militare in cui con atto romanzesco il “Grande Compagno” come viene chiamato ufficialmente il giovane successore - si garantisca lo status di eroe a tutti gli effetti. Il regime nordcoreano Sotto: la frontiera che divide la Corea del Nord da quella del Sud

Le tensioni tra Nord e Sud servono anche a costruire il culto della personalità del leader designato Kim Jong-un

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ha una lunga storia nella creazione del culto ossessivo della personalità dei suoi leader, da Kim il-Sung, a suo figlio e attuale leader Kim Jong-il, al successore designato Kim Jong-un. In quella nazione le vittorie riportate in guerra sono sempre state l’elemento fondamentale del culto del leader. L’attrito tra i due paesi si è infatti intensificato lo scorso novembre quando la Marina nordcoreana è stata umiliata in uno scambio di cannonate tra navi militari nel mar Giallo. La Corea del nord ha fatto la sua rappresaglia il 26 marzo quando la Cheonan, una nave da guerra sudcoreana da 1.220 tonnellate, è misteriosamente esplosa e affondata uccidendo 46 dei 146 membri dell’equipaggio. Una commissione d’inchiesta multilaterale ha recentemente concluso che la Cheonan è stata attaccata dalla Marina militare nordcoreana in assenza di provocazione. Se una guerra piena tra le due Coree è al momento ancora improbabile è invece certo che il regime della Corea del nord non cesserà di stupirci con le orribili azioni dei suoi leader, la povertà della sua gente e il fallimento profondo del suo esperimento sociopolitico. Di recente è stato detto che l’altezza media del nordcoreano/a è di circa 1215 centimetri inferiore a quella della controparte sudcoreana. Quello che il culto della personalità cerca di nascondere è un umiliante fallimento. Ma ancora per quanto?


LUIGI ZINGALES LIBERO MERCATO

ECONOMISTI EGOISTI

olte scienze sociali nacquero separandosi dall’etica. La scienza politica fu creata da Machiavelli che distinse l’analisi politica da quella morale. Allo stesso modo Adam Smith, filosofo morale, fondò la scienza economia. Ma se l’analisi economica, come analisi del comportamento degli agenti economici, deve essere amorale (ovvero non influenzata da considerazioni morali), la pratica e l’insegnamento dell’economia non debbono esserlo, come non lo debbono essere la pratica e l’insegnamento di qualsiasi altra scienza. L’analisi di come funziona una cellula umana e di come possa essere modificata non deve essere influenzata da considerazioni morali, ma la decisione se modificare tale cellula non può non essere influenzata da considerazioni morali. Purtroppo noi economisti siamo i primi responsabili di questa confusione tra aspetto positivo della scienza (lo studio di come si comportano gli agenti economici) e l’analisi normativa (su come dovrebbero comportarsi). Ci difendiamo dietro il pretesto che la nostra è solo un’analisi positiva, dimenticandoci (o fingendo di dimenticarci) che il modo in cui presentiamo questa analisi trasmette in maniera sottile dei giudizi di valore e quindi si trasforma spesso in analisi normativa. La scienza economica, per esempio, assume che gli individui massimizzino la propria utilità individuale. Da un punto di vista metodologico questa ipotesi si è dimostrata utile per produrre modelli che hanno validità predittiva. Ma in nessun modo questa ipotesi deve essere considerata una norma di comportamento da seguire. Non a caso quando una persona massimizza solo la propria utilità personale viene considerata egoista e subisce la condanna morale di colleghi ed amici. Non è quindi un comportamento che vogliamo insegnare ai nostri figli ed allievi. Ciononostante degli studi speri-

Foto: P. Foley - Corbis

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mentali fatti all’Università di Cornell dimostrano che non solo gli economisti tendono ad essere egoisti, ma diventano maggiormente egoisti dopo aver seguito i corsi di economia. Forse anche per questo motivo l’idea che l’etica debba essere parte dell’insegnamento nelle business school sta sempre più prendendo piede. Alla Harvard Business School non solo esistono dei corsi di etica, ma gli studenti sono anche invitati a prestare un giuramento, che vorrebbe essere quello che il giuramento di Ippocrate è per i medici. Il testo del giuramento del buon manager, però, afferma tutti valori assoluti, non riconoscendo gli inevitabili trade-off presenti nelle decisioni. I neo manager promettono di salvaguardare l’interesse degli “azionisti, lavoratori, clienti, e la comunità in cui lavorano”. Significa forse che i neo manager si impegnano a non aumentare mai i prezzi dei propri prodotti e non licenziare mai dei dipendenti? Invece che dei corsi dedicati all’etica sarebbe necessario introdurre delle norme etiche nei normali corsi di business. Innanzitutto agli studenti dovrebbe essere insegnata quella che molto pomposamente si chiama “business ethic”, ma che altro non è che una visione di lungo periodo. Come il pescatore sa che non può prosperare a lungo vendendo pesce avariato, così tutti gli operatori di mercato intelligenti sanno che nulla va-

Ad Harvard esistono corsi di etica. Ma è necessario che sia un bene condiviso da tutti

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Sotto: operatori della Goldman Sachs

le di più della propria reputazione. Comportamenti opportunistici possono produrre profitti di breve periodo, ma non pagano nel lungo periodo. Si tratta di banalità, che però vengono spesso dimenticate anche dalle migliori aziende: basta leggere le e-mail di Fabrice Tourre, dipendente di Goldman Sachs, che si vantava con la fidanzata di vendere bidoni ai clienti. La business ethic non basta. Bisogna insegnare agli studenti anche il senso civico. Precipitarsi all’uscita di un cinema in fiamme, scavalcando tutti, è una scelta “razionale” dal punto di vista individuale, ma dannosa dal punto di vista sociale: nella ressa meno persone riescono a salvarsi. La visione di lungo periodo qui non basta. Primo, se muoio il lungo periodo non esiste. Secondo, è un evento sufficientemente raro che la probabilità che mi ritrovi nella stessa situazione con le stesse persone è pressoché nulla. Per sostenere queste norme che migliorano il vivere civile è necessaria una sanzione sociale. L’esploratore Nobile che si salvò prima del suo equipaggio fu tormentato per tutta la vita dalla reputazione del codardo. Questa sanzione, però, esiste solo nella misura in cui questo valore è condiviso dalla maggioranza della popolazione. Di qui la necessità di farne un valore insegnato a scuola. Nella speranza che poi rimanga per il resto della vita.

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RISERVATO

a cura di Enrico Arosio e Paolo Forcellini

MINISTRI

VARESE CAPITALE

ostiene Roberto Maroni di sentirsi «ancora varesino anche se sto a Roma ormai da molti anni». E infatti, appena può, il ministro fa di tutto per tornare nella sua città. E pazienza se gli impegni istituzionali incombono. Basta spostare gli eventi sotto casa. E così, nell’ultimo weekend di maggio, Varese ha ospitato il G6 della sicurezza con i responsabili degli Interni di mezza Europa. Il vertice si è svolto nel palazzo comunale in pieno centro e ha paralizzato la cittadina lombarda per quarantotto ore. Tempo tre giorni ed è arrivata la festa della Repubblica celebrata da Maroni a Varese con musica di Gino Paoli al posto dell’inno nazionale. Una settimana prima (22 maggio) il ministro era ancora a casa: questa volta, per il terzo anno di fila, in occasione della festa della Polizia, presente il numero uno Antonio Manganelli. Agenda fitta anche nei mesi precedenti. Il 5 febbraio c’era il Patto sicurezza dei laghi insubri. Tre settimane dopo, un convegno di scienze forensi. Il 15 marzo c’era da costiHa un gran successo la vestale Carlabrunix, nell’albo a fumetti “Les tuire la Fondazione aventures de Sarkozix”. La première dame di Francia, Carla Bruni, Cattaneo, il 18 un’asdiventa personaggio di un albo umoristico ideato dal cartoonist semblea sulla legalità transalpino Bruno Bazile ispirato al celebre ciclo di Asterix. con gli studenti del LiSarkozix è il nuovo reggente della Gallia, nell’anno 1 dopo JC ceo scientifico, il 22 (Jacques Chirac), e la bella signora romana affascina i Galli dei l’inaugurazione delvillaggi con le sue grazie e il suo talento di suonatrice di lira. l’Università dell’InsuLa storia è una parodia dei primi mesi del governo Sarkozy. Tra i comprimari appaiono bria. Dove? A Varese, Ségolina del clan della Rosa, naturalmente. E semil vecchio saggio Chiraquix, pre con il ministro delil dissidente Bayrix (François l’Interno nei panni delBayrou, candidato alle ultime l’ospite d’onore. Come presidenziali), l’indovino sorprendersi, allora, se Attalix (l’intellettuale l’8 maggio Maroni ha Jacques Attali) che tende ricevuto dai suoi grati ad attirare sventure. L. Q. concittadini la Girometta d’Oro, la più alta onorificenza varesina ai benemeriti della città. V. M.

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Illustrazione: David Hughes. Foto: A. Benainous - AP / Lapresse, A. Dadi - AGF

CARLA BRUNIX SEDUCE LA GALLIA

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In Francia esce un album a fumetti alla maniera di Asterix con protagonista la première dame

DYNASTY

Caltagirone va in buca Dal grigio del cemento al verde dei campi da golf. È l’ultima trovata del gruppo Leonardo Caltagirone, fratello del più famoso Francesco Gaetano, che sta costruendo a Monterosi, nel Viterbese, un’esclusiva cittadella del green da 170 ettari e 550 ville: Terre dei Consoli. Al momento solo il primo lotto da 140 abitazioni è terminato (il secondo è in costruzione e i restanti tre sono ancora sulla carta), ma nel parco residenziale ci sarà spazio anche per un resort a cinque stelle, un centro benessere e una club house. Il cuore del progetto sono i due campi (da 9 e da 18 buche, in grado di ospitare anche competizioni internazionali) disegnati dal rinomato architetto americano Robert Trent Jones jr e pronti per l’autunno. Per lo svago dei residenti, ma non solo. La decisione di aprire le aree di gioco ai visitatori occasionali e ai turisti pare non sia stata troppo apprezzata da due storici club poco distanti, che temono di veder ridimensionato il loro ruolo: Le Querce, sede del centro tecnico federale, e l’Olgiata. P. Fa.

Leonardo Caltagirone e, a fianco, Nicolas Sarkozy e Carla Bruni. Nel disegno: Roberto Maroni

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RISERVATO Uno scorcio dell’isola d’Elba. In basso: Gianfranco Rotondi

ISOLA D’ELBA

EFFETTO LOUISIANA llarme Louisiana a Pianosa e sulle coste dell’Elba. A lanciarlo è Umberto Mazzantini, leader di Legambiente dell’Arcipelago toscano, noto in passato per le sue battaglie contro la cementificazione e i vip che si tuffavano nelle acque proibite di Montecristo, Pianosa e Giannutri. «Tante petroliere anziché ripulire le cisterne nei porti lo fanno in mare, proprio intorno all’Arcipelago toscano, al riparo da occhi indiscreti», Alla parata militare del 2 denuncia Mazzantini. E anche il Co- giugno, Giorgio Napolitano mune di Campo nell’Elba, guidato e Silvio Berlusconi, ripresi da una giunta di centrodestra, ha più volte in piedi nel palco chiesto ai ministri dei Trasporti Alte- autorità, apparivano alti ro Matteoli e dell’Ambiente Stefania uguali. Ma è noto che il Prestigiacomo il varo di un decreto capo dello Stato è più alto. Prodigi delle inquadrature ministeriale per interdire il canale di tv o il ricorrente “rialzo” Pianosa e le coste dell’Elba al traffico nascosto per il premier? delle petroliere, navi da carico o da Chi c’era suggerisce: trasporto passeggeri di stazza supe- la seconda. S. N. riore alle 10 mila tonnellate. M. La.

A

Parata al rialzo

Chi ha il potere di fare le leggi Confronto tra governo e Parlamento (dall’inizio della legislatura)

Parlamentari Governo Regioni Popolo CNEL Totali

5.355 422 29 14 12 5.832

24 131 0 0 0 155

273 263 252 184 180 161 143 134 131 128

15 6 0 4 2 7 2 1 9 11

% di successo

Tempo medio (gg)

0,45 31,04 0,00 0,00 0,00 2,66

309 89 0 0 0 0

5,49 2,28 0,00 2,17 1,11 4,35 1,40 0,75 6,87 8,59

Fonte: www.openparlamento.it su elebazorazione dei dati forniti dai siti istituzionali di Camera e Senato (ultimo aggiornamento 3 Giugno 2010)

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Carsten Schloter, amministratore dell’ex monopolista telefonico svizzero Swisscom, è anche presidente e ad della controllata Fastweb. In questo ruolo sta conducendo in Italia una battaglia contro l’aumento del prezzo dell’unbundling (l’affitto chiesto da Telecom ai concorrenti per l’uso della propria rete), che oggi è di 8,49 euro al mese. L’autorità italiana ha infatti predisposto una delibera per alzare in tre anni la tariffa a quota 9,67, contro una media europea di 10,2. A casa sua Swisscom per far parlare i clienti dei concorrenti esige 12,6 euro. Due pesi e due misure? S. L.

BANANA REPUBLIC

Anche Rotondi in un ente inutile DI GUIDO QUARANTA

DI COSA SI OCCUPANO I PROGETTI LEGGE Argomento Presentati Leggi % di successo Imposte Diritto penale Riforme Costituzionali Disabili e invalidi civili Previdenza e Pensioni Giustizia Famiglia Minori Imprese Forze Armate

TARIFFE SVIZZERE

I quotidiani hanno annunciato, giorni fa, che l’Istituto nazionale delle conserve alimentari, uno dei tanti enti inutili del nostro Paese, sarà, come altri, da abolire. Era ora. Chi, invece, l’ha passata liscia, e sopravvive, è il ministero dell’Attuazione del programma: un altro ente inutile. Peccato. Fu inventato da Silvio Berlusconi quando costituì, nel 2001, il suo secondo gabinetto, per premiare, con il titolo e lo stipendio di ministro, i politici di altri partiti approdati a Forza Italia: prima l’ex Dc Beppe Pisanu, poi l’ex socialista Stefano Caldoro e, di recente, l’ex popolare Gianfranco Rotondi. Il ministero ha un compito molto semplice, quello di verificare se il governo sta attuando il programma stabilito al suo insediamento: compito che, in un Paese normale, dovrebbe essere assolto dallo stesso premier o da un qualsiasi burocrate, esperto in monitoraggio, di Palazzo Chigi. Ma da noi, per assolverlo, c’è voluto addirittura un ministero: con tanto di sede, funzionari, impiegati, consulenti, uscieri, addettistampa: un carrozzone superfluo, costoso e privo di una vera e propria rilevanza istituzionale. A marzo, poi, il premier ha ritenuto che l’onorevole Rotondi non riuscisse, da solo, a sostenere il fardello di questo incarico e gli ha procurato un’aiutante, nominando sottosegretario Daniela Santanchè, la signora dei salotti milanesi, che, con tanto di uffici, funzionari, impiegati, uscieri, si è insediata al ministero pure lei. No, non siamo un Paese normale.

Foto: M. Frassineti - AGF

PROGETTI DIVENTATI LEGGE Presentati Leggi

Telecomunicazioni


RISERVATO

Non si sa se avrà il premio Strega, ma certo è preveggente. Il libro “Acciaio” di Silvia Avallone contiene qualche svarione temporale da matita rossa e blu. Per esempio, i personaggi si fanno i filmini col telefonino e li mettono su YouTube. Normale, salvo che il libro è ambientato tra il 2001 e il 2002, e YouTube esiste dal 2005. Il prodigio si ripete a proposito del Cayenne, il macchinone Porsche che in Italia esiste solo dal 2003 ma nella storia compare ben due volte. Ancora: «Jennifer e Cristiano tre metri sopra il cielo» sulla panchina dei giardinetti, tre anni prima del boom Silvia Avallone. di Federico Moccia. In basso: Marcello Dell’Utri E la scena della ragazza che balla la lapdance, PARLAMENTO 2 con i commenti degli avventori: «Finirà dritta dritta a Canale 5!». «Altro che Canale 5, Modificare il codice questa la voglio in della strada affinché possano Parlamento!». «Ministro! essere realizzate aree di sosta Ministro!». Gli operai a “strisce rosa” riservate di Piombino l’avevano alle donne incinte e alle pensato cinque anni neo-mamme. L’iniziativa prima di Berlusconi è del deputato del Pdl Marco e Carfagna. L. Q.

STRISCE ROSA

Zacchera, che ha sollevato

PARLAMENTO 1

MONDIALI D’ORO on. Colucci (Pdl) con un’interrogazione (C.4/07383) ha reso pubblico quanto la Rai ha preventivato di spendere per le trasferte dei suoi dipendenti che seguiranno i Mondiali di calcio in Sudafrica: serviranno 2 milioni di euro per impegnare cento persone, fra giornalisti, operatori e tecnici. Un dispiegamento di risorse (professionali ed economiche) enorme se paragonate a quelle di Sky che invierà 50 persone per un costo di un milione. Inoltre Sky con la metà del personale realizzerà più ore di trasmissione e dirette sportive. Probabilmente, però, i costi per la la questione con un’interrogazione (C.4/07379). Rai saranno superiori a quelli previsti, considerando la prassi Se il ministero delle per cui gli inviati volano solo in Infrastrutture e dei Trasporti first o business class. O. P. acconsentisse alla richiesta, una prima sperimentazione verrebbe fatta in prossimità delle farmacie, facilitando in questo modo l’accesso ai presidi sanitari altrimenti ostacolato dalla difficoltà di trovare parcheggio. O. P.

SIGNORNÒ

Mafioso a Milano ma non a Palermo DI MARCO TRAVAGLIO Si avvicina a Palermo la sentenza d’appello per Marcello Dell’Utri, condannato in primo grado per concorso esterno in associazione mafiosa. La Corte non fa mistero di una gran voglia di assolverlo, almeno a giudicare dalle ordinanze con cui ha rigettato quasi tutte le richieste dell’accusa. Prima ha rifiutato di ascoltare Massimo Ciancimino, definendolo apoditticamente «inattendibile» senz’averlo mai visto né sentito, mentre i giudici che l’hanno ascoltato (il Tribunale e la stessa Corte d’appello di Palermo) lo ritengono attendibile. Poi ha respinto le carte di un’inchiesta a Reggio Calabria da cui risulta che prima delle elezioni 2008 Dell’Utri telefonava col bancarottiere Aldo Miccichè, legato alla ’ndrangheta e rifugiato in Venezuela, e lo ringraziava per avergli mandato in ufficio a Milano «due bravi picciotti»: Antonio Piromalli, reggente del clan omonimo, e suo cugino Gioacchino, avvocato radiato dall’Ordine per una condanna di mafia. Possibile che i rapporti fra Dell’Utri e uomini della ’ndrangheta non interessino alla Corte che lo sta giudicando per mafia? Proprio così: un conto è la mafia, un altro la ’ndrangheta. Richiesta respinta. Ora però, sulla strada dell’assoluzione, si para improvvisamente un ostacolo: la sentenza della Cassazione che il 28 maggio ha disposto un nuovo giudizio d’appello (il terzo) contro Dell’Utri per un’altra storia, sempre di mafia. Ecco i fatti come li riassume la Suprema Corte: nel 1992 Dell’Utri, presidente di Publitalia, pretende che Vincenzo Garraffa, presidente della Pallacanestro Trapani, gli giri in nero 700

L’

milioni di lire, la metà di una sponsorizzazione procacciata da Publitalia. Garraffa rifiuta: non ha debiti da saldare e non ha fondi neri. Dell’Utri lo minaccia: «Abbiamo uomini e mezzi per farle cambiare opinione». Infatti di lì a poco si presenta da Garraffa il boss di Trapani, Vincenzo Virga (ora all’ergastolo per mafia e omicidio), gli intima di pagare e, al nuovo rifiuto, dice che «riferirà» a Dell’Utri. Poi, a fine anno, gli telefona e gli risollecita il pagamento. Rinviati a giudizio a Milano per tentata estorsione mafiosa, Dell’Utri e Virga vengono condannati in primo e secondo grado a due anni; la Cassazione annulla e nel nuovo appello la Corte declassa l’accusa a minacce gravi, ormai prescritte. Motivo: dopo le due richieste di Virga, nessuno si fece più vivo con Garraffa, il che proverebbe una “desistenza” di Dell’Utri e cancellerebbe l’estorsione. Ma ora la Cassazione ha annullato pure questa sentenza perché «insuperabilmente contraddittoria»: «O non c’è la minaccia, o essa deve necessariamente realizzare l’efficacia estorsiva». E, siccome la Corte d’appello ha già dimostrato la minaccia, non le resta che rifare il processo tornando al reato di estorsione. Per Dell’Utri e Virga la condanna pare scontata. A Milano. Riusciranno i giudici di Palermo ad assolvere Dell’Utri per mafia, quando la Cassazione l’ha già ritenuto autore di un’estorsione mafiosa?

Foto: G. Ippolito - Blackarchives, P. Cerroni - Imagoeconomica

Un po’ strega un po’ veggente


RISERVATO

Top 3 in Tv: Tg sera, Approfondimento seconda serata, Tg digitali I programmi più visti tra il 1° e il 31 maggio 2010 Programma

Uscite

Audience media

Share medio %

Tg sera TG Uno Rai Uno 31 5.635.000 TG 5 Canale 5 31 4.813.000 TGR Rai Tre 31 2.531.000 Approfondimento seconda serata Porta a Porta Rai Uno 16 1.284.000 Matrix Canale 5 8 991.000 Terra Canale 5 4 884.000 Notiziari-canali digitali Sky Sport 24 Sky Sport 24 31 33.000 Sky TG24 Sky TG24 31 29.000 Rai News Rai News 31 20.000

PRECARI DA RECORD

n esercito di 3.200 precari, da oltre dieci anni in carico al Comune di Palermo e alla Regione siciliana, verrà pagato per non lavorare nei prossimi quattro mesi. È scritto a chiare lettere nella legge finanziaria varata in Sicilia: in attesa di costituire l’ennesima società pubblica che dia un lavoro stabile ai precari storici di Palermo (una volta si chiamavano Pip, acro-

U

15,5 14,5 9,3 0,3 0,3 0,2

Elaborazioni Studio Frasi su dati Auditel, MediaConsultants, MetroMediaSystem Quasi tutti i Tg peggiorano la loro quota d’ascolto rispetto al maggio 2009, fanno eccezione il Tg2, che pareggia, e il TgLa7 che sale di quasi un punto e raggiunge 560mila individui. È Porta a porta il programma d’approfondimento di seconda serata più seguito. Crescono sia in ascolti che in share i canali digitali d’informazione. Sky Sport 24 batte tutti e migliora i propri ascolti del 53%; Rai News quadruplica l’audience; cresce anche SkyTg24 (+56%).

nimo di piani di inserimento professionale) il sussidio verrà comunque riconosciuto loro per un periodo massimo che la norma contabile stabilisce in quattro mesi. Il costo per la Regione è stimato in circa 9 milioni. A fronte di questo esborso, i lavoratori non potranno e non dovranno corrispondere alcun servizio. L’esercito di precari è utilizzato in uffici comunali e regionali e negli ospedali. M. G.

Vedrò più donne Sempre più donne, nove su 15, nel consiglio direttivo di Vedrò, il pensatoio di trenta-quarantenni fondato dal democratico Enrico Letta con amici e colleghi di diverse aree politiche. Confermata presidente la politologa Benedetta Rizzo, nuova vice Maura Satta Flores, a capo del comitato scientifico Giulia Bongiorno. Responsabile per il Mezzogiorno Nunzia De Girolamo (Pdl), e poi la sociologa Monica Fabris, Patrizia Ravaioli della Croce Rossa Italiana, la giornalista Barbara Carfagna, la manager Isabella Falautano. Vedrò è il primo think tank italiano (che non si occupi di donne) a maggioranza femminile. Un fatto casuale, non voluto, assicura la presidente. T. M. Benedetta Rizzo. In alto: Palazzo dei Normanni a Palermo

26,8 22,8 14,8

STRAGI NAZISTE

No al colpo di spugna Niente colpo di spugna agli indennizzi per le vittime delle stragi naziste. Il decreto legge, voluto da Berlusconi a fine aprile, doveva cancellare le richieste di risarcimenti alla Germania. Come quelle per i deportati nei campi di lavoro o per le famiglie dei civili trucidati nelle rappresaglie tedesche in Italia. La scure del decreto doveva calare sia sulle sentenze passate in giudicato sia sui procedimenti in corso. Ma il Tribunale militare di Verona, dove si svolge il processo per le stragi di Cervarolo e dell’Appennino tosco-emiliano, lo ha completamente disatteso. Su richiesta dell’avvocato Ernesto D’Andrea, che chiedeva la citazione della Germania e un risarcimento di 60 milioni di euro alle famiglie delle vittime, i giudici hanno ritenuto che «il decreto legge operi solo per i titoli già esecutivi e non per i procedimenti pendenti». Ora il governo non può più vanificare la richiesta delle vittime, «perché la legge, soprattutto in materia penale, non può avere effetto retroattivo, in particolare quando è peggiorativa», spiega il legale. P. T.

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: Shoba - Contrasto

SICILIA

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Rete


RISERVATO Satira preventiva

POVERO SAVIANO TRA FEDE E CALIFANO

MAGISTRATI

Palermo premiata Spese per le intercettazioni ridotte del 20 per cento. Certificazione on line per gli avvocati. L’informatizzazione di alcune sezioni con software autoprodotti. Meno fascicoli di carta. Per questi motivi la Procura di Palermo ha vinto una delle menzioni speciali assegnate dal Dipartimento della Funzione pubblica e dal Formez per il concorso “Premiamo i risultati” della pubblica amministrazione. Il riconoscimento alla Procura palermitana è stato consegnato al dirigente Roberto La Mantia da un sorridente Renato Brunetta, ministro spesso contestato per le trancianti dichiarazioni sui “fannulloni”. U. Luc.

DI MICHELE SERRA

Marco Borriello. In basso: Roberto Cornelli

dichiarato: «Ma allora è una persecuzione! Ieri ero a Tivoli, oggi sono qui a trovare dei parenti, possibile che dovete chiedere sempre a me chi è questo Mariano?». Emilio Fede, appena riavuta la linea, ha dichiarato chiuso il caso Saviano: «Non lo conosce nessuno. Se ne è parlato anche troppo». Gli astri L’astrologo Gianni Masulich, rispondendo a un’ascoltatrice radiofonica che gli chiedeva l’oroscopo di Paola e Chiara, ha risposto che Paola e Chiara, secondo gli astri, avranno un mese di giugno fortunato, qualche piccolo guaio sentimentale e svilupperanno una forte antipatia personale per Roberto Saviano, i suoi libri e i suoi lettori. Roberto Salviano È lo pseudonimo scelto da un giovane scrittore di Pozzuoli, autore del recentissimo caso editoriale “Go! Morra”, un romanzo sulla camorra uscito il mese scorso, praticamente identico a “Gomorra” salvo che per un dettaglio: tutte le storie sono ambientate a Pozzuoli. Salviano accusa Saviano di averlo copiato di sana pianta. Fausto Rattini Tartini Con un articolo sul “manifesto” l’anziano e indomito critico (espulso dal Gruppo 63, pur essendone fondatore, a causa dei suoi feroci attacchi al documento costitutivo, da lui scritto) attacca Saviano per avere confuso testo e paratesto, in un contesto influenzato dal pretesto. L’accusa, considerata gravissima, ha prodotto una feroce disputa tra i lettori del quotidiano comunista, i redattori, i direttori in carica e gli ex direttori. L’intero carteggio sarà raccolto in un numero speciale del “manifesto” che andrà in edicola al prezzo politico di 2 mila euro.

MILANO

PD BLUES rimarie democratiche in autunno, a Milano, per decidere il candidato che sfiderà Letizia Moratti alle comunali del 2011. E l’uomo emergente, nei rapporti con Roma, è il nuovo segretario del Pd metropolitano: Roberto Cornelli, 36 anni, dal 2004 sindaco di Cormano, nella cintura nord. Entrato ventenne nei Ds, Cornelli ha appoggiato la mozione Bersani ma si dice democratico tout court e avverso al correntismo. A differenza di altri segretari milanesi e lombardi recenti, non è uomo di apparato; è un giurista, insegna criminologia all’Università di Milano-Bicocca, studia le politiche di sicurezza urbana. Ha presentato con i consiglieri di opposizione Davide Corritore e Pierfrancesco Majorino il programma Change Milano, un piano di progetti innovativi sulle pratiche di governo cittadino (il primo è sulla finanza civica) in vista di una grande convention a ottobre. Cornelli, alto, occhi chiari, barba risorgimentale, è sposato, ha tre figli, ama cucinare il pane in casa, in salotto ha un pianoforte per suonare il blues. E. A.

P

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: S. Oliverio - Imagoeconomica, Olycom

Dopo il calciatore Borriello, anche la cantante di pianobar Priscilla e il ventriloquo Jack Tabarini insieme al suo pupazzo Sbrendolo hanno criticato pubblicamente Roberto Saviano. Le accuse sono le più varie e fioccano ormai da tutta Italia. La principale è di avere tradito la fiducia del pubblico rimanendo ostinatamente in vita nonostante l’implicita promessa di morire eroicamente. «Questo discusso atteggiamento dello scrittore della Bassa Italia», spiega su “Libero” il columnist Gino Mica, «non può mica essere di esempio ai nostri giovani, che chiedono coerenza e mica chiacchiere. Se uno non ha mica le balle di ferro, allora mica deve mettersi in mezzo a dire e a fare che lui qui e lui là. E il popolo queste cose mica le manda a dire». Seppure malvisto da molti lettori per i suoi eccessi di intellettualismo, Mica è considerato il più autorevole commentatore di area leghista. Ma vediamo di aggiornare l’elenco degli attacchi a Saviano. Califano Il popolare Califfo, pur manifestando una certa simpatia per chi dedica tanta attenzione alla malavita, ha espresso una affettuosa critica a Saviano: «Parlare male di Napoli è troppo facile. Perché non ha parlato male della Norvegia? Non lo fa nessuno, sarebbe stato più originale». Un passante Intervistato da “Studio Aperto” nella rubrica di approfondimento “Venti secondi”, un passante di Tivoli che stava uscendo da una tabaccheria ha dichiarato: «Non saprei, quale libro? Non conosco Sogliano, scusi ma la telecamera è accesa?». La cartomante e psicologa di “Chi” Tatiana Maroscia, presente in studio, ha commentato che la popolarità di Saviano è in evidente calo. Un altro passante Intervistato dal Tg5 nella rubrica di approfondimento “Trenta secondi, in casi eccezionali addirittura quaranta”, un passante di Tivoli che stava entrando in una tabaccheria ha risposto: «Ma l’ho già detto ieri alla sua collega, non so di che cosa parlate, chi è questo Taviano?». Il conduttore in studio ha sottolineato l’impressionante aumento delle opinioni contrarie a Saviano tra gli italiani. Sempre un passante Intervistato dal Tg4 nella rubrica di approfondimento “Fede spiega Fede”, un passante di Como che fumava davanti a una tabaccheria ha


L’espresso

In edicola questa settimana

SOUNDS FOR SILENCE - REGIA DI RUPERT JULIAN CON LON CHANEY - MUSICA DI VITTORIO NOCENZI

IL FANTASMA DELL’OPERA

Protagonisti: Lon Chaney, l’uomo dai mille volti. E per la musica Vittorio Nocenzi del Banco del mutuo soccorso. 7° Dvd a 9,90 euro in più con L’espresso + Repubblica

Beautiful Minds Bruzzaniti racconta

Short Stories Thomas Hardy

Fermi e la bomba atomica

I tre sconosciuti

L’affascinante avventura di Enrico Fermi. Dal gruppo dei “ragazzi di via Panisperna al Nobel per la fisica nel 1938, anno delle leggi razziali che lo spingeranno ad accettare una cattedra alla Columbia University. Qui Fermi produce una reazione nucleare a catena e partecipa alla creazione del primo ordigno atomico.

Quattordicesimo Dvd + libretto a 7 euro in più con L’espresso + Repubblica

In una sera di pioggia e vento fortissimo c’è festa in una casa isolata nella campagna inglese. “Tre sconosciuti” bussano alla porta. Il primo, intirizzito, ottiene riparo vicino al camino. Il secondo viandante è un boia che va a impiccare un condannato reo di aver rubato una pecora. Il terzo sconosciuto s’affaccia alla porta ma la richiude subito dopo alle sue spalle tornando nella bufera.

20° volume a 2 euro in più con L’espresso + Repubblica

Collezione storica a colori

Il teatro di Dario Fo e Franca Rame

Fabulazzo Tex - Il osceno questa commedia del Comanchero In1982 il futuro Nobel si Per stroncare un funesto traffico d’armi tra comancheros e indiani, un Comanche, implicato nel losco commercio e catturato, viene lasciato fuggire affinché i Pards possano seguirne le tracce. Ma il pellerossa si accorge di essere seguito... Al centro di questa avventura c’è un carico di carabine appartenute all’esercito sudista che si credeva fossero affondate in un fiume.

A 6,90 euro in più con L’espresso o Repubblica

dedica alla “parpaja topola”: in dariofoese, quel linguaggio medieval-padano parlato nei suoi spettacoli, l’orifizio femminile destinato alla procreazione. Segno degli edonistici anni Ottanta, Dario Fo mette da parte la satira politica per parlare di “topola”...

Nono Dvd più libretto a 9,90 euro in più con L’espresso + Repubblica

Edmondo Berselli

IL PIÙ MANCINO DEI TIRI Tutto comincia quando Mario Corso (il non dimenticato «piede sinistro di Dio») parte in dribbling dalla propria metà campo. Ma prima che quell’azione si concluda - con il più mancino dei tiri, con il più beffardo ed eretico dei gol - si comporrà come per incanto lo spaccato di un’epoca. Protagonisti: Luisito Suarez e Aldo Moro, Felice Gimondi e Romano Prodi, Giulio Andreotti e Raffaella Carrà, Mina e Proust. È ancora in edicola il volume a 6,90 euro in più con L’espresso o Repubblica

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17 giugno 2010 L’espresso


SOMMARIO Nr. 24 17 giugno 2010

SPECIALE ENERGIA

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Fotografa "L’espresso" partirà un video

Il futuro del fotovoltaico con l’Italia al secondo posto in Europa. Il modello Houston, convertita al nuovo spirito voluto da Obama. Il sole di notte grazie ai raggi resi produttivi nelle 24 ore. L’auto verde alimentata solo dall’energia pulita. E tutte le scommesse della scienza

Primo Piano Basta sprechi: i regali dei politici

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“L’espresso” pubblica, in fondo ad alcuni articoli, dei Qr code come quello qui sotto a sinistra. Sono dei codici da fotografare con il telefonino per vedere sul cellulare un video correlato all’articolo. COME FUNZIONA. Alcuni telefonini hanno già un lettore di codici preinstallato, per altri bisogna scaricarlo dal Web. Se il vostro apparecchio non ce l’ha andate alla pagina http://m.repubblica.it/ espresso/qr e troverete le istruzioni necessarie per installare il lettore sul vostro cellulare. L'installazione va fatta solo la prima volta: tutte le volte successive sarà sufficiente attivare l’applicazione dal proprio telefonino, inquadrare il Qr code con la fotocamera e scattare.

72

32

Fra tagli senza logica e sacrifici inutili, il governo vara la manovra. Mentre continua lo sperpero di denaro pubblico. Come la legge mancia: milioni stanziati dai parlamentari per i loro collegi elettorali di Primo Di Nicola

Sanità: ospedali K.O.

IN QUESTO NUMERO I CODICI QR SI TROVANO A PAGINA 71, 105, 107, 109, 111, 115 e 122

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Con i tagli diminuiranno i medici e si allungheranno le liste di attesa di Ignazio Marino

Cultura: si taglia a caso

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Consulente, manager. Ora anche commissario. Carriera in ascesa per Luigi Pelaggi di Vittorio Malagutti

Il governo usa le forbici senza criterio di Roberto Di Caro

Difesa: meno armi Ecco come risparmiare. E cosa andrebbe riformato di Gianluca Di Feo

Titoli killer con tangente

Usiamo quei fondi per la ricerca

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Rai: star a peso d’oro

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Da 1,2 milioni di euro di Vespa ai 600 mila di Cappon, stipendiato per non lavorare di Emiliano Fittipaldi

Un uomo chiamato Re Mida

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82

54 66 69

Il maltempo ha divorato le spiagge. Mentre enti e lidi litigano sui costi di Gianni Del Vecchio e Stefano Pitrelli

All’Istituto di geofisica mogli, figli, mariti e nipoti di Stefania Maurizi

Mondo

La banda del vino

La scommessa russa

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Sofisticazioni alimentari: un milione e mezzo di litri sequestrati di Paolo Tessadri

Le mani sullo sport

Dagli organismi internazionali alle federazioni nazionali, i nostri rappresentanti sono politici riciclati e burocrati incompetenti di Gianfrancesco Turano

Luci rosse su Vienna

Attualità

Quante liti sulle Dolomiti

Nella Spagna in crisi profonda, c’è un paese dove tutti lavorano di Stefano Vergine

54

I leader Pd divisi su tutto. E per Bersani la strada dell’opposizione è sempre in salita di Marco Damilano

Beato chi raggiungerà la pensione

58

Ecco quali saranno le categorie più colpite dalle nuove regole di Paolo Forcellini

Quel Vittorio ha molti Grilli per la testa

62

In prima fila nei vertici internazionali. Consigliere di Tremonti. È sempre più potente il direttore del Tesoro di 30 Denise Pardo

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Cinque province e tre regioni divise. Su tutto di Franco Brevini

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Basta con la vecchia politica. Il duo Putin-Medvedev punta su una nuova classe dirigente di Margherita Belgiojoso

Un impero editoriale e immobiliare. Gli amori segreti. Parla uno degli imprenditori più potenti d’America colloquio con Mortimer Zuckerman di Antonio Carlucci

Democratici fai-da-te

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E la sabbia non c’è più 79

Fondi neri per l’acquisto dei derivati di Paolo Biondani

Famiglie vulcaniche

Assurdo fabbricare più armamenti di Umberto Veronesi

Per la BP è un bel disastro

Rubriche

Il collezionista di poltrone

87

Austria: aree riservate alla prostituzione di Flavia Foradini

Terra e socialismo

89

Modello Houston

Da non perdere su www.espressonline.it OGNI GIORNO L’ATTUALITÀ ON LINE

DIO È MORTO LA MUSICA È ON LINE

L’auto è diventata verde

Sul sito de “L’espresso”, l’attualità politica, i forum aperti ai lettori, le fotogallerie

Il celebre brano di Francesco Guccini del 1967 da riascoltare sul nostro sito

SPECIALE AMBIENTE

GLI OCCHI SULLA CITTÀ

I video dell’automobile a energia solare e le immagini del progetto Desertec: gli specchi nel Sahara per un impianto termodinamico

La fotografia racconta gli spazi urbani. Gli eventi più interessanti della festa dell’Architettura di Roma nella sezione Style&Design

SPUNTINI MONDIALI Non solo patatine. Gli sfizi da gustare con gli amici sul divano guardando le partite in tv possono essere delizie appaganti. Foto e ricette nella sezione Food&Wine

100

La città emblema del petrolio si converte al nuovo spirito voluto dal presidente Obama di Antonio Carlucci La scommessa della ricerca: catturare i raggi e renderli produttivi nelle 24 ore di Federico Ferrazza

Video-choc: la perquisizione della Forestale nella cantina di vino adulterato a Massafra

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L’Italia al secondo posto in Europa nell’energia da fotovoltaico. E il business cresce ovunque di Enrico Pedemonte

Il sole anche di notte

BOTTI AVVELENATE

Pericoli ad olio

Speciale Energia Vento magico

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Il mondo di Kincaid Guccini il cantastorie

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Con “L’espresso” e “la Repubblica” nove album e un dvd dell’artista modenese di Michele Serra

Economia 134

Per salvare le attività di famiglia, il costruttore scarica palazzi e terreni sulla Fondiaria. A danno degli azionisti minori di Vittorio Malagutti

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Il messaggio della casa tedesca sembra chiaro: battere la Fiat sul suo terreno di Maurizio Maggi

Ponzellini network

Freida regina di Hollywood

Commercialisti: hanno un giro di affari stimato 8 miliardi. E non conoscono la crisi di Gianluca Schinaia

La nuova star Freida Pinto si racconta di Simone Porrovecchio

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L’asse con la Lega, i pareri all’ex studio Tremonti di Luca Piana

Il fisco li fa ricchi

Internet sarà la nuova società

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150

Tribù on line: una svolta. Spiegata nell’ultimo libro di Clay Shirky di Alessandro Longo

Salute Ragazzi difendetevi così

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Malattie che si possono prevenire con il vaccino. Ma molti adolescenti non fanno i richiami e la copertura salta di Letizia Gabaglio e Caterina Visco

Società 166

Ora più umane per dirigere aziende vincenti colloquio con Henry Mintzberg di Antonio Carlucci

Fascino maschile

La cultura omosessuale sempre più ha voglia di una normalità borghese. Ma c’è chi sogna ancora l’epoca della diversità di Tommaso Cerno

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Tecnologia

Non chiamatemi più boss 120 Si aggiornano le doti di un manager.

Meditazione sull’amore di una scrittrice di Jamaica Kincaid

Volkswagen parla italiano

Cultura

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In mostra a Roma 53 grandi dipinti dell’artista di Carlotta Mismetti Capua

Chi paga i guai di Ligresti

Una vettura che viaggi solo con l’energia del sole: è il futuro di Stefano Vergine

Per caso ha visto un gay?

19 Riservato 125 Cinema 127 Arti 129 Televisione 131 Libri 155 Internet news 157 Tecno shop 163 Salute 181 La tavola 182 Auto e moto 185 Per posta, per email

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Perché gli analisti raccomandano il titolo della società petrolifera di Paolo Pontoniere

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Pitti Immagine Uomo: informale o classico, il maschio sceglie la qualità di Antonia Matarrese Copertina: foto di Roberto Monaldo - LaPresse

Opinioni Per esempio di Altan 11 L’antitaliano di Giorgio Bocca 13 Senza frontiere di Moises Naim 15 Libero mercato di Luigi Zingales 17 Signornò di Marco Travaglio 22 Satira preventiva di Michele Serra 26 Avviso ai naviganti di Massimo Riva 137 La bustina diMinerva di Umberto Eco 190


PRIMO PIANO

BASTA SPRECHI Fra tagli senza logica e sacrifici inutili, il governo vara la manovra. Mentre continua lo sperpero di denaro pubblico. Come la legge mancia: milioni stanziati dai parlamentari per i loro collegi elettorali DI PRIMO DI NICOLA

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1.I REGALI DEI POLITICI li italiani tirano la cinghia, lorsignori tirano a spendere. Implacabili, senza tentennamenti. Oltre trecento milioni di contributi in tre anni ai collegi elettorali, enti, parrocchie, associazioni, borghi natii e comuni, amministrati spesso direttamente come sindaci o consiglieri, senza il minimo imbarazzo di fronte al disastrato bilancio dello Stato. Finanziamenti a pioggia erogati approfittando della carica ricoperta nelle commissioni Bilancio di Camera e Senato, le stesse dalle quali negano poi agli al-

G

tri parlamentari il permesso di mandare in discussione tante buone proposte di legge proprio per carenza di soldi e della necessaria copertura finanziaria (vedere scheda). Così, mentre in Parlamento arrivano sempre meno leggi da discutere, nelle commissioni Bilancio gli onorevoli deputati e senatori che le compongono continuano a spartirsi ricche provvidenze. Con grande gioia loro e degli altri colleghi eletti che avanzano richieste in commissione e che le vedono approvate. Come la senatrice Pdl Laura Allegrini, imprenditrice di Gradoli, nel viterbese, che è riuscita a farsi assegnare 400 mila euro per il restauro dell’organo monu-

L’espresso

Foto: F. Garufi - Sintesi, A. Cristofari - A3

I sacrifici non sono uguali per tutti. Mentre il governo vara una manovra d’emergenza imposta dalla crisi internazionale, una valanga di sprechi continua ad abbattersi sugli italiani devastando risorse determinanti. Dalla legge mancia con cui i parlamentari fanno piovere 300 milioni sui loro collegi elettorali secondo criteri che hanno un sapore feudale. Ai 71 programmi per l’acquisto di armamenti spesso varati in previsione di conflitti mondiali che non esisteranno più. Fino alla Rai, dove nonostante l’audience in crisi e la qualità contestata, il servizio pubblico continua a concedere ingaggi a sei zeri. Quando invece l’esecutivo mette mano alle forbici lo fa colpendo senza criterio, come rischia di accadere negli enti culturali. O con un disegno, come nel caso della sanità, che sembra concepito per tutelare gli interessi delle cliniche private più che la salute dei cittadini.

L’ingresso di palazzo Montecitorio e, a sinistra, commessi in Transatlantico


PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI

mentale della Madonna del ruscello di Vallerano e le fontane di Vetralla: «Ho ritenuto di segnalare alcune esigenze nell’ambito delle esigue disponibilità accordate a ciascun senatore», si vanta la parlamentare con tanto di comunicato stampa, «ringrazio i colleghi della commissione Bilancio per aver raccolto le mie indicazioni». Oppure Helga Thaler Ausserhofer, esponente di spicco del Südtiroler Volkspartei, che ha fatto avere al Comune di Badia 300 mila euro per la Coppa del Mondo di sci. Per non parlare del deputato leghista Luciano Dussin, consigliere comunale a Castelfranco Veneto, che è riuscito a dirottare sul suo collegio 260 mila euro per restaurare chiese e altri edifici di culto. Pure lui soddisfatto, anche se con un punta di rimpianto: «Sarebbe bello riuscire a portare a casa di più», dice l’incontentabile padano, «ma purtroppo la dotazione è stata ridotta a causa della crisi». Eh già, maledetta la crisi che non consente regalie più ricche per i collegi elettorali e le relative clientele. Come fu sin dagli inizi, quando la legge mancia venne istituita. Era il 2004 e in carica c’era il secondo go-

verno Berlusconi. Con il pretesto di far affluire sugli enti locali fondi per piccole opere pubbliche, il centrodestra varò la legge che si trasformò immediatamente in un pozzo di San Patrizio per deputati e senatori a caccia di oboli. Un andazzo interrotto dal governo Prodi che nella Finanziaria 2008 cancellò la legge anche per le forti pressioni di Antonio Di Pietro. Ma il ravvedimento è durato poco. Tornato al potere il centrodestra, la legge mancia è stata ripristinata con la scusa di trovare impiego a risorse non spese per le ragioni più varie e convogliate in un equivoco “Fondo per la tutela dell’ambiente e la promozione dello sviluppo del territorio”, l’attuale cassaforte. Il tutto con la benedizione dell’austero Giulio Tremonti («È un elemento di democrazia»), che così tanto sta spremendo gli italiani, e di pezzi da novanta del Pdl come il vicepresidente della Camera Maurizio Lupi che questa legge difende con grande sprezzo del ridicolo («Un’esigenza precisa del territorio», assicura) anche perché lui sa bene come sfruttarla: gli 80 mila euro fatti assegnare al comune di Merate per la riqualificazione del lago di Sartirana lo dimostrano. GRANDE ABBUFFATA Trecentododici milioni in tre anni(2009-2011): questa, tra Camera (104) e Senato (208 milioni), la dotazione della legge mancia che le commissioni Bilancio stanno distribuendo (Palazzo Madama ha deliberato alla fine di aprile, Montecitorio lo scorso dicembre). Il meccanismo funziona così: i partiti di maggioranza si accaparrano il 70 per cento dei fondi, all’opposizione va il restante 30: un vero inno alla lottizzazione. Felicemente bipartisan. Idv per la verità si è rifiu-

Giulio Tremonti. Sopra, da sinistra: una veduta di Molfetta; Maurizio Lupi; Gubbio

tata di partecipare allo scempio chiedendo di destinare la quota che gli sarebbe spettata al Fondo ammortamento titoli di Stato per dare un segnale della volontà di riqualificare la spesa pubblica. Mentre il Pd ha deciso di riservare la metà delle proprie spettanze a progetti per le zone terremotate dell’Aquila e il resto a «opere davvero utili ai comuni», come assicura Vidmer Mercatali, capogruppo alla commissione di Palazzo Madama. Una scelta che si è tradotta in 16 milioni di finanziamenti e decine di interventi per l’Abruzzo che vanno dal recupero della basilica di Collemaggio, all’orto botanico della Provincia, dall’acquisto di una statua di Giovanni Paolo II a interventi per ridare vita ai centri storici e alle attività dei comuni danneggiati dal sisma. Opere utili, indubbiamente, che stanno facendo però da scudo alla solita sinfonia clientelare delle due commissioni Bilancio. Chiedere in Parlamento chi ha richiesto le mance elargite è inutile. Si ottengono solo riposte evasive e imbarazzate. “L’espresso” ha però passato in rassegna l’elenco dei finanziamenti e in molti casi è riuscito a svelarne la paternità. TENNIS CLUB PADANIA Certo, i semplici parlamentari che si attivano e ottengono contributi per i loro collegi sono molti. Qualche perla tra le tante. Un vero campione è il leghista Lorenzo Bodega, deputato di Oggiono, Lecco, che al territorio “porta” 400 mila euro per la canonica del Beato Serafino a Morazzone, i marciapiedi Castello Brianza, il parcheggio di Garlate e, soprattutto, la sala conferenze del circolo canottieri e la copertura dei campi del Tennis club di Lecco. Opere evidentemente fondamentali per il federalismo, soprattutto quelle sportive. Su di esse infatti

L’espresso

Foto: Rossi - Tipsimages, P. Tre - A3, D. Fusaro - Sintesi, A. Dadi - AGF

Ottantamila euro al Comune di Merate per la riqualificazione del lago di Sartirana

i padani si impegnano molto, come dimostra l’altro deputato Guido Dussin che ha ottenuto 80 mila euro per un percorso ciclopedonale al suo paese, San Vendemiano (Treviso). E che dire di Edmondo Cirielli e Antonio D’Alì due illustri esponenti del Pdl? Il primo, divenuto celebre per l’omonima legge salva-Previti, si è fatto assegnare 400 mila euro per la superstrada Policastro-Santa Marina richiestissima per ragioni balneari dai suoi aficionados; il secondo, ha ottenuto 600 mila euro per la valorizzazione della Biblioteca Fardelliana di Trapani, la sua città. Ma a fare la parte del leone nell’accaparrarsi le risorse sono soprattutto gli stessi parlamentari delle commissioni Bilancio. A cominciare, ovviamente, da quelli del centrodestra. Al Senato, il presidente è l’avvocato Antonio Azzolini, sindaco di Molfetta, dove non a caso finiscono 1 milione di euro per l’arredo urbano e 900 mila per la ristrutturazione della parrocchia Immacolata. Il collega Gilberto Fratin Pichetto è nato a Veglio e risiede a Biella, dove 100 mila euro vanno a una accademia di formazione artistica e 60 mila al Santuario di Graglia, mentre sul natio Veglio piovono 50 mila euro per la parrocchia. Candido De Angelis è invece di Anzio che riceve 600 mila euro per la riqualificazio-

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ne del patrimonio archeologico. Maria Ida Germontani abita a Desenzano sul Garda dove fioccano 300 mila euro per restaurare il Duomo. Nova Siri è invece un piccolo borgo della Lucania sconosciuto ai più ma con la fortuna di essere il buen ritiro del senatore Cosimo Latronico, alla cui generosità si devono 500 mila euro per l’oratorio della parrocchia e 300 mila per l’arredo urbano. Che dire poi di Vanni Lenna? Arriva da Forni di Sotto, paesino di 700 abitanti in provincia di Udine, premiato con 400 mila euro per completare l’area sportiva. Meritatissimi, è il caso di dirlo: per i natali al parlamentare, ma anche per i pacchetti di voti convogliati lo scorso anno sul figliolo Marco diventato sindaco della contrada. Che, per chi non lo sapesse, confina con il quasi omonimo Forni di Sopra. E poteva quest’ultimo mancare al banchetto? Nemmeno a pensarci, e difatti ecco un contributo di 30 mila euro almeno stavolta spesi per una buona causa, l’acquisto di un automezzo per portatori d’handicap. Attenuante che non

si può concedere a Paolo Tancredi, ras di Teramo, che continua ad allargare i confini del suo feudo. Foraggiandolo, va da sé, a colpi di finanziamenti-mancia: 100 mila euro al comune capoluogo per l’imperdibile coppa Interamnia di pallamano celebrata il 3 giugno con una magnifica presentazione in Senato e 90 mila per il patrimonio archeologico, ma soprattutto una pioggia di regalie a quelli del circondario: 700 mila euro a Nereto; 100 mila a Silvi Marina (Centro Pastorale S.Pio da Pietrelcina); 80 mila a Canzano (arredo centro storico); 180 mila a Martinsicuro per viabilità e manifestazioni estive; 12 mila ad Atri per una imprecisata impiantistica sportiva. Così a Palazzo Madama, anche se i deputati azzurri non sono da meno. A Montecitorio uno dei vicepresidenti della commissione è Giuseppe Francesco Maria Marinello: viene da Sciacca, inevitabilmente onorata con quasi 700 mila euro per la messa in sicurezza del porto e la «fruizione» del museo del mare. Gioacchino Alfano è di

NIENTE SOLDI, NIENTE LEGGI Non si possono più fare leggi, il Parlamento non ha i soldi per finanziarle. La denuncia arriva da Ludovico Vico, deputato del Pd. Più volte Vico ha provato a sollevare il problema. L’ultima, all’inizio di maggio intervenendo in aula per appellarsi al presidente Gianfranco Fini. Anche in quella occasione il parlamentare del Pd ha ricordato come ormai, quando si presentano nuove leggi, la commissione Bilancio di Montecitorio e la Ragioneria generale dello Stato bocciano sistematicamente le proposte per mancanza di copertura finanziaria. «Questo accade», spiega Vico, «perché il fondo speciale delle tabelle A e B della Finanziaria che forniscono soldi per le nuove leggi sono vuoti da tempo». Un fatto grave che non è frutto del caso: il governo Berlusconi, denuncia Vico, ha messo infatti pochissimi soldi in queste tabelle, appena 14 milioni: «Una miseria», aggiunge, considerando anche il fatto che nella sua ultima Finanziaria Prodi aveva invece stanziato 1 miliardo 200 milioni. Una bella differenza che si spiega, secondo il parlamentare democratico, con la «volontà di spossessare sempre più il Parlamento dei suoi poteri». P. D. N.

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Sant’Antonio Abate (ne è stato sindaco fino al 2000) gratificato con 500 mila euro per la Congrega dell’Immacolata Concezione, il santuario Gesù Bambino, un centro di formazione giovanile da realizzare, il Laura Allegrini. A destra: Vetralla. cimitero civico da am- Sotto: Giancarlo Giorgetti pliare e la villa rustica Cuomo da recuperare. Remigio Ceroni è Giorgetti è stato sindaco di Rapagnano (Fermo) foraggiato sindaco, duncon 1 milione di euro per favorirne lo svi- que, alla stregua luppo. Pietro Franzoso è nato a Lizzano di altri parla(Taranto) dove finiscono 200 mila euro per mentari, in flal’impianto di illuminazione e una recinzio- grante conflitto ne, ma risiede a Torricella che viene perciò di interessi. Coaiutata con quasi mezzo milione di euro per me il collega il recupero delle chiese e la sistemazione del Massimo Bitonverde. Grande abbuffata anche per Gub- ci, che invece è bio, culla di Rocco Girlanda: 40 mila euro sindaco in carica di Cittadella, gratificata per riqualificare la basilica di Sant’Ubaldo; anch’essa con 266 mila euro (consolida50 mila per adeguare un immobile comu- mento delle mura medioevali). Ma nel Carnale; 110 mila per il recupero del velario roccio attivissimi sono anche altri deputastorico del Teatro comunale; altri 250 mila ti-amministratori comunali: Claudio per la «creazione di un polo integrato per D’Amico, per esempio, che riversa 400 mila tutela e la valorizzazione della cultura la euro su Cassina de’ Pecchi (risanamento contadina». E vai a capire di cosa si tratta. di immobili, di nuovo impianti sportivi, GLI APPETITI DEL CARROCCIO Nessun dub- manutenzione di strade) e Roberto Simobio invece sulla tattica adottata dai leghisti. netti che fa incassare 435 mila euro a MonLoro in tema di clientelismo non hanno più grando, in provincia di Biella per la realiznulla da imparare da “Roma ladrona”. Al- zazione della circonvallazione per Maghetla Camera, presidente della commissione è tone. Come impegnatissimi sono anche i Giancarlo Giorgetti di Cazzago Brabbia, al due leghisti della commissione del Senato: cui asilo sono andati 115 mila euro. Picco- Massimo Garavaglia che al comune di relo dettaglio: di questo centro del Varesotto sidenza, Marcallo con Casone, fa assegnare 200 mila euro (cimitero e illuminazione pubblica), mentre Gianvittore Vaccari, di Feltre, all’amata cittadina fa avere mezzo milione per altri impianti sportivi e non meglio specificate attrezzature ludiche. E i commissari dell’opposizione? Anch’es-

Sono stati concessi 435 mila euro a Mongrando per la realizzazione della circonvallazione per Maghettone

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si si danno da fare. A cominciare da quelli delle forze minori come Bruno Cesario, senatore dell’Api rutelliana, che regala a San Giorgio a Cremano, dove risiede, 420 mila euro per il completamento del centro polifunzionale della parrocchia Santa Maria del Carmine e ben 500 mila per finire i lavori di piazza Massimo Troisi. Nel Pd invece si distingue il senatore Mercatali, capogruppo in commissione. Mercatali risiede a Ravenna che difatti incassa 400 mila euro per la ristrutturazione dello spogliatoio e del campo del centro sportivo Darsena, mentre 800 mila vanno alla Fondazione Ravenna Antica Centro direzionale Parco archeologico di Classa e 90 mila alla Associazione Onlus “Amici di Enzo” per un progetto educativo per i giovani. Mentre il collega Paolo Giaretta, veneto, si dichiara orgoglioso dei 260 mila euro ottenuti per il restauro della chiesa della Madonna del Carmine di Este, in provincia di Padova. Attivissimi per il Pd anche i deputati-commissari. Tra i quali primeggia Massimo Vannucci, di Macerata Feltria, un vero recordman visto che ha patrocinato ben 11 finanziamenti: sei gestiti dalla comunità montana del Montefeltro, i restanti 5 da altrettanti comuni del circondario, a cominciare dalla sua Macerata Feltria che ha incassato circa 250 mila euro per viabilità e un parco urbano. Per il resto, a Centola, paese natale di Lino Duilio, vanno 150 mila euro per il recupero del castello medioevale e della chiesa della frazione San Severino. A Montevarchi, di cui è stato sindaco fino al 2001, il democratico Rolando Nannicini ha fatto assegnare 300 mila euro per realizzare un centro memoria sulle missione umanitarie di pace. Al comune di Roncade grazie a Simonetta Rubinato vanno 65 mila euro per il recupero ambientale di un’area in località Ca’ tron. Piccolo dettaglio, di Roncade l’onorevole Rubinato è anche sindaco. Dunque in conflitto di interessi. Ma guai a dirlo: quando si tratta di incassare mance tutto il mondo è paese. ■

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Foto: P. Tre - A3, A. Cristofari - A3, A. Scattolon - A3

PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI


PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI

2.SANIT≈:

OSPEDALI K.O. edici pronti a incrociare le braccia, magistrati in rivolta, dipendenti pubblici sul piede di guerra, lavoratori convocati in piazza dalla Cgil per il 12 giugno con la possibilità dello sciopero generale che aleggia nell’aria. Che cosa è successo al Paese dove tutto andava bene, anzi sempre meglio, descritto dal presidente del Consiglio e dal ministro dell’Economia negli ultimi tre anni? Dove è finita la ripresa economica che faceva sperare in un futuro roseo? E quell’oasi tanto solida e ben gestita

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DI IGNAZIO MARINO e ora che anche il governo se n’è accorto, Tremonti prepara una manovra «lacrime e sangue»: 24 miliardi di euro in due anni che si otterranno, dice il ministro, con la riduzione della spesa pubblica, il blocco delle assunzioni e degli aumenti per i dipenda essere rimasta praticamente immune denti pubblici, la lotta all’evasione fiscale. agli effetti della crisi finanziaria mondiale? Una cosa è certa: non si toccheranno le taServiva la catastrofe sfiorata dalla Grecia sche dei cittadini. Certa sì, ma solo a paroper fare aprire gli occhi al governo? O for- le. Perché cosa significa, in concreto, ridurse, per ammettere ciò che è sotto gli occhi re la spesa pubblica? In primo luogo si tadi tutti, al premier serviva un periodo al ri- gliano 10 miliardi di trasferimenti agli Enparo da scadenze elettorali? ti locali e alle Regioni, con il risultato che i La verità è che il Pil dell’Italia è diminui- cittadini pagheranno più tasse locali e to drammaticamente e tornerà ai livelli avranno meno servizi. La sanità è uno dei del 2007 non prima di cinque anni, il tas- settori maggiormente colpiti dalla manoso di disoccupazione è salito al 10,5 per vra: ci sarà il dimezzamento del personale cento e scenderà ai livelli pre-crisi intor- medico precario che non peserà solo in terno al 2017, la spesa pubblica è cresciuta mini di occupazione, ovvero migliaia di senza alcun controllo e il tasso di evasio- giovani che perderanno il lavoro, ma avrà

L’espresso

Foto: Visum, S. Pellecchia - Prospekt (2), Imagoeconomica

Con i tagli diminuiranno i medici e si allungheranno ne fiscale, una volta abolite le misure del Prodi, ha ricominciato a galople liste di attesa. La qualità delle prestazioni non governo pare facendo registrare nel 2009, seconpotrà che peggiorare e i cittadini saranno sempre do l’ufficio studi della Cgil, 14 miliardi in di entrate. più spesso costretti a rivolgersi a strutture private meno Ci aspettano tempi difficili, lo sapevamo,

effetti dirompenti sul funzionamento di presidi indispensabili come i pronto soccorso. Inoltre, il blocco del turn-over porterà a una riduzione del numero dei camici bianchi tale da mettere a rischio la qualità e la quantità delle prestazioni sanitarie. Di tutti i medici che andranno in pensione dal 2011 al 2014, solo uno su tre sarà sostituito e di conseguenza molte Unità Operative dovranno rallentare o chiudere le attività ambulatoriali per concentrarsi solo sugli ammalati ricoverati. Le liste d’attesa si allungheranno ulteriormente e i pazienti si dovranno rivolgere al privato. Ma ci sarà un’inversione di tendenza anche nei progressi raggiunti: in un paese dove mancano circa 1.500 anestesisti, bloccare il turn over significa mettere una pietra sopra al progetto dell’analgesia per il parto indolore. Invece di offrire l’anestesia epidurale alle 500 mila donne che ogni anno partoriscono, il servizio sarà di fatto azzerato e chi ne vorrà usufruire dovrà pagarlo come prestazione privata. E così qualche soldo dalle tasche degli italiani, anche se non in forma di tassazione diretta, uscirà. È certamente corretto ridurre la spesa sanitaria, individuare gli sprechi, tagliare dove serve. Quello che non appare accettabile è il metodo, ovvero tagli indiscriminati a tutti, senza prospettive di investimento né di interventi strutturali. Per controllare la spesa sanitaria ed evitare gli abusi (25 miliardi di spesa farmaceutica e specialistica sono davvero eccessivi) basterebbe attuare la riforma già prevista dal 2001 e mettere in rete medici, farmacisti, laboratori di analisi. In pratica, quando un paziente va dal suo medico, la prescrizione per una visita dallo specialista, per un farmaco o un esame diagnostico viene eseguita direttamente via computer e registrata sulla tessera sanitaria del paziente. Le farmacie, i laboratori, gli specialisti la ricevo-

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no ed emettono le fatture solo sulla base di ciò che effettivamente è indicato dalla prescrizione mentre le Asl, prima di liquidare le fatture, possono controllare la reale esecuzione degli esami. Tutto questo serve ad eliminare truffe e comportamenti anomali, ma anche a ridurre i sistemi di gestione cartacea, permettere l’accesso diretto del cittadino alle proprie prescrizioni mediche e, non ultimo, consente di stampare un rendiconto delle spese mediche da allegare alla dichiarazione dei redditi al posto di scontrini e ricevute raccolti meticolosamente durante l’anno. Infine, le Asl potrebbero inviare email periodiche per illustrare quanto sono costate le cure al servizio sanitario e comunicare in maniera trasparente con il cittadino, aumentando la consapevolezza di che cosa riceve in cambio per le tasse che paga allo Stato o alla Regione. In un’ottica di questo tipo la manovra del governo è un’occasione mancata. Si pensa a recuperare risorse per pagare il debito pubblico ma non per fare crescere il Paese: nessun sostegno ai consumi, all’occupazione, nessun piano di investimenti pubblici né un piano di politica industriale per gli investimenti privati e infine nessuna riforma strutturale a sostegno dello sviluppo, in particolare della green economy. Che significa? Torniamo all’esempio della sanità: più della metà dei 1.066 ospedali italiani risalgono a prima della Seconda guerra mondiale e molti al 1800, un’epoca che male si concilia con le innovazioni tecnologiche in ambito medico degli ultimi trent’anni. Se non ci saranno investimenti in strutture e tecnologia, i nostri ospedali diventeranno sempre meno efficienti e costosi fino a diventare inutili e, ancora una volta, i cittadini saranno Ignazio Marino. In alto, da sinistra: una sala operatoria; i Pronto soccorso di Maggiore e Niguarda

spinti a rivolgersi altrove, ai privati, pagando di tasca propria servizi fino ad oggi garantiti dallo Stato. E il ragionamento non vale solo per la sanità ma anche per altri settori essenziali, primo fra tutti la scuola. In tutto questo viene poi da chiedersi perché i maggiori sforzi per fronteggiare una crisi sottovalutata debbano ricadere solo su una parte della popolazione, escludendo coloro che, per ricchezza accumulata, stanno economicamente meglio. Sappiamo che la ricchezza delle famiglie ammonta a 8 mila miliardi di euro e che la metà di questa ingente somma è concentrata nelle mani del 10 per cento degli italiani. Ma allora, non sarebbe più equo introdurre una tassa ad hoc per chi possiede patrimoni oltre 5 milioni di euro? Vogliamo ricordare che i cugini francesi, con un governo di destra, hanno confermato un’imposta di solidarietà per i patrimoni superiori a 790 mila euro, recuperando, nel solo 2009, più di 3 miliardi di euro? E non si potrebbe pensare ad un minimo aumento dell’aliquota sulle rendite finanziarie che oggi è di gran lunga inferiore rispetto ai principali paesi europei? E magari affiancare a queste misure più controlli nel verificare che lo stile di vita e il patrimonio di una persona siano coerenti con la sua dichiarazione dei redditi? La strada dei tagli lineari è evidentemente ingiusta e inefficace. Pur in presenza di questi tagli, infatti, la spesa per il funzionamento dei ministeri in dieci anni è aumentata del 97 per cento rispetto a un Pil che è cresciuto soltanto del 60. Si sono spesi 12 miliardi in più, malgrado il trasferimento di funzioni verso Regioni ed enti locali. Andrebbe dunque avviata da subito una politica programmata di revisione della struttura di bilancio che esamini missioni e programmi in modo analitico. Il metodo deve essere quello anglosassone del bilancio a base zero in cui nessuna spesa storica deve essere data per scontata di anno in anno. Non è un cambiamento che si improvvisa ma è tuttavia indispensabile per cambiare approccio ed evitare che nel nostro Paese si proceda sempre per tamponare le emergenze senza nemmeno tentare riforme che siano efficaci sul lungo periodo. senatore, presidente commissione parlamentare d’inchiesta sul Servizio sanitario nazionale

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PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI

er dieci giorni la scure ha roteato indistintamente sulla testa di tutti gli enti, istituti e fondazioni culturali, da Biennale, Triennale e Quadriennale al Comitato un secolo di fumetto italiano, dalle Fondazioni Cattaneo, Gramsci, De Gasperi, Basso, Einaudi, Spirito, Feltrinelli e Craxi alle Associazioni Veterani e reduci garibaldini e Volontari antifascisti di Spagna, dal Comitato per lo studio e la valorizzazione del tesoro di San Gennaro fino all’Istituto e museo di Storia della Scienza a Firenze, quello dove stanno gli strumenti di Galileo, per il quale lo Stato ha appena investito milioni di euro nella nuova sede e che, senza i fondi del ministero, sarebbe destinato a chiudere i battenti. Una prima lista di proscrizione, stesa dai ministri Tremonti e Calderoli, comprendeva 232 nomi, un centinaio finanziati dal Mibac, il Minculpop di Sandro Bondi: «Quelli che non hanno risposto alla richiesta di presentare bilanci e resoconti dell’attività. Era solo un segnale forte: mettete ordine nei conti o niente più soldi dallo Stato», smorza Fran-

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193 finanziati annualmente per un Il governo usa le forbici di1,4euro, milioni, più 14 milioni per i Grandi senza criterio. E senza eventi, come dire il festival dei Due mondi il Rossini Opera festival o quelnessun progetto dili diSpoleto, Ravenna di Riccardo Muti e del Corconcreto. Così mette tometraggio di Trieste. Tutti a rischio. E ala rischio istituzioni lora, alle ortiche la lista Calderoli-Tremonha affondato il bisturi dove la carimportanti e salva enti ti,neBondi è più tenera: nella listarella dei 16 Comiinutili. Dagli esperti una tati per i centenari di nascite e morti, da Abbocciatura unanime ba a Tobino; con riserva sul conte di Ca-

vour, non pare bello nel 150° dell’Unità, DI ROBERTO DI CARO Matteo Ricci, perché gesuita e perché la Cina è vicina, e Patria Patrie Nazione Nazioni, che si tengano a memoria almeno i concetti, visto l’andazzo da Bossi a Grillo a proclamare che l’Italia non c’è e non c’è mai stacesco Giro, adrenalinico sottosegretario ta. Anche se, nel sito del ministero, accanto unico, Forza Italia-Pdl, l’uomo cui tocche- alle citate voci è inutile cliccare su scheda rà usare le forbici: «ai tagli veri, 10,7 milio- comitato: i link sono desolatamente vuoti. ni di euro, procederemo con cautela dopo «Questi tagli un tanto al chilo sono come il attenta valutazione delle situazioni». gioco delle tre carte: se erano celebrazioni Roba da mettersi le mani nei capelli, visto assurde, ci spieghino perché sono state fiche gli enti, comitati, associazioni e fonda- nanziate. Tagliano senza logica perché prizioni in questione sono 121 con stanzia- ma finanziavano senza senso, su pressione mento triennale 2009-2011 per 6,5 milioni di lobby o per non dispiacere a un amico?

L’espresso

Foto: S. Carofei - Agf, M. Palazzi - Prospekt (2), Scarpiello - Imagoeconomica

3.CULTURA: SI T AGLIA A CASO Con quale pressappochismo si gestisce la risorsa cultura?», chiede Celestino Spada, vicepresidente dell’Associazione Economia della cultura e caporedattore dell’omonima rivista. Per un cortocircuito che dice più di qualsiasi disquisizione, proprio quest’entità, tra le pochissime a promuovere una gestione economica dei beni culturali come chance di sviluppo e occupazione e l’anno scorso con 60 mila euro di Fondazione San Paolo ha prodotto l’unica ricerca sull’occupazione culturale in Italia, si vede ora tagliare, stando alle prime liste, i 12 mila euro che riceveva dal ministero. «Che vuole, sopravviveremo», allarga le braccia. Prima che sulle modalità dei tagli, le opinioni divergono sulla loro fattibilità. «L’eccesso di premi e centenari è un malcostume italiano, non omaggio al celebrato ma ostentazione dei membri di pletoriche commissioni», attacca Salvatore Settis, archeologo, direttore della Normale di Pisa, dimessosi da presidente del Consiglio superiore dei beni culturali quando nel febbraio 2009 l’appena nominato ministro Bondi gli chiese di non criticare il governo; «ma lei pensa

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davvero che spariranno? I soldi glieli daranno Regioni, Province e Comuni, in nome del peggior conformismo federalista che ha ormai appestato l’Italia intera. Si potrebbe mai toccare l’Accademia bergamasca della polenta (invento) con un Bossi che minaccia guerra civile se gli chiudono la Provincia di Bergamo? Fossero solo i leghisti, poi. Taglieranno altrove, sparando nel mucchio, senza criteri, senza progettualità alcuna: né dal governo né dalla cosiddetta opposizione». La polenta bergamasca magari no, ma che a finanziare decorose strutture di interesse territoriale siano gli enti locali, questo ha senso, sostiene Spada: «La Società reggiana di studi storici non può pagarla la Regione Emilia-Romagna? E Vendola l’Accademia pugliese delle Scienze, Burlando quella ligure di Scienze e lettere, Zaia quella veneta di Scienze lettere e arti?». Ma il principio di sussidiarietà, evocato quando c’è da ingrassare le cliniche private, viene misconosciuto senza rimorsi quando c’è da scucir soldi alla cultura. Se alcuni tagli sono auspicabili o almeno non scandalosi in regime di welfare decli-

Severino Salvemini. Sopra: tre immagini della manifestazione di Roma contro i tagli alla cultura

nante, con quali criteri andrebbero fatti? «Basta procedere a una valutazione puntuale e periodica», risponde Settis: «Guardi che non è mica come fondare una città sulla luna, altrove si fa normalmente, io stesso sono membro della commissione che ogni anno mette sotto esame cosa fanno e come investono i due istituti italiani di Roma e Firenze emanazioni del Max Planck Institut». Ovunque si fa, tranne che da noi. Perché? «Manca consapevolezza della necessità di una “accountability”, si tende a sostenere che la cultura non è rendicontabile, mentre è possibilissimo calcolarne ricadute e impatto sul territorio», dice Severino Salvemini, direttore del corso di laurea in Economia per le arti e la cultura alla Bocconi di Milano. «Certo, la valutazione deve essere mista, sulle quantità e

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PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI biti biomedico, scientifico-tecnologico e politico-umanistico: «Missioni consultive gratuite, come noi garanti del 150°». Giriamo di nuovo la palla al sottosegretario Francesco Giro. Ma è proprio lui, l’uomo dei tagli, a nascondere le forbici. «Dicono che siamo un “mancificio”, che diamo poco a tanti: ma quel poco serve da accredito per ricevere altri fondi dai privati, con quelle briciole ci pagano l’affitto, le spese, un paio di convegni, e i ricercatori appena laureati trovano un primo lavoro, che sarà né sono sempre munifiche», indica Walter pure precario e mal pagato, ma restano nel Barberis, storico, segretario generale della sistema culturale invece di finire a fare i caEinaudi e responsabile area storica dei ga- merieri o i giardinieri: è odioso colpire queranti per le celebrazioni del 150° dell’Unità sta fascia...». Ci sarebbe da notare che è il d’Italia. «Altro buon criterio sono le borse suo ministro dell’Economia ad aver alzato di studio che vengono distribuite: per alcu- la scure: «Un’operazione improvvida, inni venti-trentenni, come alla mostra del cauta, un po’ ingenua, non so se maliziosa. 2011 per due miei collaboratori con borsa Un errore grossolano, lascia intendere che dell’Istituto storico per la resistenza, co- la cultura è uno spreco. Tremonti dice “deminciano a rappresentare una componente finanziare” perché non ha il coraggio di didel reddito, non solo un parcheggio in atte- re sopprimere, uccidere». sa di altri introiti». E se più labili sono i cri- Che gioco delle parti è questo? Controrditeri per valutare un conve- ne compagni, Tremonti ha scherzato? Cogno o un ciclo di conferenze, me la Dc ai tempi d’oro, questo governo fa il ministero si doti di com- tutto da solo, il tagliatore e il salvatore, missioni di esperti negli am- l’elargitore e l’alfiere del rigore, e viene il ragionevole dubbio che sarà lo stesso Francesco Giro. A sinistra: l’Aida con gli evasori o gli sprechi della Saalla Scala di Milano. Sotto: la protesta nità. Comunque sia, se non qui, docontro i tagli del governo a Roma ve allora i tagli? «Andremo in Parlamento, un capitolo di spesa alla volta, ciascuno con le sue tabelle di spesa. Abbiamo meno, dobbiamo spendere meglio. Ma invece di ammazzare i poveri spero ancora di poter evitare questi tagli intervenendo altrove, dove ci sono sprechi e diseconomie». Ecco, ci siamo. «85 milioni vanno al Fus cinema (Fondo unico per lo spettacolo): riserviamolo a opere prime e seconde di giovani, invece di favorire, come con l’attuale sistema di punteggi, i soliti Medusa, De Laurentiis, Cattleya e Lucky Red». Ad aiutare produttori, distributori e esercenti basteranno i nuovi incentivi e sconti fiscali. Al Fus teatro vanno 70 milioni, 57 alla musica, 10 alla danza, 6 al circo e 235 alla lirica: «Ma i teatri lirici sono quasi tutti in fallimento, dovrebbero portare i libri in tribunale, troppi compensi, troppi privilegi, integrativi gonfiati a dismisura in attesa del contratto bloccato dal 2003. Lì c’è lo spreco vero!» Capito. Sforbiceranno mezza orchestra qua e là, le vesti di Turandot, gli elefanti di Aida, il boudoir di Violetta e il Catalogo di Don Giovanni: «In Italia seicento e quaranta», cantava Leporello. Ora rimarrà giusto qualche squinzia di risulta. ■

Il sottosegretario: “Basta soldi alla lirica. E ai film dei grandi produttori come Medusa o De Laurentiis”

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Foto: M. Maule - Fotogramma, L. Mistrulli - Imagoeconomica, M. Palazzi - Prospekt

sulla qualità: esempio, come già si fa per i teatri milanesi, botteghino, spettatori e lavoratori occupati ma anche numero delle produzioni innovative. Altro esempio è il cinema, settore in cui sprechi come una volta non ce ne sono più: cineasti di destra e di sinistra si riconoscono ormai nel motto di Rossellini, “film utili che fanno utili”. Mi si spieghi invece a cosa servono le decine di improbabili riviste da 600 pagine a tomo che riceviamo gratis a casa e che non sfoglieremmo neanche sotto tortura». Valutare. Ma, al di là della discrezionalità del giudizio di valore, a partire da quali elementi oggettivi? «Tagliare i fondi a istituti depositari di archivi importanti e spesso unici (di ogni tipo, anche documenti e video) come il Gramsci, o il Gobetti sull’azionismo o il De Gasperi per la storia della Dc, sarebbe come chiudere l’Archivio di Stato. Mi pare impensabile. Stesso discorso per chi detiene biblioteche specializzate. Già ora non ricevono più soldi dagli enti locali, e le Fondazioni bancarie non sono ovunque


PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI

4.DIFESA:MENO ARMI Contratti miliardari per aerei, sottomarini e cannoni che non serviranno mai. Doppioni di reparti e missioni dimenticate come in Libano. Ecco come risparmiare. E cosa andrebbe riformato

Vedetta della Capitaneria. A sinistra: Ignazio La Russa, un sottomarino U-212. Sotto: il prototipo del Jsf

che battello della polizia penitenziaria. Ma i cacciatori di tagli potrebbero con facilità amputare spese guardando a vecchi istituti che adesso hanno assunto il sapore del privilegio. Il più cospicuo è la cosìddetta “ausiliaria”: l’indennità che viene concessa agli ufficiali che lasciano il servizio attivo, ossia vanno in pensione. La somma dovrebbe compensare la loro disponibilità a servire ancora lo Stato, ad esempio come commissari e nelle emergenze. Quanto costa? Circa 362 milioni solo nel 2010. Oppure si potrebbe fare una scelta radicale di politica estera: concludere la missione in Libano. Fu un successo internazionale del governo di centrosinistra, che nel 2006 garantì la fine del conflitto. Ma uno degli scopi principali - il disarmo di Hezbollah non può essere raggiunto perché ormai i fondamentalisti sciiti sono parte del governo di Beirut. Lo stesso capo di Stato maggiore ha posto la questione. E far tornare a casa i caschi blu restituirebbe ai contribuenti altri 300 milioni l’anno. ■

il bersaglio più facile, in tempi di crisi: tagliare le spese in armamenti. Fin troppo logico in una Repubblica che costituzionalmente ripudia la guerra. Perché allora spendere in sottomarini e cannoni semoventi che da sessant’anni fortunatamente non hanno mai sparato un colpo? E perché investire in supercaccia e missili destinati a conflitti mondiali che sono scomparsi dalla storia? In teoria, abbattendo qualche bombardiere del futuro prossimo si possono cancellare miliardi di spesa. Programmi come il fantascientifico jet Jsf prevedono un esborso superiore ai 13 miliardi di euro. Amputare non è indolore, per militari e civili. Eliminare il Jsf significa privare l’Aeronautica di un mezzo concepito per missioni come quella afghana e rinunciare a 40 mila posti di lavoro qualificati. Ma in altri casi sforbiciare i ranghi o diluire i tempi potrebbe avere ripercussioni sostenibili. Ad esempio i sottomarini classe U-212: la Marina ne ha due e ne ha ordinati altrettanti. Costano almeno 350 milioni l’uno. Di fronte alla crisi, Berlino la scorsa settimana ha deciso di dimezzare la sua flotta subacquea. E Roma? O rinunciare agli Eurofighter Typhoon il

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cui prezzo cresce a velocità supersonica: ci siamo impegnati a comprarne 121. Un impegno preso nel tramonto della guerra fredda, mentre oggi non si capisce a cosa servano tanti intercettori per cui ogni anno si spendono 235 milioni. Il contratto per gli ultimi 46 Eurofighter della terza trance non è stato ancora ratificato: non varrebbe la pena di rivederlo? O le fregate Fremm, di cui si prevedono dieci esemplari per un totale da 5,6 miliardi: non si potrebbe ridurle o rinviarle? O gli ulteriori 4 elicotteri Boeing Ch47F destinati ai commandos dell’Esercito, che richiedono 92 milioni l’anno. Per non parlare dei semoventi d’artiglieria Pzh 2000: abbiamo già 150 meno moderni M109, più che sufficienti per impaurire i talebani, c’è proprio bisogno di spendere mezzo miliardo per schierarne 70? Gran parte di questi mezzi non sono finanziati dalla Difesa di Ignazio La Russa ma dal ministero dello Sviluppo Industriale, che dopo le dimissioni di Claudio Scajola viene retto dal premier: una coincidenza che potrebbe rendere più facile decidere i tagli. Oggi però nemmeno la sinistra ha il coraggio di chiedere misure drastiche. Il senatore Gian Piero Scanu, capogruppo Pd in commissione Difesa si è lanciato all’attacco degli sprechi trovandosi alle prese con il

fuoco amico: «Non è questione di antimilitarismo ideologico o di pacifismo demagogico. Noi chiediamo garanzie per i soldati in missione, per il loro addestramento e il loro equipaggiamento. Ma la crisi impone una riflessione sul modello di difesa: se l’Italia non intende affrontare guerre globali, allora bisogna investire sui sistemi utili per le operazioni di peacekeeping e risparmiare sul resto». In realtà, oltre ai tagli servirebbero le riforme. Oggi il bilancio della Difesa va per il 65,4 per cento in stipendi. Una voce su cui si potrebbe intervenire ristrutturando e tagliando doppioni, che invece da noi si moltiplicano. È la linea adottata dal governo britannico, che adesso potrebbe essere seguita da tedeschi e francesi: ad esempio si crea un unico organismo per i reparti di elicotteri. Adesso ogni corpo fa per sé, con contratti e mezzi diversi persino per la manutenzione anche se tutto viene fornito da Agusta-Finmeccanica: Esercito, Marina, Aeronautica, Forestale, Carabinieri, Finanza, Capitaneria, Polizia, Protezione civile. La stessa cosa in modo ancora più confuso accade in mare, dove si sfidano motovedette di Finanza e Capitaneria, seguite da Carabinieri e Polizia, per non contare qual-

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Foto: D. Fracchia (3), A. Scattolon / A3, P. Tre / A3

DI GIANLUCA DI FEO

Usiamo quei fondi per la ricerca DI UMBERTO VERONESI Me lo dicono spesso che sono un utopista, un sognatore di mondi impossibili. Me l’hanno ripetuto anche l’anno scorso quando ho chiamato a raccolta scienziati e premi Nobel da tutto il mondo per fondare il movimento Science for Peace e per chiedere a tutti i governi di investire non nella politica degli armamenti ma in quella del progresso che significa portare il benessere dove c’è la fame, la salute dove c’è la malattia. Ma non è forse assurdo che in piena crisi economica, che tocca tutte le nazioni, quando non riusciamo più a mantenere le nostre famiglie, e gli ospedali non vengono ristrutturati, e l’accesso alle cure adeguate non è garantito a tutti, e la ricerca scientifica, che potrebbe dare una nuova spinta al benessere, langue nei laboratori deserti, è assurdo che si pensi ancora a fabbricare più armamenti e a comprare costosissimi aerei supersonici che non utilizzeremo mai? Nei tempi di crisi, si continua a commettere l’enorme errore di tagliare i fondi per la scuola, per gli asili, i fondi per la ricerca, e così facendo si sterilizza l’ingegno delle nuove generazioni e si rinuncia al benessere che la scienza è in grado di creare. E per dimostrare che il mio ragionamento non è campato per aria e che ho ben presente le dinamiche che governano i grandi numeri della finanza nazionale e mondiale, ho incaricato uno staff di economisti dell’Università Bocconi, coordinato da Maurizio Dallocchio, ordinario di finanza aziendale, di realizzare uno studio fondamentale “Effetti economici di una riduzione delle spese e della produzione di armi” e che è stato presentato alla Prima Conferenza Science for Peace, tenutasi lo scorso novembre. Si è partiti dalla spesa militare prevista per quest’anno dai Paesi europei. Sono 215 miliardi di euro e su questo stanziamento

è stato ipotizzato un abbassamento del 5 per cento, quindi un risparmio molto limitato. Sono stati presi in considerazione solo alcuni paesi, cioè Italia, Francia, Spagna, Gran Bretagna, Germania e Svezia, vale a dire le nazioni che giocano un ruolo di rilievo nell’industria militare e che hanno la spesa maggiore. E ci siamo chiesti che cosa succederebbe nel bilancio di questi Stati se decidessero di “stornare” il 5 per cento della spesa dedicata all’industria militare. Perché sono ben consapevole che l’industria militare, ad alto tasso tecnologico, investe non solo la vita produttiva di un Paese ma anche ne determina lo sviluppo sociale. I risultati? Il più sorprendente riguarda il Pil che diminuirebbe globalmente di 33 miliardi di euro, che in percentuale fanno lo 0,027 per cento, vale a dire una riduzione insignificante. Anche il tasso di disoccupazione non avrebbe un peso gravoso: per l’Italia non supererebbe i 300 lavoratori. Anche le entrate fiscali non subirebbero una falcidia per lo Stato e l’impatto sul settore della ricerca e dello sviluppo, che varia da nazione a nazione a seconda dell’intervento dello Stato in questo ambito, per l’Italia non arriva al 2 per cento. Sono proprio un inguaribile idealista se trovo assurdo che i tagli tocchino i bisogni più urgenti della popolazione? La necessità di sfuggire alla sofferenza evitabile oggi è ancora più sentita a causa della situazione di crisi mondiale che agita, anche nelle popolazioni occidentali cresciute nel benessere, lo spettro della povertà. La crisi richiede delle risorse aggiuntive per le urgenze sociali, e dove possiamo ricavarle se non dalle spese militari che assorbono fondi molto elevati? Per la ricerca contro il cancro, che causa 150 mila morti ogni anno, il nostro Paese spende annualmente l’equivalente di circa 225 milioni di dollari, mentre se ne destinano 20 miliardi per le spese militari. Abbiamo allora più a cuore le armi che i malati in Italia?


PRIMO PIANO / BASTA SPRECHI

5.RAI: STAR A

PESO D’ORO Come le polemiche, ormai all’ordine Esclusivo: da 1,2 milioni di euro di Vespa ai 400 mila di rialzo. del giorno. Il caso del contratto di Santoro, Pupo, ai 600 mila di Cappon, stipendiato per non lavorare con stipendio da 700 mila euro lordi l’anno

alto dirigente della Rai fa l’occhietto furbo. «Emanuele Filiberto fa un’audience pazzesca, ma l’azienda oggi preferisce non stipulare contratti lunghi e onerosi. Il principe lo paghiamo ad apparizione: non buttiamo i soldi noialtri. Quanto gli diamo? Circa 20 mila euro a botta. Lordi, però». Ventimila sono tanti o pochi per una serata su RaiUno? L’aristocratico di casa Savoia, piaccia o no, è da un an-

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DI EMILIANO FITTIPALDI e conseguente liquidazione milionaria, ha scatenato una tempesta culminata con gli strali del ministro Roberto Calderoli. Il leghista pretende che gli stipendi d’oro di viale Mazzini siano sforbiciati. Non dice, però, quali. Lo scorso dicembre Renato Brunetta netto un Re Mida degli ascolti, e anche se in annunciò che i compensi di giornalisti e conuna serata guadagna quanto un operaio del- duttori si sarebbero dovuti inserire«nei titola Fiat in un anno intero, qualcuno a viale li di testa e di coda», e da allora tutti chieMazzini pensa che se li meriti tutti. «È il dono maggiore trasparenza. In attesa che il mercato tv, bellezza», ti senti rispondere. governo e l’azienda pubblicizzino i dati, In effetti in Italia il duopolio e la grande ge- “L’espresso” ha ottenuto dai piani alti di nerosità del concorrente costringono viale Mazzini parte degli stipendi dei divi l’azienda di Stato a pompare da tempo gli Rai. Sono le cifre segretissime dei contratti stipendi di dirigenti, conduttori, show man 2009-2010, dati che a volte sommano un e giornalisti. Nel mondo catodico non c’è fisso alle cosiddette indennità di funzione, crisi che tenga, le buste paga sono sempre in stipendioni che - va detto - vanno divisi per

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Foto: Olycom, E. Paoni - Contrasto, M. Chianura - Agf, A. Scattolon - A3, Cuccuru - Imagoeconomica

Da sinistra: Fabio Fazio e Luciana Littizzetto; lo studio de “La prova del cuoco”; Bruno Vespa. Sotto: Mauro Masi; Antonio Marano

il numero delle puntate e che sono legati (si spera) al ritorno pubblicitario del nome. Partiamo dai dirigenti. Il presidente Paolo Garimberti e il direttore generale Mauro Masi hanno dichiarato di guadagnare, rispettivamente, 448 mila e 715 mila euro l’anno. Sappiamo che i sette consiglieri del cda prendono 98 mila a testa. Tra i vicedirettori quello meglio piazzato è Giancarlo Leone, che guadagna circa 470 mila euro l’anno, mentre l’astro nascente Lorenza Lei tocca solo i 350 mila, esattamente quanto il collega amato da Bossi Antonio Marano. Gianfranco Comanducci, amico storico di Cesare Previti e vicino al Pdl, prende circa 440 mila euro. Nel 2002 la sua retribuzione era di “soli” 235 mila euro. Tra incrementi retributivi, scatti di carriera, promozioni e gratifiche lo stipendio oggi è quasi raddoppiato. Un altro che non si può lamentare è il direttore di Rai Fiction Fabrizio Del Noce, che viaggia sui 400 mila euro l’anno, mentre il direttore di RaiUno Mauro Mazza, designato da Gianfranco Fini, prende 300 mila euro. Pure il giovane Marco Simeon, neo capo delle relazioni istituzionali, a fine mese può sorridere: il suo contratto tocca i 190 mila euro lordi. Sorprende, invece, che Claudio Cappon, l’ex direttore generale voluto da Romano Prodi, con-

tinui a percepire circa 600 mila euro senza avere - in pratica - alcun incarico di peso. «Io ho un contratto a tempo indeterminato. La Rai avrebbe due possibilità», spiega Cappon, «potrebbe liquidarmi dandomi i soldi che mi spettano o assegnarmi la direzione di una controllata. Per ora non ha fatto nulla, e il rischio di un contenzioso è alto». Come fa un’azienda pubblica a pagare 600 mila euro un manager a vuoto, è un mistero. Qualcuno, per un ruolo impegnativo, prende molto meno. «È vero, guadagno 150 mila euro l’anno, a volte 180, dipende dal numero delle puntate. E mi sembrano più che sufficienti, sono soddisfatta così»: Milena Gabanelli porta a casa con il suo “Report” ascolti a doppia cifra, ed è la giornalista meno pagata della lista de “L’espresso”. Meno ricca, per esempio, di Monica Setta, l’eroina di “Il fatto del giorno”, in onda ogni pomeriggio su RaiDue, che prende 200 mila euro. Tra gli uomini, Giovanni Minoli, ex direttore di RaiEducational e oggi capo della struttura che si occuperà della programmazione in occasione dei 150 anni dell’unità d’Italia, ha uno stipendio che arriva, tra fisso e indennità, a 550 mila euro. Il numero di puntate che conduce e di cui è autore supera le 200 l’anno. Bruno Vespa, che è esterno, prende invece più del doppio: 1,2 milioni, mentre “Ballarò” porta nelle tasche di Giovanni Floris 450 mila euro l’anno. Anche il conduttore in forza a RaiTre uscendo dall’azienda oggi guadagna più di prima, assumendosi come contropartita, dicono i suoi, «i rischi insiti in una collaborazione a tempo». Il contratto di Minzolini non è nella lista, ma una fonte autorevole giura che è simile a quello di Gianni Riotta, «forse qualcosa di più». Riotta nel 2007 prendeva un fisso

da 560 mila euro, con bonus che potevano far lievitare la busta paga fino a 610 mila. Chissà cosa ne pensa Lamberto Sposini, ex vice di Enrico Mentana al Tg5, che oggi come conduttore di “La vita in diretta” ha un contratto da circa 250 mila euro l’anno. Veniamo alle star dell’intrattenimento. Il monte stipendi Rai supera di poco il miliardo di euro, e un decimo finisce nei conti correnti dei contrattisti esterni: alcuni vip vengono pagati attraverso i cosiddetti accordi di volume tra la Rai e altre società come Magnolia ed Endemol. Una delle dive più pagate è Antonella Clerici: il contratto in scadenza era di circa 1,5 milioni, cachet che comprendeva anche la conduzione del Festival di Sanremo. Il nuovo accordo, pare, sarà ritoccato al rialzo. Il suo successore all’Ariston dovrebbe essere Carlo Conti, che oggi guadagna 1,3 milioni l’anno. «Un affare», chiosano da viale Mazzini, «vista la mole di serate che dirige». Conti è l’uomoovunque: fa “L’eredità” tutti i santi pomeriggi, “I migliori anni” il venerdì sera, da un po’ “Voglia di aria fresca”, per non contare le serate Rai in cui gioca a fare l’ospite. La famiglia Angela ha invece un profilo diverso, come diverse sono le buste paga di padre e figlio: insieme costano poco più di un milione di euro, ma 750 mila sono per Piero, solo 300 mila appannaggio di Alberto. Se tutti sanno che Fabio Fazio sfiora i 2 milioni l’anno per il suo “Che tempo che fa”, seguito dai 700 mila di Serena Dandini impegnata a difendere le serate (sempre si RaiTre) di “Parla con me”, nessuno sa che Pupo ha strappato un contratto da 400 mila euro l’anno, di poco inferiore a quello firmato da Max Giusti: il comico che conduce dal 2008 “Affari tuoi” ed è ora in onda con “Stasera è la tua sera” prende circa mezzo milione. Massimo Giletti, eroe settimanale dell’Arena di “Domenica In” e giurato in “Ciak...si canta”, guadagna invece 350 mila euro l’anno, 50 mila in più dell’ex zarina dell’azienda Alda D’Eusanio, in onda sempre la domenica ma su RaiDue. Molto meno guadagna la show girl che ha sostituito con grandi polemiche la Clerici alla “Prova del cuoco”: la giovane Elisa Isoardi da Cuneo, classe 1982, prende per spiegare ricette e ospitate varie 180 mila euro tondi tondi. Non male, visto che il più anziano Osvaldo Bevilacqua, dal 1977 al timone di “Sereno variabile”, può contare su 250 mila euro l’anno. Guarda tutti dall’alto in basso l’immenso Pippo Baudo: il mito resiste anche nel cachet, visto che i 900 mila euro l’anno sono riservati davvero a pochi. ■

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PRIMO PIANO

Un uomo chiamato Re Mida Un impero immobiliare ed editoriale. Il lavoro per i presidenti. Gli amori segreti. Parla uno degli imprenditori più potenti d’America: “I soldi? Servono per fare quello che più piace”

ui, Mortimer Zuckerman, la racconta così: «Appena l’articolo dal titolo “L’incredibile delusione di Barack Obama” è stato messo on line sul sito di U.S. News & World Report, i contatti hanno presto raggiunto parecchi milioni. Poi, quando l’editoriale è stato rilanciato da Politico.com, The Daily Beast, The Huffington Post e Matt Drudge, è stato letto da altri milioni di persone. Un successo, ma non perché lo avessi firmato io. Parlava del presidente e del suo modo di governare che aveva generato delusione. Dopo 48 ore sono stato invitato a pranzo alla Casa Bianca». Mortimer Zuckerman è sì un giornalista. Ma è molte altre cose assieme. È prima di tutto un miliardario che ha creato un impero

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immobiliare tra Boston, New York, San Francisco, Washington e Princeton sotto le insegne della Boston Properties, quotata a Wall Street con una capitalizzazione superiore ai 10 miliardi di dollari, e vanta un patrimonio personale di un miliardo e mezzo di dollari. Da 30 anni è editore di quotidiani e settimanali e direttore di “U.S. News”, dove sforna editoriali con regolarità. Siede nei consigli di amministrazione di ospedali, enti filantropici, università, musei, biblioteche, ha un suo fondo di beneficenza collegato con una delle più importanti sinagoghe di New York, così come è tra gli esponenti più in vista della comunità ebraica americana (per tre anni chairman della Conferenza delle organizzazioni ebraiche d’America). È stato ed è amico di presidenti, statunitensi e

non, e si mette a disposizione come ambasciatore ombra o canale di comunicazione in casi internazionali difficili e complicati, a partire da quelli che corrono lungo l’asse Washington-Gerusalemme. A 72 anni, Mortimer Zuckerman, nato in Canada da una famiglia ebrea di origini ucraine, negli Usa dai primi anni Sessanta e cittadino americano nel 1977, governa un sistema magico dove le attività immobiliari gli mettono a disposizione i mezzi per fare l’editore e per dedicarsi alla filantropia, i giornali che possiede gli consentono di scrivere e di apparire con frequenza nei talk show politici, quello che scrive lo mette a contatto con il mondo della politica e dell’economia. Il carburante di questa macchina è il denaro. Di cui Zuckerman dice: «I soldi sono solo

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Foto: M. Nagle - Redux / Contrasto, Polaris - Photomasi, A. Cosmelli - Contrasto

COLLOQUIO CON MORTIMER ZUCKERMAN DI ANTONIO CARLUCCI

l’opportunità di fare quello che più piace». Il pranzo alla Casa Bianca con Barack Obama? «È stato molto divertente il modo in cui si è arrivati all’incontro», racconta Zuckerman nel suo ufficio al 18 piano del palazzo sulla Lexington Avenue che è il suo quartiere generale. «È stato davvero interessante. Il mio giornale, il “Daily News”, ha appoggiato la corsa di Obama alla Casa Bianca, io l’ho votato, e come tanti altri sono oggi contrariato dal modo in cui sta governando. Ma quello che ci siamo detti è strettamente confidenziale». Aggiunge: «Certo quello che ho scritto resta il mio pensiero e non l’ho cambiato durante l’incontro». Il tycoon sostiene che Obama ha sbagliato per esempio con la riforma sanitaria: non perché l’ha voluta «ma perché ha lasciato fare al

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Congresso e poi perché non ha tenuto in conto quanto costerà agli americani». Immagine di Canal street, Zuckerman è un democra- a Manhattan. Sopra: tico conservatore fiscale, e Barack Obama. A sinistra: descrive una profonda anima antiseha un’anima sinceramente Mortimer Zuckerman mita («Da ragazzino ho imparato a centrista e bipartisan. Della politica di oggi correre veloce per evitare guai»), fino a New dice: «Il problema dell’America è il Parla- York, il suo viaggio ha conosciuto tante tapmento che non funziona e sembra scompar- pe intermedie: l’università McGill in Canasa la cultura dei leader che cercano soluzio- da, la Sorbona a Parigi, Penn University a Fini di compromesso e lavorano per trovarle». ladelfia e Harvard a Boston. In quest’ultima Il cammino di Zuckerman verso il successo città, nel 1962, trovò il suo primo lavoro: alnon è stato accidentato perché suo padre ha la Cabot, società immobiliare che nel giro di dato a lui e alla tre sorelle la possibilità di stu- due anni lo fece diventare socio e responsadiare grazie a un negozio all’ingrosso di ta- bile della finanza. bacco e caramelle. Il nonno materno, un rab- L’avventura alla Cabot si esaurì in otto anni. bino ortodosso, è stato il suo mentore. Dal Nel 1970, insieme a Ed Linde, un collega, quartiere Outremont di Montreal, del quale fondò la Boston Properties che diventò la

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sua miniera d’oro. SpecializzaDavid Arafat lasciò cadere la propota nella costruzione di edifici sta di pace parlai con l’ambasciatore per uffici, la società ha alzato saudita a Washington. Il principe grattacieli nelle più importanti Bandar mi disse: “È una tragedia per città americane e nel 1997 i palestinesi”». A Camp David c’era sbarcò a Wall Street. In azienEhud Barak. «Rabin avrebbe firmato da i due soci (Linde è scomparla pace perché era capace di ispirare fiso tre mesi fa) si sono divisi i ducia ai palestinesi». E l’incomprenruoli: Zuckerman alla parte fisione di oggi tra Washington e Gerunanziaria, Linde agli aspetti salemme? «Credo che le due parti non operativi. La Boston Properties siano così distanti sulla sostanza dei non ha mai conosciuto crisi. Una giornalista davanti problemi da risolvere, ma sono lontaNeanche quando sull’America a Wall Street. Sotto: nissime sulle questioni politiche del la Borsa di New York si è abbattuta la recessione. 10 milioni di dollari per rivende- chi come e quando fare una cosa». «Che ci fosse una bolla immobiliare era evi- re la sua quota quattro anni più tardi per Agli affari immobiliari e al giornalismo, ogdente. Era sufficiente osservare come dal 360 milioni) hanno stregato Zuckerman fin gi Zuckerman dichiara di aver anteposto 1945 al 2000 i prezzi delle case erano saliti dall’infanzia. «Da bambino, ogni giorno, l’amore per le due figlie («Sono il mio pridel 3 per cento l’anno, mentre dal 2002 al facevo in bicicletta una decina di miglia per mo pensiero ogni mattina, il secondo è quel2006 erano cresciuti del 16. Io mi occupo di comprare il “New York Times”». Oggi è lo che devo scrivere per “U.S. News”»). Nel uffici e non di abitazioni, ma decidemmo di sempre innamorato della Vecchia Signora suo ufficio sono incorniciati i volti di Abivendere un certo numero di immobili a un in Grigio, nomignolo del giornale? «Lo tro- gail, 13 anni, avuta da Marla Prather, la cuprezzo molto conveniente». Si fece ancora vo sempre più ideologico, non tanto nei ratrice della National Gallery of Art dalla più ricco con quella decisione: incassò 2 mi- commenti, quanto nella scelta e nel taglio quale ha divorziato nel 2001, e di Renée liardi e 500 milioni di dollari a fronte di un dei servizi». Preferisce il “Wall Street Jour- Esther, la cui nascita fu annunciata nel 2008 investimento di 800 milioni. nal” e gli piacerebbe essere al posto di Ar- sul “Daily News” senza rivelare il nome delNello stesso periodo vide andare in fumo tur Ochs Sulzberger nella battaglia editoria- la madre. È circondato dalla fama di rubapoco meno di 40 milioni di dollari, quasi le contro Rupert Murdoch. cuori. Le cronache mondane gli hanno attutti di un fondo di beneficenza. Li aveva af- Il giornalismo gli ha aperto le porte della po- tribuito una lunga serie di love affair sui fidati a una società di investimento e questa litica. Nel 1986 conobbe Ronald Reagan e quali non si è mai pronunciato: la giornalili aveva girati a Bernie Madoff, oggi in car- i due si piacquero e si frequentarono a lun- sta-scrittrice Arianna Huffington, la scritcere per una truffa miliardaria. Il tycoon, go. «Avevano arrestato il corrispondente di trice regista Nora Ephron, la giornalista e dopo essersi rivolto alla giustizia, ha annun- “U.S. News” a Mosca e io passai quattro attivista politica Gloria Steinem, la designer ciato anche che i progetti messi a punto dal settimane alla Casa Bianca per trovare una di moda Diane Von Furstenberg, le attrici fondo di beneficenza travolto dallo scanda- soluzione». Anni dopo, Zuckerman volò in Blair Brown e Marisa Berenson. Chissà colo Madoff sarebbero stati rispettati. Israele con Bill Clinton per i funerali di Yit- me racconterà la sua vita nell’auto biogra«I miei investimenti nella stampa non sono zhak Rabin e la sua eulogia per Rabin è sta- fia che molti sostengono abbia cominciato stati fatti per guadagnare», dice Zucker- ta messa nell’archivio del Congresso (ed è in a scrivere quando ha compiuto 70 anni. I man: «Il “Daily News” mantiene la sua dif- mostra nel suo ufficio). Sempre per Clinton più informati dicono di conoscere già il tifusione ma la pubblicità si è volatilizzata. E Zuckerman fece la spola tra israeliani e pa- tolo, “Backstory”, e l’incipit: «Non ho mai “U.S. News” va bene soprattuto sul Web lestinesi. Ricorda: «Il giorno in cui a Camp lavorato un giorno nella mia vita». ■ perché offre servizi al cittadino». I giornali (ha posseduto anche lo storico “Atlantic Monthly” che ha rivenduto con grande profitto, come una piccola rivista sulla tech Sono due i settori economici sotto il controllo di Mortimer Zuckerman: l’immobiliare e economy, “Fast Company”, in cui investì l’editoria. La Boston Properties, di cui Zuckerman possiede il 7 per cento delle azioni dopo la

I CONFINI DEL SUO REGNO

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quotazione in Borsa del 1997 e la vendita di 75 milioni di titoli del 2006, ha in portafoglio circa 150 edifici per uffici tra New York, Boston, San Francisco, Washington e Princeton. Il 12 per cento dei ricavi della società viene dagli affitti pagati dai tre più importanti inquilini della Boston Properties: il governo federale Usa, la Lockheed Martin e Citibank. Zuckerman ha acquistato il quotidiano “Daily News” nel 1993. In competizione con l’altro tabloid della Grande Mela, il “New York Post”, il “Daily News” dichiara una diffusione media giornaliera di 632 mila copie che la domenica salgono a 674 mila: ha perso il primato delle vendite a Manhattan, ma ha mantenuto intatto il primo posto negli altri distretti di New York. Per abbassare i costi il “Daily News” ha deciso di dividere i contenuti con altri quotidiani del New Jersey. Prima della crisi Zuckerman ha speso 200 milioni di dollari per un nuovo impianto tipografico. “U.S. News & World Report” è sotto il controllo del tycoon dal 1984. Zuckerman voleva farne la versione americana di “The Economist”, ma l’idea non è mai stata realizzata. “U.S.” è noto per le inchieste con cadenza annuale che forniscono la classifica delle migliori università, dei migliori ospedali, dei migliori fondi di investimento. L’editore è anche direttore del settimanale ed editorialista. Nell’ultimo anno “U.S.” ha investito molto sul Web anche per compensare le perdite in diffusione, 500 mila solo dal 2008 al 2009, con una media settimanale di un milione e 200 mila copie.

Foto: G. Peress - Magnum / Contrasto, A. Tannenbaum - Polaris / Photomasi

PRIMO PIANO



ATTUALITÀ

IL DIBATTITO NEL CENTROSINISTRA na manifestazione tutta per il Pd, che bella idea, anche se non nuova, ci pensò anche Walter Veltroni due anni fa, ci ha ripensato Pier Luigi Bersani, ora che il suo partito sembra vittima di una maledizione: il Pd è in apparenza pacificato al suo interno, la minoranza non mette in discussione il segretario, il governo Berlusconi è costretto all’amara medicina dei sacrifici e cala nei sondaggi, ma il Pd fatica ancora più di prima a far sentire la sua voce. Scomparso dal dibattito, sparito dalle pagine dei giornali, in affanno nei sondaggi e nelle apparizioni televisive dei suoi principali esponenti, costretto a restare a guardare gli scontri nella maggioranza sperando che le crepe tra Berlusconi, Fini e Tremonti si allarghino. «L’opposizione non è ancora all’altezza del suo compito perché manca una prospettiva forte di un’alternativa di governo», ammette perfino il suo leader più autorevole, «cala il consenso di Berlusconi, tutto questo però non si traduce in una crescita dell’opposizione ma nella crescita dell’astensione». Parola di Massimo D’Alema. Il nume tutelare della maggioranza che ha eletto Bersani: è stato lui a consigliare nell’ultimo fine settimana che una manifestazione sulla manovra economica sarebbe stata utile per rincuorare le truppe, più annoiate che depresse. «Una cosa semplice, vediamoci in un palazzetto, con le nostre parole d’ordine», ha suggerito l’ex premier a Bersani. E così sarà: i democratici si raduneranno sulle gradinate del Palalottomatica. Tutti? Quasi: difficile trascinare i militanti a Roma in un torrido sabato di giugno. E anche qualche capo si sfila: «Io me ne andrò al fresco, in Finlandia», annuncia Franco Marini. Beato lui. Veltronismo ma al chiuso, commenta qualcuno, perché l’ex sindaco di Roma convocò il popolo del Pd all’aperto, tra i prati del Circo Massimo. E c’è chi è ancora più sarcastico: «Una manifestazione contro Berlusconi? No, contro Letta», spiega feroce un ex diessino. Non Gianni, Enrico: il vice-sePier Luigi Bersani. Sopra: gretario. Colpevole di l’assemblea nazionale del Pd aver aperto al dialogo sula Roma lo scorso maggio

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DEMOCRATICI FAI DA TE DALLA MANOVRA ALLA GIUSTIZIA. DALL’ACQUA PRIVATIZZATA ALLE SPESE MILITARI. I LEADER PD DIVISI SU TUTTO. E PER BERSANI LA STRADA DELL’OPPOSIZIONE ∂ SEMPRE IN SALITA DI MARCO DAMILANO 54

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la manovra Tremonti, in assenza del segretario, in viaggio in Cina, nello sconcerto generale. Ma il recente movimentismo di Letta il giovane è una cartina di tornasole per orientarsi nella nuova mappa delle correnti di largo del Nazareno. Le vecchie divisioni, dalemiani contro veltroniani, popolari contro ex Quercia, non reggono più, gli schieramenti congressuali di sei mesi fa appaiono in via di scioglimento. Il congresso del 2009, Bersani con la benedizione di D’Alema contro Dario Franceschini sponsorizzato da Veltroni, è stata l’ultima battaglia di una interminabile guerra a sinistra durata 15 anni e cominciata nel ’94, quando zio Massimo sconfisse zio Walter nella corsa per la segreteria del Pds. Chiusa quella pagina per sfinimento dei contendenti, si provano nuove alleanze e nuovi raggruppamenti, con un occhio al 2013, quando si tornerà a votare e si stabiliranno il candidato premier e lo schema di gioco. Rimescolamenti di carte. Necessari per ritrovare un progetto e un’identità: dopo anni trascorsi a litigare sulle cordate e sulle primarie i democratici assaporano il gusto di spaccarsi sui contenuti. Ha cominciato il vice-segretario Letta, con alcune uscite che nelle sue intenzioni dovrebbero caratterizzarlo sulla linea dell’innovazione. Fino ad abbattere alcuni tabù: meno tasse in politica economica, più autonomia dall’Associazione nazionale magistrati e dal “partito dei giudici”, no all’appiattimento sulla Cgil. E le aperture del braccio destro Francesco Boccia sull’innalzamento dell’età pensionabile,«necessaria, basta con le ipocrisie». Il tutto presentato in una due giorni in Veneto, il Nord Camp, organizzato dall’associazione lettiana Trecentosessanta. Un attivismo che fa storcere il naso ai notabili del Pd: «Enrico non l’ho capito. Sbaglio o è lui il vice-segretario del Pd? E non è pure il coordinatore del programma? E allora cosa gli salta in mente di fare un incontro per i c... suoi!», sbotta Marini. Anche nella segreteria Bersani hanno preso l’iniziativa parecchio male. La prova che il numero due intende emanciparsi dall’attuale maggioranza e mettersi in proprio. Uno smarcamento che ridisegna la geografia interna. Nel nuovo schema, a governare il Pd c’è un Grande Centro composto da Bersani, D’Alema e Rosy Bindi, con l’appoggio di Marini, più l’ossatura del potere locale e dei segretari regionali. Una sinistra interna, Area Democratica di Veltroni e Franceschini, un po’ Lingotto (il discorso di Torino con cui Walter si candidò alla se-

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ATTUALITÀ greteria del 2007), un po’ correntone radicaleggiante, intransigente sulle questioni della legalità e della difesa dei principi costituzionali. Infine, una corrente di destra, costruita attorno a Letta, destinata a intercettare alcuni esponenti della minoranza vel- Ceccanti. «Se la crisi cambia tutto e noi retroniana. Con l’obiettivo di mettere in cam- stiamo nello schema precedente abbiamo po il vice-segretario quando si sceglierà il chiuso. Anche se smontare l’attuale Pd non candidato premier. sarà facile», ammette Marco Follini, ieri Un gioco a tre che taglia fuori personaggi grande elettore di Bersani, oggi critico con lontani tra loro: il popolare Giuseppe Fio- la segreteria. Ma anche un bersaniano coroni, per esempio, l’ex candidato alla segre- me Andrea Orlando, responsabile del setteria Ignazio Marino, più quei sindaci e pre- tore Giustizia, avverte l’esigenza di cambiasidenti di Provincia, Sergio Chiamparino, re passo: «Serve una discussione come quelMatteo Renzi, Nicola Zingaretti, che la che ha preceduto la nascita del centrosiostentano il loro distacco dalle alchimie del nistra negli anni Sessanta: che riforme vopartito nazionale, con molte buone ragio- gliamo? Qualcosa di simile alla lunga incuni. Perché la Babele delle lingue che affligge bazione che portò il Labour Party a sceglieil Pd si è spostata dai personalismi dei lea- re come suo leader Tony Blair». Una lunga, der alle questioni di programma. E non c’è lunga strada. Difficile che il punto di parun punto su cui il partito parli con una vo- tenza sia il Palalottomatica. ■ ce sola. Sui referendum contro la privatizzazione dell’acqua, per esempio, la posizione ufficiale della segreteria è promuovere una petizione per una legge di iniziativa poIl Pd ha troppe anime. Bersani è debole nelle reazioni politiche e usa polare. Peccato che nella maggior parte delschemi del passato. La condanna senza appello del politologo le città i circoli del Pd si siano già mobilitacolloquio con Carlo Galli di Marco Damilano ti per raccogliere le firme sui referendum. In Italia ci sono tre destre e nessuna sinistra. trovano a loro agio nel caos, nell’anomia, Come se non bastasse, nell’ultima settimaL’analisi sull’opposizione nel tempo della nella frantumazione, nella paura. na sono spuntati anche i comitati del no al crisi è impietosa per il Partito democratico Alla sinistra resta un grande passato referendum, promossi da altri dirigenti del ma, spiega il professor Carlo Galli, docente e una voglia di riprovarci. La sinistra Pd: uno e trino. Sulla questione dei tagli aldi Storia delle dottrine politiche all’Università vuole riprovarci, giustamente». le spese militari l’ex ministro della Difesa di Bologna, autore di un saggio recente Provaci ancora, sinistra. Anche in Italia? Arturo Parisi è intervenuto dopo un’inchiededicato al tema (“Perché ancora destra «In Italia ci sono tre destre. E nessuna sta pubblicata dall’“Unità” per chiedere e sinistra”, Laterza), «con il Pd abbiamo sinistra...». meno doppiezza ai vertici del partito: «Non il dovere di essere esigenti, a questo partito Tre destre non sono troppe? si possono fare i bombardamenti quando spetta il compito decisivo «C’è la destra dell’irrealtà, berlusconiana. siamo al governo e le marce deldi ricostruzione morale La destra degli interessi solidi, concreti, la pace quando siamo all’oppoe civile dell’Italia». miopi, quella localistica della Lega e quella sizione». Sulle intercettazioni il Lei ha scritto che la sinistra subalterna alla compatibilità economica, gruppo del Senato si è diviso sulè «spaesata». A cosa la destra di Tremonti che dopo tanto l’opportunità di occupare l’ausi deve lo spaesamento? euroscetticismo si è trasformato in ligio la, con una strana alleanza che «Nel resto del mondo, negli esecutore delle direttive di Bruxelles. E infine ha visto dalla stessa parte il suStati Uniti, in Brasile e c’è la destra più istituzionale, quella di Fini: perdalemiano Nicola Latorre e in India, è ancora la sinistra legge e ordine, doveri, istituzioni, legalità. il fedelissimo veltroniano Giora guidare la modernizzazione. Dovrebbe essere una destra tradizionale, in gio Tonini, uniti sulla linea meIn Europa la sinistra è stata ogni Paese è così, da noi è talmente inedita nel Novecento la grande nel discorso pubblico che la consideriamo no barricadera. Rimescolare le forza della modernità. Fino nuova, moderna. E il Pd non ce la fa, carte, appunto, perché le antia quando non sono entrati è a rimorchio di una delle tre destre. Di volta che cordate sono logore. «Nelin crisi i presupposti su cui si in volta insegue l’immaginario, gli interessi e la minoranza Franceschini ha reggeva il patto tra capitale e ogni tanto stupidamente invoca il compagno scelto di fare il capogruppo e ha lavoro. La globalizzazione ha Fini, non rendendogli un bel servizio». rinunciato a fare il capocorrendistrutto la classe, la fabbrica Il Pd è la sinistra che non c’è? te, nella maggioranza tirano a fordista, perfino la soggettività «Non so neppure se nel Pd sarebbero campare, è logico che nascano individuale, oltre che tutti d’accordo a definirsi di sinistra. nuove correnti per affinità», quella collettiva. L’individuo In fondo, anche la sinistra italiana ha tre Carlo Galli. Sopra, spiega il veltroniano Stefano

“Il Partito democratico dovrebbe raccogliere la bandiera della borghesia colta e illuminista”

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da sinistra: Enrico Letta; inaugurazione dell’anno giudiziario; centrale per le intercettazioni telefoniche

è diventato consumatore e portatore di emozioni eteroguidate. Le destre si

volti. La sinistra radicale, antagonista, si è autodistrutta, si è condannata alla caricatura dei salotti e della televisione, si è dimostrata

Foto pagine 54-55: G. Carotenuto, P. Tre - A3. Pagine 56-57: A. Dadi - Agf, F. Garufi - Sintesi, A. Casasoli - A3, S. Campanini - Agf

In Italia ci sono tre destre e nessuna sinistra

inconcludente, velleitaria, parolaia e alla fine è stata massacrata da Veltroni che invertendo la lezione del vecchio Pci ha detto: “Tutti i miei nemici sono a sinistra”. C’è una sinistra laico-repubblicana, costituzionale, che ha più voce del suo peso numerico, grazie alla sua capacità di presa sull’opinione pubblica e alle sue buone ragioni, ma è guardata con una certa acrimonia, per usare un eufemismo, dalle altre sinistre. E in mezzo c’è nientemeno che il Pd: cioè tutto». E Di Pietro? Non è un altro volto della sinistra? «È di opposizione, ma non è di sinistra. Il suo è un centrismo populista a forte connotazione legalitaria. Va bene così: non è obbligatorio essere di sinistra, lo è forse in questo momento essere di opposizione. E qui il Pd ha problemi». Quali? «Il Pd non ha un’anima, ne ha troppe». Laici e cattolici, post-comunisti e post-democristiani: l’amalgama è fallito? «Per il Pci la socialdemocrazia era un insulto, inseguiva un socialismo che non era socialdemocratico, come nel resto d’Europa. Oggi che lo Stato sociale è ovunque in crisi, puntare sulla socialdemocrazia significa essere ancora dentro il Novecento. Il nuovo compromesso capitale-lavoro lo fa la Lega. I cattolici democratici sono anch’essi largamente minoritari, anche se più aggressivi degli ex Pci sulla difesa dei valori costituzionali. I comunisti sono gente ben educata, insegnavano che non serviva urlare forte, per farsi sentire bastava la potenza estrinseca del partito. Oggi la potenza non c’è più, ma gli eredi di quel partito continuano a usare i toni bassi. E tra loro c’è chi sostiene che non possiamo sceglierci l’avversario,

dunque con Berlusconi dobbiamo discutere». Bersani ripete di voler costruire l’alternativa: non è sufficiente? «Prendiamo la manovra economica. La destra dell’irrealtà vive di propaganda, ma le misure del governo sono un disastro. E si fondano su un principio fasullo: il peso della manovra si può caricare sul pubblico impiego in cambio di un maggior impegno dello Stato a far pagare le tasse agli evasori. Si scambia un sacrificio reale, il blocco degli aumenti, con un atto dovuto, far pagare le tasse a tutti, e virtuale. È una manovra politicamente sottile che colpisce magistrati e professori universitari, categorie non allineate con il governo. Di fronte a tutto questo, qual è stata la reazione del Pd? Invece di gridare che si sarebbe sdraiato sui binari, Bersani ha commentato che non è una manovra di sviluppo: la stessa reazione della Confindustria! Solo ora ci si accorge che la manovra è iniqua». In realtà Bersani ha picchiato duro, sul ministro Gelmini per esempio. Ed è tornato a frequentare le fabbriche, chiamando gli operai “compagni”. Non è un’inversione di tendenza? «A me sembra un triste déjà-vu, un viale del tramonto. Gli operai non sono più una figura sociale, non si identificano con il loro lavoro. Dal lavoro vogliono sostentamento e se sono licenziati è una catastrofe, certo, ma chiedono come tutti più welfare, più diritti, non interessa niente essere chiamati compagni. Il Pd non ha ancora scelto se essere il partito dei diritti o il partito del lavoro». Per Bersani la scelta è fatta: partito dei diritti e del lavoro. Cosa c’è che non va? «Il Pd dovrebbe disperatamente battersi per essere il partito dei diritti. Anche il lavoro è un diritto, non una variabile dell’economia.

E poi ci sono i diritti dello Stato laico, che più di tutti desiderano i cattolici. Il Pd dovrebbe agire in modo aggressivo, drammatizzare quando si attacca la magistratura o la stampa, quando si sventola la censura. Raccogliere le bandiere della borghesia colta, laica, illuminista, che non sono elitarie ma popolari. Tutto questo, però, non è il discorso pubblico del Pd. I suoi metodi e le sue parole danno l’impressione di scarsa convinzione nella lotta politica». Non ci sono alternative, però, almeno per ora. «Il Pd oggi esprime al più una resistenza, è fermo al 27 per cento, dalle mie parti, in Emilia, rischiamo di diventare come il Veneto, dove la fine dell’egemonia cattolica è stata sostituita dal nulla e poi dal mito delle piccole patrie. L’Emilia ci metterà di più, ma è un laboratorio. Quando si vota Grillo si può tornare indietro, forse. Quando si vota la Lega non si torna più indietro». Se il Pd è messo così, in quale luogo si può fare opposizione e immaginare di battere Berlusconi? «Chi ne ha voglia continui a impegnarsi nel Pd. Sapendo però che i baluardi della democrazia oggi sono altrove: il presidente della Repubblica, la Consulta, la magistratura, l’opinione pubblica». Tutta colpa del Pd e dei suoi dirigenti? O anche di una società civile che nel frattempo si è indebolita? «C’è la grande borghesia che resta a guardare, come sempre nelle fasi cruciali della nostra storia. Mentre l’Italia ha sempre più bisogno di élites: una classe dirigente non solo di politici ma di intellettuali, imprenditori, lavoratori, giornalisti. Aperta, trasparente, consapevole. È questo il tema dei prossimi anni».


ATTUALITÀ PREVIDENZA NEL MIRINO Si salvi chi può C’è una perversa eterogenesi

Da sinistra: il ministro del Welfare Maurizio Sacconi; l’aula di un liceo scientifico; il porto di Napoli. Sotto: lo stand dell’Inps al Forum della Pubblica amministrazione

Beato chi raggiungerà LA PENSIONE Momento del ritiro apriti cielo: una caterva di critiche, e non so- mesi dopo averne raggiunto i requisiti (18 se Certo, un intervento che lavoratori autonomi). L’intervento del goposticipato. Lavori lolededall’opposizione. gli interessi di un milione di persone già verno fa scomparire le sperequazioni delle fiusuranti dimenticati. nel 2011, e di una platea assai più vasta sul nestre fisse che potevano comportare per Donne del pubblico medio periodo, suscita un’allergia congeni- due lavoratori con la medesima anzianità, forze politiche. Ma c’è un altro mo- l’uno nato il 30 giugno e l’altro il 1° luglio, impiego “equiparate”. tativo:nellecome la gatta frettolosa fa i gattini cie- fino a sei mesi di differenza nell’attesa. L’eliEcco quali saranno chi, anche una manovra messa in piedi in po- minazione di questa piccola ingiustizia portempo, quale ombrello nella tempesta fi- ta però con sé un allungamento per tutti dei le categorie più colpite co nanziaria, colpisce sovente alla cieca, tanto tempi di pensionamento. Rispetto a prima, dalle nuove regole più quando affronta una materia delicata co- la nuova regola ha un costo diversificato: paDI PAOLO FORCELLINI me quella previdenziale, che incide sui progetti individuali. Ricordarsi dell’imperativo di allungare la vita attiva solo quando si ha l’urgenza di “far cassa” (si risparmieranno circa 3 miliardi fino al 2013), significa condannarsi ad aporie, contraddizioni, iniquità. llungare l’età pensionabile è Vediamone alcune tra le più rilevanti. cosa buona e giusta: ce lo Il gioco delle finestre Il perno della stretta prerammentano le più autore- videnziale è costituito dall’abolizione delle voli voci internazionali, dal finestre fisse, sostituite da una sola scorrevoFmi alla Ue; ce l’ha ripetuto le. Fuori dal gergo, chi fino a tutto il 2010 anche di recente il governatore di Bankitalia; matura i requisiti del pensionamento deve lo sostengono le maggiori forze politiche. aspettare, per l’uscita effettiva, tra un miniMa ora che il governo, nel gran calderone mo di sei mesi e un massimo di 11 per le pendella manovra del 31 maggio, ha frapposto sioni di anzianità, per quelle di vecchiaia dai una manciata aggiuntiva di mesi di lavoro tre ai cinque. Dall’anno prossimo, invece, tra i sessantenni e l’agognata quiescenza, tutti potranno andare in pensione solo 12

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radossalmente “pagano” di più i pensionandi di vecchiaia rispetto a quelli di anzianità. I primi dovranno attendere tra sette e nove mesi più di prima, se dipendenti, e tra nove e 12 se autonomi; i secondi “solo” tra uno e sei mesi in più in entrambi i casi. 40 anni non bastano Tra le più penalizzate dalla nuova finestra troviamo una fascia di lavoratori che fin qui era stata maggiormente protetta dalle ripetute riforme: quelli con un’anzianità di lavoro di 40 anni, che potevano andarsene dopo un’attesa di non più di tre mesi e con un’età anagrafica inferiore alla minima stabilita per la generalità dei casi. Ora anche i lavoratori di lunghissimo corso dovranno attendere nove mesi in più: «Questo maggior inasprimento per chi ha 40 an-

L’espresso

ni di contribuzione è indubbiamente singolare», ammette Giuliano Cazzola (Pdl), maggior esperto del centrodestra sulla partita previdenziale, lasciando intendere che forse il decreto potrebbe venire modificato. La sensazione di scarsa equità si accentua per la mancanza di misure perequative fortemente simboliche, quali l’annunciato e poi scomparso prelievo sugli assegni di quiescenza più alti: sogni d’oro per le pensioni d’oro. C’è lavoro e lavoro La Cgil - che ha indetto contro il decreto manifestazioni per il 12 e il 25 giugno - critica sotto molti aspetti le misure, ma in particolare ne sottolinea uno: l’ag-

giunta di mesi di lavoro indifferenziata. «Mica tutti i dipendenti pubblici stanno dietro a un tavolo», spiega Antonio Crispi, segretario nazionale della Funzione pubblica, «ci sono attività più usuranti, penso ai vigili del fuoco o agli addetti alle pulizie». Cazzola, che un tempo era membro della segreteria Cgil, replica: «Da due anni il provvedimento sui lavori usuranti, che stabilisce uno sconto di tre anni per il pensionamento, fa la navetta tra Camera e Senato. Ora si può mettere la parola fine a questo laborioso iter entro l’anno: giusto in tempo per neutralizzare gli effetti penalizzanti del decreto».

dei fini collegata a ogni riforma che cerca di stringere le briglie al galoppo delle pensioni: si punta ad allungare la vita lavorativa e nell’immediato si ottiene invece che una legione di lavoratori anziani anticipi la sua prevista uscita, sfruttando i requisiti già maturati e/o il “lag” temporale prima che le nuove norme entrino in vigore. Nei soli anni Novanta questo effetto non voluto si è verificato con la riforma Amato (1992), con quella Dini (1995) e con quella Prodi (1997). La Fondazione Debenedetti e il Cerp hanno approfondito il fenomeno: negli anni di quei provvedimenti i lavoratori che si sono pensionati sono stati fra i 250 e i 350 mila, contro livelli tra i 140 e i 200 mila degli anni senza innovazioni. Anche le modifiche limitate della recente manovra pare stiano provocando una reazione da “si salvi chi può”. È prematuro tentare un bilancio ma già si nota una spinta all’esodo prematuro. Ad esempio, solo all’Inps, all’indomani del provvedimento si stimava che oltre mille dipendenti avessero già compiuto i primi passi verso la quiescenza. Grande allarme, poiché l’organico dell’Istituto è sottodimensionato a causa dei blocchi del turnover. Ma poi la stima si è notevolmente ridotta. Come mai? La spinta alla grande fuga sarebbe derivata più dalla minacciata rateizzazione su più anni delle liquidazioni che dall’allontanamento, modesto, del pensionamento. Quando l’intervento sul Tfr è stato ridimensionato, rateizzandone solo la parte eccedente i 90 mila euro, in molti avrebbero deciso di non affrettarsi a sbattere la porta. Il condizionale è d’obbligo: benché poco numerosi, tra i dirigenti sono molti quelli che subiscono ancora un danno consistente per l’aggiustamento delle liquidazioni. Aggiunge Vincenzo Di Biasi, della Fp-Cgil, che la fuga sarà rilevante anche perché l’allungamento dell’età pensionabile si co-

La prova finestra Decorrenza delle pensioni con le finestre attuali e con la nuova finestra mobile. Nel calcolo non è incluso il mese di maturazione dei requisiti Attesa (in mesi) finestre attuali* Min Max

Attesa (in mesi) nuove finestre

Differenza (mesi in più) Min Max

Dipendenti Pensione di anzianità Pensione di vecchiaia AutonomI Pensione di anzianità Pensione di vecchiaia

6 3

11 5

12 12

1 7

6 9

12 6

17 9

18 18

1 9

6 12

* Con meno di 40 anni di contributi

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Giuliano Cazzola. Sotto: impiegati della Motorizzazione civile

niuga con il blocco del trattamento economico che, per ogni singolo lavoratore pubblico, nel triennio 2011-2013 non potrà superare quello del 2010. In più, il blocco colpisce doppiamente quanti speravano di ottenere negli ultimi anni una promozione: questa potrà arrivare, ma non produrrà effetti in busta paga. Nel 2014, infine, saranno rivisti i cosiddetti “coefficienti di trasformazione”, per tener conto delle proiezioni demografiche. La loro rivisitazione periodica era già prevista dalla riforma Dini, disattesa sotto questo aspetto per oltre un decennio. Poiché le aspettative di vita si stanno allungando, si tratta di rialzare l’età pensionabile. Nel 2015 non potrà comunque salire più di tre mesi. Poi, via via, ogni tre anni vi sarà un aggiornamento. Sul lungo periodo (2050), e a patto che le tendenze demografiche si confermino, le pensioni di vecchiaia per gli uomini raggiungerebbero la soglia dei 70 anni. Limitandoci al 2015, è chiaro che anche questo tipo di “ritocchi” potranno indurre molti ad andarsene prima delle revisioni. La fuga in rosa Particolarmente colpite dalla finestra scorrevole, perché più di frequente pensionate di vecchiaia, sono le donne. Quelle del pubblico impiego, inoltre, rischiano un’altra legnata, più gravosa, dopo il diktat della Ue che pretende si elevi la loro età per la vecchiaia da 60 a 65 anni fin dal 2012. Nei mesi scorsi Sacconi e Brunetta avevano

Penalizzati i lavoratori che Sanità malata Un settore raggiungono i 40 nel quale il sindacato teme «un possibile collasso anni di contributi e vedono allungarsi del servizio» è quello sanitario. Su oltre mezzo i tempi di attesa milione di addetti, esclu-

fissato un percorso che portava gradualmente a quel traguardo nel 2018. Sia che la spunti Bruxelles con il 2012, sia che si raggiunga un compromesso, avvicinando il termine ultimo al 2014-2016, si determinerà un forte incentivo a dimettersi prima che scatti la tagliola. In molti casi, comunque, le ultrasessantenni matureranno i requisiti per l’anzianità prima dei 65 anni richiesti per la vecchiaia: si stima che nel 2012 solo 2.702 donne resterebbero realmente intrappolate, di più negli anni successivi.

Confronto europeo

dendo dirigenti e medici, 84 mila hanno dai 55 anni in su, mentre circa 57 mila hanno fra i 33 e i 40 anni di anzianità. Insomma un 12-13 per cento degli occupati che, impaurito e inferocito dal combinato disposto tra continue modifiche ai requisiti pensionistici e tagli retributivi, potrebbe alimentare esodi assai superiori a quel 3,8 per cento annuo che sta già dando esiti nefasti, accoppiato com’è al blocco del turnover (solo ogni cinque uscite si può fare un’assunzione). Retributivo e contributivo «Oggi il problema centrale è ridurre le disparità tra più anziani, che ancora godono del sistema retributivo, e più giovani, in regime contributivo», sintetizza Marcello Messori. «In questa direzione va anche quest’ultimo allungamento dell’anzianità minima. Il retributivo, infatti, penalizza assai meno del contributivo chi intende lasciare presto il lavoro: ben vengano quindi dei vincoli all’uscita». L’economista sottolinea però effetti indesiderabili della manovra. In primo luogo l’allungamento dei tempi di uscita sul lungo periodo è inutilmente penalizzante per i più giovani: a mano a mano che il contributivo si generalizza, ciascuno riceve dal sistema previdenziale in proporzione a quanto versa, la lunghezza della vita lavorativa diviene una scelta senza grande rilevanza per i bilanci pubblici. Secondo Messori, per ridurre le disparità fra le varie coorti di età meglio sarebbe stato applicare a tutti, pro quota, il contributivo, magari fin dal Duemila. Infine, osserva l’ex presidente di Assogestioni, «l’uscita prematura degli anziani “retributivi” spesso dipende dalle pressioni di vario genere dei datori di lavoro». Inoltre oggi vi sono molte aziende in crisi: l’allungamento dell’età pensionabile può alimentare la disoccupazione. ■

17 giugno 2010 L’espresso

Foto pagine 58-59: D. Cristini - Sintesi, A. Zambardino - Contrasto, V. La Verde - AGF, M. Carli - LUZphoto Pagina 60: A. Dadi - AGF, A. Cristofari - A3

ATTUALITÀ


ATTUALITÀ L’EMINENZA GRIGIA DI VIA XX SETTEMBRE

Quel Vittorio ha molti GRILLI PER LA TESTA Silenzioso. Riservato. Ma in prima fila nei vertici internazionali. Consigliere di Tremonti. Pupillo di Draghi. Il sempre più potente direttore del Tesoro DI DENISE PARDO

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erudiscono futuri presidenti e capi di Stato, Rubiconi definitivi tra quelli che ci sono stati e gli sventurati che no. Così Grilli ha portato a casa due colpacci. Il segno del suo peso strategico. E l’essere riuscito a determinare due nomine non politiche nel paese più lottizzato, più politico e più filo cricca del vecchio mondo. Soprattutto visto che la mitologia narra anche quanto Beltratti fosse sconosciuto non solo a Tremonti ma persino al presidente del Consiglio di sorveglianza Intesa Sanpaolo, Giovanni Bazoli, ormai più che un banchiere, un sacerdote della finanza, forse il più grande, forse l’ultimo. Sintesi inesorabile: se Tremonti è il premier ombra, Grilli è l’ombra del premier ombra. In un posto chiave, in un momento chiave. Ombre. Si fa per dire. Nulla di meno immateriale del potere che sanno esercitare anche troppo bene. Così ora la strada del nostro, 53 anni, volto pallido dai lineamenti preraffaelliti, nei suoi vestiti lo stile dei luoghi in cui ha vissuto, milanese bocconiano, una borsa di studio della Banca d’Italia per un Phd all’università di Rochester, direttore generale da un lustro, economista di indubbio valore sti-

L’esordio ai tempi di Ciampi. Oggi portano la sua firma le due nomine più spinose del sistema creditizio

mato in campo internazionale, sembra proprio segnata. Legatissimo e fedelissimo a Tremonti di cui ha saputo conquistare la fiducia, e si sa, non è per niente facile, anche grazie alla comune ossessione per la riservatezza, Grilli è stato capace negli anni di istituire alleanze con establishment nascenti, di saper convivere nell’orbita di leadership emergenti. Nello stupore di mezzo mondo è passato indenne dall’entourage di Carlo Azeglio Ciampi a quello del professore di Sondrio, leale al governo del momento in modo tecnico e non servile, anche se non si sa mai cosa gli passi per la mente, quasi avesse un filtro incorporato per rendere asettici i suoi pensieri, nota con cura chi lo conosce bene. Attenti al professor Grilli, dunque. Dietro a Tremonti, dietro a Mario Draghi, lui è pronto per tutte le potenziali e future cariche che si potrebbero presentare, dal governo alla Banca d’Italia. Serio e composto, per alcuni perfetto nell’interpretazione di come si conviene che sia un

L’espresso

Foto: Manzonetto - Imagoeconomica, Oliverio - Imagoeconomica, A. Casasoli - A3, A. Scattolon - A3

arà perché il suo ministro, Giulio Tremonti, difficilmente si fida, e quando si fida, si fida davvero, ma due fra le nomine più complicate delle partite pubbliche (la Cassa depositi e prestiti) e bancarie (il Consiglio di gestione Intesa Sanpaolo) hanno il sigillo della sua influenza. Non che Vittorio Grilli, il direttore generale del Tesoro, il dicastero più caliente del momento, abbia fatto nulla per farlo sapere in giro. Da parte sua, mai (quasi) un’intervista. Raramente una dichiarazione. Ha scelto l’ombra, solo in attesa, probabilmente, di una luce per cui valga sul serio la pena di uscire allo scoperto. Questa volta però, il peso e la sintonia con il gran capo carismatico dell’Economia sono apparsi a tutta la comunità economica e finanziaria più assordanti del suo prevedibile silenzio. Alla Cdp, la società finanziatrice piena di dobloni controllata dal ministero e, per il 30 per cento, dalle fondazioni bancarie, è stato nominato amministratore delegato Giovanni Gorno Tempini, un galantuomo, secondo tutti molto capace, ex capo di Mittel, anche suo compagno di banco nel cda di Borsa Italiana. Alla presidenza del Consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo su cui si era aperto uno scontro politico-bancario dal quale non si vedeva la fine a causa della candidatura di Domenico Siniscalco, con un blitz riuscito alla grande è stato insediato Andrea Beltratti, allievo di Grilli quando era stato per quattro anni professore a Yale, uno di quei posticini dove si

Da sinistra: Giovanni Gorno Tempini; Vittorio Grilli; la Ue a Bruxelles; Mario Draghi

uomo del suo livello e del suo rango, per altri così ingessato da sembrare sotto un effetto total body di botulino, va in giro ma non appare, non parla e quindi non commette errori e non fa gaffe. Eppur si muove eccome, nei vertici di Bruxelles e Strasburgo, dove è lo sherpa del ministro nelle trattative internazionali, e lo si è visto in prima linea durante la crisi ellenica nello sponsorizzare il Fondo per stabilizzare l’euro nato nella culla del ministero di Tremonti, poi perfezionato in ambito Ue e alla fine digerito dall’asse franco-tedesco. Sulla faccenda, pur assediato dai giornalisti, Grilli è stato come la moglie di Lot: si è trasformato in una statua di sale. Tale e quale a Hans Tietmeyer, prima che diventasse governatore della Bundesbank. Tale e quale al suo modello comunicativo: pari a zero. Una famiglia agiata, padana e borghese, il padre, Massimo, imprenditore, la madre, Maria Ines Colnaghi, nota biologa all’Istituto dei tumori, una moglie americana, Lisa Lowenstein, e ora una nuova compagna da cui ha avuto una figlia, Grilli, medico mancato, a 29 anni comincia a insegnare a Yale (poi passerà all’università di Londra) e lì conosce il meglio, Draghi, Luigi Spaventa, Francesco Giavazzi. Sono loro, nel ’94, ad aprirgli le porte del ministero del Tesoro, nominandolo capo della direzione di Analisi economica-finanziaria e privatizzazioni. Nel

17 giugno 2010

2000, Grilli torna in cattedra, questa volta alla Bocconi, e passa un anno al Credit Suisse First Boston. È solo una pausa. Nel 2002, il ritorno a via XX settembre: è il successore dell’eterno Ragioniere generale dello Stato Andrea Monorchio, scelto da Silvio Berlusconi con Ciampi al Quirinale. Tre anni dopo, quando Siniscalco viene nominato ministro al posto di Tremonti, lo sostituisce alla direzione generale. Con lui non è amour fou, e nemmeno con Tommaso Padoa-Schioppa. Ma con il team di Tremonti, con Vincenzo Fortunato, sveglissimo e potente capo di gabinetto, con Gaetano Caputi, capo dell’ufficio legislativo, anche la sera a guardare le partite in tv (pro Inter, lui che gioca anche a calcetto, oltre che a golf). Negli anni, è stato consigliere di Enel, Wind, Alitalia, ma soprattutto si è molto dedicato all’Iit, l’istituto italiano di tecnologia di Genova, di cui è presidente del comitato esecutivo. Nel cda, siedono Gabriele Galateri, Fabrizio Saccomanni (direttore generale di Banca d’Italia, amico fraterno di Draghi), Gian Felice Rocca, Paolo Scaroni, Sergio Dompé, un bel miscuglio di Aspen, Harvard Business School, Trilateral Commission, quella di David Rockefeller e Zbigniew Brzezinski, insomma i “padroni del mondo”, (quelli che lo sono e quelli che ambiscono a esserlo), direbbe Tom Wol-

fe. Ma l’Iit, nato per sovvenzionare e incentivare la ricerca, è stato oggetto di polemiche da parte di centri di eccellenza e università, infastiditi dal ricco portafoglio, un miliardo in dieci anni. Una cifra notevole: cento milioni ogni dodici mesi erogati proprio dal ministero dove Grilli è direttore generale. Emblema della nuova generazione di civil servant o grand commis (l’altro è Lorenzo Bini Smaghi, membro della Bce e prima o poi i due incroceranno i loro destini), Grilli, umanamente definito al massimo «civile»o «cortese» mica da chi ne diffida, no, da chi lo stima e molto, (ma in un articolo sul vino, di cui va pazzo, chiestogli dall’economista dalemiano Nicola Rossi parla di amore «intenso e coinvolgente», di «riscoperta dell’uso dei sensi»...) manda avanti il suo progetto ambizioso, nuotando mediaticamente controcorrente, e certo questo è strepitoso. Siede su una poltrona che porta bene, che finora non ha deluso. È stata di Draghi e di Siniscalco. Come non insegnano a Yale, ma dicono al bar, non c’è due senza tre. ■

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ATTUALITÀ

TRA PUBBLICO E PRIVATO

Pelaggi torna al governo, ancora al seguito del ministro Prestigiacomo. E parte una nuova girandola di incarichi. L’ultimo, il più difficile è quello alla Sisas. Non c’è tempo da perdere. Il lavoro va completato entro la fine dell’anno. Altrimenti l’Unione europea minaccia una multa di oltre 200 milioni al governo di Roma per non aver risolto un’emergenza ambientale che si trascina dal 2001, quando la Sisas, un’azienda chimica, fallì lasciandosi alle spalle una montagna di veleni in un’area alle porte di Milano, tra i comuni DI VITTORIO MALAGUTTI di Pioltello e Rodano. Nei mesi scorsi, travolto dalle indagini della Procura di Milano, è finito fuori gioco l’imprenditore Giuseppe Grossi. Nel 2006 l’allora ministro Alfonso Pecoraro ne fa Pelaggi, ancora lui, ha indossato una Scanio e il governatore lombardo Robernuova divisa: quella di commissario dele- to Formigoni si erano affidati a lui per rigato per la bonifica dell’area inquinata ex solvere la questione. Sisas. Lo ha deciso la presidenza del Con- Niente da fare. E così, una bonifica che dosiglio, su proposta della Protezione civile. veva restare totalmente a carico dei privaAgenda fitta, non c’è che dire. Per Pelag- ti ora verrà pagata con i soldi pubblici, cogi, in quota Pdl, la svolta di carriera arri- me minimo 50 milioni (ma forse diventeva nel 2001, quando il neo ministro Pre- ranno 70). Il problema maggiore, al mostigiacomo lo chiama alla segreteria tecni- mento, sembra quello di trovare una dica del dicastero delle Pari opportunità. Sa- scarica pronta a ospitare i veleni più perirà un caso, ma di lì colosi, almeno 50 mila tonnellate di terrein avanti l’avvoca- ni inquinati da mercurio. «Ce la faremo», to calabrese (è na- ha risposto Pelaggi. Che ha promesso il to a Catanzaro), massimo impegno anche a chi ha sollevagià responsabile to la questione dei suoi molteplici incaridel servizio legi- chi. E il resort adagiato sulle colline toscaslazione di Con- ne, ristrutturato e rilanciato con svariati findustria, fa in- milioni di euro di investimenti, fornito di cetta di consulen- piscina, centro fitness campi da calcetto e ze da gruppi priva- tennis? Niente paura. Il braccio destro del ti e pubblici: Pirel- ministro Prestigiacomo può contare su un li, Telecom, Fin- socio importante, un socio celebre. Si siel, Ferrovie dello chiama Paolo Rossi, faceva il calciatore. Stato. Nel 2008 Proprio lui, il popolare Pablito centravanti della Nazionale campione del Stefania Prestigiacomo. Sotto: Luigi Pelaggi; l’area ex Sisas da bonificare mondo nel 1982. ■

IL COLLEZIONISTA DI POLTRONE

Consulente. Manager. Ora anche commissario alla bonifica ex Sisas. Carriera in ascesa per Luigi Pelaggi

uigi Pelaggi sembra un uomo soddisfatto di sé. Dal sito Internet del suo splendido resort toscano annuncia: «Ho finalmente realizzato il grande sogno di costruirmi una vita a contatto con la natura». Beato lui. Ma riuscirà mai Pelaggi a trovare il tempo di godersi la bellezza delle colline tra Arezzo e Siena dove «le stagioni sono scandite dai colori»? Mica facile. Il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo lo ha messo a capo della sua segreteria tecnica. Il sindaco di Roma Gianni Alemanno lo ha spedito nel consiglio di amministrazione dell’Acea quotata in Borsa. Ma di recente, per questo avvocato cinquantacinquenne, titolare di un avviato studio nella capitale, la lista degli impegni si è fatta ancora più lunga. Non bastasse l’incarico di amministratore della Sogesid, l’azienda pubblica che fornisce progetti e consulenze in tema ambientale, l’anno scorso Pelaggi è diventato anche commissario straordinario per l’emergenza idrica nelle isole Eolie. Una nomina in stile Bertolaso, firmata da Silvio Berlusconi per far fronte a una delle tante urgenze segnalate dalla Protezione civile. Non è finita, perché poche settima-

Foto: E. Brandi - Fotogramma, F. Cavassi - AGF, A. Casasoli - A3

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L’espresso 17 giugno 2010


TITOLI KILLER CON TANGENTE

Fondi neri tra banche, faccendieri e politici per l’acquisto dei derivati. Dalla Lombardia alla Sicilia DI PAOLO BIONDANI

aligie piene di denaro che arrivano dalla Svizzera, attraversano clandestinamente l’Italia e finiscono in una stanza di Palermo. Grandi banche internazionali che accreditano bonifici milionari a società anonime indicate da politici e affaristi italiani. Consulenti pubblici che si fanno pagare in nero nei paradisi fiscali. Un ex parlamentare che usa come cassaforte la banca interna del Senato. E banchieri d’assalto che si dividono la

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torta con mediatori e prestanome. Eccole qui, le prime immagini della faccia nascosta del “pianeta derivati”. Mentre i cittadini onesti pagano il costo di una crisi nata dalla mala finanza, una serie di inchieste cominciano a svelare una Tangentopoli segreta, nata proprio negli anni del boom dell’ingegneria finanziaria. Solo la Procura di Milano, con varie istruttorie collegate, indaga su un giro di mazzette e fondi neri per oltre 30 milioni di euro. Soldi usciti dalle casse dei più indebitati enti pubblici in

coincidenza con le più acrobatiche operazioni finanziarie di indebitamento. UNA MINA VAGANTE I contratti derivati sono una mina vagante che minaccia i conti del sistema Italia. Sulla carta dovrebbero servire per ridurre rischi futuri, come una specie di assicurazione: ad esempio per limitare i danni del rialzo dei tassi, del crollo dell’euro o di altri imprevisti. In pratica però funzionano come una scommessa. E a vincere il gioco sono quasi sempre le banche. La più recente rilevazione della Banca d’Italia (marzo 2010) conferma che 13 Regioni, 28 Province, 371 Comuni e 14 università o società pubbliche hanno debiti enormi, per almeno 21 miliardi e 813 milioni, tuttora agganciati a derivati firmati con banche domiciliate in Italia. Gli stessi tecnici di Bankitalia scrivono però di non poter controllare i contratti-scommessa stipulati con colossi stranieri: la stima è che il debito totale sia almeno doppio. Il governatore Mario Draghi ha denunciato più volte, già dal 2007, che questi contratti «molto complessi, opachi e rischiosi» nascondono «costi occulti» a favore delle

L’espresso

Foto: Olycom, A. Condorelli - Otn, A. Cesareo - Fotogramma, G. Gerbasi - Contrasto

ATTUALITÀ SCANDALI E PARADISI FISCALI

banche che, in cambio, permettono ai politici in carica di scaricare i debiti sulle amministrazioni future. Solo i derivati made in Italy, se fossero stati chiusi già in marzo, avrebbero provocato perdite per un miliardo e 113 milioni. Invece il passivo non è registrato nei bilanci ed esploderà all’improvviso solo alla scadenza dei derivati, cioè in gran parte tra il 2013 e il 2029. Dopo la crisi è arrivato il divieto: dal 2008 gli enti locali non possono più fare contratti così pericolosi. Ora le inchieste cominciano a svelare il perché dei tanti derivati precedenti. DAL GIAPPONE ALLA SICILIA La prima pista investigativa si apre a Palermo nel 2006, quando un politico arrestato per mafia e poi diventato collaboratore di giustizia, Francesco Campanella, inizia a parlare di rapporti economici sotterranei tra l’allora governatore Salvatore Cuffaro e Marcello Massinelli, consulente finanziario della Regione e suo rappresentante, tra l’altro, nel cda del Banco di Sicilia. Sotto accusa c’è il gigantesco affare della cartolarizzazione dei debiti della sanità siciliana. I verbali del pentito finiscono a Milano, dove il procuratore aggiunto Alfredo Robledo sta già indagando sui derivati di quattro banche estere che hanno aperto una voragine da oltre 100 milioni nei bilanci del comune lombardo. In Sicilia i contratti con la giunta Cuffaro se li è aggiudicati Nomura, il colosso bancario di Tokyo. La Guardia di Finanza scopre che l’istituto giapponese ha versato 3 milioni e 115 mila euro alla società Rossini srl di Palermo, controllata proprio da Massinelli e da Calogero Fulvio Reina, un altro fedelissimo di Cuffaro. A quel punto il vertice di Nomura a Londra decide di collaborare e manda in Italia nuove carte: l’istituto conferma di aver versato altri 15 milioni su conti offshore gestiti sempre da Reina e Massinelli. In totale, la banca giapponese ha accreditato 18,5 milioni ai due siciliani mentre la regione del governatore Cuffaro, con quei derivati da 670 milioni di euro, si indebitava per de-

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cenni. I soldi esteri, però, non sono rimasti in mano ai due soci: sono stati divisi tra almeno 9 conti off shore. Un bonifico di 800 mila euro risulta intestato, in Lussemburgo, a un dirigente italiano di Nomura. In attesa delle rogatorie sul caso Sicilia, l’inchiesta inizia a disegnare un nuovo scenario generale: comitati d’affari, formati da fiduciari di banchieri e di politici, che si spartiscono la grande torta dei derivati-killer delle finanze pubbliche italiane. IL CONTO AL SENATO Le carte di Nomura fanno emergere un secondo fiume di denaro. La banca giapponese ha versato altri 5,9 milioni a un ex parlamentare socialista, Tommaso Mancia, morto d’infarto nel dicembre 2007, quando era stipendiato dal governo come presidente dell’Osservatorio per le piccole e medie imprese. Mancia, secondo i documenti riservati della banca nipponica, si era fatto accreditare 2 milioni e 325 mila euro, il 16 giugno 2007, sul conto 9981 aperto nella banca interna del Senato, a Palazzo Madama. Gli altri 3 milioni e mezzo, Nomura glieli ha versati su due conti off shore, da cui però sono usciti verso altri destinatari finali: 200 mila euro risultano accreditati a un altro ex parlamentare socialista, Nicola Putignano, altrettanti a uno studio legale di Roma e 1,8 milioni sono stati cambiati in assegni circolari, di cui ora si cercano i beneficiari. Mancia, un politico delle Marche, sarebbe stato pagato per favorire Nomura anche nella rinegoziazione dei maxi derivati con la Regione Calabria, che hanno garantito alla banca profitti per oltre 34 milioni (25 al netto delle “consulenze”). E molti altri soldi calabresi sono finiti a società intestate al braccio destro (ed ex socio) di uno dei massimi dirigenti di quella Regione, nel frattempo assunto da una banca di Londra concorrente di Nomura.

IL RUOLO DEGLI INTERMEDIARI Il 17 otto-

bre 2002 la Regione Lombardia si è indebitata per un miliardo di dollari con un bond agganciato a derivati di Ubs e Merrill Lynch. L’ente pubblico aveva negato che fossero stati pagati intermediari. Nei file sequestrati al Pirellone, però, la Finanza ha scoperto che i documenti erano stati creati da una società di Napoli, la Fincon srl, controllata da due consulenti, Gianpaolo e Maurizio Pavesi. Nei loro computer sono spuntate due e-mail con cui una dipendente li informava di aver «eliminato» tutte le carte sui derivati con enti pubblici, tra cui «Lombardia, Campania, Lazio e Marche». Poi, dopo una perquisizione, la stessa Merrill Lynch ha comunicato che, dal 2001 al 2005, aveva versato 4,2 milioni alla Fincon. Ma non basta: la banca inglese ha documentato di aver bonificato altri 5,4 milioni a una società off shore indicata dagli stessi fratelli Pavesi. Quindi anche Ubs, sede di Londra, si è ricordata di aver pagato 9 fatture da 724 mila euro per altri derivati italiani targati Fincon. CONSULENTI E PROVVIGIONI A questo punto la Procura di Milano ha decine di contratti riservati da cui risulta che consulenti napoletani, romani, siciliani, marchigiani, pugliesi o calabresi, spesso legati a doppio filo alla politica, hanno incassato «provvigioni» milionarie dalle banche internazionali. Con la promessa, sempre realizzata, di favorire la stipula di derivati disastrosi per gli enti pubblici. Nel quinquennio d’oro 2001-2005, in particolare, i colossi stranieri hanno conquistato contratti enormi con regioni come Lazio, Lombardia, Puglia, Abruzzo, Umbria, Toscana e Liguria, con la Provincia di Milano e con decine di comuni, da Verona a Venezia, Firenze e Pozzuoli, pagando ogni volta stranissime mediazioni: non in Italia, ma su conti rigorosamente off shore. ■

I contratti sottoscritti dagli enti locali e che mettono a rischio i conti del sistema Italia

Tommaso Mancia. A destra: Salvatore Cuffaro. In alto: le nuove sedi di Lombardia e Calabria


ATTUALITÀ

ISTITUTI DINASTICI

FAMIGLIE VULCANICHE All’Istituto di geofisica le assunzioni si possono prevedere meglio delle scosse. A giudicare dal numero di figli, mogli, mariti e nipoti

DI STEFANIA MAURIZI

il mantra che ripetono dal giorno del sisma che ha distrutto L’Aquila e fatto 300 vittime. I terremoti non si possono prevedere. Ma c’è un campo in cui si possono azzardare vaticini: è quello delle assunzioni all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia (Ingv), il centro di ricerca di riferimento per lo studio dei terremoti in Italia. Parenti eccellenti, figli, mogli, mariti e nipoti. Basta prendere l’elenco del personale Ingv e la “meccanica” dei posti di lavoro non sarà un’impresa impossibile come la previsione delle scosse. Franco Barberi, Enzo Boschi, Gian Michele Calvi, Giulio Selvaggi, Claudio Eva, Bernardo De Bernardinis e Mauro Dolce. Sono questi i nomi finiti sul registro degli indagati per il mancato allarme a L’Aquila: i primi cinque sono le eminenze grigie dell’Ingv di cui è presidente Boschi, mentre De Bernardinis e Dolce sono ai vertici della Protezione civile di Bertolaso. Un migliaio di dipendenti tra precari e stabilizzati, fondi per una novantina di milioni di euro, di cui una grande fetta elargita dalla Protezione civile (21,5 milioni all’anno), l’Istituto è guidato da Enzo Boschi da ben 27 anni. Perfino il presidente della Repubblica dopo sette anni decade, ma il presidente dell’Ingv no: lui regna. Dato per finito in ognuno dei mille e passa riordini ministeriali dell’Istituto e poi puntualmente riconfermato, intelligente quanto basta da circondarsi anche di ricercatori brillanti, inserito in partnership importanti (come quella con Selex Communications del gruppo Finmeccanica) Boschi sa navigare nelle acque tempestose della politica e del sottopotere accademico. E la mappa delle parentele all’Ingv lo dimostra. Maria Luisa Carapezza, primo ri-

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cercatore in sismologia, è la moglie di Franco Barberi, presidente vicario della Commissione grandi rischi e membro del Consiglio di valutazione scientifica dell’Ingv. Elena Eva, ricercatrice al Centro nazionale terremoti di Genova, è la figlia di Claudio Eva, della Commissione grandi rischi nonché rappresentante della presidenza del Consiglio nel direttivo dell’Istituto ed ex candidato a sindaco di Genova per Forza Italia. Stefano Solarino, primo ricercatore al centro nazionale terremoti di Genova, è il genero di Claudio Eva: il marito di Elena. Fedora Quattrocchi, dirigente della sezione di sismologia che ha gestito importanti consulenze per Eni ed Enel, è parente del presidente della provincia di Roma, Nicola Zingaretti, nonché nipote di un importante cattedratico: il professor Enrico Bonatti. Maurizio Pignone, tecnologo del centro sismologico a Grottaminarda, in Irpinia, è il nipote di Raffaele Pignone, responsabile del servizio geologico e sismico della Regione Emilia Romagna. Stefano

Un laboratorio e l’esterno dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia. In alto: Enzo Boschi

Chiappini, tecnologo della sezione geomagnetismo, è il fratello di Massimo Chiappini, dirigente dell’Istituto. Del potente direttore generale, Tullio Pepe (che, due mesi prima della bufera degli avvisi di garanzia, è andato fino alla Camera per far conoscere il lavoro dell’Ingv ai deputati e alla governatrice del Lazio, Renata Polverini) si conta, nell’organico, almeno un cugino (Gianclaudio Franceschelli). La parentopoli tocca tutti i ceti sociali: dai rampolli dei diplomatici (Floriana Paparo, figlia dell’addetto scientifico dell’Ambasciata d’Italia in Argentina) a quelli dei sindacalisti (Monia Maresci e Iolanda Cesarino, figlie dei segretari della Uil e Cisl Ricerca) fino ai parenti delle guardie giurate. Tutti alla ricerca di un posto fisso a prova di scosse. ■


ATTUALITÀ

SOFISTICAZIONI ALIMENTARI

LA BANDA DEL VINO Un milione e mezzo di litri sequestrati. E un sospetto: dietro c’è lo stesso gruppo di adulteratori dello scandalo di due anni fa

DI PAOLO TESSADRI

o scandalo è stato inutile. penali» per gli stessi Due anni fa scattò l’allarme reati. Gli inquirenti su una colossale centrale del presumono infatti vino adulterato, che da che, dietro l’imprenoscure cantine della Puglia ditore tarantino di finiva in bottiglie dai marchi insospetta- Ginosa, agisca sembili (vedi “L’espresso” n.14 del 2008). E pre la stessa banda di sofisticatori e voglio- scia a terra gli acidi che al contatto con oggi la Forestale crede che la stessa ban- no chiarire ogni complicità. l’aria vanno in ebollizione. Dentro quelle da sia ancora all’opera e inondi negozi e Si tratta di quantità industriali sfuggite al- vasche ci sono «prodotti vinosi del tutto supermarket italiani con etichette che ce- la rete dei controlli. Come è stato possibi- differenti dal prodotto alimentare vino», lano prodotti molto poco genuini. le? A fine di luglio i dieci imputati per lo ottenuti «mediante pratiche enologiche ilAll’epoca tutto partì da una misteriosa scandalo del vino di Massafra compariran- lecite», scrive il procuratore: di uve, infatti, cantina di Massafra (Taranto) poi, alla fi- no davanti al gip, dopo la richiesta di rin- non c’è traccia, «in realtà mai o solo in inne di febbraio, gli ispettori del Corpo han- vio a giudizio formulata dal procuratore di fima parte utilizzate». Ma dei 70 milioni di no fatto una nuova scoperta in due azien- Taranto Pietro Argentino. Più ancora dei litri partiti da lì, ne sono stati «certamente de di Casoli e Perano (Chieti): vasche con capi d’imputazione del pm, ora c’è un video individuati» solo 16. Gli altri è probabile quasi un milione e mezzo di litri destinati esclusivo che mostra come veniva “confe- che siano finiti sulle nostre tavole. ad essere venduti come vino da tavola. zionato” quel cosiddetto vino. Il video do- Secondo l’atto d’accusa, la banda avrebbe Dalle prime analisi è risultata l’adultera- veva essere distrutto ma “L’espresso” è riu- goduto di protezioni nel municipio di Maszione e ora sono in corso le controverifiche scito invece a entrarne in possesso: un bro- safra dove sono inspiegabilmente spariti i di laboratorio. Tutto il prodotto proveni- dame verdastro esce dai silos che dovreb- documenti di trasporto dal registro delle va da una ditta di Ginosa Jonica, in provin- bero contenere vino. Dentro si trovano fer- convalide della Tirrena vini, la terza aziencia di Taranto, non lontana da Massafra. tilizzanti, prodotti ogm, acido cloridico, da sotto accusa che aveva sede sempre nelGli investigatori sospettano intrecci allar- solforico e fosforico, glicerina, lieviti, solfa- lo stesso stabilimento delle altre due. Gli manti: esisterebbe fra i due responsabili ti di vario genere. Questo è il prodotto del- ispettori scrivono che «il fascicolo è stato delle aziende di Casoli e Ginosa un «soda- la Enoagri export e della VMC: la base di intenzionalmente sottratto o occultato lizio criminoso» per la produzione e ven- quel liquido è acqua, presso il comando della Polidita di «prodotti vinosi sofisticati», che concimi e acidi. Il vizia municipale». Ma proprio www.espressonline.it potrebbe portare direttamente ai produt- deo si conclude con la documentazione sparita e tori di Massafra. Un sodalizio non nuovo un agente che rove- Sul sito de “L’espresso” gli accertamenti fanno temeil video choc della all’adulterazione, per la prere che siano ben più di 70 miSotto e a destra: controlli in due perquisizione della Forestale senza di «gravi precedenti aziende abruzzesi. In alto: un vigneto lioni i litri partiti dalla centranella cantina del vino le di adulterazione. Alla facadulterato di Massafra cia dei tanti che si impegnano

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Foto: Corbis

LA CANTINA DI VELENITALY Fotografa questo codice e vedi le immagini dal tuo cellulare A pagina 31 le istruzioni per attivare il servizio

per difendere la qualità dell’enologia italiana. ■


ATTUALITÀ UN SETTORE ALLO SBANDO

Una fase di Svizzera-Italia. A sinistra: la piscina del nuoto a Roma. Sotto: un match dell’Armani Jeans e, accanto: Giancarlo Abete, Franco Carraro, Mario Pescante e Rocco Crimi

LE MANI SULLO SPORT Dagli organismi internazionali alle federazioni nazionali i nostri rappresentanti sono politici riciclati e burocrati incompetenti

importante è partecipare. Vincere, se si può. Organizzare lo lasciamo agli altri. Noi siamo un popolo di calciatori, di ciclisti, di sciatori. Ogni trenta o quarant’anni persino di tennisti. Francesca Schiavone, vincitrice degli Internazionali di Francia, piace perché ha fatto un miracolo, come l’Italia di Marcello Lippi nel 2006. Ma mettersi lì a costruire stadi, collegamenti, strutture. Troppo facile. Persino in Sudafrica sono capaci. Tre anni fa, nella Nazione arcobaleno c’era un solo impianto, l’Ellis park di Johannesburg, più o meno pronto per i Mondiali. In molti pensavano che il Continente nero avrebbe mancato l’incontro con la storia. Invece, venerdì 11 giugno 2010 arriva puntuale il calcio di inizio. E l’Italia? Deve accontentarsi del talento dei suoi atleti. Quando scendono in campo politici e manager, la débâcle è dietro l’angolo. In pochi mesi abbiamo perso l’occasione di ospitare due Mondiali di sci,

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il Mondiale di basket del 2014 e quelli di rugby del 2015 e del 2019. Avremo gli Europei di volley maschile di quest’anno e i femminili del 2014, ma la pallavolo non è propriamente la locomotiva del Pil, come sa essere il football. Nel prossimo mese di dicembre saranno assegnati i Mondiali di calcio del 2018 e 2022 e l’Italia non è candidata. Era occupata a farsi bocciare, pochi giorni fa, come paese organizzatore degli Europei del 2016. Alcuni se la sono presa con le manovre di Michel Platini, numero uno della federazione continentale (Uefa). In quanto francese, Platini avrebbe spudoratamente favorito la Francia. Ma ci ha battuto anche la Turchia. Alla riunione decisiva per la Francia era presente Nicolas Sarkozy. Per la Turchia, c’era Abdullah Gul. Ambedue giocano nel ruolo di presidente della Repubblica. L’Italia aveva il sottosegretario Rocco Crimi, ex consulente farmaco-

logo dell’As Roma e del Coni, e il presidente della Federcalcio Giancarlo Abete, fratello minore del più noto Luigi. In Francia, la delegazione Uefa è stata ricevuta da sette ministri. In Italia, oltre a Crimi che non pratica la lingua di Shakespeare, c’era Gianni Letta, mentore del presidente del Coni Gianni Petrucci. Letta, preso da ben altri problemi, ha passato larga parte dell’incontro a parlare al telefono. Prima degli Europei di calcio del 2016 avevamo perso quelli del 2012 contro Ucraina e Polonia. Anche lì ci eravamo

L’espresso

Foto: V. Pennicino - Getty Images, Olycom, C. Scaccini - Olycom, G. Carotenuto - Imagoeconomica, S. Carofei - Agf, V. La Verde - Agf (2)

DI GIANFRANCESCO TURANO

detti: polacchi e ucraini non ce la faranno. Invece forse sì, ce la fanno. Noi, però, in due anni di legislatura non siamo ancora riusciti ad approvare l’unica legge bipartisan in circolo per il Parlamento, quella sui nuovi stadi presentata da Alessio Butti (Pdl) e Giovanni Lolli (Pd). È passata alla Camera ed è ferma al Senato da nove mesi. Per una norma analoga i francesi ci hanno messo 20 giorni. «Il governo, ma direi il Paese», sostiene Lolli, sottosegretario allo sport quando Giovanna Melandri era ministro, «non ha la cultura per capire che lo sport non è solo salute ma anche un volano di business e un’occasione per reimpostare un territorio, come hanno fatto i tedeschi con i Mondiali di calcio del 2006». E come hanno appena fatto i sudafricani, con un even-

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to che produrrà 7 miliardi di euro di ricavi più un indotto sul Pil locale stimato in circa 800 milioni di euro. Almeno per dieci anni l’Italia non avrà grandi eventi sportivi di livello mondiale. Ci potrebbero salvare le Olimpiadi del 2020. Lì siamo in corsa, sempre a modo nostro. Abbiamo iniziato con un assurdo derby fra Venezia e Roma che ha lasciato strascichi. Imbufalite dalla sconfitta di Venezia, la Lega e mezza imprenditoria del Nord sono pronte a mettere i bastoni fra le ruote di Gianni Alemanno. Il sindaco della capitale per ora procede in beata solitudine. Cioè nel modo meno adatto a creare la macchina da guerra politico-diplomatica necessaria ad assicurarsi i 112 voti del Comitato olimpico internazionale (Cio), dove svernano alcune vecchie glorie della politica sportiva nazionale, non si sa quanto influenti sullo scacchiere globale. Di certo, hanno dalla loro l’esperienza. Franco Carraro, 70 anni, è membro del Cio dal 1982 dopo avere esordito come presiden-

te della Federazione sci d’acqua a 23 anni. Uomo di ottime amicizie, a cominciare dal presidente delle Generali Cesare Geronzi, negli ultimi quattro anni Carraro si è impegnato con successo a tirarsi fuori dalle vicende di Calciopoli. Primo italiano ad essere eletto vicepresidente del Comitato olimpico mondiale è Mario Pescante, 71 anni, una carriera nel Coni fino alle dimissioni per lo scandalo del laboratorio antidoping dell’Acqua Acetosa nel 1998. Poco dopo è iniziata la sua carriera da parlamentare di Forza Italia. Nel Cio siedono anche Ottavio Cinquanta, 71 anni, presidente della Federazione internazionale pattinaggio, e Francesco Ricci Bitti, 68 anni, già manager di Olivetti e Telecom Italia con incarichi nella Federtennis. Completa la lista il membro onorario Manuela Di Centa, ex campionessa di sci di fondo e deputata Pdl dal 2006. Ce la faranno i nostri eroi? Al momento, il dossier Roma 2020 è illustrato da un video di quattro minuti con immagini della città prese da Google earth e una colonna sonora a metà fra “Il Gladiatore” e “Con te partirò” di Bocelli. Ci sono anche i tre cortometraggi premiati alla festa promozionale di fine aprile da Gianpaolo Letta, amministratore delegato di Medusa-Fininvest e figlio di Gianni. Tracce di berlusconismo diffuso emergono anche dalla pallacanestro. Quello che era il secondo sport italiano, nonché la federazione di provenienza di Petrucci (Fip), è un disastro agonistico-organizzativo senza paragoni. Dopo un commissariamento, la Fip è oggi guidata all’ex pivot della nazionale Dino Meneghin. Il rilancio manageriale è stato affidato a una struttura Grandi Eventi ad hoc guidata dal consigliere Fininvest Ubaldo Livolsi, l’inventore dell’operazione Wave con la quale è stata quotata Mediaset in Borsa nel 1996. Livolsi ha scarsa esperienza di sport ma importanti relazioni internazionali visto che è ambasciatore di San Marino presso la Repubblica Serba, terra di grande basket. Con Li-

Almeno per dieci anni il nostro Paese non avrà eventi sportivi di livello mondiale 73


ATTUALITÀ

Le Olimpiadi invernali di Torino hanno comportato per la Federsci 11 milioni di euro di debiti

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spesa per risorse umane, invece, è passata da 34 a 48 milioni di euro. E non certo per colpa degli atleti. Le medaglie olimpiche di Vancouver 2010 costeranno 1,8 milioni di euro ai quali vanno aggiunti 1,4 milioni spesi per i materiali tecnico-sportivi. I delegati Coni all’estero, ambasciatori di scarso successo dello sport italiano, costano da soli 500 mila euro l’anno e Coni servizi, la spa del Coni, ne spende 7,5. Ogni tanto qualche vicenda finisce alla Corte dei conti. Ma ci vuole qualcosa di clamoroso, come una ex consorte molto arrabbiata. È successo alla Federpattinaggio (Fihp). La giunta del Coni ha trasmesso alla procura generale della magistratura contabile gli atti relativi al presidente Fihp Sabatino Aracu, deputato Pdl indagato per Sanitopoli in Abruzzo. A premere su Petrucci perché deferisse Aracu è stata l’ex moglie del parlamentare aquilano, Maria Maurizio. A parte queste fiammate, nella storia dello sport italiano ci sono scarse tracce di interventi da parte dei giudici amministrativi. Forse non è un caso. Fra i ranghi del Coni, della Federcalcio e delle altre federazioni, figurano vari membri del Tar, del Consiglio di Stato e della Corte dei conti. C’è Dante D’Alessio, magistrato del Tar della Campania e presidente della Corte federale della pallacanestro. Da capo di gabinetto del ministro Melandri D’Alessio ha dato parere favorevole al doppio stipendio di Petrucci (Coni più Coni servizi) per un totale di 403 mila euro l’anno. Sempre al Tar lavorano Leo-

nardo Spagnoletti, Roberto Proietti, Salvatore Mezzacapo, Carlo Polidori, Silvestro Maria Russo, Giuseppe Chinè, Mario Alberto Di Nezza, Giancarlo Coraggio. A fine 2009 è invece uscito dalla corte federale della pallacanestro il prefetto Vittorio Stelo, consigliere di Stato e direttore del Sisde dal 1996 al 2001. Sono incarichi gratuiti, compensati con modesti gettoni di presenza, fra 50 e 100 euro a seduta. Ma sono comunque apprezzati dai giudici. Male che vada, c’è il posto in tribuna vip. Ma il potere dello sport va oltre, come sa Pasquale De Lise. L’ex presidente del Tar del Lazio e oggi presidente aggiunto del Consiglio di Stato è arrivato in Federcalcio nel 2001, sotto la presidenza di Carraro, con l’incarico di presidente della Corte federale. In seguito, De Lise ha portato con sé fra i giudici sportivi il genero Patrizio Leozappa. Entrambi sono stati intercettati al telefono con Angelo Balducci. Gli uomini della cricca avevano individuato in De Lise colui che poteva sbloccare i cantieri dei Mondiali di nuoto di Roma 2009 realizzati dalla struttura Grandi Eventi della Protezione civile e sequestrati dalla magistratura che a fine aprile ha chiesto 33 rinvii a giudizio. I Mondiali di nuoto, come la disastrosa coppa del Mondo di Italia 1990, sono pessimi precedenti. Ha chiuso in deficit anche il Mondiale di ciclismo di Varese del 2008 mentre le Olimpiadi invernali di Torino hanno comportato per la Federsci uno stato di pre-bancarotta con 11 milioni di euro di debiti, oltre 6 milioni di deficit e una lista di albergatori stranieri che non facevano entrare i nostri atleti perché volevano prima vedere i soldi degli arretrati. «È stata dura», dice il presidente della federazione sport invernali (Fisi) Giovanni Morzenti, «ma ce l’abbiamo quasi fatta. Evidentemente gli strumenti per controllare gli sprechi ci sono». Morzenti è stato rieletto alla Fisi da poco e per pochi voti. Il suo avversario Carmelo Ghilardi aveva uno sponsor eccellente che si è molto speso a suo sostegno, il ministro degli esteri Franco Frattini. Che c’entra la Farnesina con lo slalom speciale? Frattini è anche maestro di sci e futuro sposo di Stella Coppi, figlia dell’ex presidente Fisi Gaetano. Ciò dimostra che la poliLo spettacolo per la candidatura tica si interessa di sport. Purché vi siadi Roma alle Olimpiadi 2020 no sane ragioni private. ■

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: I. Bonotto / EIDON

volsi puntiamo agli Europei del 2013. Meneghin ha ulteriormente rafforzato la struttura nominando al marketing della Federbasket Nicola Tolomei, suo socio d’affari in tre srl (Sicom, Media events group e Dynamit) e dotato di un budget spesa da 800 mila euro. Gli insider dicono che Petrucci sia scontento dell’andazzo generale. Il presidente del Coni moltiplica le sue visite alla chiesa romana di San Lorenzo in Lucina nel tentativo di conservare la sua proverbiale pazienza bipartisan. Ma non è facile. Da una parte, il Coni è l’unico ente pubblico a non avere subito in due anni tagli da Giulio Tremonti, anche se il Mef si è rivalso abolendo il dicastero dello sport istituito da Romano Prodi e cancellando 200 milioni di fondi ministeriali per l’attività di base. D’altro canto, il controllo del denaro trasferito dal Foro Italico alle federazioni (247 milioni di euro su una dotazione complessiva del Coni di 475) resta un punto dolente. Le sforbiciate al bilancio statale non sembrano avere toccato i colabrodo contabili delle federazioni. Un dato lo prova. Fra il 2008 e il 2009 i contributi per l’attività sportiva sono rimasti fermi a quota 198 milioni di euro. La


QUANTE LITI SULLE DOLOMITI

Un anno fa sono diventate Patrimonio dell’umanità. Ma i piani di sviluppo sono fermi perché le cinque province e le tre regioni sono divise. Su tutto DI FRANCO BREVINI

l malumore serpeggia soprattutto tra gli operatori turistici, che lamentano di non avere visto ancora nulla di concreto. Ma anche fra la popolazione nessuno sa niente e per ora il riconoscimento sembra restare sulla carta. È trascorso ormai un anno da quando le Dolomiti sono entrate a far parte del Patrimonio dell’umanità, ma per i nove gruppi dolomitici interessati, che si stendono su un’area di 231 mila ettari, suddivisa fra le province di Trento, Bolzano, Belluno, Pordenone e Udine, nulla sembra cambiato. A bloccare tutto sarebbe la conflittualità tra i partner istituzionali: cinque province, tre regioni di cui due autonome e l’altra no, divergenti colorazioni politiche. Peccato, perché su 176 siti naturali col bollino Unesco, l’Italia è rappresentata solo dalle Eolie e dalle Dolomiti. L’impegno preso riguarda la valorizzazione dal punto di vista culturale e naturalistico, la promozione di studi e ricerche scientifiche, la valorizzazione turistica ecosostenibile da parte della popolazione e il tutto verrà verificato dall’Unesco nel 2011. «Ma quale conflittualità», si spazientisce il presidente della Provincia di Belluno, Giampaolo Bottacin: «Dovevamo istituire la Fondazione incaricata di gestire il riconoscimento Unesco e lo abbiamo fatto. Il luglio scorso abbiamo fissato la sede a Palazzo Piloni a Belluno. In agosto il ministro Prestigiacomo ha suggerito che per le sedi operative si facciano dei turni ogni tre anni nei

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diversi capoluoghi. Certo che c’erano delle differenze di partenza tra le province interessate, ma sono state presto accantonate per un progetto comune». Nate 250 milioni di anni fa come barriera corallina, queste fantastiche montagne che prendono il nome dal naturalista francese Déodat de Dolomieu (17501801), costituiscono una delle zone turistiche più ambite e più frequentate del mondo. Solo l’Alto Adige totalizza ogni anno 29 milioni di pernottamenti, mentre d’inverno Dolomiti Superski, il più grande carosello sciistico esistente, vende 4 milioni di abbonamenti per 10 milioni e mezzo di giornate sci. A fronte di un’imprenditoria molto aggressiva e per fortuna molto professionale, le comunità avevano avvertito la fragilità dei Monti Pallidi, che a Le Corbusier apparivano come straordinari monumenti cubisti, e già avevano creato nove parchi naturali. Da anni erano in atto campagne

di difesa di quelle che molti considerano le più belle montagne del mondo, leader carismatico il cittadino alpinisticamente più illustre di queste valli, Reinhold Messner, che ha sempre insistito sul nesso tra tutela del paesaggio e conservazione delle attività agro-pastorali tradizionali. Non a tutti però la situazione di queste aree privilegiate, in un Paese allo sfascio ambientale, appare tranquillizzante. «La gente non sa che la zona Unesco lascia fuori gruppi celeberrimi e frequentatissimi come il Sassolungo e il Sella», ricorda Michil Costa, un albergatore di Corvara che si sta battendo da anni per l’identità culturale del territorio ed è stato presidente della Union Generela, l’associazione delle cinque vallate ladine: «Se abbiamo la tutela Unesco, lo dobbiamo a Belluno, in particolare all’assessore Irma Vissalli della giunta provinciale del presidente Sergio Reolon. Anche il Trentino si è dato da fare. Lorenzo Dellai, da governatore della Provincia di Trento si è mostrato molto sensibile al tema: ben più di Luis Durnwalder, presidente della Provincia autonoma altoatesina. A Bolzano, ufficialmente non lo ammetteranno mai, ma gli imprenditori volevano continuare ad avere mano libera sul territorio e l’Alto Adige non appariva particolarmente interessato al bollino Unesco». Si può obiettare che in queste valli il territorio è comunque gestito con una cura sconosciuta nel resto dell’Italia. «Bella forza, amministrare bene 400 mila persone con il budget di 5,5 mi-

Foto: F. Brevini (3), U. Bernhart - Anzenberger / Contrasto

ATTUALITÀ DOPO IL BOLLINO DELL’UNESCO liardi di euro garantiti dalla Provincia autonoma di Bolzano! E poi si guardi in giro: da noi dilaga quello che io chiamo lo stile “porno-alpino”: alberghi tutti uguali, con legni massicci, artificiali, un rustico da cartolina. E sarebbe questa la conclamata autenticità del Süd-Tirol? È ora di creare un assessorato all’estetica per fare piazza pulita di questa incultura, di questi non-luoghi alpini». Si ribella Michl Laimer, assessore all’Urbanistica, Ambiente ed Energia della Provincia di Bolzano: «Noi alto-atesini siamo stati subito in prima fila nel progetto Unesco, che riteniamo una grande sfida culturale. Per noi è un onore gestire un patrimonio dell’umanità. Oggi abbiamo delle brochures, un sito Internet (www.dolomiti-unesco.org, ma funziona molto parzialmente e solo in inglese), stiamo sviluppando la segnaletica e intendiamo lavorare per la sensibilizzazione del territorio. Il problema è sviluppare l’orgoglio nella popolazione. Le nostre genti non devono sentire questo riconoscimento come un vincolo, ma come un onore». Più pragmatico l’assessore all’Ambiente della Provincia di Trento, che non nasconde le difficoltà legate alle diversità istituzionali dei soggetti coinvolti: «Questo è un territorio assai più omogeneo dal punto di vista geologico e culturale che istituzionale. Ma

Un rifugio ad Arabba, sulla Marmolada. Sotto, da sinistra: Selva di Val Gardena; le Dolomiti del Brenta; greggi in Val Canali

non è vero che siamo rimasti con le mani in mano. Stiamo stendendo il piano di gestione e ci apprestiamo a essere operativi, sfruttando i livelli organizzativi esistenti: parchi, musei, enti, ecc. Entro agosto si concluderà anche il concorso internazionale per il marchio delle Dolomiti Unesco. E spero che questa sia l’occasione buona per ricordare alla politica che il paesaggio tutelato dall’Unesco è frutto del lavoro dell’uomo. Ma se l’uomo se ne va, perché vivere in montagna è diventato troppo scomodo, addio paesaggio». Il rischio paventato da molti è che la targa Unesco si riveli solo una patacca, nel migliore dei casi un raffinato strumento di marketing e alla fine a rimetterci sia solo l’ambiente. Il caso forse più clamoroso della minaccia all’integrità dell’ambiente recata dal turismo è offerto dal circuito dei passi, il periplo del gruppo del Sella, valicando uno dopo l’altro i passi Gardena, Sella, Pordoi e Campolongo. D’inverno vi si svolge il carosello sciistico denominato Sella Ronda, in estate è una delle più grandiose escursioni dolomitiche, in quanto la strada corre a pochi metri da pareti strapiombanti alte centinaia di metri, consentendo alla

gente di vedere da vicino le Dolomiti, quasi di toccarle con mano. Proprio per questo in luglio e in agosto la strada dei passi è congestionata: un fiume di rumore e di inquinamento che scorre nel cuore delle montagne più belle del mondo. Ecco un esempio di non-valorizzazione del patrimonio dell’umanità, su cui la Fondazione Dolomiti-Dolomiten-DolomitesDolimitis Unesco (le differenze linguistiche vanno pur garantite) dovrebbe meditare e forse lo sta già facendo. Anche perché perfino su questa emergenza le tre province competenti non si trovano d’accordo. Bolzano sta pensando a un pedaggio, Trento vorrebbe limitare l’accesso delle auto a orari precisi offrendo servizi alternativi con i bus e gli impianti a fune, mentre Belluno è contraria a entrambe le soluzioni. Nell’attesa che si mettano d’accordo, il 4 luglio sul giro dei passi viene organizzata la Maratona dles Dolomites e per quella giornata il traffico sarà bandito. Risultato: 25.000 richieste e solo 9 mila posti disponibili. Evidentemente anche sulle Dolomiti dell’Unesco il silenzio e la mancanza di auto continuano a essere un sogno a cui la gente non intende rinunciare, fosse anche per un solo giorno all’anno. ■

Sede, logo, misure anti-traffico: non c’è accordo e nel 2011 ci sarà la verifica Unesco

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ATTUALITÀ

MARE / L’EROSIONE DEI LIDI

E LA SABBIA NON C’∂ PI∫

Gli effetti di una mareggiata in Versilia. A sinistra: il litorale di Castel Volturno (Caserta)

Gallipoli, località non La primavera tempestosa ha divorato le spiagge. E emeno di moda per il tuora da Gallipoli a Capalbio si lotta per salvare la rismo “progressista”, molti lidi restano per mancanza di sabbia. E a decine stagione turistica. Mentre enti e lidi litigano sui costi chiusi rischiano per l’intera stagione. È vero so-

DI GIANNI DEL VECCHIO E STEFANO PITRELLI prattutto a Porto Cesareo, dove 7 su 23 hanno perso gli arenili. La settimana scorsa è dovuta intervenire la vicegovernatrice Loredana Capone, che si è impegnata a facilitare le procedure per i ripascimenti. Un buon proposito giunto forse troppo tardi: er quest’anno non cambia- geologico che dovrebbe tenere la sabbia al al momento manca persino una vera stima re, stessa spiaggia ma solo suo posto e impedire che scivoli via: sono, dei danni. Nel frattempo resta fuori gioco mare. Rischia di cominciare per la precisione, cilindri di quattro metri un bel pezzo di un settore che dà lavoro a così l’estate di moltissimi per 30 posti sul fondale. Se tutto va bene, circa 500 persone. «I porti pescherecci di italiani: una primavera bur- l’estate inizierà «come se non fosse succes- cui è piena la costa, una volta diventati turascosa ha divorato la sabbia lasciando le so nulla». Lo conferma il sindaco Luigi Bel- ristici sono andati a cancellare le dune sabcabine in balia delle onde. Dalla Liguria al- lumori, che racconta la sollevazione degli biose che fornivano ripascimento naturala Puglia, le regioni stanno combattendo la habitués: «I problemi hanno riguardato so- le», spiega Nicola Venisti, segretario delmoderna battaglia del bagnasciuga per cer- prattutto Chiarone e Macchiatonda, ma l’Ordine dei geologi pugliesi: «Ripristinacare di rappezzare i litorali sbocconcellati dovremmo riuscire a rimetterle entrambe re la natura, evidentemente, non è più una dalle mareggiate. Ma non tutte vanno alla in forma entro metà giugno. L’anno scorso priorità solo per noi». stessa velocità, e nel frattempo la stagione c’era un fronte mare di 30 metri, e ora si ri- Nel Lazio il soccorso delle coste del Circeo balneare sta iniziando. schia di finire dritti nell’acqua alta. Un mat- è partito due settimane fa, per salvare i baIn pole position nella corsa ai ripascimenti, tino ci siamo ritrovati lì con Rutelli e la Pa- gni della Roma che conta, spendendo un i lifting dei litorali sfregiati, troviamo Ca- lombelli, la scorsa settimana ha telefonato milione e mezzo di euro. Più grave il panopalbio, mecca balneare dell’élite politico- anche Piero Fassino. L’interesse però è sta- rama campano: le mareggiate di maggio culturale della sinistra italiana. Qui, dove to bipartisan: d’altronde la nostra è un’eco- hanno dato il colpo di grazia a una costa già passeggiando sulla spiaggia rischi di in- nomia del mare». provata da erosione e inquinamento. La ciampare in Francesco Rutelli o in Alberto Questo è vero anche per i leccesi, che però maglia nera a Caserta: «Il mare ha mangiaAsor Rosa, non si limitano a rimpolpare non sono altrettanto fortunati. Anzi, qui la to pezzi di spiaggia e ha portato via parecl’arenile. Ma adoperano uno strumento al- stagione balneare è iniziata in anticipo, ma chie cabine», si dispera Marcello Gioconl’avanguardia: il “geotubo”, un push-up a cavallo fra Jonio e Adriatico, a Otranto do, titolare del lido Cristall di Castelvol-

Foto: G. Carotenuto, P. Fasnti - Pandaphoto

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turno: «Quindici stabilimenti non riusci- che peraltro rischia di diventare cronico. ranno ad aprire. E la Regione non ha fatto “Colpa” della somma fra federalismo denulla per aiutarci». Tutto il litorale domi- maniale (che trasferisce le spiagge alle rezio è in ginocchio. Secondo uno studio del- gioni) e manovra economica (che sottrae l’Università di Napoli, nella provincia ca- risorse agli enti locali). Risultato: meno sertana su 45 chilometri di costa solo 14 so- soldi per rianimare i bagni, una preoccuno balneabili. Il resto è degrado. Ma il ma- pazione condivisa da Riccardo Borgo, re grosso ha fatto anche vittime eccellenti. presidente del Sib. Il bagnasciuga di Salerno in pochi giorni è Gli abruzzesi, invece, nei mesi scorsi hanno stato fagocitato dalla furia del Tirreno. Se- visto in azione una nave che andava e venicondo i calcoli del Sindacato italiano bal- va dal largo. Apparteneva alla Sidra, socieneari, il danno è di quelli che ti tolgono la tà italiana del gruppo belga Deme, che è ansperanza: un milione e mezzo di euro, tutti data a pescare sabbia antica dal fondo del a carico degli stabilimenti. Ma i proprieta- mare per rimpolpare le spiagge della regiori dei lidi hanno già pronta una soluzione ne, da Ortona a Casalbordino, Giulianova, “alla napoletana” per salvare la stagione. Alba Adriatica e Montesilvano: più veloce C’è poca sabbia e l’acqua arriva alle cabi- di un camion, più pulito di un ripascimenne? Allora lo stabilimento diventa un risto- to fatto con la rena dei torrenti. Resta però rante sul mare, con i tavolini sul solarium. un buco nero, e si trova proprio a Pescara. Arrangiarsi rischia di essere l’unica opzio- Lo riferisce Enzo Del Vecchio, consigliere ne per chi va al mare in Campania: secon- comunale Pd: «Una parte del restauro, fatdo Michele Buonuomo di Legambiente re- to dalla Regione è stato lasciato all’iniziatigionale, «stiamo perdendo una spiaggia al- va del Comune, che non ha capito la gravil’anno per l’erosione, di questo passo entro tà della crisi. In città gli stabilimenti sono il 2020 ne perderemo 30 chilometri». Se il Tirreno è vorace, lo Jonio come La spiaggia di Metaponto e in basso il litorale abbiamo visto non è da meno. In Basi- di Sabaudia con i flutti che minacciano le ville licata i primi turisti devono fare i conti con i lavori in corso. A Metaponto Lido, solo questa settimana è arrivata una chiatta di sabbia per restituire una fila di ombrelloni, con 25 stabilimenti che si sono contesi la “polvere d’oro”. «Gli enti locali hanno risposto tardi: ci hanno portato poca sabbia e a stagione iniziata», lamenta Chiara Avallone della Leucippo, che riunisce i balneari di Metaponto. Uno stato d’emergenza

104, ma proprio nei dieci a sud che rappresentano il cuore dei lidi pescaresi, a ridosso della bellissima pineta dannunziana, resta l’incertezza. Perché le opere di protezione non sono state completate: a ogni mareggiata si perdono file e file di ombrelloni». Altrettanto “spericolata” l’estate marchigiana. A San Benedetto del Tronto, dopo il lifting la spiaggia sembra tornata esattamente quella dell’anno scorso, al costo di 350 mila euro. «Soldi buttati in mare e il problema resta irrisolto: ogni anno è una tela di Penelope», sentenzia Giuseppe Ricci, presidente dell’Itb, associazione d’imprenditori balneari. Quest’estate, avverte, proprio nel chilometro di spiaggia famoso per i villini liberty e i locali notturni più noti, il Kon Tiki, il Pao Garden, la Medusa e Bagni Andrea, «basterà una brezza da levante di quelle che soffiano ad agosto per portare via le prime file». Scendere in spiaggia non è sempre una roulette russa. La Liguria, una delle regione più colpite dalle mareggiate primaverili, è riuscita a salvare le sue striminzite spiagge giocando sulla velocità. Con un provvedimento d’urgenza ha riaperto per un mese i termini per i ripascimenti (dal 30 aprile al 30 maggio) permettendo ai camion di “rubare” sabbia dai torrenti. Mettendo così al sicuro una trentina di chilometri di costa e i weekend di tanti torinesi e milanesi. C’è chi poi contro la prepotenza marina lotta tutti gli anni. In Sardegna i più agguerriti. Ad Alghero hanno messo in piedi una task force di esperti per salvare due spiagge da cartolina come le Bombarde e Punta Negra. A Stintino stanno addirittura cassando una strada: quella d’asfalto che porta al gioiello della Pelosa. Mentre nel capoluogo è a rischio il Poetto: nonostante il rifacimento del 2002, Nettuno è tornato a rubare metri di arenile ai cagliaritani. ■

A Salerno sostituiscono gli ombrelloni senza più spiaggia con i tavoli e aprono ristoranti sul mare

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17 giugno 2010 L’espresso

Foto: Rossi - TipsImages, A. Mongiu - Pandaphoto

ATTUALITÀ


MONDO LA SVOLTA DI MOSCA

Il premier Vladimir Putin e il presidente russo Dmitry Medvedev. Sotto: l’International business center della capitale Mosca

La scommessa

RUSSA Basta con la vecchia politica. Il duo PutinMedvedev punta sui cervelli giovani per creare una classe dirigente nuova. E apre agli investimenti stranieri per modernizzare il Paese da Mosca DI MARGHERITA BELGIOJOSO

a nuova Russia passa attraverso una cittadella tecnologica e un report segreto finito in mano ai giornalisti. Una città-scuola-centro d’élite che sorgerà a 40 chilometri dalla capitale, e che già ha un suo nome, Skolkovo, uno sponsor designato, l’oligarca Viktor Vekselberg, e un direttore, Zhores Alferov, l’unico premio Nobel russo che ancora viva in patria. Una struttura modellata sul rapporto che corre tra Stanford University e Silicon Valley, e capace di trainare il Paese fuori dal tupik, il “vicolo cieco”, di un’economia troppo basata su gas e petrolio. Via dall’umiliante dipendenza dagli idrocarburi, e a briglie sciolte verso la “knowledge economy” fatta di nanotecnologia, innovazione tecnologica e biomedicina. È da questo progetto che da mesi echeggia nei discorsi ufficiali di mezza Duma che partirà la nuova Russia di Dmitry Medvedev e Vladimir Putin. Obiettivi: creare una nuova classe dirigente, e ottenere gli investimenti stranieri necessari a

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compiere quella modernizzazione che da anni s’invoca, essenziale per riportare la Russia nella posizione di influenza che il Paese merita per vocazione, ma che negli ultimi anni ha stentato a raggiungere. Sono quattro le “I” programmatiche della coppia al potere, non l’Inglese, Impresa e Internet di berlusconiana memoria, bensì Innovazione, Istituzioni, Infrastruttura e Investimenti. Gli investimenti stranieri infatti sono il leitmotiv di un documento che l’edizione russa di “Newsweek” ha pubblicato due settimane fa, un report vergato dal ministro degli Esteri Sergey Lavrov e indirizzato personalmente a Medvedev e che, secondo gli analisti, indica un’importante svolta nella politica estera russa. Un documento capitato non per caso nelle mani della stampa, secondo alcune interpretazioni, e che disegna una politica estera più vicina alle posizioni di Europa e di Stati Uniti, e con un occhio sulla Cina. Una politica estera che piace di più a Washington e Bruxelles, ma con quel pizzico di autonomia, di specificità “à la russe” che da sempre caratterizza il Paese. E quindi contempla un sì

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Anche la politica estera si adegua al nuovo corso. Più vicini a Usa e Europa e fine della stagione dei “niet”

netto ad americani ed europei, ma una linea tutta propria sulla questione nucleare iraniana, e una strizzatina d’occhi alla Cina. Unione doganale con Kazakistan e Bielorussia, patto d’acciaio con l’Ucraina come se i cinque scorsi anni di baruffe non fossero mai avvenuti, e miglioramento della relazione con i vicini est-europei. A cominciare dalla Polonia, con cui - dopo la tragedia della caduta dell’aeroplano presidenziale - è andata sviluppandosi una relazione del tutto nuova. Una politica estera che comincia a dare i primi i frutti, visti gli appuntamenti degli ultimi mesi e i risultati raggiunti nel vertice tra Unione europea e Russia a Rostov sul Don. Nelle ultime settimane la Russia ha accolto con gran fanfara a Mosca il presidente brasiliano Lula, la settimana dopo è scesa con altrettanta fanfara in visita di Stato a Ankara, ha parlato tutto il tempo con l’uno e l’altro di investimenti e uranio, eppure quando i due sono calati in Iran per firmare l’accordo sul nucleare, Mosca non c’era. Si era tenuta su posizioni più moderate, e se Brasile e Turchia sono contrarie alle risoluzioni Onu contro l’Iran, Mosca, dopo un lungo periodo di dubbi, la scorsa settimana le ha appoggiate, prendendo una posizione per una volta identica a quella di Stati Uniti e Europa. Beccandosi immediatamente un rimbrotto da Ahmadinejad, il quale, senza nominarla direttamente, si è chiesto se «il vicino settentrionale» fosse più un amico che un nemico. Un linguaggio appunto che la Russia del tandem Putin-Medvedev vuole definitivamente abbandonare, come ha scritto l’edizione russa di “Newsweek” in un commento al docu-

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mento pubblicato: non è più questione di amici e di nemici, di alleati o di avversari. È la politica degli interessi, dei piedi in due scarpe, delle trattative parallele, della diplomazia untuosa che la Russia non ha mai fatto, parlando di solito per aut aut e ultimatum e per questioni di principio e di orgoglio. Anche i rapporti con oltreoceano sembrano tornare a un buon ritmo di visite, scambi e incontri. Persino la spinosa questione dei polli al cloro, che aveva lasciato russi e americani per mesi senza fiato, sembra essere risolta, e se gli americani troveranno un’altra sostanza chimica per disinfettare le loro galline, saranno liberi di esportarle sui banchi dei supermercati di tutte le Russie. La settimana scorsa il primo consigliere di Obama per la Russia, Michael McFaul, ha visitato insieme a Vladimir Surkov, l’ideologo del Cremlino, una grossa prigione a cento chilometri da Mosca. Solo la delicata questione Khodorkovsky, l’ex petroliere con ambizioni politiche in prigione da sette anni e con la minaccia di prenderne altri 22, tiene le due potenze su posizioni nettamente avversarie. Ancora più alte sono le aspettative per il Forum Economico di San Pietroburgo, che precederà di una settimana scarsa una visita ufficiale di Medvedev negli Stati Uniti con tappa alla Silicon Valley. Il Forum è stato organizzato a doppie mani con i colleghi d’oltreoceano, e sarà probabilmente l’occasione perché Medvedev scriva nero su bianco dove e come servono investimenti occidentali. Gli analisti citano già una lista intera, paese per paese: la

Russia auspicherebbe dalla Corea un aiuto nell’agricoltura, con Australia e Italia investimenti nelle Olimpiadi di Soci, dalla Norvegia alta tecnologia (in cambio del recente accordo raggiunto sul mar di Barents), con l’India più scambio nel settore delle armi. Perché senza stranieri, con il prezzo del petrolio crollato, e il costo del denaro così alto, la modernizzazione russa da sola non andrà lontano. E nella campagna per la modernizzazione Putin e Medvedev hanno arruolato anche gli scienziati della disastrata accademia russa: in un recente incontro con i cervelloni di Stato, il primo ministro russo ha esortato la scienza a riprendere il ruolo che svolgeva in tempi sovietici, riportando la Russia a essere la potenza tecnologica di decine di anni fa. Non stupisce quindi l’annuncio di nuovi massicci investimenti in ricerca, sia tecnologica che biologica, e l’accento sulla cittadella tecnologica di Skolkovo. Mosca è invasa dai batuffoli dei pollini delle betulle, bar e ristoranti sono impegnati nella

Foto pagine 82-83: A. Suau / Contrasto, Ap / La Presse (2). Pagine 84-85: D. Monteleone / Contrasto, A. Suau / Contrasto, A. Pivovarov / Prospekt

MONDO competizione per la veranda più glamour della bella stagione, e per le strade truppe di kirghisi e uzbechi piantano ranuncoli e riverniciano i cancelletti e i marciapiedi messi a dura prova dall’inverno. I giovani russi già parlano di Skolkovo: il progetto non è percepito come la pedina astratta di un nuova strategia politica, anzi, è la scuola d’élite che rimpiazzerà l’Mgimo dei genitori. Quando aprirà nel 2014, accoglierà migliaia di studenti creando centinaia di ambiti posti di lavoro. Passo dopo passo, si concretizza quella “Strategia 2020” che Medvedev aveva presentato come il profilo della sua presidenza, e del futuro del Paese, dove gli obiettivi da raggiungere erano scanditi in anni e mesi. Una nuova politica economica dalla disciplina quasi sovietica, e che deciderà dove come e quando la Russia arriverà a ottenere per il 2020 il 15 per cento delle esportazioni dal settore tecnologico. Entro il 2015 la nanotecnologia dovrebbe essere per la Russia un business da 30 miliardi di dollari, e il settore intero contare per la produzione dell’8-10 per cento del Pil. Un risultato da favola duro da ottenere, visto che nella realtà il settore tecnologico oggi foraggia poco più dell’1 per cento dell’economia nazionale. Non solo, al momento non c’è nessuna università russa tra le cento migliori del mondo, e Mosca si è aggiudicata solo cinque premi Nobel negli ultimi dieci anni, contro i 67 degli Stati Uniti. La situazione è grama, e l’obiettivo diven-

MA AL CREMLINO REGNA LA CORRUZIONE La lotta alla corruzione in Russia rimane solo uno slogan. Tutto comincia quando un imprenditore russo molto in vista, Valery Morozov, fugge in Inghilterra per denunciare uno scandalo insabbiato nel paese d’origine. Valery Morozov, 56 anni, è un imprenditore nel settore delle costruzioni. Nel 2006 vince una gara di appalto a Sochi, sede delle prossime Olimpiadi invernali, per costruire un lussuoso complesso alberghiero da 700 stanze sulle coste del mar Nero. Tutto prosegue come progettato, se non che all’imprenditore un giorno viene richiesta una tangente corrispondente al 13 per cento dell’appalto per proseguire i lavori: 180 milioni di rubli, quasi 5 milioni di euro, da versare in contanti e a rate. Morozov cerca di resistere, tergiversa, si rivolge agli avvocati, ma il verdetto è chiaro: paga, o addio al progetto. Morozov comincia a pagare, ma si arma di registratore e telecamera. Contatta gli agenti del ministero degli Interni che si presentano, in incognito, all’appuntamento col corruttore, e fissano sulla pellicola l’incontro, e i sacchi pieni di rubli che passano di mano. Quando Morozov sporge denuncia però, le prove raccolte dalla stessa polizia risultano misteriosamente scomparse. Niente traccia dell’atto di corruzione nel cuore del Cremlino. È a questo punto che Morozov, preoccupato per la propria incolumità e deciso a proseguire fino in fondo, si imbarca su un aereo e atterra nella capitale inglese, dove si rivolge a avvocati locali e parla con i giornalisti del “Sunday Times”. Il corruttore, un alto papavero del Cremino, al momento rimane senza volto e senza nome, ma ancora al suo posto. Sulle pagine dei quotidiani di Russia nemmeno una riga. E potrebbe diventare molto più di un imbarazzo per un paese che, dopo le Olimpiadi del 2014, lotta con Inghilterra, Spagna e Portogallo per aggiudicarsi anche la Coppa del Mondo di calcio del 2018. M. B.

ta di allevare una nuova generazione di scienziati e di attirare in patria i cervelloni che avevano preso il volo per destinazioni più generose. Paesi come la Corea, la Cina, e gli Stati Uniti ora rischiano di vedere svariate teste russe ripartire in direzione di casa, visto la caparbietà con cui la leadership russa persegue l’obiettivo scienza. I russi si riprenderanno i propri cervelli, c’è da scommetterci, e che siano matematici e scienziati cibernetici formidabili, lo dice la storia e lo dicono le organizzazioni per la sicurezza della rete, che guardano ai laboratori cibernetici della Siberia con terrore. Proprio da qui sono partiti i “trojan virus” che l’anno scorso hanno infestato più di un milione e mezzo di computer in giro per il mondo. Non c’è niente di nuovo insomma. Dalla scuola d’élite alla fede nella scienza come motore del Paese, dagli slogan che cambiano ogni piano quinquennale, alla modernizzazione che viene sempre L’ingresso della stazione YugoZapad del metrò di Mosca. A sinistra: l’edificio Eart’s Ear e ragazzi del ginnasio

e comunque dall’alto, il tandem Medvedev-Putin prosegue il progetto di ricostruzione di una nuova Unione Sovietica dal volto buono, con relazioni internazionali pacifiche basate sulla reciproca stima e rispetto. Se nel 1961 Nikita Kruscev al grido di ‘kukuruza’ (grano) portava l’Unione Sovietica all’autosufficienza alimentare, nel 2010 Putin e Medvedev per arrivare alla leadership nel mondo invocano la nanotecnologia. Concetto vago e incomprensibile ai più, che però acquista concretezza in televisione, e viene ripetuto nelle conversazioni sui tram e la metropolitane, quando il popolo parlava di rinascimento russo. Mosca cambia e torna la stessa di prima, e mentre gli occidentali cercano di vedere a ogni costo un disaccordo nella coppia di ferro di Russia, i cittadini russi continuano a felicitarsi per la loro intesa perfetta. L’ultimo sondaggio del Centro Levada indicava che 77 su 100 russi approvano la performance di maggio del presidente Medvedev, mentre uno stabile 80 per cento apprezza Putin. In questo inizio di giugno l’umore moscovita è quasi euforico. Le ragazze esibiscono minigonne, i maschi sfoggiano canottiere, sotto l’occhio attento di Jean Paul Gautier che, fresco di una spettacolare sfilata di haute couture nella stazione Kazan di Mosca, si congratula con i giornali di moda per l’individualissimo stile che ha visto indossare ai giovani moscoviti. I corpi e la loro cura hanno già raggiunto livelli occidentali. Adesso tocca sintonizzare i cervelli. ■

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MONDO

AUSTRIA / SVOLTA NEL COSTUME

LUCI ROSSE SU VIENNA

Troppe prostitute in città. E parte un esperimento di sei mesi: aree dove si potrà esercitare la professione. Che sarà considerata un normale lavoro DI FLAVIA FORADINI DA VIENNA

n registro dei locali dove si pratica la prostituzione che diventerà un lavoro autonomo come altri e non sarà più considerato un reato contro la morale. La scelta di aree precise dove si potrà esercitare la professione e dove ogni mattina passeranno i netturbini a ripulire. Obbligo dell’uso del preservativo. Una hotline per raccogliere il parere dei cittadini e per indicare le donne e i clienti che si appartano nelle “zone protette” come i dintorni di scuole, chiese e luoghi di interesse pubblico. Trasmissioni radiofoniche e materiale informativo distribuito dalle associazioni che si occupano di vittime del traffico, come “Sophie” o “Lefö”, nelle aree calde per sensibilizzare e far sentire almeno un po’ in colpa i cacciatori di sesso a pagamento. E mediatrici culturali che avvicineranno le prostitute per spiegare i loro diritti e offrire una possibilità per uscire dal giro. Tutto questo succede a Vienna e durerà sei mesi. Un esperimento voluto dal Comune per cercare di circoscrivere un fenomeno che ha assunto proporzioni preoccupanti. Commenta l’assessore alle donne Sandra Frauenberger: «Finché ci saranno clienti ci sarà la prostituzione. Perciò non ha alcun senso emanare divieti. Quello è solo populismo di bassa lega. Noi vogliamo essere realistici, vogliamo capire il fenomeno, controllarlo e regolamentarlo». E il responsabile della polizia della capitale Peter Goldbruber aggiunge: «Almeno per un po’ i miei uomini dovranno solo informare

Foto: P. Lopparelli - Tendance Floue / Luz Photo

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L’espresso 17 giugno 2010

sono controllate dalla criminalità organizzata». Conferma Joana Adesuwa Reiterer, fondatrice dell’Associazione Exit che aiuta le vittime provenienti dai Paesi africani: «Vienna è un paradiso per i trafficanti di donne». Le prostitute, poi, non esercitano lungo le boscose e appartate rive del Danubio, ma hanno occupato la circonvallazione del Gürtel, il secondo anello solo un po’ più esterno del celebre Ring, lungo la quale si affaccia una quasi ininterrotta teoria di locali a luci rosse. Molte hanno invaso anche normali quartieri residenziali dove il traffico di clienti inizia già nel tardo pomeriggio. Da qui la decisione delle autorità comunali di intervenire per cercare di circoscrivere il fenomeno, altrimenti sarà difficile, nel futuro, che la città possa confermarsi al primo posto per qualità della vita, come da recente classifica stilata dall’Istituto internazionale Mercer. Così nella Vienna sempre meno cattolica (ormai solo il 49 per cento dichiara la propria appartenenza alla Chiesa di Roma) parte un esperimento inedito. Sei mesi di tempo e, a fine anno, una commissione tirerà le conclusioni. Se i risultati saranno positivi sarà emendata l’attuale legge sulla prostituzione. ■

e avremo tutti meno problemi». Ma come si è giunti a questa decisione? L’origine sta nel livello insopportabile che ha assunto il fenomeno dopo la caduta delle frontiere con l’Est Europa. Ufficialmente a Vienna (1,6 milioni di abitanti) ci sono 1.500 passeggiatrici sulle strade. Ma il ministero dell’Interno le stima in almeno 8 mila. I locali a vocazione hard, i saloni di massaggio e le saune sono oltre 600. E sembra un’approssimazione per difetto. Bratislava (Slovacchia) dista solo 50 chilometri, la Repubblica Ceca e l’Ungheria sono vicine. Da questi tre Stati partono, ogni giorno, treni e bus carichi di prostitute con destinazione Vienna. Le straniere hanno, poco alla volta, sostituito le austriache. prostituta per le strade Secondo l’Ocse, «tra Una di Vienna. Sotto: un’immagine del il 50 e il 75 per cento duomo barocco della capitale

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MONDO

IL CASO MARINALEDA

TERRA E SOCIALISMO Nella Spagna in crisi profonda, c’è un paese dove tutti lavorano. Grazie a una cooperativa e a un sogno utopico realizzato DI STEFANO VERGINE DA MARINALEDA FOTO DI SIRIO MAGNABOSCO

prima vista sembra un tipico paesino andaluso. Ci sono gli ulivi, il baracchino dei churros, la terra rossa, le case bianche e ben curate. C’è persino una chiesa, anche se alla messa domenicale i fedeli sono meno di una trentina: troppo pochi. Si alza lo sguardo e si capisce perché. Il campanile sorge a pochi metri da calle Ernesto Che Guevara, tra Avenida Libertad e calle Salvador Allende. Verso il centro del paese un murale recita: “Guerra social contra el capital”. Se non fosse per un paio di ristoranti, un piccolo negozio di alimentari, un giornalaio e un benzinaio, si potrebbe parlare di enclave comunista nel cuore d’Europa. Il diritto alla proprietà privata è l’unica caratteristica che mantiene Marinaleda all’interno del sistema capitalista. «Facciamo quello che possiamo, ci muoviamo all’interno della Costituzione spagnola», dice sorridendo Manuel Sanchez Gordillo, 54 anni, figlio di un elettricista e di una casalinga, una laurea in storia all’università di Siviglia, barba alla Fidel Castro e kefia, da 31 anni sindaco del Comune a metà strada tra Cordoba e Siviglia. Con i suoi 2.700 abitanti, Marinaleda è un condensato di sperimentazioni egalitarie, la rappresentazione in scala ridotta delle istanze anarchico socialiste sterilizzate da 40 anni di franchismo e tornate alla ribalta ora che la crisi economica ha messo sotto scacco la Spagna. Perché mentre il resto della nazione paga le conseguenze dello sboom immobiliare, con la disoccupazione che ha raggiunto il 20 per cento, qui tutti lavorano. Merito di un modello economico unico in Europa, basato su un’economia al 90 per cento pubblica. La maggior parte degli abitanti è impiegata in una cooperativa agricola dove tutti guadagnano lo stesso stipendio: 47 euro al gior-

Un contadino al lavoro nei campi. A sinistra: l’ingresso della cooperativa. Sotto: la fabbrica

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no. Per risolvere il problema della casa («Un diritto e non una merce», è il mantra del sindaco), la giunta ha avviato da qualche anno il programma di autocostruzione. Il Comune mette a disposizione un terreno, i materiali, una scavatrice, il progetto di un architetto e due muratori; al cittadino spetta il compito di rimboccarsi le maniche e lavorare per costruire casa sua. «Ci sono voluti 410 giorni, ma adesso finalmente ho qualcosa che non avrei mai ottenuto in un altro paese», racconta Antonio Martinez, 40 anni, sposato e padre di due figli. Il risultato finale è una villetta a schiera di 100 metri quadrati, con tanto di patio e doppio box. Il prezzo? Quindici euro al mese per i prossimi 133 anni, un terzo rispetto a quanto richiesto per una casa del genere nei paesi limitrofi. «In questo modo finora abbiamo costruito oltre 300 villette», spiega Eduardo Valderrama, responsabile del progetto. I critici ricordano che tutto ciò è reso possibile dai fondi della Regione Andalusia, e ac-

cusano il sindaco di alimentare l’utopia comunista con i soldi del capitalismo. «Sfruttiamo il sistema, come tutti», taglia corto lui. A Marinaleda la polizia municipale non esiste, ogni settimana si fanno assemblee pubbliche in piazza e la domenica la gente lavora gratis per mettere a posto strade e aiuole. Il Cut (Colectivo de Unidad de los Trabajadores), il partito del sindaco, governa dal 1979 perché il suo programma politico prevedeva l’esproprio dei 1200 ettari di terra del duca dell’Infantado. Obiettivo raggiunto nel 1991 dopo molte lotte. Da allora, c’è lavoro per tutti nella cooperativa che coltiva fave, peperoncini e carciofi. Sonno raccolti nei campi dagli uomini e inscatolati nella fabbrica da una cinquantina di donne. ■

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Foto: B. Van der Meer - Getty Images

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Speciale

IL FUTURO DEL FOTOVOLTAICO. IL MODELLO HOUSTON. IL SOLE DI NOTTE. L’AUTO VERDE. E TUTTE LE SCOMMESSE DELLA SCIENZA


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Speciale Energia FONTI ALTERNATIVE

VENTO MAGICO L’Italia è al secondo posto in Europa nell’energia da fotovoltaico. E tra aiuti statali e investimenti massicci, il business cresce ovunque. A partire dalla Cina, leader mondiale delle energie pulite

el 2011 saranno passati sessant’anni dalla catastrofica alluvione del 1951 ma Fratta Polesine, cittadina in provincia di Rovigo che da allora ha perso la metà dei suoi abitanti, sarà ricordata per il sole e non per l’acqua che piove dal cielo. A Fratta Polesine, su un’area di origine alluvionale estesa come 120 campi di calcio, sta sorgendo il parco fotovoltaico più grande d’Europa: produrrà 72 megawatt, abbastanza per dare energia elettrica a 17 mila famiglie. Sarà più grande di quello spa-

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gnolo di Olmedilla, che di megawatt ne produce 60, e di quello tedesco di Strasskirchen, che si ferma a 50. Lo sta costruendo un’azienda californiana, la SunEdison, che per realizzare l’impresa si è alleata con l’iberico Banco di Santander. Se tutto andrà per il verso giusto, l’impianto comincerà a immettere energia elettrica nella rete a settembre e sarà concluso verso fine anno: «Per capire il risparmio annuo di CO2 basti pensare che questo impianto equivale all’eliminazione dalle strade di 8 mila automobili», dicono i tecnici dell’azienda.

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Foto: Corbis, Gallery Stock

DI ENRICO PEDEMONTE

Dopo anni di immobilismo, l’Italia delle energie rinnovabili va al galoppo e scala le zone alte delle statistiche internazionali. Certo, non tutto è rose e fiori, il distacco dai grandi leader mondiali è ancora rilevante e le resistenze a investire nel settore crescono negli anni della crisi. Ma il solare e l’eolico stanno letteralmente esplodendo. I dati del ministero dell’Industria dicono che nel 2009 l’Italia è salita al secondo posto in Europa nell’energia da fotovoltaico, preceduta solo dalla

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La turbina di un impianto fotovoltaico. A sinistra: un paesaggio con pale eoliche

Germania. Secondo un recentissimo Rapporto dell’americana Pew Research, l’Italia è quinta al mondo (dopo Turchia, Brasile, Cina e Gran Bretagna) per il tasso di crescita degli investimenti tra il 2005 e il 2009: più 111 per cento in cinque anni, come dire che il settore è più che raddoppiato. Il Pew Research sostiene con un pizzico di trionfalismo che stiamo assistendo «al sorgere di una nuova industria mon-

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Il sole scalda la crescita

Speciale Energia diale, quella dell’energia pulita», e David Prend, direttore che informatica e biotech non avevano e che in questo momendella americana National Venture Capital Association, affer- to di crisi economica suscita allarme: l’aiuto dello Stato. L’Itama che «oggi la tecnologia dell’energia pulita si trova al pun- lia parte solo nel 2007, grazie a un piano triennale introdotto to in cui l’informatica e il biotech erano rispettivamente tren- dal governo Prodi che prende a modello i due paesi leader euta e vent’anni fa. In altri termini, siamo solo all’inizio del ci- ropei. Sei-sette anni di ritardo sono un grave handicap quanclo dell’innovazione». Nel 2009 il parco dell’energia alterna- do si opera sui mercati internazionali e l’Italia diventa così tertiva installata nel mondo è salito a 250 mila megawatt, il 6 ra di conquista tecnologica, come dimostra il caso della caliper cento del totale, quanforniana SunEdison, che, to basta per i bisogni di 75 oltre al megaimpianto di milioni di famiglie. E anche Rovigo, costruisce anche nell’anno della crisi, il Mattina del luglio 2039 a Roma. Fa caldo, ma l’asfalto di ultima 12 piccole centrali in Pu2009, il declino degli inve- generazione regge la pressione termica e cattura gli agenti glia in collaborazione con stimenti è stato solo del 6,6 inquinanti. Nelle case pannelli solari e fotovoltaici, combinati coi aziende spagnole. E oggi per cento, mentre le indu- minicogeneratori a idrogeno trasformano gli edifici in produttori si apre un nuovo capitolo: strie del petrolio e del gas netti di energia. Sono anche dotati di torri a vento per il cosa accadrà a partire dal sono scese del 19. prossimo anno se verrà raffreddamento passivo. I computer spengono una lavatrice qui, A livello internazionale la accendono una lavastoviglie là, per evitare i picchi di energia. confermato il blocco agli crescita delle energie pulite Ci sono orti di quartiere gestiti a livello condominiale. Il telelavoro incentivi fiscali voluti da comincia a decollare una ha permesso di diminuire il traffico e la mobilità avviene “on Prodi che scadono il 31 decina d’anni fa, quando demand”. Nei quasi mille parcheggi di scambio si affittano bici dicembre 2010 e che, per Germania e Spagna metto- o auto in car sharing e le piste ciclabili misurano 850 chilometri. ora, non sono stati rifino a punto una politica di È lo scenario descritto da Antonio Cianciullo, giornalista di nanziati? incentivi che assicura a chi “Repubblica” specializzato in tematiche ambientali, e da Gianni La scossa degli incentivi investe nel settore di incas- Silvestrini, direttore scientifico del “Kyoto club” nel loro libro ha creato comunque un sare tariffe - garantite per “La corsa della Green Economy. Come la rivoluzione verde sta mercato straordinariaanni - assai più alte di quel- cambiando il mondo” (Edizioni Ambiente, 201 pagine, 14 euro, prefazione di Christopher Flavin, presidente del Worldwatch le di mercato. È un business Institute di Washington). certo, che attira miliardi di Andrà davvero così? Salvo dettagli sì, perché la tendenza in investimenti ma si porta atto pare irreversibile. E, guardando i numeri, anche vantaggiosa. dietro un peccato originale Grazie a Obama e non solo, il mondo ha intrapreso, velocemente,

La nuova energia

I Paesi più virtuosi

A Friburgo, il Fraunhofer Institute for Solar Energy System. A destra: pannelli solari in Spagna; a Xinjian, in Cina, un impianto eolico

Foto: T. Ernsting - Laif / Contrasto, Panos / Luz Photo, Pyle / Corbis

La città di domani

mente vivace. L’eolico, oggi la fonte di energia rinnovabile più matura e competitiva, è stato il business principale. Nel mondo l’energia catturata al vento rappresenta la metà degli investimenti e della potenza installata. In Italia, negli ultimi cinque anni, ha toccato il 61,6 per cento (e la possibilità di fare affari ha attirato l’interesse, oltre che di seri investitori, anche di varie cricche come dimostrano le inchieste aperte). Ma in termini percentuali è stato il solare a fare il salto più stupefa-

cente: il fotovoltaico è salito del 770 per cento nel 2007 e del 480 per cento nel 2008. È soprattutto il mercato delle abitazioni ad andare forte. Il 73 per cento dei pannelli fotovoltaici si sono moltiplicati sui tetti delle case e non perché manchino i progetti per costruire grandi parchi solari come quello di Rovigo e come quelli che sono sorti a centinaia in Spagna. Ottenere permessi casalinghi è più facile, mentre i grandi cantieri subiscono ritardi dovuti a burocrazia e opposizioni locali. Nonostante i ritardi le prospettive italiane sembrano migliori di quelle di altri paesi. Michael McNamara, analista alla Jefferies, una banca di investimenti di Londra, dice che in Italia il mercato del solare sarà il primo a non avere bisogno di in-

la direzione verde. Gli autori passano in rassegna gli esempi virtuosi di città o anche di aziende (come General Electric e Siemens) che si sono riconvertite felicemente al verbo. «Forniscono», per dirla con Flavin, «una visione strategica che i leader aziendali, in tutto il mondo, farebbero bene a seguire».

LA POTENZA DELLE NOCI DI COCCO Più che a una centrale a biomassa, assomiglia a un vulcano. Eppure tra due o tre anni, quando entrerà in funzione, il poderoso impianto da 49 megawatt di Stockton-on-Tees, nordest dell’Inghilterra, fornirà energia a migliaia di famiglie. A differenza di altre fonti rinnovabili, l’energia da biomasse (da sostanze di origine vegetale o animale) può essere prodotta per ventiquattro ore al giorno tutto l’anno. Per realizzare il progetto appena approvato, lo studio dell’architetto londinese Thomas Heatherwick - che ha firmato anche il padiglione-porcospino britannico dell’Expo di Shanghai - utilizzerà il sito industriale dismesso sulle rive del fiume Tees, trasformandolo in un gioiello ecosostenibile. La centrale alimentata dagli scarti delle noci di cocco, che per merito delle tecnologie impiegate occuperà solo un terzo dell’area preesistente, sorgerà accanto a un parco di quattro ettari aperto al pubblico e integrato nel paesaggio. Il biocarburante ottenuto verrà veicolato lungo il corso d’acqua, con emissioni di C02 ridotte rispetto al trasporto su strada (www.heatherwick.com). E. C. 96

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VISIONI DAL FUTURO

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Foto: Rex / Olycom

centivi per raggiungere il break-even. Nel nostro Paese l’effetto combinato di alta insolazione, prezzi dell’elettricità più alti della media europea e calo dei costi di produzione dei pannelli fanno prevedere che il punto di pareggio possa essere raggiunto tra la fine del 2010 e il 2011. Naturalmente - aggiunge McNamara - per attirare gli investimenti privati e consentire alle aziende di realizzare profitti gli incentivi pubblici resteranno indispensabili ancora Giardino galleggiante a pannelli solari. per diversi anni. Sotto: la Teesside Solo quest’anno i governi del Power Station G20 hanno dedicato oltre 184 miliardi di dollari di investimenti a incentivi pubblici al setto- stimenti, ma aumenta l’efficienza, riduce l’emissione di gas serre. Si tratta di un fiume di denaro che otterrà il suo effetto nei ra, l’inquinamento, lo spreco di acqua e di altre risorse naturaprossimi due anni. Ma dopo che cosa accadrà? La crisi econo- li. Tra il 1998 e il 2007 nel settore delle energie pulite il numero mica e il crollo dei prezzi delle tecnologie spingono i governi dei posti di lavoro è cresciuto 2,5 volte più rapidamente che nea limitare gli aiuti garantiti dallo Stato. La Francia ha taglia- gli altri business. In quel decennio 68 mila imprenditori negli Usa to gli incentivi del 24 per cento a gennaio, la Germania li ri- hanno creato 770 mila nuovi posti di lavoro. durrà del 16 per cento da luglio, in Italia si parla di un taglio Un rapporto di Pike Research nota che la crisi in corso, la ridotdel 20 per cento nel 2011, e del 6 per cento nel 2012 e nel 2013. ta capacità di ricorrere al credito, la crisi spagnola e la diminuE in Italia crescono le pressioni dei green economist perché il zione degli incentivi statali causerà un rallentamento della creministro del Tesoro rifinanzi gli sgravi fiscali con la legge di stabilità prevista in autunno. Il copione del dibattito pubblico è identico ovunque, con i neoliberisti che sparano a zero sugli investimenti pubblici nell’energia rinnovabile. Carlo Stagnaro e Luciano Lavecchia, due ricer1 catori dell’Istituto Bruno Leoni, hanno pubblicato una lunga 2 analisi sul “Wall Street Journal” sostenendo che se in Italia i soldi pubblici investiti nella produzione di energie rinnoEnergia, tecnologia, design. Dalla miscela vabili fossero dirottati verso i settori traperfetta di questi tre elementi scaturisce dizionali sarebbe possibile moltiplicare l’idea originale, il prodotto innovativo per 4,8 i posti di lavoro generati. Ogni ed ecosostenibile. In molti casi già realtà posto di lavoro verde, in altri termini, impedisce di creare 4,8 lavori nei settori traLA PALA PORTATILE Per gli appassionati dizionali. Questo valore vale 2,2 in Spaè l’ecogadget perfetto da mettere di trekking, ciclismo e campeggio gna perché quel paese è produttore di tecin valigia, per far morire di invidia la microturbina portatile realizzata dal nologia, mentre l’Italia la importa. compagni di viaggio e vicini di tenda. designer Cheng Peng potrebbe diventare Le opinioni di Stagnaro e Lavecchia rispecIL GRATTACIELO ROTANTE Gli inquilini l’uovo di Colombo. Si chiama Mobile chiano un movimento d’opinione che creEnergy (foto 1) ed è alimentata dalla forza del del grattacielo rotante di Dubai (foto 4) sce nei movimenti di centro destra in tutto potranno modificare l’esposizione vento e dal sole, attraverso i piccoli pannelli il mondo, specie tra i conservatori ameridel loro appartamento e del loro ufficio installati lungo le pale. Chiusa è lunga cani. La risposta di verdi e progressisti a in ogni istante, a seconda dei gusti. appena cinquanta centimetri e, considerate quelle obiezioni è che si tratta di ragionaCon un semplice comando le dimensioni, non bisogna aspettarsi menti da ragionieri che non tengono conto vocale, faranno girare l’intero piano grandi performance: può generare dei costi complessivi - sociali e ambientali l’energia sufficiente a ricaricare il telefonino, verso est per assistere allo spettacolo - della produzione di energia. Secondo Pew dell’alba o verso ovest, per godersi il navigatore Gps e la torcia Led a il tramonto. La prima torre dinamica basso consumo incorporata del dispositivo Research un’economia basata sulle energie della metropoli del Golfo Persico portatile. Al momento delle vacanze, rinnovabili non genera solo lavoro e inve-

Dove finiscono i soldi

scita. Ma nonostante ciò la domanda globale di energia solare salirà del 43 per cento nell’anno in corso grazie al drastico crollo dei prezzi di produzione e all’aumento dell’efficienza: e questo non sarebbe stato possibile senza gli incentivi pubblici che hanno forzato la crescita del mercato. Nei prossimi anni la domanda crescerà del 25 per cento e sarà trainata soprattutto da Paesi come Stati Uniti, Italia, Germania e Cina. È proprio l’emergere della Cina come leader mondiale delle energie pulite a creare sconcerto in Occidente. Nel 2009 Pe-

disegnata da David Fisher, architetto di origine israeliana e fiorentino di adozione, è alta quattrocentoventi metri per ottanta piani, ciascuno fissato a un perno in cemento armato. Un capolavoro di ecosostenibilità, grazie ai pannelli fotovoltaici che nell’arco della giornata seguono il moto apparente del sole e alle settantanove pale eoliche in fibra di carbonio installate tra un piano e l’altro (www.dynamicarchitecture.net). LA CASA VEGETALE Immaginata da Ryuichi Ashizawa per una coppia di Osaka con un terreno di trenta metri quadrati a disposizione, la casa vegetale (foto 3) vuole ricostruire la relazione tra l’uomo, l’architettura e la natura. Secondo il progetto, le colonne portanti dell’edificio sono ricoperte di piante rampicanti che si intrecciano lungo i piani, ognuno dedicato a una funzione domestica. Invece dei muri fissi, Ashizawa utilizza porte e pareti scorrevoli in stile giapponese, i tradizionali shoji e fusuma, molto più flessibili e adattabili alle esigenze

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chino, dopo avere aumentato gli investimenti del 50 per cento, è diventato il primo investitore del mondo nel settore con 34,6 miliardi di dollari, quasi il doppio degli Stati Uniti, che si fermano a 18,6. I produttori tedeschi lanciano l’allarme sostenendo che il meccanismo messo in atto dal governo cinese sta già oggi mettendo fuori mercato l’industria europea. La politica industriale di Pechino - la facilità di accedere al credito e la politica di incentivi - sta dando risultati straordinari. La Golden Sun Initiative lanciata dal governo, per esempio, garantisce il 50 per cento dei costi di installazione per gli impianti fotovoltaici. Pechino non teme gli aiuti di Stato. Punta a risanare l’ambiente e conquistare i mercati mondiali. Oggi i parchi fotovoltaici costruiti in Italia hanno tecnologie che parlano americano, spagnolo, tedesco. Presto parleranno mandarino. ■

della casa vegetale. L’edificio è autosufficiente e alimentato da risorse naturali: sole, vento e pioggia (www.r-a-architects.com) LA CUPOLA CON LA VELA Dal punto di vista energetico, concerti rock e manifestazioni sportive indoor sono vere sanguisughe. 3 Teatri tenda e palazzetti consumano grandi quantitativi di elettricità. L’architetto Antonio Disi e l’ingegner Walter Gaggioli dell’Enea hanno messo a punto Jist (foto 2), Just in sun time, la cupola geodetica destinata ad ospitare eventi su una superficie dai 400 ai mille metri quadrati. All’apice della struttura, prefabbricata e smontabile, è incernierata la vela coperta di pannelli fotovoltaici che nell’arco della giornata si sposta lungo il perimetro della cupola, seguendo il moto apparente del sole e posizionandosi in corrispondenza del punto più luminoso nel cielo. Il progetto, che ha ottenuto la menzione speciale per l’innovazione nel design da parte del comitato scientifico del Festival dell’energia di Lecce 2010, è un modello di efficienza: a parità di superficie coperta, la cupola geodetica occupa un volume inferiore del 38 per cento rispetto a un edificio a forma di cubo o parallelepipedo. Per riscaldarla o rinfrescarla occorre meno energia.

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LA SNEAKER ENERGETICA Normalmente, l’elettricità piezoelettrica serve a far funzionare l’accendigas da cucina. Il cristallo, sottoposto manualmente a pressione tramite un tasto, fa scoccare la scintilla senza bisogno di pile di alimentazione. Si tratta di piccole cariche ma di grande utilità. Sfruttando questo principio Ville Kaajakari, docente di ingegneria alla Louisiana Tech University, negli Stati Uniti, ha sviluppato un minuscolo dispositivo che, nascosto nel tacco della scarpa, è in grado di generare energia a partire dalla pressione del piede verso terra. Più cammini o più corri, in pratica, più produci elettricità. La nuova tecnologia messa a punto dallo scienziato americano si basa su un polimero trasduttore a basso costo, più soffice e robusto di quelli in ceramica, che sostituisce la gomma ammortizzante della sneaker senza che chi la indossa si accorga della differenza. Quando il dispositivo entrerà in produzione, per ricaricare il cellulare e altri apparecchi elettronici basterà una corsetta (www.kaajakari.net). Emanuele Coen

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MODELLO HOUSTON ai saloni del Petroleum Club si vedono tutti i grattacieli che ospitano le compagnie petrolifere americane e del resto del mondo. Nei saloni del Petroleum Club si incontrano tutti i giorni gli uomini la cui vita dipende dal petrolio. All’ingresso del Petroleum Club, al numero 800 di Bell Street, a Houston (Texas) ci sono i ritratti di Wilbur Ginther, Howard Warren e Harris Underwood, tre petrolieri che fondarono l’esclusivo consesso nel 1946. E in questi giorni gli argomenti principe delle conversazioni davanti a una bistecca o a un bicchiere di whisky e soda sono i guai in cui si è cacciata la British Petroleum per la rottura del pozzo petrolifero sottomarino nel Golfo del Messico e il brusco stop alle nuove trivellazioni petrolifere lungo le coste americane che solo tre mesi fa sembravano di nuovo a portata di mano e che sono state bloccate dal presidente degli Stati Uniti Barack Obama dopo l’incidente nel mare che bagna Florida, Alabama, Louisiana, Mississippi e Texas. Ma fuori dal Petroleum Club il mondo non gira solo intorno all’oro nero e a tutti i suoi derivati. Anzi, negli ambienti industriali e finanziari di Houston più al passo con i tempi - o se volete attenti alle possibilità di nuovi business - si parla, si discute, si organizza, si lavora intorno a progetti legati alle energie alternative: sole, vento, biomasse, idrogeno. C’è un dato che indica come la capitale dell’energia degli Stati Uniti, la città il cui nome da solo evoca la parola petrolio, voglia a tutti i costi restare il punto di riferimento americano per l’energia: nell’area metropolitana su 3.468 aziende del settore, più di 400 si dedicano alle fonti alternative ai combusti-

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La città che è l’emblema stesso dell’oro nero si converte al nuovo spirito voluto da Obama. E persino i vecchi petrolieri si riciclano in profeti delle fonti alternative. In nome del business DI ANTONIO CARLUCCI DA HOUSTON

bili fossili o alle tecnologie che possono migliorarne l’utilizzazione e le applicazioni pratiche. In particolare dal 2005, a spingere in questa direzione è la Greater Houston Partnership, un po’ sindacato di imprese, un po’ lobby, che sponsorizza la città di Houston come la sede ideale di chiunque voglia entrare nella ricerca e nel business delle energie alternative. Lo fanno esibendo i vantaggi fiscali, la facilità di trovare personale specializzato, la presen-

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Foto: A. Liebsch - Laif / Contrasto(2), Bilderbuch - Design Pics / Corbis, D. Kruell - Laif / Contrasto

AVANGUARDIE URBANE za di scuole e università dedicate alla materia. Che siano gli stessi petrolieri ad aver deciso di saltare anche sul carro delle energie alternative battendo una strada che potremmo chiamare Follow The Money (segui il denaro) lo dimostra il fatto che a capo dell’organizzazione c’è John Hofmeister: fino al 2008 è stato presidente della sede americana della Shell che ha sede a Houston e poi ha fondato prima la Citizens for Affordable Energy e quindi si è messo alla testa della Greater Houston. Il sindaco Annise Parker sostiene l’organizzazione e, come tutti i sindaci americani, per convinzione o per calcolo politico, liscia il pelo a tutto ciò che sa di ambientale e non puzza di petrolio. Così, sul website dell’amministrazione cittadina è tutto un fiorire di iniziative e di situazioni targate green, verde. Compresi alcuni aspetti sicuramente interessanti della svolta della città che è l’emblema dell’oro nero: la spesa di oltre un milione di dollari per dotare l’amministrazione comunale di generatori di emergenza alimentati a energia solare (sono spiccioli per i numeri legati all’energia, ma è comunque un passo in avanti): l’esistenza nell’area metropolitana di 133 edifici che hanno la certificazione “green building”, ovvero la cui struttura e i cui impianti consentono un risparmio energetico del 35 per cento rispetto a una costruzione normale (le previsioni per l’intera America parlano di quasi 8 milioni di nuovi posti di lavoro in questo settore nel quinquennio 2009-2013); il primo posto del Texas nella classifica federale nella produzione di energia elettrica attraverso il vento. Così, quello che oggi fa più notizia non è tanto questo o quel movimento all’interno dell’industria petrolifera, ma il fatto che la metro-

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Campo di basket nel centro della città. Sotto, da sinistra: un’area verde; lo skyline; l’Art Car Parade

poli texana ospiterà l’edizione 2010 del Solar Tour: per una settimana all’interno dello Houston College of Architecture andranno in mostra tutte le possibilità di utilizzo dell’energia solare nella vita di tutti i giorni. Un evento che fa dire a Robin West, il capo di una società di consulenza esperta di fonti alternative che se «il Petroleum Club è l’epicentro dei grandi affari di petrolio, Houston non è più solo la capitale dell’oro nero, ma quella dell’Energia». Molto probabilmente, la strada presa da Houston, quarta citta più popolata degli Stati Uniti con quasi 2,3 milioni di abitanti (l’area metropolitana ne conta quasi 6 milioni e si piazza al sesto posto), è il risultato degli avvenimenti degli ultimi 40 anni. Da quel giorno del 1901 quando fu scoperto un pozzo di petrolio a Spindletop, nell’area dove oggi sorge Houston, per decine di anni la produzione interna americana è sempre stata crescente. Poi, dagli anni Settanta, ha cominciato a decrescere: un po’ per mantenere intatte le riserve strategiche sul suolo degli Stati Uniti, un po’ perché era più facile e a basso costo procurarsi il petrolio all’estero. E quando l’approvvigionamento interno si è fatto più complicato (i giacimenti nel mare sono sempre più profondi) e più costoso, si è aperta la strada perché anche il business e non solo gli studiosi, cominciassero a guardare con più interesse alle energie alternative. I numeri fotografano perfettamente questo declino: dai 9 milioni e 637 mila barili del 1970 ai 4 milioni e 950 mila barili del 2008. Le energie alternative sono un business che nessuno può snobbare. A Houston se ne sono accorti anche quando Barack Obama ha deciso il piano di stimolo dell’economia. All’interno di quella legge che prevedeva 787 miliardi di dollari per far ripartire l’economia, ben 80 miliardi, suddivisi in vari capitoli, erano destinati alla green economy. E Houston e il Texas non si sono fatti sfuggire l’occasione di prendere una parte importante di questo contributo che è calcolato intorno al 10 per cento dell’intero ammontare. ■

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NATURA HI-TECH

polimeri, ovvero della plastica. Un materiale che promette di creare pannelli a costi più bassi. Il problema, però, è che i pannelli di plastica hanno ancora una bassa efficienza e non esiste un metodo industriale, quindi economico, per costruirli. Ma ci si arriverà. Come sarà anche possibile imitare sempre di più la natura per migliorare le prestazioni degli attuali sistemi. Le piante - attraverso il processo della fotosintesi clorofilliana - catturano infatti i raggi del sole per trasformarli in energia. Diversi laboratori in tutto il mondo stanno quindi tentando di copiare questo meccanismo collaudato usando delle sostanze organiche in grado di generare elettricità a partire dall’irradiazione solare. In Italia a provarci sono i ricercatori del Polo Solare Organico della Regione Lazio (Chose da Center for Hybrid and Organic Solar Energy), nato nel 2006 da una collaborazione tra la regione e il Dipartimento di Ingegneria Elettronica dell’Università di Roma Tor Vergata. Il centro ha avviato, grazie a dei partner industriali, un progetto per la produzione di pannelli (che dovrebbero andare sul mercato nei prossimi mesi) realizzati con pigmenti di frutta e verdura come bacche, arance o melanzane. Al di là di questa produzione, comunque, immaginarsi in breve tempo un arrivo massiccio sul mercato di celle organiche è impossibile. Ecco quindi che si stanno studiando (e commercializzando) soluzioni più a breve scadenza. In questo senso la tecnologia più diffusa è quella a film sottile. Che, rispetto a quella che

punti fermi sono tre: abbattere i costi, aumentare l’efficienza e gestire i momenti in cui il sole non c’è. Sono questi i temi intorno ai quale ruota lo sviluppo dei pannelli fotovoltaici (quelli che trasformano la luce del sole in elettricità) di nuova generazione. In DI FEDERICO FERRAZZA ordine di tempo, l’ultima ricerca -pubblicata sulla rivista “Proceedings of the National Academy of Sciences”- arriva dall’università di Princeton (Usa). Dove un team di scienziati ha messo a punto dei pannelli usando, al posto del silicio, il materiale con cui oggi sono fatte le celle solari, dei

La scommessa della ricerca: catturare i raggi e renderli produttivi nelle 24 ore. Grazie alla combinazione con l’idrogeno

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Foto: F. Damm / Corbis, O. Rogge / Corbis, Bruneau / Blackarchives

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ha permesso per anni di realizzare pannelli con il silicio cristallino, ha diversi vantaggi. «È più semplice da realizzare, costa di meno (circa l’80 per cento) e un pannello costruito con questa tecnologia ha un ritorno degli investimenti del 30/40 per cento contro un 10 delle tecnologie tradizionali», spiega Mario Pagliaro, responsabile del Polo Fotovoltaico Siciliano dell’Istituto per lo studio dei materiali nanostrutturati (Ismn) del Cnr: «Non solo: la composizione chimica di un pannello a film sottile gli consente di funzionare bene anche quando il Sole è basso o in presenza di nuvole. In più - essendo estremamente Collettori in Australia. sottili (poche decine di micron) A fianco: stazione solare questi pannelli sono flessibili e sui Pirenei, in Francia. quindi si adattano anche alle superSotto: Francesco Starace fici curve». Al momento la tecnologia a film sottile sembra quindi quella più promettente. Tanto che diverse multinazionali ci stanno investendo. È il caso, per esempio, della nipponica Sharp che dopo aver creato una fabbrica di celle a film sottile a Sakai ora replicherà l’esperienza con uno stabilimento a Catania (realizzato insieme a Enel Green Power e STMicroelectronics) per realizzare le cosiddette celle a tripla giunzione che portano a un elevato grado di efficienza di conversione attraverso tre diversi strati di materiali foto-assorbenti. Un passo in avanti nel campo del film sottile, poi, lo sta facendo la californiana NanoSolar che ha brevettato una tecnologia grazie alla quale stampa su diverse superfici dell’inchiostro realizzato con materiale fotoattivo (in grado di produrre elettricità dai

Siamo in prima fila Cresce il mercato del fotovoltaico. Che però adesso bisogna riprendere a incentivare colloquio con Francesco Starace di Federico Ferrazza I numeri ci sono tutti. Il mercato italiano del fotovoltaico è in buona salute, come dimostrano i dati del Gestore Servizi Energetici: nel 2007 gli impianti italiani erano 7.647 con una potenza installata di 87 megawatt; alla fine del 2009 gli impianti erano 71.284 per una potenza complessiva di 1.142 megawatt. «Sono numeri che

non mi sorprendono. Il solare è la fonte energetica con la derivata di crescita più veloce. Aumenta percentualmente più di più di ogni altra fonte, fossile o rinnovabile. Per due motivi. Primo: parte da dimensioni molto piccole. Secondo: ha la tecnologia con i margini di crescita e di perfezionamento maggiori. E sarà così almeno

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Speciale Energia www.espressonline.it Sul sito de “L’espresso” il video del progetto Desertec per un impianto termodinamico del deserto del Sahara.

Da sinistra: terrazzo fotovoltaico a Berlino; la barca Planet Solar; mongolfiera in California

se alle previsioni formulate», dicono i ricercatori, «attraverso que- suo primo velivolo dotato di sta tecnologia è possibile abbattere il costo del substrato delle cel- ali ricoperte da 11.628 celle. le fotovoltaiche di oltre il 60 per cento. Una riduzione dei costi che Che gli hanno permesso di stare in quota a 1.200 metri per 87 diventa del 30 per cento quando si prendono in esame le celle fo- minuti consecutivi. Non male se si pensa che il primo volo dei tovoltaiche più costose, con substrato in puro germanio». fratelli Wright durò appena qualche secondo. ■ Ma il futuro del fotovoltaico non dipenderà solo dai pannelli. «La vera grande innovazione sarà riuscire a risolvere il problema dell’intermittenza intrinseca della raSono sempre di più gli oggetti che diazione solare: in altre parole, bisogna far si alimentano grazie alle celle solari. funzionare le celle anche di notte», spiega E non sono solo i pannelli per le case Pagliaro: «E per riuscirci la chiave è abbigrazie ai quali è possibile chiedere nare il solare all’idrogeno». - attraverso l'installatore - gli incentivi Insomma, l’idea di mettere insieme due statali che in una decina di anni TEGOLA Su una tegola ad impasto energie verdi stuzzica i tecnologi. Per far(per un’abitazione di 100 metri ceramico viene inserito un pannello lo, spiega ancora Pagliaro: «Servono degli quadri) permettono di rientrare fotovoltaico formato da quattro accumulatori di energia che usano i raggi dell’investimento (circa 15 mila euro). celle. Collegando ciascun pannello Ecco alcuni esempi. del sole per separare di giorno l’ossigeno e al successivo, si crea un vero OMBRELLONE Per ora è solo e proprio campo fotovoltaico l’idrogeno che compongono l’acqua, e poi un concept del designer Greg Freer. che può coprire l’intera sfruttare di notte lo stesso idrogeno per geSi tratta dimensione del tetto. nerare elettricità». In questo modo si podi Sunbrella, TELEFONO Il cellulare tranno costruire edifici (o quartieri) comun ombrellone Sharp SH 002 è supportato pletamente autosufficienti dal punto di vifotovoltaico di da energia solare attraverso sta energetico, senza il bisogno che siano circa due metri un modulo fotovoltaico collegati alla rete elettrica tradizionale. di diametro di soli 0,8 millimetri di Una sfida tecnologica ancora da vincere. (e composto spessore con un’efficienza Ma se la ricerca otterrà i risultati sperati si da sei celle). del 13 per cento. Entro la potrà pensare al sole anche per alimentare L’energia fine dell’anno, poi, la casa i trasporti e rendere questo settore davvecatturata giapponese lancerà un ro green. Anche per questo la società di priservirà ad alimentare il telefonino, nuovo pannello adatto vate equity Cape di Simone Cimino vorun computer portatile, un piccolo per i lettori mp3 portatili. rebbe sviluppare il progetto “Sunny car in ventilatore o - nei casi degli stabilimenti CARICABATTERIE Sono a sunny region”, ovvero ripensare lo stabidi lusso - anche un frigobar. diversi i caricabatterie solari limento Fiat di Termini Imerese come una ZAINO Lo zaino della Infinit con (di telefonini, fotocamere, fabbrica di auto elettriche alimentate atricarica solare è provvisto di un lettori mp3 o altri gadget traverso 2 mila distributori solari in tutta pannello fotovoltaico che genera elettronici) presenti sul la Sicilia. elettricità e la custodisce mercato. Su Internet se ne possono nella sua batteria In attesa che l’auto solare arrivi su strada, acquistare di tutti i tipi integrata. anche per qualche decina infine, c’è chi ha già progettato un aereo Compatibile con di euro. Quasi tutti hanno fotovoltaico. È la svizzera Solar Impulse diversi dispositivi, degli adattatori per poter che all’inizio di aprile ha fatto volare il pesa circa un ricaricare il numero più chilo e mezzo. ampio possibile di device.

ENERGIA FAI DA TE

per altri dieci anni». A parlare è Francesco Starace, presidente di Enel Green Power, azienda del gruppo Enel specializzata in rinnovabili e che in autunno si dovrebbe quotare a Piazza Affari. Presidente, perché il solare occupa solo una piccola quota della vostra capacità installata netta: nel 2009 siamo a 17 megawatt su oltre 5.500? «Per una ragione storica molto semplice. Decenni fa siamo partiti con l’idroelettrico e il geotermico e da qualche anno abbiamo investito nell’eolico. Il solare, invece, sta diventando maturo in questi ultimi anni, in Italia, per esempio, con un regime incentivante che prima non c’era». Eppure le tecnologie

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fotovoltaiche sono sul mercato dagli anni Ottanta... «È vero, ma i metodi e le tecnologie di produzione sono diventati competitivi solo negli ultimi anni. Solo ora la diminuzione dei costi ha fatto diventare interessante la produzione. Insomma, sta accadendo quello che è successo con il cellulare: negli anni Novanta, visto il prezzo, se lo potevano permettere in pochi, oggi non è più così». Nel vostro piano 2010-2014 avete previsto un investimento di 5 miliardi di euro. Quanti finiranno nel solare? «Difficile dirlo con certezza. Comunque, se le curve di abbattimento dei costi e dell’aumento di efficienza

dei pannelli ma, soprattutto, per abbattere i costi di produzione. In questa direzione va la tecnologia realizzata dall’italiana Dichroic Cell. Che, in collaborazione con un team di ricercatori dell’Università di Ferrara e dell’Istituto Nazionale per la Fisica della Materia, ha messo a punto un macchinario in grado di permettere al silicio (materiale economico usato nelle celle fotovoltaiche) di comportarsi come il germanio, un altro elemento che si trova nei pannelli solari, ma meno reperibile e più dispendioso. «In badei pannelli manterranno le promesse, potremmo spendere oltre il miliardo di euro, anche attraverso le joint venture che stiamo portando avanti, oltre ai 70 milioni che abbiamo già investito nella fabbrica di Catania (in partnership con STMicroelectronics e Sharp) per realizzare pannelli a film sottile». Quindi conviene ancora fabbricare in Italia? «Sì, perché realizzare questi pannelli comporta un sistema altamente automatizzato e il costo del lavoro - fattore che penalizza il sistema europeo (non solo quello italiano) - è relativamente meno importante». Assosolare si lamenta con il governo perché sta ritardando il rinnovo degli incentivi.

Qual è il suo giudizio? «In questi anni la politica sugli incentivi è stata ben fatta. Abbiamo copiato in maniera intelligente quello che è avvenuto in Giappone, Germania e Spagna. Con l’abbattimento dei costi, però, andranno a ridursi anche gli incentivi». Crede dunque che in Italia possa nascere un forte mercato del solare? «Certo. Il solare, per le sue caratteristiche, è compatibile con il sistema industriale italiano. Che è leggero e fatto di società mediopiccole che lavorano con l’export e in rete. Inoltre, il fotovoltaico è alla portata delle competenze tecnologiche italiane. E permette di modulare gli investimenti nel tempo».

L’espresso

Foto: Langrock - Laif / Contrasto, Reuters / Contrasto, Streano / Corbis

raggi solari): un metodo economico che consente di usare i macchinari dell’industria della stampa per produrre, in tempi rapidi, un film fotovoltaico. A questo approccio, quello cioè di gettare celle solari su un qualsiasi materiale, stanno lavorando anche altre aziende (per esempio la NextGen Solar) che sono prossime alla commercializzazione di spray solari: basterà una spruzzata per trasformare (quasi) tutte le superfici in un pannello solare. Tutti questi sistemi vengono sviluppati per aumentare l’efficienza

GUARDA IL FILMATO Fotografa questo codice e vedi il video sul tuo cellulare A pagina 31 le istruzioni per attivare il servizio

17 giugno 2010


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www.espressonline.it

Speciale Energia GUIDARE SENZA BENZINA

L’AUTO ∂ DIVENTATA VERDE ga parte degli utenti usi l’auto in città e per non

DI STEFANO VERGINE problema dello spazio, visto che quel pannello occupa circa tre metri quadrati». Finora, però, nessuno è mai riuscito a commercializzare un veicolo completamente solare. Ci aveva provato qualche anno fa la francese Venturi, specializzata nella produzione di automobiil sogno proibito degli ambientalisti: una mac- li alternative. Ne è venuta fuori una leggerissima piattaforma bichina capace di trarre energia direttamente dal posto, dotata di 3,6 metri quadrati di pannelli fotovoltaici che forsole, senza bisogno di petrolio o gas e senza niscono una potenza totale di circa 16 kW; velocità ragguardevoneppure la necessità di fermarsi a ricaricare la le (120 km/h), buona autonomia (110 km), peccato solo per la forbatteria. Perché l’auto solare si alimenta da sé, ma, piuttosto lontana dalle abitudini odierne, tanto che alla fine bastano i pannelli fotovoltaici montati sulla l’azienda francese non l’ha mai messa in vendita. L’unica scocca. Massimo risparmio economico, mini- grande casa automobilistica ad averci tentato è stata un pamo impatto ambientale. Un’idea talmente entusiasmante da aver io di anni fa la Toyota, ma nel frattempo è arrivata la crisi suscitato parecchio interesse, come dimostrano le decine di forum e il progetto, a quanto risulta, è finito nel congelatore. Inon line dedicati ad una semplice domanda: perché non vendono somma, l’auto solare da comprare in concessionaria è dele macchine ad energia solare? Gli esperti concorstinata a rimanere un sogno, almeno fino a dano su un punto: per raggiungere la potenza di Dal basso, in senso quando non aumenterà decisamente l’efficienun’auto di media cilindrata (60-70 kW) sarebbe ne- antiorario: il prototipo za dei pannelli fotovoltaici. Un po’ come è successario un impianto fotovoltaico molto più gran- solare Venturi; la cesso per i veicoli elettrici, trasformatisi da procinese elettrica Geelyde delle dimensioni dell’auto stessa. Ma c’è anche panda; la Nissan totipi a realtà commerciali grazie allo sviluppo una risposta alternativa. A fornirla è Gianfranco Leaf; la Bmw Concept delle batterie agli ioni di litio, strumenti che fiRizzo, docente di ingegneria meccanica all’univer- ActiveE; la Citroën Cno a qualche anno fa erano in grado di supporsità di Salerno, tra i massimi esperti italiani di mac- O; la Renault Fluence chine solari: «Le statistiche mostrano come una lar- Z.E. ricaricabile

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Foto: G. Amarasinghe - AP / Lapresse

Una vettura che viaggi solo con l’energia del sole: più di un’ora al giorno. In queste condizioni richiesta è di 7-8 kWh, comparabile con è il futuro. Oggi le major puntano sull’ibrido: con l’energia quella prodotta da un modulo fotovoltaico da batterie ricaricabili da colonnine fotovoltaiche 500 watt in 10 ore di luce. Così si risolverebbe il

tare solo i telefoni cellulari e che ora sono divenuti il cuore delle auto con la spina. Ciò su cui il mercato si sta concentrando, oggi, è proprio questo tipo di veicolo: auto ibride o totalmente elettriche, con batterie ricaricabili, che possano rifornirsi di energia presso i distributori. Che c’entra il sole? C’entra, visto che andrà a ricare le colonnine. In questi giorni a Milano e a Brescia i tecnici di A2A stanno installando i primi distributori di energia elettrica. L’iniziativa fa parte di un progetto sviluppato dalla utility lombarda e da Nissan-Renault con l’obiettivo di dare impulso al mercato dell’auto elettrica in Italia. Verranno installate 200 colonnine a Milano e altre 70 a Brescia. A2A fornirà l’energia; Nissan-Renault affitterà 60 auto elettriche al costo di 500 euro. Simile il piano architettato da Enel e Daimler a Roma, Pisa e Milano. La casa tedesca metterà a disposizione 100 veicoli, mentre Enel sarà responsabile dell infrastruttura con più di 400 punti di ricarica. L’auto scelta da Daimler è una

Collegandoti al sito del nostro giornale potrai vedere il video dell’innovativa auto che funziona a energia solare

Smart con motore elettrico da 30 kW, velocità massima 100 km/h, equipaggiata con una batteria GUARDA IL FILMATO agli ioni di litio che garantisce Fotografa questo codice una percorrenza di almeno 135 e guarda km. Il costo d’affitto è di 480 euil video ro al mese, ai quali se ne possoA pagina 31 le istruzioni no aggiungere 25 per ottenere per attivare una ricarica mensile illimitata. il servizio Prezzi promozionali, certo, ma che fanno intuire quale potrebbe essere il risparmio per le tasche degli automobilisti. Per percorrere 280 chilometri con una di queste Smart ci vogliono 10 euro di ricarica. La stessa tratta, con un’auto a benzina, costa più del doppio. L’unico dubbio riguarda l’ambiente: chi garantisce che l’energia prelevabile dalle colonnine di ricarica sia effettivamente rinnovabile? Perché se fosse frutto di una centrale termoelettrica, per esempio, di pulito ci sarebbe ben poco. A2A afferma che «la ricarica dei veicoli elettrici sarà significativamente proveniente da fonti rinnovabili». Per “significativamente”, spiegano dalla società, s’intende circa il 33 per cento dell’energia, quota che comprende anche quella prodotta dall’inceneritore di Brescia. ■

SE LA RICARICA ∂ UN PROBLEMA Gli Stati Uniti puntano a costruire 11 mila punti di ricarica entro il 2011, incentivando al contempo l’acquisto di auto elettriche fino a 11 mila dollari. Gli aiuti statali arrivano a 6 mila euro in Cina, così come in Spagna e in Francia. La Germania punta a mettere su strada 5 milioni di macchine con la spina nei prossimi 20 anni, con il primo milione da raggiungere entro il 2020. La Gran Bretagna ha stanziato 260 milioni di euro per creare 400 mila nuovi posti di lavoro nella filiera della elettrica; la sua capitale, Londra, avrà 25 mila punti di ricarica pubblici entro il 2015. Questo è quello che alcuni degli Stati più importanti del mondo stanno facendo. L’Italia? Niente incentivi e nessun obiettivo a lungo termine. Bisogna accontentarsi delle 1 670 colonnine di ricarica che verranno sviluppate da alcune società private. «A differenza di quanto accade in molti altri paesi», spiega Pietro Menga, presidente della Commissione italiana 2 dei Veicoli elettrici stradali (Cives): «Non abbiamo un piano nazionale, cioè non esiste un intervento organico da parte dello

Stato: siamo l’anello debole dell’Europa». L’auto elettrica esiste, ma senza la possibilità di ricaricarla resta un giocattolo fine a se stesso. È infatti questo il principale dubbio degli italiani, almeno secondo un’indagine svolta da Swg. Oltre il 70 per cento degli intervistati ha detto di essere propenso ad acquistare un veicolo elettrico, ma a patto che non ci siano problemi con le ricariche (54 per cento). A fine maggio, durante il Festival dell’energia di Lecce, Agostino Ghiglia, deputato del Pdl, ha promesso che tra pochissimo sarà presentato un progetto di legge per incentivare lo sviluppo dell’auto elettrica anche in Italia. In attesa che le promesse si trasformino in atti, il mercato va. Quasi tutti i grandi gruppi mondiali si stanno muovendo per non perdere il treno dell’elettricità. Entro la fine del 2010 arriveranno nelle concessionarie la Nissan Leaf (foto 3), la Peugeot iOn e la Citroën C-0 (foto 1), mentre il prossimo anno debutteranno i modelli Mitsubishi i-Miev e la Bmw Serie 1 (foto 2). Proprio la casa tedesca ha recentemente annunciato per il 2013 il debutto di una nuova gamma elettrica, la Megacity Vehicle, una produzione seriale pensata per grandi città come Tokyo, Londra o Shanghai. Ma anche per Roma e Milano, sempre che ci sia la possibilità di ricaricarle

a cura di Valeria Palermi 106

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L’espresso

In edicola la prossima settimana Il teatro di Dario Fo e Franca Rame

Sesso? Grazie, tanto per gradire + Lo stupro di Rita Cirio

Un’ora di magia

RIMET

L’INCREDIBILE STORIA DELLA COPPA DEL MONDO In occasione dei Mondiali in Sudafrica il docu-film sul Santo Graal del calcio. Un trofeo di due chili d’oro, vinto dal Brasile nel ’70, rubato e fuso in lingotti

a Coppa Rimet è il Santo Graal del calcio. Forgiata con quasi due chili d’oro nel 1929 da Jules Rimet. Simbolo di vittoria mondiale fino al 1970. Oggetto del desiderio di collezionisti e criminali fanatici. Dalla Parigi della Belle Époque ai bassifondi di Rio de Janeiro, le sue vicende attraversano il cuore del XX secolo. Rubata e ritrovata da un cane

Foto: Eyedea - Contrasto

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nel ’66. Vinta dal Brasile nel ’70. Di nuovo rubata e fusa in lingotti nel 1983. Colpi di scena che si intrecciano alle gesta di Pelè e Facchetti, alla finale Brasile-Italia del ’70, alle vittorie dell’Italia del ’34 e ’38. ■

In dicola il Dvd a 8,90 euro in più con L’espresso o Repubblica GUARDA IL FILMATO Fotografa questo codice e vedi il video sulla Coppa Rimet dal tuo cellulare A pagina 31 le istruzioni per attivare il servizio

“Anche il sesso è politica”, dichiarava Franca Rame a proposito di “Sesso? Grazie, tanto per gradire”, spettacolo del 1994 ancora più attuale oggi che, semmai, “anche la politica è sesso” come dimostrano le vicende di casa nostra riassunte - con un elegante neologismo - sotto il termine di “mignottopoli”. Scritto a sei mani insieme a Dario Fo e al figlio Jacopo, il testo a suo tempo fu vietato ai minori di 18 anni da una censura particolarmente ottusa (come quasi sempre sono le censure, d’altronde) mentre avrebbe dovuto diventare materia scolastica. In assenza di convincenti programmi di educazione sessuale nelle scuole, Franca Rame proponeva una sorta di lezione contro la maleducazione sessuale, come contributo per colmare un vuoto di conoscenza e di coscienza del proprio corpo, come superamento di antiche proibizioni e di sempre attuali inibizioni. Con eleganza e senza alcuna concessione al cattivo gusto che, perlomeno nella nostra televisione, sembra diventato l’unico approccio possibile al sesso. Conclude GUARDA IL FILMATO lo spettacolo Fotografa questo il doloroso codice e vedi monologo sul il video sullo tema dello stupro. spettacolo Venerdì 18 giugno dal tuo cellulare Dvd a 9,90 euro A pagina 31 più L’espresso + le istruzioni per attivare il servizio Repubblica

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L’espresso

In edicola la prossima settimana Sounds for Silence - Musica di Sergio Cammariere & Fabrizio Bosso

CHAPLIN Comiche vagabonde

Charlot in città, a teatro, al mare. Tre film del 1915 che rivivono con il pianoforte di Sergio Cammariere e la tromba di Fabrizio Bosso

GUARDA IL FILMATO Fotografa questo codice e vedi il video sulle Comiche dal tuo cellulare A pagina 31 le istruzioni per attivare il servizio

iacchetta striminzita, pantaloni larghi, scarpe grosse, bombetta lisa e un guizzante bastoncino. Si manifesta così, vagabondo e reietto, saltimbanco e poeta, il genio di Charlie Chaplin. La sua maschera di clown donchisciottesco si scontra con meschini benpensanti, ottusi poliziotti, facendo ridere e pensare, con infinito successo. Ai tempi del muto, un cinema di New York fece il tutto esaurito per dieci anni proiettando solo i suoi corti. Danno nuova vita oggi alle “Comiche vagabonde” il piano di Sergio Cammariere e la tromba di Fabrizio Bosso. ■

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Chaplin Comiche vagabonde Venerdì 18 giugno ottavo Dvd a 9,90 euro in più con L’espresso + Repubblica

Beautiful Minds - Piergiorgio Odifreddi racconta

Foto: Everett Collection - Contrasto, F. Lovino - Contrasto

Gödel e Turing - La nascita del computer Kurt Gödel (Brno, 1906 - Princeton 1978) è ritenuto il più grande logico del XX secolo. Pubblicò il suo “Teorema d’incompletezza” nel 1931 a 25 anni ispirando la ricerca di Alan Turing (Londra, 1912 - Wilmslow, 1954) che definirà la “Macchina di Turing”, il primo prototipo del computer. L’intuizione geniale è di “spezzare” l’istruzione da dare alla macchina in una serie di altre più semplici, nella convinzione che si possa sviluppare un algoritmo per ogni problema: un processo simile a quello affrontato dai programmatori odierni. Piergiorgio Odifreddi racconta le straordinarie travagliatissime vite di questi due geni e, attraverso di loro, la nascita del computer. Venerdì 18 giugno il 15° Dvd a 7,00 euro in più con L’espresso + Repubblica GUARDA IL FILMATO Fotografa questo codice e vedi il video su Gödel e Turing dal tuo cellulare A pagina 31 le istruzioni per attivare il servizio

SHORT STORIES

TEX A COLORI

KATE CHOPIN

IL COMANCHERO

Su www.espressonline.it ascolto gratuito e motore di ricerca linguistico. Venerdì 18 giugno Volume a 2 euro in più con L’espresso + Repubblica

«Fredda come il ghiaccio, la fatalona», pensa fra sé Tex seguendo nel salottino Madame Lopez... In edicola a 6,90 euro in più con L’espresso o Repubblica


CULTURA

Per caso ha visto un gay?

Manifestazione a favore di matrimoni gay a Montevideo. Nella foto grande: gay pool party in Spagna. Sotto: Vattimo

di Gianni Vattimo

ul municipio rosso di Berlino la bandiera arcobaleno sventola a mezz’asta. Il sindaco Klaus Wowereit, l’omosessuale dichiarato che governa la capitale gay d’Europa, teDI TOMMASO CERNO me che la “Neue Zeit” possa fallire. È la guerra dei diversi che sembra perduta. È diventata la guerra degli uguali. È vinta sulla carta bollata, ma è persa nell’utopia letteraria della ricerca di un

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mondo migliore. La rivolta contro il sistema, l’ambivalenza stessa come chiave di accesso all’universalità sembrano aver esaurito il loro potenziale rivoluzionario. L’orizzonte è diventato l’omologazione, la promessa di un matrimonio legale o dell’adozione di un figlio. Un linguaggio che non impone, ma propone: «Gay is beautiful», scandiva lo scrittore Edmund White con l’amico Lou nel 1969 a New York mentre gli scontri con la polizia allo Stonewall Inn segnavano la fine del ghetto culturale dei diversi. È la festa del 28 giugno, che si ce-

L’espresso

Foto: M. Insolera - LUZphoto, A. Stapff - Reuters / Contrasto, P. Tre - A3

Dall’utopia di cambiare il mondo, la cultura omosessuale è approdata alla voglia di normalità piccolo borghese. Lo dicono intellettuali e militanti. Ma c’è chi sogna ancora

RIVENDICO LA MIA DIVERSITÀ Vale o no la pena di continuare a battersi perché la cultura comune abbandoni il suo tradizionale atteggiamento omofobo, cercando che almeno nel linguaggio e nelle “ovvietà” quotidiane i gay non siano sempre di nuovo le vittime designate del disprezzo collettivo? Non si dimentichi che, nonostante la recente correzione di rotta da parte del ministro a ciò preposto nelle gerarchie vaticane, secondo il quale i pedofili saranno puniti con particolare severità nell’Inferno (non solo pianto e stridor di denti, dunque; ma

forconi e fuoco a gogo, e chi più ne ha più ne metta), questa severità speciale che dovrebbe saziare la sete di giustizia divina è sempre stata promessa, dal catechismo, a chi pratica il “vizio impuro contro natura”, il “peccato contro lo Spirito Santo” che “grida vendetta al cospetto di Dio”. Perché sia stato sempre così, nella tradizione cattolica, almeno quella ufficiale, non si sa precisamente, tanto che sembra a tutti ovvio che il Dio biblico “esattore di prepuzi” (secondo un’espressione di Joyce) sia altrettanto ovviamente un custode di orifizi e del loro

legittimo uso. Basta, si potrebbe dire, cercare di raddrizzare le gambe ai cani. Siamo “contro natura”? Ebbene, tenetevela questa vostra maledetta natura. Vi piacciono gli tsunami, la lotta “naturale” per la sopravvivenza, eruzioni pompeiane ed epidemie avicole o suine? Noi orgogliosamente siamo una “cultura” diversa, non ci interessa la vostra stima, solo vogliamo che ci siano riconosciuti i diritti di un qualunque cittadino: anche sposarsi, eventualmente, con tutto ciò che il diritto di famiglia comporta. Nostalgia della

solida, naturale, rassicurante struttura della coppia benedetta dal Comune o dal Santo Padre? Ma fateci il piacere, se vogliamo poter avere una famiglia è solo per un giusto bisogno di eguaglianza civile, anche di comodità amministrativa. Il resto, la vostra falsa monogamia e le vostre acrobazie tra mogli, amanti, seconde amanti, consorti “morganatiche”, magari escursioni fuori le mura con trans esotici, tenetevelo pure; vi servirà per dare un po’ di thrilling alla vostra prossima confessione.


CULTURA

Il sindaco di Berlino: “Sta scomparendo la nostra memoria delle battaglie per la libertà”

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www.espressonline.it Sul sito de “L’espresso”. Baci gay da grande schermo: le migliori scene romantiche di coppie omosessuali della storia del cinema GUARDA IL VIDEO Fotografa questo codice per vedere il filmato A pagina 31 le istruzioni per attivare il servizio

omosessuale Tadzio dal Lido di Venezia fin dentro la banalità di una villetta bifamigliare in collina. Rifugio accogliente come lo sono le pubblicità di McDonald’s in Francia, ma anche rigido codice espressivo e comportamentale. Nel 1984, l’Italia conosce l’Aldo Busi rivoluzionario di “Seminario sulla gioventù”. Il monoclino, fiore senza sesso, che da Montichiari sboccia nel Paese. Venticinque anni dopo, Busi è un divo della tv. Buono finché fa il professore ad “Amici” o il critico da parolaccia glamour nei salotti catodici. Ma non appena torna quello dell’84, viene cacciato da “L’Isola dei famosi”. È un fatto di linguaggio, non di contenuti. Busi è utopista, quindi inadeguato al nuovo codice, alla fine dell’era gay. E in quei panni non può che essere espulso. È lo Stato benevolo che ci mostra il suo vero volto fascista, intervenendo sul modello identitario per forgiare anche l’omosessuale a proprio uso e consumo: «Per i gay over 30 il sogno non è la rivoluzione, ma sono 90 metri quadrati in un quartiere trendy, possibilmente in coppia, possibilmente sposati», continua il sociologo tedesco. Mentre secondo uno studio fatto per la Humboldt Universität, solo il 20 per cento degli adolescenti omosessuali crede che abbia ancora senso impegnarsi per un’affermazione più estesa e libera della propria identità. Significa che alla rivendicazione del sé, si è sostituita una forma di moderno agnosticismo, il credere che non serva più crederci. Un virus che sta cancellando la memoria dei gay. Il risultato è una società del “liberi tutti”, quando la proposta era quella del “tutti liberi”. Chi dal ghetto (culturale prima che sociale) uscì

L’espresso

Foto: S. Ponomarev - AP / Lapresse, H. J. Knippertz - AP / Lapresse, T. Gregory - Contrasto, N. Minerbi - LUZphoto

lebra ancora. Era il giorno in cui suoni e silenzi, colori e buio, volgarità e dolcezza di un bacio fra due uomini conquistarono il resto dell’umanità: per finire fra le pagine dei romanzi, sui giornali e sui megaschermi delle sale cinematografiche. Ambigui come in “Morte a Venezia”. Sfrontati come in “Festa per il compleanno del caro amico Harold”. Oppure genuini come li descriveva Pier Paolo Pasolini, che notte dopo notte denunciava lo svanire della dolce vita omosex all’italiana soppiantata dalla nevrosi collettiva. Era l’utopia esistenziale, il no all’assimilazione. Se poi i diritti civili sono arrivati, è da Lesbiche a Mosca. Nell’altra pagina: questo linguaggio che hanno attinto la commemorazione di Harvey Milk a San Francisco, forza per essere ascoltati. Una forza sfilata a Londra e Wowereit con il suo compagno che, purtroppo, s’è smorzata nel tempo. E alla Germania come modello, sembra folle che oggi non esiste più. Soppiantata dalla il grido di chi non ci sta più. Ma alla porta cultura post-gay, l’illusione dell’uguaglian- di Brandeburgo, mentre coppiette di ragazza spesso confusa con l’indifferenza. zini a vita bassa passeggiano mano nella Il romanziere americano David Leavitt mano progettando le nozze coi genitori, c’è l’aveva profetizzata negli anni Ottanta, qualcosa di quell’aria berlinese che preoctracciandone via via una mappa nei suoi li- cupa il borgomastro: «È tutto cambiato. bri. Da “Ballo di famiglia” a “La lingua per- Sta scomparendo la memoria storica delle duta delle gru” al “Voltapagine”, l’omoses- nostre lotte per la libertà (non solo) sessuasualità è un’esperienza sempre più quoti- le. Erano lotte per la diversità, senza le quadiana, fino a diventare superflua. Talmen- li io non starei seduto dove sono», dice a te compromessa con il modello dominante “L’espresso”. Nell’ultimo decennio s’è inda venirne inghiottita, come ne “Il corpo di vece perduto lo spirito minoritario, ribelle Jonah Boyd” (Mondadori), dove dei gay e quindi l’utopia. L’onda della protesta gionon resta traccia. In Irlanda invece è Colm vanile e del femminismo si è infranta a riva. Toibin a cambiare il Dna dell’utopia omo- La nouvelle vague consumistica ha imbrisessuale. Sotto la luce notturna del faro di gliato il “gaio ottimismo” imponendo Blackwater (ne “Il faro di Blackwater”, Fa- comportamenti e stili e mimetizzandolo nei zi), tre donne ruotano attorno a un prota- quartieri bene delle metropoli. Un contagio gonista gay, Declan, malato di Aids. Ultimo falso del linguaggio eterosessuale, orgoatto della rivoluzione copernicana che por- glioso stavolta di sparire in mezzo agli altri ta al centro del nuovo linguaggio ciò che per quanto prima di mostrare la faccia. Sembra decenni era orbita lontana e misteriosa. Co- che per colpa della libertà, gli omosessuali sì l’obiettivo non è più cambiare il sistema, stiano perdendo il proprio patrimonio più bensì farne parte. Le rivendicazioni non importante: l’identità. Rinchiudendo in vengono avanzate nel nome di un ideale moderni quartieri-ghetto, full optional in culturale, ma sociale. Una vittoria che odo- quanto a servizi, divertimento e sesso, il lora di fallimento. Per tornare all’esempio te- ro passato di oppressi: «La parola minodesco. Certo ai gay italiani, che guardano ranza è sparita dal lessico dei giovanissimi. Nemmeno cinque ventenni su cento si identificano con una realtà gay», spiega Rüdiger Lautmann, sociologo tedesco. Ecco l’altra faccia della conquistata normalità, obiettivo delle politiche di espansione dei diritti condotte in Europa. Il linguaggio gay reclama improvvisamente l’inclusione a tutti i costi. Gli spot tv rispediscono l’adolescente

gridando «Gay is beautiful», oggi ci sta tornando sussurrando «Gay is normal». E mentre lo fa deve difendersi dagli attacchi, non più ideologici, ma fisici della nuova omofobia. Nemmeno Internet è la piazza della liberazione post-gay, come molti vanno dicendo. È piuttosto la fotografia di questo fallimento. Se è vero che ha avvicinato gli omosessuali facilitandone l’incontro, soprattutto sessuale, crea però «un’utopia transitoria» (Bauman) una via di fuga dalla quotidianità, dai sogni, e dal confronto con gli altri. C’è una comunità gay che nella Rete si nasconde, anziché mostrarsi. Gay senza iden-

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tità e volto quando camminano per strada, esplorabili in ogni dettaglio quando si celano dietro un nick name. Tutto questo lascia un senso di vuoto, secondo Christian Peters, direttore del Teddy Foundation, la rassegna omo del Festival di Berlino: «Mi sembra di essere tornati agli anni Venti, quelli dei cabaret segreti e dei cinematografi sotterranei. Ma non più per timore di farsi bollare, com’era allora, bensì per menefreghismo», spiega. I nuovi diritti hanno sul piano espressivo, quello che permette trasgressioni semantiche, perché indica un futuro, un effetto collaterale anestetizzante. Dire “Gay Power” in America fa molto anni Settanta. Melissa Sklarz, la transessuale nominata da Barack Obama leader dell’ala gay dei democratici si sente assurdamente più sola adesso che lavora per la Casa Bianca di quanto lo fosse negli anni della clandestinità. «Quello spirito non esiste più. Ed è tragico. I due terzi degli adolescenti gay americani non sanno nulla del movimentismo e della lotta per i diritti che ha incendiato due generazioni di omosessuali e di amici etero. È triste che non si

sentano più parte di qualcosa e si rischia che, in questo modo, la strada che ancora c’è da fare non venga mai percorsa davvero». Visto così, il post-gay odora di rinuncia. Sembra la fine del desiderio. Il ritorno allo stato di “necessaria convivenza” dopo avere inseguito l’utopia dell’uguaglianza. Rimane la musica a legare i gay senza più linguaggio e memoria comuni. Le colonne sonore si ripetono con ossessione come un ritornello. “I will survive” di Gloria Gaynor la ritroviamo in “Priscilla la regina del deserto”, “In & out” e ancora in “Quattro matrimoni e un funerale”. Film molto diversi fra loro, tranne che per le scelte musicali. Così vale per gli Abba, Petula Clark, Judy Garland e Madonna. Ma montate su un immaginario gay che s’è rovesciato del tutto. “Another Country” di Marek Kanievska era la scelta diversa. “Le fate ignoranti” di Ferzan Ozpetek sono la normalizzazione. La dimensione tenue della nuova omosessualità, che riflette la cultura del post-gay. «A forza di voler assomigliare sempre di più a persone qualsiasi, uguali e non diverse, i gay hanno vinto sugli omosessuali. Vogliono essere inclusi, digeriti», dice David Dibilio, lo sceneggiatore francese di “Gay… et après”. Ma cosa verrà dopo l’integrazione dei diritti e dei linguaggi? C’è chi profetizza la disintegrazione degli omosessuali nella società, la diluizione delle particolarità nel tutto, appunto la fine dei gay. La differenza che diventa un dettaglio. Qualcosa che non ha più la forza di cambiare la propria visione del mondo. E quindi che ha rinunciato all’utopia di trasformare il mondo. hanno collaborato Giacomo Leso e Simone Porrovecchio

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CULTURA

Freida regina di Hollywood Woody Allen e Julian Schnabel. India, Palestina e America. La nuova star Freida Pinto si racconta DI SIMONE PORROVECCHIO

parte i soliti numeri sull’economia inarrestabile e una potenza militare crescente, il volto della nuova India, oggi, è quello bellissimo e rassicurante della ventiseienne Freida Pinto. Rivelazione di “Slumdog Millionaire”, star nel film di Woody Allen “You Will Meet a Tall Dark Stranger”, presentato con successo a Cannes (lei assente), protagonista infine della pellicola di Julian Schnabel “Miral” (in fase di post produzione), della Pinto il “New York Times” ha scritto che la sua carriera fulminante è la versione contemporanea dell’apologo di Cenerentola. Vero in parte. Perché la sua vita prima di “Slumdog Millionaire” non era poi così sfortunata. L’attrice è nata e cresciuta in uno dei quartieri più ricchi di Mumbai, madre dirigente di un istituto scolastico per rampolli benestanti, padre manager nella finanza. Una vita nell’agiatezza, che lei non

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ha problema ad ammettere, sicura come è di se stessa. «A cinque anni già sapevo di voler recitare», dice, e fa un sorriso che ricorda quello di Marlene Dietrich, «la mia musa», rivela. «Naturalmente c’è voluto molto tempo perché trovassi la mia strada, ma l’inclinazione c’era già da piccola. Per fortuna mia madre non ha mai smesso di ricordarmelo. È stata determinante». L’illuminazione arriva in realtà a vent’anni, al college, quando Freida si iscrive a un corso sulle contaminazioni tra cinema e letteratura. È allora che si innamora dei classici di Hollywood degli anni ’30 e ’40. «Non basta essere giovani, carini e saper ballare il Kuchipudi, Bollywood ti schiaccia come una noce. Per avere una chance devi avere una forza sovrumana e possibilmente le spalle coperte da una famiglia che ti sostenga», racconta lei. In quella prospettiva Freida mette anche la scelta di diventare modella. «Avevo

20 anni. Speravo nel fattore visibilità, ma non ha funzionato». Le copertine sperate non arrivano: le agenzie scelgono bellezze sempre più magre, segno di un’occidentalizzazione dell’estetica in atto. «L’unico lavoro degno di questo nome era uno show itinerante nei Paesi del Sud-est asiatico in cui facevo la moderatrice». A 24 anni, Freida si vede sull’orlo del fallimento. È il 2008. L’anno di “Slumdog Millionaire”. «Il direttore del casting chiamò, tra le altre, anche l’agenzia di Mumbai dove un anno prima avevo lasciato il mio book senza mai essere richiamata». Danny Boyle, il regista di quello che sarebbe diventato uno dei successi più clamorosi nella storia del cinema, era atteso in India da lì a sei mesi e voleva gli attori pronti. Sei mesi dopo l’audizione, arriva la chiamata della vita. «Ero al supermercato. E non scriva che sono banale se le dico che ero convinta si trattasse di uno scherzo. Temevo che la pellicola sarebbe stata troppo commerciale, ma dopo gli otto Oscar ho realizzato di aver lavorato in un film cha ha fatto storia. Niente racconta meglio dell’opera di Boyle la febbre dell’India contemporanea». Da un anno e mezzo Freida è la million dollar baby di Hollywood, e Hollywood, si sa, si infatua facilmente di volti giovani e possibilmente inediti. Quello della Pinto, poi, è più appetibile per la nuance di esotismo nella sua tranquillizzante declinazione indiana. L’esempio più marcato del modo americano di accompagnare la nascita di una stella è la celebre copertina di “Vanity Fair” che la ritrae nello stile di una pin up anni ’50 con bustino rosso, pantaloncini

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Foto: Everett - Contrasto (2), K. Djansezian - AP / Lapresse, M. Rubenstein - Redux / Contrasto

Due immagini di “Slumdog Millionaire”. Nell’altra pagina: Freida Pinto e Julian Schnabel

gialli, tacchi a spillo e un mappamondo in braccio dove si vede solo il Subcontinente. Un’operazione con il forte sapore dell’omologazione: «Non voglio scendere in polemiche che io stessa non ho mai avuto l’intenzione di provocare. E d’altra parte mi sto costruendo una vita e una carriera». Neanche il titolo del “Los Angeles Times” che la descrive come l’attrice indiana più occidentale sulla piazza pare averla infastidita: «L’Occidente è molto autoreferenziale nella percezione delle cose. Ma guardi

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“Schnabel pratica un tipo di regia espressionista in cui si procede a grandi pennellate emotive” che il caos delle grandi città americane è sempre più simile a quello da noi a Mumbai. Con la differenza che noi ci stiamo organizzando». Gli slum però restano una delle grandi sfide. «A Mumbai gli slum sorgono dietro i grattacieli. Ma non dobbiamo dimenticare che la popolazione oggi è quattro volte su-

periore a quella degli Stati Uniti. I problemi sono direttamente proporzionali ai numeri». Insomma, gli slum esistono anche in Occidente. Solo più piccoli e nascosti. Da due anni Freida si è vista ovunque ci fosse un parterre che conti. In prima fila alle passerelle di Milano e Parigi, cover shooting per “Vogue”, “Cosmopolitan” e “Harper’s”, contratti milionari extra set come quello con Estée Lauder, stylist richiestissimi come George Kotsiopoulus, lo stesso di Kate Winslet e Cate Blanchett, sono alle prese con il Pinto look, un mix di Chanel, Christian Lacroix e Oscar de la Renta. A questo punto della parabola è uso che produttori e agenti preparino il filmone di genere che di regola mette a rischio la credibilità di una carriera. Pinto invece ha scelto pellicole con i crismi del gioiello d’autore. «Non poteva esserci seguito migliore a “Slumdog”, che lavorare con due fuoriclasse: Schnabel e Allen. Due visionari del cinema, con una passione quasi identica per la macchina da presa». L’attesissima pellicola di Schnabel è ispirata a “La strada dei fiori di Mirall” libro di Rula Jebreal (in cui si racconta una storia ambientata in Palestina). Regista pittore americano, protagonista indiana, autrice palestinese con passaporto israeliano e italiano. Una sintesi straordinaria. «Ho amato subito la sceneggiatura», dice Pinto: «Lavorare con Schnabel è poi un’esperienza galvanizzante. È un tipo di regia espressionista in cui si procede a grandi pennellate emotive». Altre corde, nell’altro ruolo a fianco di Anthony Hopkins, Naomi Watts e Antonio Banderas nel nuovo Allen, in realtà una bella storia di amori difficili. «Allen è il regista delle donne. I suoi film sono sempre studi sull’universo femminile. Nessuno restituisce come lui l’immagine della donna contemporanea». Dopo Mia Farrow e Diane Keaton, Mia Sorvino e Penélope Cruz fino a Scarlett Johansson, ora ha anche Freida il suo posto nella galleria delle muse del regista. I fasti e il caos di Bollywood sembrano lontani anni luce. «Ma l’anima delle donne è la stessa a qualsiasi latitudine. Semmai, con il mio lavoro, spero di far conoscere al mondo la specialissima sensibilità indiana», dice lei. ■

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CULTURA

Pericoli ad olio

volto che per il paesaggio possiamo parlare di stagioni, depressioni, tagli, scavi, cedimenti. Quando guardo la natura, mi viene spontaneo chiedermi perché lì c’è quella ruga, quella collina, quella forma di montagna; quale spinta le ha fatte emergere, nel modo in cui sono emerse. Esattamente come faccio con un volto». E così forse impareremo a guardare in Beckett. Dove Pericoli al posto del «celeste questa mostra le nostre colline e le nostre marino» degli occhi ha messo «un giallo stagioni con la medesima pazienza, e acche ricorda la pupilla di un rapace, di cettazione. ■ un’aquila». Per dipingere meglio, direbbe la favola. «Quando dipingo cerco un volto che pur somigliando a un volto vero, sia ancora più vero», spiega Pericoli. È una tesi questa che ha spiegato anche nel bel libro “L’anima del volto” (Bompiani), testo insolito, uscito qualche anno fa dove raccontava come e perché abbia voluto fare certi ritratti. In quel libro sono stati pubblicati anche le dieci variazioni del «ritratto più bello del mondo», quello di Beckett. Nella grande mostra romana, sarà evidenziato come la pittura richieda tempo di riflessione, prima di diventare azione. Ma si vedrà pure come i fenomeni naturali assomiglino ai corpi degli umani: Alcuni dei ritratti a olio di Pericoli. colline come fronti e sorrisi, Sopra: Testori. fiumi come rughe, rocce coA fianco: Pasolini. me fossero sguardi. «ParliaSotto: Saviano. mo di rughe per il volto e di Nella foto: l’artista “rughe» per il paesaggio», spiega Pericoli, «e sia per il

In mostra all’Ara Pacis di Roma, cinquantatré grandi dipinti dell’artista marchigiano DI CARLOTTA MISMETTI CAPUA

ullio Pericoli definisce se stesso con una battuta ironica: «Sono il più noto tra i pittori sconosciuti». Forse si riferisce al fatto di essere celebre per i disegni, esposti nelle mostre in mezzo mondo, e per le vignette sulle riviste e i giornali. Ora, il pubblico potrà apprezzare alcuni dei risultati della sua attività «meno nota», per l’appunto: la pittura. All’Ara Pacis di Roma sta per essere inaugurata la mostra “Lineamenti. Volto e paesaggio” (fino al 19 settembre: www.arapacis.it). Dentro la teca luminosa costruita dall’architetto Richard Meyer si potranno ammirare 53 oli, piuttosto grandi, e tutti di formato quadrato, dove Pericoli in questi ultimi due anni ha rappresentato (coi pennelli, appunto e non più con le matite) paesaggi e ritratti. Cambia insomma la tecnica, non il tema. «Sono superfici, entrambi, sia i volti che i paesaggi», dice, «e sono mobili, anche se i cambiamenti di un paesaggio si notano meno, hanno il passo dei secoli». Per dipingere i volti dei suoi personaggi Pericoli un po’ si richiama alle fotografie e un po’ va a memoria, nel suo studio di Milano. Anche per i paesaggi segue la stessa procedura? Lui risponde così: «Il paesaggio che ho negli occhi è quello delle mie terre, nelle Marche. Ormai è quasi una lingua che uso a memoria». Tra i pittori oggi sembra meno viva l’attenzione e la suggestione del paesaggio naturale, a favore invece dell’uso di colori vivaci e grandi formati: ad esempio, le città con gli orridi svincoli, coi lampioni, le mappe e i palazzoni. Sorride Pericoli: «La pittura in sé ha sempre guardato al paesaggio, penso alla rivoluzione degli impressionisti, ad esempio. Sono certo che si tornerà a guardare la natura». Remo Bodei, nell’introduzione al catalogo della mostra pubblicato da Skira, racconta la piccola storia del disegno de «la faccia più bella» del Novecento, quella di Samuel

Foto: G. Giovannetti - Olycom

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CULTURA JAMAICA A MASSENZIO L’appuntamento con Jamaica Kincaid è per martedì 15 giugno alle 21 nella Basilica di Massenzio, per ascoltare dalla voce dell’autrice il racconto da cui sono tratte le pagine che anticipiamo. È un’occasione rara di incontrare una scrittrice schiva, che dà poche interviste e si concede raramente al pubblico: un pubblico che la considera un’autrice di culto anche in Italia, dalla pubblicazione di “Autobiografia di mia madre” (Adelphi, come gli altri suoi titoli italiani). Nata ad Antigua nel 1949, arrivata a New York a 16 anni come ragazza alla pari, Elaine Cynthia Potter Richardson ha cambiato il nome in Jamaica Kincaid nel 1973. Con questo nome ha firmato i suoi libri (“Mio fratello”, “Un posto piccolo”, “Mr Potter”, “Lucy”): tutti brevi, scritti in uno stile ipnotico e densi di un autobiografismo che rafforza la denuncia del colonialismo e della violenza contro le donne. Della sua decisione di scrivere racconta: «Non avrei potuto fare altro. Tutte le altre possibilità per una persona nella mia posizione implicavano una forma di sottomissione. E non sono proprio capace di essere sottomessa». L’incontro con la Kincaid fa parte della settima serata del Festival Letterature, la kermesse diretta da Maria Ida Gaeta che da nove anni unisce letture d’autore e musica di tendenza. Intorno al tema del giorno, “Destino”, si riuniscono insieme alla Kincaid il filosofo Massimo Cacciari e la scoperta mediatica di quest’anno, Sapphire, alias Ramona Lofton, autrice del memoir autobiografico “Precious”, diventato anche un film pluripremiato. È una delle serate più promettenti del festival, che pure proporrà ancora, nei prossimi incontri, Herta Müller e Maurizio Maggiani (16 giugno), Stefano Zecchi e Joyce Carol Oates (18), e, per finire, il 22 giugno, Julia Kristeva con Tiziano Scarpa e i Marlene Kuntz.

Un amico pittore morto. La sua stanza. E il ricordo della madre e del libro che leggeva. Meditazione sull’amore di una grande scrittrice americana DI JAMAICA KINCAID

uarda adesso ad allora: Joel non era morto allora e tutto sigillato in una bara di cartone rigido coperta di velluto color malva e io e molti altri suoi amici non piangevamo, sebbene allora non sapessimo come farlo e quindi non avremmo pianto lo stesso, e tutto questo tempo non era ancora intrappolato in una goccia di pioggia scivolata sul parabrezza di una macchina. Ma guardarlo adesso, intrappolato nel liquido cristallino di una goccia di pioggia, così anonimo e ordinario e unico e così perduto nel tempo se non per come lo dico: guarda adesso ad allora. Ma guardare adesso ad allora non è come dire che allora sapevo ciò che so adesso,

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che tutta la vita è una delusione perché finisce; la vita finisce, non importa quanto perfetta tu la senta, la vita finisce; ma non devi crederci finché non lo vedi. Guarda adesso ad allora. La stanza in cui vivevo era il mondo, avevo ridotto tutto il mondo conosciuto a una stanza in cui vivevo. Così mi sentivo separata e avevo reso subito familiare la mia separazione. Ma Joel non era ancora morto come non lo erano tutte le persone e le cose conosciute allora. Non c’era futuro, non conoscevo una cosa simile, e c’era soltanto l’adesso, nessun Allora interferiva con l’adesso, e tutto il mio mondo si muoveva fluido, oliato dall’inevitabilità, si muoveva fluido come se già allora cono-

scesse se stesso a posteriori. Ma Joel non era ancora morto e stava di fronte a me, nella mia stanza, una delle quattro stanze dell’appartamento che dividevamo. Lui diceva, e tutto quello che diceva riguardava una persona di nome Manny, che lo amava e che lui amava molto ma Manny aveva una moglie e forse dei figli, anche se, pensavo tra me, com’era possibile, perché le persone che hanno figli amano i figli prima di tutto. Joel non era ancora morto e neppure io e neppure tutti quelli che conoscevamo, nessuno di noi era ancora morto e anche adesso soltanto alcuni di noi sono morti. Ma allora Joel camminava per quell’appartamento formato dalla sua stanza, una camera da letto e la mia stanza, la stanza dove teneva tutti i vestiti da donna, e quando posavo per lui ne indossavo qualcuno. Perché a lui piaceva disegnarmi. Camminava quasi zoppicasse, ma le sue gambe non avevano ferite. (...) Guarda adesso ad allora. Farlo non è per niente difficile. Vivo sempre nell’allora per ogni adesso datomi. Sono capace di farlo, e lo ero anche da piccola, e di allora ne avevo una quantità mi-

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Foto: M. Norman - Gallery Stock, G. Giovannetti - Olycom, Ouka Lele - Agence Vu / Blob

Il mondo di Kincaid

Jamaica Kincaid. In alto, da sinistra: una foto scattata da Ouka Lele, e studio di pittore a New York

nima, la mia quantità di allora era minuscola. Ma sono sempre stata nell’allora, sempre in quel tempo prima di adesso. Ero nata, certo, ma prima non riesco a vedere, lo so perché me lo hanno raccontato; mi hanno raccontato del tempo prima che io nascessi e quindi lo so ma non riesco a vederlo. C’è una donna e sta seduta su una sedia davanti a un tavolo e legge un libro.

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Questa donna è mia madre e allora non è separata da me, non la vedo come una cosa altra da me, non penso tanto che lei sia me quanto che io sia lei, non vedo me stessa allora, vedo soltanto lei e tuttavia anch’io sono lì. Vedo questa donna allora (forse è mia madre, deve essere mia madre, è mia madre), e allora, e legge un libro e io non vedo che è un libro su Louis Pasteur: so che il libro è su Louis Pasteur perché me lo ha detto lei, ma lo so soltanto perché me lo ha detto lei, non vedo e non vedevo Louis Pasteur né lo capivo allora, vedevo soltanto quello, vedevo che tra me e l’Amore, perché mia madre era il mio amore, tra me e me stessa, c’era un libro. Il libro aveva una copertina rossa e rigida

Era sempre solo un libro come tutti gli altri, quando lo vedemmo entrando in biblioteca

di lino rosso inamidato. Aveva le normali dimensioni di un libro, solo un libro, quando si trovava tutto solo sopra uno scaffale della biblioteca pubblica. Era sempre solo un libro come tutti gli altri quando lo vedemmo la prima volta entrando in biblioteca, ma non appena mia madre lo prese non ebbe più le dimensioni di un libro, si fece grande e si afflosciò, perdendo la sua iniziale rigidezza di libro, e divenne come una cosa del regno vegetale, viva e traboccante di utilità, come se si potesse mangiare e riceverne nutrimento, come se la sua bellezza fosse indiscutibile per chiunque la vedesse e al solo vederla tutti i turbamenti della vita si acquietassero docili. Questa è la forma che il libro prese quando mia madre lo tolse dallo scaffale e lo tenne in mano. E poi quando gli si sedette davanti, il libro ritto tra le mani, rimaste delle loro normali dimensioni, si fece grande e divenne talvolta un’isola, talvolta un continente, talvolta un universo separato, tanto remota divenne per me mia madre. Le sue qualità vegetali svanirono ed esso divenne rigido, molto rigido, come una cosa del regno minerale, come una cosa antica e familiare e allo stesso tempo una cosa nuova, strana e senza precedenti. La persona con in mano il libro allora (forse è mia madre, deve essere mia madre, è mia madre o qualcuno che voglio sia mia madre) si nasconde da me, il libro è diventato una parete, un confine resistente quasi fosse di granito, sebbene ancora sembrasse cartone coperto da una stoffa di filo rosso tessuto in modo rustico. copyright Jamaica Kincaid - “L’espresso” traduzione di Mirko Esposito

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CULTURA

Tre immagini di Francesco Guccini

Guccini il cantastorie Un grande poeta. Un innovatore attaccato alla tradizione. Idolo di diverse generazioni. Con “L’espresso” e “la Repubblica” nove album e un Dvd dell’artista modenese DI MICHELE SERRA

uando saranno finalmente fa con i testi sacri. stabiliti i doverosi nessi tra Guccini è prima di tutto parola, paletteratura e canzone, Fran- rola pronunciata con quella invocesco Guccini sarà tra i tre o lontaria solennità che gli deriva dalquattro classici da studiare. I la voce tonante, dalla erre arrotata. cantautori, di fronte a questo La voce di un narratore fieramente genere di discorsi, in genere si ritraggono, premoderno, antiermetico, che non non si sa se per imbarazzo o perché gelosi esita a prendersi il tempo per i detdi una forma espressiva effettivamente tagli, gli aggettivi, gli incisi. La fretnon comparabile con altre, non solo paro- ta non appartiene all’uomo, che è la né solo musica. Ma in molti casi è il cor- un montanaro degli Appennini piepus della loro opera a inchiodarli: raccolti no di cura per la conversazione, il su carta, i versi di Guccini reggerebbero la vino, il convivio, la lettura e la scritdura prova della lettura “nuda” anche sen- tura, né all’artista, che costruisce le za il formidabile supporto degli accordi, sue storie come se il ritmo della tedella ritmica e della melodia. Magari non levisione non lo tangesse. un Meridiano (non ancora) ma un robusto Questa orgogliosa “antichità” delcofanetto gucciniano, nello scaffale della la sua arte è un lussuoso paradospoesia italiana del secondo Novecento, oc- so: nei primi anni Sessanta, quelli cuperebbe il suo legittimo spazio. del beat e della “canzone di protesta”, il raGuccini, del resto, era di quelli che sui ban- gazzo Guccini fu tra i veri innovatori della chi di scuola, quando scoprivamo i cantau- scena italiana. Nei suoi primi pezzi c’eratori, giravano anche trascritti su foglietti no Salinger e Kerouac, la bomba atomica, volanti (come De André, come Dylan, co- l’irruzione deflagrante dei temi sociali. Fu me Brassens tradotto), e il disco a 33 giri autore scelto dei primi “capelloni”, più era il coronamento di un americano che francese, approccio tecnicamente www.espressonline.it e in quegli anni più letterario: il testo della Sul sito de “L’espresso” puoi avanti di parecchio ri“Locomotiva”, paziente- ascoltare il celebre brano spetto a grandi classici mente ricopiato in stamdella canzone italiana di Guccini “Dio è morto” patello nonostante la lunmoderna come Paoli, ghezza fluviale (Guccini è Bindi, Tenco. È il solo, GUCCINI LIVE il contrario di un epitra i grandi cantautori Fotografa questo codice e grammista), lo lessi in teritaliani, a venire dal beguarda sul tuo cellulare il brano za liceo prima di sentire la at, a formarsi, tra Molive tratto canzone in casa di un dena e Bologna, negli da “Dio è amico anarchico estasiaanni così cari a Edmonmorto” to, che maneggiava il vido Berselli, quelli di una A pagina 31 nile di “Radici” come si rivoluzione dei costumi le istruzioni

e degli spiriti non ancora imbragata nell’ideologia. Da lì, Guccini si defila e si concentra sulla propria poetica, che è soprattutto narrativa. Storie di amori, di ubriachi, di antenati, di miti popolari, ricognizioni nella storia sociale e nella geografia, luoghi della memoria, l’intimismo dei cantautori che si fa da parte per raccontare soprattutto gli altri. La definizione di “cantastorie”, che in genere si spende un po’ a caso per parecchi dei nostri cantautori, nel suo caso è più calzante che in altri. E il fascino unico della sua narrativa in versi e musica sta in un anacronismo quasi inspiegabile, e potentissimo: Guccini scrive e canta come se il turbine dell’epoca, la petulanza delle mode, nemmeno lo sfiorasse. Proverbiale, e amatissimo dai fan, il manifesto pluridecennale che lo accompagna quando fa i concerti (pochi, lui

Foto: M. Brengola - Agf, G. Harari - Contrasto (2)

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è pigro e memorabile fu la sua risposta all’invito di una trasmissione televisiva: «non posso, sto finendo un puzzle»). Lui con la barba nera, sgranato, potrebbe essere l’immagine di un brigante appenninico o di un hippy, di un fuori-corso sessantottino o di un monaco ortodosso, è comunque un marchio di immutabilità che indica il miracolo (perdurante, e ormai più che quarantennale) di un artista anziano che raduna sotto il palco una manciata di generazioni, compresi i giovanissimi che cantano a memoria canzoni scritte quando nascevano i loro padri: come se da ragazzini noi avessimo cantato Rabagliati o Perry Como o i Cetra. Come capita solo ai classici, questa apparente immobilità è vincente. Sbuca dalle macerie di ogni moda morente, di ogni tendenza dimenticata, con la forza di un solido, di una costruzione paziente e non deperibile. Guccini è una roccia. In un paese fragile, emotivo, suggestionabile, Guccini è un padre vero. Gli amici lo chiamano “il Maestrone”: mai soprannome fu più calzante, anche nell’affettuosa derisione di un uomo grande e grosso che è anche un grande, magistrale artista. ■

RADICI E LOCOMOTIVE In occasione del settantesimo compleanno di Francesco Guccini “L’espresso” e “Repubblica” gli dedicano una speciale collezione: nove album e un Dvd che fotografano la parte più importante della sua lunghissima carriera. Si parte con “Radici”, l’album che nel 1972 porta al successo il cantautore (martedì 15 giugno, € 9,90). Un disco che, come si intuisce dal titolo, è un viaggio alla riscoperta delle proprie radici, della propria terra. Già dalla bella immagine di copertina, una foto ottocentesca in bianco e nero che ritrae i suoi bisnonni, Guccini lascia trapelare la sua poetica sospesa tra nostalgia e impeto politico. Il 33 giri regala alcuni brani che, da lì in avanti, diventeranno dei classici: da “La locomotiva”, vero inno anarchico, a “Il vecchio e il bambino” fino a “Piccola città”, dedicata alla sua città natale, Modena, definita “bastardo posto”. A seguire arriveranno in edicola “Stanze di vita quotidiana” e “Via Paolo Fabbri 43”, uno dei dischi più amati dai fan di Guccini. E poi ancora: il raffinato “Amerigo”, l’omonimo “Guccini”, il più recente “D’amore di morte e di altre sciocchezze”, il peculiare “Opera buffa”. A testimonianza della capacità comunicativa del cantautore, del feeling che si crea durante i suoi concerti, veri happening in cui le barriere tra artista e pubblico si assottigliano sino a scomparire, verranno poi pubblicati due celebri live. Il primo è “Album concerto” del 1979, realizzato in compagnia dei Nomadi. Il secondo è il doppio “Fra la Via Emilia e il West” che racchiude quasi per intero lo storico concerto tenuto in Piazza Maggiore a Bologna il 22 giugno del 1984 per festeggiarne i venti anni di carriera. La collezione dedicata da “L’espresso” e “Repubblica” si concluderà con “Anfiteatro Live”: un Dvd che documenta un concerto a Cagliari nel 2004. Ognuna delle dieci uscite della collana sarà accompagnata da un interessante libretto di 24 pagine, a cura di Ernesto Assante e Gino Castaldo. R. C.

per attivare il servizio

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CULTURA CINEMA di Lietta Tornabuoni

Diario dalla Palestina a scoperta di Elia Suleiman, regista, attore, sceneggiatore quarantenne palestinese che ha vissuto e lavorato a New York, docente alla Birzeit University in Cisgiordania, avvenne nel 2004 a Cannes con “Intervento divino”, commedia d’amore ambientata al checkpoint tra Nazareth e Ramallah. Oltre che ammirati, il film lasciò stupefatti: un regista palestinese usava l’ironia, il nonsense, il surreale, il grottesco. Faceva anche ridere, quando in Palestina c’è davvero poco da ridere. I giurati dettero il Gran Premio della Giuria, l’opera ebbe gran successo ovunque. Adesso “Il tempo che ci rimane” “Il tempo che ci rimane”. adotta lo stesso stile e permette di Sotto: “Il segreto dei suoi conoscere meglio il suo autore-in- occhi” e “The Hole 3D” terprete: è un film autobiografico in quat- nella notte, simulacro della guerra: sogna estate di raggiungere il pubblico, nella fretro episodi ispirato ai diari del padre e al- una fuga, qualunque fuga. nesia quattrinaia dell’attuale distribuziole lettere dei parenti. La storia della fami- Il film bello e (paradossalmente) diverten- ne italiana: vale la pena di approfittare glia Suleiman dal 1948 ad oggi diventa te è soltanto una delle opere non del tutto della calda stagione d’autore. esemplare del destino di tutti quei palesti- commerciali né nazionali o americane al- Il tempo che ci rimane di Elia Suleiman nesi che decisero di non abbandonare la le quali viene concesso d’estate o semi- con Elia Suleiman, Saleh Bakri, Leila Mouammar loro terra, che vennero detti “arabi israeliani” e vissero da stranieri in patria. Nel in lingua non inglese, da un romanzo 1948 il sindaco di Nazareth consegna la L. T. di Eduardo Sacheri. Stile classico, città spopolata a soldati israeliani addestoria appassionante: mix di presente IL SEGRETO DEI SUOI OCCHI e memoria, delitto sanguinoso e routine strati dagli inglesi a una meccanicità budi Juan Josè Campanella burocratica quotidiana al tribunale rattinesca: ma prigionieri bendati seduti Thriller argentino, Oscar per il miglior film penale di Buenos Aires. Molto riuscito. sotto gli ulivi vengono malmenati, buttati giù da una scarpata. Nel 1970 ci sono THE HOLE 3D feriti durante una manifestazione popodi Joe Dante lare palestinese, l’ambulanza li porta alÈ un piacere ritrovare l’incantevole regista di “Matinée”, “Donne amazzoni l’ospedale che è pattugliato da soldati sulla luna”, “La seconda guerra civile persino nei corridoi. Oggi il protagonista americana”, con le sue qualità guarda dal balcone i fuochi d’artificio

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ALTRI FILM

Bowie l’alieno Quando David Bowie, re del glam-rock, debutta al cinema, è ancora fresco il ricordo della saga pop-cibernetica di “Ziggy Stardust” e degli incubi orwelliani di “Diamond Dogs”. Chi più di lui era quindi idoneo a interpretare l’extraterrestre che ne “L’uomo che cadde sulla terra” (Universal) s’aggira confuso per il nostro pianeta? Diretto nel 1976 da Nicolas Roeg, il film mostra tutto con l’occhio dell’alieno: una parabola esistenziale dal sapore umano, troppo umano. F. T.

di umorismo, satira, fiaba col brivido della paura. Il 3D non ha rilevanza, la puerilità è in questo caso un vantaggio. 14 KILOMETROS di Gerardo Olivares Il titolo vuol indicare la distanza che separa l’Africa dall’Europa, ma anche il muro che si oppone agli africani decisi a raggiungere l’Occidente per sottrarsi alla fame e alla morte. Il film efficace segue il viaggio attraverso il Sahara di tre giovani, svelando quanto i media ignorano.

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CULTURA ARCHITETTURA di Massimiliano Fuksas

VACANZE NEL BUNKER estate. O quasi. Come ogni anno, ritorna la solita: le vacanze. Non so se già sapete che esiste, da quasi due anni, un luogo piuttosto incredibile dove passarle. A Vals, a pochi metri dalle celebri terme di Zumthor, il gruppo olandese di architettura SeArch e lo svizzero-olandese Christian Muller, hanno costruito una villa per ferie. Soprannominata “The Hole”, il buco, di certo non per le dimensioni, considerando che può ospitare oltre dieci persone, quanto per la sua capacità mimetica. Infatti dall’alto, magari proprio dalle note terme, l’edificio è invisibile. Gli architetti hanno nascosto la nuova struttura nella montagna, integran-

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do alla perfezione la natura con le loro idee dell’abitare e del costruire. Immaginate una collina con un occhio, che diventa il patio attorno a cui si articola l’intera costruzione. Si entra in casa da una vecchia stalla, tipica della valle, e da questa si procede attraverso un tunnel verso il cuore. E quindi verso lo spazio aperto. Il patio è leggermente inclinato, per offrire una percezione ancora più forte della natura che circonda la villa. E proprio qui, se il tempo lo permette, la grande vasca da bagno all’esterno sarà la fine del vostro viaggio. Gli architetti dicono che hanno cercato di costruire un oggetto non perfetto, contemporaneo e dagli interni profondamente olandesi. Un luogo speciale per avere un’esperienza speciale. L’unico rischio che viene da tanta bravura è andare lì e non riuscire a trovare l’edificio. Allora la vostra vacanza sarà una caccia al tesoro. O un esercizio, per rendere visibile l’invisibile. Oggi quanto mai utile.

ARTE di Germano Celant

Leggera come una scultura Il mondo di Christiane Löhr (1965) è animato da una alacrità aerea e luminosa. Rivela la potenza vitale e plastica del fragile e dell’effimero in natura, quella che dipende dalla fluidità dell’evento ventoso e suggerisce la presenza di un’animazione plastica non veemente, ma leggera e sensibile. I suoi insiemi, costruiti con gambi d’erba e semi d’edera, crine di cavallo e peli

di cane rivelano la dipendenza da una possibile scossa che ne comprometta la compostezza e l’equilibrio. Sono immagini a forma di cupola o di piramide, di nuvola o di cuscino, che rimandano a un vaporoso del naturale che si contrappone, nel contemporaneo, alla pesantezza e alla gravità fisica e ambientale di molta scultura. L’aspirazione dell’artista tedesca (a Villa Panza, Christiane Löhr, “Kleiner Samenbeutel”. Sopra: Villa Vals (The Hole), di SeARCH e Christian Müller Architects. A destra: Lina Bertucci

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ART BOX DI ALESSANDRA MAMMÌ Video Mondo

YOU-WE+ABLO. Fino all’8 luglio. Rotonda di via Besana. Milano Sembra un rebus ma la soluzione è semplice. “You-we” sta per “noi e gli altri” (leggi immigrati, turisti, extracomunitari etc...) mentre Ablo è persona fisica, fa il musicista, è nato nel Burkina Faso e vive a Milano. A lui dieci video maker italiani (tutti bravi, dai fratelli De Serio a Domenico Mangano) hanno dedicato un corto, poi montato il tutto in opera a più mani. Il che aggiunto agli altri 25 video della collezione Sandretto, regala un quadro multiforme della scena artisticoculturale che si agita sul pianeta.

Varese, fino al 5 settembre) è quello di enunciarne il carattere soffice e evanescente, morbido Lia ha traslocato qui e leggero. Un Ettore Spalletti. Fino al 30 settembre. discorso tanto sulla Galleria Rumma. Milano qualità sensibile ed Quattro piani, terrazzi, vetri, luce euforica del vibrante trasparenze, impianti ecologicamente vegetale e animale, corretti e intorno la solida periferia quanto sulla sua industriale. Sembra Londra ma alterazione, affidata la nuova galleria di Lia Rumma in via alla delicatezza Stilicone - grazie a Spalletti - nasce e alla tenerezza nel segno della grande arte italiana. dell’attenzione. Sculture delicate ed esili che danno corpo cutanea e per il fiorire delle a forme schiumose galleggianti, sostanze. Qualcosa di tenero, capaci di splendere e di ma di imponente perché interessa accordarsi nel contesto, con una la calma teatralità del materiale presenza affascinante e tattile. che si traduce in espressione Una modalità di apparizione stupefacente e vigorosa: dei volumi e delle immagini una vivificazione del sentire che seduce per la dolcezza e del pensare la scultura.

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CULTURA Spencer nei “Delitti del cuoco”. A sinistra: Chiara Muti. Sotto: “Donna Rosita nubile”

Chiara Muti all’opera In scena al Teatro Goldoni di Firenze dal 15 giugno l’ultima e terza opera nel cartellone del “Maggio”, a rinverdire la tradizione per cui il festival nacque, una novità commissionata a un autore italiano. Tocca a Marco Betta e alla sua “Natura Viva” musicare il libretto di Ruggero Cappuccio, per l’occasione anche regista dello spettacolo, in un’opera ricca di echi di antiche culture e ninnananne tradizionali, con riferimenti profondi all’opera di Paolo Borsellino e Caravaggio, in una terra di Sicilia dagli intensi profumi orientali. Nel cast, la voce e la presenza di Chiara Muti per la direzione musicale di Aldo Sisillo. Riccardo Lenzi

TELEVISIONE di Stefano Bartezzaghi

Bud un cuoco senza qualità icono che tanto bene non sia andata, la miniserie in sei puntate con Carlo Pedersoli, in arte Bud Spencer, cuoco-investigatore à la Nero Wolfe (“I delitti del cuoco”, Canale 5). Quasi quattro milioni di italiani davanti al video, però, non sono proprio pochi, se consideriamo che le attrazioni erano: Bud Spencer, modeste trame poliziesche, gag stravecchie, botte mai state tanto finte, calata napoletana, paesaggi ischitani, avvenenza decorativa di personaggi di contorno e qualche suora qui e là (perché in prima serata le tonache non guastano mai). È vero che Bud Spencer, in dinamica e in recitazione non ha mai fatto molto di più di quanto non faccia ora, neppure ai tempi di “Anche gli angeli mangiano fagioli”. Ma in realtà è proprio l’assenza di qualsiasi merito attribuibile ai “Delitti del cuoco” che candida questa serie a emblema della forza odierna della fiction, e del genere anche solo blandamente noir. Fiction, poliziesco, un volto noto e considerato simpatico: quasi quattro milioni li si fanno pressoché comunque, e questo dovrebbe dare qualche pensiero in più del solito ai teorici del noir come forma estrema di realismo e denuncia sociale in letteratura. L’unica cosa che un genere può garantire, infatti, è il proprio impatto commerciale medio: e a volte, è il caso dei “Delitti del cuoco”, può ga-

Foto: Olycom

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rantirlo anche in assenza di un minimo sindacale di ritmo, credibilità, recitazione. Il divertimento dello spettatore sul divano equivale al dolore provato dallo

TEATRO di Rita Cirio

stuntman che attraversa la vetrina. Lo stuntman, però, è retribuito. Anagramma: Carlo Pedersoli = so darle, colpire.

vita imitando Chopin - lo racconta Buñuel - in mezzo alle sue creature femminili di cui lui sapeva decrittare le più recondite emotività, in vita la sua speranza come farà molti anni dopo, d’amore per via epistolare con toni pop e fluo assai dall’Argentina e intanto ha rutilanti, sessualità e nevrosi messo su famiglia con un’altra. E cosi la traducono spalancate, Almodóvar nei suoi film. «Non voglio saper le quinte di tulle bianco di Ezio Frigerio e i bei costumi nulla del tempo che passa», dice Rosita e «niente di Franca Squarciapino per è più vivo di un ricordo»: la regia di Lluis Pasqual al Piccolo di via Rovello. E c’è giocando d’anticipo proprio sul tempo Pasqual ne un momento, assai riuscito approfitta per inquadrare, e coinvolgente e tenero, con un flash forward sul di chiacchiere femminee terzo atto, la vicenda come e di canto e ballo guidato già tutta vissuta e ripercorsa dalla sempreverde e tonica Rosalina Neri, e dunque ancor più venata di malinconia. Spezzata in cui si a tratti dall’umorismo intuisce realistico della governante che l’autore di Giulia Lazzarini e dal vorrebbe essere proprio pensiero - vista la bellezza ancora fiammeggiante lì anche lui, della Rosita di Andrea magari a Jonasson - di quel che si suonare il piano come è perso l’ignobile fedifrago alla deriva nelle pampas sapeva fare così bene nella argentine.

Rosita tradita Nessun colore da bandiera spagnola, sangue-solemorte, ma sfumati toni pastello nella scrittura di “Donna Rosita nubile” che Federico Garcia Lorca fa rappresentare nel ’35, un anno prima di venire assassinato dai falangisti a Granada, proprio dove si svolge la “tragedia senza sangue” di Rosita che invecchia nell’attesa vana dell’uomo che le ha promesso di sposarla, tiene

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CULTURA LA LETTURA di Marco Belpoliti

CRONACHE DELLA MEMORIA ntonio Scurati è romanziere anche quando racconta la nostra contemporaneità attraverso la cronaca quotidiana, quel pulviscolo di notizie - uxoricidi, omicidi, pedofilia, disastri ecologici, massacri, suicidi, trasmissioni televisive - che ci colpiscono ogni giorno, e che ogni giorno scompaiono dalla nostra memoria con la stessa velocità con cui ci hanno aggrediti e stesi. Tutto ricordiamo, e tutto dimentichiamo. Così Scurati, con il tono da predicatore delle origini, ricorrendo a un efficace “sermo umilis”, ci racconta della villetta di Cogne, dei coniugi di Erba, della esplosione di Nassiriya, di vallettopoli, del funerale di Giovanni Paolo II, degli shopping center, e molto altro ancora. “Gli anni che non stiamo vivendo” (Bompiani, pp. 304, € 15,60) è un libro letterario per il suo stile e per la sua retorica,

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che fa della narrazione di cronaca un evento morale giocando continuamente con la figura del paradosso. Scurati è ossessionato dalla catastrofe, una catastrofe praticata prima di tutto nella lingua stessa del racconto: scandita e sincopata, risuona come un tamburo su cui egli batte impietoso e cadenzato. Lo scrittore è un sopravvissuto che si aggira baldanzoso tra le rovine. Scurati pratica un genere oggi in disuso forse

CARTOONING di Oscar Cosulich

Foto: M. Siragusa / Contrasto, Conde Nast / Corbis, A. Cristofari / A3

WALT DISNEY VISTO DA VICINO La vastità dell’influenza creativa di Walt Disney (1901-1966) sull’arte, la cultura, il cinema, l’industria dell’intrattenimento e persino l’urbanistica e l’architettura, lo ha reso uno dei personaggi chiave del secolo scorso, virtualmente insondabile nella sua complessità e poliedricità globale. Su Disney esistono saggi e pamphlet d’ogni tipo, dove gli autori però raramente effettuano un’analisi equilibrata, scegliendo di volta in volta la via dell’apologetica o la scorciatoia dell’attacco privo di fondamento, come il trucido “W. D.: Hollywood’s Dark Prince” di Marc Eliot. In “Vita di Walt Disney. Uomo, sognatore e genio” (Tunuè, pp. 576, € 24), Michael Barrier, già autore dell’ottimo “Hollywood Cartoons: American Animation in Its Golden Age”, cerca di superare l’impasse che per decenni ha afflitto la critica di settore realizzando quello che considera «per certo il libro di gran lunga più accurato della maggior parte degli altri testi su Walt Disney». Si tratta, in effetti, di una biografia unica nel suo genere, focalizzata sul lato personale dell’artista, che parte dalla sua trasformazione da ragazzo nato e cresciuto in una fattoria del Midwest a imprenditore di successo, con una cura quasi maniacale nel verificare luoghi, date e vicende del periodo meno analizzato della vita di Walt e i suoi problematici rapporti col padre. Tutta la prima parte del volume è dunque una miniera d’informazioni. Purtroppo Barrier non è altrettanto interessato ad analizzarne l’opera di visionario cinematografico, capace di creare l’utopia di Disneyland, liquidandola un po’ sommariamente.

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per mancanza di tem- Funerali di Giovanni Paolo II. pra oppure di spregiu- Sotto: Gherardo dicatezza intellettuale: Colombo. la moralità postuma. A sinistra: Questa raccolta di arti- Walt Disney coli si rivela compatta e coerente, un vero e proprio romanzo dell’oggi. Scurati non solo racconta la Cronaca, contrapposta alla Storia, ma spiega come e perché siamo arrivati a questo punto; mette in scena idee e concetti come se fossero personaggi, trasformando omicidi di cronaca nera in casi esemplari della sua Dialettica dell’illuminismo. Nessuno come lui possiede oggi un talento così calamitoso nel guardare il Male che ci circonda, e nel tramutarlo in un secco racconto.

Imputato Cavour Dal 12 giugno, tra le celebrazioni per i 150 anni dell’Unità d’Italia, al Teatro Romano di Ostia Antica debutta “Processo a Cavour”, di Corrado Augias e Giorgio Ruffolo. Sul palco, l’ex magistrato Gherardo Colombo mette alla sbarra uno fra i principali artefici dell’Unità d’Italia, interpretato da Ruggero Cara. L’accusa? Aver favorito l’unificazione di un Paese che non aveva i requisiti politici, etnici, culturali per affrontare quella che lui stesso definì «una corbelleria: ma la storia a volte fa corbellerie». V. R.

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CULTURA

“Lolita”, trratto da Nabokov. A destra: paesaggio nel Maine. Sotto: Ralph Fiennes

IL SAGGIO di Angiola Codacci-Pisanelli

Giochi da grandi lasciatemi divertire, scriveva la letteratura italiana recente: così inconAldo Palazzeschi in una poe- triamo un Primo Levi impegnato nella cosia in cui si metteva a gioca- struzione di rebus in compagnia di Giamre con le parole onomatopei- paolo Dossena, un Alberto Arbasino maeche. Ai letterati che si diver- stro dei “giochi di parolacce” e l’indimentono con le parole, agli autori che hanno ticabile Italo Calvino, adultero maldestro usato «il gioco per invitare il lettore a una che per un involontario quasi-anagramrelazione più appassionata di quella assi- ma (svelato a suo tempo da “L’espresso”) curata dall’ordinaria amministrazione si lascia sfuggire il nome dell’amata Elsa narrativa e poetica» Stefano Bartezzaghi de’ Giorgi. Il gioco di parole diventa ha dedicato un intero volume (“Scrittori un’arte con Alighiero Boetti, che su cogiocatori”, Einaudi, pp. 386, € 28): una struzioni di lettere e parole ha fondato raccolta di saggi scritti con uno stile tra opere, provocazioni letterarie e vere indotto e divertito, che si rivolge insieme a venzioni: come l’anagramma “in ordine lettori e letterati, cultori di Roland Barthes alfabetico”, per cui il suo nome diventava o della “Ghigliottina” di Carlo Conti. Si “Abeeghiiiloortt”. parte da Dante Alighieri - partenza obbligata, almeno per la lingua italiana - e si arriva al Più un evento culturale che un semplice riconoscimento quasi intraducibile Da- letterario. Il Premio Vallombrosa Von Rezzori festeggerà vid Foster Wallace pasla migliore narrativa straniera sando per il Nabokov dal 16 al 18 giugno a Firenze. di “Lolita” e “Fuoco Si inizia al Teatro Odeon con una pallido”, per il Marcel lettura di Dante fatta da Ralph Proust che nella “ReFiennes e Alba Rohrwarcher, cherche” nasconde mentre a Palazzo Medici Riccardi puzzle che si richiamaMichael Cunningham (“Le ore”) no a distanza, e ovviaterrà la stessa sera una Lectio Magistralis. E il 18 a Palazzo mente per il Raymond Vecchio sarà annunciato Queneau degli “Eserciil vincitore, tra Héctor Abad, zi di stile”. Ma le scoJean Echenoz, Percival Everett, perte più sorprendenti Nam Le e Rose Tremain. E. M. riguardano autori del-

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Foto: Everett / Contrasto, Corbis (2)

Dante secondo Ralph Fiennes

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IL ROMANZO di Maria Simonetti

Madre horror «Ti puoi comportare come se stessi guardando un film o come se stessi recitando in un film», ripete ossessivamente Betty ai figli Asta e Orion. Un film dell’orrore però, visto che le prime 85 pagine di “La prigione di neve”, straordinario e choccante romanzo d’esordio dell’americana Jan Elizabeth Watson (Fazi Editore, traduzione di Giuseppina Oneto, pp. 333, € 18,50), sono agghiaccianti. Betty, madre single, è fuori di testa e ogni mattina prima di andare al lavoro, nel Maine anni ’70, chiude a chiave in casa i figli di sette e cinque anni. Li ha convinti che fuori c’è la peste nera, che tutti sono morti con orrendi bubboni e la casa è l’unico posto sicuro. I bambini sono animaletti magrissimi e denutriti, mangiano con le mani solo salsicciotti surgelati e granturco in scatola e mamma li cura con il liquido magico dei cetrioli. Vivono così, in un mondo irreale, Orion non muove quasi più le gambe e Asta si tocca nevroticamente il corpo in cerca di noduli. Ma sono felici: perché hanno imparato a cambiare il mondo con l’immaginazione, grazie a mamma - la sua Bibbia è il “Grande libro del cinema”che ha insegnato loro a esprimersi con monologhi e dialoghi di film. Un bel giorno però lei non torna: spinti dalle fame, i bambini riescono a evadere. Fuori tutto è nuovo e fa paura - quella scatola nera (il telefono) da cui escono le vocine, gli alberi giganteschi e non formato tv - ma... Un romanzo sul mito attualissimo della maternità “buona”: e la mamma-ragno che con parole e favole ingabbia i figli nella sua rete d’amore è davvero indimenticabile.

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ECONOMIA DYNASTY / LA CRISI FONSAI

CHI PAGA I GUAI DI LIGRESTI Il costruttore è pieno gresti deve fare i conti con la più grave crisi qualche acrobazia di troppo, per mettere della sua lunga carriera, peggio- una pezza ai conti. Dati alla mano, per Fondi debiti. E per salvare finanziaria re anche di quella di metà anni Novanta, diaria sono 390 milioni di perdite l’anno le attività di famiglia quando la Mediobanca di Enrico Cuccia si scorso ed altri 104 milioni nel primo trimescarica palazzi e terreni incaricò di stendere una rete di protezione at- stre del 2010. I magri risultati della compaall’impero del grande palazzinaro in gnia di assicurazioni si riflettono, e non posulla Fondiaria. A danno torno difficoltà. Adesso però, rispetto ad allora, c’è trebbe essere altrimenti, sui conti della Predegli azionisti minori un fatto importante che fa la differenza. mafin. Nel 2009 la holding del gruppo quoormai in vista degli 80 anni di età (ne tata in Borsa è andata in deficit di 413 midella compagnia Giunto ha compiuti 78 a marzo), Li-

DI VITTORIO MALAGUTTI gresti non può fare a meno di pensare alla successione al vertice del gruppo. Dei tre eredi è Jonella, 43 anni, la più coinvolta nella gestione coadesso come se la cave- me presidente di Fondiaria. rà Salvatore Ligresti? Gli altri due, Giulia, 42 anni, Come si tirerà fuori dai e Gioacchino Paolo, 41, sono guai l’ingegnere sicilia- fin qui rimasti più defilati. no di Paternò che da un Per questo, con un occhio alquarto di secolo incar- l’anagrafe e l’altro ai bilanci na un potere forte tra i in sofferenza, la speculazione più forti del capitalismo nazionale? Sono scommette su un ipotetico lontani i tempi in cui “Mister 5 per cento”, spezzatino. Da una parte la come lo avevano soprannominato i giorna- polpa, cioè le polizze di Fonli, collezionava quote strategiche negli snodi diaria-Sai, dall’altra le attivifondamentali della finanza italiana. Adesso tà immobiliari. Con queste il “padrone di Milano”, altra poco simpati- ultime destinate a restare alca etichetta guadagnata sul campo, è costret- la famiglia e il resto, che to a batter cassa alla disperata ricerca di li- avrebbe già la francese Axa quidità. Peggio: da settimane ormai nelle come compratore designastanze della politica come ai vertici delle ban- to, sul trampolino di lancio che rimbalzano voci di grandi manovre. per la vendita. È uno scenaVendita, salvataggio, addirittura commissa- rio senza dubbio affascinanriamento del gruppo. Si specula sul ruolo di te, soprattutto per gli operaCesare Geronzi, tradizionale sponsor di Li- tori di Borsa alla ricerca di gresti, da poco passato dal posto di coman- temi rialzisti da cavalcare in do di Mediobanca a quello delle Generali. Ci queste settimane di magra. si interroga sulle prossime decisioni dell’Uni- Ma dare credito a queste ipotesi significa credit di Alessandro Profumo, che già l’an- sottovalutare il potere d’interdizione di un no scorso diede ossigeno alle società perso- peso massimo come Geronzi. Il quale non nali del padrone di Fondiaria. E infine Silvio solo, come detto, è da sempre uno sponsor Berlusconi: avrà il coraggio di abbandonare eccellente di Ligresti, ma da qualche mese al suo destino un finanziere che tante volte si trova anche a guidare il più importante nel passato, anche recente, gli ha fatto da gruppo assicurativo nazionale. E riesce difsponda in molte importanti partite, dal Cor- ficile immaginare le Generali e i suoi granriere della Sera fino all’Alitalia? di soci, da Mediobanca al resto del salotto Tra tante ipotesi, talvolta diffuse ad arte per buono, fare i ponti d’oro a un concorrente alimentare il polverone, conviene cercare di del calibro di Axa. orientarsi badando ai fatti concreti. Ebbene, Solo voci, allora. Illazioni. Resta la realtà dei bilanci alla mano, è difficile negare che Li- bilanci in rosso e delle manovre, a volte con

Don Salvatore punito in Borsa

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Foto: A3, A. Dadi - Agf, Oliverio - Imagoeconomica, D. Piaggesi - Ag. Fotogramma, S. Del Puppo - Ag. Fotogramma

Da sopra, in senso orario: i cantieri di Citylife a Milano; Salvatore Ligresti, e i tre figli Gioacchino Paolo, Giulia e Jonella

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ECONOMIA noranza della Fondiaria in crisi hanno finito per dare una mano al socio di comando. Ed è proprio grazie a queste operazioni in conflitto d’interessi che società come Imco e la holding Sinergia, entrambe controllate direttamente da Ligresti e figli, sono riuscite a dare un taglio ai debiti nel 2009. Va da sé che ciascuno di questi affari è andato felicemente in porto munito di tutti i requisiti di legge, compresi pareri legali e perizie indipendenti. Resta il fatto che mentre Marchionni dichiara che il gruppo assicurativo venderà immobili per fare cassa, la stessa Fondiaria ha comprato paLa filiale della lazzi e terreni messi in vendita Fondiaria a Torino. dall’azionista principale. L’elenSotto: l’hotel co è lungo. Un’area a Bruzzano, Naxos Beach della nella periferia milanese. Un al- catena Atahotels. A destra: Jeanbergo nuovo di zecca a Varese. Claude Trichet La partecipazione nella società che sta realizzando il progetto Porta Nuova Isola, sempre a Milano. Le quote di fondi di investimento che poco prima avevano comprato (a valori rivalutati per l’occasione) alcuni immobili di Ligresti. Il quale ha girato alla compagnia di assicurazioni anche la catena alberghiera. L’operazione, raccontata in dettaglio nell’altro articolo in questa pagina, sembra determinata a mantenere la propria si è fin qui rivelata fallimentare per la com- quota nel progetto Citylife, l’avveniristico pagnia. Tutti affari a senso unico. Risorse fi- quartiere in costruzione, tra molti intoppi, nanziarie, quanto mai preziose in tempi di nell’ex quartiere fieristico di Milano. Anche magra, escono dalle casse del gruppo assicu- qui, alla fine, l’impegno finanziario complesrativo quotato in Borsa per affluire nelle ta- sivo potrebbe rivelarsi elevato: un centinaio sche del socio di controllo. di milioni nell’arco di alcuni anni e per di più Come si concilia tutto questo con la volontà con ritorni che, al momento, appaiono incerdichiarata di rimettere in sesto i conti di Fon- ti. I compagni di cordata, Generali e Allianz, diaria? Tra l’altro, proprio in queste settima- hanno le spalle finanziariamente ben più forne, la compagnia guidata da Marchionni ti e tirano diritto. Fondiaria invece deve fare

CAMERE CON PERDITA Atahotels? Un affarone per Ligresti e famiglia. Un po’ meno, molto meno, per gli azionisti di minoranza di Fondiaria. Eppure, a metà dell’anno scorso, quando il controllo della catena alberghiera (la sesta in Italia per numero di camere) è stato girato alla compagnia di assicurazioni, l’operazione è stata presentata come un’occasione da non perdere per il gruppo acquirente: anche la gestione degli alberghi, in mano alla famiglia Ligresti, è così finita al gruppo assicurativo già proprietario degli hotel. «Un’opportunità di integrazione verticale nel comparto turistico», spiegavano gli amministratori di Fondiaria nel 2009. Chissà, forse in futuro “questa integrazione verticale” darà i suoi frutti. Per il momento i soci della compagnia devono fare i conti con perdite per decine di milioni. Ligresti invece, che controllava Atahotels tramite la holding di famiglia Sintonia, si è liberato di una probabile fonte di perdite negli anni a venire, ed è riuscito a farlo incassando 25 milioni di euro

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cash. Per la precisione il gruppo Fondiaria, in forte perdita, ha staccato un assegno multimilionario in cambio di una società che sei mesi dopo l’acquisto aveva già perso i due terzi del suo valore. Nel bilancio 2009, infatti, la partecipazione in Atahotels è stata svalutata di 17 milioni. Inoltre, già l’anno scorso, il gruppo assicurativo ha dovuto stanziare 12 milioni per tappare le falle in bilancio della società alberghiera, che nel 2009 ha fatto segnare una perdita record di 27 milioni su 104 milioni di ricavi. Nel primi tre mesi del 2010 la musica non è cambiata: gli hotel della Fondiaria sono andati in rosso per 10 milioni. Nel frattempo è partito un piano di rilancio e gli amministratori sperano di vedere presto i segni di ripresa. L’anno scorso però nessuno ha fatto una piega quando Atahotels passò di mano per 25 milioni. Il prezzo venne fissato grazie anche a una perizia della Kpmg advisory. E gli amministratori di Fondiaria presenti anche nel board di Atahotels (per esempio Fausto Marchionni e Giulia Ligresti) si astennero, per evitare conflitti d’interessi, al momento del voto sulla delibera d’acquisto della catena alberghiera.

L’espresso

AVVISO AI NAVIGANTI MASSIMO RIVA

Dietro la crisi dell’euro

Foto: A. Cristofari / FOTOA3, V. Mayo - AP / Lapresse

lioni a cui vanno aggiunti altri 104 milioni di passivo fatti segnare tra gennaio e marzo di quest’anno. Gli analisti spiegano che le perdite di Fondiaria derivano soprattutto dalle difficoltà del ramo danni, Rc auto in testa. Ma a mandare a picco i conti ha contribuito anche l’eccessiva dipendenza dagli investimenti immobiliari in una fase di mercato a dir poco negativa per il mattone in generale. Fausto Marchionni, il manager a cui Ligresti ha affidato il business delle polizze, non dispone quindi di grandi margini di manovra. Se vuole riportare il bilancio in linea di galleggiamento non può fare altro che migliorare l’efficienza della gestione e vendere il vendibile per rastrellare risorse fresche. Si spiega così il recente annuncio della prossima cessione delle attività assicurative raggruppate sotto l’ombrello della controllata Liguria. Ma tra passaggi burocratici obbligati e la ricerca di un compratore che ancora non c’è, l’operazione necessita di tempo, alcuni mesi almeno, forse un anno. E invece Marchionni deve fare in fretta, molto in fretta. In caso contrario, di questo passo, la compagnia di assicurazioni sarebbe costretta a rafforzare i mezzi propri con un aumento di capitale. Un’ipotesi, quest’ultima, che Ligresti vede come il fumo negli occhi. Difficile dargli torto. Di questi tempi ai piani alti del gruppo non è che il denaro cash abbondi. E allora, per l’azionista di controllo sarebbe davvero complicato fare la sua parte in un’eventuale ricapitalizzazione della società guidata da Marchionni. Anzi, a ben guardare, fin qui le cose sono andate esattamente all’opposto. Nei mesi scorsi, a più riprese, è stato Ligresti a prelevare denaro dalle casse della compagnia di assicurazioni quotata in Borsa per finanziare le sue società di famiglia. In sostanza, gli azionisti di mi-

i conti con i guai propri e con quelli del proprio azionista di controllo. Il problema vero, però, è che in più di un’occasione i secondi sembrano avere la precedenza sui primi. Altrimenti perché mai nelle settimane scorse il consiglio di amministrazione della compagnia quotata avrebbe deciso di staccare un dividendo nonostante un bilancio 2009 in grave sofferenza? Certo, come si legge nella relazione di bilancio, Fondiaria, grazie alla cedola, può “continuare a rappresentare un’opportunità di investimento remunerativa per gli azionisti”. Tra questi però, in prima fila c’è la Premafin, cioè Ligresti, che in qualità di socio di maggioranza ha incassato dividendi per oltre 20 milioni di euro. Risorse preziose per puntellare i conti della holding. Che, a ben guardare, è riuscita anche a stringere la presa sul gruppo assicurativo proprio attingendo alle casse della Fondiaria. Come? Semplice, basta dare un’occhiata ai conti e si scopre che la compagnia, insieme alla controllata Milano, ha in portafoglio azioni della stessa Fondiaria per oltre 320 milioni. Ovvero una quota dell’11 per cento del capitale, che sommato al 41 per cento in capo a Premafin garantisce al finanziere di Paternò la maggioranza assoluta. E allora non c’è crisi che tenga. Quell’11 per cento non si può proprio vendere. Altrimenti qualche scalatore potrebbe cadere in tentazione e dare l’assalto al forziere di Ligresti. ■

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Nell’ottobre di dieci anni fa erano sufficienti 82 centesimi di dollaro per acquistare un euro, ben il 30 per cento in meno dalla quotazione di esordio nel gennaio 1999. Un livello così basso da spingere allora molti a profetizzare che l’esperimento della moneta unica europea si sarebbe schiantato già nella fase di decollo. Soltanto una minoranza si muoveva controcorrente segnalando che la forte ascesa del dollaro non poteva essere che effimera perché non sostenuta da alcun indicatore fondamentale sullo stato di salute dell’economia americana. I successivi andamenti del cambio, pur fra tante oscillazioni, hanno dato ragione ai secondi e torto ai primi. In realtà, quella quota di 0,82 dollari segnò semplicemente il punto culminante di un attacco concentrico contro l’euro mosso con il preciso intento di strangolare in culla la neonata moneta per riaprire le immense praterie degli attacchi ai cambi fra le un tempo numerose monete europee sui quali la speculazione valutaria aveva potuto abbondantemente esercitarsi fino ad allora. Talvolta con eccellenti profitti, come nell’estate 1992 a spese della lira. Una storia analoga sembra oggi ripetersi, anche se il cambio euro/dollaro oscilla attorno a quota 1,20 a un livello del 50 per cento superiore al citato minimo storico.

Se ne parla su www.espressonline.it

Nel frattempo, tuttavia, alcuni elementi sono mutati, altri no. Per esempio, oggi come allora suona stravagante la fiducia che tanti speculatori mostrano nel futuro prossimo del dollaro. Gli Stati Uniti stanno facendo la parte del leone nella collocazione dei titoli di Stato sui mercati internazionali a causa dell’esplosione del loro debito pubblico, già oltre il picco dei 13mila miliardi di dollari. È arduo leggere questa sete di capitali come un’indicazione per il rafforzamento della valuta americana nel medio periodo. Chi gioca su questa aspettativa potrebbe rimetterci le penne come dieci anni fa. È un fatto, però, che l’euro appare oggi per altri versi più vulnerabile di quanto forse sembrasse allora. Il caso Grecia ha messo a nudo una serie di errori compiuti nella gestione del sistema. Il primo è stato quello di aver allargato, con eccesso di leggerezza, l’area della moneta unica a paesi meno affidabili. Il secondo è di aver mostrato incapacità di concordare decisioni adeguate e tempestive al sorgere delle difficoltà. Il terzo, tuttora in corso, è di aver traccheggiato nei confronti degli assalti speculativi così accettando una disfida sul modello Orazi contro Curiazi, per giunta lanciando segnali di resa condizionata ai mercati con inopinate sortite in favore di uno sdoppiamento dell’euro tra Nord e Sud Europa. Il classico drappo rosso agitato davanti ai tori della speculazione. Ora i governi nazionali stanno correndo ai ripari con misure che, deprimendo i consumi interni, potrebbero togliere il sostegno della domanda domestica al pieno sfruttamento della componente positiva della svalutazione dell’euro: la maggior competitività sui mercati esterni. Diceva Napoleone dell’Austria: «Toujours en retard, d’une année, d’une armée, d’une idée». Anche stavolta, forse, solo la non credibile forza del dollaro potrà salvarci nel prosieguo da guai peggiori.

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ECONOMIA AUTO / LA SFIDA EUROPEA

di Walter de’ Silva e Luca De che sufficiente per impegnare le nostre risorIl marketing in mano marketing Meo, si capisce bene quanto sia pesante l’Ita- se». Qualcuno ha storto il naso, quando si è a De Meo. Il prestigioso lia - al di là delle vendite di auto - per il co- saputo che Giugiaro sarebbe passato a Volmarchio Giugiaro. losso guidato da Martin Winterkorn. Un kswagen, temendo contraccolpi negativi per convinto che creatività italiana e in- l’industria italiana. Altri, invece, credono L’acquisto massiccio di manager gegneria tedesca siano un’accoppiata vin- che il concentrarsi di Italdesign sui brand componenti. Il messaggio cente. In tanti scommettono che se la Fiat de- Volkswagen aprirà spazi importanti per della casa tedesca ciderà di vendere l’Alfa Romeo, il primo a protagonisti dello stile tricolore come Bertoavanti per portarsi a casa l’affascinante ne, Pininfarina, Stola, Fioravanti, Idea Instisembra chiaro: battere la farsi ma impolverato marchio sarà proprio il pro- tute, Torino Design. Paiono contenti anche Fiat sul suo terreno fessor Winterkorn, 63 anni compiuti il 24 al Centro stile della Fiat. Racconta una per-

DI MAURIZIO MAGGI maggio: come regalo ha firmato l’accordo sona che conosce bene l’ambiente e preferiper comprare, il giorno dopo, la creatura di Giugiaro. Lo stilista italiano La Penisola su quattro ruote che è partner d’antica data di VolGruppo Vendite in Italia Variazione % Quota di kswagen ma ha in corso numerosi primi 5 mesi 2010 su 2009 mercato contratti con altri concorrenti, da Fiat* 308.367 + 0,57 31,08 talia double face. Mentre la Fiat di Bmw ai cinesi di Hybrid Kinetic (un Peugeot-Citroën 110.490 + 25,25 11,14 Sergio Marchionne, dopo aver de- accordo pluriannuale da 375 milioni Volkswagen 108.659 + 10,30 10,71 cretato tra mille polemiche la fine di euro per disegnare e ingegnerizzaFord 104.250 + 11,30 10,18 dello stabilimento siciliano di Ter- re otto nuovi modelli destinati agli General Motors** 77.244 - 4,94 7,79 mini Imerese, è alle prese con la spi- Usa), ha detto che, in futuro, ItaldeRenault-Dacia 69.861 + 73,80 7,04 nosa gestione del caso Pomigliano, la fabbri- sign lavorerà solo per i tedeschi: Toyota-Lexus 37.467 + 0,46 3,78 ca campana su cui per investire chiede «Giostrare su un portafoglio di dieci Mercedes-Smart 36.531 - 0,28 3,68 un’overdose di flessibilità che i sindacalisti marchi, Porsche compresa, sarà più Bmw-Mini 27.998 - 11,51 2,82 Fiom ritengono tossica, per i tedeHyundai-Kia 27.192 + 26,05 2,74 schi della Volkswagen il Bel Paese è Totale mercato 992.087 + 7,86 100,00 sempre più bello e il tricolore è vir* con i marchi Alfa Romeo, Ferrari, Fiat, Lancia e Maserati tualmente la seconda bandiera del ** con i marchi Chevrolet e Opel Fonte: Unrae gruppo di Wolfsburg (una scuderia che annovera marchi come Audi, Skoda, Bentley, Bugatti), almeno in ambito europeo, per una lunga serie di ragioni, ultima in ordine cronologico la conquista della firma di Giorgetto Giugiaro, uno dei designer di auto più noti e apprezzati al mondo. Si dice che per il 90,1 per cento dell’Italdesign (800 addetti e oltre 100 milioni di euro di ricavi), Volkswagen abbia sganciato una cifra vicina ai 300 milioni di euro. In pochi immaginano, però, che ogni anno il gruppo di Wolfsburg, controllato dalle famiglie Piëch e Porsche, investa in Italia circa 2 miliardi di euro per acquistare componenti. Bmw ne spende tra i 500 e i 600 milioni, Renault non arriva a mezzo miliardo. Se si mettono sul piatto anche la Lamborghini e la presenza ai vertici del design e del

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Foto: P. Langrock - Laif / Contrasto, G. Borgia - Ap / Lapresse, W. Stahr - Laif / Contrasto, M. D'Ottavio

VOLKSWAGEN parla italiano sce restare anonima: «Da anni non si vedono aumenti di stipendio, da queste parti. L’arrivo della Volkswagen in Giugiaro smuoverà le acque e si aprirà un Da destra, in senso orario: mercato per accaparrarsi le mi- l’Italdesign di Giugiaro a gliori risorse sulla piazza». Moncalieri; Luca De Meo; Walter de’ Silva. La crescente italianità del giganSotto: gli stabilimenti te di Wolfsburg è il risultato di un Volkswagen a Wolfburg lungo cammino, cominciato 36 anni fa proprio nei capannoni di Giugiaro a Moncalieri, alle porte di Torino, dove prese forma la prima Golf. Da allora, la regina del segmento C è stata quasi sempre l’auto più venduta nel Vecchio Continente. Un dominio interrotto saltuariamente, per un mese o due, spesso a cavallo del passaggio da una generazione di Golf alla successiva. «II gruppo tedesco, inoltre, è stato tra i primi a puntare con forza sulla componentistica italiana, intercettando quella fascia di fornitori di medio-alto livello che non trovavano eccessivo sbocco in Fiat, tradizionalmente più impegnata nella produzione di vetture piccole e medie», spiega Marco Santino, esperto del settore auto della società di consulenza

Audi in pista con 42 modelli colloquio con Rupert Stadler di Stefano Vastano Immuni dalla crisi. Nel 2009 Audi ha venduto 950 mila auto, e realizzato utili operativi per 1,6 miliardi di euro: in calo, ma comunque superiori a quelli di Bmw e Daimler messi assieme. «Quest’anno vogliamo superare il milione di auto e fare un nuovo record nei profitti», dice orgoglioso Rupert Stadler, 47 anni, dal 2007 alla guida della casa che fa parte del gruppo Volkswagen. Non esagera: nei primi cinque mesi del 2010 le vendite sono salite a 456 mila (più 21,7 per cento). E nel primo trimestre il fatturato è aumentato del 25 per cento (8.260 milioni) e gli utili del 30 per cento a 478 milioni. Ma qual è la vostra formula vincente? «La strategia costruita nel tempo

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da un team affiatato». Cioè? «La storia Audi è segnata dalla perfezione tecnologica. Basta citare innovazioni come Quattro, Tdi o le novità nella carrozzeria e nel design per rimarcare la nostra capacità di essere all’avanguardia. Persino l’immagine pubblicitaria Audi ha fatto passi da gigante». Il successo è anche una questione di buona pubblicità? «Sì, se alle immagini corrisponde una continua offerta di auto radicalmente nuove: si pensi alla nuova A5 Coupé, al nuovo R8 Spyder o al lancio della nuova A1. Questa è la strategia: sorprendere sempre il cliente». La crisi del 2008 e l’attuale debolezza dell’euro non hanno lasciato

neanche un graffio sulle Audi? «Neanche un graffio. Il fatto è che anche nella crisi noi, al contrario della concorrenza, abbiamo investito. E ci siamo spinti più avanti degli altri». Anche tagliando sui costi? «Certo, abbiamo risparmiato sui costi di produzione, ma puntato tutto al contempo su investimenti finalizzati alle novità del 2010 e 2011: oltre alla A5 offriremo questa estate al cliente la nuova Q7. E subito dopo la piccola A1 nascerà, il prossimo anno, la Q3». Sino al 2015 amplierà la gamma a 42 modelli e versioni: sicuro che la gente voglia tante Audi? «Nel mondo c’è sempre più richiesta di mobilità e noi vogliamo andare incontro a questa domanda. Oltre ai nuovi coupé, spyder e Suv, Audi deve offrire soluzioni tecnologiche e motori sempre più efficienti. Ma decisivo nella nostra strategia è il fattore “beauty”: noi,

al cliente, offriamo bellezza». Parliamo della più piccola: la A1. Perché il pubblico dovrebbe preferirla alla Mini della Bmw? «Oltre 100 mila persone stanno già manifestando questa preferenza. La A1 è nata sotto il segno del progresso, la Mini è una citazione del passato: e i clienti prediligono sempre il futuro». Cosa intende per lusso? «Il lusso non significa per forza dover esibire. Ma può essere una differenza a volte minima, nel dettaglio, come il motore o l’interno di una Audi. Per questa sottile differenza il cliente paga volentieri». Che ne è dell’impegno ad abbattere la CO2? «I nostri motori sono sempre più efficienti. Non puoi vendere auto di classe ed eliminare i fattori sport e dinamica: ma puoi costruire A8, A6 e persino un coupé TT che consumano ed emettono sempre meno C02.

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Stabilimento Vw a Wolfsburg. A destra: Martin Winterkorn. In basso: Rupert Stadler

A.T.Kearney. Non a caso, nel quartier generale italiano della Volkswagen a Verona è all’opera uno dei principali “Rso” del gruppo. I “Regional sourcing office” sono le strutture incaricate degli acquisti. L’elenco fornitori è affollato, centinaia di aziende tra cui spiccano eccellenze come Brembo (sistemi frenanti), Calearo (antenne), Magneti Marelli (sistemi elettrici), Sabelt (cinture di sicurezza), Pirelli (pneumatici), Momo Design (volanti, cerchi, pomelli). La pelle degli eleganti sedili delle Audi arriva dal polo vicentino delle concerie, da ditte L’efficienza la puoi conquistare solo con sempre più ricerca tecnologica». Quando arriverà la E-tron a motore elettrico? «L’Audi E-tron di serie arriverà a fine 2012, ma ho già guidato il prototipo». La partita dell’auto elettrica non l’hanno vinta i giapponesi? «Distinguerei fra chi investe più soldi in comunicazione e chi produce i motori migliori: la partita dell’auto elettrica è appena iniziata, fra 6 o 7 anni sapremo chi l’ha vinta. Una cosa è sicura: i motori ibridi sono solo la transizione. Noi a Ginevra abbiamo comunque presentato l’A8 Hybrid e a fine anno uscirà la Q5 Hybrid». Quanto ha investito nelle nuove tecnologie? «Negli ultimi due anni abbiamo investito sui 4 miliardi di euro in tecnologie, la maggior parte in motori hybrid ed elettrici». Nel 2009 avete venduto in Cina

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come la Schedoni. L’Italia è importante però anche per le vendite dei marchi Volkswagen, non solo per gli acquisti. Anche perché la clientela italiana è disposta a riconoscere a Volkswagen un valore di brand superiore a quello delle marche generaliste con maggior facilità di quanto accade su altri mercati. Ciò ha consentito alla principale marca del colosso tedesco di vendere in Italia le sue vetture a prezzi superiori rispetto a quelli praticati, per esempio, in Francia o in Inghilterra. E se nelle gamme medio-alte, a livello europeo, non c’è stata partita negli ultimi anni tra i tedeschi e la Fiat, l’impressione è che nei prossimi anni i due gruppi, che pure non sono comparabili né per dimensioni né per stato di salute, siano destinati a darsi battaglia con maggiore intensità. La Volkswagen ha chiuso un decennio in cui ha sempre macina-

160 mila Audi. Quest’anno? «Arriveremo a 200 mila». La A1 verrà prodotta in Belgio. Vuol dire che create posti di lavoro ovunque tranne che in Germania? «I dipendenti Audi in tutto il mondo sono oltre 58 mila e di questi l’80 per cento in Germania. Dove non abbiamo in programma nuovi impianti». Forse perché il costo del lavoro qui è troppo alto? «La nostra azienda piace molto a ingegneri e operai. Nel 2009 abbiano versato ad ogni addetto un premio di 2.300 euro. Quest’anno sarà di 1.200 euro, nonostante la crisi». Il 2010 sarà l’inizio della fine della crisi per le quattro ruote? «Dopo due anni duri s’intravvedono segni di crescita sul mercato, ma sparsi a livello regionale. Toccherà all’Asia e al Nordamerica far ripartire l’industria dell’auto».

to utili, mentre la Fiat è stata salvata da Sergio Marchionne, con un’impresa giudicata impossibile persino da una parte della famiglia Agnelli, che ha chiesto per anni di saltar giù dall’auto. Il boss del Lingotto ripete da mesi che per sopravvivere bisogna produrre 6 milioni (nel tremendo 2009 Fiat e Chrysler insieme sono arrivate a quota 4 milioni), promettendo di raggiungere l’obiettivo nel 2014, mentre il gruppo Volkswagen di vetture ne ha vendute 6,3 milioni già l’anno scorso e ha nel mirino la maglia rosa mondiale Toyota, distante solo un milione di unità. In Borsa, i tedeschi capitalizzano oltre 31 miliardi di euro, più del triplo degli italiani. Ed è anche per sfondare finalmente nelle auto piccole, il terreno preferito di Fiat, che a Wolfsburg un anno fa hanno ingaggiato Luca De Meo, brillante protagonista del funambolico lancio della 500. Lo hanno appena promosso capo del marketing di tutto il gruppo: nomina che ha coinciso con un’altra emigrazione a Wolfsburg: quella di Giovanni Perosino, estroverso manager dagli impeccabili gessati, ex fedele braccio destro di De Meo a Torino. Se riusciranno l’integrazione dei marchi Chrysler e Lancia in Europa e il problematico rilancio dell’Alfa, per contro, la Fiat potrà provare a dar fastidio al gigante teutonico nel suo consueto territorio di caccia, quello delle vetture medie e medio-alte. Non sarà facile. Nessuno, tra i grandi gruppi costruttori, può vantare oggi uno stato di salute come quello della Volkswagen. Soprattutto per due motivi. Ha acquisito un colossale vantaggio competitivo sul mercato più promettente del mondo, quello cinese, dove ha venduto già 1,4 milioni di auto nel 2009. E ha messo a punto un sistema di piattaforme (o “archetipi”, come dicono i tecnici) che le consentono di sviluppare con costi contenuti un’infinità di modelli, capaci di coprire quasi tutte le nicchie di prodotto e geografiche. Dimenticando le persistenti difficoltà della spagnola Seat, solo nelle piccole auto e in Nord America la forza di Wolfsburg non s’è ancora totalmente dispiegata. Due problemi che toccherà agli “italiani” di Germania risolvere. La capacità di sviluppare e produrre bene le auto, anche grazie a rapporti industriali che alla Fiat (in Italia) si sognano, è infatti assodata. Nei prossimi anni, il marketing creativo di De Meo dovrà far volare la futura famiglia di citycar Up e far diventare il marchio Volkswagen un’icona mondiale, mentre la matita di de’ Silva, corroborata dalla sapienza di Giugiaro, dovrà far breccia tra gli automobilisti yankee. ■

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Foto: P. Sancya - Ap / Lapresse, T. Futh - Laif / Contrasto, D. Maurer - Ap / Lapresse

ECONOMIA


ECONOMIA

POPOLARE DI MILANO

PONZELLINI NETWORK

L’asse con la Lega. Gli affari con la Compagnia delle Opere. E i pareri fiscali chiesti all’ex studio dell’amico Tremonti DI LUCA PIANA

agare o combattere? Uno si stratega economico del partito di Umberimmagina che un leghista, to Bossi. E così, contro la candidatura deldi fronte a pretese del fisco l’ex presidente Roberto Mazzotta, ostegche considera ingiuste, deb- giato dai sindacati, spuntò quella di Ponba scegliere per principio la zellini, in legami familiari con Giorgetti e linea dura. Per Massimo Ponzellini, presi- da alcuni anni vicino al ministro dell’Ecodente della Banca Popolare di Milano, nomia, Giulio Tremonti. non è stato così. Pressato dalla minaccia Oggi, però, l’imprimatur rischia di costadi un maxi-accertamento da parte del- re a Ponzellini qualche imbarazzo, come l’Agenzia dell Entrate sulle operazioni mostra una verifica fiscale iniziata nelestere dell’istituto, ha deciso di tentare l’aprile 2009. Al pari di quanto accaduto una trattativa che altre banche, in una si- ad altre banche, l’Agenzia si è concentratuazione analoga, hanno rifiutato. ta su operazioni che hanno generato redPonzellini, 60 anni, è da sempre un mana- diti quali «dividendi da fonte estera» e ger abituato ad avere buoni rapporti con «crediti per imposte estere». Il 30 dicemla politica. Dopo gli anni passati nell’en- bre alla Milano è arrivata una prima contourage di Romano Prodi, è arrivato al testazione, con la richiesta di 33 milioni vertice della Milano grazie ai buoni uffici fra tasse, sanzioni e interessi. della Lega. Nella primavera 2009 i sinda- Per una banca che vanta utili netti tre volcati, che da sempre comandano l’assem- te superiori, può sembrare poco. Qualche blea dell’istituto, erano alla ricerca di nuo- problema però c’è. Il primo è finanziario: ve sponde nella maggioranza. Si racconta se la stessa somma fosse contestata anche che le trovarono in Giancarlo Giorgetti, Stand della Bpm al Festival per gli anni successivi al 2004, dell’ambiente a Milano. In alto: Massimo Ponzellini ancora sotto esame, il conto salirebbe a 130 milioni. Il secondo problema è di opportunità. Altre banche, ad esempio il Credito Emiliano, hanno deciso di impugnare di fronte alle commissioni tributarie le accuse dell’Agenzia. La Milano, inve-

Foto: D. Piaggesi - Fotogramma, F. Cavassi - Agf

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ce, ha scelto la linea della trattativa, più gradita al ministero dell’Economia. E per studiare il dossier, stando a indiscrezioni, ha chiesto un parere allo studio fondato da Tremonti e, dopo il rientro a Roma del ministro, ribattezzato Vitali Romagnoli Piccardi: uno di quelli che, con Mazzotta, vennero consultati per valutare le operazioni finite nel mirino dell’Agenzia. Nelle sue dichiarazioni pubbliche, Ponzellini fa sempre professione di autonomia. «La politica nelle banche? Nelle popolari il problema non si è mai posto», risponde a chi gli chiede delle pressioni della politica per pesare di più nel credito. Da vicino, tuttavia, il suo operato finora non si è allontanato da meccanismi di creazione del consenso che alla Milano sono fortemente collaudati. Il primo referente sono i sindacati interni e il manager, forse stretto dalla necessità di affrontare partite come quella che si annuncia sugli esuberi o come la conquista del Monte di Parma, non si è risparmiato raffiche di nomine. Le prime quattro erano arrivate già la scorsa estate e avevano toccato direzioni strategiche come i crediti e il personale. A dicembre, poi, è seguita un’ondata di 51 nuovi capi-settore. Il secondo fronte dove il manager si sta mettendo alla prova è quello dei rapporti con i clienti eccellenti. Nella sua rete due nomi sono noti: Salvatore Ligresti e la famiglia Gavio, soci forti dell’Impregilo, della quale Ponzellini ha conservato la presidenza, nonostante i rischi di conflitto d’interessi. Proprio i Gavio, considerati fra i principali clienti della controllata Cassa di Alessandria, sarebbero stati

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Foto: F. Cavassi - Agf

ECONOMIA uno degli sponsor della scalata del manager alla Milano. Al fianco di questi, nel mondo della Popolare sono però segnalati in crescita altri protagonisti. Un serGiancarlo Giorgetti batoio di contatti inesauribile sembra essere la Compagnia delle Opere, la rete di imprese vicine a Comunione e Liberazione, che ha nel vice presidente Graziano Tarantini uno dei suoi numi tutelari nella banca. Alla Compagnia, ad esempio, fa riferimento Francesco Bernardi, un manager che, sotto la holding lussemburghese Tremagi, amministra un piccolo impero nel settore dell’energia. Un’opera alla quale anche la Milano ha dato un contributo, come rivela il recente pegno del 33 per cento da parte di una società della Tremagi, la Dse. A dispetto della dichiarata intenzione di puntare sulla piccola impresa, è poi interessante notare che, nel suo primo anno di attività, Ponzellini ha sostenuto le richieste di finanziamento di due colossi che hanno incontrato qualche difficoltà con i comitati tecnici, prima di essere esaminate dal consiglio d’amministrazione. La prima, stando a quanto ha potuto ricostruire “L’espresso”, sarebbe arrivata dal baronetto inglese Rocco Forte, alle prese con i debiti per la costruzione del Verdura Resort di Sciacca, in Sicilia, e con la rinegoziazione dei prestiti che gli era stata richiesta da Banca Intesa - in una delle sue società italiane - e dalla Hbos - nella capogruppo britannica. Anche la seconda richiesta, per vie diverse, arrivava da Londra e riguardava la B Plus Giocolegale Ltd, una società prima nota come Atlantis World, dietro la quale ci sono interessi italiani quali la famiglia Corallo, una dinastia delle scommesse. Nello scorso ottobre la B Plus era impegnata a versare al Tesoro la prima metà dei 179 milioni necessari per installare nei bar e sale da gioco 11.953 terminali per le nuove videolotterie. E, nello stesso periodo, avrebbe bussato alla porta della Milano. Con una richiesta che, a ben vedere, non sembra granché rappresentativa della borghesia lombarda cara alla Lega. ■

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ECONOMIA PROFESSIONI / I COMMERCIALISTI

spiegano al Caf Uil di Milano, «20 La sfida dei Caf iscritto», euro a un iscritto, 10 euro a un pensionato.

IL FISCO LI FA RICCHI

Il costo di una dichiarazione dei redditi dipende anche dal reddito del contribuente. Compilare una dichiarazione in una grande città come Roma, per chi ha un reddito medio-alto, può costare sui 600 euro; cifra che sale ulteriormente al Nord, mentre scende spostandosi al Sud. Secondo le stime dell’associazione Contribuenti.it, saranno 41 milioni e 800 mila i cittadini che devono redigere o il modello Unico, o il 730 oppure il 770. Se solo la metà di questi si affidasse a un commercialista per la dichiarazione, applicando un prezzo medio di 400 euro a livello nazionale, si produrrebbe un giro d’affari di 8 miliardi di euro per i professionisti del settore. Secondo Vittorio Carlomagno, presidente di Contribuenti.it, «per pagare le tasse non si dovrebbe versare la tassa ulteriore che è la parcella del commercialista». L’alternativa c’è, ed è quella dei centri di assistenza fiscale, in sigla Caf. Sempre più spesso, i cittadini si rivolgono ai Caf dei sindacati e delle associazioni per sbrigare i pagamenti fiscali. Il motivo? «Da noi la redazione di un 730 costa 35 euro a un non

Sono 110 mila, quanto i colleghi tedeschi e francesi messi insieme. Hanno un giro d’affari stimato 8 miliardi. E non conoscono la crisi DI GIANLUCA SCHINAIA

a primavera ha una tassa fissa e Marco lo sa. «Libero professionista, ho la partita Iva e faccio da consulente per due diversi studi». Marco è architetto, ha 31 anni, guadagna 1.200 euro netti al mese e da poco gli è toccata la dichiarazione dei redditi: «Non bastano le tasse, c’è pure da pagare il commercialista». Circa 100 euro al mese più l’“una tantum” per la dichiarazione: 350 euro in un colpo solo. Eppure, se andasse a un Caf - centro di assistenza fiscale - pagherebbe al massimo 35 euro (vedi box). Ma, come spiega un’operatrice di un Caf Cisl, «non possiamo fare la dichiarazione dei redditi a chi ha partita Iva perché non abbiamo ancora l’autorizzazione statale». Quindi, per Marco, il commercialista è l’unica soluzione. Questo non lo salva dagli accertamenti fiscali, perché deve preoccuparsi da solo della sua contabilità. Infatti, i commercialisti non sono sempre responsabili degli errori commessi nelle dichiarazioni: «Solo a partire dal 1997 i consulenti tributari rispondono con una multa laddove pongano in essere una condotta gravemente colposa o dolosa», spiega l’avvocato Francesco Fratini, esperto in contenzioso tributario. A questo si è aggiunta ad aprile scorso una sentenza della Cassazione che ha individuato criteri specifici in materia di responsabilità civile dei commercialisti: se mancano i documenti per giustificare le spese portate in detrazione, paga anche il professionista. In ogni caso, per Marco e per la stragrande maggioranza dei 41 milioni di italiani che versano le tasse tramite il modello unico, 730 e 770, l’ausilio di un esperto è indispen-

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Sopra: l’Agenzia delle Entrate di Roma. A destra: studio di commercialisti; sotto: Claudio Siciliotti

sabile: pochi hanno tempo e competenze necessarie per compilare una dichiarazione. Vittorio Carlomagno, presidente dell’associazione Contribuenti.it, lancia una provocazione: «Sfido chiunque, anche Tremonti, a fare la dichiarazione dei redditi in diretta durante una trasmissione televisiva e a calcolarsi le imposte». In effetti, negli Usa il modulo della dichiarazione dei redditi è di appena due pagine, e le istruzioni di quattro. “Unico”, invece, è composto da tre fascicoli e «solo per leggere la dichiarazione ci vogliono cinque giorni». Un compito arduo, secondo Carlomagno, anche per l’ex tributarista Giulio Tremonti. Sarà per questo che l’Italia è il paese dei commercialisti, che non conoscono crisi. Sono 110 mila, praticamente la somma dei colleghi tedeschi (95 mila) e francesi (15 mila). Categoria professionale concentra-

ta al Sud e nel Nord-Ovest, e in continua espansione: al momento ci sono 30 mila giovani praticanti e ogni anno 3 mila nuovi iscritti. Che non hanno risentito della recessione, come confessa un commercialista romano: «Non conosco colleghi in difficoltà. Anzi, qualcuno ha anche aumentato i margini». Ad eccezione dei praticanti, un commercialista che lavora in uno studio di media importanza si porta a casa a fine mese tra i 4 e i 5 mila euro lordi. E se diventa associato, quel lordo si trasforma in netto. Invece un professionista di successo viaggia sui 100-150 mila euro l’anno lordi. A Milano, sono molti i commercialisti prestigiosi che incassano dai 350 mila ai 2 milioni di euro l’anno lordi. Una tassa ulteriore, che i contribuenti sono costretti a pagare a causa del sistema fiscale troppo complesso. Carlo Garbarino, professore di diritto tributario alla Bocco-

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Foto: S. Snaidero - Prospekt, T. M. Barwick - Getty Images, L. Mistrulli - Imagoeconomica

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ni, fa un paragone con l’estero: «Il rapporto tra fisco e contribuente dovrebbe essere semplificato come in Australia o in Danimarca. In quest’ultimo paese, è addirittura il fisco che prepara la dichiarazione». Al sistema fiscale complesso, si aggiunge una burocrazia inefficiente. Per esercitare un’attività economica, da noi professionisti e imprese pagano nel 2010 una tassa occulta di 5.036 euro l’anno, contro i 1.160 degli spagnoli e gli 850 degli svedesi. La differenza con altri paesi, secondo il Centro Studi Sintesi, si vede anche quando il commercialista interviene per avviare un’impresa: in Italia sono necessarie nove diverse operazioni, la media internazionale è di sei. È per questo che l’annuncio da parte del ministro della Semplificazione Roberto Calderoli di uno «sportello unico per le imprese che consentirà di poter aprire un’impresa al giorno», finirà per tagliare anche

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Un modello Unico, invece, costa 60 euro a un non iscritto e 30 a un iscritto». Prezzi simili al Sud. «Un iscritto paga 20 euro per un 730», affermano da un Caf Cgil in Basilicata, «un non iscritto 50. Inoltre, la spesa è rimborsata per intero alle categorie di lavoratori deboli, come gli operai». Al Caf Acli di Roma la musica non cambia: «Un Unico costa 55 euro per tutti». Altro che 600 euro. La differenza sta nelle competenze? «Facciamo continuamente corsi di aggiornamento», dicono dal Caf Acli, «un terzo dei nostri addetti è laureato, gli altri sono tutti diplomati». Oppure hanno meno responsabilità? «Sono le stesse che gravano sui commercialisti», dicono dal Caf Uil milanese, «solo che loro se ne approfittano, noi siamo al servizio del cittadino».

l’erba su cui pascolano i commercialisti. Basta pensare che il costo medio per avviare un’impresa italiana è di 3.500 euro e la media internazionale è di 1.500. «Nei 2 mila euro di differenza», spiega Andrea Favaretto del Centro Studi Sintesi, «c’è anche il costo della parcella del commercialista». Ma le disfunzioni da cui la categoria trae profitto non finiscono qui. Giuseppe Marini, docente di diritto tributario all’Università Roma Tre, cita alcuni esempi: «Quando il contribuente cerca di trovare un accordo sul proprio debito con il fisco serve un commercialista, come pure nel contenzioso tributario: cartelle di pagamento, atti catastali, eccetera. Sono situazioni dove il commercialista ha competenza su tutto». E si tratta di un’assistenza indispensabile? «In queste procedure com-

Il Sud batte tutti

plesse il commercialista ha un ruolo chiave, perché tutta la legislazione tributaria è farraginosa e complicata». C’è poi il problema dell’evasione fiscale, stimata recentemente da “Il Sole 24 Ore” a 120 miliardi di euro e cresciuta del 7 per cento nei primi quattro mesi del 2010. «Il contribuente si affida al commercialista come a uno stregone e non lo controlla», continua Marini: «Ci sono evasori con case a Montecarlo che non credevano di essere in torto. Ma la gran parte dei commercialisti lavora onestamente». Come testimonia Claudio Siciliotti, presidente del Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili: «Il cittadino ha un’idea distorta del commercialista, perché lo vede come uno che lo aiuta a eludere la legge. Dobbiamo lavorare per cambiare l’immaginario comune». Come? «Interpretando la nostra come una professione sociale». Il problema è che alcuni commercialisti continuano a consigliare gli evasori. «Il fisco è come un parcheggio: lo paghi se è ragionevole, se il pagamento è facile e se c’è un controllo. Se invece il costo è alto, la colonnina di pagamento è lontana e poi ne beccano uno su mille... Per questo la nostra ricetta è un fisco leggero con sanzioni pesanti», obietta Siciliotti. Che boccia l’uso di scorciatoie fiscali come lo scudo sui capitali all’estero. «A qualcuno sarà servito, ma non è questo il nostro ruolo. Anzi, credo che dovremmo dosare con attenzione questi provvedimenti di sanatoria fiscale: alla fine, finiscono per minare l’intero sistema». ■

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ECONOMIA

PARADOSSI DI BORSA

PER LA BP ∂ UN BEL DISASTRO nave cisterna versò oltre 40 milioni di liGli analisti raccomandano il titolo della società di petrolio nelle acque dell’Alaska. petrolifera. Perché non credono ai danni miliardari. tri L’incidente inquinò oltre 2100 chilometri Come insegnano i casi di Exxon e Union Carbide di costa sul Pacifico e 28 mila chilometri

DI PAOLO PONTONIERE DA SAN FRANCISCO

ilioni di litri di petrolio narono a pagare centinaia di miliardi di che si versano nel- danni ai fumatori ammalati di cancro». l’Atlantico ogni giorno Liscio come il petrolio? I fatti danno raper colpa sua. L’opinio- gione a Santoli. Infatti, anche se riescone pubblica che la odia. no ad escludere la BP da contratti futuIl presidente Obama che la vorrebbe in tri- ri, non le si può impedire di trivellare dobunale. Quanto basta per far fallire qual- ve già detiene le concessioni. E se poi si siasi compagnia. Eppure le azioni della Bri- esamina la storia di altri disastri si scotish Petroleum, sebbene declassate da pre che, passata la crisi, le aziende risorMerrill Lynch e da Moody’s, continuano gono sul mercato più forti che mai. ad essere le beniamine degli analisti. E que- È il caso della Exsto malgrado il fatto che nella migliore del- xon che, dopo l’inle ipotesi la compagnia potrebbe essere re- cidente di Prince sponsabile di qualcosa come 10 miliardi di William Sound, dollari di danni. «Questo è il momento di quando una sua comprare BP», afferma Fadel Gheit, analista della Oppenheimer. Gheit alla fine di maggio ne ha addirittura migliorato il rating prevedendo un’impennata del suo valore: «Il potenziale di crescita supera di gran lunga i risultati negativi causati dalla fuoriuscita di greggio». Gheit non è l’unico. Anche Michael Santoli, analista di “Barrons”, pensa che i timori di fallimento della BP siano infondati. «Il mondo ha bisogno di petrolio. Una volta tappata la falla e partite le denunce, la situazione ritornerà alla normalità», afferma Santoli, e poi: «La storia insegna che le grandi aziende che finiscono nei guai alla fine se la cavano sempre. È stato così per la Exxon all’epoca dell’incidente in Alaska, e per la Phillipp Raffineria Bp in Australia Morris quando la condan- occidentale

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quadrati di oceano. Ma a venti anni dalla marea nera, la Exxon è l’azienda più redditizia al mondo e il titolo è cresciuto del 930 per cento. Lo stesso è accaduto anche per il dramma di Bophal del 1984, nel quale persero la vita quasi 4 mila persone e mezzo milione furono intossicate. Responsabile la Union Carbide, colosso chimico poi assorbito dalla Dow Chemical: dal suo stabilimento di Bophal uscì una nube di metilisocianato, un potentissimo pesticida. Quando nel 2001 fu assorbita dalla Dow, l’azione valeva pressappoco quanto valeva prima dell’incidente. Nel caso della Philip Morris, che nel 2000 fu protagonista di un disastro di tipo legale, il titolo adesso ha una quotazione superiore di un terzo a dieci anni fa. Riconoscendo una class action promossa da un gruppo fumatori ammalati di cancro, il tribunale di Miami l’aveva condannata a pagare 75 miliardi di dollari. «I procedimenti legali durano anni, si impantanano e vengono ribaltati», afferma Mark Fletcher, analista del Citigroup. «Le previsioni dei danni anche adesso sono esagerate», aggiunge Fletcher: «Assumendo che possano essere rivendicati, danni nell’ordine del miliardo di dollari più interessi mi sembrano più ragionevoli. Una cifra che rappresenta un decimo dei profitti annuali della BP». L’ottimismo di Fletcher è contagioso. Secondo un sondaggio di “The Street” (uno dei più noti periodici economici Internet), il 43 per cento degli operatori di Borsa è convinto che il titolo da seguire tra i petroliferi sia proprio BP. Ovviamente se il gruppo dirigente non finisce in carcere, e la compagnia non viene liquidata per soddisfare le richieste di danni. Ma di quello Tony Hayward, amministratore della BP, si deve preoccupare ben poco: ad oltre un quarto di secolo dal terrore chimico di Bophal nessun dirigente statunitense è finito in cella. Solo i manager indiani, pochi giorni fa, sono stati condannati a due anni di carcere. ■

Risarcimenti per un miliardo sono più ragionevoli e sono un decimo dei profitti Bp

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TECNOLOGIA TRIBÙ ON LINE

INTERNET SAR≈ la nuova società Blog. Facebook. Grazie al Web sempre più persone usano il tempo libero per comunicare o lavorare insieme. Una svolta. Spiegata nell’ultimo libro di Clay Shirky DI ALESSANDRO LONGO

er la prima volta nella storia, grazie a Internet le persone hanno l’opportunità di usare il proprio tempo libero collettivamente e per migliorare la società, senza muoversi da casa. Invece di sprecarlo in solitudine di fronte alla tivù, come hanno fatto finora. Questo nuovo potenziale è solo agli inizi e l’agenda politica farebbe bene a indirizzarlo, invece di temerlo e di annacquarlo con l’intrattenimento televisivo. C’è una proposta e una provocazione nel nuovo libro di Clay Shirky “Surplus Cognitivo”: creatività e generosità nell’era connessa, che esce negli Usa il 10 giugno. Shirky insegna New Media alla New York University e ha altri sei libri su Internet alle spalle (dal 1994). È considerato tra i massimi teorici dell’impatto sociale del Web.

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Clay Shirky, autore di “Surplus Cognitivo”. A sinistra: una panoramica della Biblioteca di Alessandria, Egitto

Da Wikipedia ai Social Network Alcuni esempi di progetti o servizi Web che sfruttano il tempo libero collettivo in modo positivo per la società WIKIPEDIA

È la più importante enciclopedia gratuita, on line. È in 270 lingue ed è stata fondata

da un’associazione americana non a scopo di lucro (Wikimedia Foundation). Qualunque utente Internet può contribuire scrivendo le voci dell’enciclopedia. Riceve circa 60 milioni di visite al giorno e contiene oltre 10 milioni di voci,

40 milioni di pagine. CREATIVE COMMONS

Chiunque può pubblicare un libro, un articolo, un saggio sotto licenza Creative Commons (dal nome dell’organizzazione non profit californiana che ha partorito l’idea).

In poche parole, una definizione: che cos’è il surplus cognitivo?

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surplus cognitivo, che altrimenti, restando inutilizzato, avrebbe surriscaldato la società. Adesso però stiamo per metterci tutto questo alle spalle. Per la prima volta il surplus cognitivo viene usato per la crescita della società: in modo collettivo, sistematico e non sporadico. Grazie a Internet».

volontariato, per esempio.

«L’enorme differenza è che Internet permette di sfruttare su scala globale e di massa un uso positivo del surplus. Tutti possono farlo, da casa, nei modi e nei ritagli di tempo a ciascuno più congeniali. L’esempio più noto è Wikipedia, l’enciclopedia a cui Eppure modi diversi, socialmente utili, di usa- tutti possono contribuire, su base volontare il tempo libero c’erano anche prima: con il ria. Ma è solo la punta dell’iceberg. Altri

L’espresso

Foto: Corbis, S. Dhanda - Camerapress / Contrasto

«È il tempo libero aggregato di tutte le persone nel mondo civilizzato. Lo immagino come una risorsa globale enorme, che si è prodotto grazie all’evoluzione della società e del lavoro. I nostri padri e nonni si sono trovati di colpo a dover gestire, individualmente, qualcosa che nei decenni e secoli precedenti era il lusso di pochi eletti: il tempo libero. Ma il 99 per cento di questa risorsa è stato sprecato di fronte alla tivù, che nella società ha svolto la funzione simile a una ventola dissipatrice. Ha dissipato il

esempi sono collaborare a un progetto di software open source, pubblicare on line un libro, magari in creative commons, o partecipare a un’iniziativa sociale basata sul web. Ma non dobbiamo pensare solo a cose serie e complesse. Stiamo sfruttando meglio il surplus cognitivo anche se aggiorniamo il nostro blog, se mandiamo un commento qualsiasi su Twitter o su Facebook.

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Perché così interagiamo, stimoliamo una conversazione. Il tempo passato di fronte a una sitcom invece vola via sprecato». Quali sono gli esempi più importanti, ma poco noti, di utilizzo del surplus?

«A me piace la storia di una ragazza del Kenya, Ory Okolloh. Nel 2007 ha aperto un blog per parlare delle contestazioni delle elezioni presidenziali. È stata sommersa dai

Si differenzia dal classico copyright: ciò che è in CC può essere condiviso più liberamente tra gli utenti. Lo scopo è migliorare la circolazione delle idee. OPEN SOURCE

Tanti sviluppatori indipendenti, nel mondo, scrivono il codice di

commenti dei visitatori. Ha quindi creato uno strumento Web con una mappa dove chiunque poteva segnalare, anche via sms, disordini e violenze. Ancora: un movimento nato da un gruppo su Facebook preme perché le donne siano libere di andare nei bar in India. Molti sanno l’importanza avuta da Twitter per organizzare e testimoniare la protesta in Iran, contro le elezioni presidenziali, e lo stesso è stato fatto dai movimenti giovanili in Corea del Sud. Un professore brasiliano, Vasco Furtado, ha creato invece una mappa Wiki dei crimini in Brasile. Chiunque può segnalare un delitto sulla mappa, sul Web. Come si vede, Internet in questo caso migliora uno scambio di in-

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TECNOLOGIA Ci sarà sempre un che tutti gli articoli gruppo di entusiasti cola di Wikipedia, in tutte le lingue, siano costati 100 che farà qualcosa milioni di ore. Solo negli per la collettività Usa si spendono 200 miliardi di ore in un angrazie a Internet no, di fronte alla tivù. Delle quali 100 milioni solo a vedere la pubblicità. Gli utenti Internet mondiali trascorrono circa mille miliardi di ore davanti alla tivù in un anno. Se solo ne dedicassero l’1 per cento a progetti collettivi via Web, avremmo l’equivalente di altre cento Wikipedia».

Studentesse manifestano a Teheran. Sopra: una Coffee House in India

Cosa si può fare per sostenere questo fenomeno?

«Dobbiamo creare una cultura che incoraggi questo tipo di iniziative, affinché partecipare a Wikipedia o cose simili diventi una virtù del singolo socialmente riconosciuta. Cambiare le cose spetta a ciascuno di noi: per la prima volta, c’è una scelta etica dietro il modo in cui usiamo il nostro tempo libero. Serve un supporto anche da parte della politica, che sostenga con nuove norme o fondi pubblici la condivisione di informazioni».

programmi che poi sono dati alla collettività, per vari scopi. Uno degli esempi è Ubuntu, sistema operativo alternativo a Windows, gratuito e basato su Linux. Per esempio serve alle scuole di Paesi in via di sviluppo per dotare gli studenti di pc a basso costo.

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MAPPE SOCIALI

Uno dei principali esempi di mappe con finalità sociale è il progetto Ushahidi. È un sito con una mappa che raccoglie le segnalazioni degli utenti in situazioni di crisi: dove ci sono disordini, emergenze, bisogno di aiuto. È partito sull’onda delle proteste in seguito alle

Ma la politica potrebbe mettersi di traverso, riuscendo a dissipare di nuovo il surplus cognitivo. In Italia ora c’è un dibattito su alcuni tentativi di trasformare Internet, a forza di decreti, in una nuova tivù.

«Il surplus non sarà mai più interamente sprecato, come avvenuto in precedenza. Ci sarà sempre un piccolo gruppo di entusiasti che farà qualcosa per la collettività grazie a Internet. L’enigma è se il fenomeno coinvolgerà anche la gente comune. Non sarà così se i governi decideranno di non poter tollerare una cittadinanza troppo attiva e impegnata, e quindi se ostacoleranno la partecipazione a progetti collettivi sul Web». ■

elezioni keniote del 2007, ma di recente è servito anche per coordinare i soccorsi per i terremoti di Haiti e del Cile. SOCIAL NETWORK

I social network stanno assumendo un crescente ruolo sociale, spesso in chiave di protesta politica.

Di recente è capitato anche in Italia, con un gruppo su Facebook per protestare contro la legge bavaglio sulle intercettazioni. Twitter è servito più volte in situazione di crisi: nel 2008 durante gli attacchi di Mumbai per coordinare i soccorsi; nel 2009 in Iran per supportare le proteste politiche.

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: Corbis (2)

formazioni che c’è sempre stato, su quali sia- nell’attuale cultura medica è nascosta da un no le strade più pericolose in una città». velo. Magari in Occidente questo fenomeSi possono immaginare, anche nell’Occidente no si scontrerà con il preponderante indivievoluto, modi innovativi di usare il surplus? dualismo che si accompagna alle economie «Ovunque ci sono problemi che possono neoliberiste. Chissà come andrà a finire: essere risolti o alleviati con il lavoro collet- l’innovazione del surplus cognitivo da noi tivo via Internet. Nel Sud Italia il gruppo potrebbe essere frenata dalla cultura indiAddio Pizzo si è servito anche del Web per vidualistica oppure potrebbe contribuire a organizzarsi e denunciare i mafiosi. In futu- cambiarla». ro mi aspetto che il fenomeno si estenderà Un’altra obiezione è che da noi il tempo libero è alla medicina. Sarà comune, per i malati messo sempre più alle strette dal lavoro. cronici, condividere in community i propri «Ho sentito quest’obiezione spesso, persisintomi, l’elenco delle medicine assunte e i no da un commentatore televisivo americarisultati ottenuti. Questo favorirà la ricerca no che mi ha chiesto: “Ma dove trovano il scientifica ma anche ci permetterà di capi- tempo gli utenti di Wikipedia o i gestori di re meglio la sofferenza delle persone, che un blog?”. Mi sono messo a ridere. Si cal-


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U

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Foto: Corbis (2)

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Dopo una recente sentenza negli Usa sono sorti grossi dubbi sulle possibilità future di usare Internet con la stessa libertà di oggi. Una corte Usa, infatti, ha appena dato ragione agli operatori contro Fcc (l’Authority tlc nazionale). Fcc stava elaborando una normativa d’avanguardia per proibire agli operatori di manipolare il traffico Internet passante nelle proprie reti. Cioè, per esempio, di rallentare il download di musica e di accelerare altri servizi, più proficui (come la tv sul Web o le video chiamate). La corte ha stabilito però che Fcc non può mettere il naso nel modo con cui gli operatori gestiscono il proprio network. Forse le parti troveranno un compromesso, ma il principio fa temere nuovi limiti. A.L.

“Normattiva” è l’ultima creatura del ministro per la semplificazione Roberto Calderoli: un portale attraverso il quale i cittadini dovrebbero finalmente avere accesso alle leggi vigenti. Verrebbe da congratularsi con Calderoli per aver finalmente compreso che un Paese civile e democratico non può punire i cittadini che non rispettano le leggi senza prima essersi preoccupato di porli in condizione di conoscerle. A sfogliare le pagine di Normattiva, tuttavia, tale tentazione si spegne immediatamente. Una prima avvertenza pubblicata sul sito, infatti, informa che «I testi sono disponibili agli utenti al solo scopo informativo. La raccolta, per quanto vasta, è frutto di una selezione redazionale. La presidenza del Consiglio dei ministri e l’Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, non sono responsabili di eventuali errori o imprecisioni, nonché di danni conseguenti ad azioni o determinazioni assunte in base alla consultazione del portale». Lo Stato, dunque, non è in grado di garantire che le leggi scritte

in Parlamento e pubblicate dalla presidenza del Consiglio siano tutte e corrette. E chi dovrebbe garantirlo, quindi? Sul sito del ministero una risposta c’è: «L’unico testo ufficiale e definitivo è quello pubblicato sulla “Gazzetta Ufficiale Italiana” a mezzo stampa». Peccato solo che dal 1° gennaio 2010 la “Gazzetta Ufficiale” non venga (e per fortuna) più stampata. E tra l’altro la “Gazzetta” non ha mai contenuto il testo delle norme vigenti ma solo quello delle leggi appena approvate. Ma non basta. Un’altra avvertenza sul sito ricorda che le leggi più vecchie vigenti - tipo, solo per fare un esempio quella sulla stampa o sul diritto d’autore - non saranno on line prima dell’ottobre 2014. Certo, confrontarsi con la giungla di leggi italiane è complicato: ma renderle accessibili ai cittadini dovrebbe essere una priorità di ogni governo a costo di espropriare la proprietà intellettuale agli editori privati che, attualmente, custodiscono il patrimonio normativo italiano.

a cura di Alessandro Gilioli L’espresso 17 giugno 2010

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TECNO SHOP Squilli musicali Il Sony Ericsson Spiro Walkman è un telefonino quadriband dotato di connettività Edge. Pensato per la musica, ha un lettore integrato di brani digitali e l’uscita jack da 3,5 millimetri. Non solo: è dotato anche di Bluetooth stereo e radio FM. Applicazioni ad hoc per navigare su Facebook e Twitter. Intorno ai 100 euro. Info: sonyericsson.it.

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Fashion in cucina

Dal mare al deserto Si chiamano Camileo BW10 le nuove videocamere di Toshiba capaci di resistere all’acqua e alle intemperie: possono infatti essere usate anche sott’acqua e in forte presenza di sabbia e polvere. Garantiscono una risoluzione Full HD e hanno uno schermo Lcd da 5,1 centimetri. Con stabilizzatore video e zoom digitale 10x integrati, scattano foto. Circa 180 euro. Info: toshiba.it.

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Il risultato è una cucina caratterizzata da pensili che sono dei veri e propri accessori di bellezza: specchi dove far riflettere la propria immagine. Info: arrex.it.

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L’espresso 17 giugno 2010

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SALUTE IL PROBLEMA DELLE VACCINAZIONI

RAGAZZI DIFENDE TEVI COS∑

Morbillo e rosolia. Meningite e polmonite. Ma anche tetano e difterite. E persino cancro. Sono malattie che si possono prevenire col vaccino. Ma molti adolescenti non fanno i richiami e la copertura salta

DI LETIZIA GABAGLIO E CATERINA VISCO

revenire è meglio che curare. L’adagio quasi banale sembra non valere nel caso delle malattie per cui esiste un vaccino, almeno non per tutte, e soprattutto non nella stessa misura a Milano o a Palermo. D’altronde solo il 29 aprile scorso è stato sottoscritto dalla Conferenza Stato-Regioni il nuovo Piano Nazionale di Prevenzione dopo un buco di tre anni: l’ultimo approvato era quello del 2005-2007, poi più niente per mancanza di copertura finanziaria, e il Piano Sanitario Nazionale destina alla prevenzione, tutta la prevenzione, solo il 5 per cento delle risorse totali. Risultato: scarsa copertura vaccinale per salvavita come il vaccino contro la meningite o il morbillo. Situazione a macchia di leopardo e cattiva gestione delle campagne per convincere le adolescenti a proteggersi dall’Hpv, il virus responsabile del cancro della cervice uterina. E il fatto che ogni Regione decide per sé, magari, nel caso delle regioni in deficit soprattutto, con un occhio molto aperto sul costo delle campagne vaccinali. Così, se per le cosiddette vaccinazioni obbligatorie (difterite, tetano, poliomielite, epatite virale B) si riesce a raggiungere a livello nazionale un risultato in linea con quanto stabilito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, gli ultimi dati disponibili, quelli dell’Indagine di Copertura vaccinale Nazionale nei bambini e negli ado-

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lescenti (Icona) condotta dall’Istituto Superiore di Sanità, mettono a nudo la débâcle degli altri vaccini, i cosiddetti “raccomandati”. Anche quando esiste una precisa strategia di diffusione, come nel caso del vaccino contro il morbillo e la rosolia. Sebbene infatti, in accordo con gli obiettivi Oms, il Piano nazionale di eliminazione del morbillo e della rosolia congenita (Pnem) sia stato emanato nel 2003, a oggi il target non è ancora stato raggiunto. In Italia, a 15 mesi dalla nascita, ha ricevuto il vaccino che immunizza per entrambe le malattie solo il 90,2 per cento dei bambini; un dato sensibilmente inferiore a quel 95 per cento che è il valore necessario per interrompere la trasmissione della malattia. Con casi eclatanti come la Sicilia, dove risulta immunizzato solo l’81 per cento dei piccoli, o la città di Napoli con l’84,2, e il Lazio con l’85,4. Il massimo lo riescono a ottenere l’Abruzzo e la Valle d’Aosta con il 95,9 per cento. Sotto il livello di guardia anche la copertura contro il meningococco C e lo pneumococco. Di più, il Rapporto considera scarsa (inferiore al 50 per cento) l’adesione a queste vaccinazioni anche da parte dei cosiddetti soggetti a rischio, ragazzi particolarmente esposti alle malattie causate da questi patogeni - meningiti e polmoniti su tutte - a causa delle loro condizioni di salute, per i quali esiste peraltro una specifica raccomandazione a vaccinare. E il problema non riguarda solo i neonati: Icona fotografa per la prima volta anche la copertura vaccinale

Ogni regione fa a modo suo: ma le campagne vaccinali costano. E molti restano al palo

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degli adolescenti, registrando dati preoccupanti per quanto riguarda i richiami delle vaccinazioni obbligatorie. La 5° dose di vaccino contro tetano e difterite, prevista dal calendario vaccinale fra gli 11 e i 15 anni, viene effettuata solo da poco più del 50 per cento del campione, con estrema variabilità fra le diverse regioni. Il problema è che l’immunità contro queste due malattie diminuisce con il tempo e i richiami sono indispensabili per mantenere inalterata la difesa contro i patogeni. Eclatante il caso di Napoli con solo il 26 per cento dei ragazzi che completa i richiami, ma non sta messa tanto meglio neanche Milano con il 32,4, o la Calabria con il 33. I virtuosi in questo caso sono il Veneto (88,1 per cento) e la Basilicata (83,8). Non vaccinare i giovani non vuol dire mettere a repentaglio solo la loro salute, ma anche quella dell’intera comunità. Come ha dimostrato tristemente l’ultima epidemia di morbillo, verificatasi fra dicembre 2007 e giugno 2008: il maggior numero di casi è stato registrato tra adolescenti e giovani adulti non vaccinati cresciuti in zone dove la vaccinazione dei nuovi nati è particolarmente di-

L’espresso

Il virus responsabile della rosolia

sattesa, per esempio in Campania. E il morbillo contratto in età adolescenziale può avere complicazioni maggiori, come poliomielite o disfunzioni del fegato. Ancora: ci sono giovani donne che affrontano la gravidanza senza aver acquisito l’immunità contro la rosolia. «Abbiamo registrato molti casi di donne in gravidanza che contraggono questa malattia con gravi conseguenze sul bambino», spiega Stefania Salmaso del Centro Nazionale Epidemiologia dell’Iss: «Soprattutto

17 giugno 2010

ci sono donne al secondo o terzo figlio non ancora immunizzate; il che vuol dire che il servizio sanitario ha fallito completamente nel suo compito di prevenzione». Come è stato possibile arrivare a creare una così forte disomogeneità fra i servizi offerti ai cittadini? Come detto, per mancanza di fondi e coordinamento. Per capire a cosa un ragazzo abbia diritto ci si deve rifare alle misure prese dalle singole regioni.«Esiste troppa differenza sul territorio», sottolinea

preoccupato Giuseppe Mele, presidente della Federazione italiana medici pediatri: «Per noi è fondamentale che si diano le stesse opportunità di salute a tutti i bambini. È necessario creare e mantenere un quadro nazionale omogeneo». Riepilogando: in Italia sono obbligatori quattro vaccini da somministrare ai bambini nel primo anno di vita: antidifterico, antitetanico, antipolio inattivo (Ipv) e antiepatite B. «Ma bisogna considerare che l’obbli-

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SALUTE

Esposti alla meningite

Gratis a 12 anni

Situazione regionale vaccinazione anti-HPV

Il vaccino è disponibile dal 2008, ma a oggi solo una giovane su quattro è protetta dal tumore della cervice

VENETO

NOVE SCUDI CONTRO IL KILLER Ci sono nove proteine che possono difenderci da Escherichia coli. Uno studio italiano, condotto dal team di Rino Rappuoli presso Global Head of Vaccines Research della farmaceutica Novartis, ha confrontato i genomi del batterio E.coli responsabile della meningite con altri ceppi patogeni e non patogeni, trovando ben 230 proteine comuni a tutti. Di queste, nove sono risultate essere protettive nei confronti delle infezioni e potrebbero essere usate per sviluppare un vaccino ad ampio spettro. C. Vis.

parte dei cittadini e quindi nella scelta di vaccinarsi o vaccinare il proprio figlio, o meno», spiega ancora Salmaso. Se è obbligatorio sarà più importante, se è gratis anche, pensano del tutto legittimamente i genitori. Ne è un esempio il caso del Veneto: qui dal 2008 è stata sospesa l’obbligatorietà, tutti i vaccini sono raccomandati ma offerti attivamente e gratuitamente dal servizio sanitario. Con un investimento importante sulle campagne di sensibilizzazione. Risultato: il Veneto è nei primi posti di tutte le classifiche per copertura vaccinale. È questa quindi la strada da percorrere? «In futuro la vaccinazione sarà sempre di più una libera scelta del geni-

tore o del cittadino, ma questo può avvenire solo quando la regione crede e investe nella prevenzione e nella sanità pubblica», commenta Walter Ricciardi direttore dell’Istituto di Igiene dell’Università Cattolica di Roma: «Al momento non è però possibile replicare l’esempio del Veneto in tutte le altre regioni, si correrebbe il rischio di vedere diminuiti i livelli di vaccinazioni anche di quelle oggi considerate obbligatorie». E il rischio non è solo per la salute, ma anche per le tasche dei contribuenti, come dimostrano gli studi che mettono a confronto il costo delle vaccinazioni con quello necessario a curare le malattie che si potrebbero prevenire. «In

Polmoniti in agguato

Foto pagine 158-159: Image Source - Corbis, Spl - Contrasto Pagine 160-161: Everett Collection - Contrasto, Spl - Contrasto (2)

gatorietà è intesa da parte del servizio sanitario nazionale, che si deve impegnare a offrire queste prestazioni a tutti gratuitamente e non solo da parte del cittadino», sottolinea Salmaso. Da quando nel 2001 è stato introdotto il vaccino esavalente, che oltre ai quattro obbligatori contiene quello contro la pertosse e quello contro l’Hemophilus influenzae b, di fatto anche questi ultimi due sono in qualche modo “obbligatori”. E infatti la loro copertura è alta. Sono invece solo raccomandati i vaccini contro il morbillo e la rosolia, l’epatite A e, per le ragazze nel dodicesimo anno di vita, quello contro l’Hpv. Infine, alcuni vaccini sono disponibili, ma raccomandati solo per categorie considerate a rischio: quello contro lo pneumococco, il meningococco C e la varicella. Ciò che cambia da regione a regione e l’offerta. Che può essere attiva, il servizio sanitario cioè sollecita i genitori con campagne di informazione a far vaccinare i piccoli, o passiva; totalmente gratuita per tutte le vaccinazioni, solo per alcune, o parzialmente, chiedendo ai genitori di partecipare alla spesa. Politiche diverse, decise nell’ambito dell’autonomia in materia sanitaria, che incidono fortemente sul risultato finale. Così una famiglia di Perugia non dovrà pagare nulla per le vaccinazioni, anche per quelle raccomandate o solo disponibili, così come una di Venezia; a Roma invece il vaccino contro morbillo e rosolia è gratis ma quelli contro meningococco C e pneumococco si pagano in parte a meno che il bambino non sia affetto da altre malattie o frequenti l’asilo nido. «Queste diversità si riflettono nella percezione dell’importanza delle vaccinazioni da

generale i vaccini sono tra le tecnologie a più alto valore di costo-efficacia», spiega Ricciardi: «Per esempio, rispetto alle spese sostenute per curare le meningiti, le polmoniti e le otiti provocate dallo pneumococco il vaccino permette di risparmiare moltissimo». Un risparmio che non potrà che aumentare visto che da quest’anno il vaccino attualmente in uso, che contiene 7 sierotipi diversi di patogeno, verrà sostituito da presidi a più ampio spettro (con 10 o 13 ceppi diversi). Per investire nei vaccini «ci vuole una classe politica con un’alta etica sanitaria, in grado virus del morbillo. di vedere lontano», conclude Ricciardi. Non IlSopra: una scena di esattamente quello che si vede in giro. ■ “Gossip Girl”. Sotto: Hpv

L’INIEZIONE ANTICANCRO Il tumore al collo dell’ utero vanta un primato, quello della prima forma di cancro per cui è stato possibile lanciare una campagna di prevenzione con un vaccino. L’obiettivo si raggiunge per

via indiretta: si eliminano alcuni ceppi di Hpv (Human papilloma virus), il virus responsabile della degenerazione del tessuto uterino la cui presenza è associata con lo sviluppo del tumore nel 70-80 per cento dei casi. Il risultato è una protezione alta contro lo sviluppo del tumore. Al momento esistono due vaccini: uno quadrivalente, che colpisce cioè quattro ceppi di Hpv e uno bivalente, indirizzato solo

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contro due ceppi, che ha però dimostrato di offrire una protezione anche nei confronti di altri tipi. L’Italia dal 2007 ha inserito questo presidio fra quelli offerti dal Sistema sanitario nazionale per le ragazze di 12 anni. Una decisione presa a livello nazionale che, nelle diverse regioni, ha trovato un’applicazione a dir poco eterogenea. Per ottenere l’attivazione del servizio su tutto il territorio c’è voluto più di un anno e l’obiettivo è stato raggiunto solo nell’ottobre 2008. Ovunque possono ottenere il vaccino gratis solamente

le ragazze nel dodicesimo anno di vita che vengono avvisate a scuola dell’opportunità (offerta attiva), per il resto ogni amministrazione locale fa come vuole (come indicato nella tabella). Insomma, non tutte le ragazze italiane sono uguali davanti all’Hpv. Non solo: perché sia efficace sono necessarie tre dosi di vaccino. E, in assenza di un’azione di richiamo attiva delle autorità sanitarie, molte ragazze non si presentano

alla seconda iniezione col risultato di azzerare l’azione protettiva. Come dimostrano gli ultimi dati raccolti dall’Istituto superiore di sanità: a un anno dall’introduzione del vaccino, nelle dodicenni, la copertura a livello nazionale della prima dose supera di poco il 60 per cento ma se consideriamo tutte e tre le dosi si scende al 26,7. La strada per raggiungere l’obiettivo del 95 per cento entro cinque anni sembra decisamente in salita.


SALUTE ALLERGIE di Aldo Conti

MAI RINUNCIARE AL LATTE

n gruppo di medici del National Institutes of Health statunitense ha concluso che anche le persone che soffrono di intolleranza al lattosio, uno zucchero contenuto nel latte, non dovrebbero rinunciare completamente a latte e derivati, che sono ricchissimi di nutrienti estremamente importanti. L’intolleranza al lattosio, che si stima colpisca circa il 40 per cento degli italiani, deriva dalla scarsa produzione di un enzima, la lattasi, che serve a digerire lo zucchero. Normalmente la produzione di lattasi nel corpo inizia a ridursi attorno al secondo anno di età e, in alcuni individui, scende al punto da provocare l’intolleranza. Purtroppo, senza latte a latticini nella dieta è però difficile soddisfare i nostri bisogni nutrizionali. Questi alimenti sono particolarmente ricchi, tra le altre cose, di calcio, di vitamina D, estremamente importanti durante l’età dello sviluppo per garantire una buona salute delle ossa in tutto il resto della vita, e di potassio. La buona notizia, riferisce Robert P. Hea-

U

Cuore & viaggi

Foto: Corbis (2), Spl - Contrasto

Meglio il treno I viaggi aerei possono aumentare il rischio di aritmia negli anziani che soffrono di cuore. È la conclusione di uno studio presentato alla American Heart Association da Eileen McNeely, della Scuola di Sanità Pubblica della Harvard School di Boston. La ricerca ha osservato cosa accadeva a un gruppo di persone immesse in una camera ipobarica, che simulava l’ambiente in cui si trovano i passeggeri di un aereo che viaggia a 7000 piedi, per un periodo variabile da due a cinque ore, e si è visto che i sintomi legati alla comparsa di battiti irregolari erano più elevati nelle persone sofferenti di cuore. «Volare a 8000 piedi non dovrebbe avere alcun significato per chi è giovane e sano, ma negli anziani e nei cardiopatici la situazione va controllata», è stato il commento della McNeely. Federico Mereta

L’espresso 17 giugno 2010

ney, è però che anche chi soffre di intolleranza non deve bandire latte e derivati dalla propria dieta. In realtà, 12 grammi di lattosio al giorno, il contenuto di una grande tazza di latte, sono normalmente tollerabili da chiunque senza problemi o, al massimo, con sintomi molto lievi. Il suggerimento dei medici è comunque quello di assumere questi alimenti in piccole dosi frequenti e, possibilmente, mai a stomaco vuoto. Per i bambini, per esempio, una piccola tazza di latte insieme alla meren-

Sotto, a sinistra: graphic del cuore; in basso: coltivazioni di peperoncino in India

da è sicuramente una buona idea. Eventualmente, si può stare lontani dagli alimenti più ricchi di lattosio, come il latte stesso, lo yogurt e i formaggi freschi. Più indicati sono quindi i formaggi stagionati. Un ulteriore alternativa è rappresentata anche dal latte a basso contenuto di lattosio, ormai facilmente reperibile sul mercato, che mantiene inalterato il contenuto nutrizionale. E nei casi più gravi, pur di non rimanere lontani dal latte è preferibile assumere pastiglie di lattasi, che permettono normalmente di digerire senza problemi circa 5 grammi di lattosio.

Nuove diete

PEPERONCINO BRUCIAGRASSI Chi vuole perdere peso può provare ad aggiungere peperoncino alle pietanze, perché la capsaicina in esso contenuta aumenta la temperatura corporea e in tal modo accelera il metabolismo, l’ossidazione dei grassi e il dispendio energetico. Per questo potrebbe arrivare sul mercato un prodotto simile alla capsaicina ma privo del sapore piccante, il diidrocapsiato o Dct, oggetto di uno studio dei dietologi del Center for Human Nutrition dell’Università di Los Angeles che hanno chiesto a una trentina di persone che avevano deciso di seguire una dieta ipocalorica liquida per un mese di assumere anche una pillola di Dct o di placebo, e sono andati poi a verificare la temperatura corporea dopo ogni pasto. Hanno così scoperto che chi assumeva il Dct aveva un dispendio energetico circa doppio rispetto a chi prendeva il placebo, e che la differenza restava evidente per alcune ore dopo il pasto. Agnese Codignola


SALUTE BIOTECH di Caterina Visco

Organi fotocopia

Una scena del film “Sex and the City 2”. A sinistra: graphic di un fegato

Strategie antirughe

le reazioni ormetiche cellulari, a Roma, in occasione del congresso della Società italiana di medicina estetica. Dottor Rattan, cos’è l’ormesi? «Le cellule, stimolate da stress di tipo COLLOQUIO CON SURESH RATTAN DI AGNESE FERRARA lieve, attivano i loro meccanismi riparatori Per combattere i processi di invecchiamento con effetti che vanno oltre alla riparazione del piccolo danno indotto. Ad esempio, di possono sfruttare alcuni meccanismi asi sanguigni, cartilagini, pelle o naturali che l’organismo adotta aggiustando, dando alla cellula uno stimolo ormetico tessuto muscolare e in un futuro che attiva appena il 30 per cento della di volta in volta, acciacchi e decadimento. più lontano persino organi interisposta riparativa massima che la cellula Sono le risposte ormetiche (o risposte ri come reni o fegato. È quanto bifasiche, già note in tossicologia, secondo è in grado di suscitare dopo stress gravi, si possono apprezzare già notevoli benefici. si può ottenere dalla prima “bio-stampancui dosi basse stimolano una risposta, Noi abbiamo dimostrato che, sottoponendo te” commerciale in 3D messa a punto dagli dosi alte la inibiscono), ora al centro i fibroblasti della pelle ad uno stress leggero scienziati della Organovo di San Diego in dell’attenzione degli scienziati a caccia come quello causato da una temperatura di elisir di giovinezza. Di questo si occupa collaborazione con quelli dell’australiana di 40 gradi, cioè leggermente superiore Suresh Rattan, direttore del laboratorio di Invetech. Come funziona? Gli scienziati a quella corporea, migliora lo strato basale invecchiamento cellulare del dipartimento prelevano alcune cellule staminali dal midella cute, diminuiscono le ossidazioni di biologia molecolare alla università dollo spinale del paziente. Queste vengono e i danni alle proteine, Aumentano di Aarhus, in Danimarca, sperimenta poi fatte sviluppare nel tipo cellulare desila resistenza cellulare ai radicali liberi derato e raccolte a gruppi di 10e ai raggi ultravioletti di tipo B, i livelli di 30 mila in goccioline da 100- Fitness enzimi antiossidanti e gli scambi cellulari». 500 micron di diametro. ConGli studi si concentrano sulle ormetine. temporaneamente una seconda Di cosa si tratta? Cinque minuti di attività fisica all’aperto. testina da stampa deposita «Ad oggi se ne conoscono circa novecento. un’impalcatura costituita da un Tanto basta per migliorare umore e benessere. Si tratta di un ampio spettro di classi Che sia una passeggiata, un po’ di giardinaggio idrogel di zuccheri. Le gocciolichimiche e agenti fisici capaci di scatenare o di pesca, non importa. Lo rivela uno ne sono usate dalla macchina piccoli insulti a fin di bene. In generale studio pubblicato su “Environmental Science come “inchiostro” e depositate & Technology” da Jules Pretty e Jo Barton che l’attività fisica moderata è un antietà nella corretta posizione sull’im- sono stati i primi a individuare la dose minima garantito proprio perché provoca risposte palcatura. A guidare è un soft- di attività fisica immersi nella natura sufficiente di tipo ormetico Nel campo alimentare ware che permette di costruire a ottenere effetti benefici le spezie come curcuma, pepe e tè nero, cioccolato scuro, un modello del tessuto prima di sulla salute mentale. lattuga, arance, spinaci, mirtilli. iniziarne la realizzazione fisica. I due ricercatori hanno Polifenoli, zinco e micronutrienti. I primi modelli di bio-stampan- scoperto che, a prescindere Anche la meditazione produce te saranno messi a disposizione dall’attività, sono i giovani effetti ormetici riconosciuti». di vari istituti di ricerca. E ini- e le persone con problemi Esistono ormetine antirughe? zialmente i ricercatori lavore- mentali a ottenere «Le ormetine sono il futuro ranno su tessuti semplici, come i maggiori benefici del ringiovanimento cutaneo. Parlo la pelle, i muscoli o i vasi sangui- dall’esercizio all’aria aperta. dell’adenina modificata, dell’acido Ma, anche se in misura gni. Ma l’obiettivo di Keith retinoico, dei derivati imidazolici minore, tutti hanno riportato Murphy presidente della Orgae di molti antiossidanti quando, in novo, è che entro cinque anni, le un aumento del benessere. realtà, agiscono come pro-ossidanti Pretty e Burton hanno sue bio-stampanti possano rie quindi sono dotati di capacità scoperto, inoltre, che, fornire i cardiochirurghi dei vaormetiche. Entro giugno in Francia si sostitutivi necessari nelle ope- se all’ambiente verde se ne si prevede la vendita della aggiunge uno blu (un lago razioni di bypass. prima crema antirughe ormetica». o una piscina) gli effetti

L’elisir è a piccole dosi

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positivi sono ancora più marcati. C. Vis. 164

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: Everett Collection - Contrasto, Spl - Contrasto, Corbis

ALL’ARIA APERTA


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Società MANAGEMENT

NON CHIAMATEMI PI∫ BOSS

Stile forte e carisma da leader, come Obama. Pragmatismo senza esibizionismi, modello Merkel. E rapidità nel prendere decisioni. Capacità di fermarsi quando è giusto riflettere. Si aggiornano le doti di un manager. Ora più umane per fare i conti con la crisi e dirigere aziende vincenti COLLOQUIO CON HENRY MINTZBERG DI ANTONIO CARLUCCI «Un buon manager si riconosce subito. Basta osservare se è dotato di buon senso, se sa che cosa sta accadendo intorno a lui, se è solidale con chi gli è accanto». Henry Mintzberg, professore di management Studies alla McGill University di Montreal (Canada), inserito tra i 50 più importanti pensatori del mondo del business, studia l’universo dei manager da quasi 40 anni. Non solo da un punto di vista teorico, ma anche nella pratica: nel senso che per le sue ricerche e i suoi studi trascorre tempo con manager di varia estrazione, ruolo e incarico verificando da vicino attitudini e comportamenti. Come ha fatto anche per il suo ultimo lavoro appena pubblicato in Italia. In “Il lavoro manageriale” (Franco Angeli editore) ci sono anche una cinquantina di pagine che ospitano le storie di otto manager raccontati da vicino: dal direttore di orchestra all’amministratore delegato di una banca, dall’infermiera caposala al responsabile di un parco nazionale, al direttore di un settore di una industria aerospaziale. Il presidente Barack Obama e il Marine One; Steve Jobs di Apple; Indra Nooyi. In alto: Henry Mintzberg

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Il potere dell’intuito Sanno ascoltare. Condividono, più degli uomini, l’analisi dei problemi. E sintetizzano prima. Le donne al top vincono per rapidità e intuizione

COLLOQUIO CON FEDERICA GUIDI DI STEFANO VERGINE «Che cos’abbiamo in più rispetto agli uomini? Meno tempo». Federica Guidi, vice presidente e direttore generale di Ducati Energia nonché presidente dei Giovani di Confindustria, è l’esempio italiano di donna manager. Nata con le responsabilità cucite sulla culla, questa 41enne modenese figlia unica del patron di Ducati Energia, Guidalberto Guidi, è convinta che la dote essenziale per un buon manager sia il dinamismo. Eppure un guru come Henry Mintzberg dice che proprio adesso, con le tecnologie che hanno velocizzato all’estremo i ritmi di vita, diventa essenziale la capacità di fermarsi a riflettere. «Certo, ma al contempo il dinamismo mentale è diventato fondamentale. Un buon manager deve sapersi scegliere

i collaboratori, perché la rapidità che ci è imposta comporta la necessità di delegare». Lei è brava a farlo? «Penso di avere una discreta capacità». Poi ascolta i suoi collaboratori? «Cerco di farlo, la decisione finale è mia». Più donne o uomini tra i collaboratori? «Ducati Energia è un’azienda ad alto tasso maschile (l’azienda è specializzata nella produzione di componenti elettromeccanici per motori, ndr.), ma tra le mie collaboratrici c’è una maggioranza femminile. Stesso discorso in Confindustria. La teoria secondo cui fra donne c’è maggior competizione che fra gli uomini mi sembra un cliché piuttosto banale. Io con le donne mi trovo meglio». Perché? «Nella vita di una donna la variabile tempo

è molto importante, e questo le porta ad avere uno stile più asciutto, incisivo. In generale le donne sono capaci di condividere con i collaboratori l’analisi dei problemi e cogliere la sintesi più rapidamente degli uomini. E poi, per una sorta di darwinismo sociale, i posti al comando per le donne sono pochi: chi ci arriva deve essere veramente brava». Lei, però, è diventata direttore generale di un’azienda presieduta da suo padre. «Mio padre mi ha sempre detto che il posto in Ducati Energia non mi spettava di diritto. Me lo sono guadagnato iniziando dalla produzione, dove ho lavorato un anno e mezzo per capire cosa fosse un tornio e una fresa. All’inizio c’erano facce perplesse intorno a me, ma quando hanno visto la mia dedizione al lavoro penso si siano ricreduti».


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Società L’espressione “top manager”? Da abolire. Manager non è chi sta al vertice. Ma chi ha esperienze da senior Professor Mintzberg chi è un manager?

«Chiunque sia a capo di una parte di organizzazione o dell’intera organizzazione, chiunque abbia la responsabilità delle persone che lavorano in un qualsiasi settore».

Foto pagine 166-167: A. Brandon - AP / Lapresse, J. G. Mabanglo - Corbis, D. Johnson - Corbis Outline, CuCCuru - Imagoconomica. Pagine 169: M. Assalin - Corbis Outline, J. Decow - AP / Lapresse

Quando sentiamo la parola manager, immediatamente c’è la tendenza a pensare ai top manager, a coloro che stanno al vertice di grandi società industriali, commerciali e finanziarie. È giusto?

«Se fosse per me bandirei, anzi eliminerei l’espressione top manager. Il manager non sta al top, al vertice, di nulla se non della scala gerarchica. La sola differenza può essere quella del livello retributivo. Io preferisco parlare di senior manager e manager più giovani. Quello che distingue le loro funzioni è il tipo di relazioni e connessioni che hanno all’esterno del gruppo che dirigono. Le faccio un esempio per spiegarmi: il primo ministro italiano Silvio Berlusconi parla con il presidente degli Stati Uniti Barack Obama, mentre il ministro dell’Economia, della Difesa o della Sanità del governo italiano parla con Berlusconi ma non parla con Obama».

Soluzioni senza confini Li chiamano “ibridi”: nati e cresciuti in culture lontane. Con la mentalità più adatta ad affrontare le continue trasformazioni di oggi

COLLOQUIO CON KEYVAN SANGELAJI Li chiamano “ibridi”: sono i manager nati lontano dal posto di lavoro, cresciuti in culture differenti e per questo capaci di adattarsi alla velocità della società globalizzata dove i confini (mentali) possono diventare invalicabili. Gente come Indra Nooyi, nata in India e diventata presidente di PepsiCo, uno dei simboli del consumismo statunitense. O come Keyvan Sangelaji, padre iraniano e madre livornese, oggi direttore vendite dell’italianissima Magneti Marelli Motorsport, la divisione specializzata in componenti elettronici per macchine da corsa. Asilo negli Stati Unti, elementari e medie in Iran, liceo a Livorno e università a Pisa, questo 46enne ingegnere elettronico è convinto che nel mondo di oggi il manager ibrido funzioni. Un evento in cui il suo essere “ibrido” l’ha salvata? «Appena si è capito che stava arrivando la crisi, i clienti hanno cambiato modo di acquistare: prima per avere un prodotto di qualità erano disposti a spendere molto, poi volevano solo risparmiare. Io credo di essere stato bravo ad adattarmi velocemente

alle loro esigenze, senza innamorarmi delle soluzioni che ero abituato a vendere». Come ha influito la cultura iraniana sul suo modo di essere manager? «Senza voler generalizzare, l’italiano è più sanguigno, mentre l’iraniano è particolarmente bravo a mantenere la calma. Inoltre, in Iran come in buona parte dell’Oriente, a nessun livello commerciale il prezzo è considerato un’unità rigida. Questo crea inevitabilmente una maggior propensione alla contrattazione, fattore molto importante anche qui quando bisogna comprare o vendere certi prodotti». Quali sono le caratteristiche dei manager cosiddetti “ibridi”? «Nel settore vendite conta soprattutto la capacità di seguire i cambiamenti del mercato. Il nomadismo culturale di chi è cresciuto in posti diversi comporta nomadismo di approccio: la capacità di adattarsi ai nuovi luoghi permette di adattarsi facilmente anche alle nuove situazioni». La flessibilità ha effetti collaterali? «L’eccessiva capacità di adattarsi alla domanda può far perdere la linea di sviluppo personale. Per un manager, saper dire di no resta comunque una qualità». S. V.

Come si distingue un buon manager da uno cattivo?

«Ho sempre pensato che i buoni manager sono persone equilibrate e dotate di senso comune. Nelle prime righe di “Guerra e pace” Leo Tolstoj scrisse che tutte le famiglie felici sono eguali e tutte le famiglie infelici lo sono nella maniera che scelgono. Ecco, appunto, un cattivo manager ha mille modi di combinare guai, mentre uno bravo lo riconosci da lontano, dal buon senso con il quale prende le decisioni, dal modo di fare tranquillo con i suoi collaboratori».

L’espresso 17 giugno 2010

Richard Branson con dipendenti della Virgin. Sopra: Andrea Jung di Avon

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Società La tecnologia induce a scelte sempre più rapide. Un buon manager sa che serve tempo per riflettere

Ritiene preferibile un manager che mostra un basso profilo o uno che mostra il potere che gli è stato affidato?

«Mi fido maggiormente di chi non fa la ruota del pavone con l’incarico che ha. Per esempio, ritengo che Angela Merkel governi la Germania meglio di quanto Berlusconi faccia con l’Italia. Purtroppo al mondo, e non solo in politica, ci sono troppi narcisisti e troppi egocentrici in posizioni di responsabilità».

si a quello che ti accade intorno senza interruzioni». Considera questo cambiamento tecnologico un aiuto o un problema in più per chi è responsabile della gestione di una società o un ufficio o un settore?

«Normalmente, tende a centralizzare i poteri in modo che le decisioni possano essere attuate con maggiore rapidità. E sicuramente diventa molto più attento agli eventi che si succedono. Per farle un esempio, nella politica, la scelta di Barack Obama di volare nei luoghi del disastro del Golfo del Messico è un modo di reagire positivo da parte di un manager. C’è una crisi? Bene, io sono presente».

Sopra: Sergio Marchionne, amministratore delegato di Fiat

eguale. Quello che, invece, si è modificato profondamente negli ultimi 15-20 anni è la tecnologia. Internet, le e-mail, i telefoni Lei studia questo mondo da 40 anni. Che cosa cellulari, i blackberry hanno reso tutto più è cambiato nel modo di essere manager? frenetico. La velocità domina i processi «Nulla di fondamentale, la gestione di decisionali. Penso che la cosa peggiore siauna impresa di qualsiasi tipo è sempre no le e-mail che obbligano a essere connes-

Per un’azienda sostenibile Scelte etiche. E l’ambizione di dare una mano concreta all’ambiente. I nuovi manager guardano all’efficacia prima che all’efficienza

COLLOQUIO CON PAOLO RICOTTI Aziende sostenibili, lavori sostenibili, manager sostenibili. Affinché l’abuso non svuoti di senso l’aggettivo, vale la pena fare due chiacchiere con Paolo Ricotti, presidente e fondatore di Planet Life Economy Foundation, un’associazione senza scopo di lucro nata nel 2003, quando ancora di questi temi si parlava poco. Ricotti ha 63 anni, una laurea in economia e un passato multinazionale. Per 18 anni ha lavorato in Nestlè, diventando amministratore delegato di Perugina. Poi ha trascorso cinque anni alla guida del gruppo Heineken Italia e altri cinque come leader del gruppo Coin. Dalle multinazionali a una onlus: perché? «A 55 anni avevo raggiunto i miei obiettivi professionali. Mi sono detto: se hai dignità e una buona esperienza alle spalle, vale la pena metterle a profitto, ma stavolta non solo dal punto di vista economico». Come fate a unire etica ed economia? Un esempio... «Insieme a Crai abbiamo messo a punto un sistema di distribuzione compatibile. In sostanza abbiamo eliminato gli imballaggi

della merce introducendo il dispenser: invece di consumare ogni volta una bottiglia di plastica per l’acqua, il consumatore va al supermercato e ricarica il suo contenitore da un distributore. Funziona anche per le bibite, per la birra e per alcuni cibi secchi». Cura per l’ambiente e per le persone da una parte. Ricerca del prezzo sempre più basso dall’altra. Che cosa è davvero sostenibile? «Entrambi i modelli, dipende dalle caratteristiche del produttore. I giganti globali non possono evitare di delocalizzare per trovare un prezzo sempre più basso. Ma questa strategia non funziona per i piccoli produttori, in particolare quelli che vendono qualcosa di autentico, originario del territorio. Ognuno deve puntare sulle proprie specificità». Quali sono quelle del manager sostenibile? «Sapere che l’efficacia conta più dell’efficienza. Pensi a un imprenditore informatico che decide di esternalizzare la ricerca. All’inizio la mossa si rivelerà valida, perché i costi si abbasseranno. Ma l’imprenditore sa che a lungo termine perderà il cuore della sua azienda». S. V.

«Potrebbero esserci dei problemi. La tecnologia dà l’impressione che tutto debba avvenire velocemente, di corsa. Invece, un manager deve muoversi e decidere con rapidità quando è necessario farlo, ma non sempre. Ci sono momenti in cui fermarsi a riflettere è obbligatorio: quello è il momento di non guardare più le e-mail, di staccare blackberry e telefonino. Capisco che tutti questi oggetti tecnologici sono fantastici, aiutano a comunicare meglio con gli altri, ma possono essere pericolosi e possono distruggere il modo di gestire perché ti trasformano in un soggetto troppo frenetico. Insomma, rischiano di farti diventare matto e di farti prendere decisioni sbagliate». Che cosa pensa delle scuole di management, della larghissima offerta di corsi, diplomi, master, lauree in management? Sono luoghi dove davvero si preparano i futuri manager?

«Ho parecchi dubbi sulla loro efficacia perché gli insegnanti sono spesso troppo giovani. Il management non è una scienza teorica, è una pratica che tu impari nel concreto del lavoro e non con lo studio in una classe. Quello che si può fare è portare a scuola dei manager per aiutarli a migliorare le loro capacità professionali e far imparare loro sulla base della esperienza che hanno fatto, riflettere con loro sugli errori e sulle scelte che si sono rivelate più giuste. Qui alla McGill University abbiamo due programmi che sono dedicati a persone che messe insieme si scambiano le esperienze fatte per apprendere esperienze diverse. E sono tutti manager giovani, intorno ai 40 anni». Un manager deve sempre avere qualità da leader?

«Tutti i manager dovrebbero essere leader e tutti i leader dovrebbero essere manager». ■

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: R. Frankenberg - Corbis Outline, F. Cavassi - AGF

Che cosa fa un manager in tempi di crisi come quelli attuali?


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Società Pitti Immagine Uomo 6

FASCINO MASCHILE Tessuti tecnici e materiali innovativi. Stili ricercati e tagli sartoriali. E incursioni nel mondo dell’arte. Informale o classico, il maschio sceglie la qualità DI ANTONIA MATARRESE La ripresa dei consumi di moda maschile in Italia è ancora piuttosto cauta, con un primo quadrimestre 2010 altalenante. Però, alcuni mercati esteri sono più rapidi e lasciano ben sperare: in Francia, per esempio, nel mese di aprile i negozi multimarca hanno registrato un più 5 per cento e anche negli Stati Uniti le vendite del comparto sono leggermente aumentate così come i consumi in Cina, Corea e negli altri paesi del Far East. Un’area geografica che nei prossimi dieci anni assorbirà almeno il 15 per cento della produzione moda nel settore lusso. È l’analisi di Raffaello Napoleone, amministratore delegato Pitti Immagine, alla vigilia della 78ma edizione di Pitti Immagine Uomo (Firenze, Fortezza da Basso, 15-18 giugno 2010). Cinquantanovemila i metri quadrati di superficie espositiva, quattordici sezioni lungo un percorso articolato che fa il punto sulla moda uomo della primavera-estate 2011 con tanti nomi nuovi e marchi che ritornano. «Apriamo questa rassegna con la consapevolezza dei sacrifici che le manovre sul bilancio pubblico imporranno al Paese ma anche con la certezza che la ripresa internazionale stia scaldando i motori delle nostre imprese», aggiunge Napoleone: «Se nel 2009 la recessione mondiale

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ha avuto forti ripercussioni sul fatturato moda made in Italy (le stime di Sistema Moda Italia parlano di un calo pari al 16,5 per cento), la nostra visione è che, la situazione, sia oggi meno buia. E, in questa direzione, va il contributo degli oltre 930 marchi presenti alla Fortezza da Basso (oltre il 30 per cento proviene dall’estero), selezionati per i loro contenuti di ricerca, qualità, innovazione. Senza contare i numerosi progetti speciali che saranno presentati in anteprima. Perché è proprio questo che si aspettano i 30 mila visitatori che attendiamo a Pitti Uomo: tanti stili per declinare la moda maschile».

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1. Si chiama Sky Jacket il giubbino antivento proposto da Esercito Italiano (tel. 035 4388511). Realizzato con tessuti ricavati da paracaduti dismessi, ha internamente la serigrafia con il libretto di istruzioni del paracadute; è disponibile in soli 300 capi. 2. Fa parte della Correct Line G-Star RAW (www.g-star.com), che ritorna a Pitti Uomo dopo una pausa di cinque anni, il look composto da giacca smoking nera, camicia e jeans slim cinque tasche. 3. Scollo a V e lacci regolabili alle maniche per la maglia in cotone di Daniele Fiesoli (tel. 055 8790143). 4. Selezionato per Design Watching “Lunge Chair CO3 Eugene”, design Stefan Diez per E 15, seduta in compensato flessibile di rovere. 5. Indaco e tessuto rigato per i bermuda della collezione Betwoin (tel. 081 3121111), rifiniti con cura sartoriale. 6. Scollo a V e particolare tintura a colori che ricordano le case mediterranee per la maglia Harmont&Blaine (www.harmontblaine.it). 7. Immagine rendering del nuovo concept del padiglione centrale realizzato da Patricia Urquiola: una sorta di department store con una disposizione più aperta degli stand per favorire un dialogo maggiore e più creativo fra i prodotti. 8. Camicia a righe, pantalone

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Società e giubbino in puro cotone, rifiniti a mano, della collezione Harry&Sons Cult (tel. 080 4971574). 9. Taglio sartoriale per la giaccamaglia lavorata su telaio lineare, con tasche a toppa, firmata Luca Roda (tel. 030 6871172). Disponibile nelle tonalità del blu oppure del grigio. 10. Sneaker alta in tessuto e pelle con disegni ispirati ai quadri di Keith Haring da Tommy Hilfiger (tel. 02 20241573). La collezione Tommy Hilfiger Footwear sarà esposta in anteprima nelle vetrine di Luisa Via Roma. 11. Tre modelli di camicia: in lino placcato con intrecci di tessuto, tinta in capo con collo morbido e in cotone garzato con interni a contrasto e collo button-down. Tutto di Ingram (tel. 02 8063141). 12. È firmato da Alba Gracia Neddermann e Lucia Ribes Clerigues il Sailor Proyect Transfiguracion proposto da North Sails (tel. 0185 2001): un dispositivo permette di alzare le squame di cui la giacca è ricoperta, mutandone il colore. 13. Si chiama Platone la field jacket proposta da Moorer (www.moorer.it): ha quattro comode tasche esterne e due interne, doppia chiusura con zip e bottoni ed è realizzata con un innovativo tessuto tecnico, dall’effetto setoso. 14. Taglio semisartoriale per la giacca destrutturata impunturata a mano in tessuto tecnico waterproof che non si sgualcisce di Piero Guidi (tel. 0722 59086). 15. Un omaggio alla musica “made in UK” la t-shirt stampata in jersey stone washed con bordi a contrasto di Fred Perry (tel. 015 2556411). 16. Si chiama Racer Shoe la sneaker con tomaia in vitello e inserto in tessuto tecnico proposta da PZero (tel. 02 644259402). Grazie agli occhielli di ventilazione garantisce massima traspirabilità. Sulla suola battistrada si trovano i dati tecnici della calzatura: misura, peso e materiale, in rilievo, come le caratteristiche di un pneumatico. Nasce così la “suola d’identità”. Disponibile nelle varianti bianco/blu/giallo fluo o bianco/blu/arancio fluo. 17. Design Watching è il tema generale di Pitti Uomo n. 78:

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18 un’incursione curiosa del mondo della moda in quello del design attraverso le suggestioni e gli appunti visivi/sonori/verbali raccolti da una pattuglia di design watchers, buyers, curatori, opinion leader. Nella foto, “Credenzastudiolo-mobile bar” disegnata da Robi Renzi per Renzi Vivian, in esclusiva per la Galleria Skillart. A fianco: l’artista Andrea Zittel ad A-Z West, 12 la sua casa-laboratorio nel deserto di Joshua Tree in California. L’artista americana è la protagonista della mostra “Between Art and Life”, in scena alla Galleria del Costume di Palazzo Pitti dal 18 giugno al 16 luglio. 18. Blu, sporcato di indaco e grattato dal sale marino, per il pickot della collezione Marina

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Andrea Zittel è una rivoluzionaria, di quelle vere. Celebrata nelle grandi occasioni dell’arte (da Documenta alla Biennali) e ora a Firenze da Pitti Discovery nella sua prima antologica italiana (18 giugno-16 luglio). Se la merita, questa guerriera della liberazione dal quotidiano, dalla corvé, da tutti gesti che ci opprimono anche quando non ce ne accorgiamo. Semplificare la vita, unire il lato estetico a quello pratico, non cadere nelle trappole di inutili forme e funzioni, e modificare le abitudini percettive e comportamentali sono tutti atti sovversivi. Per questo Andrea Zittel oggi è considerata una di quegli artisti radicali e necessari che mettono in crisi il mondo con due pezzi di compensato. Fu così che cominciò, nei primi anni Novanta, quando trentenne di buoni studi produsse “Living Unit”, una struttura indipendente con tutto quello che serve per vivere. «Abitavo a New York, in un grande disordine. Avevo bisogno di ripulire la mente e cominciai dal mio spazio. Ho ricostruito un mondo dove mettere solo quello che mi serviva veramente, riappropriandomi del paradigma moderno che unisce la semplificazione

formale a valori intellettuali e morali ». Se per vivere bastava così poco, una casascatola e il necessario, si poteva vivere ovunque: fatte armi e bagagli decise di sperimentare in prima persona la sua “Unit”, partendo per il deserto della California. Come il primo punto di una maglia all’uncinetto, (la metafora è sua) la “Living Unit” in pochi anni si è trasformata in una rete che tutto ha avvolto, creando mobili e accessori,oggetti, cibo vestiti e opere, metafore e verità. Ma soprattutto un luogo d’eccellenza: A-Z West, che sta per Andrea Zittel, ma anche “Administrative Service Zittel” e naturalmente dalla A alla Z, ovvero tutto. Una residenza utopica grande cinque acri persa sulla motorway 62 tra la Yucca Valley e la base militare di 29 Palmas. Un laboratorio che produce come un immenso pentolone tutto lo Zittel-pensiero e che in una continua ebollizione sforna abiti, arazzi, modi di vita che ci liberino dalla schiavitù del quotidiano. La garanzia che per quanto folli le sue invenzioni funzionino è data dalla stessa Zittel. Le prova tutte sulla sua pelle, l’autarchica Andrea. Compresa la convinzione che per essere davvero liberi bisogna usare un unico vestito, sempre lo stesso ma diverso da qualunque altro. Una seconda pelle, insomma. Lei ne ha uno, nero, fatto con le sue mani. «Un vestito da 6 mila dollari. Ma vale 6 mila dollari perchè fatto da me», dice. Un’opera d’arte, dunque. Perché all’identità di artista Andrea non ha mai rinunciato, rifiutando la definizione di designer, «condizionato da obblighi, committenti, mercato. Solo l’arte è libera», dice. 22 Ma forse si illude. Perché persino la sua rivoluzionaria creatura, inafferabile arte del comportamento e del vivere che vorrebbe suggerire come modello al mondo, è diventata una merce preziosa. Alessandra Mammì

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Tendenza safari Yachting 1972 (tel. 049 9323111). 19. Giubbino in nylon superlight, con tre inserti orizzontali, idrorepellente di A-Tech di Allegri (tel. 02 4225631). Il marchio 26 festeggia al Pitti Uomo l’introduzione del 2000° tessuto di ricerca dalla sua nascita con una mostra fotografica di Giovanni Gastel. 20. Haider Ackermann è l’ospite speciale della prossima edizione di PittiW_Woman: la sera del 16 giugno la Fondazione Discovery dedica un evento dal titolo “A Carte Blanche named OPIUM-Wardrobe for Men…& Women”, performance per l’esclusiva atmosfera barocca di Palazzo Corsini. 21. Giacca destrutturata in cotone con grandi e comode tasche di U.S. Polo Assn. (tel. 0572 7771). 22. È realizzata in leggerissimo cotone chambray la camicia azzurra proposta da Del Siena (tel. 0575 742230), con stampa interna a grossi pois. 23. Un ritratto di Raf Simons, direttore creativo Jil Sander, ospite speciale di Pitti Uomo n. 78: la maison presenterà in anteprima assoluta la menswear collection primavera-estate 2011. 24. Oggetti selezionati per Design Watching: nella foto, “Visitors” di Frederique Morrel, accessori ricoperti di tessuto lavorazione arazzo.

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Negli ultimi anni l’abito è uscito dal guardaroba quotidiano maschile, relegato in un ruolo istituzionale e usato solo nelle occasioni formali. Penso invece che, la reinterpretazione del classico completo, proposto con fit molto asciutto e magari indossato con la polo abbottonata al posto della camicia, possa essere l’idea vincente della primavera-estate 2011. I colori? Chiari, dal safari al camel... Parola di Brunello Cucinelli, imprenditore umbro, da anni affezionato espositore di Pitti Uomo. Ecco una mappa stilistica, punto per punto, del look maschile che verrà. Pezzi cult: immancabile, la field jacket, in tessuto tecnico, leggerissimo e dal minimo ingombro. C’è poi il giubbino in cotone-nylon dall’aria vissuta, seguito dal cardigan in fresco lino-cotone. Tessuti: sembrano scoloriti dal sole quelli in garza di lino o canapa mentre quelli più originali vengono trattati con enzimi speciali e tinture vegetali che li rendono più morbidi di una maglia. Anche il denim è “rifinito” manualmente con finissaggi sofisticati. Accessori: le borse per lui sono intese 29 come un invito all’arte di viaggiare leggeri. I dettagli e i volumi sono in primo piano: linee essenziali, spazi interni studiati per un utilizzo multifunzionale. Fra sacche e zaini compatti, spicca la urban messenger bag, una “postina” dall’allure metropolitano ma con un tocco retrò. Le calzature fasciano il piede come le francesine in vitello invecchiato con dettagli a contrasto, fanno stare comodi come le pantofole da dandy in camoscio colorato decorate da frange e fibbie personalizzate o sono versatili come i mocassini destrutturati e cuciti a mano. A. Mat.

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25. Giacca modello sahariana in cotone tinto in capo color verde-grigio di 1a Classe Alviero Martini (tel. 02 8312161). 26. Sneaker stringata in calf stonewashed e camoscio decolorato blu con tessuto ricamato della collezione La Martina (tel. 035 4995011). Il nome, Sylt, deriva da un’isola del nord della Germania dove si organizzano 32 frequenti gare di Polo, e dove è stato recentemente inaugurato un flagship store del brand. 27. Tessuto melange con toppe e interno polsi a contrasto per la camicia proposta da Xacus (tel. 0445 697000). 28. Per gli amanti delle due ruote il progetto Herno Bike-City and Scooter garments di Herno (tel. 02 8393199): si tratta di una field jacket dalle linee essenziali proposta in due varianti, Light, in tessuto tecnico effetto tela vela per i city biker e Strong, in cordura antiabrasione e antigoccia per i motociclisti. Hanno zip siliconate, coulisse regolabile, polsini in Lycra, tasca portacellulare trasparente, paragomiti estraibili e air bag. 29. Giacca sfoderata lavata in capo a tre bottoni della collezione Lardini (tel. 071 72281). 30. Giacca quattro tasche con pattine, in cotone effetto

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invecchiato, chiusa da zip e bottoni in corno, con coulisse in vita e sul fondo, alamari sulle spalle, soffietti sul retro e bandiera americana applicata sulla manica destra: la propone Historic Research (www.historicresearch.it) ed è una riedizione di quella indossata dal Maggiore William Martin, eroe della Liberazione. 31. Finissimo mohair che garantisce comfort e leggerezza per le giacche proposte dalla collezione Lubiam (tel. 0376 3091). I capi sono declinati in vari tessuti e disegni, dal Principe di Galles al damier moulinè, che conferiscono un’aria old style ma sempre informale. 32. Stile biker per il blouson di pelle lucidata con dettagli di borchie su spalle e vita della collezione MCS Marlboro Classics (tel. 0445 427411). 33. Stile navy con rigature di vari colori, colli ricamati, stemmi per il giubbino e la polo della collezione Paul&Shark (tel. 0332 828325). 34. Giacca in felpa con stampe e ricami di numeri e sigle tipiche delle divise sportive della collezione Virtus Palestre (tel. 0734 8991), marchio che affonda le proprie radici nel mondo dello sport. 35. Due maglie in puro cotone della collezione Bramante (tel. 0575 743111): la prima, a intarsio geometrico nelle tonalità del grigio, blu e celeste, ha fondo azzurro polvere; la seconda, a righe, ha fondo navy e fantasia azzurro polvere, navy e grigio melange. 36. Si chiama Reversible Screen Jacket la giacca in tessuto hi-tech alluminizzato a secco che protegge dalle onde elettromagnetiche proposta da Piquadro (tel. 0534 409001). Grazie a uno speciale trattamento al plasma, risulta leggera, idrorepellente e traspirante. Disponibile nelle varianti argento/azzurro o argento/antracite. 37. Immagine dell’allestimento di My Factory, il nuovo progetto espositivo di Pitti Uomo che indaga le relazioni tra moda, street style, musica, grafica e nuovi media, e che sarà ospitato negli spazi del Lyceum con un allestimento urban curato da Oliviero Baldini.


Il ristorante Mosaico, all’interno dell’Hotel Terme Manzi. Sotto: Nino Di Costanzo; macarons Ladurée; il balsamico

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LA TAVOLA di Enzo Vizzari

MOSAICO DI SAPORI Casamicciola Bassa di Ischia c’è un ristorante che non ha uguali al mondo. Non perché sia il migliore, ma perché non assomigliano a nessun altro il locale né il cuoco che lo conduce, né i piatti che vi si mangiano. È il Mosaico, all’interno dell’ Hotel Terme Manzi. Per raggiungerlo si attraversano saloni e corridoi che paiono concepiti da un architetto-arredatore in preda a incubi: un pizzico di India e qualche citazione d’antica Roma, cristalli sgargianti e statue neoclassiche, ceramiche rutilanti e bassorilievi egizi, Budda e animali fantastici, stucchi e stole. Affascinante e/o inquietante, secondo i gusti. Il ristorante sta tutto in una sala, di per sé sobria, quattro tavoli, più la chef’s table in cucina, e vi regna Nino Di Costanzo, trentasettenne ischitano: chef e cuoco di doti non comuni, appassionato, tecnicamente ferrato, solista dei fornelli che vive il suo lavoro come una missione artistica. È autore, Nino, di piatti, all’evidenza, pensati e costruiti come opere irripetibili. E invece li replica, uno per uno, con le sue mani, a ogni servizio: ricerca estetica, precisione geometrica, gusti veri. Dietro a de-

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finizioni chilometriche ci sono per esempio la fantasmagorica sequenza dei crudi di mare su basi di vetro di Murano giustapposte; la declinazione dell’astice scomposto in varie cotture e accostamenti; “pasta e patate” con una ventina di formati di pasta (cotti separatamente), mazzancolle e seppie alla brace, il tutto servito su un piatto di cristallo di quindici centimetri di spessore e cinquanta di diametro; una specie di caramella d’agnello ripiena di parmigiana di melanzane: strepitosa; l’interminabile trionfo dei dolci, dalle forme, dai sapori, dai colori più stravaganti. Impronta schietta mediterranea, non un solo piatto men che buono, più d’uno ottimo. Ma la tavola, anch’essa come il contenitore, è un palcosce-

nico barocco, non un piatto è a forma di piatto, i pani piccoli escono da un altarino, il meraviglioso pane cafone è racchiuso in un forziere, chicchere, barattoli, scrigni compaiono e scompaiono. Che cosa aggiunge questa ossessiva sarabanda a una cucina tanto buona? Il Mosaico - Ischia (Na) Piazza Bagni 4, Tel. 081 994722. Aperto solo la sera, chiuso martedì guide@espressoedit.it

Tesori balsamici

Dolcezze in boutique I macarons, seducenti dischetti di meringa alle mandorle ripieni di crema dai colori ton sur ton, sono arrivati in Italia. Nella prima Boutique Ladurée (in via Spadari 6 a Milano) è disponibile la collezione di questi piccoli gioielli di pasticceria parigina, impreziositi da packaging curatissimi. Ma si può anche scegliere fra diverse miscele di tè, confetti, cioccolato in tavoletta o carré degustation. Il gelato è nella classica coppetta, con al centro un macaron (www.laduree.com). Sandra Longinotti

Grande qualità e packaging ispirato al mondo della moda per i prodotti del Borgo del Balsamico (www.ilborgodelbalsamico.it), l’azienda di Silvia e Cristina Crotti, immersa nell’antico borgo di Botteghe di Albinea, nei pressi di Reggio Emilia. Qui, in un’acetaia quasi segreta, con botticelle del ’700 e ’800, che custodiscono il mosto d’uva cotto invecchiato per un tempo non inferiore a 12 anni, viene prodotto il prezioso Aceto Balsamico Tradizionale di Reggio Emilia. Il suo bouquet è composto dalle essenze dei diversi legni delle botti: rovere, castagno, gelso, ciliegio, frassino e ginepro, che conferiscono le loro caratteristiche peculiari. E secondo le sue caratteristiche organolettiche, il Balsamico, come da disciplinare, viene distinto con bollino Aragosta, dal profumo delicato, bollino Argento, dal profumo intenso, e bollino Oro, dal bouquet suadente e persistente. Meno pregiati, ma di notevole qualità l’Aceto balsamico di Modena e il Condimento balsamico del Borgo. Ogni bottiglia, firmata da timbri in ceralacca, ha un colore di riferimento: giallo, arancio e rosso per i condimenti, aubergine per il Tradizionale. Fabrizia Fedele 181


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MOTO di Maurizio Tanca

AUTO di Maurizio Maggi

GIAGUARO IN AGGUATO

ammiraglia del Giaguaro cambia pelle. Lunga e affusolata, la nuova Xj rompe col passato: sta calando il jolly vincente o iniziando un’avventuristica fuga in avanti? Sarà il pubblico a sancire il risultato di un’innegabile e coraggiosa rivoluzione, caPrezzo: 98.250 euro pace di scatenare piccate polemiCilindrata: 5 mila che tra i fan della prestigiosa marcentimetri cubi I principali mercati della Jaguar ca inglese, passata dagli americani Motore: 8 cilindri benzina Quota % sul totale della Ford agli indiani della Tata. vendite 2009 Potenza massima: Le prime avvisaglie del ribaltone, 385 cavalli già viste sulla Xf lanciata nel 2008, Gran Bretagna 34,8 Velocità sulla berlinona vengono conferStati Uniti 22,8 massima: 250 km/ora mate e amplificate: così gli appasGermania 5,5 Accelerazione sionati di design possono discuteCina 3,4 da 0 a 100 km/ora: re se siano più dissonanti dalla stoItalia 3,4 5,7 secondi rica immagine di marca la coda Cambio: automatico/sequenziale a 6 marce Giappone 2,4 tronca (che regala all’auto un proConsumo medio: 8,8 km/litro Francia 2,2 filo da coupettona) o i fari stretti e Emissioni di CO2: 264 grammi/km Spagna 2,2 lunghi, niente di più lontano dai Lunghezza: 5,12 metri classici occhioni tondi delle Jaguar Belgio 2,1 Bollo annuale: da 966,21 a 1.063,58 euro che furono. I mutamenti genetici Australia 1,9 sono evidenti negli interni, dove al corderanno lo choc dell’introduzione del Nel corso del 2009, tra i paesi più importanti per la Jaguar si è fatta avanti la Cina, che dal decimo posto ha affiancato l’Italia, profumo (quello sì, tipico) della diesel a bordo delle snobissime britanniche: con circa 1.800 vetture vendute selleria in pelle fa da contraltare ferita aperta, nonostante il turbo di 3 litri una plancia che prova a fondere l’eleganza va addirittura a 5,25 metri), la Xj è una gran- della Xj non sia paragonabile ai diesel con del legno di vera radica con il timbro hi-tech de berlina dall’animo sportivo. Perché chi si cui la Ford voleva far decollare le vendite Jadelle cromature di un pannello comandi siede al volante di una Jaguar, specie se per guar. Gli altri due sono due 5 litri a benzina ispirato da quello dei motoscafi Riva, che farlo spende dagli 83.450 euro in su, può ac- e, lasciando perdere l’esagerato Supercharnacquero per andarsene sugli italici laghi e cettare un assetto più rigido rispetto alla ged turbo da 510 cavalli, il propulsore più si innalzarono alle vette del glamour negli concorrenza nippo-tedesca in cambio di adatto all’imponente anglo-indiana appare anni d’oro di St.Tropez. Lunga già nella ver- prestazioni su strada degni del corsaiolo l’aspirato da 385 cavalli. Puntando sul quasione “corta” (che va ben oltre i 5 metri, Dna della casa di Coventry. Tre i motori tra le si dovrebbe riuscire a stare sotto la soglia mentre l’allestimento per le limousine arri- cui scegliere. Uno è a gasolio, e in tanti si ri- psicologica dei 100 mila euro.

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Jaguar XJ V8

Passione globale

ADDIO FENDINEBBIA C’è stato un tempo, neppure troppo lontano, in cui esibire un faro fendinebbia grosso, vistoso e sporgente, meglio se montato nell’autofficina specializzata nelle auto da rally, era motivo d’orgoglio un po’ spaccone. Sventolato con la nobile motivazione della sicurezza, visto che le luci delle macchine di allora poco facevano quando la visibilità era scarsa. Ma tutte le cose belle finiscono. Ed ecco che la comunicazione ufficiale diramata dalla Volvo assume l’aspetto di una cesura netta col passato. «Volvo Car Corporation», recita più o meno la nota emessa dalla marca svedese controllata oggi dai cinesi della Geely, «ha deciso di concentrarsi solo sullo sviluppo dei fari: questo perché i fendinebbia tradizionali sono scarsamente utilizzati dal cliente, oltre ad essere poco efficaci». Poche righe per spazzare via un accessorio che, in milioni, avevamo ritenuto utile, e ganzo. Le prime vetture senza fendinebbia saranno la nuova berlina S60 in arrivo in Italia e la versione 2011 del Suv XC 60.

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La Peugeot 3008. A sinistra: Jaguar XJ V8. In basso, da sinistra: la Volvo C70; CR&S Duu. Al centro: la XT 1200Z, nuova bicilindrica di casa Yamaha

Regina del deserto Fiocco rosa in casa Yamaha per l’erede della Super Ténéré: ecco la bicilindrica XT 1200Z, battezzata con lo stesso nome della leggendaria regina della Parigi-Dakar anni ’90. Una moto che

ha tutto, o quasi, anche per gli esigenti fan delle maxienduro stradali. Che tuttavia criticheranno la scelta dell’Abs non disattivabile: ingiustificabile su una tutto terreno, visto che sullo sterrato il sistema è inutile. La nuova granYamaha XT 1200Z turismo sfoggia un Super Ténéré serbatoio da 23 liAUTO Prezzo: 15.290 euro tri, pneumatici tuCilindrata: 1.199 centimetri cubi beless e un’elettroMotore: 2 cilindri frontemarcia, nica raffinata. Otti8 valvole mo il controllo di Potenza massima: 110 cavalli Funziona un po’ come le schede ri- ropee dove l’iniziativa è in fase di trazione, adattabiVelocità massima: 205 km/orari caricabili, solo che non si acquista lancio, da Madrid a Berlino. Per le all’uso su strada Consumo medio: 17 km/litro traffico telefonico, ma servizi di iscriversi non bisogna neppure esseo fuoristrada (o Capacità serbatoio: 23 litri mobilità. Per esempio, la possibili- re clienti Peugeot, basta accreditarescludibile) e abbiPeso col pieno: 261 chilogrammi tà di noleggiare una cabrio per il si sul sito Internet dedicato all’openato all’acceleratoAltezza sella da terra: 84,5-87 cm weekend, uno scooter da utilizzare razione e far scorta di punti: ne serre elettronico; menBollo annuale: in città o più semplicemente le cate- vono per esempio 25 (pari a 5 euro) tre il motore può alda 90,61 a 103,40 euro ne da neve, o un seggiolino per per noleggiare un portabici, 450 ternare alla mapbambini. Quel che serve per toglier- (90 euro) per trascorpatura Sport la più si uno sfizio, insomma, o per risol- rere una giornata sulrilassata Touring. vere un problema contingente. A la versatile crossover Tutto è controllabiprovarci per prima è la Peugeot, che 3008, o 500 per gole sul ricco cruscotoltretutto si ritrova in casa un assor- dersi un weekend con to, o quasi: manca timento di mezzi di trasporto quan- la 207 cabrio. Insoml’indicatore della to mai variegato: come noto, accan- ma, un modo di penmarcia inserita. to alle normali autovetture la casa sare ad automobile e Confortevole da transalpina firma pure furgoni, bi- dintorni sotto forma guidare, laXT ciclette e scooter. Avviato da qual- di servizio e non di 1200Z è a suo agio che mese in alcune città francesi, il proprietà da esibire, un po’ dappertutservizio di mobilità integrata bat- come da radicate conto. La sella, regolatezzato Mu by Peugeot è sbarcato vinzioni, italiche e bile su due altezze, da poco a Milano ed entro l’anno non: chissà se i francee il parabrezza, sarà disponibile anche a Roma, ma si riusciranno a farci adattabile verticali punti acquistati in Italia possono cambiare idea. mente, accontentaessere spesi pure nelle altre città eu- Massimo Nascimbene no utenti di tutte le taglie. L’erogazione della potenza è dolce ma corposa GRINTA MILANESE ed efficaci si dimostrano i freni, che godono anche del«Tela chì la Duu», esclamò il solito milanesone doc all’ultimo Salone del Motociclo, quando venne l’azione combinata, gestita svelata la mirabolante creatura a due ruote il cui nome, Duu, in dialetto meneghino significa Due. dalla leva sul manubrio, tra Una aggressiva naked bicilindrica dalla forte caratterizzazione emotiva, prevista anche biposto, proposta le due pinze anteriori e la da CR&S, l’atelier di Milano noto per la leggerissima posteriore; il pedale si lavomonocilindrica Vun (Uno, sempre all’ombra della ra solo la posteriore, fondaMadunina). Due come i cilindri del propulsore americano S&S da 1.915 cc, incastonato in una ciclistica europea, mentale per l’uso in fuoricon una fascinosa sospensione posteriore monobraccio strada. Costa 15.290 euro, e un’estetica mozzafiato. Una magnifica fuoriserie fatta compresi moto valigie in ala mano, che ogni cliente può farsi realizzare su misura luminio, coppa paramotore partendo da una base che costa 20 mila euro. e protezione anteriore in Due le lingue nelle istruzioni: milanese e inglese. M.T. plexiglas.

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LETTERE

PER POSTA, PER EMAIL Risponde Stefania Rossini stefania.rossini@espressoedit.it

Vattimo risponde a Eco Lo scambio di lettere tra Umberto Eco (due bustine nelle ultime settimane su “L’espresso”) e me circa l’appello per il boicottaggio di Israele deve esser riuscito oscuro ai lettori che, per motivi vari, non hanno visto le mie risposte, spedite a Eco privatamente e comparse solo sul mio blog. Dunque, alle obiezioni di Eco io rispondevo rivendicando l’utilità di boicottare le presenze di accademici israeliani nelle università italiane, considerando che comunque rappresentano sempre in qualche modo il loro governo; e che non sono tutti storici e archeologi, ma anche spesso scienziati impegnati in ricerche di applicazione militare. L’Italia del resto non da oggi ha attività militari comuni con Israele. Ricordavo poi a Eco che Chomsky si è bensì dichiarato contrario al boicottaggio culturale di Israele, ma perché secondo lui andrebbero boicottati anzitutto gli Stati Uniti. Dopo gli ultimi eventi a Gaza non so davvero che cosa dirà Eco. Gianni Vattimo

Eroi di carta Wlodek Goldkorn è il primo opinionista a entrare nel merito del mio saggio “Eroi di carta” e ne prendo atto con piacere, dato il moltiplicarsi di attacchi da parte di uomini politici, conduttori di talk show, studiosi di metafisica e persino attori, che non hanno letto il libro, hanno sfogliato le prime pagine, si sono scandalizzati per il titolo, oppure, come Paolo Flores d’Arcais su “Il fatto quotidiano”, hanno incitato a non leggerlo. Ringrazio anche

L’espresso 17 giugno 2010

Goldkorn per avermi definito, riportando giudizi anonimi di “co- Cara Rossini, siamo una coppia sposata da sei anni che purtroppo non ha loro che (mi) conosco- avuto bambini. Dopo molte riflessioni abbiamo deciso di tentare la strada no bene”, “lupo solita- dell’adozione internazionale. È stato un percorso difficile non solo per la rio” e “irregolare”. Lo burocrazia e per la meticolosità delle indagini che i servizi sociali fanno su considero un compli- ogni aspetto della nostra vita, ma anche per i dubbi che ci hanno assalito. mento. Quanto al giu- Saremo buoni genitori? Sentiremo la differenza con le altre famiglie dizio secondo cui la che hanno figli “naturali”? Sapremo evitare di interrogarci troppo mia sarebbe “un’ope- sulle sue origini e soprattutto sapremo parlargliene con tranquillità? razione stalinista”, li- Ne abbiamo discusso tanto anche con gli psicologi e alla fine ci siamo berissimo Goldkorn di risposti: sì, siamo pronti. Ora però la sentenza della Cassazione che vieta pensarla così, anche se di esprimere preferenze di etnia ci ha rimesso tutto in discussione. Coloro mi chiedo come giudica che vogliono solo bimbi di origine europea (cioè bianchi) non hanno l’uscita di Flores: libe- le carte in regola per fare i genitori, dicono i giudici. E aggiungono che rale, antistalinista? Ciò sono degli egoisti, che praticano una discriminazione e quindi non sono detto, il pezzo contiene pronti a una genitorialità in nome della solidarietà. Eppure noi non alcune inesattezze. ci sentiamo così cattivi e razzisti. Sappiamo che il mondo è globale e che Vengo definito “molto avere un bambino nero o cinese è ormai normale in tutto le nazioni. influenzato dalla scuo- Ma che male c’è a pensare che saremmo più felici se avessimo un figlio la di Francoforte”. Beh, che ci somigli un po’? Perché l’adozione, che è un atto d’amore, deve non è affatto un’offesa, sottostare a imposizioni che costringono a reprimere un desiderio così ma mi sento molto più naturale e a mentire per non farci trattare da razzisti? Non possiamo legato a Hannah credere che questa menzogna ci renderà genitori migliori. Arendt, di cui ho curaMarina e Aldo C., mail to o prefato cinque vo- Questa lettera apre uno squarcio di verità sentimentale sulla rigidità normativa lumi. E come Goldkorn in materia di adozione. E invita a chiederci se sia davvero giusto mortificare dovrebbe sapere, un desiderio (innocente, del resto: “un figlio che ci somigli”) trattandolo come Arendt era abbastanza fosse un peccato o una debolezza psicologica. La Cassazione, su ispirazione delle ostile ad Adorno e Hor- organizzazioni che si occupano di adozione, ha voluto ribadire che al centro deve kheimer. Dettagli, cer- esserci il bene del bambino e non la soddisfazione dei genitori. È ovvio essere to. Ritengo invece fuor- d’accordo. Ma chi lo ha detto che assecondando una richiesta come questa viante che le mie criti- non si faccia il bene del bambino? Un secolo di psicologia dovrebbe aver almeno che all’opera di Rober- insegnato che la serenità di una creatura in formazione è riposta nella capacità di accoglienza delle persone che se ne prendono cura. Che saranno to Saviano (e mai alla tanto più capaci di amore quanto più saranno appagate nelle loro aspirazioni. sua persona) vengano presentate come “accuse” e che io consideri un Luoghi comuni è ripetuta nel tempo. In realtà “reato” le sue opinioni in tema queste assenze, premeditate e di fumetti. Ma quando mai? sulla Lega calcolate, funzionano come Sfido qualsiasi lettore a trovare «Ma se sono almeno dieci anni conniventi colpetti di gomito rinel mio testo una sola espres- che non vado a Roma», ha ri- volti al “popolo” padano per sione di questo tipo. Critico Sa- sposto il ministro Maroni a chi far capire che nulla è cambiato viano per quello che scrive, al gli chiedeva perché non avesse dell’antica fede nonostante il massimo con qualche ironia assistito alla parata ai Fori Im- mutare dei tempi e delle funzio(non si può?). Quanto al titolo periali in occasione del 2 giu- ni ricoperte. Come faccia quedel pezzo, che immagino reda- gno, Festa della Repubblica. sto popolo a ritenere i leader lezionale (“Saviano lo mando al Scusa che più barbina non si ghisti campioni di un solo credo rogo”), si giudica da solo. Da può, dal momento che il mini- è cosa che non cessa di stupire. quando criticare qualcuno si- stro sassofonista pretende di Non sono forse sotto gli occhi di gnifica mandarlo al rogo? giustificare un’inaccettabile tutti gli esempi di doppiezza deAlessandro Dal Lago scorrettezza col fatto che essa si gli uomini che reggono il par-

Voglio un bambino bianco

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LETTERE verso che ieri era figlio di Albione e oggi la massa di disperati in fuga dalla miseria. Questa è la minaccia che incombe più del “totalitarismo” da operetta del sultano Berlusconi.

gran parte finisce sul fondo e ... “occhio non vede cuore non duole”, ma chissà cosa c’è nelle profondità. Basta digitare “Pacific trash vortex” su un motore di ricerca Internet e capirete Gino Spadon, email di cosa parlo. Le stime vanno da 1 a 15 milioni di Kmq coperti di plastica galleggiante. E se queLa marea di plastica sto è ciò che galleggia chissà coMi piacerebbe che “L’espresso” sa è finito in fondo. si occupasse della marea di plaVincenzo D'Ambrosio, email stica galleggiante che naviga nell’Oceano Pacifico. Tema ogSuccess story gi di attualità vista la marea nera nel golfo del Messico. Dal In merito all’articolo “Mediapunto di vista ambientale a mio set alla guerra anti Sky” avviso gli oceani sono i più a ri- (“L’espresso” n. 22) TivùSat schio ed i più indifesi. Nelle ac- precisa che al 27 maggio 2010 que internazionali (e non solo) sono state attivate 309.847 si può fare di tutto utilizzando- smart card pari a oltre l’1,3 per le come un’enorme discarica. cento delle famiglie italiane nelCiò avviene anche perché la l’arco di soli 10 mesi dall’avvio

della piattaforma satellitare gratuita. La crescita di TivùSat è in linea con quella di Freesat nel Regno Unito, che è considerata una success story EVASIONE in Europa e che, al CONTINUA termine del primo anno di attività, aveva raggiunto 352 mila attivazioni.

Israele Dopo la strage dei pacifisti il Paese è sempre più isolato p.34 Esclusivo Le intercettazioni che svelano il sistema Finmeccanica p.42 Mafia I servizi segreti offrono 1,5 milioni per notizie su Messina Denaro p.68

Euro 3,00

Poste Italiane s.p.a.sped.in A.P.-D.L.353/03(conv.in legge 27/02/04 n.46)art.1comma 1-DCB Roma - Austria - Belgio - Francia - Germania - Grecia - Lussemburgo - Olanda - Portogallo - Principato di Monaco - Slovenia - Spagna € 5,10 - C.T. Sfr. 6,2 0 - Svizzera Sfr. 6,50 - Inghilterra £ 3,80

tito? Federalisti al Nord, dove passano il tempo a vilipendere l’italico vessillo, e statalisti in quella Roma ex-ladrona dove giurano fedeltà a quella stessa bandiera che procura loro ghiotte prebende. Brava gente, si sente dire, che nonostante certa rozzezza di comportamento è dotata di finissimo fiuto politico. A mio parere è l’ora di smetterla con questo luogo comune accreditato per una sorta di pigrizia mentale. Dobbiamo invece stigmatizzare il loro culto del capo, l’esaltazione demagogica del “popolo”, il “celodurismo”, il disprezzo per l’intellettuale, lo sbeffeggiamento dell’avversario politico minacciato a volte con tanto di corda per gli impiccati, i e ben calcolati attacchi alla Chiesa, l’odio per il di-

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Inchiesta

L’Europa chiede di colpire chi non paga le tasse. Ma la manovra del governo lascia troppe scappatoie per i furbi. Ecco quali

Ufficio stampa Tivù Srl

Il debito non il deficit È il debito pubblico italiano ad essere il doppio di quello spagnolo e non il deficit come scritto per una svista nella traduzione dell’articolo di Uri Dadush “Cosa chiede Washington a Berlino” (“L’espresso” n. 23).

N.23 anno LVI

10 giugno 2010


DIRETTORE RESPONSABILE: DANIELA HAMAUI VICEDIRETTORI: Claudio Lindner, Antonio Ramenghi CAPOREDATTORE CENTRALE: Alessandro De Feo UFFICIO CENTRALE: Gianluca Di Feo, Alessandro Gilioli (sito internet), Franco Originario (grafico) ATTUALITÀ: Loredana Bartoletti (caporedattore), Riccardo Bocca (inchieste e servizi speciali), Enrico Arosio (caporedattore, Milano), Primo Di Nicola (caposervizio), Paolo Forcellini (caposervizio), Lirio Abbate (inviato), Paolo Biondani (inviato), Tommaso Cerno, Marco Damilano (inviato), Roberto Di Caro (inviato), Emiliano Fittipaldi, Denise Pardo (inviato), Fabio Tibollo, Gianfrancesco Turano (inviato) MONDO: Gigi Riva (caporedattore), Fabrizio Gatti (inviato), Federica Bianchi CULTURA: Wlodek Goldkorn (caporedattore), Angiola Codacci-Pisanelli (caposervizio), Rita Cirio (inviato), Riccardo Lenzi, Alessandra Mammì (inviato) ECONOMIA: Paola Pilati (vicecaporedattore), Stefano Livadiotti, Maurizio Maggi, Vittorio Malagutti (inviato), Luca Piana SALUTE: Daniela Minerva (vicecaporedattore), Maria Simonetti SOCIETÀ E SPECIALI: Valeria Palermi (caporedattore), Sabina Minardi CORRISPONDENTI: Antonio Carlucci (New York) UFFICIO GRAFICO: Catia Caronti (vicecaposervizio), Caterina Cuzzola, Giuseppe Fadda COPERTINA: Martina Cozzi (caposervizio), Daniele Zendroni (collaboratore) PHOTOEDITOR: Tiziana Faraoni RICERCA FOTOGRAFICA: Nazario Dal Poz, Giorgia Coccia, Marella Mancini, Sandro Occhipinti, Elena Turrini, Roberto Vignoli PROGETTO GRAFICO: Joel Berg (creative director) A cura di Theo Nelki RUBRICHE: Nello Ajello, Altan, Stefano Bartezzaghi, Marco Belpoliti, Carla Benedetti, Tahar Ben Jelloun, Giuseppe Berta, Giorgio Bocca, Massimo Cacciari, Lucio Caracciolo, Giovanni Carli Ballola, Germano Celant, Oscar Cosulich, Alberto Dentice, Umberto Eco, Mario Fortunato, Massimiliano Fuksas, Enzo Golino, Mark Hertsgaard, Piero Ignazi, Naomi Klein, Ignazio Marino, Suketu Mehta, Emilio Minelli, Moises Naim, Piergiorgio Odifreddi, Vittoria Ottolenghi, Soli Ozel, Minxin Pei, Guido Quaranta, Jeremy Rifkin, Massimo Riva, Stefania Rossini, Paul Salem, Roberto Satolli, Eugenio Scalfari, Michele Serra, Andrzej Stasiuk, Lietta Tornabuoni, Marco Travaglio, Gianni Vattimo, Umberto Veronesi, Enzo Vizzari, Luigi Zingales COLLABORATORI: André Aciman, Aravind Adiga, Alberto Arbasino, Eleonora Attolico, Margherita Belgiojoso, Andrea Benvenuti, Silvia Bizio, Francesco Luigi Bonazzi, Raimondo Bultrini, Roberto Calabrò, Jacaranda Caracciolo Falck, Paola Caridi, Roberta Carlini, Paola Emilia Cicerone, Leonardo Clausi, Agnese Codignola, Roberto D’Agostino, Alain de Botton, Derrick de Kerckhove, Pio d’Emilia, Federico Ferrazza, Letizia Gabaglio, Fabio Gambaro, Sergio Givone, Giacomo Leso, Giuseppe Lo Bianco, Alessandro Longo, Sandro Magister, Emilio Manfredi, Antonia Matarrese, Dante Matelli, Gianluigi Melega, Piero Messina, Fabio Mini, Claudio Pappaianni, Gianni Perrelli, Annalisa Piras, Paolo Pontoniere, Fulco Pratesi, Marisa Ranieri Panetta, Giorgio Ruffolo, Roberto Saviano, Barbara Schiavulli, Mario Scialoja, Leo Sisti, Lorenzo Soria, Rita Tripodi, Chiara Valentini, Stefano Vastano, Andrea Visconti, Vittorio Zambardino

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UMBERTO ECO LA BUSTINA DI MINERVA

TRA DOGMATISMO E FALLIBILISMO

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Se ne parla su www.espressonline.it

tura e della civiltà è fatta di tonnellate di informazioni che sono state seppellite. Vale per una cultura quello che vale per la nostra vita individuale. Borges ha scritto la novella “Funes el memorioso” dove racconta di un personaggio che ricorda tutto, ogni foglia che ha visto su ogni albero, ogni parola che ha udito nel corso della sua vita, ogni refolo di vento che ha avvertito, ogni sapore che ha assaporato, ogni frase che ha letto. Eppure (anzi, proprio per questo) Funes è un completo idiota, un uomo bloccato dalla sua incapacità di selezionare e di buttare via. Il nostro inconscio funziona perché butta via. Poi, se c’è qualche inghippo, si va dallo psicoanalista per recuperare quel poco che serviva e che per

Senza la negazione del paradigma tolemaico, che rimaneva di sfondo, il discorso di Copernico sarebbe rimasto incomprensibile. Ora Internet è come Funes. Come totalità di contenuti disponibili in modo disordinato, non filtrato e non organizzato, esso permette a ciascuno di costruirsi una propria enciclopedia, ovvero il proprio libero sistema di credenze, nozioni e valori, in cui possono essere compresenti, come accade nella testa di molti esseri umani, sia l’idea che l’acqua sia H2O sia quella che il sole giri intorno alla terra. In teoria, quindi, si potrebbe arrivare all’esistenza di sei miliardi di enciclopedie differenti e la società umana si ridurrebbe al dialogo frantu-

Quando la scienza si arrocca su un certo paradigma, magari per difendere posizioni di potere acquisite, escludendo come pazzo o eretico chi lo contesta, si comporta in modo dogmatico

sbaglio abbiamo buttato via. Ma tutto il resto per fortuna è stato eliminato e la nostra anima è esattamente il prodotto della continuità di questa memoria selezionata. Se avessimo l’anima di Funes saremmo persone senz’anima. Così fa una cultura e l’insieme dei suoi paradigmi è il risultato dell’Enciclopedia condivisa, fatta non solo di ciò che si è conservato ma anche, per così dire, del tabù su ciò che si è eliminato. In base a questa enciclopedia comune poi si discute. Ma perché ci possa essere discussione comprensibile da tutti occorre partire dai paradigmi esistenti, se non altro per dimostrare che essi non tengono più.

mato di sei miliardi di persone ciascuna delle quali parla una lingua diversa, che solo chi sta parlando capisce. L’ipotesi è per fortuna solo teorica, ma lo è proprio perché la comunità scientifica vigila affinché circolino linguaggi comuni, sapendo che per rovesciare un paradigma è necessario che ci sia un paradigma da rovesciare. Difendere i paradigmi provoca certamente il rischio del dogmatismo ma è su questa contraddizione che si basa lo sviluppo del sapere. Per evitare conclusioni affrettate concordo con ciò che diceva lo scienziato citato in fine da Panebianco: «Non so, è un fenomeno complesso, devo studiarlo».

17 giugno 2010 L’espresso

Foto: G. Harari

ul “Corriere della sera” di domenica scorsa Angelo Panebianco scriveva sui possibili dogmatismi della scienza. Sono fondamentalmente d’accordo con lui e vorrei solo mettere in evidenza un altro aspetto della questione. Dice in sintesi Panebianco che la scienza è per definizione antidogmatica, perché sa di procedere per tentativi ed errori e perché (aggiungerei con Peirce, che ha ispirato Popper) il suo principio implicito è quello del “fallibilismo”, per cui sta sempre all’erta nel correggere i propri sbagli. Essa diventa dogmatica nelle sue fatali semplificazioni giornalistiche, che trasformano in scoperta miracolistica e verità assodata quelle che erano solo caute ipotesi di ricerca. Ma rischia anche di diventare dogmatica quando accetta un criterio inevitabile, e cioè che la cultura di un’epoca sia dominata da un “paradigma”, come non solo quelli darwiniano o einsteiniano, ma anche quello copernicano, a cui ogni scienziato si attiene proprio per espungere le follie di chi si muove al di fuori di esso, compresi i matti che ancora sostengono che il sole gira intorno alla terra. Come la mettiamo col fatto che l’innovazione avviene proprio quando qualcuno riesce a mettere in questione il paradigma dominante? Quando la scienza si arrocca su un certo paradigma, magari per difendere posizioni di potere acquisite, escludendo come pazzo o eretico chi lo contesta, non si comporta in modo dogmatico? La questione è drammatica. I paradigmi vanno sempre difesi o sempre contestati? Ora una cultura (intesa come sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi, eredità storica condivisi da un gruppo umano particolare) non è solo un accumulo di dati, è anche il risultato del loro filtraggio. La cultura è anche capacità di buttar via ciò che non è utile o necessario. La storia della cul-



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