IlFatto_17062010

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Intercettazioni: pressato da Fini e dai leghisti B. fa trapelare aperture. La solita trappola per confondere tuttiy(7HC0D7*KSTKKQ(

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€ 9,90 DVD + € 1,20 – Arretrati: € 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Giovedì 17 giugno 2010 – Anno 2 – n° 167 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

L’AQUILA, I PM ACCUSANO ”QUEI RAGAZZI POTEVATE SALVARLI” N

Sentenze à la carte

di Marco Travaglio

La Protezione civile e il mancato sgombero della Casa dello Studente. Rivolta della città: 20 mila in piazza

Allarmi negati, informazioni dirottate e pilotate, le lettere-accusa del sindaco rimaste senza risposta: ecco le carte dell’inchiesta sul terremoto

La vendetta di Marco Lillo

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è una strategia dietro le ultime mosse della maggioranza. La scelta di togliere al pentito Spatuzza il programma di protezione, l'accelerazione sulla legge bavaglio e il trattamento duro ai giornalisti che svelano gli scandali berlusconiani seguono un disegno: colpirne uno per educarne cento. Dalla censura alla ritorsione, è questa l’ultima fase del berlusconismo. Fino a pochi mesi fa il Cavaliere sembrava convinto di poter nascondere i fatti. Se una sentenza condannava Marcello Dell’Utri raccontando i suoi rapporti con i boss stragisti, nessuno spiegava in tv la notizia. Se Bertolaso e il Cavaliere venivano sorpresi sul lettino di un centro benessere, Bruno Vespa montava pronto una puntata di Porta a Porta. Alla lunga però il tappo è saltato e i fatti sono comparsi in tv grazie soprattutto ad Annozero. Per mesi Berlusconi ha cercato di chiudere la falla tempestando di telefonate la Rai e il Garante. Quando l’assalto è stato svelato dai pm di Trani e dal Fatto, la maggioranza ha puntato alla fonte primaria: pentiti e telefoni. La sequenza è impressionante: Spatuzza ha perso il programma di protezione proprio per le parole, dette fuori termine, su Berlusconi. Se non avesse riferito quello che il suo boss gli disse sul Cavaliere, oggi avrebbe ancora l’assegno per la famiglia e la casa. Il messaggio per gli altri pentiti è chiaro: ecco cosa accade a parlare del manovratore. Poi ieri il Cavaliere ha accelerato sulla legge bavaglio. E in questo clima, c’è chi si porta avanti con il lavoro. La nuova legge inasprisce le pene per investigatori e giornalisti, ma prima ancora della sua entrata in vigore i magistrati di Bari hanno pensato bene di arrestare un colonnello della Finanza. Proprio quello che intercettava il Cavaliere. L’accusa gravissima sarebbe quella di usare il cellulare di servizio per passare notizie alle croniste e molestare le indifese escort da lui interrogate. Mentre nulla si sa del filone Tarantini-Berlusconi, i pm baresi ora puntano sui giornalisti rei di avere pubblicato scoop scomodi sui casi D’Addario e Trani. In questo clima irrespirabile Sandro Ruotolo, l’unico giornalista che ha cercato di spiegare in tv le complesse vicende di Ciancimino e Spatuzza, da mesi riceve lettere di minacce. I suoi nemici sanno dove abita e vogliono fargli male. Ma nell’era della ritorsione, per lui lo Stato non prevede alcuna tutela.

C’

L’occupazione dell’autostrada L’Aquila-Roma (FOTO EMBLEMA)

Amurri e Sansa pag. 2 - 3 z

L’OSCE RIVELA x È un anno che lanciamo l’allarme

LEGGE BAVAGLIO, IL MONDO CI GUARDA E SI VERGOGNA PER NOI Dopo l’organizzazione europea anche il Wall Street Journal dipinge un’Italia fuori dalle democrazie. Lo stop di Bossi pag. 4-5 z

Il sindaco di Varallo Valsesia

SEGNALETICA RAZZISTA

nsaviano I professionisti dell’anti Gomorra all’attacco Travaglio pag. 10 e 11z

nmafia Spatuzza: “Io continuerò a parlare” Amurri pag. 5z

Divieto di ingresso nelle aree pubbliche per chi indossa “niqab e burqa”, per “vu cumpra” e mendicanti. Tutte le iniziative xenofobe del primo cittadino del comune piemontese. Caselli pag. 8 z

nbusiness d’Italia

Udi Massimo Fini

I trafficanti d’armi non vanno in crisi: esportazioni record

LE MANETTE, FELTRI E BELPIETRO

Martini pag. 9z

CATTIVERIE Apre a Genova la discoteca cristiana. Aiuterà a santificare le feste www.spinoza.it

o cominciato la mia carriera Hgiudiziario di giornalista come cronista all'Avanti! di Milano nei primi anni ‘70. Ogni giorno vedevo a Palazzo di giustizia non solo qualcuno in manette ma file di detenuti tenuti insieme dagli "schiavettoni". pag. 22 z

on avendo nulla da fare, a parte nominare primari ospedalieri e dirigenti delle Asl, lottizzare società pubbliche e miste, metter becco nella Pubblica amministrazione, nella scuola, nell’università, nella ricerca, negli istituti culturali, nelle banche, negli appalti e nelle consulenze, fare i palinsesti televisivi e poi gli ospiti televisivi e poi la critica televisiva, decidere se un film è bello o no, se un attore o un regista è bravo o no, stabilire cosa devono scrivere i giornali e cosa no, chi devono intercettare i magistrati e chi no, chi devono ammanettare i poliziotti e chi no, e in parecchi casi rubare a man bassa, ora i politici pretendono pure di scrivere le sentenze. Il governo decide che il pentito Gaspare Spatuzza non è attendibile perché ha parlato fuori tempo massimo e gli nega il programma di protezione, così impara a fare il nome del presidente del Consiglio (che infatti gli nega la protezione, cioè confessa). Un tempo, quando un mafioso collaborava con la giustizia, erano i giudici a stabilire se era attendibile: dopodiché la mafia lo minacciava e il governo lo proteggeva. Ora è tutto più semplice: quattro procure giudicano Spatuzza attendibile, ma ciononostante, anzi proprio per questo, il governo non lo protegge e lo minaccia, risparmiando inutili fatiche alla mafia. E pazienza se Spatuzza si accusa della strage di via D’Amelio scagionando tre tizi condannati per sbaglio al posto suo. Pace all’anima loro. È il Lodo Mantovano, ultimo grido del garantismo all’italiana: i colpevoli fuori, gl’innocenti in galera. Per non essere da meno, anche il Pd vuole sostituirsi ai giudici. La capogruppo al Senato Anna Finocchiaro non ha gradito la requisitoria del procuratore di Pescara Nicola Trifuoggi contro Ottaviano Del Turco: “Trovo criticabile che, nel corso di un pubblico dibattimento, il pm abbia dato lettura di intercettazioni telefoniche riguardanti fatti estranei ai capi d’imputazione e dunque alle accuse formalizzate nei confronti di Del Turco”. Ne avesse azzeccata una. Non era un “pubblico dibattimento”, ma un’udienza preliminare in camera di consiglio, cioè a porte chiuse. Il pm non ha “dato lettura” di un bel niente. E i fatti non sono per nulla “estranei ai capi d’imputazione”: si tratta di rapporti intimi fra il presidente della Regione e una signora nominata consulente della sua Regione. Il pm ha evocato en passant questo caso di – parole sue – “onanismo telefonico” – per dimostrare “la strumentalizzazione dell’ufficio pubblico per scopi privati”. Ripetiamo per l’ennesima volta: non sappiamo se Del Turco sia colpevole o innocente, lo stabiliranno i giudici che devono ancora decidere se vada rinviato a giudizio o no. I pm ritengono di sì, i difensori di no, si pronuncerà il gup. Mentre, tre giorni fa, Trifuoggi teneva la sua requisitoria, al primo accenno a quelle telefonate i difensori l’hanno interrotto, nella pretesa che il gup gli levasse la parola. Il gup l’ha invitato a proseguire. Allora avvocati e Del Turco hanno abbandonato l’aula e, appena fuori, han raccontato alla stampa quel che era emerso in camera di consiglio e che essi conoscevano da tempo (le telefonate hard sono agli atti da due anni). I giornalisti invece non ne sapevano nulla e avrebbero seguitato a non saperne nulla se non li avessero informati Del Turco e i suoi legali. Ora, secondo la Finocchiaro, quelle telefonate “attengono alla vita privata” e sono servite al pm per “mortificare la dignità di Del Turco”. Ma una consulenza “artistica” di 30 mila euro l’anno a una signora molto vicina a un governatore è un fatto pubblico, visto che la tipa era pagata con soldi pubblici, cioè nostri. Così come l’assunzione del figlio di un amico del governatore a “vignettista ufficiale” della Regione Abruzzo (altri 30 mila euro l’anno). Pare che la svagata signora Finocchiaro, in una precedente reincarnazione, fosse addirittura magistrato. Poi, per fortuna della Giustizia, ha smesso. Ma niente paura: riesce a far danni lo stesso.


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Omicidio colposo: le vittime di quel maledetto 6 aprile furono 305 La Casa dello Studente Il mancato sgombero

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la struttura-simbolo della tragedia: sotto le macerie restarono senza vita 8 ragazzi. I pilastri del palazzo erano stati costruiti contravvenendo alle regole sulla sicurezza.

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PROTEZIONE E CORRUZIONE

conclusione delle indagini preliminari la Procura de L’Aquila ha inviato l’avviso di garanzia per omicidio colposo, danneggiamento e lesioni colpose a Bernardo De Bernardinis, vicecapo della Protezione civile, Franco Barberi, vicepresidente della Commissione Grandi Rischi, Enzo Boschi, presidente del’INGV, Giulio Selvaggi, direttore

Il ricercatore calunniato L’allarme ignorato e la denuncia

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l suo nome è Giampaolo Giuliani, fa il ricercatore. Nei giorni prima del sisma aveva denunciato tutti i rischi. È stato accusato di procurato allarme.

Il videotape fatto sparire La linea: nessuno deve sapere

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lla troupe del Tg2 che aveva fatto un servizio sulle scosse arrivarono telefonate “esterne” per far passare la notizia che i terremoti non si possono prevedere.

del CNT, Michele Calvi, direttore di “Eucentre” Claudio Eva, professore Università di Genova, Mauro Dolce, direttore ufficio rischio sismico della Protezione civile che hanno partecipato alla Commissione Grandi Rischi svoltasi il 31 marzo. Al termine il braccio destro di Bertolaso alla conferenza stampa ha rassicurato la cittadinanza invitandola a rientrare nelle case. Dopo 6 giorni,

il 6 aprile alle ore 3,32 di magnitudo 6.3 il sisma provocato dalla rottura di una faglia che attraversa la città, il più forte registrato in Italia dal 1980 (in Irpinia) ha provocato 305 vittime delle quali 105 si trovavano in 15 edifici con struttura di cemento armato le altre in costruzioni in murature. Ad oggi le vittime a causa degli effetti post-sisma sono circa 2000.

Le lettere del sindaco La richiesta dello stato d’emergenza

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l sindaco Cialente in due occasioni segnalò che crolli nelle scuole ce ne erano già stati durante l’autunno. Protezione civile e Palazzo Chigi non fecero nulla.

TUTTE LE COLPE MINUTO PER MINUTO Terremoto, i pm contro la Protezione civile di Sandra Amurri

egligenza, imprudenza, imperizia” per aver fatto una “valutazione dei rischi connessi” all’attività sismica in corso sul territorio dal dicembre 2008 “approssimativa, generica e inefficace in relazione alle attività e ai doveri di previsione e prevenzione”. È questa l’accusa che i magistrati de L’Aquila – nella chiusura delle indagini – muovono alla Commissione Nazionale per la Previsione dei Grandi Rischi riunitasi nel capoluogo abruzzese il 31 marzo del 2009 – 5 giorni prima della scossa devastante – con “l’obiettivo di fornire ai cittadini abruzzesi tutte le informazioni disponibili alla comunità scientifica sull’attività sismica delle ultime settimane”. Secondo i pm sono state fornite – sia con dichiarazioni agli organi di informazione sia con redazione di un verbale al Dipartimento della Protezione civile – notizie “incomplete imprecise e contraddittorie sulla natura delle cause e sulla pericolosità e futuri sviluppi dell’attività sismica in esame” vanificando “le finalità di tutela dell’integrità della vita dei beni degli insediamenti e dell’ambiente dai danni o dal pericolo di danni derivanti da calamità naturali e da altri eventi che determinano situazione di grave rischio”. Affermare che “sui terremoti non è possibile fare previsioni” scrivono i pm, vuol dire anche che non è possibile escludere, come invece è stato ribadito anche in conferenza stampa dal vicecapo della Protezione civile Bernardo De Bernardinis una scossa più forte e devastante come quella verificatasi. Tg2 e calcinacci censurati Agli atti anche un dvd realizzato all’insaputa delle persone presenti il 31 marzo da una troupe della Rai nello scantinato della scuola elementare De Amicis che contiene anche un’intervista all’operatore Cristiano D. della troupe Rai che ha riferito a verbale di aver subìto pressioni dalla giornalista che avrebbe realizzato il servizio affinché il video non venisse trasmesso nel corso del Tg2 di quella sera. Si

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sente la voce del ricercatore Giampaolo Giuliani che chiede di non essere intervistato – in quanto all’epoca indagato per procurato allarme, accusa poi caduta – che racconta di bimbi che erano dovuti uscire in fretta perché i calcinacci piovevano sui banchi. Ma siccome la Protezione civile aveva detto che non c’era pericolo, la scuola non è stata chiusa ed è stato solo un caso che la scossa della morte sia arrivata di notte, perché l’edificio è crollato. Durante il viaggio di ritorno a Roma la giornalista e il cineoperatore ricevettero telefonate “esterne” che ordinarono di far sparire la cassetta perché bisognava far passare la notizia che i terremoti non si possono prevedere e che non c’era pericolo. Quelle voci silenziate Tante le testimonianze raccolte dai magistrati. Come quella di Patrizia, che racconta di aver trascorso quella notte in auto dopo la scossa delle 00:38: “Passò una vettura guidata da un uomo di mezza età che senza scendere disse: ‘Cosa state facendo qua? Rientrate in casa! Il pericolo è

passato!’. Era un volontario della Protezione civile”. Dai verbali-testimonianze si rivive l’angoscia di quei giorni, un’angoscia che andava repressa. Come gli sms recuperati dal cellulare di Carmelina – seppellita dalle macerie della Casa dello Studente – inviati all’amica Serena. “Paura, ha fatto una scossa e ci siamo messi sotto al tavolo... Ciccia Paura alla prox”. E ancora: “Mamma ci dobbiamo convivere. Fa tutti i giorni ma hanno detto che è normale e deve sfogare prima o poi finirà”. Il mattino del 31 marzo Bertolaso da Roma

La chiusura indagini per l’omissione di soccorso: “False informazioni e nessuna prevenzione”

dichiara: “Le scosse non sono tali da preoccupare, ma purtroppo a causa di imbecilli che si divertono a diffondere notizie false siamo costretti a mobilitare la comunità scientifica per rassicurare i cittadini”. Mentre l’assessore regionale alla Protezione civile Stati diceva: “Sono in continuo contatto con Bertolaso che stasera sarà alla riunione. I terremoti non si possono prevedere, quando saranno lo sa solo il padreterno”. Da notare che a quella riunione il capo della Protezione civile non partecipò: era alla Maddalena per la preparazione del G8. Secondo l’accusa, la Protezione civile non ha neppure assolto al suo compito di predisporre un piano di evacuazione informando la cittadinanza rispetto a quali regole osservare in quei giorni tipo dormire a pian terreno vicino alla porta con l’auto pronta dinanzi casa, ecc... E soprattutto non ha fatto evacuare gli edifici a rischio così come chiesto dal sindaco Cialente in una lettera riservata rimasta senza risposta a Bertolaso e al presidente della Regione Chiodi. Cialente li in-

La notte delle macerie I primi soccorritori alla Casa dello Studente: la scossa ha distrutto l’edificio, 8 ragazzi sono rimasti sepolti dalle macerie (FOTO LAPRESSE)

formava che nello scorso autunno era stato costretto a chiudere due scuole e a tenere sotto stretta osservazione altri immobili. Palazzo Chigi non risponde Lettera a cui ne seguì un’altra subito dopo la riunione della Commissione Grandi Rischi del 31 marzo – da cui il sindaco era uscito insoddisfatto – indirizzata alla presidenza del Consiglio, al governatore Chiodi e alla Prefettura de L’Aquila in cui chiedeva lo stato d’emergenza: “Chiedesi immediato stanziamento di fondi per prime emergenze soprattutto per gravi danni strutturali in due edifici scolastici ospitanti 500 alunni”. A cui si aggiunge la testimonianza dell’allora presidente della Provincia Pezzopane: “Lanciavamo continui appelli ci dicevano che la no-

stra era una psicosi”. “Rientrate in casa, qui per strada siete di intralcio per eventuali soccorsi” il leit motiv del personale della Protezione civile. Intralcio a cosa se non vi era alcun pericolo? “Io sono un Disaster Manager

I giorni prima della scossa letale i funzionari dicevano: “Tornate in casa, basta allarmismi”

L’INTERROGATORIO Il sottosegretario non convince i magistrati

Via Giulia e il cardinale Sepe: le sparate di Bertolaso di Antonio

Massari

è la bozza di una lettera, scritta C’ dal proprietario di casa e indirizzata a Guido Bertolaso, che conferma i dubbi della procura sull'episodio di via Giulia. Una lettera che non sarebbe mai giunta a Bertolaso

– non ricorda d'averla mai letta – ma che il proprietario dell'appartamento in via Giulia, nelle scorse settimane, ha ugualmente consegnato ai pm: per dimostrare che Bertolaso, in quell'appartamento, vi ha abitato. E che il saldo dell'affitto e delle bollette era spesso in ritardo. La tesi del

Il ruolo di Propaganda Fide. Ma il proprietario della casa smentisce SuperGuido

capo della Protezione civile - ventiquattrore dopo l'interrogatorio in cui tra l’altro ha spiegato di avere lui stesso contattato il cardinale Crescenzio Sepe, oggi arcivescovo di Napoli e per molto tempo ai vertici di Propaganda Fide, per avere l’appartamento - , continua a non convincere i pm. Non sono bastate due di risposte e il deposito di una sfilza di documenti: i pm Sergio Sottani e Alessia Tavarnesi continuano a nutrire dubbi su via Giulia, sui rapporti tra Bertolaso e l'imprenditore Diego Anemone, sui loro appuntamenti nell'autunno 2008. Vediamo quali sono i punti che, dalla prospettiva dell'accusa, non sembrano quadrare. Due giorni fa, Bertolaso ha confermato di aver abitato l'appartamento in via Giulia, lo stesso appartamento che compare nella “lista” dei lavori di ristrutturazione effettuati da Ane-

mone. L'architetto Angelo Zampolini, a maggio, aveva dichiarato ai pm di aver pagato personalmente l'affitto della casa, per conto di Anemone. Fatto confermato dal padrone di casa, Raffaele Curi, il quale, oltre a ricordare che l'affittuario era Bertolaso, ha ritrovato nelle proprie agende il nome di Zampolini, collegandolo ai pagamenti ricevuti. Il capo della Protezione civile ha fornito una versione parzialmente diversa che, però, non muta la sostanza degli eventi. In sintesi Bertolaso ha detto agli inquirenti: “L'appartamento mi è stato messo a disposizione grazie a un amico, che non c'entra niente con Diego Anemone, ma è vicino a Propaganda Fide. L'ho usato soltanto per qualche mese, dopo esser stato in una sorta di seminario, quando ho avuto problemi in famiglia perché litigavo con mia moglie. I miei


Giovedì 17 giugno 2010

Il racconto di un anno nelle scritte sulla collina: da “Yes we camp” a “Sos”

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PROTEZIONE E CORRUZIONE

n anno fa la protesta degli abitanti de L’Aquila ha strappato un sorriso con la grande scritta “Yes we camp” comparsa sul Colle di Roio, frazione del capoluogo abruzzese. Riprendendo il celeberrimo slogan che ha accompagnato l’elezione di Obama, un po’ di ironia ha spezzato la solennità del racconto

di chi aveva perso tutto ed era costretto a vivere in tenda. A distanza di dodici mesi la stessa collina alle porte de L’Aquila ospita un messaggio che sembra cancellare ogni voglia di sdrammatizzare. Sul Colle di Roio la grande scritta composta ieri dai manifestanti comunica la semplice richiesta di aiuto di chi comincia a perdere le speranze: Sos.

L’Aquila reale: “Macché miracolo stiamo morendo” HANNO SFILATO IN 20 MILA: “BASTA PROMESSE, LE TASSE CI STROZZANO” di Ferruccio Sansa inviato a L’Aquila

orridono mentre imboccano l'autostrada. Senza biglietto. A piedi. Ragazzi che suonano le vuvuzelas come alle partite dei Mondiali, il sindaco de L'Aquila, Massimo Cialente, insieme con i colleghi arrivati dai paesi vicini. Poi mamme con i figli in spalla, professori universitari e contadini, anziani che si fanno fresco con il ventaglio sotto il sole rovente. Ventimila persone (secondo il sindaco e gli organizzatori), un quarto degli abitanti de L'Aquila che imbocca l'autostrada. Quella per Roma: "Dovevamo

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ricordare alla Capitale e all'Italia che L'Aquila sta morendo", Giulia Donati, professoressa di scuola media la spiega così. E il miracolo dell'Abruzzo ricostruito a tempi di record? Camminando per corso Vittorio Veneto si incontra un'altra storia. La vetrina del fotografo con le immagini di due sposi sbiadite. I poster che annunciano un concerto di un anno fa. Una finestra con i vetri rotti e un topo che cammina dove una volta c'era il salotto. I manichini da un anno nudi e immobili nel negozio di vestiti. Le insegne – trattorie, bar, alberghi, banche, gioiellerie – che non indicano più nulla. Viene in mente Pom-

formato negli Anni ‘90 dalla Protezione civile – dice a verbale Sergio Bianchi che nel terremoto ha perduto suo figlio – mi hanno insegnato che la Protezione Civile è quella che è capace di fare previsione, prevenzione e corretta informazione ai cittadini in tempo di pace, la Protezione civile meno buona è quella che si deve dispiegare nelle emergenze”. È questo il punto cruciale da cui si snoda l’inchiesta: se è vero che i terremoti non si possono prevedere, è pur vero che non si può prevedere che non avverranno. Ma la Protezione civile aveva il dovere di informare la cittadinanza e non di rassicurarla, di far sgomberare gli edifici pericolanti come la Casa dello Studente. Ma questo non è stato fatto.

orari di lavoro, però, non si conciliavano con quelli del collegio universitario e ho così cercato un appartamento. Le bollette le pagavo io, l'affitto invece no, perché l'appartamento era stato messo a mia disposizione”. L'amico si chiama Francesco Silvano, è un alto esponente dell'Opus Dei, presidente del consiglio d'amministrazione dell'ospedale Bambin Gesù di Roma, e non è escluso che i pm decidano di convocarlo. Tutto questo, però, non muta i nodi essenziali della vicenda: Bertolaso non pagava l'affitto dell'appartamento, che non appartiene all'ente Propaganda Fide, ma al proprietario Raffaele Curi. E Curi ribadisce: “Io questo Francesco Romano non so chi sia e non ho rapporti con Propaganda Fide. A pagarmi l'affitto era Zampolini”. A poco servono, per sciogliere i dubbi della procura, le bollette, intestate al vecchio proprietario di casa – quello precedente a Curi – che Bertolaso ha mostrato, come prova dei suoi pagamenti, ai pm perugini. La sua versione, infatti, al momento non smen-

(FOTO ANSA)

tisce gli elementi forniti da Zampolini e Curi: la posizione di Bertolaso, sull'appartamento di via Giulia, non pare spostarsi di un millimetro. Bertolaso ha consegnato agli inquirenti il progetto realizzato da sua moglie il Salaria sport village di Anemone. “Quando ho saputo che Anemone avrebbe potuto lavorare per i Mondiali di nuoto, che si tennero a Roma nel 2009, ho chiesto a mia moglie di fare un passo indietro”. Per questo motivo la consulenza di Gloria Piermarini, che all'inizio ammontava a 90 mila euro, si riduce a 25 mila. “Ma anche suo cognato ha lavorato per le imprese di Anemone”, hanno ribattuto i pm, “perché non ha chiesto anche a lui di fare un passo indietro?”. Ed ecco la risposta – in sintesi, non letterale – di Bertolaso: “In quel caso si trattava di soldi pubblici, e non privati, come nel caso di mia moglie”. Una risposta che ha lasciato interdetti i pm. Proprio perché si trattava di denaro pubblico, ragionano gli investigatori, un passo indietro sarebbe stato ancor più necessario.

pei. Oppure il set di un film con le facciate dei palazzi – splendidi – tenute su dalle impalcature: dietro le finestre il vuoto. Ieri, però, L'Aquila è stata di nuovo una città. Per un giorno. "Un fiume di gente sul corso, come quando il giovedì sera gli studenti si ritrovavano per festeggiare", racconta Attilio, uno dei 23 mila studenti che non hanno mollato l'università. Nessuna bandiera di partito, solo quelle verdi e nere della città. E gli stendardi dei comuni. "Sos" è scritto con lettere alte dieci metri sul monte che domina la città. Vuol dire aiuto, ma anche "Sospensione delle tasse, Occupazione e Sostegno all'economia". Un messaggio all'Italia: non lasciateci soli, il terremoto non dura solo il minuto della scossa. Ma la gente sfila anche per tornare insieme nelle strade, sentire di nuovo le voci. Per incontrarsi, sentirsi vivi. Già, perché nel resto d'Italia sono convinti che L'Aquila sia rinata. Invece giorno dopo giorno sta morendo. Non c'è tempo da perdere. Così ieri gli aquilani si sono dati appuntamento alle porte del centro storico. Gente che magari non si vedeva dal 6 aprile del 2009 quando il terremoto l'aveva dispersa come una ventata. La città si sgretola, rischia di restare solo un'idea. Massimo Cialente, il sindaco, allarga le braccia: "Gli abitanti cominciano ad andarsene. Non ci sono i soldi. La ricostruzione è un sogno".

Aggiunge: "Non capisco perché alle altre regioni terremotate hanno fatto pagare le tasse arretrate dopo dodici anni e a noi dopo un anno. Agli altri hanno concesso di restituire il 40 per cento, da noi vogliono tutto. Dovremo pagare oltre un miliardo. Ma qui c'è gente che non ha da mangiare". Il corteo avanza, si ingrossa, tiene insieme tutte le anime della città. Ecco il sindaco, poi il vescovo ausiliario Giovanni D'Ercole, il presidente della Provincia Antonio Del Corvo (Pdl), i sindacati, le associazioni di categoria. Tutti, insomma. Una manifestazione con tanti registri diversi: la protesta per le tasse, ma anche il desiderio di salvare l'identità. La strana euforia per essersi ritrovati e la malinconia del ricordo. L'Aquila racchiude tutto nei suoi slogan: "Vogliamo essere trattati come trattate gli evasori fiscali". Dietro lo striscione, non agguerriti ragazzi dei centri socia-

Slogan e rabbia: “Vogliamo essere trattati come fate con gli evasori fiscali” Poi blitz verso l’autostrada

li, ma pensionati. Poi un signore che inalbera il suo cartello solitario: "Noi all'Aquila non spariamo a nessuno. A Roma c'è qualcuno che spara cazzate". Pochi gli slogan politici (mai violenti). Tre nomi ricorrono: Silvio Berlusconi, Guido Bertolaso e Gianni Chiodi (il Governatore dell'Abruzzo, Pdl, assente, ma c'era lo stendardo della Regione). Il vento è cambiato da quando un anno fa il Cavaliere camminava per le vie dell'Aquila a braccetto con Obama. E Bertolaso veniva salutato come un santo. "L'Aquila sta morendo sotto i nostri occhi", racconta Camilla Inverardi, discendente di una dinastia di architetti cittadini. Spiega: "Noi siamo pronti a ricostruire. Ma dopo quattordici mesi mancano ancora le linee guida e non si possono presentare progetti". C'è un altro punto: i progetti di recupero sono stati riuniti in "aggregati". Non si può ricostruire per conto proprio, bisogna farlo tutti insieme. Così devi fare la gara di appalto. Come dire: decideranno le autorità chi ristrutturerà casa tua. Un'altra storia che qui fa storcere il naso. Ma lo stesso non c'è violenza. Dopo un'ora si abbandona l'autostrada ricordando i "308 morti che aspettano giustizia e i 16 mila disoccupati". Intonando tutti insieme "Doma'", canzone scritta dagli artisti de L'Aquila: "Retrovo ji amici co na tazza e n'abbraccio. E di nuovo ju centro è la vita per me".

MR. SILVANO Da Mani Pulite all’economato dell’arcivescovo chiama Francesco Silvano e attualmente è Spiùil’economo dell’Arcidiocesi di Napoli e uno dei stretti collaboratori del Cardinale, Crescenzio Sepe. E’ lui la persona che avrebbe messo a disposizione di Guido Bertolaso l’abitazione di via Giulia a Roma. Così ha affermato il sottosegretario alla Protezione Civile di fronte ai pm di Perugia, indicando Silvano come “amico personale e collaboratore di Propaganda Fide” e contraddicendo la deposizione del proprietario dell’appartamento, Raffaele Curi, che invece ha individuato nell’architetto Angelo Zampolini colui che provvedeva a pagare l’affitto e le bollette, lasciandone peraltro qualcuna insoluta. Silvano vive prevalentemente a Napoli ma da qualche giorno, affermano fonti vicine alla Curia, è tornato a Roma – dove dispone di una casa – a causa di alcuni problemi di salute che al momento gli impedirebbero di svolgere il suo lavoro. Uomo di Comunione e Liberazione, ha un legame fortissimo con il Cardinale Sepe. Un legame consolidato negli anni in cui l’Arcivescovo di Napoli ha

ricoperto il ruolo di Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli (Propaganda Fide), e Silvano ne era uno dei dirigenti. E’ il periodo in cui Angelo Balducci viene nominato Consultore della stessa Congregazione. Negli anni della prima repubblica, fino al 1993, Silvano è stato amministratore della Stet, la finanziaria dell’Iri nel settore della telecomunicazione. La società era arrivava a fatturare 33 miliardi delle vecchie lire e a impiegare 133000 persone, prima di fondersi nel 1997 in Telecom Italia spa. Le cronache di Tangentopoli riferiscono di un suo arresto nell’ambito delle indagini su una tangente di circa quattro miliardi che secondo l’accusa sarebbe stata pagata all' ex direttore dell' Asst. In seguito, Silvano ha lavorato in Propaganda Fide con Sepe e ha fatto parte del direttivo dell’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma, prima di seguire l’Arcivescovo a Napoli. Presto, probabilmente, i pm di Perugia lo chiameranno per confermare la versione dell’amico Bertolaso. v.i.


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Sul Secolo la strategia dei finiani sul ddl: modifiche fondamentali

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AD PERSONAM

finiani escono allo scoperto sul ddl intercettazioni: la loro linea viene esposta in due articoli su Il Secolo d’Italia, diretto dalla fedelissima del presidente della Camera, Flavia Perina. Nell’articolo a firma di Valerio Goletti infatti vengono indicati i tre punti che non convincono i finiani e sui quali si vuole aprire il dibattito. Il primo è quello relativo al limite di 75 giorni per le intercettazioni : “La

proroga di tre giorni in tre giorni - commenta Goletti appare troppo macchinosa: meglio una formulazione più adeguata capace di rendere più fluide le indagini”. Il secondo punto critico del ddl, secondo Il Secolo, è la questione dei reati spia che “ sono da ritenere centrali per dare forza e credibilità alle inchieste antimafia”. Terzo e ultimo punto è quello relativo alle multe agli editori: “ I grandi giornali potrebbero rischiare di più,

mentre i piccoli si troverebbero svantaggiati dinanzi all’eventualità di multe salate”. In un altro articolo sul Secolo , a firma di Maurelli, vengono smontate le minacce di molti “falchi” di andare alle urne se il ddl non dovesse essere approvato così com’è : “Statene certi sul tema delle elezioni, come spauracchio per provare a ricompattare il partito, non si consumerà neanche il tempo di un caffè”.

MIJATOVIC DELL’OSCE: “È DA UN ANNO CHE LANCIAMO L’ALLARME SUL BAVAGLIO” La rappresentante europea: può criminalizzare il lavoro dei giornalisti di Giampiero Gramaglia

a legge bavaglio “può potenzialmente criminalizzare il lavoro dei giornalisti” in Italia. Le certezze e la fermezza di Dunja Mijatovic, la responsabile dell’Osce per la libertà dei media, non sono minimamente scalfite dalle reazioni intimidatorie della presidenza del Consiglio e della Farnesina alla sua richiesta all’Italia di rinunciare al disegno di legge sulle intercettazioni o di modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressio-

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La responsabile conferma

Preoccupata per le restrizioni a pubblicare i documenti relativi a procedimenti giudiziari

ne. Silvio Berlusconi ha reagito chiedendo all’Osce, l’organizzazione internazionale che riunisce tutti e 56 i Paesi europei, di “non interferire”, mentre il ministero degli Esteri ha giudicato “inopportuna” l’iniziativa della Mijatovic, che, però, non fa marcia indietro e ricorda

“l’avevo già detto un anno fa alle autorità italiane”. E le polemiche non s’arrestano. Le richieste della Mijatovic sono state ieri rinviate al mittente dal ministro della Giustizia Angelino Alfano. "È una dichiarazione che non condividiamo - ha detto il Guardasigilli ai microfoni del Tg2 -: la rappresentante dell'Osce deve essere mal informata o non ha studiato bene il testo. Noi preserviamo la privacy dei cittadini, che è un grande valore tutelato dall'art. 15 della Costituzione". Il provvedimento – ha ricordato il ministro – "è in Parlamento da due anni e attua un punto del programma voluto dai nostri elettori concordi per fermare l'abuso delle intercettazioni senza però impedirne l'uso". Bosniaca, in carica dal marzo scorso, un’esperienza nazionale, europea e internazionale in questo campo più che decennale, la Mijatovic chiarisce, rispondendo alle domande de Il Fatto, perché pensa che la legge bavaglio possa limitare la libertà di stampa: “Nella mia dichiarazione, diffusa martedì, esprimo tre preoccupazioni: primo, le rigide restrizioni alla pubblicazione di documenti relativi a procedimenti giudiziari o ad indagini di polizia prima dell’inizio di un processo; secondo, l’introduzione di una sanzione pecuniaria fino a 450 mila euro per gli editori e di una pena fino a 30 giorni di prigione e di una sanzione pecuniaria fino a 10 mila euro per i giornalisti che pubblicano fughe di notizie sulle

intercettazioni prima dell’inizio di un processo; terzo, la possibilità di una pena detentiva per chiunque non sia un giornalista professionista e riprenda o registri una persona senza la sua approvazione preventiva”. Quindi spiega come è venuta a conoscenza dell’iniziativa legislativa italiana: “Abbiamo seguito da vicino il processo legislativo per un anno e avevamo già sollevato le nostre preoccupazioni sul disegno di legge un anno fa con il presidente del Senato, Renato Schifani. Gran parte delle nostre in-

Il ministro Angelino Alfano

Deve essere mal informata o non ha studiato bene il testo. Noi preserviamo la privacy

formazioni vengono dalla comunità mediatica e da organizzazioni non governative per la libertà della stampa”. Quindi “l’intervento dell’Osce – continua la Mijatovic – si fonda sul mandato dell’Osce, in particolare di segnalare agli Stati dell’Organizzazione quando

essi non sono allineati, non rispettano, gli obblighi imposti loro dall’appartenenza all’istituzione internazionale. Questo è quello che abbiamo fatto e mi rallegro che il governo italiano ne abbia preso nota”. L’Osce è l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, nata, dopo il crollo del Muro e dei regimi comunisti e la frammentazione dell’Unione sovietica, dalla Csce, la Conferenza per la sicurezza e la cooperazione in Europa, che produsse, nel 1975, l’Atto di Helsinki, dove già si parlava di libertà di stam-

pa e di espressione. L’Osce è la meno nota delle Istituzioni internazionali europee ed è attiva soprattutto sui fronti di conflitto nell’ex Urss e nell’ex Jugoslavia. In queste ore, la Mijatovic è in missione: martedì era a Mosca, a un convegno di giornalisti russi, e ha commentato con favore una risoluzione della Corte Suprema russa sulla libertà di stampa. Da Vienna, dove c’è il quartier generale, i portavoce gestiscono con grande efficienza le richieste di chiarimenti dei giornalisti italiani. Il Fatto ha anche chiesto

all’Osce se si riconosce nelle dichiarazioni della Mijatovic: “Lei è la nostra rappresentante per la libertà di stampa e ha il mandato da tutti i 56 Stati dell’Organizzazione di seguire gli sviluppi che interessino i media nella nostra area, cercando, con particolare attenzione, di fornire sollecite segnalazioni sulle violazioni della libertà di espressione”. L’Osce avalla i suoi commenti sulla Legge Bavaglio? “Le sue dichiarazioni possono essere considerate dichiarazioni dell’Osce quando c’è di mezzo la libertà dei media”.

SONO 40MILA gli italiani “ascoltati” Lo 0,6 per cento di quanto dice B. er il premier 7 milioni e mezzo di cit- no stati lo 0,07%. Al costo di 272.665.168 Pministero tadini sono intercettati. Ma i dati del di euro”. Di questi, 212 milioni sono serdella Giustizia parlano di poco viti per gli apparati e 12 per l’acquisizione più 130 mila decreti di intercettazioni all’anno, in riferimento alle utenze sotto controllo. Ma se parliamo di persone fisiche, le stime ci dicono che non arrivano a 40 mila. Inoltre l’80% delle intercettazioni riguarda reati di mafia. In indagini di droga e criminalità organizzata chi è sotto controllo usa anche 9 telefoni. “In particolare - ricorda il presidente dell’Anm, Luca Palamara -, nel 2009 sono state 119.553 le utenze telefoniche intercettate, 11.119 gli ambienti sottoposti ad ascolti. In tutto i ‘bersagli’ sono stati 132.384. Ma le persone fisiche sotto intercettazione, sulla base del fatto che ciascuna in media usa due, 3 telefoni, sono state 39.667. Quindi nel 2009 i cittadini italiani intercettati so-

dei tabulati telefonici. Che da quest’anno le compagnie telefoniche dovranno fornire gratuitamente. Invece continueranno a essere pagate due volte le telefonate: sia dall’intercettato che chiama dalle sue utenze, sia dallo Stato che intercetta. Non è così invece in molti paesi europei. Comunque, ha precisato il vicepresidente dell’Anm, Gioacchino Natoli, “sono spese che vengono anticipate dallo Stato e poi recuperate a carico dei condannati”, ma “se chi lo deve fare non LE UTENZE TELEFONICHE ottempera, non è colpa della magistratura”. a.masc.

119.553

QUELLE AMBIENTALI

11.119

Intercettazioni, anche Bossi si mette di traverso

IL TOTALE

E BERLUSCONI ALZA IL TIRO E “SFIDA” NAPOLITANO: "VEDIAMO SE RITERRÀ OPPORTUNO FIRMARE"

LA PERCENTUALE

di Antonella Mascali

e Sara Nicoli gli attacchi frontali: "In Italia Pdellarima siamo tutti spiati, non c´è tutela libertà di parola, così non può essere un Paese civile, c´è una piccola lobby di magistrati e giornalisti che è contro il ddl". Quindi la sfida a Napolitano: "Vediamo se riterrà opportuno firmare". E, infine, il colpo contro la Corte Costituzionale: "La sinistra si appellerà alla Corte che, a quanto mi dicono, la boccerà". Sembrava animato da una rabbia fredda ieri il Cavaliere. E sempre più deciso a sfidare tutto e tutti pur di avere la meglio sul ddl intercettazioni. Incurante anche dei riflessi internazionali della scelta di difendere una normativa palesemente incostituzionale e illiberale, ieri il premier ha però ricevuto lo smacco più grande dalle parole dell´alleato di ferro, Umberto Bossi. Che sulle intercettazioni non ha avuto dubbi: "Blindatura del testo? Se c´è qualche emendamento, mica si butta...". Parole come pietre per Berlusconi. In sostanza, anche la Lega appoggia

quelle modifiche necessarie a rendere il ddl almeno costituzionalmente accettabile. Un’uscita che il cavaliere non si aspettava. E che ha reso molto diverso dalle attese il clima durante il vertice di ieri pomeriggio a palazzo Grazioli, presenti i coordinatori del Pdl e i capigruppo. Alla fine, Berlusconi avrebbe deciso di cambiare strategia. Almeno sui tempi. L’idea, infatti, è quella di lasciare a Fini ampio spazio per decidere i tempi della discussione del ddl alla Camera, che si incrocia con la riforma dell’università e la manovra. "A me non interessa se si va a settembre - avrebbe detto, alla fine, Berlusconi - basta che poi si chiuda lì". Il problema è che sembra impossibile garantire la blindatura del testo per evitare la quarta lettura al Senato. Ecco perché l´uscita di Bossi è stata considerata spiazzante. Nella tarda serata di ieri, ambienti vicini al premier ipotizzavano addirittura una suo cambiamento anche in merito al testo, un’apertura a modifiche sostanziali che, invece, Ghedini ha smentito. Ma non è detta l´ultima parola. L’idea è che Berlusconi stesso adesso abbia chiaro di essersi infilato

in un pantano da cui sembra impossibile riemergere senza danni. I punti controversi nel ddl sono parecchi, si va dalla durata delle intercettazioni, all’azzeramento delle ambientali, fino alle multe abnormi per gli editori, che ieri Italo Bocchino ha bollato come "schizofrenia legislativa". Per non parlare della questione del bavaglio a internet. Un pasticcio. Solo per mettere a tacere i giornalisti e soprattutto fermare le inchieste dei magistrati. E pur di avallare la sua "guerra santa" contro le intercettazioni il premier si è messo a dire che in Italia non c´è democrazia, cioè quello che sostengono i suoi oppositori. Si sente le mani legate, Berlusconi, e quindi è ritornato al suo chiodo fisso: bisogna cambiare la Costituzione "che risente della “dittatura". Una risposta a questo sacro furore è arrivata, indirettamente, da Napolitano. Che ricordando Giuliano Vassalli, ha raccontato come il giurista considerasse "normale che la Corte Costituzionale potesse censurare anche leggi da lui sottoscritte come ministro della giustizia". Altri tempi, certo. Il Cavaliere ieri ha dato anche i nu-

meri, quelli che sono nella sua testa, sugli intercettati: "Siamo tutti spiati, ci sono 150mila telefoni sotto controllo, è intollerabile. Ciascuno di noi parla nel tempo con 50-100 persone e basta moltiplicare 150 per 50 persone, significa che ci sono 7 milioni e mezzo di persone che possono essere ascoltate". Ignorando che non ci sono più le Preture da anni, ha aggiunto: "Soltanto io sono stato ascoltato da una piccola pretura come quella di Trani 18 volte e puntualmente sono finito sui giornali. Ci rendiamo conto che così non siamo in un paese civile, non è una vera democrazia. Non viene tutelata la libertà di parola. Non possiamo tollerarlo più". Sulla gigantesca bufala dei milioni di intercettati, ha risposto il presidente dell´Anm, Luca Palamara: "Non è vero che siamo tutti spiati. È solo una vulgata. I dati lo smentiscono". E ha ricordato che nel 2009, sono state intercettate poco meno di 40 mila persone su 60 milioni di italiani . Palamara ha inoltre ribadito il" giudizio negativo" sulla legge che " limita la libertà di stampa e mette in ginocchio il sistema giustizia.

39.667 0,07% DI ITALIANI IL COSTO DEGLI APPARATI

212 MILIONI DI EURO ACQUISIZIONE TABULATI

12 MILIONI LA SPESA DEL 2009

272 MILIONI


Giovedì 17 giugno 2010

AD PERSONAM

Il ddl in commissione alla Camera; l’approvazione slitta a settembre

Parte questa mattina, in commissione Giustizia della Camera, il nuovo iter del ddl intercettazioni. La presidente, Giulia Bongiorno, ha spiegato che prenderà “tutto il tempo necessario” per un approfondimento “doveroso” del testo, ma è più che probabile che la calendarizzazione in aula del provvedimento avvenga per i primi di luglio, quando è prevista una nuova riunione della conferenza dei capigruppo di Montecito-

rio: per il mese di giugno non c’è più spazio. Dunque, ci si avvia verso un passaggio lento del ddl che, quindi, potrebbe slittare a settembre per l’approvazione. A quanto si apprende Fini avrebbe detto con chiarezza che non intende tenere aperta la Camera ad agosto, come paventato da Cicchitto. È evidente che la volontà di Berlusconi di avere il ddl approvato prima (S.N) della pausa estiva potrebbe essere disattesa.

“Ma ora la criminalità sta brindando” SPATUZZA ALLE PROCURE: CONTINUERÒ A PARLARE In una lettera spiega: “Sono amareggiato ma credo ancora nelle Istituzioni Ma preoccupato per i familiari” di Sandra Amurri

arrivata senza farsi attendere la risposta del collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza alla decisione della Commissione centrale del Viminale di bocciare la richiesta di ammissione al programma di protezione in quanto ha reso dichiarazioni fuori dal termine dei 180 giorni imposto dalla legge. Nella lettera inviata alle Procure di Caltanissetta, Palermo, Firenze e alla Procura Nazionale Antimafia, Spatuzza dal carcere di massima sicurezza dove vive in regime di isolamento scrive: “Ho appreso dai mezzi di informazione che non sono stato ammesso al programma. Sono amareggiato ma non ho perso la fiducia nelle Istituzioni. Il mio unico pensiero va ai miei familiari perché renderà più difficile una riconciliazione con loro.

È

Penso alla criminalità organizzata che sta brindando a questa vittoria ma penso anche che c’è una parte dello Stato di persone oneste e di buona volontà che sono disposte a portare avanti quel pezzo di verità che rappresento. Chiedo soltanto rassicurazioni sull’incolumità della mia vita ma comunque voglio dire che se ho dato un pezzo della mia vita per il male sono ben disposto a perderla per il bene. Con la più totale osservanza allo Stato e alle leggi. Sono sempre a disposizione a portare avanti questa mia ammissione per poter dare quel pezzo di verità a tutte quelle persone oneste e di buona volontà”. Queste sono le parole di un criminale che si è macchiato di sangue innocente e ha deciso di passare dalla parte dello Stato. Ora Spatuzza, il boss che ha restituito la verità sulla dinamica della strage di via

D’Amelio che sta offrendo il primo prezioso contributo per arrivare a chi ha voluto quella strage e le stragi del ‘93 assieme a Cosa Nostra, non avrà più diritto al pagamento dell’avvocato e neppure a quei 200 euro al mese per le sigarette e poco altro. Ma soprattutto, come spiega nella lettera, ha perduto la possibilità che suo figlio, sua moglie che si sono dissociati dalla sua scelta di collaborare possano un giorno cambiare idea perché ora non ci sarà nessuno ad offrire loro protezione. Eppure nonostante questo lui non indietreggia fino a mettere in conto di essere ammazzato. Un errore di valutazione quello di decidere di fare il nome di Berlusconi e Dell’Utri solo dopo essere stato considerato attendibile ed essere stato ammesso al programma di protezione provvisorio per timore, se lo avesse fatto subito, di es-

sere accusato di fare il nome del presidente del Consiglio per ingraziarsi le procure rosse. “Ho sbagliato ma leggevo tutti i giorni gli attacchi della politica ai magistrati rossi se avessi fatto prima quei nomi con il cavolo che mi avrebbero dato il programma di protezione”. A dimostrazione di quanto attaccare i magistrati, definirli pazzi politicizzati, serva a creare un clima di intimidazione che condiziona il raggiungimento della verità. Per questo Spatuzza ha raccontato ciò che gli aveva riferito il boss Giuseppe Graviano a proposito del premier e del senatore Dell’Utri solo dopo un anno in dibattimento. E la memoria torna indietro a Tommaso Buscetta quando disse al giudice Falcone che i tempi non erano maturi per fare i nomi dei politici. Un errore quello di Spatuzza che è stato prontamente utilizzato per dare al problema rappresentato dalle sue dichiarazioni una soluzione politica mascherata da ragioni amministrative. I piani di valutazione del collaboratore sono due e distinti fra loro come stabilito dalla legge del gennaio 2001 voluta dal governo di centrosinistra che fissa un limite entro cui deve dire tutto quello che sa per evitare di rendere dichiarazioni a rate: uno amministrativo e uno giudiziario. Per quello amministrativo,

Spatuzza non è da considerarsi collaboratore di giustizia perché ha parlato fuori tempo massimo, per quello giudiziario è e resta una chiave indispensabile per fare luce su una delle pagine più oscure della Repubblica. Una decisione che il procuratore di Caltanissetta Sergio Lari definisce “gravissima” che invia un segnale inequivocabile: in questo Paese non c’è posto per la verità e un cavillo per fermarla lo si trova sempre. Una verità che l’associazione dei familiari delle vittime di via dei Georgofili continuerà a perseguire come si legge in una lettera aperta a Spatuzza: “Lei collabora con la giustizia nella quale confidiamo malgrado tutto e da quando le procure l’hanno dichiarata attendibile a lei guardiamo riponendo tutte le nostre speranze”. Gaspare Spatuzza in un’elaborazione di Manolo Fucecchi

Visto dall’estero Un Paese nel quale i legami tra potere e criminalità sono stretti e oscuri

Un Paese fuori dalle democrazie moderne di Joel Weickgenant *

scorso mese di aprile i Ntro ello media italiani sono stati teadi una sceneggiata che sarebbe apparsa irreale praticamente in tutti gli altri Paesi del mondo occidentale. Il primo ministro Berlusconi ha criticato gli italiani che “facevano pubblicità” alla mafia scagliandosi in modo particolare contro Roberto Saviano e il suo libro “Gomorra” che ha messo sotto la lente di ingrandimento la corruzione legata alla Camorra e l’inquinamento criminale dell’economia nella sua regione, la Campania. Berlusconi ha affermato che gli scritti di Saviano e di altri intellettuali come lui rendono famosa la mafia e danneggiano l’immagine dell’Italia. La settimana scorsa la coalizione che appoggia il governo Berlusconi ha approvato in Senato una legge anti-intercettazioni che ostacola le attività investigative e favorisce la crimi-

nalità organizzata. Il governo assicura che le indagini in materia di organizzazioni criminali e terroristiche non subiranno alcuna limitazione. Il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, ricorda che alcuni arresti eccellenti sono stati la conseguenza di intercettazioni relative a reati meno gravi e che con la nuova legge queste intercettazioni sarebbero vietate. Il procuratore nazionale antimafia, Pietro Grasso, è del parere che la nuova legge ostacoli in particolare la lotta al riciclaggio. Berlusconi ribadisce che la nuova normativa si propone di tutelare la privacy dei comuni cittadini e di allineare la legislazione italiana agli standard in materia di libertà civili alle altre democrazie. Il vero problema è che l’Italia non assomiglia affatto alle altre democrazie occidentali. L’Italia è un Paese nel quale le istituzioni – dalle forze armate alle autorità locali – si sono dimostrate in passato in-

festate da funzionari corrotti e permeabili all’influenza della mafia, un Paese nel quale i legami tra potere e criminalità sono stretti e oscuri e nel quale le organizzazioni criminali sono spesso più rapide ed efficienti del malridotto sistema giudiziario. Alla fine del mese scorso, vincendo il naturale riserbo diplomatico, il governo degli Stati Uniti si è visto costretto a manifestare la sua preoccupazione per la sostanziale cancellazione di questo importante strumento investigativo. L’inquietante sospetto è che la legge non abbia lo scopo di proteggere la privacy dei cittadini, ma che sia in realtà l’ennesima legge ad personam volta a proteggere la classe politica al potere. Scandali quali quello degli appalti per la ricostruzione di L’Aquila dopo il terremoto e quello relativo alle imbarazzanti rivelazioni sulla vita sessuale di Berlusconi non sarebbero venuti alla luce sen-

za le intercettazioni. Con la nuova legge i giornalisti che pubblicassero il contenuto delle intercettazioni prima del processo rischierebbero una pesante multa e il carcere. Non è un semplice problema di criminalità e giustizia. La lotta alla mafia è anche un imperativo economico. Roma non riuscirà a ridurre il debito senza affrontare i problemi strutturali che ostacolano la crescita. Camorra e `Ndrangheta sono al centro di un sistema economico-criminale che demoralizza gli imprenditori, danneggia la competitività, tiene lontani gli investitori e distrugge posti di lavoro. Secondo SOS Impresa il giro d’affari della mafia è di 135 miliardi di euro l’anno e la maggior parte delle aziende al sud pagano il pizzo. Il presidente della Confesercenti, Marco Venturi, ha detto al Sole 24 Ore che la mafia costa all’economia 200.000 posti di lavoro l’anno. Se davvero I boss della crimina-

Il sospetto è che la legge non abbia lo scopo di proteggere la privacy dei cittadini lità organizzata sono pronti a far saltare i tappi di champagne per l’approvazione di questa legge “burletta”, a soffrirne non saranno soltanto giornalisti e pubblici ministeri. Il prezzo più alto continueranno a pagarlo quanti soffrono a causa di un sistema economico malato che attecchisce dove regnano paura e silenzio. *© Wall Street Journal Traduzione di Carlo Antonio Biscotto

Valentini, Galli Della Loggia e il ruolo dei colleghi politici

di Caterina Perniconi

giornalisti seduti in Par“I lamento non stanno votando una legge qualsiasi ma si stanno occupando di un pilastro della democrazia”. L'opinione dell'editorialista di Repubblica, Giovanni Valentini, in merito alla responsabilità dei membri del Parlamento sulla legge bavaglio e un possibile intervento da parte dell'Ordine dei giornalisti è comparso sabato scorso sul giornale di Ezio Mauro. Martedì il Fatto ha rilanciato la proposta del presidente dei deputati Idv Massimo Donadi. Ma ieri, sul Corriere della Sera, Ernesto Galli della Loggia ha usato parole sprezzanti ignorando da dove fosse partita. Valentini, quella del Corriere è solo una svista? Sono misere ripicche editoriali. Credo che ognuno si sceglie gli avversari come ritiene: meglio non attaccare politici e grandi giornali. Della Loggia giustifica i parlamentari giornalisti citando la Costituzione: “I membri del Parlamento non possono essere chiamati a rispondere delle opinioni espresse e dei voti dati nelle loro funzioni. Sbaglia. Cita la Costituzione e il primo comma della stessa. Che non esiste. Per lui la Carta sarebbe fondata su quella frase, che invece sta nell'art. 68. Su questo punto i costituenti discussero a lungo. Perché è una metastasi dilatata dell'immunità parlamentare. La prima versione diceva che i parlamentari non potevano essere chiamati a rispondere. Poi fu convertita nel '46 in 'non possono essere perseguiti'. Nel '93 è diventata com'è adesso. Questo cosa comporta? Quella in votazione non è una legge qualsiasi sull'informazione. É una questione fondamentale di libertà dell'informazione che riguarda la democrazia. Qual è il rischio? Involontariamente o inconsapevolmente si rischia di fare il gioco della casta, o della cricca: difendere quel parlamento di intoccabili in cui tra l'altro ci sono persone con doppi o tripli incarichi e numerosi pregiudicati. É importante poi non confondere l'Fnsi, che è il sindacato dei giornalisti, con l’Ordine dei giornalisti che ha una legge istitutiva che prevede doveri deontologici da rispettare. E non mi meraviglio che in Italia molti intellettuali abbiano il vizio di assecondare le tendenze autoritarie del potere e si preoccupino più di coprire le responsabilità del regime televisivo che di difendere libertà e opinione”.


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Giovedì 17 giugno 2010

Tra accordi e rotture le tappe della vicenda Santoro

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DISINFORMAZIONE

a bomba esplode a metà maggio di quest’anno, con i media che parlano di un accordo per un divorzio consensuale tra la Rai e Michele Santoro. Su giornali, tv e Web si moltiplicano i commenti alla notizia, tra chi accusa il giornalista di essersi fatto “comprare” e chi dice di comprendere la sua stanchezza per dover combattere una guerra

a ogni puntata di Annozero. Santoro chiarisce la sua posizione nel corso della trasmissione del 19 maggio: “Non ho firmato nessun accordo. Se volete che resti – dice rivolgendosi ai membri d’opposizione del cda Rai e al presidente Garimberti – non avete che da chiederlo. Ma Annozero deve essere considerata la perla del servizio pubblico”. Garimberti risponderà il 7

giugno: “Per me Annozero può cominciare”. Il direttore generale Masi, però ha ricordato l’accordo con Santoro del 18 maggio. Il giornalista salernitano, nell’ultima puntata di Annozero, ha definito la trasmissione “un cavallo che continuerà a correre”. Dai palinsesti Rai, per Santoro, in autunno è prevista una generica “trasmissione informativa”.

LE NON RISPOSTE DI MASI

Su Ruffini: “Totalmente infondato” il reintegro alla direzione di Rai 3. Nessuna posizione su “Annozero” di Caterina

ENRICO BERTOLINO Addio Glob

Perniconi

e decisioni dei giudici devono essere applicate e per questo abbiamo reintegrato Ruffini, ma riteniamo l’ordinanza totalmente infondata in fatto e in diritto”. Incalzato dai membri della Commissione di Vigilanza Rai e dal presidente Sergio Zavoli, il direttore generale Mauro Masi non dà risposte nel secondo giorno di audizione. Ma trova il tempo per ribadire il suo giudizio sulla vicenda dell’ex direttore di Raitre, Paolo Ruffini. “Gli incarichi dati a Ruffini erano di tutto rispetto, non c'é stata alcuna rimozione” ha continuato Masi, dimenticando l’intercettazione del 3 dicembre 2009 quando dichiarava, al telefono con Giancarlo Innocenzi, “abbiamo mandato via pure Ruffini”, considerato dai giudici un chiaro riferimento alle volontà del presidente del Consiglio. “Era un mio diritto ricorrere alla magistratura – ha dichiarato Paolo Ruffini al Fatto quotidiano – io credo l’ordinanza sia fondata sia in fatto che in diritto. Ad oggi un giudice ha stabilito che c’è stata rimozione per motivazioni di discriminazione politica e le offerte che ho ricevuto in seguito non erano equivalenti”. Secondo il suo legale, Domenico D’Amati, “quella di Masi è solo un’opinione personale, uguale a quella di un qualsiasi cittadino. Starà ai legali dimostrarlo con delle valide argomentazioni”. Sugli altri temi, nessuna risposta. “Su Michele Santoro risponderò a tutte le domande dopo che la vicenda sarà definita in termini formali”, ha detto Masi. E quando il presidente Sergio Zavoli lo ha incalzato sull’ipotesi di sostituzione di Corradino Mineo a Rainews con un direttore indicato dalla Lega, ancora nessuna risposta: “Questione da discutere”, ha detto evasivo il manager. “Risposta prevedibile”, ha replicato il senatore a vita. Che poi ha chiesto chiarimenti sul Tg1. “Che ne pensa – ha domandato Zavoli – dell’introduzione dell’effimero nella seconda parte del Tg1, tanto da suscitare la sensazione di una sorta di disimpegno su temi più rilevanti?”. Il dg ha difeso a spada tratta Minzolini: “Il Tg1 è un telegiornale vivo, che segue i trend della società e fa contaminazione di generi, che è il futuro delle televisione”. Poi gli ascolti della testata: “Il Tg1 soffre meno del Tg5 la crisi. Nei primi cinque mesi dell’anno ha perso l’1,3%, mentre il Tg5 ha perso l’1,8%”. Pronta la replica del

“Mi fanno fuori dopo 4 anni di successi”

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di Carlo

Tecce

Glob. “Davvero? La tabella di ASonoddio marcia prevede la chiusura il 4 luglio. un conducente di un tram, porto il

Il Dg Rai, Mauro Masi (FOTO ANSA)

capogruppo Idv, Pancho Pardi, che sbandiera i dati del servizio Affari istituzionali della Rai: “Il Tg5 perde sempre meno del Tg1, indipendentemente dalle cifre assolute. Nella stagione 2009-2010 il Tg1 delle 20.00 ha perso l’1.52% di share ed il Tg5 ha solo lo 0.69%”. Sulla concorrenza con Mediaset si è basata buona parte dell’audizione, e secondo Pardi “Masi ha fatto una ricostruzione apologetica delle capacità della Rai che invece lavora 24 ore su 24 a servizio di Berlusconi”. E il momen-

to caldo ha forse inibito il dg dal fare nuove nomine. Il Cda, infatti, tornerà a riunirsi oggi ma non è stato consegnato ai consiglieri nessun pacchetto (sarebbe dovuto avvenire 48 ore prima dell’appuntamento). All’ordine del giorno le comunicazioni del direttore generale e le regole interne sugli appalti. Sicuramente Masi non scioglierà i nodi che lo legano, da Santoro, alla Dandini, a Saviano.

mezzo sulla linea indicata e cari saluti”. Enrico Bertolino, i suoi poteri di manovra? Zero. Aspetto, posso pregare. E non chiede aggiornamenti al direttore Ruffini? Eh, al comandante Marcos dei tram. Vorrei soltanto un po' di solerzia per chi lavora con me: giovani già svezzati e ingaggiati dalla rete. Non ho la vocazione al martirio come alcuni colleghi. Bertolino incatenato al cavallo della Rai! Mi trovano ossidato come i lucchetti di Federico Moccia a ponte Milvio. Allora, addio. Prima di serrare passo dall'inizio: 4 anni, 106 puntate, 9,7 di share, un milioni di telespettatori nell'ultima stagione. Eppure leggende Rai narrano di un direttore generale Masi infuriato con Ruffini: “Non mi piace quel comico bergamasco”. Denota mancanza d'informazione: il muratore bergamasco era un mio personaggio, io sono milanese di origini valdostane. Accetto volentieri pareri negativi. Anche il ministro Bondi mi critica. Chissà se sono poco gradito a Masi o a qualcuno di sua stretta conoscenza. Censura. L'azienda è forte perché noi siamo longevi, potranno sempre giustificarsi: siete in video da tempo, vogliamo sperimentare. Non farò varietà né tradirò il pubblico:

La difesa del telegiornale di Minzolini: “È vivo, segue i trend della società e contamina i generi”

IL FATTO NEL MIRINO

LIBERO A CANNE MOZZE l giornale di Dell’Utri, “Libero” si occupa del “Fatto”, e questo è già motivo di preoccupazione. Ma quando abbiamo letto il titolo: “Messaggi mafiosi del Fatto ai giudici di Dell’Utri”, abbiamo avvertito un gelido brivido sulla schiena, un sapore di sasso in bocca, un sentore di lupara. Smarriti ci siamo detti: ecco qua un chiaro messaggio degli amici dell’amico o dell’amico degli amici. Qualcuno ha mormorato: occhio ragazzi, questa è gente che non scherza. Il testo siglato M.B. (Mammuzza Bella?) lascia pochi dubbi sui mandanti. Che fossimo nel mirino dell’organo di Dell’Utri lo sapevamo. Ma che qualcuno stesse col dito sul grilletto, chi poteva immaginarlo? Senatore si metta una mano sul cuore. Se abbiamo toccato qualche uomo d’onore, ce ne dispiace. Siamo bravi ragazzi. Teniamo famiglia. Per cortesia, lo dica ai picciotti di “Libero” di non aspettarci di notte sotto il portone. Baciamo le mani.

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Enrico Bertolino in un ritratto di Emanuele Fucecchi

ringrazio e vado via. Guardi: l'hanno già cacciata, la domenica sera Raitre avrà Gene Gnocchi. Un minino di astinenza dalla televisione fa bene: farò teatro, scriverò, girerò. E poi c'è Internet, lassù o laggiù siamo davvero liberi da condizionamenti. Pressioni? No, no, no. E nemmeno coperture politiche: se dovessi aspettare il Pd per un sostegno, farei in tempo a morire. Certo, sono rammaricato. Perché vincono loro. Diverso: perdiamo noi. Un programma che costa una mezza scenografia di Raiuno. Per questi motivi sono favorevole alla pubblicazione dei compensi. Quanto guadagna? Circa 7 mila euro lordi a puntata. Ho versato una quota del mio stipendio a due stagisti. Sembrerò un idealista, ma credo ancora nel lavoro di squadra. E l'extra l'ho investito in una Onlus in Brasile. Non ho autisti né pretese da ricco. Cos'è un messaggino per i nemici? Non sono il tipo che fa lotte di resistenza. Volete Glob? Bene. Volete altro? Arrivederci. Per il calcio sarebbe un ambidestro: campionati nel servizio pubblico e in società private, differenze? A Mediaset c'è professionalità e determinazione. Trasmissioni come le Iene e Zelig vanno avanti da sole. Il prezzo da pagare sono i tuoi riferimenti: ti ordinano, tu esigui, e arriva il successo. Com'è la vita tra i dissidenti di Raitre? Meravigliosa. Ho iniziato con Ruffini e un vice di Alleanza nazionale. A volte i dipendenti non seguono logiche di produzione. Sembrano, non vorrei dirlo: logiche clientelari. L'ha detto. E spesso vai a sbattere contro muri di gomma. La tua proposta ti rimbalza in faccia. Glob studia la comunicazione. Promossi? Bocciati. Siamo affetti da agenda setting: mediano la realtà, sparano notizie per deviare l'opinione pubblica. Nel Tg1 non c'è una notizia al posto giusto. Come sta la satira? Non è tollerata perché manca ironia. La satira deve fare incazzare. La parodia è un'altra cosa. Le maschere di Veltroni, D'Alema e Berlusconi fanno divertire persino i politici. La satira è la valvola di sfogo di un paese democratico. Noi ci sfoghiamo poco e qualcuno ha mania di repressione. Fascismo? Peggio. Il pericolo è l'ottusità: non pensare, non capire, non discutere. Non vivere da società matura.


Giovedì 17 giugno 2010

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La Russa pretende l’Inno di Mameli obbligatorio per legge

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DISINFORMAZIONE

na legge “per evitare strumentalizzazioni” ma anche per mettere nero su bianco che Fratelli d’Italia è l’inno della Repubblica italiana anche per legge e non solo per convenzione: e dunque ogni altro “inno locale”, compreso il Va’ Pensiero che tanto piace alla Lega: può essere suonato soltanto dopo quello di Mameli. E solo se questo

Le notizie nascoste dai nostri Tg e la realtà che sparisce L’ULTIMA CENSURA: IL NO DELL’OSCE AL BAVAGLIO di Paola Zanca

artedì sera chi ha ascoltato i titoli del Tg1 non ha saputo che l'Osce ha chiesto al governo italiano di “rinunciare” al ddl intercettazioni o almeno di “modificarlo in sintonia con gli standard internazionali sulla libertà di espressione”. Una bomba che non ha meritato nemmeno un accenno nei titoli del telegiornale diretto da Augusto Minzolini. Dell’Osce, non ne ha avuto notizia nemmeno chi ha visto i titoli del Tg4, né chi si è sintonizzato sul Tg5 o su Studio Aperto. Al Tg2

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hanno pensato bene di fare (quasi) peggio: delle critiche internazionali alla legge bavaglio si parla, ma basta metterci vicino una dichiarazione (opposta) del ministro Sandro Bondi per creare quella confusione ideale per chi non vuole far capire nulla. Silenzio pure sull'appello lanciato dal sindaco dell'Aquila, Massimo Cialente: solo il tg di Bianca Berlinguer parla dell'appuntamento del 22 giugno, quando il primo cittadino ha invitato i giornalisti a tornare a vedere com'è andata a finire in Abruzzo. In compenso, nei titoli dei tg nazionali dell'altro ie-

ri sera c'è spazio per i macchinari cinesi per l'estetica, le vuvuzelas, le piogge e i temporali al Nord, i servizi fotografici sulla vincitrice de La pupa e il secchione. La motivazione, il “direttorissimo” Minzolini l'ha data già una volta, in occasione delle dimissioni della giornalista Maria Luisa Busi: “A un certo punto del tg i telespettatori sono stanchi”. “Se c'è l'idea che mezz'ora di informazione sia troppa – dice il presidente della Fnsi Roberto Natale – mi chiedo quale idea di cittadinanza ci sia dietro. Dobbiamo riuscire a sfondare il muro per cui tutto ciò che non

viene eseguito. Il ministro della Difesa Ignazio La Russa presenta la “sua proposta di legge – anche se in Parlamento la porteranno quattro deputate Pdl, Viviana Beccalossi, Jole Santelli, Paola Frassinetti e Maria Rosaria Rossi – ripetendo che non c’è alcun intento polemico nel voler istituzionalizzare l’inno musicato da Michele Novaro. A tal punto

che si è scelto di procedere con una proposta di legge ordinaria e non costituzionale perché “se domani si vuole cambiare lo si potrà fare”. Però è chiaro che le ultime polemiche suscitate dalla decisione del governatore Veneto Luca Zaia di far eseguire il Va’ Pensiero prima dell’Inno di Mameli hanno influito sulla decisione del ministro di accelerare i tempi.

L’OSCE E IL NO AL DDL INTERCETTAZIONI

NESSUN TITOLO NEL TG1, NEL TG5, NEL TG4 E STUDIO APERTO L’APPELLO DEL SINDACO DE L’AQUILA

SOLO IL TG3 PARLA DELL’INVITO DI MASSIMO CIALENTE AI GIORNALISTI PER IL 22 GIUGNO CENTOMILA PERSONE ALLA MARCIA DELLA PACE

SESSANTA SECONDI DEL TG2 E SETTANTA DEL TG1 IL CASO MILLS

IL TG DI MINZOLINI PARLÒ DI “ASSOLUZIONE” E NON DI “PRESCRIZIONE” LA PUPA E IL SECCHIONE

AMPIO SERVIZIO DI STUDIO APERTO SULLA VINCITRICE DEL REALITY nuoce ai partiti non interessa agli organismi di vigilanza” In attesa che l'Agcom batta un colpo, ci pensano Articolo21 e Reporter senza Rete, con l'Osservatorio sui Tg presentato ieri a Montecitorio: dalla prossima settimana diffonderanno ogni sera alle agenzie il report sulle notizie date, e soprattutto quelle non date. Basta vedere i risultati di una sola sera per capire che il loro lavoro, a risvegliarci dall’anestesia generale, servirà eccome. Mario Morcellini, preside della facoltà di Scienze della Comunicazione

dell'università La Sapienza, che ha curato la ricerca, la chiama “arretratezza medievale”. “È come se ci si illudesse – spiega – che non mettendo una notizia nei titoli si possa impedire che quella notizia passi per altre pieghe del sistema informativo. Nemmeno nelle vecchie stagioni – conclude – si immaginava che il principe potesse controllare tutta la realtà”. Dopo i primi due me-

si di sperimentazione dell’Osservatorio, si può già tirare qualche somma: su 1587 titoli dei tg di prima serata dal 15 marzo al 7 maggio del 2010, solo 314 riguardano temi o vicende internazionali. Di questi, 235 sono ambientati in Occidente e 71 riguardano questioni di gossip. Del resto del mondo, praticamente non sappiamo quasi nulla. Solo due titoli sull'Africa: in uno si parla di musica, nell'altro di gorilla. Mentre alla marcia Perugia-Assisi (“Centomila persone che fanno 25 chilometri a piedi, e non per sport”, ricorda Flavio Lotti della Tavola della Pace), a parte Raitre e Rainews, si contano solo 60 secondi del Tg2 e 70 del Tg1. Ha ragione Minzolini, i telespettatori sono stanchi. Soprattutto delle sue amnesie. In duecentomila su Facebook stanno ancora aspettando la sua rettifica sulla “assoluzione” dell’avvocato David Mills. Il primo luglio saranno anche loro in piazza Navona a manifestare con la Fnsi per chiedere il rispetto del diritto a un’informazione corretta e senza bavagli.

Su 1587 titoli dei giornali di prima serata dal 15 marzo al 7 maggio 2010, solo 314 su temi internazionali

IL DEGRADO IGNORATO NAPOLI

PALERMO

Il disastro rifiuti continua

La discarica al collasso

I

eri Guido Bertolaso avrebbe dovuto deporre come testimone al processo Impregilo-Bassolino per il disastro rifiuti degli anni scorsi, ma ha ottenuto un rinvio causa impegni. Napoli intanto è di nuovo ricoperta di spazzatura, come ai tempi dell’emergenza che il governo Berlusconi dice di aver risolto grazie al sottosegretario. Nelle vie del centro come in periferia. Colpa dello sciopero degli addetti alla raccolta dell’Asìa. I lavoratori protestano per il temuto sdoppiamento della municipalizzata dell’igiene urbana, con lo scorporo del servizio di spazzamento. La seconda società, affermano, nascerebbe economicamente debole e metterebbe a rischio 800 posti di lavoro. La Fiavet, associazione degli agenti di viaggio, teme un’impennata delle disdette dei tour operator stranieri. Vincenzo Iurillo

T

Un cumulo di rifiuti in via Vanvitelli a Napoli

Via Luca Giordano a Napoli

opi, scarafaggi e zanzare invadono Palermo. Alla perpetua emergenza rifiuti, con lo scoppio del caldo torrido, si affianca l'emergenza igienico-sanitaria. È in vorticoso aumento, infatti, la presenza di insetti e ratti per le strade del capoluogo siciliano dove i cittadini convivono con contenitori stracolmi di rifiuti e l'odore nauseabondo che diventa insopportabile alla sera, quando in giro ci sono anche gli autocompattatori. L'Amia, la ex municipalizzata per l'igiene ambientale commissariata dal tribunale di Palermo, sostiene di aver “predisposto e avviato la campagna stagionale di disinfestazione”. Ma è crisi in città anche per i ristoratori che, come di consueto, piazzano tavolini e sedie per strada a pochi passi da cumuli di rifiuti. Bellolampo, la discarica cittadina, è al collasso e ne avrà per un altro paio di mesi. Si torna a parlare di costruire un termovalorizzatore. Ma prima, ovviamente, si deve dichiarare l'emergenza. (Andrea Cottone)

Via Salemi a Palermo (FOTO VALERIA LO IACONO)

Via Ruggero Marturano a Palermo (VALERIA LO IACONO)


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Giovedì 17 giugno 2010

MALAPOLITICA

MARONI SI REGALA LA POLIZIA AD PERSONAM Il ministro aumenta gli organici solo a Varese, il suo feudo elettorale di Michele Sasso

n Italia si taglia, mentre a Varese si abbonda. Solo nel feudo elettorale del ministro dell’Interno Roberto Maroni, che nella città lombarda vive assieme allo stato maggiore leghista, aumentano gli agenti di polizia. Qui dove risiede anche il leader del Carroccio Umberto Bossi, negli ultimi dodici mesi sono arrivati 74 nuovi poliziotti, per un totale di 255 per un capoluogo di provincia da 80 mila abitanti. L'esatto contrario di quello che accade nel resto del Paese dove, denunciano i sindacati, le riduzioni di organico sono all'ordine del giorno.

I

FAVORITISMI. Maroni ha avuto un occhio di riguardo per la sua città natale e con la chiusura dei valichi di frontiera di Chiasso (dove è rimasta la Guardia di finanza), Gaggiolo, Porto Ceresio e Zenna ha deciso di incrementare gli uomini in tutta la sua provincia: dalla stradale di Busto Arsizio fino a Luino sulle sponde del Lago Maggiore.

“Poliziotti come non si erano mai visti da queste parti” conferma chi lavora in Questura. In Italia nel 2015, calcolano le organizzazioni sindacali, la polizia scenderà da 100 mila agenti attuali a 80 mila. E dopo l’ultima Finanziaria in molti (circa 5 mila poliziotti) scelgono di andarsene in pensione in modo da evitare di continuare a lavorare con gli stipendi bloccati. Il ministero è così costretto a ridurre il personale, ma con criteri molto discrezionali. A Roma si abbassano i controlli anche per obiettivi sensibili come la Basilica di San Pietro. L’organico dell’ufficio di polizia di via del Mascherino (che garantisce la sicurezza in piazza San Pietro e zone limitrofe) continua a diminuire e nell’ultimo periodo si è perso quasi il 20 per cento scendendo da 166 a 143 uomini. Stessa sorte per i commissariati capitolini di periferia. Nel quarto municipio (nella zona Tiburtina) il rapporto poliziotti per popolazione è il più alto della città, uno ogni 2284 abitanti mentre nel centro storico sono uno ogni 219, eppure in

periferia vive la maggior parte dei romani e un’unica volante del 113 controlla una zona da 250 mila abitanti. Carenze croniche che si sommano anche alle migliaia di agenti distaccati al servizio scorte del Viminale, ridotti a ruolo di parcheggiatori e autisti di politici dei Palazzi romani. Meno uomini però vuol dire meno turni di notte, meno volanti per le emergenze e meno attività investigativa. A Caserta per la visita dello scorso aprile del ministro Maroni i sindacati di categoria Siap, Coisp e Consap, denunciarono le loro difficoltà: “Siamo soli e al collasso”. All’appello per i sindacati mancano mille uomini nell’intera provincia, epicentro del clan dei Casalesi con città di frontiera come Villa Literno, Casal di Principe, Castel Volturno, Marcianise. E per le operazioni contro la Camorra vengono spostati i reparti di prevenzione del crimine da Pescara. Peccato che con gli arresti eccellenti (che danno grande visibilità sui media nazionali) si impiegano fino a 800 agenti ma per soli

Un ritratto del ministro dell’Interno Roberto Maroni. Sotto il cartello anti immigrati voluto dal sindaco Buonanno (

Nel resto d’Italia, anche nelle zone più sensibili, continuano a ridurre il numero degli agenti 10-15 giorni si fermano nella terra di Gomorra. Stesso copione per gli scontri di gennaio a Rosarno, in Calabria. Sono arrivati 300 poliziotti e, passata l’emergenza, sono tornati a Pe-

scara. “Abbiamo bisogno di poliziotti in modo permanente”, conferma Silvio Iannotta del Siap “e non di militari o agenti assegnati a tempo determinato. Se il modello Caserta contagerà altre città, allora veramente c’è da preoccuparsi”. LA BEFFA. A maggio l’ultima beffa: su 1700 agenti entrati in servizio dal 2006, soltanto due sono stati indirizzati nel Casertano. Due pesi e due misure che a 800 chilometri di distanza, mentre l’ultima Finanziaria riduce ancora le risorse per le indagini e le operazioni di polizia, premiano Varese e l’intera Provincia. A Busto Arsizio e Gallarate (grossi centri vicino all’aeroporto di Malpensa) sono arrivati 20 agenti. Più a nord il commissariato di Luino è passato da 45 a 85 e rinforzi anche

per la polizia stradale di Busto Arsizio che conta 66 agenti. Per i colleghi vicini di Novara che controllano 280 chilometri di autostrada Milano-Torino e i collegamenti con lo scalo di Malpensa appena 40. “Perchè questo trattamento solo a Varese?” si chiede Gian Mario Morello del Consap. In controtendenza con il resto del Paese, qui abbiamo un’esplosione di agenti: solo per le scorte siamo passati da 4 a 39 e altri 38 per i posti fissi degli onorevoli al governo”. E per le divise blu dirottate sul capoluogo lombardo, che ora fanno la guardia alla casa di Maroni, allo stipendio si aggiunge l’indennità di 450 euro mensili per “trasferimento d'autorità”. Neanche un euro in più per i loro colleghi trasferiti nelle città vicine di Como, Chiasso e Novara.

Buonanno, il sindaco che s’inventa il cartello anti immigrato DALLA GUERRA AL “BURKINI” AL SOSTEGNO AL VIAGRA, TUTTE LE CROCIATE DEL PRIMO CITTADINO DI VARALLO SESIA

di Stefano Caselli

compiace del suicidio in Smaicarcere di un boss mafioso, non stupisce. Gianluca Buonanno, in Piemonte, lo conoscono bene, quanto meno per quella passione di collezionare cariche politiche: è sindaco di Varallo Sesia (Vc), vicesindaco della vicina Borgosesia, è stato vicepresidente della Provincia di Vercelli prima di essere eletto deputato nel 2008 e da qualche mese è anche consigliere regionale del Piemonte, carica a cui ha appena rinunciato (non senza ritardo) per fastidiose questioni di incompatibilità. Quarantaquattro anni ben portati, Buonanno è un perfetto prodotto della cultura politica della Seconda Repubblica, quella che esibisce con fierezza istinti un tempo tenuti a freno come sintomo

di autentica genuinità popolare. Il cartello qui fotografato fa mostra di sé a Varallo Sesia da qualche mese, ed è il traguardo naturale della ormai lunga carriera politica di Buonanno, iniziata nel 1993 nelle file dell’Msi (sindaco a 27 anni di Serravalle Sesia) poi approdata alla Lega nord, passando per la lista personale “Controcorrente” (con la quale ha conquistato Varallo dopo due mandati a Serravalle) i cui punti programmatici svariavano dai lavori forzati per i condannati per gravi reati alla riapertura delle case chiuse. Amministratore di talento (ha spesso sfondato quota 80 per cento dei consensi, improvvisandosi anche necroforo e spazzino durante i mesi estivi a causa della carenza di personale), ha fatto spesso parlare di sé per singolari iniziative, dall’autotassazione

per far pagare meno il viagra a un premio in denaro per chi perdeva peso, fino alla trovata dissuasiva delle sagome in legno dei vigili urbani (sua autentica passione, nel 2005 ha pure organizzato a Serravalle il concorso “Miss e Mr Vigile” in contemporanea con Miss Italia), più una certa bulimia nel conferire cittadinanze onorarie, talvolta recapitate a domicilio (Vasco Rossi, Maradona, Ronaldo, Schumacher, Häkkinen, Irvine, Tomba e perfino l’ex cancelliere tedesco Schroeder). Con il passare degli anni – e con il passaggio alla Lega – la sua passione è diventata la xenofobia. Già nel ‘96 emise un’ordinanza in cui invitava gli stranieri di Serravalle ad “adottare un comportamento civile” con tanto di “obbligo del silenzio”. Un talento sviluppato negli anni: “Basta con il buonismo sempre e comunque! – tuonava nel novembre 2007 – Questa amministrazione promette d’ora in avanti tolleranza zero! Nessuno può ritenersi al di sopra della legge!”. Era il testo di una manifesto affisso per le strade di Varallo, amichevolmente spedito (in forma di lettera) a tutti gli stranieri residenti. Motivo, un brutto fatto di cronaca nera che aveva coinvolto la comunità marocchina di Varallo. L’escalation nell’agosto 2009. Il sindaco vieta il burqini (costume intero con velo) nelle piscine di Varallo e lungo il fiume Sesia, pena una multa di 500 euro: “Non dobbiamo essere sempre tolle-

ranti! – rispose – proviamo ad immaginare il bagno di una donna occidentale in bikini in un paese musulmano, la conseguenza potrebbe essere la decapitazione!”. Poi il divieto si estese al burqa, fino alla dichiarazione di Varallo “comune non islamizzato” (“Il primo in Italia!”, esultava Buonanno), operazione completata nel novembre 2009 con la posa del cartello qui raffigurato: divieto “in tutte le aree pubbliche” di “niqab e burqa”, senza dimenticare i

“vu-cumprà”, espressione che si credeva estinta invece tuttora in voga. La crociata anti-islamica ha garantito a Buonanno anche una certa notorietà televisiva (memorabile un Pomeriggio 5 a fianco della Santanchè, facilmente reperibile su YouTube). Ieri Buonanno è tornato a occuparsi di mafia (è membro della Commissione parlamentare) commentando con la consueta delicatezza il suicidio in carcere del boss An-

tonio Di Marco. Anche qui niente di nuovo. Buonanno è un vero forcaiolo, salvo votare solerte in Parlamento ogni legittimo impedimento possibile: l’anno scorso propose una “Guantanamo italiana” per “i topi di fogna camorristi”. Vien da chiedersi cosa ne pensi il suo buon amico Vittorio Sgarbi, quello che dagli schermi Mediaset chiamava “assassini” i magistrati antimafia, talvolta con un ospite muto alle spalle: Gianluca Buonanno.


Giovedì 17 giugno 2010

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CRONACHE

TRAFFICANTI D’ARMI L’UNICA CRISI CHE NON C’È Le esportazioni italiane di fucili e pistole macinano record Business da 1 miliardo di euro in due anni, in aumento di Daniele Martini

risi? Non per i fabbricanti italiani di armi. A loro non è mai andata bene come ora. Dal Rapporto 2010 dell’Archivio Disarmo che Il Fatto Quotidiano ha avuto in esclusiva emerge che le esportazioni di fucili e pistole macinano record. Quasi 1 miliardo di euro in un due anni, il 2007 e il 2008, gli ultimi per i quali sono disponibili i dati Istat (Istituto nazionale di statistica) utilizzati come base per la ricerca. L’incremento percentuale è impressionante: più 12 per cento rispetto al biennio precedente. Bisogna risalire a quasi un quindicennio fa per trovare exploit così vistosi. Nessun altro settore industriale è cresciuto così tanto, anzi, gli altri in genere faticano a tenere le posizioni acquisite e molti arretrano di brutto.

C

LE RIVOLTELLE. Le armi prese in considerazione dal rapporto sono quelle in gergo definite “leggere”, non dichiaratamente da guerra, tipo i mitra e i bazooka in uso alle forze armate dei vari paesi. Le armi leggere sono classificate come tali in base ad una legge di 35 anni fa e comprendono in prevalenza fucili di vario tipo e dimensione, rivoltelle, pistole, carabine. Tutti strumenti con cui non si scherza, estremamente efficaci e letali al pari delle armi ufficialmente considerate belliche, anche se in teoria destinati solo ai cacciatori o agli appassionati di tiro al bersaglio. Probabilmente una parte delle esportazioni italiane finisce davvero in mani amatoriali e da questo punto di vista il successo dell’industria armiera nazionale non è affatto negativo, anzi, è ricchezza prodotta, lavoro per migliaia di

operai, quattrini che entrano nel nostro paese e fanno bene alla bilancia dei pagamenti. GUERRE E CRIMINALI. Ma non sempre le armi commercializzate sono usate così come viene dichiarato e il boom delle esportazioni di fucili e pistole è così vistoso da far emergere dubbi e aspetti inquietanti. Almeno tre. Primo: l’export italiano in qualche modo contribuisce ad amplificare l’uso abnorme e spesso sregolato delle armi per difesa personale nei paesi dove è consentito, in particolare gli Stati Uniti. Proprio gli Usa sono uno dei mercati forti delle esportazioni italiane (circa 30 per cento del totale) e proprio lì da tempo è

rizzati verso paesi senza conflitti interni o guerriglie come gli Stati Uniti, il Canada o la Francia e la Germania, alla fine siano utilizzati sempre e solo dai cacciatori o per uso di difesa personale. Evidentemente c’è dell’altro. E questo “altro” può essere solo intuito perché non può risultare dalle statistiche ufficiali. Il sospetto è che quegli arsenali gira e rigira alimentino un commercio parallelo e clandestino e le armi letali ancorché classificate come leggere finiscano in mano a bande criminali e alla delinquenza organizzata. Il terzo aspetto è che una fetta di quelle esportazioni italiane è indirizzata verso paesi canaglia o comunque verso aree del pianeta dove imperversano guer-

re, guerriglie, tumulti e rivolte. E’ una quota modesta rispetto al totale, ma la dimensione non cancella il problema. AFGHANISTAN. E’ assai probabile, per esempio, che le armi leggere italiane esportate in Afghanistan non siano utilizzate per la caccia ai fagiani. In quel paese e negli altri che gli somigliano, fucili, pistole, munizioni ed esplosivi tricolori servono per uccidere e alimentare le guerriglie, le macellerie tra bande paramilitari rivali e i focolai di guerra che si accendono a ripetizione. Il titolo della ricerca dell’istituto a suo tempo fondato dal senatore Luigi Anderlini, spiega bene il concetto: “Armi leggere, guerre pe-

Un’arma e delle munizioni sequestrate (FOTO LAPRESSE)

Ufficialmente servono per la caccia, il sospetto è che gli arsenali finiscano nei Paesi in guerra avviato un dibattito acceso sia nell’opinione pubblica sia a livello parlamentare sull’opportunità di continuare a riempire le case di strumenti così micidiali. La scelta è demandata ai singoli e comunque è un diritto addirittura espressamente garantito dalla Costituzione. Il secondo aspetto inquietante si basa su qualcosa che è più di un sospetto: è molto improbabile, infatti, che volumi così elevati di armi, anche quelli indi-

santi”. L’esperienza conferma il sospetto. La mattanza nella ex Jugoslavia, per esempio, fu perpetrata anche con le armi leggere di provenienza italiana le cui esportazioni conobbero proprio in quel periodo un incremento simile a quello odierno. L’ARCHIVIO DISARMO. Secondo l’accurato studio dell’Archivio disarmo tra i paesi verso cui si dirigono i flussi di esportazioni di armi italiane ce ne sono diversi sottoposti ad embarghi internazionali proprio per le armi, come la Cina, il Libano, la Repubblica democratica del Congo, l’Iran, l’Uzbekistan, l’Armenia, l’Azerbaijan. E ce ne sono altri in cui sono in corso conflitti o si verificano gravi violazioni dei diritti umani denunciate non solo da organizzazioni non governative tipo Amnesty International o Human Rights Watch, ma dalle Nazioni unite e dall’Unione europea. Tra questi la Russia, Thailandia, Filippine, Pakistan, India, Colombia, Israele e Kenia. Da un punto di vista strettamente formale non è compito delle industrie e degli esportatori indagare sulla fine che faranno le armi prodotte ed esportate e come saranno utilizzate davvero. Ma certi tipi di commerci per loro natura sono particolari e alla fine impegnano gli Stati che li sostengono e che, infatti, li regolamentano con leggi specifiche. In Italia l’esportazione di armi da guerra è regolata da una legge del 1990 considerata dagli stessi pacifisti una delle più avanzate al mondo. Per quanto riguarda le armi leggere, invece, la norma è confusa, contraddittoria e ritenuta molto meno efficace e rigorosa dell’altra.

MANOVRA

QUANDO I GOVERNATORI CANTAVANO CON BERLUSCONI di Mario Reggio

l’ultimatum delle ReDnovraopo gioni al governo sulla mala politica si è messa in moto. Sono cominciate così le grandi manovre nella maggioranza. Ieri pomeriggio summit a Palazzo Grazioli tra il presidente del Consiglio e i governatori del Pdl, assieme ai capigruppo e coordinatori della maggioranza. E dopo il grande abbraccio post elezioni regionali di piazza San Giovanni, i nodi vengono al pettine. Al termine dell’incontro il presidente della Lombardia, il grande dissidente Roberto Formigoni, ha dichiarato: “Silvio Berlusconi ha preso nota di tutto, ci ha detto che la cifra totale della manovra non possiamo cambiarla, perché siamo vincolati dall’Ue ma ci lavoriamo per ripartirla diversamente. Abbiamo fatto a Berlusconi l’elenco delle priorità: dai trasporti alle famiglie all’impresa all’agricoltura – ha spiegato Formigoni – abbiamo spiegato i nostri problemi e lui ha preso nota di tutto”. È solo l’inizio di un lun-

N DEPUTATO UDC

Manda l’autista a comprare la coca

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n deputato regionale dell’Udc, Salvatore Cintola, mandava l’autista a comprargli la cocaina mentre sedeva tra gli scranni del parlamentino siciliano. Per l’uomo è stata chiesta l’espulsione dal partito da parte del segretario nazionale dell’Udc, Lorenzo Cesa.

DISCARICA ABUSIVA

30 tonnellate d’amianto a Vibo

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na discarica abusiva in cui erano state depositate trenta tonnellate di amianto è stata sequestrata a Nicotera (Vibo Valentia) dalla Guardia di Finanza. Nel sito, oltre all’amianto, erano presenti altri rifiuti speciali come scarti edili, materiali metallici ed elettrodomestici. Il proprietario del terreno è stato denunciato per gestione abusiva di rifiuti speciali, danno ambietale e altri reati.

ROMA

Studentessa stuprata in hotel

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na studentessa americana di 21 anni sarebbe stata violentata due volte, nella notte tra domenica e lunedì, a Roma, dal portiere dell’albergo in cui alloggiava. La ragazza, tornata da una serata con le amiche, sostiene di essere stata abusata dall’uomo mentre, rimasta sola, sfruttava la postazione Internet dell’albergo, e di non essere riuscita a opporre resistenza perché ubriaca. L’uomo è stato arrestato.

SIRACUSA

I tagli della discordia go e tormentato braccio di ferro all’interno della maggioranza. Il problema con il quale si troverà alle prese il ministro dell’Economia Giulio Tremonti non è di facile soluzione. Ecco le cifre. La manovra sfiora i 25 miliardi in due anni e tutti dicono che il totale non si tocca. Per ora il gran peso della stangata, più di 10 miliardi in due anni, grava sulle spalle delle Regioni. E non basteranno le battute di Tremonti a risolvere il dilemma: “Le abbiamo riempite di soldi per anni, ora possono saltare anche un giro”. Se i risparmi verranno ripartiti

in maniera “equa” chi dovrà pagare lo scotto? I ministeri? Le aziende? O gli evasori? Per il momento il mistero è fitto. Oggi parte il tavolo tecnico tra le Regioni e il governo. La prossima settimana la conferenza Stato-Regioni dovrebbe fare il punto della situazione. Intanto non si placano le polemiche all’interno della maggioranza. Umberto Bossi invita Formigoni “a non esagerare”. Il governatore della Lombardia replica: “La smetterò quando la manovra diventerà equa”. E i due neogovernatori della Lega? Roberto Cota, presidente

Nella foto a sinistra, Berlusconi sul palco di Piazza San Giovanni in armonia con i governatori delle Regioni. A destra un’immagine di Polverini e Formigoni ieri, alla conferenza Stato-Regioni, dopo la manovra

del Piemonte, prosegue con il tormentone, “non si possono penalizzare le Regioni virtuose”. Ma di certo non gradisce soffiare dal bilancio 800 milioni in due anni. Ed ecco Bossi che lo rassicura: “Cota conosce bene Tremonti, sono sicuro che troverà una soluzione”. Insomma, tutto si risolve in famiglia. Dall’opposizione si leva la voce di Nichi Vendola, governatore della Puglia.

“Siamo a un punto drammatico: l’Italia sta per precipitare, per ruzzolare dentro una situazione economica e sociale esplosiva. Con l’attuale manovra si rischia la fuoriuscita dalla storia del welfare. Il rischio – ha detto – è quello di sacrifici che strozzano coloro che invece avrebbero bisogno di ossigeno. Stringere la cinghia è necessario, ma non stringerla al collo del mondo del lavoro”.

Schiacciato sul lavoro

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n uomo di 49 anni è morto in un incidente sul lavoro a Noto, in provincia di Siracusa. L’uomo, un vigile del fuoco sposato e padre di due figli, si trovava nell’azienda agricola di proprietà della sua famiglia ed è rimasto incastrato tra gli ingranaggi di un miscelatore per il fieno, venendo stritolato. Sulla vicenda la Procura della Repubblica di Siracusa ha aperto un’inchiesta.


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PAROLE E FANGO

PROFESSIONISTI DELL’ANTI-SAVIANO

Le critiche allo scrittore adesso piovono anche da sinistra ma sono sempre attacchi gratuiti e male documentati di Marco Travaglio

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inché il tiro al Saviano veniva da destra, anzi da questa banda che si fa chiamare destra, si poteva tranquillamente ignorarlo: tutti i migliori giornalisti e scrittori hanno assaggiato in questi sedici anni le stesse manganellate, catodiche e a mezzo stampa. Che, vista la provenienza (Berlusconi, Fede, il Giornale, Libero, Il Foglio…), sono medaglie al valore. Non è un caso se, dall’iniziale coro unanime di applausi, si è passati alla gragnuola di attacchi non appena Saviano ha iniziato a fare i nomi dei politici collusi con la camorra (dal più noto Nicola Cosentino a meno noti peones del centrodestra e anche del centrosinistra) e a lanciare appelli contro le leggi vergogna. Ora però che le critiche piovono anche da sinistra, e da personaggi apprezzati e disinteressati come il sociologo Alessandro Dal Lago (nel pamphlet “Eroi di carta” edito da Manifestolibri) e il jazzista Daniele Sepe (in un’intervista al Corriere del Mezzogiorno), è il caso di occuparsene. Non perché Roberto Saviano non possa e non debba essere criticato, anzi: il peggior servigio che gli si può rendere è quello di imbalsamarlo in una nicchia di santità e infallibilità, con tanto di piedistallo. Nemmeno il fatto di vivere blindato e scortato, sotto la perenne minaccia di morte della camorra, può esentarlo da contestazioni “a prescindere”. Né può valere l’argomento vagamente ricattatorio che ogni critica rischia di “fare il gioco della camorra”. Ma le critiche e le contestazioni, per essere tali e dunque legittime, devono partire dalle cose che Roberto scrive e fa. Altrimenti sono attacchi gratuiti e ciascuno è autorizzato a chiedersi da dove nascano. Persino a immaginare l’insorgere di una nuova, fiorente figura merceologica: quella dei professionisti dell’anti-Saviano. La domanda dunque è: le critiche di Dal Lago e Sepe (lasciamo perdere, per carità di patria, quelle dei calciatori Borriello e Cannavaro, naturalmente rimangiate dans l’espace d’un matin) sono fondate sui fatti e sugli scritti di Saviano? Non sempre, anzi quasi mai. Molto spesso partono da parole mai dette e da frasi mai scritte da Saviano, o da citazioni monche di suoi libri, articoli e interviste. Vediamo.

La griffe anticamorra Nella fascetta che accompagna “Eroi di Carta” di-

stribuito col manifesto, si legge: “Dal Lago cerca di venire a capo del fenomeno Saviano-Gomorra analizzando esclusivamente ciò che l’autore ha scritto”. Purtroppo non è così. Metà delle citazioni del sociologo dell’Università di Genova non appartengono alla produzione letteraria o giornalistica di Saviano. Dal Lago spiega, nella prefazione, che “lo stesso Saviano ha dichiarato di muoversi a suo agio nei media e anzi di voler lanciare una moda”. E cita “un passo di un articolo su una manifestazione anticamorra a cui ha partecipato lo scrittore”. Un articoletto senza firma uscito su Repubblica all’indomani dello speciale di Che tempo che fa con Fabio Fazio, quando Saviano non disse affatto di voler lanciare una moda, disse molto di più e di meglio: “Perché non deve essere anche conveniente combattere questi poteri, perché non bisogna anche creare una moda di combattere contro di loro, perché dobbiamo sempre essere minoritari e marginali?”. Bastava poco (un giretto su YouTube) per procurarsi il video del programma tv visto da milioni di persone (non di una manifestazione anticamorra) e riportare le parole effettivamente pronunciate dallo scrittore. Scrive ancora Dal Lago: “Chi lo crocefigge, Saviano, a parte ovviamente i camorristi? A me sembra che esista un movimento d’opinione unanime a suo favore”. Poi gli concede che i suoi unici nemici non camorristi sarebbero Bruno Vespa, Licio Gelli, e Fabio Cannavaro. Ora, a parte il fatto che Vespa non ha mai detto né scritto nulla contro Saviano (Dal Lago lo confonde con Fede), come dimenticare Berlusconi? L’ultima sparata, come quella del senatore Quagliariello, è successiva alla pubblicazione del libello. Ma già il 28 novembre il premier aveva detto: “Se trovo chi ha fatto le nove serie de La Piovra e chi scrive libri sulla mafia che ci fanno fare una bella figura, lo strozzo”. E guardacaso, da allora, iniziò il fuoco di fila contro Saviano da tutti gli house organ del capo del governo: Dal Lago non li cita mai, limitandosi ad accennare a imprecisati blog di centrodestra che “sfottono” o “punzec-

Il sociologo Dal Lago polemizza utilizzando false citazioni dell’autore campano chiano” lo scrittore campano. Dal Lago aggiunge che “la critica mainstream, quella accademica, è abbastanza abbottonata” su Gomorra, a parte un passo molto lusinghiero di Giulio Ferroni. E dimentica pareri altrettanto favorevoli di mostri sacri della critica come Goffredo Fofi, Romano Luperini, Mario Barenghi e Walter Pedullà; ma anche di Mario Vargas Llosa (che ha definito Gomorra “un’opera che cambia il modo di vedere il mondo” e ha inserito Saviano fra i grandi della letteratura accusati di aver diffamato il proprio Paese, come Flaubert denunciato per Madame Bovarye Jo-

yce, il suo Ulisse fu proibito in Irlanda per mezzo secolo) e di giornali come il New York Times e The Economist (che hanno inserito Gomorra nei cento libri fondamentali della letteratura mondiale). Citando lo scrittore e poeta Tiziano Scarpa, Dal Lago sostiene che Saviano è fissato con la camorra, monomaniaco, monotematico, trascurando “le altre mafie” e “gli immigrati che annegano a centinaia davanti a Lampedusa”. Ma Roberto, dopo Gomorra, ha sempre denunciato anche le altre mafie. Infatti, in una nota scritta in piccolo, il sociologo si contraddice e ammette che Saviano “è intervenuto spesso a favore dei migranti con articoli e interviste, anche se la sua prospettiva… è quasi esclusivamente quella della lotta alla camorra o alle altre mafie”. E allora perché poco sopra aveva scritto il contrario? Saviano, secondo Dal Lago, è anche un mezzo visionario, tant’è che riesce a vedere camorristi anche in Spagna, e persino turchi e afghani che approdano su quelle “coste solatie”. Interrogativo inquietante: “Ha mai svolto Saviano indagini su tante cose di cui parla, a parte la camorra?”. Ma l’infiltrazione camorristica (e anche mafiosa) in Spagna è storia vecchia e documentata, suffragata dagli arresti di tanti boss latitanti in Spagna. Ultimo della serie: Raffaele Amato, capo degli “scissionisti” di Scampia, detti non a caso “gli spagnoli”. Altre indagini hanno documentato come anche i proventi del narcotraffico (oppio ed eroina esportati dall’Afghanistan alla Spagna tramite la Turchia) abbiano finanziato gli attentati terroristici di Madrid. “L’opinione corrente – scrive Dal Lago – è che Saviano abbia rivelato in Gomorra i rapporti fra crimine ed economia globalizzata (...) E tuttavia non può essere ridotta a un’equazione leggibile nei due sensi. Che la camorra, come la mafia e la ‘ndrangheta si globalizzi e investa in tutto il mondo non significa che l’economia globale sia camorrista”. E chi diavolo ha mai sostenuto una simile corbelleria? Saviano? Gomorra? L’opinione corrente a sinistra? La tecnica polemica di attribuire una cretinata a qualcuno per poi dargli del cretino, è antica come i sofisti, ma ben poco onesta.

Mai dire peste A questo punto Dal Lago è pronto per lanciare la prima freccia avvelenata: Saviano riduce “tutto a una questione di lotta contro il Male”, naturalmente per proporsi come l’unico eroe e martire, in una visione manichea e superomistica, fumettistica e alla fine reazionaria. Il campione del Bene contro il Male che usa metafore dozzinali: “Soprattutto ‘peste’, parola con cui Saviano ama sintetizzare quello che succede in Campania”, “un’immagine che chiama in causa untori e appestati”. Qui occorrerebbe un’analisi informatica delle ricorrenze e concordanze nell’intero corpus letterario e giornalistico dello scrittore. Ma Roberto, che sa bene quel che ha scritto, giura di aver usato la parola “peste” solo tre volte e sempre riferita agli effetti devastanti dello smaltimento illegale dei rifiuti tossici. Tant’è che l’unico riferimento alla “peste” ca-

morristica Dal Lago lo trae da un titolo di Repubblica (“Imprese, politici e camorra: ecco i colpevoli della peste”): forse non sa che i titoli dei giornali sono opera di redattori anonimi, non degli autori degli articoli. Stesso giochetto fa Dal Lago a proposito della parola “Olocausto”, per poi domandarsi: “Non ci si rende conto che definire olocausto gli ammazzamenti di camorra significa violare ogni senso delle proporzioni, e quindi vaporizzare i fatti nelle iperboli?”. Ma poi non cita una sola parola scritta o detta da Saviano, bensì un articolo della redazione napoletana di Repubblica. Dal Lago lascia intendere che Saviano sia anche un po’ razzista, perché in Gomorra bolla un autista cinese col termine “Minotauro” e definisce “merda cinese” le merci contraffatte e contrabbandate nei laboratori clandestini: “D’altronde in Gomorra i criminali sono spesso descritti come animali”. Davvero? Poi si scopre che Dal Lago si riferisce ai boss Gennaro Licciardi detto “a scigna” (la scimmia) e Nunzio De Falco detto “o lupo”: peccato che quei soprannomi non li abbia inventati Saviano, ma la camorra stessa. Saviano, per Dal Lago, sarebbe affetto da uno stile “feuilletonistico” e da una sostanziale inattendibilità. Sullo stile, ciascuno può pensarla come crede. Ma l’inattendibilità non è un’opinione: quale ne sarebbe la prova? Secondo Dal Lago è impossibile che, contrariamente a quanto racconta Gomorra, il sarto Pasquale abbia tagliato il vestito bianco indossato da Angelina Jolie nella notte degli Oscar 2004, perché quella sera l’attrice portava un abito lungo a spalle scoperte. Ma – per scendere a questo livello – esiste pure un tailleur pantalone del 2001 che corrisponde perfettamente alla descrizione fatta nel libro ed è stato

Sarebbe addirittura un visionario capace di trovare camorristi anche in Spagna immortalato in alcune foto reperibili su diversi blog. Altra prova che Saviano sarebbe inattendibile: prima descrive le “scarpe sportive” del camorrista che testa la cocaina sui “Visitors”, ma più avanti le definisce “stivali”. Non è vero: in Gomorra si parla di “stivaletti”, e di “stivaletti” sportivi ne esistono parecchi in commercio. Per esempio, quelli di marca “Hogan’s” e simili. Altre fondamentali contestazioni Dal Lago muove a Saviano a proposito dell’abbigliamento (jeans e maglietta o vestito attillato?) e dell’abbronzatura (o meno) di Annalisa Durante, la ragazza quattor-



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Per la Marcegaglia “il no della Fiom all’accordo è incredibile”

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IL FUTURO DI POMIGLIANO

econdo Emma Marcegaglia, presidente di Confindustria, il “no” della Fiom all’accordo di Pomigliano è “incredibile”: “Mi rifiuto di pensare che il sindacato si pronunci negativamente su un accordo con cui la Fiat va contro la storia, prendendo produzioni dalla Polonia e riportandole in Italia”. La leader degli industriali attende il verdetto del referendum per

capire “cosa intendano fare i lavoratori”. Le parole della Marcegaglia hanno causato l’immediata replica di Paolo Ferrero, segretario di Rifondazione comunista: “Vada a lavorare sei mesi in fabbrica, poi mi dirà se il rifiuto della Fiom le risulta ancora incredibile”. “Semmai è incredibile – ha proseguito Ferrero – che sia ancora possibile che i padroni cerchino di obbligare gli operai al di fuori delle leggi

dello Stato e dei principi della Costituzione”. Duro anche Nichi Vendola. Per il leader di Sinistra e Libertà e governatore della Puglia il referendum è una scelta “tra rimanere senza reddito o lavorare come schiavi”. Mentre per il segretario della Cgil Guglielmo Epifani, se i lavoratori di Pomigliano dovessero votare a favore dell’accordo, “sarà un sì al lavoro, all’occupazione e agli investimenti”.

La dolce vita operaia secondo il “Sole 24 Ore” Due immagini della striscia pubblicata ieri dal quotidiano di Confindustria sullo stile di vita a Pomigliano dopo l’accordo

”SONO INIZIATE LE SCHEDATURE” Landini (Fiom): “Operai contrari identificati” Alla Cgil che invita al sì: “Così ci pugnalate” Pomigliano d’Arco (Napoli)

lla Fiat di Pomigliano sono iniziate le schedature degli operai che contestano l’accordo truffa. Come negli anni Cinquanta, come ai tempi della Fiat di VIttorio Valletta. E’ l’allarme lanciato ieri dall’assemblea della Fiom. “Noi riteniamo il documento presentato dalla Fiat e sottoscritto dalle altre organizzazioni sindacali illegittimo”, dice Maurizio Landini, il segretario generale dei metalmeccanici Cgil, “per questa ragione non daremo indicazioni di voto”. Ma la Fiom non vuole “esporre i lavoratori a ritorsioni, per questa ragione non gli diciamo di non andare a votare”, aggiunge. Sono molti gli operai nel corso dell’assemblea a raccontare di capi che stanno avvicinando i lavoratori uno ad uno. “Tu che fai, voti? E come voti?”, sono queste le domande. “La schedatura – dice Maurizio Mascoli, segretario regionale della Fiom – è già cominciata, qui stanno accadendo cose gravissime, è un ritorno agli anni più bui della Fiat”. Il 22 giugno prossimo si voterà in questo clima, con la paura di perdere tutto, il lavoro e la prospettiva di uno sviluppo dell’azienda, e i diritti fondamentali. A Pomigliano si torna indietro. “Finisce la

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battaglia dei trent’anni” ha detto in mattinata Nichi Vendola, venuto qui a “sentire le ragioni degli operai”. “La guerra iniziata nel 1980 a Torino, la protesta operaia e poi la marcia dei 40 mila, ora puntano alla soluzione finale: il ritorno al 1800”. Il governatore della Puglia incontra decine di lavoratori e sindacalisti, parla della “solitudine degli operai di Pomigliano” e ha parole durissime per la politica. “Il nostro dibattito è lontanissimo dalla realtà e la politica fa schifo per questo. Pomigliano rischia di essere la tomba della Costituzione”. Toni duri, applausi dei lavoratori. E clima rovente durante l’assemblea. Il confronto tra la Fiom e il resto della Cgil è drammatico. Con i vertici regionali del sindacato schierati, sia pure tra i mille distinguo delle cose che non vanno nel documento Fiat, per la partecipazione al voto al referendum e per il sì. Andrea Amendola, segretario della Fiom di Pomigliano è durissimo. “Il sì della Cgil regionale è una pugnalata alle spalle dei lavoratori di Pomigliano. Avete sbagliato tutto”. Maurizio Mascoli, il segretario regionale della Fiom: “Il vostro sì è contrario ai principi fondamentali dello statuto Cgil”. E quando Michele Libertini, della segreteria regio-

nale, cerca di spiegare le ragioni del sì della Confederazione, viene sommerso da una selva di fischi. “Votate secondo coscienza, non consegnate alla Fiat e agli altri sindacati il risultato di aver salvati la fabbrica a Pomigliano”. Alla fine l’assemblea vota un documento all’unanimità nel quale si giudica “illegittimo” il referendum e “in ogni caso non vincolante per la Fiom perché riguarda diritti indisponibili delle lavoratrici e dei lavoratori”. Ma l’assemblea “consiglia ai lavoratori la partecipazione per evitare azioni di rappresaglia individuale da parte dell’azienda”. (Enr. Fie.)

La linea è di partecipare al referendum, ma dal vertice non arrivano indicazioni di voto

GIANNIGIORNALE-LUCE

IL “SOLE”: CHE PACCHIA LA NUOVA POMIGLIANO

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cco la nuova vita degli operai di Pomigliano divinamente rimodellata dal nuovo contratto: tutta casa, famiglia, parrocchia (non sia mai che bighellonassero al bar), e tanto, tantissimo tempo da passare in famiglia. Ammirate le 4 vignette che appaiono in cima a questa pagina. Ce ne sono altre 4 non meno esilaranti: ma tenete presente che - come per i giochini della “Settimana Enigmistica” - al quadretto idilliaco manca un dettaglio che vi riveleremo solo alla fine. Sono tratte da “Il Sole 24 Ore” di ieri, una prova - a suo modo - che, anche nel tempo delle ideologie estinte, sopravvivono la propaganda, gli agit prop (e la comicità involontaria): solo che non sono più al servizio del bolscevismo e della classe operaia, ma delle imprese. Questo fumetto, educativo ed edificante, come certi cinegiornali luce anni Trenta, sul quotidiano diretto dal democratico compassionevole Gianni Riotta (sempre meglio i padroni veri, che gli “ex” riveduti e corretti) vuole dimostrare che a Pomigliano, grazie al nuovo contratto imposto da Sergio Marchionne, con la nuova Panda e i nuovi turni inizia l’età della cuccagna. Che bello il disegnino della macchinetta che attraversa i colori della notte (“Con il nuovo contratto la

giornata comincia alle 5.20, anzi, alle 4.50 quando suona la sveglia”, sai che pacchia!). Che tenero l’operaio spaparanzato in poltrona! Per oziare? Strano, perché la didascalia al contrario avverte: “Prima la pausa pranzo cominciava alle 10.30. Ora invece è il momento di una breve sosta, 10 minuti, per il caffè” (prima erano 20, pazienza). Quasi commovente il quadretto delle 18.00: “Dopo aver aiutato i figli a fare i compiti, 3/4 d’ora di riposo, e poi di corsa in Parrocchia, a una riunione dell’osservatorio sulla politica e sulla legalità” (così pure i fervori democratici sono appagati). E poi l’altro quadretto: “A casa”. Già, perché - ci informa il “Sole” - “la domenica è salva” (che regalone). Com’è? Non li fanno lavorare tutti i giorni? Teneroni. Lunedì ore 10.00 c’è “tempo per la famiglia” (ma la dida curiosamente parla di “turno di notte”). Sempre lunedì, ore 24.00: nel disegno una tazza, un’altra generosa pausa. Martedì, ore 5.30: un vassoio, un altro caffè, addirittura un croissant. Sempre a bisbocciare? Che culo! (ma la dida avverte: Nei nuovi accordi la pausa sarà a fine turno”). Martedì, ore 8.00 “Concluso il turno - spiega il “Sole” - c’è il tempo per accompagnare i figli a scuola”. Com’è buono lei”, direbbe Fantozzi. Un solo dettaglio manca, nel radioso quadretto: la fabbrica dove gli operai lavorano, curiosamente, non appare mai. In fondo ci staranno solo per 18 brevi turni a settimana, no? La dolce vita... Luca Telese


Giovedì 17 giugno 2010

Anche i lavoratori Telecom in rivolta contro il piano industriale

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IL FUTURO DI POMIGLIANO

l 9 luglio i lavoratori di Telecom Italia incroceranno le braccia per otto ore. Ad annunciare lo sciopero è un comunicato delle tre sigle sindacali delle telecomunicazioni unite: Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil. La protesta riguarda il piano industriale di Telecom, che secondo i sindacati “riduce gli investimenti e l’occupazione e

condanna l’azienda a un ruolo marginale in Italia e nel mondo”. I sindacati invitano Telecom a mettere da parte ogni ipotesi di ricorso a ipotesi di riduzione del personale o di messa in mobilità, considerando gli utili dell’azienda: “Non si possono avere più di 1,5 miliardi di utili e ricorrere agli ammortizzatori sociali. Serve un piano di rilancio e

riconversione di alcune professionalità, non la loro uscita dall’azienda”. Secondo Fabrizio Solari, segretario confederale della Cgil, si tratta di una “decisione importante” e di un’“iniziativa condivisibile”: “Un’azienda redditiva come Telecom non può presentare un piano di esuberi che, in due anni, riguarda 13 mila lavoratori”.

“L’accordo passerà ma gli operai hanno memoria lunga e reagiranno” PARLA MAURIZIO ZIPPONI, RESPONSABILE LAVORO IDV di Stefano Feltri

i stupisco che Marchionne non si renda conto che la conseguenza di tutto questo saranno piazzali pieni di auto incomplete”, dice al Fatto Maurizio Zipponi, ex sindacalista e responsabile Lavoro dell'Italia dei Valori, che prevede la rivolta degli operai di Pomigliano una volta che, firmato l'accordo, saranno arrivati i 700 milioni di investimenti. Zipponi, a differenza del Pd, voi dell'Idv avete assunto una posizione intransigente sulla vicenda di Pomigliano, parlando di “ricatto” e di operai “trasformati in schiavi”. Come mai avete deciso per questa linea? Perché abbiamo letto riga per riga il testo dell'accordo: si intacca il diritto di sciopero e si impedisce, anche per il futuro, di discutere sulle pause o sullo straordinario. Tremonti e Berlusconi passeranno, ma queste parole rimarranno attaccate alla carne delle persone per i prossimi 35-40 anni. E il governo che ruolo ha svolto in questa trattativa? Ho fatto tante vertenze nella

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Qui a fianco gli operai di Pomigliano in attesa del referendum del 22 (FOTO ANSA) Maurizio Zipponi, responsabile lavoro Italia dei Valori (FOTO LAPRESSE)

CATENA DI MONTAGGIO

mia carriera ed è sempre capitato che quando si arriva a questi punti ci fosse un governo che chiamava le parti e diceva: non uscite dalla stanza finché non trovate l'accordo. Sacconi è un disastro, ha causato danni anche alla Fiat, dando il segnale che la competitività si fa sui diritti dei lavoratori. Sembra di capire che la Fiat vuole evitare che ci siano scioperi quando viene richiesto lo straordinario secondo le norme fissate nell'accordo. Il problema non sono solo gli

Gli effetti dell’ultimatum

Queste parole rimarranno attaccate alla carne delle persone per i prossimi decenni

straordinari. Non puoi scioperare per rimettere in discussione un accordo che, adesso, subisci da una posizione di debolezza. Non viene colpito il sindacato, ma il lavoratore. Addirittura paventando il rischio del licenziamento. Questo cambia il diritto costituzionale del lavoratore di sentirsi parte di un'unica Repubblica. E il sindacato non ha titolo per firmare deroghe a quello che prevede la Costituzione. Quando cambieranno le condizioni di lavoro degli operai di Pomigliano se l'intesa con la Fiat passerà il referendum? C'è una campagna che dipinge i lavoratori di questa fabbrica come lazzaroni assenteisti. Ma è la stessa Fiat a dire che l'assenteismo a Pomigliano è in media quello del resto d'Italia, ci sono state due anomalie, in occasione delle elezioni politiche. Si intervenga su quella anomalia. Invece la Fiat decide a sua discrezione se ci sono situazioni anomale e in quel caso si rifiuta di pagare i primi tre giorni di malattia che sono a carico dell'azienda. E sulla catena di montaggio? I pezzi in movimento ti passa-

difesa del diritto di sciopero. In Germania a Mercedes, Bmw, Audi ecc. un metalmeccanico che costruisce auto percepisce 3.300 euro al mese netti e il venerdì sera ha finito di lavorare, vendono auto con un alto margine di profitto e fanno utili anche perché gli operai sono soddisfatti. Mi stupisce che Marchionne non capisca che scaricare tutto sui lavoratori significa alienarseli. E gli operai hanno memoria lunga. Adesso piegano la testa, ma il tempo farà capire quanto è grande l'errore della Fiat. Quindi lei pensa che adesso l'accordo passa e poi, nonostante le sanzioni previste, ci saranno comunque proteste? Gli operai mangeranno la minestra, ma siccome è acida, una volta fatti gli investimenti, reagiranno. E non c'è bisogno di scioperare, rischiando il licenziamento. Basta fare resistenza passiva: se il capo non ti dice di muoverti, tu stai fermo, se la procedura prevede che devi mettere il bullone in un certo modo, lo fai, anche se sai che è sbagliato. Il risultato saranno piazzali pieni di macchine incomplete.

no davanti, almeno uno ogni minuto. Devi fare sempre la stessa operazione. I danni maggiori sono per i polsi. E ci sono anche problemi alla schiena. I lavoratori dovrebbero avere 40 minuti di pausa, ma viene ridotta a 30 nonostante l'aumento del carico. Se iniziavi il turno alle sei di mattina, avevi la mensa tra le 11 e le 11.30. Adesso devi aspettare le 13.30. E se l'azienda ti ordina lo straordinario, lo devi fare anche in quella mezz'ora. C'era un modo di aumentare la produttività, così da alzare la produzione a 280 mila auto, senza pesare troppo sulle condizioni di lavoro? La prima via è l'aumento dei turni a 18 e su questo c'era anche l'accordo della Fiom. In Italia non è mai successo neanche a Melfi che si lavorasse fino alla domenica mattina, al massimo si terminava il sabato notte. Questa battaglia, sui diritti e sulle condizioni di lavoro, vale 700 milioni di euro e il rischio di chiudere la fabbrica, come minaccia Marchionne? È sbagliato mettere in contrapposizione i 700 milioni di investimenti e la produttività con la

LA CURA MARCHIONNE CHE HA GIÀ CAMBIATO LA “PECORA NERA” DEL GRUPPO FIAT

di Enrico Fierro inviato a Pomigliano d’Arco (Napoli)

iuseppe Dinarelli, 32 anni, è da Gmigliano. dieci un operaio della Fiat di PoLa sua fabbrica la conosce palmo a palmo, l’ha osservata, studiata, ha analizzato gli errori delle varie direzioni aziendali, ha descritto in modo impietoso i “vizi” e i limiti dei suoi compagni di lavoro. Giuseppe si è laureato in Scienze politiche con una tesi che già nel titolo dice tutto: “Metamorfosi di una fabbrica in bilico, sul filo rosso che unisce passato e presente”. Dall’Alfa Sud alla Fiat di Marchionne, il miracolo a Pomigliano doveva chiamarsi Wcm, World Class Manufacturing. Innovazione, lotta agli sprechi e coinvolgimento dei lavoratori, questa la ricet-

ta. Solo così sarebbe nata la “Nuova Pomigliano”. “Nel giugno 2007 la Fiat Auto presenta un piano “straordinario” per il “recupero” del sito produttivo”. 110 milioni di investimento. Per due mesi si ferma la produzione, gli operai dovranno fare corsi di formazione. L’obiettivo ambizioso è quello di “rilanciare una fabbrica che nella classifica degli stabilimenti del gruppo si posizionava all’ultimo posto per la qualità del prodotto e del processo, e al primo posto nella classifica della conflittualità, con 146 scioperi solo nel 2007, e dell’assenteismo, con inaccettabili picchi in concomitanza di partite di calcio e durante i periodi elettorali, 32 per cento”. La relazione sulla situazione dello stabilimento campano presentata dalla dire-

zione aziendale è drammatica: il 94 per cento della produzione ha bisogno di revisione, “in alcuni reparti per ogni addetto che lavora ce ne sono due che controllano la qualità”, “il 60 per cento dei clienti dichiara di non voler più ricomprare un’Alfa”. Il livello della produttività è bassissimo, i vertici dell’azienda dichiarano che “ci sono troppi operai con ridotte capacità lavorative che non lavorano perché incollocabili”. I dirigenti calati da Torino, poi, rimangono allibiti quando vedono operai fumare durante il lavoro, altri preparare il caffè nei reparti con i fornelletti elettrici. E così, scrive Dinarelli, nel 2008 la Fiat avvia “corsi di formazione e rieducazione per 5 mila lavoratori”. “Ricordo ancora quel giorno, ero di secondo turno. Già arrivando in auto, da lontano potevo percepire la grandezza di questa trasformazione leggendo su di una gigantografia, sistemata sulla facciata del grattacielo della Fiat, la scritta: “Nuova Pomigliano” che accoglie i lavoratori della

Nella tesi di laurea dell’operaio Giuseppe l’evoluzione del lavoro nello stabilimento

“Vecchia” Pomigliano”. Ma la realtà è molto diversa dalle campagne pubblicitarie. La formazione avveniva nei reparti, “nel mezzo di un enorme cantiere tra rumori, polveri e fumi”. E con troppi vigilantes presenti. “Molti venivano da altri stabilimenti. Scoprii che facevano parte dello staff di formazione e che quindi sarebbero rimasti in aula con noi. Vigilantes-formatori, o meglio, informatori armati di penna e cartellino per prendere nota di tutto quello che veniva detto o fatto dai lavoratori-alunni durante la formazione”. E’ il toyotismo secondo la Fiat, con i capi che assumono un ruolo centrale. “La Nuova Pomigliano – si legge nell’analisi di Dinarelli - prevede che il lavoratore contestato, per un’operazione o un comportamento sbagliato, deve risponderne solo ed esclusivamente al suo capo. Il capo svolge il difficile e combattuto ruolo di accusatore e giudice… Il dato oggettivo che la microconflittualità sia decisamente diminuita dopo il nuovo assetto lascia spazio al dubbio che forse la Fiat sia riuscita nell’intento nascosto di infondere nei lavoratori un timore reverenziale”. Per convincere gli operai a lasciarsi il passato alle spalle, altrimenti Fiat avrebbe mollato Pomigliano, “vennero mostrate una serie “mor tificante” di foto, esposte anche all’interno della fabbrica, che la rappresentavano come una “pecora nera” tra tante candide pecorelle che invece rappresentavano tutti gli altri stabilimenti del Gruppo”. L’effetto che questa politica ebbe sui lavoratori “fu l’accet-

tazione quasi forzata del cambiamento”. Per convincere gli operai al nuovo corso la Fiat proiettò anche la scena del film di Alan Taylor, “I nuovi vestiti dell’imperatore”, “in cui Napoleone Bonaparte pronuncia la frase d’effetto “si vive o si muore”, in occasione della preparazione di un complotto per riprendersi il trono di Parigi. Serviva per farci prendere co-

scienza del futuro che ci aspettava. O si cambiava diventando una fabbrica disciplinata e competitiva, quindi si “sopravviveva”, oppure il futuro della fabbrica sarebbe stato compromesso”. Ieri come oggi: o gli operai accettano l’accordo-ricatto, la cancellazione dei loro diritti e l’aumento dei ritmi produttivi, oppure la Fiat vola in Polonia.

OGGI IL VERTICE UE

E adesso forse crolla la Spagna

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entre in Italia si continua a negoziare sui tagli della manovra e su chi pagherà il costo del risanamento, forse la Spagna è vicina al crollo. Oggi al vertice del Consiglio europeo si parlerà delle nuove regole e vincoli sul debito pubblico, ma si cercherà di capire anche se è necessario preparare un piano di salvataggio per la Spagna come è stato fatto per la Grecia. Prima che sia troppo tardi. Continuano a filtrare indiscrezioni di un intervento da 200-250 miliardi da parte di Ue e Fondo monetario internazionale (il direttore del Fmi, Dominque Strauss-Kahn è in arrivo a Madrid), prima sulla stampa tedesca e ora su quella spagnola. Il governo continua a smentire, ma le prospettive dell’economia sono pessime: disoccupazione al 20 per cento, bassa crescita nei prossimi anni, e finanze pubbliche in rapido disfacimento. Come l’Italia, ma un po’ peggio.


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Giovedì 17 giugno 2010

DAL MONDO

“TIMES” E “GUARDIAN”, SFIDA SUL WEB DEI FOGLI DI SUA MAESTÀ Murdoch “tassa” il sito thetimes.uk. I concorrenti: sbagliato

Nel riquadro il direttore del Guardian, Alan Rusbridger (FOTO LAPRESSE) di Andrea Valdambrini Londra

iccola rivoluzione nel mondo dei media. Il sito del Times, storica testata edita da News Corporation, che fa capo a Murdoch, è da ieri a pagamento. Abbiamo raggiunto il direttore del Guardian – quotidiano di riferimento della sinistra britannica – Alan Rusbridger, per parlare del futuro dell’informazione. Rusbridger esclude che il sito Web del suo giornale possa seguire l’esempio del Times, preferendo indicare il Web come “uno spazio libero e aperto, le cui potenzialità devono essere ancora pienamente scoperte”. Cosa pensa della decisione del Times? Al momento siamo scettici. È

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sull’approccio fondamentale al mercato delle news online che non siamo d’accordo con la mossa di News Corporation. Principalmente perché non c’è nessun segnale di come possa funzionare un passaggio ai contenuti a pagamento per il sito di quotidiani “generalisti”, come sono il Times o il Guardian. Eppure il punto chiave per Murdoch è questo: i lettori devono rendersi conto del fatto che il giornalismo ha dei costi. Cosa c’è di sbagliato? Nulla di sbagliato, concordo in questo con Murdoch. Ma attenzione, non bisogna mai dimenticare che siamo in un mondo dove le informazioni fluiscono liberamente sul Web, motivo per cui non credo che il tentativo di far pagare i contenuti

possa funzionare. Ho partecipato a un programma della Bbc con il direttore del Sunday Times, in cui si è parlato dei termini commerciali del passaggio. Da un lato lui ha prospettato grandi guadagni sotto il profilo monetario. Ma io dico: cosa conta un guadagno se si perde - stando alla stima approssimativa che si è fatta - il 97% del pubblico che normalmente accede al sito? Chiaro, ma se invece far pagare l’accesso alle news online dovesse funzionare, che succede? Che funzioni o no, una cosa è certa: dobbiamo lavorare sodo per recuperare quello che i giornali hanno perso in termini di entrate. Penso ad esempio che Google abbia fatto un lavoro eccellente, motivo per cui le sue quote pubblicitarie sono

aumentate in modo considerevole. Dobbiamo imparare da quest’esempio, non contrastarlo. Dobbiamo far crescere il mercato pubblicitario attirando investimenti sui nostri siti. È fuori dubbio che il giornalismo è cambiato moltissimo da quando esiste Internet. È vero, i cambiamenti degli ultimi 15 anni sono stati impressionanti, e la carta da sola non basta più. Dobbiamo avere uno sguardo rivolto alle nuove tecnologie ed essere il più aperti possibile. Vorrei fare solo un esempio, per dimostrare quanto si debba essere flessibili al riguardo: nel momento in cui riusciamo a creare contenuti specifici, come potrebbe essere un’applicazione espressamente destinata all’iPad, sarei d’accordo nel proporli a pagamento. Sull’onda della rivoluzione tecnologica che sta investendo il mondo dell’informazione, qualcuno ha cominciato ad immaginare un mondo di blogger, non più giornalisti professionisti. Così l’intero flusso informativo sarebbe privo di costi per il lettore. Una chance o un rischio? Entrambe le cose. Da un lato sono convinto che alcuni blogger facciano un lavoro fantastico. Ma nonostante il loro ruolo prezioso, l’informazione non si esaurisce lì. Noi giornalisti dobbiamo fare quello che altri non possono fare, e in questo modo garantire la specificità del nostro. Il tempo e la pazienza necessari per un’inchiesta, oppure la presenza costante di cor-

rispondenti e inviati in tutto il mondo, sono ambiti che richiedono un impegno non saltuario e professionale, e non sempre i blogger possono garantirlo. Tuttavia non metterei in contrasto giornalisti e blogger. Trovo che si debba lavorare insieme, loro con la libertà permessa dallo strumento che usano, noi con la nostra esperienza e professionalità. Dopo tutto i giornali sopravviveranno, lei è ottimista? Lo sono. Stiamo vivendo una rivoluzione che è soltanto agli inizi. Dobbiamo ancora trovare la nostra dimensione, all’interno di questo cambiamento epocale. Ma ripeto, bisogna sfruttarlo, non averne paura. La sfida più grande sarà quella di utilizzare la tecnologia per un pubblico nuovo. Oggi 2 milioni di persone si collegano quotidianamente al sito del Guardian. Vuol dire 10 volte di più dei nostri lettori su carta. Come si fa a perdere una ricchezza del genere? La mia impressione è che dalla Rete abbiamo ancora moltissimo da imparare.

Il direttore del giornale progressista: “Abbiamo ancora molto da imparare da Internet”

MINISTRI E SUPERSTIPENDI

IN FRANCIA SCOPPIA LO SCANDALO “CASTA” di Gianni Marsilli Parigi

hiamati a tirar la cinghia, che Csi sono già reputano stretta, i francemolto attenti a vedere da che pulpito viene la predica. Hanno ascoltato con diffidenza gli impegni assunti da primo ministro e presidente per ridurre la

SPIGOLI

spesa pubblica. Ecco allora che casca male, per l’opinione pubblica, apprendere che i ministri cumulano allegramente il loro stipendio con pensioni già maturate, e che l’apparato statale pullula di incarichi, consulenze, missioni prive di regole e trasparenza. Lo scandalo comincia sul solito Canard Enchainé, settima-

di Giampiero Gramaglia

Sul cruciverba c’è anche Mr B.

“E

x cantante da crociera, sposato due volte, che nonostante l’età avanzata si atteggia a uomo che piace alle donne”: 10 lettere, verticali e orizzontali. L’avete trovato? E’ “Berlusconi”, sì, proprio lui, Mr B, secondo una raccolta di definizioni da cruciverba (di cose o di persone) di “The Guardian”, quotidiano con ‘sense of humour’ britannico. La lista si vuole tutta buffa, la formuletta del premier sarà pure spiritosa, ma è tristanzuola, mentre quest’altra che vi proponiamo è decisamente banale: “Il grande genio toscano”, otto lettere - Fanfani ne ha sette, Bartali pure, può essere solo Leonardo (da Vinci) -. L’antologia del “Guardian” è ripresa , sul “New York Times”, dalla rubrica di Ben Schott, che esplora ogni giorno siti vecchi e nuovi e ne trae il suo Vocabulinks. Alla voce ‘leader dell’Italia del XXI Secolo’, cerca sotto “cantante confidenziale attempato, dongiovanni da strapazzo”.

nale satirico sempre ricco di notizie. Ha pescato la più fervente cattolica di Francia, Christine Boutin, già ministro e oggi presidente della Democrazia cristiana (paragonabile in Italia a presiedere una bocciofila parrocchiale), in flagranza di privilegio. Alla sussiegosa moralista arrivavano in tasca ogni mese: 2.000 euro in qualità di consigliere dipartimentale, 6.000 euro di pensione in quanto ex parlamentare, 9.500 euro come retribuzione ad personam per un nebuloso incarico affidatole da Sarkozy sulle conseguenze sociali della globalizzazione. Essendo chiaro che quei 9.500 euro altro non sono che un grazioso indennizzo (con soldi pubblici) per la sua fuoriuscita dal governo, la buona Boutin ha fatto marcia indietro, dichiarando in tv di rinunciare a tanta grazia, in segno di sensibilità “verso i francesi che hanno piccoli salari”. A noi italiani paiono peccatucci da un Padrenostro e tre Avemaria, ma qui si è aperto un gran dibattito. Ad uscirne con le ossa rotte è stata un’altra signora della politica, quella Fadela Amara che Sarkozy, rubandola alla gauche, ha nominato ministro per le banlieue, erigendola a simbolo di un’integrazione riuscita. Ebbene, Fadela Amara, nubile e senza prole, aveva sempre raccontato di vivere tutt’ora nel suo modesto ma dignitoso bilocale in

una delle torri del XIII arrondissement, in un ambiente assai popolare. Non diceva il falso, nel bilocale ogni tanto ci passa. Ma fruisce, come ogni ministro che si rispetti, anche di un appartamento di servizio, e fin qui niente di male. La cosa antipatica è che di quell’appartamento fruisce anche la sua numerosa famiglia, e visto che lo status ministeriale concede anche i domestici, ecco che l’affaire diventa ghiotto per un’opinione pubblica armata di periscopio. Tanto più che, a quanto pare, fratelli e sorelle di Fadela erano piuttosto esigenti sulla qualità delle vivande servite. A questo punto è stato inevitabile fare un po’ di conti in tasca al mondo della politica. Ne è scaturito che il problema sono i cumuli. Un ministro porta a casa circa 14 mila euro al mese (la metà di un parlamentare europeo italiano), ai quali può aggiungere i 4/6 mila euro di pensione da ex parlamentare, l’appartamento e qualche altra piccola prebenda di Stato. La festicciola è finita, ha assicurato il ministro delle Finanze Eric Woerth, nulla sarà più cumulabile con l’incarico di ministro. E quanto agli “incarichi” e le “consulenze”, lo stesso premier Fillon si è impegnato a varare “una dottrina uniforme”. Stiamo parlando di una trentina di incarichi del tipo di quel-

Christine Boutin (FOTO ANSA)

lo affidato a Christine Boutin. Alcuni di questi vengono svolti a titolo totalmente gratuito. L’ex primo ministro socialista Michel Rocard, per esempio, è stato nominato da Sarkozy “ambasciatore itinerante per i negoziati sui poli artico e antartico”, ed è felice di percepire a malapena i rimborsi per le spese che sostiene. Stesso discorso per Jack Lang o Hubert Védrine, competenze provenienti dall’opposizione ma della quali Sarkò ritiene di non poter fare a meno. Rimane una zona grigia, che ai francesi pare eccessiva, e che il governo ha promesso di risanare e rendere trasparente quanto prima. Oltremanica David Cameron rinuncia alla Jaguar, a Parigi i ministri rinunceranno agli ori e agli stucchi degli appartamenti di rappresentanza, a Berlino frau Merkel già fa la spesa di persona al supermercato. Così vanno le cose in tempi di crisi. Moralismi populisti? Forse, ma il decoro nazionale è salvo.

N PALESTINA

Ue: missione sul mare di Gaza

L’

Unione europea sta riflettendo sulla possibilità di inviare una missione militare marittima al largo di Gaza per contribuire alla sorveglianza del transito delle merci verso il territorio palestinese, nel quadro di un allentamento del blocco israeliano ritenuto possibile a breve. Lo ha indicato l’alto rappresentante della politica estera della Ue, Catherine Ashton, parlando al parlamento a Strasburgo.

USA

Dna per salvare detenuto da forca

U

n giudice del Texas ha autorizzato, dopo una lunga battaglia legale, un test Dna che potrebbe dimostrare l’innocenza di un condannato a morte. Per Claude Jones la decisione è in ogni caso tardiva: l’uomo è già stato messo a morte dieci anni fa nonostante i dubbi esistenti sulla sua colpevolezza. Jones era stato condannato alla pena capitale con l’accusa di avere ucciso a colpi di arma da fuoco nel 1989 il proprietario di un negozio di liquori durante una rapina. Intanto è stato giustiziato in Texas David Lee Powell all’età di 59 anni dopo ben 32 anni di carcere: non è il caso di detenzione più lunga tra le pene capitali eseguite negli Stati Uniti. Più di Powell ha dovuto aspettare che arrivasse il boia Jack Alderman, messo a morte all’età di 57 anni dopo aver trascorso 33 anni in una prigione della Georgia.

KIRGHIZISTAN

L’Onu in campo per la pace

L

e Nazioni Unite, l’Unione europea e l’Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa (Osce) hanno diffuso una dichiarazione congiunta in cui assicurano il loro sostegno agli sforzi del governo kirghizo per ripristinare la calma nel sud del Paese e hanno definitito, a livello dei loro rappresentanti speciali nel Paese centro asiatico, un piano di azione straordinario con “misure e ambiti specifici” in cui le tre organizzazioni possano sostenere l’impegno, per evitare una ulteriore escalation del conflitto e facilitare la riconciliazione e la ricostruzione.


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MONDIALI

E LE STELLE STANNO A GUARDARE Spagna ko: da Ronaldo a Kaká, delusioni in serie di Pierluigi Pardo (*)

e parole del professor Castellacci arrivano nel primo pomeriggio e confermano i peggiori sospetti: Gigi Buffon soffre di ernia del disco. Possibilità di recupero nel

L

Mondiale poche, anche se lo staff medico farà di tutto: “Abbiamo deciso che Buffon rimarrà con noi. Ci sono ancora dei margini, pur piccoli, e vogliamo approfittarne”. Non ci sono date prestabilite, e il freddo del Sudafrica sembra tutto meno che

CIOCCOLATA dolce la Svizzera ride, Cile ok di Luca De Carolis

orpresa: la Spagna è nei guai. Ieri pomeriggio i campioni Stendo d’Europa sono caduti per 1 a 0 contro la Svizzera, meta rischio persino la qualificazione agli ottavi. Colpa, o merito, del gol di Gelson Fernandes, che al 54’ ha segnato una rete da Mai dire Gol: Casillas respinge in uscita addosso a un compagno, Pique, che cade e fa da assist man per Fernandes. Una nemesi, per una Spagna presuntuosa. Nel primo tempo si sono visti tanti tocchetti e occasioni fallite per sufficienza. Ci ha messo del suo il Ct Del Bosque, partendo con un 4-5-1 che ha costretto Torres in panchina e ingolfato il centrocampo. Nella mezz’ora finale, quando l’attaccante è entrato per un più logico 4-4-2, la manovra è migliorata. Ma gli errori e la malasorte (traversa per Alonso) hanno vanificato tutto. Dall’altra parte c’era una Svizzera così sfrontata da prendere il palo. Ora gli spagnoli dovranno rincorrere due squadre, perché qualche ora prima il Cile aveva battuto per 1 a 0 l’ Honduras con gol di Beausejour, servito da Isla. Il minimo sindacale, per liquidare un avversario fragilissimo.

un alleato. La Federazione ha ottenuto dalla Fifa l’autorizzazione a usare il cortisone ma difficilmente basterà. Il Mondiale rischia di perdere un’altra stella, confermando una tendenza fin qui abbastanza chiara. Wayne Rooney in conferenza stampa lo ha detto apertamente: “Finora questo Mondiale è stato poco eccitante”. Ha ragione. Contro gli Stati Uniti ha combattuto, provando senza successo a trovare un gol che manca dal 30 marzo. Wazza è in buona compagnia. Le stelle non hanno ancora segnato nemmeno un gol. Messi, Cristiano Ronaldo, Drogba, Torres, Kaká e lo stesso Rooney sono ancora a zero. Fin qui è il Mondiale dei gregari, della classe operaia. Solo la Germania ha brillato, mostrando una condizione esaltante, ma attenzione a non sopravvalutare l’Australia, senza Viduka e il maestro Hiddink. Per l’Inghilterra c’è stata la disgrazia di Green, che ha compromesso una gara che sembrava in discesa. L’Italia è ancora un cantiere aperto e in molti si aspettavano addirittura di peggio, i problemi francesi invece sembrano strutturali, quelli portoghesi sono stati enfatizzati dall’ordine tattico della Costa d’Avorio. Meglio le sudamericane. Vittorie mini-

Un’immagine dell’inattesa festa dei tifosi svizzeri, sotto una foto di Federico Marchetti, dopo l’infortunio di Buffon, la maglia è sua (FOTO ANSA)

mal ma importanti. Maradona e il suo sigaro hanno controllato sempre la gara. Per il Brasile sembra solo un problema di preparazione, impostata per essere in forma più avanti, quando anche Kaká avrà recuperato dalla pubalgia. Quello che Rooney ancora non poteva sapere, durante la conferenza stampa di tarda mattinata, è che questo mercoledì sarebbe passato alla storia per la sconfitta della Spagna. Dopo la sconfitta dello scorso anno a Bloemfontein con gli Stati Uniti che costò la Confederations Cup dopo 35 risultati utili consecutivi, il Mondiale inizia in salita. Torres non è ancora al meglio e ha giocato solo l’ultima mezzora e anche la difesa è sembrata incerta. I giornali spagnoli parlano già di presunzione e tirano fuori la vecchia storia di una squadra estetica ma che si squaglia nelle grandi occasioni. Contro Honduras e Cile sapremo la verità. (*Sky Sport)

TRA LE PIEGHE DELLA STORIA

COREA DEL NORD, URLA DAL SILENZIO di Maurizio Chierici

l gol al Brasile è arrivato tardi e non era il INam, caso di fare festa anche perché Ji Hu fantasista dei coreani in campo, ha la testa sulle spalle e prima di partire qualcuno gli ha ricordato qualcosa: come è finito Mvong Rae Hvon che nel 1966 guidava la formazione che eliminò l’Italia. Giocavano nell’Inghilterra che Beatles e minigonne stavano sgelando e i vincitori coreani celebrarono il trionfo secondo gli schemi standard del capitalismo depravato. Insomma, whisky e ragazze. Perdono la partita dopo e Kim Sung II impazzisce. Spariscono. Nel 1978 un profugo sfuggito al gulag racconta la disperazione del tecnico prigioniero a vita. Eppure nessun coreano si è mai chiesto, ma dov’è? Qualche anno fa a Geri Morellini, documentarista e autore di un libro finalista al premio Paola Biocca - Dossier Corea, reportage dal paese più isolato del mondo - arriva a Pyongyang: prende nota con lo sbalordimento di un cronista che scopre la fantastoria. Non riusciva ad immaginare sei milioni di persone avvolte dal niente. “11 settembre?” La signora che lo accompagna nel Museo delle Meraviglie scavato nella roccia di una montagna, guarda l’ospite

non riuscendo a capire. La grotta raccoglie i regali ricevuti da Kim II Sung da ambasciatori e “amici stranieri”. Paccottiglia da mercatino delle pulci, ma gli ospiti vengono accompagnati a visitare gli oggetti che testimoniano l’amore del mondo per il loro leader massimo: autografo di Madeleine Albright, soprammobili, pensierini gentili di strane corporazioni, club juché del Mozambico, no global di Madrid e le mille luci di New York nella cornice dorata degli “amici di Harem”, Torri gemelle in primo piano. Povere torri, sospira Morellini. “Povere perché?” vuol sapere la signora, unica autorizzata a rispondere alle domande dell’ospite. Il ragazzo italiano spiega e la signora perde la parola. I coreani non sono informati dell’attacco di Al Qaeda; non sanno niente di cosa succede fuori, non assaporano la vita normale come la intendiamo noi. Dal mattino alla sera milioni di persone si muovono come burattini programmati; mai un passo fuori posto. Ringraziano per le meraviglie che ogni giorno dispensano i padri della patria, Kim II Sung, che ha inventato il paradiso, e Kim Jong II che lo ha ereditato. Non smettono il ritornello fino a quando non sciolgono le righe: scuola e lavoro li attendono. Ma le processioni degli anziani glorificanti continuano nei viali di una città senza automobili. Tutti a piedi, in fila, come formiche. Spaventati se lo straniero chiede informazioni. Si allontanano girando le

L’allenatore della spedizione inglese del 1966 venne internato, echi dal paese dove nulla è permesso

spalle. Perché chi si compromette viene sospettato di tradimento dalla rete delle spie che tagliano la società e dividono le famiglie. Società giù segmentata in 51 categorie raccolte in tre classi: puri, tiepidi, ostili. E le vite sfumano in modo diverso. Si vive, si veste, si mangia secondo il gradimento del regime. Non è solo proibito parlare con gli estranei; è il vuoto della conoscenza a creare imbarazzi surreali: mezzo secolo di isolamento ha rubato idee e parole. Non sanno come comportarsi con i figli degenerati di una società come la nostra. Nelle campagne si scoprono fantasmi piegati sulla terra gelata come le anime morte di Gogol. Badili e zappe primitive. Raccolgono arbusti secchi per scaldarsi. Il Nord è un nord gelato, eppure è permesso scaldarsi un’ora sola al giorno. Senza gli aiuti umanitari del mondo degenerato, aiuti che lo Stato incamera e distribuisce come vuole, mezzo paese morirebbe di fame. Eppure la gente crede ancora nel paradiso terrestre. Ogni sera la Tv mostra i drammi del “mondo che non esiste”: guerre, massacri, alluvioni, macchie nere di petrolio. “Noi siamo la sola nazione pacifica della terra”. I servizi dei paesi attorno provano ad informare paracadutando radioline. Pericoloso raccoglierle e chi le ascolta non riesce più a sopportare l’imbroglio. Ma chi tocca la frontiera muore. Nel paese gulag i campi di concentramento sembrano inutili, invece c’è sempre il disobbediente che non si arrende e che va messo a posto: 200 mila secondo i numeri dei diritti umani violati. Chissà se i campioni che hanno battuto l’Italia sono morti lì.

Un calcio a parte

Alla fine forse rideremo anche noi di Oliviero Beha

cauda venenum, la prima autentica sorpresa è arrivata con I nl’ultima partita del primo turno: la Spagna campione d’Europa, ricca di talenti e di favori del pronostico, perde subito con la Svizzera supposta (a torto) tapina. Intendiamoci, di gioco i vari Xavi ne hanno fatto, sono andati vicini al pari, hanno preso (ma anche subito) un palo, quindi è stata tutt’altro genere di partita in confronto al debutto italiano: partita aperta, sfiocchettata, quanto quella contro il Paraguay era stato match confezionato, senza occasioni. Ma a stringere, la Spagna ha perduto, anche se presumo recupererà. E il Brasile non aveva esattamente sfarfalleggiato contro la Corea del Nord (che ha un buon centravanti, con i fondamentali giusti), e per sfangarla aveva dovuto ricorrere a un gioiello balistico alla Mortensen, sia pure con effetto di esterno invece che d’interno – come tutti ricorderete –, il gol più bello almeno finora di questi Mondiali partiti qualitativamente in sordina. Sono per ora Mondiali sudafricani il cui articolo 1 della Costituzione recita testualmente: “La Repubblica pallonara arcobaleno è fondata sulla vuvuzela” e l’art. 3 “La vuvuzela è uguale per tutti”. Non sono esentate le alte cariche dello Stato, né c’è legittimo impedimento che tenga. Il rischio è piuttosto che queste fantastiche perché tremende e tremende perché fantastiche trombette vengano “copiate” dai cinesi per i Mondiali 2014, in Brasile. Vedremo. Ad oggi possiamo rievocare Andreotti: “Se mi guardo allo specchio dubito, ma se mi paragono esulto”, o qualcosa del genere. Voglio dire che con tutti i suoi limiti, un Buffon erniario perso per strada, la necessità di cambiare e di avere meno paura, la squadra di Lippi se si guarda intorno non vede fenomeni, almeno al debutto. Segnalerei l’Argentina di Messi specie perché con Milito dall’inizio sarà altra musica e Maradona tanto fesso o autolesionista non è, la giovinezza della Germania da rivedere però sotto stress, comunque e ovviamente il Brasile: e infine una squadra che per ora gioca sotto ritmo ma segna e vince quasi in folle, l’Olanda, tra le mie candidate alla finale. Il resto è quella cosa da orari prandiali o appena post-prandiali che sapete. Molte squadre corrono oggi ma non è detto lo facciano domani (vedi le due Coree), altre come l’Inghilterra e la stessa Italia sono per motivi diversi ancora in fieri, in mezzo a un guado che potrebbero attraversare in avanti o all’indietro. Di certo questa situazione complessiva da “cantiere” tecnico-tattico-atletico potrebbe contribuire a svelenire le vigilie azzurre, anche se edulcorare le pillole della critica non ha mai fatto bene a nessuno. Anche gli altri non ridono, e qualche sorriso in più non fa la differenza. Certo, o Lippi si decide a infondere una mentalità vincente, oppure si penerà contro chiunque, qualunque sia il risultato finale. Sarebbe bene apprezzare le cose che non abbiamo e che invece sono state colte in altri. La personalità di Argentina e Brasile, la vivacità della Spagna, la Germania, la padronanza tattica della partita da parte dell’Olanda, che per certi versi è stata anche degli azzurri contro il Paraguay ma mai fino in fondo, mai con un assedio per la paura di prendere gol. Che si prendono o si rischia di prendere comunque, temo. Più in generale la manifestazione conferma la sua natura ormai completamente televisiva, anche se le vuvuzelas resistono impavide ai tecnicismi di produzione. Ci viene raccontato qualcosa ma non abbastanza su quello che accade in Sudafrica ai margini dell’impero pallonaro, che certamente avrà regalato a qualcuno emozioni ma avrà anche contribuito a dividere ancora di più il centro dalla periferia, in tutte le accezioni. I racconti parlano di insicurezza palpabile, di steward che scioperano allo stadio neanche si trattasse di Pomigliano, di polizia (anche con agenti arrivati dall’Italia) che a fatica riesce a star dietro a un evento nato gioioso e diventato pletorico e di rappresentanza. Ma rappresentanza di chi, nel Continente Nero?


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SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out

STREGA(TI)

QUEL CHE RESTA DEGLI AMICI DELLA DOMENICA

Garcia In Sardegna con la Streep per il premio Rodolfo Valentino

Luca Toni “Sono molto vicino alla firma con il Genoa”

Sensi Rosella: De Rossi? Simbolo della Roma come Totti

Caravaggio Gli scienziati: i resti ritrovati a Porto Ercole sono i suoi

Un semiattempato votante racconta i retroscena del Premio edizione 2010 tra invitati sudati, improbabili mise e troppe infradito ai piedi come Santoro

di The Publisher

Fossà, la radio va in piazza

A

llo Strega anche quest’anno non si parla di libri. Quelli stanno sullo sfondo e in fondo non interessano a nessuno. Non interessano perché i giochi li fanno i grandi editori e il gruppone variegato degli Amici della Domenica romani: dagli ultimi amici residuali di Maria Bellonci, ai numerosi, e curiosi per provenienza culturale, amici introdotti dalla mitica Anna Maria Rimoaldi; fino ai nuovi quasi sempre giovani e quasi sempre “very politically correct” nominati dalla gestione dell’emerito professor De Mauro. Essendo quest’ultimo “cose buone dal mondo della letteratura italiana”, tutta la parte restante dei 430 amici votanti dello Strega si compone di: A) funzionari editoriali che ormai non lavorano più per le case editrici, in base alle quali erano stati nominati; B) giornalisti e funzionari Rai; C) professori universitari romani quasi sconosciuti; D) amici della famiglia Alberti, anch’essi sconosciuti ai più; E) un discreto serbatoio di voti nella disponibilità di Anna Maria Rimoaldi Tutto ciò ovviamente provocava negli anni scorsi il consueto schema: entra primo nella cinquina il candidato Newton&Compton promosso da Avanzini; trattavasi normalmente di candidato romano dal modesto pedigree letterario, il cui ingresso provocava la sdegnata reazione di tutti gli altri Amici della Domenica, che dovevano accogliere la chiamata alle armi di Anna Maria Rimoaldi contro l’odiato candidato di Avanzini-Newton&Compton, che aveva i voti perché li aveva dati la medesima Rimoaldi, nominando i personaggi di cui sopra nella giuria degli amici. Quest’anno invece, per fare prima, Avanzini-Newton&Compton sono stati esclusi preventivamente dal premio, così risparmiandoci la

di Paola

Zanca

re anni di vita, leader nella fascia d'ascolto, autorevole e Tstoria di qualità, chiuso dalla sera alla mattina. Se vi sembra una già sentita, tranquilli, non è un'allucinazione. È la

Illustrazione di Doriano

prima parte della farsa. Purtroppo dalla scomparsa di Anna Maria Rimoaldi è sempre rimasto chiuso lo “stanzino dei morti”. È questo lo stanzino, situato tra la sala dove si tiene la votazione e il terrazzo, nel quale Anna Maria custodiva gelosamente i voti degli Amici della Domenica morti durante l’anno e quelli di alcuni suoi amici e amiche che la stessa distribuiva all’ultimo momento, avendo fatto un conto preciso al voto di tutti i candidati partecipanti al momento della prima votazione. Ricordo personalmente, in un’edizione imprecisata del premio, di averne ricevuti 6 un attimo prima che iniziasse lo spoglio delle schede. Fino a quattro anni fa inoltre gli Amici della Domenica votavano consegnando la scheda chiusa e quindi solo dal numero progressivo che compare sulla scheda poteva evincersi chi avesse votato. Straordinariamente Anna Maria Rimoaldi era in grado di stilare un elenco puntuale al voto non solo di chi avesse votato, ma anche per chi; evidentemente entravano in gioco le virtù divinatorie dell’ottima Rimoaldi, o magari le schede venivano aperte e richiuse prima dello spoglio? Da votanti ormai semiattempati del premio, ci piace descrivere le cose più da Guinness dei primati dell’edizione 2010 dello Strega: un caldo maledetto, con 600 ospiti (di cui almeno 400 “imbucati”) in una casa che ne può contenere al massimo un

I FINALISTI

LA CINQUINA: ‘Acciaio’ (Rizzoli) di Silvia Avallone (62 voti); ‘Hanno tutti ragione’ di Paolo Sorrentino (Feltrinelli) con 55 voti; ‘Canale Mussolini’ (Mondatori) di Antonio Pennacchio con 54 voti; ‘Sono comuni le cose degli amici’ (Ponte alle grazie) di Matteo Nucci con 50 voti; ‘Accanto alla tigre’ di Lorenzo Pavolini (Fandango) con 45 voti.

centinaio; notato nel sovraffollamento un ex capo delle pagine culturali di un importante quotidiano nazionale lasciare la scena borbottando: “Non c’è posto neanche in piedi”; notate alcune delle mise più improbabili: dalla consueta eleganza della mitica e accaldatissima Inge Feltrinelli, alla camicia hawaiana di Fulvio Abbate, per non parlare della spettacolosa serie di infradito dei giovani talenti capitanati da Ammaniti, che proprio di mettersi un paio di mocassini non ne vogliono sapere; notata l’assenza di Raffaello Avanzini, sconfitto per i motivi di cui sopra, e in generale dell’editoria romana che, dopo aver spopolato l’anno scorso, quest’anno è stata ridotta a più miti consigli; notata la superpresenza di Procacci nella doppia veste di produttore cinematografico ed editore (alcuni lo scambiano per Ligabue e gli chiedono un autografo), che è presente proprio per essere riuscito a rubare i voti del temutissimo Avanzini di cui sopra; no-

tata la sempre più sparuta pattuglia degli over 80, che non mollano il loro posto sul terrazzo con bersò di casa Bellonci. Il tema della serata, per quelli che, imbucati e non, affrontano le tre ore di tormento sahariano, è grosso modo: non conto un cazzo, ma forse qualcuno mi ha notato (imbucati); oppure conto qualcosa e per dimenticare ‘sta schifezza mi attacco alla bottiglia… I primi sono normalmente astemi o comunque per quella sera ostentano una forma smagliante. Dei secondi, la metà trasuda vini di ogni tipo e cocktail di modesta qualità (ogni anno sempre più modesta). La domanda che tutti si fanno da quando vota, è: ma per chi cavolo vota Rutelli? E soprattutto: quanti dei dodici libri ricevuti avrà sfogliato almeno nei risvolti? Ultima annotazione/appello: Walter, visto che tanto in politica non ti si fila nessuno, perché non vieni anche tu a sudare con noi comuni mortali?

prassi nella Rai diretta da Mauro Masi. A Nudo e Crudo, il programma di RadioUno di Giulia Fossà, è successo sei mesi fa. Precisamente il 31 dicembre del 2009. In quella puntata intervenne a sorpresa il segretario della Fnsi Franco Siddi, a dire che “è ingiusto che si chiuda”. Lei, “a testa alta” come sempre, prima di sparire augurò agli ascoltatori un 2010 “sereno e impertinente”. E siccome la Fossà è una donna di parola, ha deciso che il suo, di 2010, impertinente lo sarà. La Rai non la vuole? E il suo spazio - come Santoro in Raiperunanotte il 25 marzo - se lo riprende da sola. Quest'estate, insieme con Roberto Bellatalla, Sandro Satta e Abdul porterà in teatro i racconti che non possono più andare in onda. Lo spettacolo si chiama, appunto, Donna di Parola. I soldi per farlo ce li ha messi lei, insieme ai suoi collaboratori. Rientreranno – si augurano – con gli incassi. Non è per fare i conti in tasca, ma giusto per dare l'idea dell'aria che tira per chi vuole continuare a fare il suo mestiere. Da sei mesi, Giulia Fossà aspetta che l'azienda batta un colpo. Invece, “sei mesi inconcludenti che segnalano come nel settore pubblico sia ormai spartito il rispetto delle storie e delle professionalità”. Come si sente? “Voi state seguendo i cento giorni dell'Isola dei cassintegrati? Ecco, io sono al 180esimo”. Nudo e Crudo si è spento sei mesi fa. Ma è ancora vivo e vegeto. Su Facebook c'è chi continua ad esprimere la sua rabbia e la sua nostalgia. Ascoltatori in rivolta che “si sentono trattati come fessi”: “Ma è mai possibile che, in Italia, quando qualcosa funziona viene eliminata?”, si chiede Valentina. “Noooo! Pupo no! Pupo no!”, aggiunge Gianluca disperato perché la nuova linea editoriale del direttore Antonio Preziosi prevede che a quell'ora in onda ci vada il cantante che a Sanremo duettava con Emanuele Filiberto di Savoia. “Già ci è rimasta solo la radio come media 'culturale' - conclude Gianluca – Se ci tolgono anche questa trasmissione che ci resta di serio da parte del servizio pubblico?”. La Fossà porta in scena Nudo e Crudo proprio per “ricucire il dialogo interrotto” con i suoi ascoltatori e per togliere il bavaglio che hanno messo a lei e a tanti altri. L'appuntamento è a Roma, al Fontanone al Gianicolo. Ospiti, martedì 22 giugno lo scrittore Antonio Pascale, il 29 Ennio Remondino e l'ex presidente della provincia dell'Aquila Stefania Pezzopane, il 6 luglio il giudice Francesco Cascini e la musica di Peppe Voltarelli. L'obiettivo è quello di cominciare un percorso che non finisca qui, ma possa cominciare a girare nei teatri. E coinvolgere anche tutti quelli che, come la Fossà, si sono visti tappare la bocca. “In giro c'è parecchio smarrimento, e rischia di diventare un riflesso naturale. Ma è proprio quello che dobbiamo combattere. Sto cercando di dire 'eccoci, ci siamo'”. Serena, e impertinente.


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SECONDO TEMPO

il disco di dente

WEEKEND manuale di sopravvivenza

di Biondi, Feltri, Pagani, Pasetti, Pontiggia, Truzzi

IRAN, NON SOLO POLITICA

¸Cinema Da vedere èèè Commedia / Ita

Diciotto anni dopo Di Edoardo Leo. Con Edoardo Leo, Marco Bonini, Sabrina Impacciatore

Diciotto anni dopo di Edoardo Leo, con Edoardo Leo, Marco Bonini, Sabrina Impacciatore, diciotto, anzi dieci anni dopo: tanti ne sono passati dalla stesura della sceneggiatura, scritta con Marco Bonini, al passaggio dietro la macchina da presa dell’esordiente Edoardo Leo. Nella (miglior) tradizione della commedia all’italiana, non priva di accenni drammatici e tragicomici, sono loro a dare anima e corpo a due fratelli agli antipodi, uniti solo dall’annoso silenzio che si riservano dalla morte della madre: Mirko (Leo) Tartaglia, è sposato con Mirella (Sabrina Impacciatore), ha un figlio e lavora a Roma nell’officina del padre; Genziano (Bonini) è un broker rampante, vive a Londra senza legami di cuore. Dopo averli allontanati, tornerà la morte a riavvicinarli: quella del padre, di cui trasporteranno le ceneri (nel posacenere!) in una vecchia spider Morgan per un on the road calabrese sul filo della memoria. Senza (troppe) pretese, senza vani sorrisi, Diciotto anni dopo conferma la felicità artistica degli ultimi nostrani viaggi di celluloide: come nella Basilicata coast to coast dell’altro debuttante regista Rocco Papaleo, si fa di semplicità virtù, di lutto e paturnie delicata elaborazione, di un piccolo cinema una prova di maturità. Superata. (Fed. Pont.) èèè Drammatico/ Ira

About Elly Di Asghar Farhadi. Con Golshifteh Farahani

Una rimpatriata di 40enni in una villa sul Mar Caspio: si festeggia il ritorno di Ahmad dalla Germania, organizza la bella ed energica

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Sepideh (Golshifteh Farahani, già te blu cobalto l’ha scritto e dicon DiCaprio in Nessuna verità) retto nel 2008, vincendo anche che per l’amico divorziato invita un bel premio, ma così off patria pure Elly, l’incantevole insegnan- (Houston Film Fest) che nessuno te della figlia. La convivenza fila se ne accorse. Oggi la Bolero lo liscia e anche stupida, si gioca a porta in sala con coraggio e si pallavolo, si fa la spesa. Solo Elly spera “Fortuna”, visto che Corrimane sulla spiaggia con i bam- rado ne è il one man show, pizbini: lei ride, l’aquilone vola, un za-pony express casuale mentre piccolo affoga, e viene salvato per metabolizza l’amour fou per Remiracolo. Ma lei dov’è finita? Per gina Orioli che l’ha mollato. Atdirla all’inglese, What About Elly? torno a lui, e alla pizzeria Blu CoLa risposta è di Asghar Farhadi, balto del gestore-filosofo Haber, Orso d’Argento alla Berlinale un manipolo di folli e un mistero. 2009 e premiato pure al Tribeca, Tra atmosfere noir, gialle e blu che fa un cinema atipico per l’Iran lisergico, musica Negramaro, ultimo scorso, apparentemente vezzi un po’ clippari e qualche vodistante dall’impegno antagoni- ragine nella sceneggiatura, il film sta al regime: più che Verde, la è un’altalena che nella cinestate Maria Grazia Cucinotta, protagonista de “L’imbroglio nel lenzuolo” (FOTO ANSA) sua è una rivoluzione thriller, calcistica può valere il suo biglietsenza una denominazione d’ori- to. Con tour per Catania all in‘900, ma soprattutto nei misteri gine controllata. Le temperature, clusive: paga la Sicilia Film Com- Cucinotta, Primo Reggiani, Anne (Fed.Pont.) Parillaud di un infinito “perché (ce) l’avete piuttosto, sono quelle del Gran- mission. Tra gli imbrogli che un lenzuolo fatto?”. Forse per mostrarci de freddo di Lawrence Kasdan: dovrebbe nascondere includia- quanto bene si può imitare segreti e bugie, frustrazioni e pul- Da non vedere mo la voce “brutti film”, che an- “quel” nuovo cinema paradiso? sioni, scemenze (pure troppe, e il che a un autore bizzarro come Certo, si aggiungono i veli, il mare doppiaggio amplifica…) e non è Alfonso Arau capita di girare. e gli alberi dietro cui celare le detti, ma… C’è dell’altro: Sepi- Commedia / Ita-Spa L’imbroglio nel lenzuolo, forte- sinuosità della setosa Cucinotta, deh elude e piglia le botte, Elly L’imbroglio nel lenzuolo mente voluto dalle Cucinotta si- dal ricciolo misura fondoschiena cela il fidanzamento e fa rischiare Alfonso Arau, con Maria Grazia sters (Maria Grazia produce e re- di una novella Sibilla cumana, o il carcere agli amici, cita, Giovanna sceneggia) trasci- Eva tentatrice. Ma attenzione, in breve, la paura na regista e cast “vip” (Anne Pa- perché della procace signora – non riguarda Elly, ma rillaud, Geraldine Chaplin, Primo sempre più casta che diva – si può l’Iran oggi. Perché la Reggiani) nella Sicilia del primo solo immaginare. (A.M.Pasetti) minaccia viene dal fuoricampo, il terrore corre su un filo invisibile e reazionadi Claudia Colasanti rio, lo stesso che riARTE troviamo nelle recenti cronache persiane, annodato su maschilismo e “tradizione”: per farla Anna Galtarossa, breve, What About l museo MART di Rovereto è equilibrato basa soprattutto sull’uso totalmente diver“Il Mostro di Ahmadinejad? Castelvecchio”, 2008 su una politica di oscillazione fra espe- sificato dei linguaggi e dei materiali, e dà (Fed.Pont.)

GIOVANI, LINGUAGGI E SPERIMENTAZIONI

Irienze del contemporaneo ed esposizioni

èè Drammatico / Ira

Una notte blu cobalto di Daniele Gangemi, con Corrado Fortuna, Regina Orioli, Valentina Carnelutti, Alessandro Haber

Accadde una notte (a Catania). L’esordiente 30enne Daniele Cangemi non ha nulla di Frank Capra, ma sa rischiare. Il suo totalmente indipendente Una not-

Ma quale amore (Rizzoli) Valeria Parrella

Un meta-romanzo di viaggio, che racconta una scrittrice – la Parrella – che scrive un libro di viaggio su Buenos Aires. Ma il viaggio, a spese dell’editore, era anche l’ultimo tentativo di salvare un amore agonizzante con un fidanzato, Michele, che si sta allontanando. I richiami a Borges, nume tutelare del viaggio e dell’immersione nella cultura Argentina, sono espliciti e un po’ didascalici, i

luogo a numerosi esempi di installazione in alternanza con video, proiezioni, pittura e scultura. Un altro comun denominatore nell’opera degli artisti scelti è la costante (quasi ossessiva) riflessione che tutti conducono rispetto alla realtà che li circonda. Una tensione forte nei confronti del reale, avvicinato a volte con immediatezza, altre attraverso mediazioni che si frappongono fra l’oggetto e la sua rappresentazione, fino alla radicale ri-creazione. Linguaggi e Sperimentazioni. MART-Museo di Arte moderna e contemporanea. Corso Bettini 43, Rovereto. Orario: mart-dom 10-18; ven 10-21Ingresso: int 10; rid 7. Fino al 22 agosto

AMORI IN BILICO TRA MESSICO E ARGENTINA

LIBRI

èèè Romanzo

d’arte moderna. Si tratta di un incontro interdisciplinare variabile, che riscuote grande successo, sia per i contenuti di qualità sia per il numeroso pubblico. Nel caso della mostra Linguaggi e Sperimentazioni, il MART entra nel cuore della più radicale attualità del presente, ospitando parte di una grande collezione privata: l’AGI di Verona. Giorgio Fasol, che ne è fondatore, acquista opere di giovani artisti da almeno due decenni, in assoluta libertà, con lo stimolo della passione e con un fortunatissimo intuito. La scena artistica internazionale che è riuscito a mettere in evidenza è complessa e si

cliché sul tango non mancando, la conclusione, sulla vita che continua appare un filo scontata. Ma il libro, che scivola via senza mai annoiare, ha una struttura più sofisticata e solida di quanto sembra a un’occhiata superficiale. Memorabile l’invocazione: “Che bruci in eterno chi ha inventato Facebook”, terribile catalizzatore dei problemi di coppia. (Ste. Fel.)

èèè Romanzo

Rosa di fuoco (Pendragon)

Emilio Marrese

Calcio e vita, piroscafi e bandiere, guerra civile e contemporaneità al centro degli arabeschi di Barcellona, dove la linea del mare confonde i contorni e nulla è davvero come sembra. Dopo un apprezzato documentario su un’occupazione romana premiato al Riff, Emilio Marrese, bolognese, calciofilo, giornalista de “La Repubblica” con inesausta esperienza tra Mondiali e Olimpiadi, si avventura in un giallo a cavallo tra due epoche, due continenti, due metà del tutto in bilico tra amore e morte. Lo fa con

IL ROMANZO DIARISTICO DI VALERIA PARRELLA, IL GIALLO SPORTIVO DI MARRESE

scrittura felice, dialoghi da sceneggiatore e , cosa più importante, immagini e personaggi (idealisti, servi sciocchi, anarchici) che una volta assorbiti, rimangono nella memoria. (Ma. Pa.)

Da rileggere Romanzo

Amore e Ginnastica (Einaudi) di Edmondo De Amicis

Einaudi ripubblica “Amore e ginnastica”, uscito quasi clandestinamente nel 1862. Da rileggere soprattutto per sfatare il mito del De Amicis sdolcinato e retorico del più famoso libro “Cuore”. Siamo in una Torino post-unitaria, de-

scritta con cura perfino nei particolari dei palazzi (con cui il breve romanzo si apre): una maestra (bella e assai ginnica) fa perdere la testa un po’ a tutti, compreso un non molto platonico studente con il vizietto di allungare le mani e un ex seminarista. Il “don”, goffissimo, si iscrive perfino in palestra per far breccia nel cuore imprendibile dell’atletica amata. Vorrei ma non posso, vorrei ma non riesco: un gioco che attraversa tutte le pagine del libro, fino a “un’infocata” quanto inattesa conclusione. Molto divertente il tratteggio dei personaggi - una donna mascolina e un uomo non proprio virile - in una inversione di genere ante-litteram. (SiT)

è MARC RIBOT Y LOS CUBANOS POSTIZOS Omonimo 1998 - Atlantic Arsenio Rodriguez è considerato uno dei più grandi innovatori della musica cubana. A partire dalla metà degli anni Trenta del secolo scorso, la sua figura è di fondamentale importanza per quanto riguarda la modernizzazione dell’intera musica caraibica ballabile. Viene considerato il padre del Son montuno, rivoluzionò il formato della tipica orchestra conjunto introducendo la conga, il piano e la tromba, cambiandone per sempre la sonorità, introdusse una nuova figura ritmica che sarebbe stata ripresa nella creazione del Mambo e fuse Guaguancò e Son, ponendo le basi per la Salsa. Classe 1911, perse la vista in giovane età a causa di un incidente e per questo fu poi denominato il ‘cieco meraviglioso’. Prodigioso musicista e talentuoso autore fu uno dei più grandi suonatori di Tres, tipica chitarra cubana a sei corde divise in tre coppie. Dodici anni fa, Marc Ribot, storico chitarrista di Tom Waits, collaboratore di John Zorn e del nostro Vinicio Capossela, decide di omaggiare Arsenio. Assieme ai Los Cubanos Postizos registra questo bellissimo disco che contiene, oltre alle più famose composizioni de 'el ciego maravilloso', anche un brano originale, Postizo, e Aurora en Pekin di Alfredo Bolona, altro grande musicista cubano di inizio novecento. Arsenio Rodriguez rivive tra le corde della chitarra semiacustica di Ribot che attraverso le sue dita ci fa tornare indietro nel tempo, quando la musica era aperta alle invenzioni.

CD in uscita

³

è QUINDI? MAX GAZZÈ (Universal) “Mentre dormi” doveva essere presentata al Festival di Sanremo ed è invece diventato il brano di punta di Basilicata Coast To Coast di Rocco Papaleo, film che vede la partecipazione come (ottimo) attore di Gazzè. Quindi? È un disco critico contro i luoghi comuni. Dodici tracce per esplorare un’altra filosofia e un altro stile di vita possibile. è LATINISTA ROY PACI E ARETUSKA (Universal) Latinista si candida come la migliore colonna sonora estiva, complice un giusto mix tra la saudade e il ritmo senza sosta. Quello di Roy Paci è un percorso unico nel panorama nazionale: superbo musicista, talent scout di giovani promesse (Stefano Benno aka Anansi su tutti), con i suoi Aretuska (è arrivato anche Dj Pandaj) confeziona un disco sincero e piacevole. (Guido Biondi)


pagina 18

PERCORSI

¡TIME

SMART

a cura di Eugenia

Romanelli

smartime@ilfattoquotidiano.it

TEATRO ON THE ROAD

ARTE GLOBALE SULLA STRADA

Tre giorni di spettacoli no-stop per le strade di Pennabilli onfrontarsi con altre ma associazione francese ha for- coli vincitori del Premio Cantieri Funny Bones: “Li abbiamo invi- disordine, ragazzi bevuti, fuma- scambiamo gli artisti”. Come culture, promuovere mato in Vietnam salvandoli, an- di Stada 2010, dalla Federazione tati per avvicinare la cultura nip- ti: oggi? “In tutto il centro stori- mai lo spettacolo da strada unil'arte di strada, i giova- cora bambini, dalla guerra”. Sta- Nazionale Artisti di Strada: “So- ponica di strada alla nostra e con- co, “chiuso per arte”, non c'è ve- sce tutto il mondo? “Perché il ni”. È netto Enrico Par- sera (h. 21) grande attesa invece no in scena da stasera, prime na- frontare comicità, impostazioni, tro né superalcolici e nemmeno contatto col pubblico è istintivo. tisani, inventore di “Artisti in per i Bangditos: “Sono tedeschi, zionali. La verticalista Gaby Cor- canovacci. Stessa operazione cani”. Collaborate coi grandi fe- Pensi che ci sono artisti canonici piazza”, festival del Teatro di spettacolari con le loro pompe bo, argentina, coi soldi del Pre- tentata con Cuba, da cui viene stival di strada d'Europa: “Con il molto affermati che mi chiedoStrada dal 1997 che vanta 40 mila ad acqua che esplodono bombe mio ha messo su “Senza indiriz- Marivelas con la sua emozionan- Buskers Bern, in Svizzera, e con no di potersi esibire per conpersone e 50 compagnie in esi- di schizzi e spruzzi. Debuttano zo”, un mix tra teatro e acroba- te tirata antirazzista”. Quest'an- il Bath Fringe Festival, inglese, frontarsi col pubblico on the bizione no-stop. La 14° edizione, con Uberfluss, gli spettatori zia. Poi i Piano C, italiani, con no ci sarà anche una sorta di “feal via stasera fino a domenica nel usciranno fradici”. Il vostro festi- “Senza che?”, bell'esempio di stival nel festival”: “Il collettivo centro storico di Pennabilli (Ri- val ha acquistato anche spetta- cirque nouveau, vere perle del di artisti internazionali Circo Pa- è MONDI mini), vanta un one circo contempo- niko ha una sua tensostruttura Un concerto per l’European Social Forum man show imperdiraneo internazio- dove presenta a ciclo continuo bile: “Sabato e donale”. Dal giappo- spettacoli di artisti e compagnie Istambul. Un'altra Turchia? Dove parlare di diritti menica si esibisce ne poi ogni gior- da tutto il mondo”. Negli anni umani non è un tabù, dove sono benvenuti quelli che Ricloop. Da solo, vano si esibiranno i passati avete avuto problemi di guardano all'Europa come il sogno di un'opportunità per tutti e non l'incubo dei privilegi di qualcuno? le il festival. Un artiEsiste, e ospiterà alla Macka University di Istanbul sta tedesco, nato in dall'1 al 4 luglio prossimi una nuova edizione strada, che ormai si dell'European Social Forum, spazio di confronto, esibisce nelle discoinformazione e formazione per ragazzi, studiosi, teche più trendy del esperti e curiosi dell'altro mondo possibile. “Non HIPPIE DAYS mondo. Riesce da paghiamo la loro crisi” è il tema al centro delle solo a creare un'orgiornate che si apriranno il 30 giugno sera con un Montevecchio di Pergola. 3 chestra di 20 elegrande concerto di band emergenti turche. Tra le days of peace and love, il primo menti usando una loop station ricette per uscire dalla crisi, quella della transizione: “Woodstock” delle Marche! Il che registra ognuno degli stru25-26-27 giugno il perugino sarà consumi più sostenibili, commercio equo, energie DANZA E RICERCA menti suonati dal vivo ripetenrinnovabili, agricoltura contadina, lavori “verdi” (un la cornice di “Hippie Days”, done la trama musicale in sefatturato che in Italia già supera i 10 miliardi di euro). grande band raduno per gruppi Parma. I Botega sono una delle più quenza mentre ogni volta si agIl rapporto "Green Jobs" dell'ONU stima i lavoratori emergenti che vogliono esibirsi coraggiose, intense e accattivanti giunge un nuovo suono”. Nel che troveranno spazio nel business verde in 12 milioni su palchi professionali per un compagnie di danza italiane che weekend si esibisce anche un nel mondo di cui 300.000 in Italia. Ci proviamo? grande pubblico. Le band possono iscriversi fino ad mixano hip hop, breakdance e collettivo di artisti cambogiani, esaurimento spazi disponibili per essere protagoniste contemporanea. Nati a Roma per giovanissimi: “Il Phare Ponleu di tre giornate di festa da creare insieme. Sarà un mano e pensiero di Enzo Celli, da Per tutti gli aggiornamenti sul Forum worldsocialforum.info Selpak Cirk è composto da gioevento non di sola musica: oltre a tanti concerti, anni fanno ascoltare il Monica Di Sisto disisto@bazarweb.info colieri, funamanche percorsi turistici, un autoraduno “beat ritmo di piedi, mani e Sopra, artisti di strada. boli, danzatori e generation”, attività di gruppo, un mercatino vintage corpi per i palchi d'Italia Sotto, un’opera musicisti under pieno di cimeli, abiti, tatoo ecc. Ma anche una sala e non solo. Martedì di Lucamaleonte 25 che l'omoniprove all'aperto con la possibilità di registrare, verrà proposto un'area jam per suonare con altri musicisti, un dj set e ”Subway”, spettacolo con un nutrito un cinema sotto le stelle. corpo di ballo in scena, colorato e è VISIONI CAMPO ESTIVO IN CITTÀ PER IMPARARE L’INGLESE GIOCANDO mosso, in un contesto di teatro Mostra del nuovo cinema + istituzionale, anche se di ricerca e Alain Resnais hippiedays.it Roma. Nel verde, nella natura ma nel cuore della città: è d’avanguardia: spazio ideale per Riccarda Patelli Linari il Kid's World Summer Day Camp di Technotown a Villa raccontare la passione di questo Pesaro. La Mostra del Nuovo patellilinari@bazarweb.info Torlonia, per imparare l'inglese giocando, fino al 6 agosto. coreografo e della sua compagnia, Cinema, diretta da Giovanni Un campo estivo giornaliero dedicato ai ragazzi dai 7 ai 13 mentre volute, vive e carnali, tagliano Spagnoletti, è un festival nobile e anni, in cui attività ludiche e laboratori a tema (tra cui spazi e pensieri in un respiro di ludos prezioso, uno dei pochi al l'Aboriginal Mask, l'Artist Studio, il Silhouette Theatre) e anima che soddisfa sia lo spettatore esperto sia quello mondo consacrato all'autentico forniranno l'occasione per migliorare l'inglese dei più vergine. Agli appassionati ricordiamo che, il 26, Celli cinema di ricerca. Nonostante i piccoli, grazie al metodo del “learning by doing” all'insegna terrà un workshop alla New Art School di Orvieto tagli di budget sconsiderati, la dell'english natural. Gli insegnanti, tutti madrelingua, (h.15). 46a edizione (da domenica al 28) guideranno i ragazzi tra workshop e giochi nel museo conserva un programma attraverso le 7 sale del Villino robusto, curioso ed eclettico. Medioevale di Villa Torlonia, fino al è AVANGUARDIE Teatro delle Briciole (Parco Accanto alla sezione principale, torneo di Sbong (che chiuderà la Il mostro della porta accanto Ducale 1), 22 giugno ore dedicata al nuovo cinema russo, giornata), un gioco interattivo 21.00 (botega.it) ci saranno incursioni nella video proiettato a terra che ricrea un Lorenza Somogyi Roma. Che idea ragazzi! Prendere un mostro del cinema – loro dicono horror ma non c’è da arte, documentari importanti vero campo di gioco in cui i ragazzi somogyi@bazarweb.info credergli: Donnie Darko è per esempio cinema horror? Neanche per sogno: ed è uno dei da non perdere almeno protagonisti – reinterpretarlo in chiave postmoderna – e si possono sfidare a squadre, “Budrus” di Julia Bacha cioè decostruendolo e ricostruendolo con codici nuovi, i rigorosamente in inglese. Grazie Bernardo Bertolucci che parlerà all'assessorato alle Politiche codici della street art, della fotografia, del fumetto, della del cinema degli anni settanta, le belle proiezioni in piazza e Educative del Comune di Roma, a pittura – e portarlo in scena in questa mostra. una retrospettiva completa su Carlo Lizzani, un pezzo di storia Zètema e alla supervisione di Paco “Next-door monsters”: titolo forse pretenzioso ma di del cinema italiano. A Pesaro non stonerebbe affatto anche la sicuro effetto. Gli artisti sono Azt, Zaelia Bishop, Claudia Lanciano. Let's play in English! presenza di Alain Resnais, regista del dvd della settimana (“Gli Evangelista, Lucamaleonte, Alice Pasquini, Riot Queer, amori folli”), premio della giuria a Cannes 2009. Commedia Mauro Santucci, Amalia/Elena Campo/Yolrene (Studio Info: 06 86212471 (kidsworld.it surreale, l'ultima opera del maestro francese è un Arturo). Il vernissage e il finissage saranno quasi technotown.it) divertissement di grande modernità. Un vaudeville amoroso e contemporanei: da domani fino al 20 ai “Laboratori Chiara Organtini fantastico che ha la forza della libertà e l'ironia della saggezza. Sotterranei”. A settembre sarà poi inaugurata alla galleria organtini@bazarweb.info “Fabrica Fluxus” di Bari. Alla serata inaugurale, anche dj set a tema. Musica mostruosa, c’è da scommetterci. pesarofilmfest.it; “Gli amori folli” di Alain Resnais, 01 Roberto Pisoni pisoni@bazarweb.infofo Laboratori Sotterranei, via Magnaghi 59, tel. 06-5138443 Amanda Freiburg freiburg@bazarweb.info

“C

Possibilità

Scene

Piccoli


Giovedì 17 giugno 2010

PERCORSI

pensieri di cuore Y

C

Smartime/Casanova

ari lettori, dobbiamo ammetterlo, con voi usiamo l’artificio della seduzione (condurre gli altri verso di sé). Niente di male, visto che tali meccanismi qui si articolano tra pari e sono diretti a persone, voi, capaci di distinguere e deliberare, emotivamente e intellettualmente autonome, oltre che ben dotate di capacità critica, come dimostrate intervenendo sul wall del gruppo Smartime di Facebook. Eppure lo vogliamo dichiarare, per approfondirne i motivi: crediamo che empatia e prodigalità, base dell’atteggiamento seduttivo e ingredienti ottimi per esaltare l’"attimo fuggente" (sorta di sinonimo di “ruffianità”) siano giocoso motore del tutto onesto, se trasparente - per provocare e rafforzare la concentrazione e la meraviglia necessari per aprirsi ai contenuti e ai significati. In fondo l’ispirazione che ci solleva dalle cappe più opprimenti e ci illumina restituendoci il vigore necessario per trasformare le cose che non ci piacciono non esplode proprio come conseguenza di uno stato di stupefacimento? Ecco perché, come stiamo per esemplificare, qui proponiamo eventi luccicanti quanto basta per attirare la curiosità di ogni gazza che dentro di voi vola libera: nella speranza che, seducendovi, riusciamo a condurvi dove le iniziative diventano occasione per ripensare se stessi, le proprie scelte e i comportamenti che

fanno di ognuno di noi quel particolare cittadino della sua polis. Quindi, per esempio: # Juha Andrea segnala, sabato (19.30) al Parco Tomasi di Lampedusa di Palermo un evento di cinema, letteratura e cucina “povera” a base di pesce e verdure per raccogliere i fondi per i progetti di cooperazione di “Tulime per Ukumbi, un villaggio in Tanzania”; # Alessandra Celletti ci invita a scaricare “Way Out” (itunes.apple.com) per ascoltarlo in anteprima; # Ginevra Bentivoglio Editori ci consiglia di leggere la “letteratura di servizio” di Aldo Marinelli, 32 anni in magistratura, col suo fresco di stampa “Alfabeto Italia, riflessioni e provocazioni per un paese a pezzi”; # Rosario Capasso ricorda, fino al 27, “Argot off. Un sentiero per il futuro” al Teatro Argot di Roma: una rassegna di drammaturgia contemporanea (argot.it); # Vanessa Viscogliosi ci invita alla personale di Elisa Anfuso, alla Galleria d’Arte Artesia di Catania, fino al 20 (tribearl.it); # Valentina Marino ci linka alla mostra di Camilla D’Errico, italocanadese, regina del surrealismo pop. Fino al 30, a Roma (mondobizzarrogallery.com); # Famiglia Margini presenta a Milano “Anni 00”: fino al 20 luglio una crew di artisti racconta il primo decennio del nuovo millennio (famigliamargini.com).

LA SEDUZIONE NEL DIALOGO

road. Se non sei bravo, la gente non si ferma”. All'ingresso del paesino c'è scritto: “Città amica degli artisti di strada”: “Nel '97 il Comune approvò il nostro autoregolamento. Non volevamo che gli artisti fossero arrestati: l'arte on the road era accattonag-

gio. Ma ancora non è come in Europa, dove anche chi ha fatto il conservatorio si allena in strada”. Siete in Rete? “Siamo stati tra i primi: non saremmo riusciti a contattare artisti in tutto il mondo”. Guardate anche su Facebook: “Artisti in piazza”.

Fumetti GIGI MERONI La prima cosa che viene da pensare, in questi giorni di Mondiali in Sudafrica, è che alla

Suoni CELESTI PERCORSI IN SALSA ROCK Eredi degli Elettrojoyce degli anni '90, gli E42 seguono un percorso pop rock di grande interesse nel panorama italiano di questi ultimi anni. Il loro è un sound tenebroso, intenso, caldo, a tratti graffiante. La voce di Andrea Salvati fluttua senza ostacoli sulle note di chitarre e tastiere Nella pagina il cd degli E42 e, delineando liriche caustiche, sotto, immagine relativa alla corrosive, pungenti ma anche rubrica QUEER seducenti. Molto curati i testi, che scavano nell'animo umano, nelle fragilità della nostra psiche, nel caos dei tempi moderni. Non solo grinta è capace di esprimere la band: il dolcissimo brano “Mille luci” ci inchioda a quella melodia che sembra nostra da sempre. Il sound galleggia su atmosfere post-punk e sapori new wave senza infangarsi in alcun genere ma muovendosi libero tra le frontiere. Qualche raffinata citazione, riferita ad alcuni artisti, che hanno evidentemente costituito il background musicale della band come Franco Battiato e i Joy Division, aggiungono stile ad un lavoro tutto sommato di qualità.

nostra Nazionale servirebbe proprio un'ala destra tutta talento e dribbling come fu Gigi Meroni. E subito dopo si è portati a chiedersi se uno così, viste le esclusioni di Cassano e Balotelli fuoriclasse intemperanti, sarebbe stato convocato. Anche se va detto che il nostro, più che indisciplinato, fu un anticonformista malaccetto nel mondo ultraconservatore del pallone: e, per molti aspetti, lo è ancora oggi. La sua parabola durò solo 24 anni, spezzata da un banale incidente stradale sotto casa, proprio mentre la sua carriera era in irresistibile ascesa (si pensi che l'Avvocato, per strapparlo al Toro, era disponibile a sborsare 750 milioni di lire: nel 1967!). Così, risulta davvero azzeccata l'idea degli autori di raccontarne l'epopea a rovescio, partendo dall'acme fino al bambino che è STILI scalcia negli oratori. E se la sua Tra arte e moda E42 - Uomini celesti. Cantoberon/Audioglobe eccentricità estetica - si mostrò (myspace.com/e42band) vestito da dandy con una gallina al Sabbioneta. Due piani di un sontuoso Palazzo Ducale Vera Risi risi@bazarweb.info guinzaglio, i capelli lunghi e la barba del Rinascimento. Centocinquanta opere tra pittura, - tutto sommato era accettabile fotografia, scultura, design, creazioni grafiche, oggettistica, anche per l'Italia bacchettona della installazioni e video. Cinque percorsi attraverso i quali metà dei '60, non gli si perdonò unificare i codici semantici di differenti espressioni invece la convivenza con una donna artistiche e tradurre l'universo comunicativo di 60 creativi ancora sposata. europei e americani contemporanei, per la metà giovani emergenti di straordinario talento. Questo è “Please me è QUEER Fashion - Fluttuazioni fra arte e moda”, in mostra fino al 18 Marco Peroni e Riccardo Cecchetti. Un seminario per connettere Luglio. Lusso, peccato ed espiazione (De Luxe), costrizioni Becco Giallo, 18 euro maschile e femminile bizzarre ed eccessi (Le Sartorie di Sade), racconti vestiti Ciro Bertini (Fashion Novels), metamorfosi (Fashion Intellectuals) e bertini@bazarweb.info Salento. Mystical Salento profezie su stili a venire (Fashionable Tech) sono le stanze organizza, sabato e domenica, un tematiche che accolgono le opere. Intanto, fuori, l'intera seminario per mettere in città fa da eco al Festival con incontri nei teatri e connessione i partecipanti con le installazioni metropolitane. parti che compongono il sè della Domenica, per tutto il concezione junghiana, nei suoi giorno, segnaliamo aspetti maschile e femminile, per “Sabbioneta: una scenografia operare l'alchemica unione degli per la moda. Fotografi e opposti. Aiutati dal potere DIZIONARIO BILINGUE ITALIANO/CANE E CANE/ITALIANO Festival Internazionale di modelle in action", evocativo di particolari luoghi da Villa Adriana performance fotografica di sempre deputati al contatto con il Oltre 150 parole chiave, classificate dalla A alla Z, per Fabio Lombrici. sacro, sarà possibile percepire il imparare a capire i cani e farsi comprendere meglio da Tivoli. Anche la quarta edizione valore intrinseco delle loro. Per ogni termine viene citata una situazione di vita del fortunatissimo festival manifestazioni di questi due quotidiana e ciò che significa per il cane nella lingua sabbionetaar tfestival.it prodotto dalla Fondazione Musica elementi. L'operazione alchemica umana. Cosa ci vuol dire, qual è l'approccio più corretto Lorenza Fumelli per Roma vanta un calendario (complexum oppositorum o per rivolgersi all'animale, come interpretare il fumelli@bazarweb.info eccezionale che incrocia culture e matrimonio mistico) sarà svolta in comportamento tra cani. I testi di Roberto Marchesini, stili artistici diversi. Inaugurata luoghi con caratteristiche studioso della relazione uomo-animale, e di Jean l’altro ieri, durerà fino al 18 luglio e promette, nella coreografia energetiche e spirituali diverse ma Cuvelier, medico veterinario, sono arricchiti da spassose mozzafiato delle Grandi Terme di Villa Adriana, uno dei più grandi tutti accomunati dal riecheggiare illustrazioni di Christophe Besse. Chiude l'opera un siti archeologici a cielo aperto del mondo, riconosciuto dall'Unesco dell'antichissimo rituale della apparato normativo a cura della LAV, aggiornato con come Patrimonio dell'Umanità, un programma in prima linea con le taranta, vera ferita nell'inconscio tutte le norme che regolano una serena convivenza. Utile novità più significative della scena internazionale. Da Taiwan a collettivo salentino che attende da per chi ha sempre avuto cani e crede di sapere già tutto Londra, da Parigi a Tel Aviv, da Roma a Bruxelles, un giro del mondo secoli una ricucitura ad un livello e per chi non ne ha mai avuti, non li conosce e per in 14 tappe, attraverso le suggestioni e i talenti delle più disparate di coscienza che sia diverso dalla questo mal li tollera. Utile per il cane, che a far il migliore espressioni artistiche: la danza di Akram Khan e Sidi Larbi contrapposizione statica tra uomo amico dell'essere umano fa sempre più fatica. Il cane Cherkaoui, del Cloud Gate Dance Theatre of Taiwan e della Vertigo e donna. ringrazia. Dance Company; la musica di Elvis Costello, dell'Orchestra dell'Accademia Nazionale di Santa Cecilia e di Enrico Rava con la PMJL - Parco della Musica Jazz Lab; il teatro “cuntista” di Mimmo Dizionario Bilingue Italiano/Cane Cane/Italiano, Ed. Sonda mysticalsalento@gmail.com (347 Cuticchio e quello “circense” di Aurélia Thierrée. Fatevi avanti! Federica Pirrone pirrone@bazarweb.info 4929087) Helena Velena velena@bazarweb.info auditorium.com Eve Stallen stallen@bazarweb.info

Pratiche bestiali

Occhio!

Da non perdere

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è ROMA Giovani cervelli Alle 17.30 alla Domus Talenti Teorema presenta la sua ultima ricerca sul futuro dei giovani (06.6873021) è PALERMO Notte da ballare Domenica (h. 22) a “I grilli pub”, appena ristrutturato, live di Elektrophobik Trio sperimental jazz electronic (todoservice.com) è ROMA Donatella Diamanti Alle 18.30 allo Spazio Eventi, Mondadori Multicenter (v. del Corso 472), presentazione del libro che suggeriamo per l’estate: “La restauratrice di matrimoni” (Sperling & Kupfer). Almodovariano è PADOVA Celebrities Domani (h. 19) alla Galleria Sottopasso della Stua inaugura la mostra degli scatti di M. Luisa Liviero sulle celebrità della Mostra del Cinema di Venezia. Segue sfilata di moda è ROMA Calcio solidale 4 serate gratis di cinema all'aperto sul calcio come strumento sociale, terapeutico, di integrazione (Piazzale degli Eroi 14). Sabato (h. 21) “Liberi nantes football club” di Francesco Castellani è PALERMO Inaugurazione della piramide Domani (h.10) l’artista Mauro Staccioli apre la sua “Piramide 38° parallelo” di 30 metri per celebrare, il 20 e 21, il “Rito della luce” (soltizio estivo): a Motta d'Affermo - Contrada Belvedere (librino.org “calendario eventi”) è MILANO Inaugura un nuovo Esterni Martedi festa per la galleria d’arte appena trasferita negli spazi di BaseB, in Bovisa, per rivalutare la periferia: barbecue tra artisti h. 20.30, v. Lambruschini 36 è BOLOGNA Improvvisazione artistica Domani alle 21 alla Casa del Paleotto gli scrittori, disegnatori e animatori di setteperuno.it, sito collettore di esperienze narrative e grafiche provenienti da tutta Italia, si incontrano per dare vita a uno spettacolo in cui la lettura di racconti stimola l’improvvisazione su cavalletto (333/4288906) è ROMA Gay village Stasera al Parco del Ninfeo inaugura il Gay Village: Emanuela Aureli e i suoi personaggi, Los Monstruos di Ibiza e Djs NIno Scarico, Juanjo Martin, Brezet e MaxC (0683608335) è LIVORNO Franco Andreucci Alla Libreria Edison (v. del Fante h. 18) lo storico presenta il suo nuovo libro (frutto della collaborazione con bazarweb.info) “49 pezzetti d’America” (Edizioni ETS) è MILANO L’arte ai giovani! Alle 18.30 alla Fondazione Pomodoro via alla 10° edizione di Real Presence: mostre e interventi in diversi spazi pubblici, eventi quotidiani e workshop sugli artisti emergenti di tutto il mondo (fondazionepomodoro.it)


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SECONDO TEMPO

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IL PEGGIO DELLA DIRETTA

TELE COMANDO TG PAPI

Cioè, un’inviata (o inviato, par condicio) ascolta Berlusconi e qualunque cosa Lui dica, anche le più grosse fandonie, l’inviata (in questo caso Simonetta Guidotti) diventa un’eco automatica. Per esempio, a parte i sette milioni di italiani intercettati (il 15 per cento degli abitanti, poppanti, immigrati e decrepiti compresi), Berlusconi inventa una procedura penale che non c’è: sarebbero i Pm “rossi” pronti a chiedere alla Corte Costituzionale di cancellare la legge bavaglio, quando approvata. Non funziona così. Funziona che un Pm, ma anche la difesa, nel corso di un processo possa avere un dubbio di legittimità: allora chiede al magistrato giudicante di valutare e quello (non il Pm), se lo ritiene, spedisce il fascicolo alla Suprema corte. Ma perché nessuno smentisce Berlusconi? Forse Simonetta Guidotti ignora tutto questo e, perciò, si tace? Bella domanda.

La sindrome dell’eco di Paolo Ojetti

g1 T Berlusconi va all’assemblea della Confcommercio. Qualcuno gli prepara il discorsetto che – inutile dirlo – parlerà bene dei commercianti e di quanto il governo ha fatto e sta facendo per loro. Poi, è pronto un giornalista capace di riferire quello che il “premier” dirà, magari a braccio, senza cambiare una virgola, un sospiro, una pausa, nulla? Sì, è pronto, si tratta del soldato Sonia Sarno, quella delle missioni difficili: ripetere. E così, anche ieri il Tg1 ha solo amplificato l’eloquio berlusconiano. Il Tg1 sta a Berlusconi come il balcone di Piazza Venezia stava al Duce: un punto d’appoggio. Se poi Berlusconi ripete sempre le stesse cose (gli italiani sono spiati, non è democrazia, voglio più poteri, la nostra manovra è stata apprezzata anche a Timor Est, non vuotiamo le tasche agli italiani), magari aggiungendo passaggi fantastici (sette milioni di italiani intercettati) che fa sembrare tutto come uscito da un film di Tim Burton, al Tg1 non fa né caldo né freddo. A Sonia Sarno non fa e basta.

T

g2 Niente da fare, si tratta della sindrome dell’eco.

g3 T Mentre tutti i telegiornali irreggimentati accreditano una maggioranza compatta e lanciata verso l’approvazione della legge bavaglio, ecco che Pierluca Terzulli racconta che le cose non stanno affatto così. Dopo Fini, adesso anche Bossi apre la porta alla discussione di “eventuali emendamenti”. Insomma, a parte i minacciati Vietnam, c’è qualche segnale – più importante - di sfaldamento nella maggioranza. Non potendo cancellarlo, ecco che Berlusconi riappare anche sul Tg3 (siamo, come sempre, a reti unificate), ma Alessandra Carli qualche pennellata ce la mette: “Difficile prenderlo sul serio”, soprattutto “quando parla della tentazione di mettersi in pensione”. Già, per i presidenti del Consiglio, anche quando straparlano, non esiste il prepensionamento.

di Nanni

Occhiali da ottavi Delbecchi

molto la mancanza SMaento degli occhiali di Marco zzocchi. Quattro anni fa furono, con Grosso, i veri eroi dei Mondiali. E adesso? Adesso gli occhiali di Mazzocchi, pur restando la principale motivazione all’ascolto di “Mondiali sprint”, assomigliano alla Nazionale di Lippi. Ci sono e non ci sono, ma comunque non sono più quelli. Sì, perché quando parliamo degli occhiali di Mazzocchi ci riferiamo a una vera e propria Nazionale, quella che il conduttore era solito mettere in campo sul terreno perfettamente levigato della sua testa. Una gamma inarrivabile, dal design avveniristico e dai colori fluo, modelli i cui stessi nomi non lasciavano spazio a dubbi: Exclusive, Explosive, Exagerator. Ogni sera ne schierava uno diverso, se non due o tre in un colpo solo. Adesso il modello adagiato da Mazzocchi sugli spalti del suo viso ridente è unico. Un paio di occhialoni neri, vagamente ispirati alla maschera di Diabolik ma ancor più marcati; probabilmente non è passata invano la lezione della cantante Arisa. Mazzocchi e i suoi occhiali si presentano

così, al centro dello studio sudafricano, prima di dare la parola ai suoi compagni di salotto, Marino Bartoletti, Carlo Longhi, Sabrina Gandolfi, tutti in onda dopo le partite appena disputate ma non trasmesse dalla Rai, perché la Rai è fatta così, risparmia sulle partite ma largheggia sugli inviati e li vuole lì, sul posto, come la lattina dell’Olio Sasso doveva essere in tavola in un celebre Carosello. Un solo modello, dunque, e senza l’audacia di quelli del passato. Occhiali da ottavi, al massimo da quarti di finale. Pazienza, me li farò bastare, pensa il telespettatore. Ma non sa che Mazzocchi ha in serbo una nuova mazzata sul suo capo. Dopo il primo collegamento, infatti, la testa del conduttore riappare in studio completamente nuda. Perfino quel paio di occhiali superstite non c’è più; o meglio, c’è ancora ma ridotto a un quadratino, come se li avesse ripiegati Uri Geller, un quadratino nero adagiato sul cravattone e appeso a un nastro come quelli che assicuravano gli occhiali di Fausto Bertinotti, e si adagiavano Marco Mazzocchi, conduttore sportivo e inviato Rai

sulle sue giacche di tweed. Mazzocchi fa finta di nulla, ma la cosa è a dir poco clamorosa. Come è possibile che un uomo che ha fondato tutta la sua popolarità sugli occhiali se la tiri all’improvviso da dieci decimi? Mazzocchi senza occhiale è come Pippo Baudo senza parrucchino, La Russa senza urla belluine, Berlusconi senza mascara. Il mondo non è più al suo posto. Un senso di irrealtà si diffonde nello studio ma ci sono poche chances che il mistero venga risolto. “Mondiali sprint” è infatti l’unica trasmissione dove i giornalisti, invece di vergognarsi di non avere notizie, se ne vantano e vi prosperano. Alla vigilia del debutto degli Azzurri, si profusero in due ore di congetture sulla formazione, e così sbarcarono il lunario. Guai se se avessero saputo i nomi. Così restiamo oscillanti, sospesi tra la nostalgia per gli occhiali di un tempo e il rovello per questi nuovi che appaiono e scompaiono come gli atolli del Pacifico. Mazzocchi ci vedrà meglio con oppure senza? A giudicare dalle sue osservazioni tecnico-tattiche, non c’è gran differenza. E l’ombra del dubbio si allunga sempre più.


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SECONDO TEMPO

MONDO

WEB

IL RETE FAVOREVOLI E CONTRARI

Le vuvuzelas suonano online I n questo pazzo Mondiale, con grandi Nazionali che arrancano (ieri la Spagna è stata sconfitta dalla Svizzera), ci sono già dei protagonisti assoluti. Sono le Vuvuzelas, ovvero – per chi ancora non lo sapesse – le trombe decorate con i colori di tutte le squadre, dentro le quali i tifosi sudafricani soffiano senza sosta, producendo durante ogni partita un rumore di sottofondo in stile “alveare gigante”. Le origini di questo strumento sono incerte, per alcuni derivano dalle corna delle antilopi, che venivano suonate in guerra nel Sudafrica tribale; per altri sono strumento moderno, nato negli anni Settanta man mano che fioriva il tifo calcistico nella ex colonia inglese. Fatto sta che questo tubo di plastica lungo circa un metro, che fuori dagli stadi dei Mondiali viene venduto al corrispettivo di dieci euro (cento rand), è protagonista assoluto anche delle discussioni Internet. In queste ore su Facebook sono decine i gruppi-vuvuzelas. C’è chi le odia: “Non se ne può più delle vuvuzelas”; “Against Vuvuzelas”; “Las vuvuzelas me se-

caron la cabeza!!!!!”; i gruppi più numerosi. Altri, invece, come “Vuvuzelas pela Selecção - Vamos lá Portugal” invitano tutti i tifosi a prendere esempio dall’entusiasmo dei sudafricani. Anche su Twitter non si parla d’altro: “Vuvuzela”, con 10 nuovi twitt al secondo, è uno degli argomenti più dibattuti al mondo, subito dopo “Word Cup”. Tra i messaggi ci sono i complottisti: “Le vuvuzelas servono al governo sudafricano per censurare la gente. Il suono viene dagli altoparlanti”. C’è chi è rassegnato: “Bafana Bafana, preparatevi a stordirvi con le vuvuzelas“. Qualcun altro pubblica un video virale, l’ennesimo spezzone riveduto e corretto del film La Caduta: questa volta Hitler vuole sconfiggere le Vuvuzelas. Mentre il Popolo viola si appresta a usare proprio le vuvuzelas per protestare contro il bavaglio, un utente italiano su Twitter scrive “Tifiamo vuvuzelas, espressione di gioia sincera”. Ma sul social network gli italiani non gradiscono: partono subito i cori di insulti. f.mello@ilfattoquotidiano.it

è IL PD: NESSUNO TOCCHI I BLOG IMPEGNO PER ABOLIRE L’OBBLIGO DI RETTIFICA

Ha tutti i crismi dell’ufficialità la campagna contro il “comma 28” delle legge sulle intercettazioni proposta da Pippo Civati e rilanciata dal Partito democratico. La norma che equipara i blog ai giornali nell’obbligo di rettifica, rischia di portare il caos di Federico Mello nell’informazione amatoriale com’è quella dei blogger. “Un blog non è un giornale, il blogger non è un redattore, spesso gli aggiornamenti sono saltuari. Si può rischiare una maximulta perché magari si è in vacanza o è IL 63,8% CONTRARI AL BAVAGLIO non si controlla la posta?” la denuncia su UN SONDAGGIO PER GENERAZIONE ITALIA mobilitanti.it. L’impegno adesso è quello “Per il 63,8% degli italiani, il ddl sulle dei parlamentari Pd di presentare un intercettazioni non è una priorità”. A emendamento abrogativo alla Camera, e rivelare il dato è Luigi Crespi, per anni di chiedere di votarlo anche ai sondaggista di fiducia di Berlusconi. “Lavoro, parlamentari Pdl e Lega che si crisi, sanità e ambiente – rileva il sondaggio interessando di questioni digitali. pubblicato sul sito di area finiana Generazione Italia – sono i temi che più stanno a cuore agli italiani, spaventati sempre di più da una crisi economica di dimensioni globali. Da notare il 2,2% degli italiani che auspicano un intervento urgente sulla giustizia. Un dato che evidenzia una discrasia tra l’agenda politica e quella del Paese”.

feedbac$ k Commenti al post: “Un popolo di calciofili” di Oliviero Beha è COSA aspettarsi da un paese dove la maggioranza vota con gli stessi criteri con cui sceglierebbe un detersivo o un deodorante? Mi spiace dirlo, ma sono molto pessimista questi ultimi tempi. Amo il mio paese ma lo vedo andare alla deriva in beata incoscienza. Carlo è NON ME NE frega una benemerita mazza di quanto guadagna questo o quel giocatore o di quanti tatuaggi ha: guardo la partita e tifo Italia, mi piace il “giuoco” del pallone e al diavolo chi lo vorrebbe intendere come metafora di vita. Antonio è IL PROBLEMA non è l’Italia ma gli Italiani. Prima della caduta dell'impero romano, la gente veniva imbonita con crudeli spettacoli nel Circo Massimo. Ora viene imbonita da crudeli telefilm e pallone. Mauro

Un venditore di Vuvuzelas; l’iniziativa Pd; il sito di Generazione Italia; l’iniziativa University4Iran

DAGOSPIA

GLI SMS DI FORZA GNOCCA

1) A proposito di Tg, chi sarà mai quella avvenente parlamentare di Forza Gnocca che alla Camera si messaggia per ore tramite telefonino con un direttore di Tg della Rai? Chi ha sbirciato gli sms dice che lui le chiede più considerazione e conferme, ma lei non pare così presa dalla storia... 2) Come è riuscito il blitz di Bernabè di arruolare Mentana? Otto mesi fa l'operazione fu bloccata da Gero-vital Geronzi. Questa volta è riuscita e la domanda degli 'addeti ai livori' è la seguente: quanto è "costato" a Bernabé convincere Berlusconi a dire sì all'assunzione di Chicco Mitraglia a La7? Ah saperlo... 3) 3 - In un suo articolo di qualche tempo fa Giorgio Stracquadanio, il deputato così pieno di sé da poter stare due mesi senza mangiare, scrive: "pago l'affitto di un monolocale di 25 mq, pago le spese dell'utilitaria che ho a Roma per non essere schiavo dei taxi". Alcuni suoi colleghi deputati pettegoli ricordano però di averlo visto per buona parte della legislatura al volante di una possente Jaguar, parcheggiata a Via della Missione negli spazi riservati ai deputati con tanto di permesso rilasciato dalla Camera. E ricordano anche di avergli sentito descrivere l'abitazione da lui è CONTRO LA REPRESSIONE IN IRAN acquistata in una CAMPAGNA DI UNIVERSITÀ E PREMI NOBEL lussuosa zona del Sedici premi Nobel e più di 300 professori e centro di Roma e ricercatori di università di tutto il mondo nella quale alloggia. hanno aderito alla campagna University4Iran, è IL GIALLO DEL VIDEO FB Avrà venduto casa e un’iniziativa di mobilitazione contro la LA GABANELLI CONTRO IL BAVAGLIO auto per far fronte violenta repressione che ha colpito i campus Nelle ultime ore molti utenti di alla crisi? Ah, universitari iraniani. Nell’ultimo anno Facebook hanno denunciato la saperlo... proprio nei campus si è organizzata la scomparsa dalle loro bacheche del protesta verde che ha chiesto riforme video-appello di Milena Gabanelli contestando la rielezione del presidente contro il ddl sulle intercettazioni. Il Mahmoud Ahmadinejad. A dare notizia filmato riprende l’apertura di Report del 23 maggio, dell’appello è il sito dell’opposizione nella quale la conduttrice invita i cittadini che hanno a all’estero, Persian2English cuore la libertà d’informazione a mobilitarsi contro la (persian2english.com). “La campagna – legge. Le prime segnalazioni sono arrivate martedì sera, recita un comunicato – viene resa pubblica in mentre ieri pomeriggio gli utenti a cui il video è stato coincidenza con il primo anniversario del cancellato hanno creato un gruppo di protesta (“Perché brutale assalto delle milizie filogovernative ai Facebook censura il video della Gabanelli?”) che in dormitori dell’Università di Teheran, la notte poche ore ha registrato più di 600 iscritti. Da Facebook tra il 14 e il 15 giugno 2009. In quella però sgonfiano il “giallo”, escludendo ogni censura e occasione numerosi studenti vennero uccisi spiegando che la scomparsa del video è dovuta a cause e molti altri furono feriti o arrestati”. Tra i esclusivamente tecniche. (Tommaso Rodano) firmatari, il Nobel per la letteratura J M Coetzee e quello per l’economia Maskin. Tra le università hanno aderito anche La Sapienza di Roma e la Cattolica di Milano.

è SEGUIRE il mondiale è un rito, e tra quei venti milioni di spettatori per la nazionale ci sono anche persone che ogni giorno cercano di salvaguardare questa nazione. Sebastiano è ME LA prendo con lo spazio dato dai giornalisti ai Mondiali, per coprire altre notizie. Con tutto il rispetto per chi segue il calcio, e io sono uno di questi, non credo che la sciatalgia di Buffon debba prendere più spazio della vicenda di Pomigliano. Ma è inutile illudersi ormai, se ne parla perché il calcio è diventato un prodotto, attorno al quale girano miliardi di euro tra sponsor (che poi diventano inserzionisti per televisioni e giornali) e altri giri poco chiari di denaro. Se ne parla perché bisogna creare l'interesse verso il prodotto da vendere. Luigi è NON HA senso tanto orgoglio nazionale per un popolo di evasori, clientes, disinformati, disinteressati, furbi. Non ha senso per cassaintegrati, precari, pensionati al minimo, gente che fa code di mesi per un esame, gente che ha una scuola con la muffa, non antisismiche, politici corrottissimi. Felipe è OTTIMO Beha, si può parlare di calcio senza dimenticare il resto: un po’ di sana ironia!!! Lucio è ANCHE IO ho tifato e tifo contro l’Italia. Non per i motivi di Radio Padania. La ragione della mia mancanza di patriottismo calcistico è questa: gli Italiani sono già di loro incapaci di scandalizzarsi per tutta il fango di cui vengono ricoperti ogni giorno dalla loro mediocrissima classe politica. Quando poi ci sono i mondiali, o la Champions League, diventiamo più rintronati del solito, e in Parlamento fanno (ancor di più) quel che vogliono. Sara


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PIAZZA GRANDE Feltri, Belpietro e le manette di Massimo Fini

o cominciato la mia carriera di giornalista come cronista giudiziario all'Avanti! di Milano nei primi anni Settanta. Ogni giorno vedevo passare nei grandi androni del Palazzo di Giustizia non solo qualcuno in manette ma file di detenuti tenuti insieme dagli "schiavettoni" e da catene sferraglianti come dei deportati alla Cajenna. Ogni tanto quando c'era un delitto particolarmente importante, in genere rapine perché allora la classe dirigente non si era ancora così corrotta come sarebbe stato negli anni Ottanta e dimostrato nei Novanta con le inchieste di Mani Pulite, arrivavano, oltre ai fotografi, anche le Televisioni. Da neofita me ne stupivo. Non tanto delle manette, che soprattutto nei trasferimenti di più detenuti sono necessarie, ma dell'esposizione pubblica di queste persone, senza alcun rispetto, senza ritegno, senza protezione (anche quando non ci sono le tv non deve essere piacevole farsi vedere in manette dalle centinaia di persone che transitano ad ogni ora in un grande Palazzo di Giustizia qual è quello di Milano) ma allora nessuno sembrava curarsene, tantomeno i politici e gli opinionisti. In fondo la cosa non riguardava che degli stracci. Il 4 marzo del 1993, in piena Mani Pulite, ci fu l'episodio di Enzo Carra, l'ex portavoce di Forlani, fotografato in manette. I più feroci furono Bibì e Bibò, alias Vittorio Feltri e Maurizio Belpietro, direttore e vicedirettore dell'Indipendente, che spararono la foto in testa alla prima pagina, ingrandendola il più possibile e indicando Carra al ludibrio della folla inferocita di quei giorni. Il più pietoso fu il "giustizialista" Antonio Di Pietro, ai tempi pubblico ministero, che ordinò agli agenti penitenziari di togliere immediatamente le manette a Carra. Del resto allora

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Bibì e Bibò erano dei forcaioli assatanati, sarebbero diventati dei "garantisti" a 24 carati quando passarono nella scuderia di Silvio Berlusconi. Se la prendevano anche coi figli degli imputati. Per esempio quelli di Craxi. Toccò a me scrivere sull'Indipendente una lettera aperta a Vittorio (“Caro direttore, ti sbagli su Stefania Craxi”, 11/5/1993) ricordandogli che i figli non hanno i meriti ma neanche le colpe dei padri. Così come toccò a me, nel momento della caduta, mentre una legione di improvvisati fiocinatori si accaniva sulla balena ferita a morte, scrivere, sempre sull'Indipendente, un articolo intitolato “Vi racconto il lato buono di Bettino” (17/12/92), in cui, benché tempo prima Craxi mi avesse definito, nientemeno che dagli Stati Uniti dov'era in visita, “un giornalista ignobile che scrive cose ignobili”, ricordavo che oltre all'uomo sfigurato, sconciato che vedevamo, con orrore, in quei giorni drammatici, ce n'era stato anche un altro che aveva suscitato speranze in molti. Passata la stagione euforica di Mani Pulite, l'immagine di Enzo Carra in manette è passata alla storia come l'emblema della "gogna mediatica" che non avrebbe dovuto ripetersi mai più (come dopo il "caso Valpreda" si giurò che mai più nessuno sarebbe stato chiamato "mostro"). Il Garante della privacy emanò alcune regole di comportamento per i media e parve affermarsi una maggior sensibilità per il rispetto della dignità dei detenuti. Ma solo per alcuni. Lo dice il recente episodio che ha visto protagonista Fabio De Santis, l'ex provveditore alle Opere pubbliche toscane, uomo di fiducia di Angelo Balducci, insomma uno della "cricca". Con un cellulare De Santis è stato portato in manette, come gli altri quattro detenuti che erano con lui (due spacciatori di droga, un ladro, un rapinatore) dal carcere fiorentino di Sollicciano al Tribu-

Che vuol dire far politica? di Pierfranco Pellizzetti

a politica!”. E il messaggio sottinteso suona: “Ma si vergogni!”. Quel demenziale tormentone che – al tempo che fu del Sergio Cofferati leader antagonista di una Cgil sul piede di guerra – Berlusconi e i suoi introdussero con successo nelle retoriche comunicative della Seconda Repubblica, finalizzate al solo scopo di screditare l’avversario. Per inciso: che altro avrebbe dovuto e dovrebbe fare un sindacato, se non prendere posizione in materia di politiche industriali? A conferma dell’intima berlusconizzazione di larga parte del ceto politico italiano, ecco che ora Enrico Letta fa proprio l’anatema berlusconiano indirizzandolo contro il procuratore ag-

“F

giunto di Milano Armando Spataro, reo di aver espresso riserve sulle nuove disposizioni al varo in materia di intercettazioni. “Fa politica”. E allora? Cosa ci sarebbe di così strano nell’esercitare il diritto legittimo di intervenire nel dibattito pubblico, punto focale della “politica”, su un tema di cui – tra l’altro – si ha una riconosciuta competenza diretta? Ma ecco – a seguire – il secondo diktat: “Prima di parlare si faccia eleggere”. Davvero singolare questa idea che per esprimere una valutazione su temi di interesse generale (ma anche particolare) sarebbe necessario mettersi in coda davanti ai selezionatori di partito, blandire qualche ras e – così – riuscire a farsi inserire nell’elenco dei “designati” (come detta il ben noto Porcellum) a una carica

nale del Riesame. Quando è sceso dal cellulare De Santis ha dovuto percorrere una ventina di metri sotto l'occhio delle telecamere. Solo due telegiornali però hanno mandato in onda quella scena. La giustificazione più farsesca e farisaica è stata quella di Mauro Orfeo, direttore del Tg2: “Volevamo denunciare una gogna che ricorda certe immagini di Mani Pulite”. Denunciava la gogna mentre lo stava mettendo alla gogna. Il Garante della privacy è intervenuto, molti politici e opinionisti si sono indignati. Molto giusto. Ma nessun Garante della privacy ha battuto ciglio e nessun politico si è indignato, nessun opinionista ha alzato il dito quando tutti i telegiornali, solo per fare, fra i tanti possi-

Il 4 marzo del 1993 Enzo Carra, l’ex portavoce di Forlani, fu fotografato in manette: i più feroci furono i due giornalisti che spararono la foto in prima pagina sull’Indipendente

LA STECCA di INDRO

bili, l'esempio ricordato ieri da Travaglio, mostrarono, con evidente compiacimento, le immagini di tre rumeni in manette accusati di stupro (e poi assolti). Molti politici, in particolare donne, dichiararono: “Per questi soggetti ci deve essere la galera subito e poi, processo o non processo, buttare via la chiave”. Che cosa significa tutto ciò? Che si sta sempre più affermando in Italia un doppio diritto, di tipo feudale e peggio che feudale. Quello per i "colletti bianchi", per i vip, per "lorsignori", che oltre ad essersi inzeppati il Codice di procedura penale di leggi talmente "garantiste" da rendere quasi impossibile l'accertamento dei reati loro propri (fra poco non potranno nemmeno essere intercettati se non con mille limitazioni - parlo dei limiti posti alle indagini della polizia giudiziaria e della magistratura, non di quelli, a mio parere sacrosanti, alla loro divulgazione), van sempre trattati con i guanti. Per tutti gli altri, per coloro che commettono reati da strada, che sono quelli dei poveracci, non vale nemmeno la presunzione di innocenza. C'è la "tolleranza zero". Ma questa è la vecchia, cara e infame giustizia di classe. www.ilribelle.com

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Questo centrodestra, il cui fascino consisteva soprattutto nell’essere un gruppo di forze ben amalgamate e con una leadership ben sicura, non si dimostra così compatto come credevano gli italiani. Telemontecarlo, 2 giugno 2001

È l’accusa rivolta al procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro Ma che c’è di strano nell’esercitare il diritto legittimo di intervenire nel dibattito pubblico, su un tema di cui si ha competenza? elettiva. Un’idea che sa tanto di corporazione blindata degli addetti ai lavori. Ma è anche lo specchio di un gravissimo involgarimento del modo vigente di concepire la politica. La sua riduzione alle categorie della peggiore chiacchiera da bar, altalenante tra l’immortale binomio “gnocca e motori”. Per cui “fare politica” diventa sinonimo di partigianeria, di atteggiamento da intriganti e mestatori. E chi ci si dedica con

passione va subito sospettato di secondi fini, ovviamente meschini. Non è certo casuale che sia proprio il ceto di quelli che campano di politica ad accreditare tale rappresentazione denigratoria della loro stessa primaria attività; che dovrebbe essere quella di organizzare la partecipazione delle donne e degli uomini alle scelte collettive. A conferma dell’avvenuto esproprio di democrazia che caratterizza lo stato dell’arte della nostra vita associata. Ma anche passaggio obbligato delle strategie difensive da parte di chi rifiuta il concetto stesso di controllo e ricambio esercitato attraverso il libero confronto. Ossia il fondamento e il cardine del reggimento liberaldemocratico. Insomma, la parola d’ordine è il silenziamento generale. D’altro canto, se la politica come discorso pubblico tra cittadini informati viene ridotta all’afasia, non può che affermarsi l’altra idea: quella di politica come pura tecnologia del potere. In effetti che cosa accomuna quanto faceva ai suoi tempi Cofferati e oggi fa Spataro, suscitando moti di indignazione

Nordisti

É

di Gianni Barbacetto

VILLA REALE OFFRE SI L

a Villa Reale di Monza? “La stanno regalando ai privati”. Una delle dimore storiche più importanti del nord Italia sarà gestita per trent’anni da un’azienda privata. L’allarme è stato lanciato da alcuni politici lombardi del Pd. Si sono convinti che la privatizzazione sarà il futuro di Villa Reale, dopo aver ascoltato le parole di uno degli uomini più potenti del gruppo ciellino che attornia il presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni: il grande capo di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni. È successo la settimana scorsa nel consiglio comunale di Monza. Rognoni è stato interrogato dai consiglieri durante un’audizione che aveva per tema, appunto, il futuro della Villa Reale. Dopo anni di incuria e abbandono, la Villa sarà finalmente restaurata. Chi la rimetterà a nuovo? Lo deciderà una gara realizzata da Infrastrutture Lombarde, l’azienda controllata dalla Regione che fa da stazione appaltante. Per ora partirà la riqualificazione del primo lotto, 9 mila metri quadrati del corpo centrale, cortile, primo piano, piano nobile, belvedere, in cui saranno realizzati spazi per mostre ed eventi, laboratori, bookshop, caffè, ristorante. Costo: 23 milioni di euro. Chi ce li mette? E qui arriva il bello, ovvero il brutto, della storia. La Villa Reale dovrebbe essere curata da un consorzio di gestione di cui fanno parte il Comune di Monza, il Comune di Milano, la Regione Lombardia, il ministero dei Beni culturali. Diciamo dovrebbe, perché il Comune di Milano non ha mai formalizzato il suo ingresso nel consorzio e non ha mai pagato neppure un euro di spese, comportandosi come un condomino che neppure risponde alle lettere dell’amministratore. Il ministero di Sandro Bondi ha promesso un milione di euro, ma finora nessuno ha visto un centesimo. Il Comune di Monza ha la guida del consorzio, affidata al sindaco della città Marco Mariani, ma non ci ha messo i soldi. Gli unici che si sono dati da fare sono stati gli uomini della Regione. Hanno stanziato 20 milioni e affidato a Infrastrutture Lombarde la guida della ristrutturazione. Con un’ideona: far pagare almeno una parte dei lavori ai privati, che ci metteranno 5 milioni di euro (sui 23 totali) e in cambio avranno per trent’anni la gestione della Villa Reale. A un canone irrisorio (30 mila euro all’anno, più uno 0,5 per cento del fatturato). Lo ha confessato Antonio Rognoni durante la sua audizione. Così gli enti pubblici, i Comuni di Monza e Milano, la Regione e il ministero, saranno di fatto esautorati dalle decisioni su come utilizzare la Villa Reale. “È l’unica soluzione possibile”, replica il sindaco Mariani, “che un Armando Spataro (FOTO EMBLEMA) privato ci guadagni dalla gestione è tutto sommato una cosa normale”. Reagisce Roberto Scanagatti, capogruppo del Pd al Comune di Monza: “La realtà ha superato i nostri peggiori timori. Rognoni ha confermato che in cambio della propria quota, i privati gestiranno per i prossimi trent’anni il corpo centrale della Villa, il più pregiato”. E Giuseppe Civati, consigliere regionale del Pd, aggiunge: “Il consorzio avrà pochissimi margini per decidere l’offerta culturale e museale di uno dei complessi monumentali più importanti della Lombardia. È una svendita ai privati orchestrata da Formigoni”.

da Berlusconi a Letta jr? Partecipare a scambi di contenuti per concorrere all’attribuzione di senso e significati ai modelli di rappresentazione collettivi; per contribuire alla messa a fuoco di quanto è condivisibile, quindi pensabile. Il massimo filosofo politico europeo vivente – Jürgen Habermas – parla al riguardo di “sfera pubblica”; ossia la dimensione in cui l’azione comunicativa diventa deliberazione, dunque democrazia partecipata e inclusiva. Operazione – in teoria – altamente meritoria in una democrazia rettamente intesa, ma che impiccia la principale attività degli odierni tecnologi del potere trasformatisi in persuasori di massa: controllare mediaticamente le coordinate linguistiche con le quali si rappresenta la situazione in cui siamo immersi, che non devono “remare contro” – demistificare – gli scenari artificiali di legittimazione degli equilibri vigenti, predisposti dalle officine del pensiero ufficiale. Per cui la critica diventa necessariamente una pratica illecita. Si parli di criminalità organizzata (“Saviano denigra l’Italia de-

nunciando il fenomeno camorristico”) come di crisi economica e relativi impoverimenti indotti (“così si diffonde il pessimismo”). Affermazioni che solo in apparenza è stupefacente riscontrare anche in buona parte del fronte di opposizione. Proprio per le succitate pulsioni corporative. Infatti queste reazioni non ci stupiscono più. Semmai – al tempo stesso – impongono di continuare ad esprimere indignazione quando uno spelacchiato giovanotto di provincia (magari con la patacca di “democratico” all’occhiello), con quell’aria un po’ così da studente secchione, si permette di “dare sulla voce” a chi interviene criticamente nel pubblico dibattito, intimandogli l’immediato silenzio. Lo dobbiamo fare perché – come disse Martin Luther King – “ciò che spaventa non è la violenza dei potenti ma il silenzio degli onesti”. Un silenzio che ha come esito finale la passivizzazione davanti alle relazioni di potere. Quelle relazioni di potere che possono essere modificate soltanto grazie a libere discussioni.


Giovedì 17 giugno 2010

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SECONDO TEMPO

MAIL I sindacati hanno smesso di difendere i lavoratori Esisteva nell’Italia contadina e del latifondo, un personaggio chiamato “fattore” che controllava i mezzadri e cercava di mediare con il padrone perché non tirasse troppo la corda onde evitare disordini, e massimizzare lo sfruttamento. Questo personaggio era pagato dal padrone e i mezzadri lo sapevano, e sapevano anche che faceva gli interessi del padrone. Oggi questa funzione è svolta dai sindacati, solo che sono in larga parte pagati dai lavoratori stessi, e dicono di fare l’interesse dei lavoratori. Vorrei fare un confronto: quando ho preso il mio primo stipendio nel 1971 nella busta paga c’erano 120 mila lire. Ai tempi un metro quadro di appartamento costava 100 mila lire: con uno stipendio compravo un metro quadro di appartamento e mi avanzava la spesa per una settimana. E ora? I sindacati dal 1980 in poi non hanno più difeso i lavoratori. Se alziamo la testa vedremo un bell’orizzonte, se l’abbassiamo vedremo solo i piedi. Gino Colombini

Un accordo miope che non guarda al futuro Per il bene odierno dei lavoratori e non quello futuro, che rimane ignoto: questa è la motivazione di coloro che hanno già firmato l’accordo di Pomigliano. Io credo che quel futuro è tutt’altro che ignoto: il piano di Marchionne, come quelli delle altre industrie automobilistiche, rimarranno inattuati, perchè il presupposto che essi si pongono è quello di riportare la produzione ai livelli del periodo precedente all crisi. Ma chi si pone questi obiettivi si deve rendere conto, come tutti gli abitanti di questo globo, che il loro mondo deve trovare nuove vie di sviluppo economico compatibili, oppure saranno guai catastrofici. Per questo la lotta dei metalmeccanici Fiom a Pomigliano, anche se dovesse soccombere al Referendum, guarda al futuro, a differenza di quella dei quattro sindacati che hanno sottoscritto l’accordo del “qui, ora e subito”, che non tiene in alcuna considerazione il futuro. Sergio Barsotti

BOX

LA VIGNETTA

Furio Colombo

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aro Furio Colombo, Roberto Cota, eletto per un mucchietto di voti presidente della Regione Piemonte, ha provato a dare una lezione di storia del Risorgimento, domenica 6 giugno a Torino. Forse sapeva anche lui che non avrebbe fatto un gran figura. Però ha mostrato la nuova faccia della Lega che, d’ora in poi, ha smesso di fingere sul senso della parola “federalismo”. D’ora in poi si chiama di nuovo “secessione”. Perché i media non prendono nota di questo cambiamento? Emanuela

C

CIÒ CHE contraddistingue l’evento

Tutte le fabbriche cercano il profitto Sono un italiano residente in Polonia, seguo i media italiani e locali e vorrei esternare le opinioni dei lavoratori polacchi a proposito del trasferimento Fiat nel sud Italia. Qui tutti siamo abituati a lavorare sodo, per questo motivo ci stiamo tirando fuori dal pantano comunista che per anni ha soffocato la Polonia. Qui non esistono i sindacati rossi, protettori dei fannulloni, si guadagna di meno e si cerca di lavorare sempre. Quest’inverno gli addetti alle strade lavoravano con una temperatura di meno 29 gradi. Quelli in fabbrica si sentono dei privilegiati e non sono fannulloni come molti pseudo lavoratori del sud Italia. Domanda: perché la Fiat dovrebbe operare a Pomigliano? Una fabbrica, qualsiasi nel mondo, cerca di avere il profitto, questo non sembrano capirlo i politici e i famigerati sindacati italiani (mantenuti da chi lavora). Micheal A. Barin Champion

La bellezza e la giustizia del nostro articolo 41 Uno dei vizi maggiori della nostra informazione è quello di parlare delle cose, senza entrarne nel merito. L’articolo 41 della nostra Costituzione, per esempio. Berlu-

IL FATTO di ieri17 giugno 1867 Fino alla metà dell’800, con gli antibiotici di là da venire, il nemico invisibile numero uno erano le infezioni. Falcidiati da batteri sconosciuti e letali, migliaia di persone morivano come mosche di cancrena, setticemia, choc septici. In guerra, nel privato delle case e, con l’ingresso della chirurgia, nelle rudimentali sale operatorie dove, per i primi chirurghi, era nota d’orgoglio mostrare le macchie di sangue sparse sulle sudice palandrane usate per mesi, e pratica corrente infilare, per comodità, i fili di sutura nelle asole delle vesti. Alle vittime per assenza di igiene pensò il medico Joseph Lister, che il 17 giugno 1867, nel corso di un intervento a Glasgow, sperimentò per primo, su paziente, ferri e ambiente, l’uso dell’acido fenico, fino allora adoperato come disinfettante di fogne. Con Lister, deriso dai colleghi per quella mania di pulizia, era nata l’antisepsi chirurgica, conquista destinata a dimezzare i decessi da germi atmosferici e ad aprire la strada all’asepsi, sterilizzazione preventiva del campo operatorio, dal paziente, alle mani e ai camici dei medici, all’intero habitat chirurgico. Una rivoluzione firmata Joseph Lister, che la Regina Vittoria premiò col titolo di baronetto. Giovanna Gabrielli

L’abbonato del giorno EVALDA DI VITA La nostra abbonata del giorno del 16 giugno è di nuovo una bambina. Tanti auguri da tutta la redazione del Fatto Quotidiano a Evalda Di Vita, che oggi compie 95 anni. Ci riempie d’orgoglio pubblicare questa foto in cui legge il nostro giornale. “Voglio concorrere come lettrice più giovane del Fatto Quotidiano! Continuate così! Grazie per il vostro ottimo lavoro!!” Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it

Cota a Torino è la nuova disinvoltura con cui la Lega comanda il paese da Roma e annuncia l’imminenza di un federalismo estremista (vuol dire “non solidale”, vuol dire rottura con l’Italia, vuol dire secessione) in Piemonte, Lombardia, Veneto. Sul legame con Roma non vi sono dubbi: Cota era deputato quando è stato eletto ed è rimasto deputato dopo essere diventato presidente del Piemonte, carica ovviamente incompatibile. A quanto pare i compensi italiani di Roma ladrona non sono così detestati dai guerrieri del Nord, pur beneficiati dai compensi (buoni, per il presidente) della Regione “liberata”. E così

sciopero stesso. Condizione necessaria per la validità del picchetto è che lo sciopero sia stato deciso dalla maggioranza dei lavoratori e non da piccoli gruppi; il picchetto comunque non può essere di ostacolo per quei lavoratori, espressione della minoranza, che non intendano scioperare. Per contro, gli scioperanti hanno il diritto di impedire che personale estraneo all’azienda lo sostituisca durante lo sciopero; se non fosse così lo sciopero non sarebbe più un diritto protetto dalla legge, si trasformerebbe in una semplice protesta con danno salariale davanti ai cancelli aziendali. Ma il diritto di protestare già esiste, per qualsiasi cittadino e senza danno economico, mentre il diritto di sciopero è un ulteriore diritto garantito ai lavoratori . Ascanio De Sanctis

sconi e Tremonti vogliono cambiarlo. Ma cosa afferma davvero l’art. 41? Ecco cosa dice: “L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata ai fini sociali”. Un articolo giustissimo. Ora, se togliamo alla libertà economica privata il limite sacrosanto di “non recare danno alla sicurezza, alla libertà e alla dignità umana”, torniamo al lavoro schiavistico. L’uomo come mezzo, non come fine. Luigi Fioravanti

Non toccate il diritto allo sciopero Dal diritto di sciopero consegue il diritto di organizzare picchetti sindacali per impedire che lavoratori chiamati dall’azienda, a sostituire chi sciopera, vanifichino lo

Troppa tolleranza nei confronti della Lega Prendo spunto dall’articolo di Gianfranco Pasquino sulla Lega Nord. In effetti, è vero che negli anni passati si sono tollerati moltissimi comportamenti, anche illegali della Lega e non solo politicamente scorretti. Durante le elezioni politiche del 1996, la Lega propose il referendum per la secessione. All’epoca ero segretario comunale in un Comune della provincia di Venezia. La locale sezione della Lega affisse i manifesti per la secessione sia negli spazi elettorali riservati alle elezioni politiche sia fuori da quegli spazi ed io li fece togliere dalla polizia municipale, la quale naturalmente diede corso anche alla denuncia penale (all’epoca l’affissione di manifesti fuori dagli appositi spazi era reato, punito con ammende pesantissime, di qualche decina di milioni di lire). Ebbene il sindaco del Pds mi criticò aspramente da-

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abbiamo l’esemplare “cumulo Cota”. E poi abbiamo un improvvisato prof. Cota che sale in cattedra e insegna a piemontesi e italiani e persino al presidente di una Repubblica che paga Cota due volte, il federalismo di Cavour. Certo l’insigne statista piemontese non aveva previsto il doppio incarico, il doppio stipendio e la doppia missione, incompatibile per vistose ragioni istituzionali e politiche. Però cominciare la nuova baldanzosa stagione della Lega con una violazione della legge (e della logica) non è un fatto nuovo per la Lega. Cota, come tutti i cortigiani di Berlusconi, quando era candidato (e qualcuno doveva pur pagare le spese elettorali) ha giurato fedeltà a Berlusconi come tutti i candidati della destra, che hanno letto in coro non una loro promessa ma un testo scritto dal Capo. E poi, pensate, negli stessi giorni, la Lega, con la sua “nazionale di calcio” che non è “italiana” ma “padana”, ha celebrato la sua vittoria nel campionato mondiale “dei popoli senza nazione”. Un rappresentante di quel povero popolo randagio è ministro dell’Interno italiano con immenso potere (il “pacchetto sicurezza”) sul sesto paese più importante del mondo (o forse dovremmo dire “ex paese, ex importante”). Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it

vanti a diversi dipendenti comunali poiché bisognava tollerare quelle situazioni che erano solo “questioni politiche” e non amministrative. La miopia di questi dirigenti politici di centro, di destra e anche della sinistra ci ha portato allo stato attuale. Roberto Napoletani

Il potere di intercettare nelle mani di pochi noti Quando in televisione ci parlano di intercettazioni telefoniche appaiono immagini di registratori a nastro, magari con alcuni agenti delle forze dell’ordine che vi armeggiano, fra le apparecchiature di una centrale telefonica, dando l’impressione di un’attività impegnativa, costosa, vistosa, difficilmente mascherabile. C’è già da tempo un modo ben diverso di intercettare, molto meno artigianale e appariscente. Le attuali reti sono controllate da sistemi di gestione per i quali è uno scherzo, volendo, “spillare” sistematicamente tutte le comunicazioni di un gruppo, anche enorme, di utenti prescelti e riversarle in tempo reale in una opportuna de-

stinazione connessa alla rete, per ore o per anni, e per tutte le telefonate fatte da quelle utenze. Basta un qualsiasi terminale, se si hanno le chiavi di accesso al sistema di gestione della rete e la competenza operativa necessaria. Ora proviamo a immaginare una qualsiasi persona al vertice di una società operatrice di rete Tlc, quindi in possesso di tutto il potere tecnico e organizzativo per registrare tutte le telefonate dei clienti più “interessanti” per sé ed i suoi compari, in modo perfettamente riservato, col solo coinvolgimento di un tecnico fidato. Se quella persona non è un santo, è la prima cosa che farà appena diventata Ad di una società telefonica. Ne conosciamo almeno due che santi non sono. State tranquilli: le intercettazioni, in Italia, continueranno imperterrite, ma solo quelle meno “istituzionali”. Federico Vagliani

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