Sulla 131 - Nule

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Cento31 sulla

Carlo Felice

Periodico di tradizioni popolari, civiltà della tavola, ambiente turismo e sicurezza stradale diretto da Giorgio Ariu • Giugno 2009 • Anno VII • N°1

Elvira Usai

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erra di margine. di confine, di passaggio. Vittima di vicini potenti che ne hanno eroso il territorio riducendolo ad un fazzoletto di terra. Sarebbe riduttivo considerare Nule semplice porzione della provincia sassarese. Ogni nulese è consapevole di appartenere a un’isola nell’isola: parte del Goceano ma ai margini del Goceano. Appena fuori dalla Barbagia ma così vicina ai suoi confini da averne subito gli influssi. Presente nelle carte antiche sotto il nome di Nuèl, vanta una storia di gran lunga anteriore ai paesi vicini: si suppone che la sua fondazione sia databile al periodo ultimo dell’impero romano o al primo medioevo. Sin dal neolitico, e forse dal paleolitico (30000 - 10000 a.C.), il territorio di Nule era abitato da forti tribù con un elevato grado di civiltà, come ci attestano i numerosi nuraghi rappresentanti l’apice della perfezione raggiunta dai protosardi. Ne è un esempio il nuraghe Voes, giudicato dagli archeologi uno dei meglio conservati tra quelli esistenti. Divenuto possesso di sempre nuovi padroni, dall’età giudicale a quella aragonese, il territorio di Nule si fa testimonianza di questi numerosi strati che hanno caratterizzato la sua storia: tutt’oggi visitabili sono i dolmen, i betili e i menhir risalenti al paleolitico, tracce di età fenicio-punica come i frammenti delle ceramiche lavorate al tornio, monete, ceramiche e embrici d’età romana.

11-12 LUGLIO

Nule

REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA

IDDHA DE MANOS BONAS

PROVINCIA DI SASSARI

Pro su visitatore happu su postu sempre apparizzadu amistade e amore m’han sempre cun s’istranzu accortriadu inoghe unu colore una limba ch’at sempre a unu gradu chin su modu connottu zentile puntuale rio a tottu

Da “Trattos de Nule” di Pietro Mellino

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Carlo Felice

NULE

IL TESSUTO DELL’ANTICO E DEL NUOVO INCONTRO CON IL SINDACO ANGELO CRABOLU

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d inaugurare questo viaggio alla scoperta del paese di Nule, nessuno più del suo primo cittadino, l’ing. Angelo Crabolu, ci è sembrato adeguato ad introdurci nella realtà di questi luoghi. Queste le sue parole quando gli si chiede di raccontarci il suo paese, nei tratti che ne costituiscono l’essenza, e nella sua identità, capace di mantenersi intatta nei secoli senza mai perdere il legame col suo tempo, attraverso sempre nuove linee di sviluppo: “Nule é un piccolo centro situato nella zona interna del Goceano, che si distingue soprattutto per le sue attività legate al mondo agropastorale. Famoso per la peculiare produzione dell’artigianale tappeto a fiamma, negli ultimi anni ha saputo distinguersi con successo anche per l’ottima produzione del formaggio pecorino, delle gustose provolette e dei dolci tipici locali. Nell’arco di quattro anni il comune di Nule ha raggiunto quasi tutti gli obiettivi prefissi nel suo programma amministrativo, sviluppando una serie di progetti ed iniziative atti a sostenere una strategia di sviluppo del mercato locale, incentivando e stimolando l’esportazione nazionale ed estera dei suoi prodotti. Partendo dall’importanza della tessitura, e dal forte richiamo mediatico che questa splendida, ancestrale arte caratterizza il paese di Nule e la sua economia di base, si è cercato infatti di promuovere parallelamente, delle iniziative culturali a sostegno dell’imprenditoria e dell’artigianato locale”. Ci può offrire qualche esempio di queste iniziative? “Basti pensare al grande successo riscosso dalla mostra annuale del tappeto, la MINI ARTE TEXTIL. Con questa manifestazione abbiamo raggiunto tre diversi obiettivi: da un lato si sono create nuove possibilità di incontro e scambio culturale accogliendo opere provenienti da tutto il mondo e legate all’utilizzo di svariate e variopinte tecniche di utilizzo della lana e dei tessuti; dall’altro lato, sono state coinvolte attivamente le nostre tessitrici nella realizzazione delle splendide collezioni dei TAPPETI D’AUTORE, unendo il design e la creatività dei migliori artisti del momento, all’abile maestria delle nostre artigiane. Non ultimo si è creata la possibilità di mostrare l’arte di Nule e quindi tutte le peculiarità del paese, attraverso l’organizzazione di un tour di innumerevoli ed importantissime mostre, che hanno toccato le più importanti città della Sardegna, ma anche di Como, Parigi e Venezia.

Potenziando e rinnovando il sito istituzionale del comune di Nule, inoltre, e realizzando pubblicazioni e video documentari sul territorio e sulle nostre arti e mestieri, cerchiamo di allargare sempre di più il bacino turistico, al fine di promuovere e sostenere le attività imprenditoriali ed artigianali del luogo. Un’altra manifestazione di sicuro successo, che vede protagonisti i nostri artigiani, è NULE, IDDA DE MANOS BONAS. In questa occasione, le case ed i cortili del caratteristico centro storico, si animano di colori, di profumi e di ospitalità. La gente del luogo accoglie turisti ed avventori, mostrando i propri talenti e le proprie arti. Così prendono vita le botteghe artigiane che lavorano il cuoio, il ferro battuto, la lana, i formaggi, i dolci tipici, così le abili mani delle nostre tessitrici, tessono a scopo dimostrativo, tappeti colorati, tanto belli da lasciarti senza fiato.” Ma sappiamo che negli ultimi tempi non solo nel settore artigianale il paese di Nule ha concentrato le proprie energie. Quali sono state le altre novità? Sono tanti gli obiettivi che, nel corso degli anni e, devo dire, non senza fatica, siamo riusciti a raggiungere. Ricordiamo il completamento del mattatoio comunale per il quale abbiamo ottenuto

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il bollo CEE per la macellazione della linea bovina (la linea ovina era già attiva), l’ampliamento del cimitero, il completamento del collettore fognario, il restauro della casa museo (Pinna), il restauro dell’antico campanile a pianta circolare presente in paese (unico in Sardegna), ma anche la realizzazione del campo di calcetto, della biblioteca multimediale e la ristrutturazione del centro culturale per gli anziani, l’acquisto di immobili per la ludoteca. L’acquisizione ed il restauro di nuovi alloggi da cedere a canone moderato a famiglie o persone disagiate, l’intervento di elettrificazione rurale (in fase di ultimazione), la pavimentazione di strade rurali e l’adeguamento delle scuole medie ed elementari. Abbiamo cercato di collaborare con proloco, associazioni, consorzi e gruppi folk per sostenere attività sportive (Triathlon Sassari), concorsi di poesia estemporanea, e balli sardi (ballos de austu), progetti sulla legalità (Consorzio Sviluppo Civile), investendo le nostre energie non solo per promuovere azioni di tipo materiale, ma anche immateriale. Per proseguire con lo sviluppo del nostro paese e del suo territorio, nel tentativo di farlo uscire dall’isolamento economico e geografico e per dare ai giovani ed agli anziani nuove opportunità di socializzazione e di scambio, puntiamo ora sull’ausilio di nuove tecnologie e progetti innovativi che partono proprio dallo sfruttamento delle potenzialità insite nel nostro ambiente. I prossimi obiettivi? “Il territorio di Nule, è congeniale alla produzione di energia alternativa. Stiamo parlando del progetto di realizzazione di un parco eolico, che permetterà al nostro paese di gestire importanti risorse economiche. Si tratterà di indotti che saranno principalmente investiti per la realizzazione di servizi a favore dello sviluppo locale. Crediamo molto in questo progetto, approvato con grande entusiasmo da tutto il consiglio comunale, proprio perché, attraverso di esso, siamo certi di poter realizzare anche gli altri progetti che fino ad ora, nonostante il nostro impegno, non ci sono stati finanziati. Parlo del meraviglioso itinerario delle Chiese, che prevede la riqualificazione delle strade e dell’illuminazione del centro storico, dell’itinerario dei nuraghi, per la valorizzazione archeologica del territorio, della sistemazione delle strade rurali, della valorizzazione del colle di San Paolo, e del recupero delle Arti e Mestieri di Nule, attraverso la realizzazione di laboratori, musei e scuole civiche permanenti”.

Nule, foto Elvira Usai


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L’INCONTRO

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DI UNA CALDA OSPITALITÀ narsi maggiormente a quello religioso: la benedizione dei campi che i sacerdote impartisce nel giorno di San Marco, le processioni per impetrare la pioggia, le processioni primaverili, la benedizione dei pali in sostegno delle viti sono rituali che mescolano a una funzione propiziatoria precristiana le cerimonie proprie del cristianesimo. Tuttavia non si lega al solo mondo ancestrale dei campi lo spirito di conservazione, ma pervade ogni aspetto dello scambio quotidiano, strutturando secondo un preciso schema retorico anche il dialogare: l’intervento e il raccontare dell’anziano inizia sempre con un invito all’ascolto (“ascurta a mie”), seguito solitamente da aforismi e aneddoti di memoria remota, relativi alla storia locale, che si chiudono con ammonimento o sentenza. I valori solitamente trasmessi dalla saggezza dei più anziani, sono quelli su cui si basa il sistema sociale nulese: l’onore (il rispetto

delle leggi della comunità) e la balentìa (dimostrazione di coraggio). Questo spiega anche l’importanza de su sinnale (il segno) volto a rimarcare anche incontri o fatti, dai più semplici ai più complessi: ce ne offre un esempio su cùmbidu (l’invito), sia che esso sia rivolto a un amigu de pasada (un compaesano) o un istranzu ( di altro apese) o a un furisteri (forestiere). Nel rituale di ogni invito, infatti, rientra sempre s’imbiatu (il dono) che ha una valenza magico-propiziatoria e va, per questo, sempre restituito. Come emerge con chiarezza da ogni aspetto di questi rituali sociali, il consolidarsi di queste usanze è testimnianza non soo del carattere fortemente conservatore di questa società ma, soprattutto, di come alla base di queste consuetudini esista un principio di solidarietà di gruppo che rende il singolo partecipe di ogni evento della comunità che, a sua volta, interviene solidale con lui.

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l territorio di Nule oggi si presenta come luogo dall’habitat tipico delle zone centro settentrionali della Sardegna, per proprietà morfologiche ma soprattutto per la sua flora e la sua fauna endemiche. Si estende per circa cinquemilaquattrocento ettari ed è sito in una posizione meravigliosa poiché giace sulla sommità di una collina dominata dai venti su un territorio costituito in gran parte da ampie con poche notevoli alture. Due fiumi principali bagnano il suo territorio: il Tirso, il Rio de sos Campaneddos, che nasce dal suo circondario. La flora, come in parte anticipato, è rappresentata da esemplari peculiari della macchia mediterranea quali i rovi, le rose selvatiche, l’euforbia, la malva, la lavanda, il timo, il pungitopo, gli asparagi, i corbezzoli, il lentischi, l’alloro, il mirto, l’olivastro, la quercia. Rilevante, quest’ultima in relazione a un’importante attività particolarmente praticata in queste zone: lo sfruttamento del sughero. La sua prima estrazione avviene quando la pianta misura i 60 cm di circonferenza ed il sughero più pregiato (il cosiddetto sughero gentile o sughero femmina) è quello che ottenuto dieci anni dopo una prima demaschiatura: è privo di fessure profonde, omogeneo, flessibile e regolare. La demaschaitura avviene fuori dai periodi di grande attività linfatica, dal primo maggio al trenta agosto. Gli operai praticano nella corteccia dei tagli longitudinali e delle incisioni circolari, poi col manico dell’ascia sollevano il sughero con precauzione, colpendolo leggermente per rompere la sua aderenza. Viene poi levato in cilindri, chiamati cononi, o in plance per poi essere utilizzato per produrre vari utensili e isolanti. Anche la fauna di questo territorio è piuttosto ricca e varia: si va dai mammiferi più comuni quali il riccio, il topo domestico, il coniglio selvatico, la lepre, la volpe, la donnola e il cinghiale, agli uccelli quali la pernice, la gallina prataiola, la beccaccia, la tortora, il cucùlo e il gruccione, riconoscibile per i suoi colori sgargianti. Degne di menzione, in quanto specie protette, sono la testuggine comune e la testuggine d’acqua, presente presso i fiumi e le fonti con ampia vegetazione, a cui vanno ascritti anche le tre specie ittiche più diffuse, la trota, la tinca e la carpa. In relazione all’utilizzo della fauna caratteristica, ricordiamo come una delle attività maggiormente praticate a Nule sia la caccia al cinghiale: si svolge dall’8 dicembre a fine gennaio, seguendo delle pratiche quasi rituali, divenute fonte di aggregazione per gli uomini del paese. La preparazione ha inizio la mattina all’alba quando la compagnia si riunisce in paese per avviarsi poi, su comando del capocaccia, nella zona prestabilita. Qui sas truvas (i battitori) si dirigono al punto di inizio con i cani. Il capocaccia dispone sas postas (le postazioni) dove ciascuno aspetta in perfetto silenzio l’arrivo della preda: sono i cani, successivamente, a scovare i cinghiali e a costringerli ad uscire allo scoperto, spingendoli verso sas postas. A fine giornata, se la caccia è stata positiva, si va nella sede della compagnia, dove le prede vengono divise in parti uguali e all’uccisore si consegnano la pelle e la testa, il trofeo più ambito. Le serate trascorrono tra libagioni, canti e la morra fino a notte fonda, in attesa della nuova giornata di caccia. Come tutte le società ad economia agro-pastorale anche i paese di Nule presenta una cultura piuttosto conservatrice, che si manifesta nell’ ossequio a certi aspetti del vivere sociale, che tengono in vita consuetudini e riti entrati ormai inconsciamente nel vivere quotidiano dei suoi cittadini. Ne è un esempio la scansione del tempo, che raramente segue le tappe del calendario ufficiale, con il quale quello agrario non coincide mai, per avvici-

di Claudia Cao


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QUEI PASCOLI TANTO CARI AI GRANDI VIAGGIATORI

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e testimonianze degli storici che si sono accostati alla cultura e alle tradizioni di Nule, dal Casalis a Wagner e Liscia, attestano l’importanza che da secoli riveste per l’identità locale la presenza dei pascoli nel territorio di Bitti e Nule e la produzione del formaggio dell’altopiano, in particolar modo del rinomato Pecorino di Nule. La lunga tradizione casearia che sottintende la lavorazione di questo formaggio, infatti, trae origine dalla produzione del latte e dalla successiva lavorazione da parte di molte piccole aziende agricole anticamente sparse sul territorio di Nule e dei comuni limitrofi. Ancora oggi, ciascuno dei minicaseifici aziendali provvede a trasformare il latte prodotto dalle proprie greggi entro 20 ore dalla prima mungitura, secondo una tecnologia artigianale. I tratti distintivi del Pecorino nulese sono la sua caratteristica pasta dura e semidura, dal colore bianco tendente al giallo paglierino, a seconda del livello di stagionatura, e, naturalmente, il suo essere esclusivamente originato da latte di pecora di razza sarda intero, crudo, ottenuto solitamente da una o due mungiture. La sua crosta si presenta liscia e sottile, di colore giallo più o meno carico, e il suo sapore va dal dolce e delicato, a un aromatico più pronunciato nella tipologia semistagionato, per farsi deciso e gradevolmente piccante nella tipologia stagionato. Il Pecorino di Nule, infatti, può essere immesso al consumo in due tipologie: Semistagionato, formaggio che ha subito un periodo di maturazione tra i 60 e i 120 giorni, e Stagionato che ha subito una maturazione di oltre 120 giorni. La consolidata tradizione casearia è stata tramandata dai padri e spesso anche dai nonni e dai bisnonni, attraverso le generazioni che da secoli allevano ovini e producono formaggio

Nule che fa gola: dai formaggi ai dolci

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na scorsa attraverso i tratti distintivi del paese di Nule non sarebbe certo completa se non ci soffermassimo sull’altro settore che le ha conferito notorietà: la produzione agroalimentare. Degna di menzione risulta essere l’amplissima gamma di dolci sardi la cui tradizione è rimasta viva nel corso dei secoli. Tra questi il dolce nulese per eccellenza, i Papassinos Nieddu, dolci unici e inimitabili, conosciuti per la loro ricchezza di gusto e morbidezza. Si presentano scuri per la molteplicità di ingredienti macinati e miscelati fino ad ottenere un impasto semiliquido morbido e omogeneo. Dopo la cottura vengono ricoperti da una glassa di zucchero fondente rendendoli ulteriormente più gustosi. Una peculiarità di questi dolci è quella di risultare duri e croccanti appena sfornati, per ammorbidirsi solo parecchie ore dopo la cottura. Nel passato a prepararli erano soprattutto le nonne, solitamente nel periodo di Tutti i Santi, per regalarli ad amici e parenti. Altrettanto diffuse risultano anche le casadine (o formagelle), dolci preparati con semola di grano duro a forma circolare e ripiene di formaggio fresco acido, buccia di arancia, uova e zucchero oppure con ranchidasa (formaggio fresco acido, sale e prezzemolo). Nella terra dei formaggi pregiati un posto di grande rilievo non poteva che essere ricoperto, inoltre, dalla produzione di seadas, sfoglie di pasta ripiene di formaggio inacidito (aromatizzato con scorza d’arancia o di limone), poi fritte e degustate col miele. Da ricordare anche le tilicche preparate con il pistiddu, racchiuso dalla pasta preparata con semola di grano duro, strutto e uova e riconoscibili per le loro svariate forme (cuori, cerchi…), così come le orilettas e manganadas, prodotte solitamente in occasione del carnevale, con semola di grano duro, strutto e uova. Si distinguono per la forma in cui vengono realizzate: a treccia le manga-

nadas e a forma di catenella le orillettas. La grande abilità delle donne del paese oltre che sulla scelta degli ingredienti migliori, si rivela anche per la loro capacità di raggiungere notevoli livelli artistici, soprattutto per le particolari forme conferite ai loro prodotti in occasione delle ricorrenze religiose più sentite come Pasqua e Tuttisanti o durante le grandi manifestazioni del Carnevale. Ma più di ogni altro componente a caratterizzare le tavole in questo scorcio della Sardegna è il pane: da sempre per i sardi esso è messaggero di schietta genuinità racchiudendo nelle sue semplici forme l’autentico carattere delle genti. In parecchie case perdura intatta la consuetudine, quasi sacra e tutta femminile, di produrlo nei forni a legna. Un esempio a Nule ci è offerto proprio dal pane carasau, preparato con farina di grano duro e conosciuto anche come carta da musica, che si contraddistingue per la fragranza e la lunga conservazione: dapprima gonfio e poi servito a sfoglie croccanti quasi trasparenti, che con la variante guttiau racconta di pastori

transumanti a sopportare lunghe stagioni di lontananza dalle proprie case. Alla lavorazione della pasta vanno associati anche la produzione di pane speciale e beneaugurante come il pan’e iscadda, donato solitamente in occasione di matrimoni, e gli speciali primi piatti, come i ravioli, fatti pasta fresca ripena di formaggio o ricotta. Accanto al pane e ai formaggi immancabile risulta l’altra prelibatezza tipica delle tavole nulesi, la salsiccia, dalla sua versione più semplice con sale e pepe, a quella aromatizzata con buon vino o semi di fincchio, solitamente preparata insieme a guanciali, derivanti dalla lavorazione sotto sale della regione carnosa delle guance e parte del collo, unitamente ad abbondanti spruzzate di pepe e peperoncino, che gli conferiscono quel sapore intenso e piccante. C.C


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L’Assessore all’Agricoltura, Salvatore Mellino

semicotto a latte crudo. Un aspetto che non va trascurato in relazione al valore fortemente identitario di questa produzione è la marcata connotazione territoriale di questo prodotto, i cui caratteri sensoriali sono inscindibili dall’ambiente che lo ha generato: la composizione floristica delle essenze pabulari, che stanno alla base dell’alimentazione degli ovini, e che si sono adattate allo specifico pedoclima dell’altopiano, i ceppi autoctoni dei batteri lattici selezionatisi in quest’ambiente, sono diversi rispetto ad altre zone secondo il principio della “biodiversità”. Le condizioni climatiche, la configurazione territoriale, l’ampia disponibilità di superfici pascolative, ricche di essenze pregiate, i sistemi estensivi di allevamento rappresentano, pertanto, fattori potenziali di successo che contribuiscono a rendere il Pecorino di Nule prodotto oltre che tipico, anche specifico, unico ed irriproducibile.

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le altre attività comunitarie. Vi viene confermato, infatti, anche l’obbligo de sa ‘ettada ‘e manu (una mano d’aiuto) il cui compenso ha un valore di simbolo beneaugurate per la famiglia. un pezzo di carne macellata per il pranzo della giornata. Durante la tosatura sono i giovani a tenner (prelevare le pecore dal recinto) e legare l’animale con unu trunnèu (una cordicella di lana). La tosatura avviene per mezzo di sas fòrtighes (cesoie), che verranno successivamente adoperate dale donne di casa per sa cascasina (l’eliminazione delle impurità dalla lana tagliata), cui segue, sempre ad opera delle donne della famiglia, su samunònzu (il lavaggio). La lana così preparata è pronta per su ‘arminòzu (la cardatura) e la tessitura, che verrà effettuata in modo differenziato a seconda dell’uso che ne verrà fatto: nel caso

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ule riveste un ruolo di primaria importanza nell’ambito della produzione di manufatti di lana, in particolare dei tappeti, attività in cui viene impiegato un quarto della popolazione femminile. Nel passato tutte le operazioni connesse alla lavorazione della lana avvenivano a livello strettamente familiare, e tutti gli oggetti ad essa connessi erano prodotti artigianalmente, dal fuso al telaio. Nel tempo si è assistito a un’evoluzione non solo nella tecnica e nella lavorazione dei manufatti, ma anche nel sistema di produzione e di commercializzazione, grazie all’intervento di organismi e enti pubblici che hanno contribuito a diffondere e pubblicizzare il prodotto e al sorgere di forme di associazione tra le artigiane: un esempio ci è offerto dall’Associazione Turistica pro loco, che annualmente organizza la Mostra del tappeto di Nule, ma anche l’Ente Regionale I.S.O.L.A., che ha aperto e mantiene un centro per la tessitura e la commercializzazione del prodotto. Tra i prodotti di lana si può annoverare un elenco assai ampio di manufatti: da sos peuncos (le calze) a sa fressada (la coperta da letto) a sa bèrtula (la bisaccia), su saccu (il sacco per il trasporto di cereali). Quello della produzione del tappeto è un percorso che ha inizio dall’atto de su tosòrzu (la tosatura), momento che coinvolge non solo il nucleo familiare ma anche i vicini di pascolo e i “compari”. È un momento che aldilà dell’aspetto economico svolge un ruolo demologico di controllo sociale, simile a quello di tutte

Tessendo tessendo LA TRADIZIONE & L’EVOLUZIONE


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della produzione dei tappeti le fasi da seguire saranno su ordìnzu (l’orditura) e poi la tintura delle matasse, effettuata con erbe, piante e radici e con una tecnica empirica nota, nel passato, a poche depositarie. Introdurre il momento della tessitura della Nule, significa necessariamente fare menzione del telaio verticale di Nule, che gli studiosi hanno ampiamente sottolineato essere di molto anteriore a quelli a struttura orizzontale, ben più complessi ed elaborati. Anche le testimonianze letterarie e archeologiche giungono in suffragio di questa teoria, se pensiamo alla descrizione del telaio di Penelope nell’Odissea e alle rappresentazioni delle ceramiche greche del VI seco. a.C.: elementi che, uniti ai motivi riprodotti nei tesuti e nelle decorazioni architettoniche di epoca bizantina, ci autorizzano a ricercare proprio in Oriente l’origine di questa tecnica di tessitura. La differenza basilare tra questo metodo di tessitura e quello applicato ai telai orizzontali è che, mentre questi ultimi adoperano la pedaliera, quello di Nule si basa esclusivamente sull’uso delle mani, che fanno da spola, da bobina e alternano i fili. Tra i motivi, i disegni, le colorazioni e i diversi stili, ricordiamo il tappeto tradi-

zionale a fiamma (quello classico), quello moderno (con un accostamento innovativo di motivi e disegni) e quello composito (armonizzazione dei due precedenti). I motivi caratteristici di quello classico sono nello specifico sas ambisùes (le sanguisughe), brevi macchie oblunghe, che spiccano in una banda di colore omogeneo; sas emmes (le M), sos poddighes trottos (le dita storte), sos coros furriados (i cuori contrapposti). Motivi singoli sono soso rombos (i rombi), sas rughittas (le crocette), sos puzones (gli uccelli). Il tipo moderno, invece, presenta minore vivacità di colori e minor varietà di disegni geometrici, per accostarsi maggiormente alla composizione pittorica riproducente cavalli e melograni, balletto, ghirlande e fiori, corallo… Non sorprende, allora, vista la lunga tradizione e la perizia che ha condotto questi tesori fino a noi, che oggi la loro fama abbia superato i confini regionali per concorrere con i prodotti del design e della manifattura internazionale e vedersi riconosciuto il massimo apprezzamento. Claudia Cao

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dal 23 AGOSTO al 27 SETTEMBRE MOSTRA E VIII CONCORSO DI TESSITURA Periodico di Tradizioni popolari a diffusione gratuita DIRETTORE GIORGIO ARIU giorgioariu@tin.it In redazione CLAUDIA CAO, SIMONE ARIU, MAURIZIO ARTIZZU ANTONELLA SOLINAS, MICHELA SORGIA Redazione e Uffici Amministrativi GIA di Giorgio Ariu Via Sardegna n. 132, 09124 Cagliari Tel. 070/728356 - 728592 www.giacomunicazione.it giorgioariu@tin.it Registrazione Tribunale di Cagliari n. 19/03 del 10.03.2003


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di PJ Gambioli*

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avorare a questo progetto è stata per me un’esperienza esaltante. Sebbene la tessitura sia un’Arte prettamente femminile, c’è da dire che fin dalle prime fasi, è importantissima la collaborazione maschile. E’ facile cadere rapiti dalla magia espressa dalle abili mani dei pastori che si adoperano con padronanza nella pratica della tosatura, rappresentata come in passato dall’utilizzo di grandi cesoie, sas fortighes di fabbricazione artigianale. Qui si nota non solo il virile talento del gareggiare in velocità ed in perfezione, ma anche il profondo rispetto che i pastori nutrono nei confronti del gregge. A questo punto il cerchio, in qualche modo si ricongiunge. Come da rituale, ecco che l’uomo affida la lana alla cura delle donne e del loro lavoro. Come in una danza, le mani laboriose delle anziane lavano, cardano e filano. Come in una festa, giovani donne si apprestano al telaio: tendendo i fili, riempiono la possente struttura. A vederlo per la prima volta, il grande telaio verticale, lo si può paragonare ad un’arpa, il cui ordito è capace di comporre incredibili melodie tessili.

Le artigiane si arrampicano, annodano, tendono i fili con una forza sorprendente. Prestano attenzione allo stame, s’istamine. Lo fissano al banco inferiore del telaio, e lo riportano a quello superiore. Avvolgendolo con cura evitano che i fili si accavallino. Sono generose, le tessitrici di Nule, mentre mi spiegano le tecniche adoperate per la tintura vegetale, mostrando i disegni classici, e le contaminazioni artistiche nate dal genio creativo di Eugenio Tavolata, architetto, artista e collaboratore dell’Isola, che fin dai primi degli anni 50, ha dato impulso alla valorizzazione della particolare tessitura di questo straordinario paese. Le anziane tessitrici raccontano di come, grazie a lui, si sono perfezionate, introducendo nuovi metodi di lavoro sul telaio e proponendo disegni innovativi che, partendo dal tappeto tradizionale si evolvono in un equilibrio straordinario fra forme, colori e materia tecnica tessile. E rinasce il tappeto a Fiamma, dai colori vivaci e variopinti, e Sa Fressada secondo la tradizione classica di Nule. L’arte si arricchisce di nuovi disegni e forme

I GIOCHI, LA COMPAGNIA

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n ruolo di grande rilievo svolgono nella cultura e nella formazione del popolo di Nule is zogus (i giochi) che, anche laddove possano sembrare semplici diversivi o passatempi, assolvevano in realtà funzioni prettamente pedagogiche. Anche sos nìnnios (le ninnananne) e sas cathoneddas (le cantilene), cantate dalle mamme per intrattenere i bambini, sono principalmente volte a sviluppare e guidare abilità pratiche, morali e sociali che faranno dei figli individui ben inseriti nel contesto del gruppo e della comunità più ampia. Tra questi troviamo i più noti e diffusi, quali le sfide con sa borròcula (la trottola), artigianale, costruita con le proprie mani o con l’aiuto de su mastru ‘e linna (il falegname): l’abilità maggiore consiste naturalmente nel far girare la trottola il più possibile, riuscendo persino a ‘nde la pesare (sollevarla) col palmo della mano, o addirittura a casare (colpire) quella dell’avversario ferma nel mezzo per potersene impossessare. Seppur meno competitivo, altrettanto noto è il gioco detto brinca e pone (salta e poggia), dove i protagonisti a turno si piegano in avanti, poggiando le mani sulle ginocchia e con la testa raccolta. Gli

altri concorrenti, in successione, saltano il primo ragazzo e si dispongono allo stesso modo, fino ad esaurire il numerosi giocatori. L’aspetto ludico è naturalmente generato dal timore di perdere il ritmo e che un compagno si posizionasse in maniera differente, tale da fare finire il saltatore a ruzzoloni. Per le bambine molto più comune era zogare chin su bruire (giocare con la terra o la sabbia), improvvisando mulini dove la sabbia simboleggiava la farina, o impastarle per fare vere e proprie focacce di fango, per imitare sas mannas (le grandi) o, nei periodi più freddi, confezionare pippias de istrazzu (bambole di stoffa) e ascoltare sos contos (i racconti del passato) intorno a su foghile (il camino),

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La lana I fili Le trame


DOVE COMPRARE

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dalla linea composita, in una fusione tra il tema classico e quello moderno. Una festa di Cavalli e Melograni, di Balletto, di Ghirlande e Fiori, variamente elaborati secondo l’estro artistico di alcuni operatori dell’ISOLA (istituto sardo organizzazione lavoro artigianale). Le anziane tessitrici ci portano così indietro nel tempo. Con la forza della memoria storica ricostruiscono percorsi, spaccati di vita di paese, soddisfazioni e difficoltà quotidiane. Sono storie di passione e di creatività. Dai volti segnati dal tempo, come da una sorgente irrefrenabile, sgorgano immaginari fili di lana, e mentre le dita ne conducono l’umile capo, ci avviciniamo sempre

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più al traguardo verso la preziosa trama che ancora oggi dipinge e crea gli splendidi manufatti di Nule. *Pj Gambioli – regista del documentario “Dalla Lana alla Trama, storia della tessitura di Nule” www.associazioneculturalejanas.com

PASTICCERIE, PANIFICI, PASTIFICI, SALUMERIE CASEIFICI ARTIGIANALI

Cocco Maria Luisa Via Cagliari, 62 Tel. 079/798138 - 320/0766915 Mellino Angelo Via S.Maria, 12 Tel. 079/798072 Consorzio Produttori Altopiano di Nule Via S. Satta s.n.c. Tel. 335/7837867 - 340/8969062 Panificio Mela Mario Via Caprera, 7 Tel. 079/798292 Panificio Mellino Alfredo Via F.lli Cervi, Tel. 079/798090 Pastificio artigianale Zoroddu Silvana P.zza Mercato, 8 Tel. 079/798353

NULE: Amministrazione Comunale IL SINDACO Ing. Angelo Crabolu LA GIUNTA Manca Ornella - Assessore al Bilancio Mellino Giuseppe Luigi- Vice sindaco, Assessore Servizi Sociali Mellino Salvatore - Assessore alla Agricoltura Satta Ing. Raimondo - Affari Generali

CONSIGLIERI Dore Eugenio Dore Francesco Paolo Farina Giovanni Antonio Iai Michele Manca Giuseppe Luigi Mellino Graziella Mossa Simona Nieddu Maria Luisa SERVIZI AL CITTADINO Biblioteca Multimediale Comunale “Peppe Senes” via Grazia Deledda, 1 Telefono 079 798347

CONTATTI Comune di Nule via Roma, 1 07010 Nule (SS) Partita IVA 00289870909 Codice Fiscale 81001030907 Telefono - Sindaco 079.79.81.98 Telefono - Centralino 079.79.80.25 Fax - 079.76.51.28 email: comunenule@tiscali.it

NULE: NUMERI UTILI CARABINIERI via Cagliari, 18 Tel. 079.80.35

PROLOCO Prof. Pietro Gavino Dettori via S. Satta Tel. 079.79.82.88

FARMACIA Dott.ssa Arghittu via S. Pietro, 16 Tel. 079.79.80.15

BANCO DI SARDEGNA via Cagliari, 38 Tel. 079.79.80.48

AZIENDA U.S.L. Igiene Pubblica via Roma Tel. 079.79.82.98

LUDOTECA via Cagliari PARROCCHIA via S. Maria, 30 Tel. 079.79.80.20

Pastificio artigiano Su Remedio Via Sardegna Tel. 079/765010 Panificio Mellino Bitti di Mellino Francesco Zona Pedras Liras Tel. 079/798479 Panificio Mellino Carlo Via Manzoni Tel. 347/0058139 Salumificio Gambino Giuseppina Via Cagliari Tel. 340/2459670

AGRITURISMO, RISTORANTI PIIZZERIE, B&B Agriturismo Montrigos di Battore Manca & figli Loc. Montrigos (Scorrimento veloce Nule-Pattada) Tel. 079/798325 B&B Mesaustu di Pasqualina Sanciu Via Assunta, 6 Tel. 079/798122

BIBLIOTECA via Grazia Deledda Tel 079.79.83.47

Pizzeria da Michele Via Segni, 2 Tel. 347/9584186

Elvira Usai

Elvira Usai

BOTTEGHE TESSILI Giovanna Maria Campus Via San Paolo, 28 Tel. 079/798334 Giovanna Chessa Via San Pietro, 23 Tel. 079/798357 La Bottega dell’Artigianato di Giuseppe Dore Via Torino Tel. 079/798101 Rosa Pinna Giua V.co Santa Maria, 11 Tel. 079/798214 Eugenia Pinna Via Caprera, 50 Tel. 079/798327 Pina Crasta Via Nuoro, 21 Tel. 079/798390 Tessile Crabolu S.R.L. Via Cagliari, 63 Tel. 079/798060


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Carlo Felice

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IL NURAGHE VOES È il più rappresentativo tra i nuraghi del territorio per la grandiosità della struttura, la conservazione, l’ubicazione cha da sempre hanno attirato l’attenzione degli studiosi e dei visitatori Il monumento è raggiungibile percorrendo la strada provinciale Nule-Bitti fino al km 4,300. Il nuraghe è ancora integro nelle sue strutture fondamentali, sino ad oggi non è mai stato scavato e non è mai stato oggetto di manutenzione. Nuraghe Voes si presenta come una struttura architettonica complessa: un nuraghe trilobato. Il piano terra comprende 4 camere centrali circolari con soffitto a “tholos”. Come il nuraghe Losa e altri nuraghi dell’altopiano di Abbasanta si compone di un nucleo primitivo, al quale si venne addossando una costruzione aggiunta comprendente probabilmente una specie d’atrio d’ingresso, tra celle e gallerie sopra due piani, che univano le celle aggiunte e formavano une rete di passaggi interni. La torre principale in origine avevano due piani, ora conserva solo inferiore con camera e cupola. La zona in cui sorge Nuraghe Voes è importante anche per alcuni ritrovamenti: un frammento di ceramica del periodo punico e varie monete di rame e argento risalenti all’epoca di Roma imperiale.

NULE CAPITALE CULTURALE DEL LOGUDORO I nuraghi sono i monumenti più tipici e rappresentativi della civiltà nuragica, che si sviluppa in Sardegna a partire dall’età del Bronzo Medio, 1600 a.C., e termina all’incirca in corrispondenza con l’inizio della dominazione punica, nel XIX secolo a.C . Questi imponenti edifici furono costruiti con grandi blocchi di pietra più o meno squadrati disposti l’uno sull’altro, i più classici sono quelli cosiddetti a tholos, costituiti da una torre a forma tronco conica, che presentano al loro interno dei vani circolari disposti su più piani, collegati fra loro da una scala ricavata all’interno dello spessore murario. I nuraghi possono essere semplici, ossia costituiti da un’unica torre, oppure complessi, cioè formati da più torri, che possono essere massimo cinque, disposte attorno alla torre centrale detta mastio e unite fra loro da mura rettilinee.

Santu Leséi è situato nella parte più a nord del territorio di Nule, al confine con quello di Osidda. Non è più possibile trovarvi il nuraghe intatto, ma sono presenti tracce evidenti di un villaggio preistorico. Ai piedi del colle, sono visibili parte di un piccolo dolmen neolitico e, in posizione orizzontale, accanto all’ingresso primitivo del dolmen, un basso menhir che era certamente posto come segno dell’ingresso del dolmen stesso. Tuttavia, Santu Leséi è divenuto famoso soprattutto per il ritrovamento casuale di quello che è ormai chiamato “bronzetto di Nule”, il toro androcefalo. La presenza del prezioso reperto, oggi custodito nel museo archeologico di Cagliari, è da ricondurre al culto delle acque: la fonte indispensabile per la vita, resa sacra dagli uomini, in cui i bronzetti venivano deposti come “ex-voto”, cioè come atti di culto propiziatorio o di ringraziamento. La statuetta è la rappresentazione di un essere con il corpo di animale e la testa d’uomo di cui ancora oggi è difficile decriptare l’originario significato. La zona in cui si trova il Nuraghe Istelai costituisce l’area si confine tra l’agro di Nule, l’agro di Bitti e l’agro di Orune. Il nuraghe è facilmente raggiungibile in quanto ubicato al sesto chilometro della strada provinciale Nule-Bitti. La struttura del nuraghe è chiaramente complessa, caratterizzata da un torrione centrale che primeggia. Ad una decina di metri da esso è inoltre visibile una grande pietra che, considerando la forma, viene ritenuta una stele: proprio la sua presenza ha conferito il nome al sito che significa, appunto, luogo delle stele. Tutto attorno sono evidenti i segni dell’antico insediamento umano risalente dall’epoca pre-nuragica al neolitico. Lo Spano, nel 1872 a proposito di Istelai scriveva “nel villaggio di Nule, un tale Antonio Senes Basoli, facendo operazioni agricole scoprì una bell’urna cineraria di bronzo con candela dello stesso metallo e altri oggetti. Finora è l’unica urna che sia stata trovata in Sardegna in questo metallo fra le migliaia ritrovate a Tharros, Cornus, ecc”. La testimonianza dello Spano conferma l’importanza del sito non solo nel periodo preistorico e nuragico ma anche in epoca romana e ci suggerisce, inoltre, come la presenza di oggetti in bronzo faccia pensare all’insediamento di personaggi facoltosi, e quindi ad una certa rivoluzione sociale verificatasi tra gli abitanti di Istelai.


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EVENTI IDDHA DE MANOS BONAS

Avrà luogo nei giorni 11 e 12 luglio la quinta edizione della rassegna “Nule. Iddha de manos bonas”, dedicata alla valorizzazione dell’artigianato nulese e dei suoi prodotti tipici. Come già negli anni precedenti, anche in quest’occasione il centro goceanino presenterà al pubblico le bellezze prodotte dai suoi artigiani e inviterà i visitatori alla degustazione di prodotti tipici della sua tradizione enogastronomica. L’evento è organizzato dal Comune di Nule e prenderà avvio sabato mattina alle 11 dalla Casa Museo Via Funtana, con una cerimonia di apertura presieduta dal sindaco Angelo Crabolu. Durante il resto della giornata sarà possibile visitare i siti espositivi allestiti nelle case, nei negozi e nei laboratori del centro storico: gli artigiani saranno a disposizione dei visitatori per mostrare loro i propri prodotti e, insieme, le diverse tecniche di lavorazione. Per la serata è prevista alle sette, presso il Centro Culturale di Via Grazia Deledda, la presentazione del libro di Giacomo Mameli La Sardegna di dentro la Sardegna di fuori, ad opera dell’Avv. Ivano Iai. La novità prevista quest’anno è la mostra estemporanea di pittura, cui parteciperanno artisti provenienti da tutta la Sardegna: sarà possibile incontrarli nelle piazze o lungo le vie del centro storico, come tappe intermedie tra i laboratori, i negozi e le case che gli artigiani apriranno al pubblico. Immancabili saranno le dimostrazioni pratiche delle artigiane della tessitura del tappeto ma anche della lavorazione della pelle, del ferro battuto, del ricamo e di molte altre tecniche, espressione di pratiche artistiche antiche e moderne. Nel pomeriggio, alle sette, sarà la volta della premiazione estemporanea di pittura al Centro Culturale. Nel corso della due giorni, come accennato, saranno varie e abbondanti

le degustazioni offerte dai produttori e da tutti gli abitanti del paese. Tra le specialità più gustose e preziose di Nule, e caratteristiche della sua economia essenzialmente votata all’allevamento, si annoverano gli ottimi formaggi, provole, i gustosi salumi e il miele. Oltre a questo, i dolci, la pasta fresca e il pane, ancora oggi prodotto mediante l’antica lavorazione manuale e la cottura nel forno a legna.

SU FOGORONE DE SANT’ANNA Il 25 luglio è tempo di tradizioni a Nule. E’ da ormai tanti anni, infatti, che si rinnova il rito de Su Fogorone, un’antica ed unica usanza popolare. Tale evento coinvolge giovani e adulti del Paese. Si tratta di un falò, allestito nelle piazze dei rioni di Nule. Viene preparato con materiali di vario tipo: delle stoppie “udduru” (la pianta erbacea Conium maculatum, conosciuta come cicuta), olivastro, quercia, “cannedda de fae”, e sale. Una volta pronto, il fuoco viene acceso al rintocco delle campane dell’Ave Maria. Secondo la tradizione, appena le fiamme si attenuano, le donne devono girare intorno al fuoco pregando per un numero dispari di volte. Si narra che con questa pratica ci si liberasse dal mal di pancia. Ma non solo: anticamente si usava prendere un pezzo di “udduru” ancora infuocato, per poi portarlo nelle case provviste di un pollaio al fine di liberare le galline dai pidocchi. Infine, i giovani si sfidavano tra di loro saltando qua e là tra le fiamme dei vari falò. Negli ultimi anni questa antica tradizione ha rischiato di scomparire, come capita con molte altre usanze ormai in disuso. A Nule non si sono arresi e, fortunatamente, viene ancora praticata nei principali rioni del Paese: Sos Ighinados de Santu Zanne, Sa Inza Iddha, Zumpadu e Sa Serra.

Simone Ariu

IN VOTO A SANT’ANTONIO DA PADOVA

I

Su casu furriadu

l «casu furriàdu» è un cibo a base di formaggio in prevalenza pecorino, tipico del mondo agro-pastorale, esclusivamente nulese, a quanto risulta, le cui origini affondano nella notte dei tempi. Alla base c’è il formaggio fresco di 3-5 giorni, non salato e lasciato inacidire, “imbischidàre”. Viene quindi tagliato a fette sottili o anche a pezzettoni e versato nel fondo di un grosso paiolo di rame ben pulito, “su labiòlu” (la ricetta non funziona o non dà buon risultato con recipienti di altro materiale!). Si aggiungono quindi tre mestoli di acqua e un poco di sale. Il paiolo viene collocato sul fuoco (oggi è più pratico il fornellone a gas) e con un bastone di legno duro, stagionato – più comunemente di olivastro, “ozzastru” – si pesta il formaggio durante la cottura. Quando la pasta del formaggio si è bene amalgamata, si versa nello stesso paiolo una scodella di semola di grano duro e si continua a girare e rigirare il tutto col predetto bastone, finché non si forma l’amalgama di una pasta molliccia e filamentosa. L’operazione ha termine quando compare abbondante l’olio o grasso del formaggio, “su ozzu casu”. Dall’azione del rimestare, “furriàre”, la pasta del formaggio con la semola fino ad ottenere il prodotto finito, deriva il nome di «su casu furriàdu». L’origine della festa nulese di Sant’Antonio di Padova risale al secolo XIX,

all’Ottocento, ed è legata ad una promessa-voto del nulese Manca Formiga Antonio, classe 1828, bisnonno dell’attuale erede Mariangela Manca che continua la tradizione di famiglia. Quel Manca Formiga Antonio era uno dei 15.000 sardo-piemontesi inviati dal noto Camillo Benso Conte di Cavour – chiamato semplicemente Cavour – a combattere nella penisola di Crimea, nel Mar Nero, a fianco di Inglesi, Francesi e Turchi contro i Russi (“sa gherra ‘e Crimea”). Il contingente sardo-piemontese, al comando del Generale Alfonso Ferrero di Lamàrmora, si distinse in varie occasioni specialmente nella battaglia della Cernaia dove furono determinanti per la vittoria sui Russi (16 agosto 1855). Mentre infuriava la battaglia, un ufficiale, sotto cui militava il Manca, non faceva che sfogare la sua rabbia e la paura bestemmiando. Il Manca, invece, invitava l’ufficiale a non bestemmiare, invocando a sua volta Sant’Antonio, di cui era devoto e del quale portava il nome, dicendo: «Sant’Antonio mio, se ritorno a casa sano e salvo, farò su casu furriadu chin su bussiottu per tutti i ragazzi del paese, finché dura la generazione…” . Alla fine dell’anno (la città e la fortezza di Sebastopoli caddero l’11 settembre 1855) o ai primi del 1856, il soldato Manca poté tornare a casa sano e salvo e si affrettò a mantenere la promessa, che, anzi, in breve tempo, trasformò in un “legato” sotto-

scritto dalle autorità ecclesiastiche. Uno dei figli, Giovanni Antonio Manca, nato nel 1858, prese poi in mano la tradizione, finché visse (1929). L’impegno passò quindi ai figli, in particolare al maggiore responsabile Antonio Stefano Manca, di professione impiegato comunale, che provvide con impegno a tutta l’organizzazione fino al 1963. Da allora e fino al 1988 ci pensò la sorella Battistina. Da questa la responsabilità passò all’unica figlia Antoniangela, attuale obriera, “oberaza”, responsabile vivente del voto e della tradizione. Occorre ricordare un altro dato: fin verso la metà dell’Ottocento, l’uso del “casu furriàdu” era legato alla festa di San Giovanni Battista, celebrata il 24 giugno. Dopo l’iniziativa del Manca, per qualche anno le due tradizioni riuscirono a convivere; per cui le persone impegnate per la festa di Sant’Antonio si spostavano poi alla chiesa di San Giovanni. Poi, ad un certo punto – ma non si è in grado di precisare quando – il “casu furriàdu” di San Giovanni non si fece più, mentre rimase, per continuare fino ad oggi, quello di Sant’Antonio. Questa resta una tradizione popolare viva, continuativa, non di “ricupero”, e molto sentita da tutta la popolazione, al di là della fede personale e degli orientamenti politici: almeno per un giorno, Sant’Antonio mette tutti insieme! Fede religiosa e festa sociale restano inscindi-

bili, per la gioia di grandi e piccini. La realizzazione della festa prende l’avvio alla lontana: la programmazione comincia nella seconda metà di maggio; ma il lavoro vero e proprio prende il via al primo di giugno. Tutto è reso possibile dal contributo generoso della popolazione e con la collaborazione di un nutrito gruppo di volontari, donne e uomini, giovani e adulti, che lavorano per la preparazione del pane e del “casu furriàdu”, per la macellazione delle pecore offerte dai pastori (ma anche lo stesso formaggio fresco è offerto dalle famiglie dei pastori), per la distribuzione di pane, carne e, naturalmente, del “casu furriàdu” a tutte le famiglie del paese. Al termine della funzione religiosa (Santa Messa con panegirico del Santo seguita dalla processione con la statua di Sant’Antonio), il giorno 13 giugno, a tutti i presenti viene distribuito “su casu furriàdu chin su bussiottu”, che costituisce il nucleo del voto fatto dal bisnonno Antonio Manca, in quel lontano 1855! Durante i 13 giorni di giugno, i collaboratori, mentre lavorano, cantano, pregano e si mantengono allegri; mentre qualche giovane spera che l’occasione sia propizia per trovare “un buon partito” poiché, come si dice «Santu Antoni est cozzuadore”, Sant’Antonio favorisce i matrimoni Giovanni Michele Cossi, nulese


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