ViaMare - Giugno 2010 - GIA Editrice

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Anno VI N.21 2010 - Spedizione in Abb. Post. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 •

Mensile di portualità, spiagge, sport, trasporti, viaggi e cultura mediterranea

€ 2,00

Sardegna mai vista così

In spiaggia

MODA SUPER CHIC

VUITTON TROPHY RILANCIA LA MADDALENA Dio, che belle

CAGLIARI, L’OGLIASTRA E CASTELSARDO!

N.21


SECTOR NO LIMITS I NUMERI DEL GUINNES RECORD PUNTA CARIDDI 18 MAGGIO 2010 ORE 15.00 71 BALZELLI SULLA RUOTA POSTERIORE 143 M DI ALTEZZA 90 MIN. PER SCALDARE LA GUGLIA 1 MIN. PER COMPIERE L’IMPRESA 30 PERSONE IL TEAM 7 CLIMBER COINVOLTI 12 ORE IN PARETE MENO DI 2 MQ. LA SUPERFICIE IN VETTA 1 MESE DI PREPARAZIONE

l’altra copertina


Giornale di bordo privatizzazione. Per questo si è attrezzato alla grande per entrare in Borsa. E’ questa la sua grande estate. Al comando della Moby che è cresciuta di quasi il 39 per cento, al timone della organizzazione Vuitton Trophy nell’arcipelago di La Maddalena senza più gli americani e violentata dalla cricca degli affaristi di sempre. L’armatore sardo napoletano per la buona riuscita del Vuitton Trophy ha fatto più di una scommessa e una sola grande rinuncia: abbandonare il team di Mascalzone Latino, la passione più profonda, e vedere i suoi ragazzi battere Luna Rossa e Azzurra.

ESTATE TUTTO L’ANNO

Giorgio Ariu Direttore di Via Mare ONORATO E BENEDETTO

“Vedi questa medaglietta, me la porto sempre al collo: mio padre era devotissimo alla Madonna di Bonaria ed io che ho passato l’infanzia a casa degli zii,proprio di fronte alla sua Basilica, già navigavo lungo e mi segnavo in Suo nome. I nostri rimorchiatori hanno fatto la storia del porto di Cagliari e la nostra famiglia ha un debito di riconoscenza nei confronti di quest’isola. Così ogni anno una nave Moby va in missione con i pellegrini e la Madonna. E mio padre da lassù mi benedice”. Vincenzo Onorato ogni tanto torna al timone di Mascalzone Latino e mai come stavolta che si parla di Tirrenia il navigare gli è dolcemente terapeutico. Racconta di quello storico muro issato dai boiardi di Stato e della sua voglia di stare al comando di quella Compagnia di Stato che ha bevuto un oceano di soldi pubblici e che finalmente va al bando della

Per troppi anni ho visto partire lontano chef celebrati e giovani camerieri per allungare la stagione dopo quella calda ma corta nell’isola. Qualcuno non è più tornato: chi ha preferito rimanere a Dubai o Mosca, chi è stato travolto in Val di Fiemme. Altri hanno contato i giorni, qui nell’isola, dall’autunno alla primavera, in famiglia si, ma sempre in panchina. Hotel e villaggi chiusi, perfino quelli di montagna: “col caro gasolio, meglio lasciar perdere…”. Ora la Regione Sardegna vara la “Lunga Estate” sostenendo l’impresa e abbattendo il costo del lavoro, con incentivi per 18 milioni destinati alle imprese della filiera dell’ospitalità che terranno aperte le strutture ricettive anche ad aprile, maggio, settembre, ottobre e novembre. Per il Governatore Ugo Cappellacci “il Programma esalta l’isola dell’accoglienza e il suo patrimonio ambientale, paesaggistico e culturale per renderla davvero competitiva sui mercati internazionali, creando peraltro nuove opportunità lavorative ed imprenditoriali”. - La formazione - per l’assessore Franco Manca - sarà il cardine del Progetto, e gli incentivi alle aziende serviranno anche a migliorare gli standard qualitativi e ad arginare le piaghe del lavoro nero”. Insomma finalmente l’isola punta

sul Turismo: “L’obiettivo - secondo l’assessore Sannitu - è avere otto mesi di piena attività ricettiva, sia lungo le coste che in montagna”.

Gli assessori Manca e Sannitu con il Governatore Cappellacci, ora anche Coordinatore delle Regioni a Statuto Speciale

GOVERNATORE, ABBASSIAMO IL COSTO DEL CARBURANTE

Ho fatto il pieno nel sonno. Ho sognato d’essere in Valle d’Aosta e di pagare poco, pochissimo il carburante. Dalle nostre parti ci sono le raffinerie, e nonostante la filiera corta lo paghiamo molto caro, tutti, interisti compresi, penso. Ci spetterebbe qualche indennizzo, penso all’ambiente, ai gas tossici e alle pinete e alle spiagge che non ci sono più. Penso ad un sistema di trasporti interni fermo agli anni di Gaston Vuillier e di altri mitici, primi esploratori in Sardegna. Un sistema tortuoso e orizzontale e quindi succhiabenzina. Ecco, cari, carissimi amministratori pubblici, non datemi dell’ingenuo o del demagogo se credo nella grande rivoluzione sul carburante agevolato. Hotel e villaggi ancora più accoglienti, l’import-export da mercato europeo, con una portualità diffusa fatta di piccoli approdi con tante pompe di carburante a costi da porto franco, così attrattivi da rendere questa davvero un’isola felice.

Stefano Gattini - Azzurra

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PORTFOLIO VUITTON TROPHY La Maddalena 2010 Photo Stefano Gattini Azzurra


Striscian

GOLORIT D

a Striscia la notizia a Cala Goloritzé il “salto” è breve, ma solo se a farlo è il celebre Vittorio Brumotti sulla sua bike. Già notissimo a tutto il pubblico italiano come l’inviato più spericolato del tg satirico, per i suoi reportage di tetto in tetto o su marciapiedi e muretti di ogni altezza, Brumotti ha ora deciso di soddisfare la sua sete di leggenda con un’ulteriore balzo: ha infatti scelto la guglia di Punta Caroddi a Cala Goloritzé per stabilire il nuovo record mondiale di 19 saltelli sulla ruota posteriore. Se già di per sé la notizia risulta sorprendente, a condire il tutto ci sono i vari retroscena. Il recordman, infatti, non solo ha effettuato la scalata per raggiungere Punta Caroddi – una delle più difficili anche per gli esperti di climbing – ma poi, una volta ricevuta la sua bicicletta, sui soli 2 metri quadrati di spazio ha provato l’esibizione con le imbragature di sicurezza. Troppo semplice per lui, e soprattutto troppo poco rischioso per un ciclista equilibrista. È stato lì che, contro il parere dello staff presente, ha iniziato la sua esibizione senza imbragatura. Indispensabili, a questo punto, la sensibilità e il massimo controllo della ruota posteriore. Ma soprattutto tutta la sua esperienza e il suo talento. Uno spettacolo unico cui hanno potuto assistere i bagnanti presenti nella cala, primi spettatori di questo primato da Guinness appositamente certificato dal giudice ufficiale inviato a Goloritzé. Ma soprattutto un momento unico e indimenticabile anche per lui: chissà se gli ricapiterà mai di stabilire un record su uno scenario più suggestivo di questa piccola fetta di Paradiso.

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PERFORMANCE_ NUOVO RECORD MONDIALE A PUNTA CARODDI DI VITTORIO BRUMOTTI

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agliari città di destinazione” è il titolo di uno dei recenti studi portati avanti da Confindustria con il supporto di un guru del settore come Josep Ejarque, presidente della Fourtourism di Torino, una delle più importanti società europee di marketing turistico, nonché consulente del ministro del Turismo Brambilla. Via Mare ha incontrato per questo lo stesso presidente dell’Associazione Industriali della Sardegna Meridionale, Alberto Scanu, per conoscere quali progetti e quali proposte sono emersi dagli studi e le ricerche non solo in merito al potenziamento dell’attività turistica nel capoluogo sardo, ma in relazione alla valorizzazione di tutto il water front cagliaritano.

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Andrea Mura

Il contin liquido I POPOLI DEL MARE/QUI SARDEGNA

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Lucchese

U

na terra che, per lunghi periodi storici, è rimasta ai margini delle grandi correnti di civiltà (un’isola-deposito, luogo della perifericità e dell’isolamento, dunque) ma che, in altri periodi, è stata il teatro in cui le diverse civiltà fiorite nel Mediterraneo si sono incontrate e talvolta scontrate, comunque si sono misurate: insomma un’isola-crocevia. La Sardegna dunque non è stata sempre così isolata e remota come si è portati a pensare. Il mare, prima ancora che i mercanti fenici vi approdassero, aveva traghettato genti e popoli di altri lidi (sicuramente i micenei e poi i filistei) innescando i germi che favorirono l’affermarsi di diverse culture. Gli archeologi ci informano che gli antichi abitatori della Sardegna entrarono in contatto con popoli anche assai lontani: si pensi che le prime testimonianze della presenza nell’Isola dell’ambra del Baltico risalgono al XIII secolo avanti Cristo. Posta al centro del Mediterraneo occidentale - tra l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente - la Sardegna è stata da sempre un crocevia di popoli e civiltà che ha favorito l’incontro di etnie e culture diverse. In tale contesto la riviera non è stata solo, e non ha rappresentato esclusivamente, una linea di confine geografico, tra la terra emersa e le acque, ma ha costituito anche il luogo di inizio della comunicazione vera, quella che unisce i diversi e dà un senso più autentico e profondo alla relazione. Tra i protagonisti di questo movimento - nell’antichità classica - troviamo anche quei “popoli del mare” che, seguendo la linea utopica e perigliosa dell’orizzonte, costruirono le premesse per un rapporto più ricco tra le terre. Il mare creò la nostalgia forte della patria “lontana” ed arricchì lo spirito distaccando l’uomo dalla fissità del-

nente la materia per gettarlo nell’agone della storia, luogo senza rive, aperto ad uno sviluppo illimitato e discontinuo. Il mare, aprendo l’uomo all’esperienza dell’infedeltà e del distacco, ha reso incerta - ma anche più grande e complessa - la fedeltà e l’idea del ritorno. Nell’antichità classica il Mediterraneo doveva essere un mare grande e terribile, sicuramente più insicuro e pericoloso dei nostri oceani, attraversato da pochi intrepidi naviganti dediti al commercio ed alla guerra. Per capire il Mediterraneo di allora occorre compiere una mutazione profonda. Occorre restituirlo alla sua dimensione autentica, quella originaria, che poteva essere percepita dall’uomo del passato: non una via di comunicazione ma “un limite, una barriera che si estende fino all’orizzonte, come un’immensità ossessiva, onnipresente, meravigliosa, enigmatica” . Il mare di allora era sconfinato e, soprattutto, rappresentava un ostacolo che divideva le terre e gli uomini che

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Maurizio Artizzu

vivevano sulle sue sponde; poi, con la rivoluzione dei trasporti, si è come accorciato, sempre di più, al punto da apparire come un grande lago. Ma nell’antichità non era così. Il mare era un limite, una linea di confine invalicabile destinata a segnare - nel corso dei secoli - il difficile rapporto delle popolazioni insulari e rivierasche con l’esterno, dando vita ad una dialettica complessa fatta di aperture e di chiusure. Per i sardi il mare è stato, a seconda delle epoche storiche, fattore di isolamento e finestra sul mondo. Comunque siano andate le cose, è attraverso il rapporto col mare che la Sardegna ha avviato il suo processo di sviluppo. Del resto anche i nuraghi, le possenti torri tronco-coniche realizzate con enormi massi di pietra, se per un verso costituiscono l’espressione del carattere “originale” della più antica cultura materiale dei sardi, d’altro canto, partecipano a quel ciclo del megalitismo e della grande statuaria in pietra che, a partire dal IV-III millennio a.C., si diffonde un po’ in tutto il bacino del Mediterraneo ed in Europa e che trova importanti

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tracce nella cultura minoica e micenea. La Sardegna, in quell’alba della nostra civiltà, era dunque meno “chiusa” di quanto si possa supporre e, soprattutto, aveva già instaurato un buon rapporto col mare. Forse a Cala del Vino, a pochi chilometri da Alghero, già in epoca nuragica, era in funzione un porto. Anche a Cala Sisine, in territorio di Baunei, sarebbe stato presente un porto nuragico che avrebbe rivestito un ruolo di primaria importanza per il commercio dei cereali e dei metalli. Altro scalo probabilmente operava a Cea, vicino a Barisardo (in prossimità di Nuraghi Nieddu): era destinato alla vendita della ceramica prodotta in tale zona (sono stati ritrovati i resti di un forno). E ancora - sempre in Ogliastra - l’approdo di Solki, l’attuale Girasole, era importante per il commercio dei prodotti dell’agricoltura e della pastorizia ed in particolare delle pelli. Si tratta di ripari naturali che, con piccoli adattamenti, potevano divenire (e forse erano


diventati) dei veri e propri porti. Tutto ciò lascia supporre che la vocazione marinara dei sardi sarebbe ben anteriore rispetto all’arrivo di filistei e fenici. Del resto il percorso che va da Tiro a Cadice è disseminato di stoviglie nuragiche, fatto che dovrebbe confermare l’esistenza di una marineria sarda. Forse sarebbero stati gli antichi shardana a far conoscere ai costruttori dei nuraghi le regole per sfruttare i venti e le correnti ed a trasmettere la cultura del mare. Fatto sta che dal mare (forse proveniente dalle miniere dello Zimbabwe o dalle Isole britanniche) arrivava lo stagno che, fuso col rame, serviva per ottenere il metallo necessario per realizzare le armi e i bronzetti. E ancora, perché non considerare il fatto che in diverse navicelle nuragiche sono fedelmente riprodotti animali (ad esempio antilopi) che non hanno niente a che vedere con la fauna della Sardegna? In tale contesto i nuraghi “costieri” potrebbero essere stati utilizzati anche come punti di riferimento a terra per indicare ai naviganti la rotta da seguire per guadagnare l’approdo evitando le secche e gli scogli affioranti: insomma dei fari. Ma, se così fosse, le navicelle in bronzo risalenti al periodo nuragico potrebbero essere dei veri e propri modelli di navi esistenti all’epoca? Il mistero resta perché quei reperti narrano le vicende di un popolo che non ebbe la possibilità di trasmettere la propria storia con la parola scritta. Peraltro la costante apertura della Sardegna al mondo mediterraneo è confermata anche dall’altra grande manifestazione architettonica “originale” fiorita in questa terra, vale a dire il romanico delle basiliche che tuttora punteggiano le grandi solitudini delle nostre campagne. Infatti tale cultura

è meno autoctona di quanto si possa pensare posto che i monaci dei diversi ordini benedettini, che dopo il Mille si insediarono nelle nostre vallate grazie alla benevolenza dei giudici, esprimevano delle regole del costruire ed una sensibilità maturate altrove. Dunque isola-deposito ma anche isola-crocevia per riprendere la distinzione cara a Febvre. Come dire che l’insularità, per i sardi, non è stata sempre e solo causa di isolamento. E non poteva essere altrimenti posto che il Mediterraneo - come ha efficacemente dimostrato Fernand Braudel - ha costituito, nel corso dei secoli, non solo il teatro privilegiato di conflitti, razzie e scontri epocali (si pensi alla feroce battaglia di Lepanto del 1571 che vide la partecipazione di 400 archibugieri sardi sotto i vessilli cristiani di don Giovanni d’Austria) ma anche uno straordinario spazio di convivenze pacifiche e operose tra le molteplici realtà politiche e le identità culturali che su di esso si affacciano. Il convergere dei tre vecchi continenti - l’Africa, l’Asia e l’Europa - ha modellato la sua vocazione di crocevia di popoli e civiltà e, nel corso dei secoli, ha dato

Salvatore Senis

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Maurizio Artizzu


Sarah Pinson

vita a numerose affinità antropiche, storiche e artistiche tra le diverse popolazioni come pure ha posto in luce le inevitabili differenze. Non vi è dubbio che il Mediterraneo costituisca da sempre uno dei centri più importanti dello sviluppo della civiltà umana posto che in tale spazio fisico - nel corso di una vicenda plurimillenaria che ha avuto inizio nella più remota antichità - hanno trovato espressione le più alte forme artistiche e culturali di cui sono stati capaci i popoli e, al tempo stesso, ha costituito il luogo di continui scambi tra diverse tradizioni ed esperienze storiche. Si sono così formati usi, costumi, culture, architetture, monumenti e paesaggi che, se da un lato connotano le specificità storiche e geografiche di ciascuno dei Paesi, dall’altro, evidenziano anche i molteplici comuni denominatori che caratterizzano la “mediterraneità” - come matrice d’appartenenza - e che identificano una comune koinè che conferisce a questa parte del mondo una specificità unica. I segni di questa lunga storia emergono tuttora nel paesaggio costiero che testimonia le influenze fenicio-puniche, romane, pisane, genovesi, catalano-aragonesi, spagnole e piemontesi. Le molteplici tracce lasciate da questi popoli - attraverso una fitta e complessa rete di relazioni - tessono una preziosa filigrana che consente di leggere in trasparenza una realtà viva fatta di luoghi e toponimi, tradizioni e consuetudini, rapporti religiosi e scambi commerciali, incontri e scontri, arrivi e diaspore. E’ stato il Mediterraneo a veicolare, a partire dal VII-VI millennio a.C., da Oriente a Occidente, la prima grande rivoluzione agricola e, dopo qualche millennio, il megalitismo - di cui ancora oggi restano importanti tracce - e poi, partendo dalle coste e dalle isole della Grecia, la filosofia (l’amore per il sapere) e con essa la dialettica, il confronto tra le opinioni, che sta alla base della democrazia e del diritto (espressione dell’esigenza di regolare il complesso agire umano). Nelle terre che si affacciano sul Mediterraneo hanno avuto origine anche le tre grandi religioni monoteiste: il cristianesimo, l’ebraismo e l’islam. Il Mediterraneo peraltro non è solo il mare delle grandi civiltà del passato. Oggi il mare nostrum si pone sempre più come uno spazio di dialogo e di cooperazione, indispensabile banco di prova per pacifiche convivenze tra identità culturali, politiche e religiose diverse. E’ uno dei terreni

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anche i porti minori, collegati (direttamente o attraverso centri di transhipment) a tutte le aree strategicamente più importanti del mondo. Il recupero della centralità mediterranea emerge ancora di più ponendo in relazione la rete dei collegamenti transcontinentali (le cosiddette autostrade del mare) con lo sviluppo esponenziale di una rete parallela di collegamenti infra-mediterranei. Al fine di consolidare e sviluppare le potenzialità di questo me-

cuperato in pieno la sua centralità sui flussi di traffico marittimo mondiale e - sulla spinta di due fenomeni emergenti, come i porti di transhipment e la nuova organizzazione logistica in cui si sono strutturate le grandi concentrazioni armatoriali - é diventato un sistema integrato a rete caratterizzato dalla massima scorrevolezza nei flussi di interscambio. Oggi l’intero sistema logistico dei traffici mediterranei conosce uno sviluppo armonico del quale beneficiano

raviglioso “continente liquido” (come amava definirlo Fernand Braudel), peraltro, l’economia non basta. Occorre agire anche sul fronte culturale: innanzitutto, attraverso una riflessione storiografica meno unilaterale, si dovrebbe andare verso la costruzione di un’identità europea capace di comprendere culture e apporti diversi come quelli derivanti dal confronto tra le diverse civiltà del Mediterraneo. In secondo luogo, e in parallelo, andrebbe svilup-

Cooperativa Ghivine

privilegiati ove possono svolgersi i grandi processi di integrazione e unificazione continentale e planetaria. Questo grande mare - illuminato dai “fari” delle città storiche (Atene, Alessandria, Barcellona, Bisanzio, Genova, Venezia, Napoli, Siracusa, Cagliari e tante altre che vantano ricchi patrimoni di tradizioni e di cultura) - ancora oggi può dare molto allo sviluppo della Sardegna . Negli ultimi anni, tra l’altro, il Mediterraneo ha gradualmente re-

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pato un confronto in grado di mettere a fuoco le identità culturali, etnostoriche, politiche, sociali e religiose delle diverse civiltà del Mediterraneo favorendo il dialogo tra le principali esperienze maturate in questi anni nelle diverse sponde di questo antico mare. Ciò perché nessuna cultura può pretendere di avere un rapporto privilegiato con la verità. Sul piano politico - nonostante i contrasti, le contraddizioni e i foco-

lai di guerra, purtroppo ancora presenti - si profila, con sempre maggiore urgenza per i popoli che si affacciano sul Mediterraneo, la necessità di trovare forme d’incontro e di collaborazione adeguate all’esigenza di dare una risposta concreta alla situazione esistente. Al riguardo si segnalano la “Conferenza permanente delle città storiche del Mediterraneo”, Pietrino Fois, consigliere regionale che si svolge tutti gli nella anni vle per latina iniziativa dell’Isprom, e la costituzione, e campionissimo anche promossa nel 2007 dal Comune di Cagliari, della “Rete delle Città mu-

rate del Mediterraneo” che registra la presenza di importanti realtà fra cui: Alicante, Melilla, Pafos, Savona, Castelsardo, Alghero, Cartagena, Sidone, Victoria, Kotor, Biserta. In altri termini si fa più forte la necessità di rafforzare la sfera dei valori comuni e della cooperazione all’interno di una società che - nel Mediterraneo e nel mondo intero - sarà sempre più multiculturale e plurietnica. Le distanze a volte sembrano enormi; ma così non è. Del resto i ter-

mini “arabo” e “ebreo” - che paiono esprimere due mondi distanti e contrapposti - dovrebbero derivare entrambi da “habiru” che significa nomade. Forse allora é tutto incredibilmente più semplice e il mare nostrum, ripulito dalle incrostazioni della retorica, può davvero unificare civiltà e popoli.

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i è di fronte, in questi ultimi anni, ad una riscoperta del Mediterraneo come mare d’Europa. E, per diretta discendenza, ad una “ricentralizzazione” delle città che vi s’affacciano. Seppure non sia il Mare Nostrum dell’antichità, è ridiventato quel ponte fra nord e sud del mondo, fra l’Europa e l’Africa, che la politica e l’economia di questi tempi stanno, seppur lentamente, ripristinando. La stessa Unione Europea, seppure distratta dalle molte cooptazioni dell’Est continentale e costituzionalmente “nord-centrica”, va abbozzando una sua seppur timida politica mediterranea, ritrovando legami con i popoli ed i paesi che s’affacciano sulle sponde meridionali. Perché sono molti a ritenere che ci voglia “più Europa” nel Mediterraneo. Perché questo mare non sia più campo di divisioni, ma ritorni ad essere una realtà unitaria, come lo era ai tempi dei fenici e dei romani. Ed è propria alla storia passata che occorre richiamarsi, riportando alla memoria quanto vi hanno seminato con la loro intraprendenza le nostre repubbliche

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AGLIARI CUOR

marinare che, proprio da Cagliari e con Cagliari, avevano potuto stringere importanti e solidi legami mercantili con i popoli dell’altra costa. Se poi, con lo scorrere dei secoli, quei rapporti si sono allentati e, soprattutto, sono divenute più rigide le divisioni, per via dell’onda lunga del colonialismo europeo, i tempi sono oggi molto differenti. Anche perché sono proprio i popoli della sponda meridionale del Mediterraneo che guardano all’Europa, a quei popoli europei come dei possibili liberatori delle loro miserie e delle loro indigenze. Ed è da questo richiamo che i governanti dell’U.E. vanno ricalibrando le loro politiche per l’ambiente socio-politico mediterraneo, ridando ad esso quella centralità che un tempo l’aveva fatto battezzare “mare d’Europa”. Ora, la ripresa, da parte di Bruxelles, di un interesse allo sviluppo di questo mare europeo, non può che interessare anche Cagliari, questa città-porto che ne è stata per tanti secoli l’ombelico e, per altri versi, ne ha costituito la linea di frontiera e di cerniera fra l’oriente e l’occidente. Va da sé come

sia importante che Cagliari si ponga, come obiettivi del suo sviluppo, un interesse mediterraneo. Cioè che veda nelle relazioni intermediterranee uno dei punti forti della sua crescita economica. Non va trascurato il fatto che una collaborazione fra i paesi che vi s’affacciano è divenuto sempre di più un problema attuale, proprio perché i popoli divisi da quel braccio di mare rappresentano due delle facce del mondo d’oggi: quella del benessere e quella della povertà. Facendo sì che per le città delle sponde settentrionali divenisse un’occasione straordinaria per stabilire cooperazioni economiche, culturali e sociali. Cagliari, proprio per la sua straordinaria posizione geografica, può essere la cerniera fra queste collaborazioni, l’efficace ponte di collegamento fra le due opposte coste. Non c’è utopia né velleitarismo in questa prospettiva, ma un ragionato realismo. Cagliari e il Mediterraneo sono due realtà che una storia lunga millenni ha sempre messo insieme, così come le due coste, quella sarda e quella africana, hanno vissuto straordi-


LE GRANDI CITTÀ DI MARE

RE MEDITERRANEO nari periodi di intensa collaborazione. E questo non soltanto negli anni punici, ma anche in pieno Ottocento allorquando molti interessi economici cagliaritani s’impiantarono in Tunisia, tanto da veder stampato a Cagliari un giornale in lingua araba, destinato a sorreggere gli interessi dei nostri corregionali in quel paese. Ed oggi si sta pensando di dare incremento e sviluppo al nostro futuro produttivo attraverso il gas metano fornitoci proprio dagli algerini. In più occorre tener presente che le economie di quei paesi nordafricani sono in un momento particolarmente interessante, con tassi di crescita sostenuti, tanto da essere destinati a divenire, a breve, degli attori della sfida sui mercati mondiali. Pensare quindi ad un mercato intermediterraneo, in cui s’intensifichino gli scambi e, soprattutto, prendano sempre maggiore consistenza le rotte africane con capolinea Cagliari, è certamente un’opzione assai interessante. I trecento milioni di euro che costituiscono oggi l’export che dal nostro porto raggiunge Libia e Tunisia non possono che

costituire la prima base di un traffico che, secondo molti analisti, potrebbe doppiarsi, attraverso alcune iniziative ben mirate, in un solo quinquennio. Così come importanti cooperazioni tecnologiche potrebbero aprirsi in campi che in quei paesi vanno aprendosi e che richiedono supporti e tutoraggi (si pensi alla metallurgia od alla ICT) disponibili qui da noi. Ci sono alcune considerazioni che avvalorano queste ipotesi. Nella storia delle economie mondiali, sono stati sempre i sistemi produttivi forti (pensiamo all’Inghilterra dell’Ottocento od agli USA del Novecento) a conquistare i mercati delle economie deboli, ed ancor oggi i timori per quel che può venire dalla Cina incute, anche qui da noi, timori e preoccupazioni, per via di differenti rapporti di forza. Se dunque si dovesse pensare a dove e come espandere il sistema produttivo sardo, i paesi ad economia debole del Nord Africa paiono degli obiettivi possibili. Il mercato di riferimento per le nuove vocazioni imprenditoriali della città e dell’isola potrebbe ben

essere il bacino mediterraneo dove si affacciano popoli ed economie che hanno bisogno di cooperazioni e di sostegni. E che qui da noi possono essere resi disponibili. Ed è per questo che la “ricentralizzazione” mediterranea della politica europea, di cui va parlando il presidente Barroso, può divenire di grande aiuto. Così come Cagliari deve e può riscoprire il suo ruolo centrale nei traffici di questo mare, offrendo le sue capacità economiche e le sue vocazioni mercantili come importante “atout” per un posto di primaria importanza. La mediterraneità di Cagliari non può essere infatti ritenuto un semplice slogan, come qualche ipercritico di scarsa fantasia ha inteso banalizzarla, ma si tratta di una convincente ed ineludibile scelta “politica”, sol che si voglia dare un futuro di progresso e di benessere alla città. Perché è proprio in questo mare il suo fattore critico di successo, e quel mare lo deve intendere come risorsa, come strumento di crescita, come vettore per raggiungere più ambiziosi traguardi. Pensare come molti oggi fanno al poten-


ziamento del porto, delle sue attrezzature e delle sue capacità logistiche è un qualcosa che deve accompagnarsi ad una decisa azione di riposizionamento del nostro scalo nelle rotte e nei traffici mediterranei. Cagliari non può essere un terminal portuale nazionale e neppure un semplice scalo di transito: la città, prima ancora che il suo porto, deve divenire sempre di più una generatrice ed una motrice di iniziative e di legami con le sponde meridionali del suo mare, perché si formi e si rafforzi quel mercato intermediterraneo di cui s’è detto. Andrebbe anche precisato che la cooperazione intermediterranea non può rimanere soltanto un problema politico per i commissari dell’Unione Eu-

ropea: così come ha fatto Barcellona, anche Cagliari ha il diritto-dovere di intervenire attivamente in quello che potrebbe definirsi il dialogo fra differenti realtà, portando il loro patrimonio di esperienze economiche e sociali, di know-how gestionali, di capacità come erogatrici di servizi. Si è infatti della convinzione che occorra che da Cagliari partano sempre più frequenti relazioni con i paesi che ci fronteggiano, instaurando un dialogo sempre più fitto fra le diverse culture e fra le differenti società. Perché un legame d’interscambi fra i paesi e le città del Mediterraneo non può che avere Cagliari in prima linea.


CULTURA MEDITERRANEA LE ROTTE TRA SARDEGNA ED ETRURIA

LE FARETRINE NURAGICHE

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ll’atto della scoperta di una «faretrina» nuragica nella tomba 45 della necropoli di Poggio alla Guardia di Vetulonia, nel corso degli scavi condotti da Isidoro Falchi nel 1884, si ebbe la documentazione diretta di un rapporto, essenzialmente marittimo, tra le comunità nuragiche responsabili della produzione della categoria di bronzi delle «faretrine» nuragiche e le comunità villanoviane dell’area di Vetulonia. In realtà furono le successive scoperte, nella stessa città, di bronzi e ceramiche nuragiche (di produzione e di imitazione), a partire dalla navicella della Tomba del Duce scavata nel 1886, a rivelare con chiarezza il legame tra l’isola e l’Etruria, illustrato magistralmente da vari autori tra cui Antonio Taramelli, Giovanni Lilliu, Fulvia

Lo Schiavo, Raimondo Zucca ed altri illustri archeologi. In questa rivista verranno presentate alcune delle «faretrine» nuragiche in relazione, principalmente, alle località di rinvenimento in Sardegna ed in Etruria, onde verificare la possibilità di definizione delle rotte tra singoli scali sardi e scali dell’Etruria. Il fondatore dell’archeologia sarda nel secolo XIX, il canonico Giovanni Spano, è il primo studioso a dedicare la propria attenzione a tali manufatti, nel 1855, in relazione al rinvenimento di un esemplare nel corso dei suoi scavi nella necropoli meridionale di Tharros nel 1852, confrontato con altri esemplari provenienti dagli scavi tharrensi del direttore del Museo di Cagliari, Gaetano Cara, e ad un ulteriore esempio della collezione del generale d’Arcais. Lo stesso Spano rilevò il rinvenimento di un “talismano bellico …quasi simile a quelli che si trovano in Tharros” nel sito di Santa Maria di Valenza, presso Nuragus, interessato da un insediamento nuragico precedente la fondazione nel II sec. a.C. della città di Valentia. Le «faretrine» sono state così definite a partire da Ettore Pais nel 1884 in quanto parrebbero evocare una faretra in materiale deperibile provvista di armi su ognuno dei due lati. La stessa Fulvia Lo Schiavo ha posto l’accento sulle «faretrine» nuragiche rinvenute in Etruria settentrionale, sottolineando la cronologia elevata del trasferimento dei bronzi e degli altri manufatti nuragici dalla Sardegna alle comunità villanoviane della seconda metà del IX sec. a.C. inizi dell’VIII sec. a.C. Raimondo Zucca, in uno studio del 1987, ha preso in esame, nel quadro dei bronzi nuragici rinvenuti a Tharros, anche la classe delle «faretrine», proponendone l’attribuzione a personaggi di alto rango sociale di estrazione nuragica inseriti in seno alla comunità fenicia di Tharros. Lo scrivente ha presentato la propria ricerca sulle «faretrine» nuragiche arricchita da nuovi esemplari inediti, proponendo un inquadramento culturale e cronologico di questa

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Enrico Spanu

classe di bronzi nuragici, mentre in occasione della mostra “Gli Etruschi e la Sardegna. Un’antica civiltà rivelata” (a cura di Fulvia Lo Schiavo, Paola Falchi, Matteo Milletti) organizzata presso il Museo del Territorio di “Sa Corona Arrubbia” (Lunamatrona), è stato presentato il Catalogo con un contributo frontale sulle «faretrine» nuragiche dell’archeologa Paola Falchi. Le «faretrine» in bronzo a piastra triangolare erano dotate in origine di due occhielli (in molte di esse non sono più presenti ma è possibile confermarne l’area di frattura), ottenuti con la tecnica della fusione a cera persa, con la rappresentazione di

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armi, ossia stiletti in numero da uno a quattro (o raramente di un pugnale sul lato A e di un pugnale sul lato B) caratteristici dell’artigianato nuragico che dà luogo, presumibilmente, a rielaborazioni in Etruria settentrionale, al pari di altre classi di bronzi e di ceramiche nuragiche. La straordinaria rarità dei contesti chiusi datati in rapporto alle «faretrine» propone una oggettiva difficoltà all’inquadramento cronologico di questa classe di bronzi nuragici che non sembrerebbero andare aldilà della metà del VII sec. a.C. I sardi eventualmente accolti nei contesti fenici, ma anche etruschi, poterono continuare a pre-

sentare simboli della loro antica cultura: così potrebbe spiegarsi lo straordinario rinvenimento, nella necropoli fenicia a incinerazione di Bithia, di una guaina, supposta in cuoio, con tre stiletti e un pugnale funzionali. Anche se il cuoio della guaina si era ormai degradato, si poté finalmente dimostrare la stretta connessione degli stiletti e del pugnaletto, sovrapposti l’uno agli altri, ripetendo cioè nella realtà quello che vediamo raffigurato negli esemplari bronzei delle «faretrine» in miniatura. Nella stessa necropoli di Bithia si individuarono altre sepolture, sconvolte, con pugnaletti indigeni e stiletti, e i rinvenimenti di stiletti nuragici


un’arma personale ma quasi di un segno dell’ingresso del giovane nella comunità degli adulti, vista la sua larghissima diffusione, al di là delle distinzioni economiche e sociali. La funzione e il significato di quest’arma nel mondo nuragico, sembrerebbe paragonabile a quella del rasoio, nell’età del Bronzo Recente e Finale e nell’età del Ferro nella Penisola, che in Sardegna, salvo pochissimi esemplari di tipi e provenienze diversi, non sono rappresentati”. La distribuzione dei rinvenimenti di «faretrine» in Sardegna evidenzia l’amplissima concentrazione nell’area centroccidentale dell’isola, con una netta prevalenza del centro di Tharros e più genericamente del Sinis e dell’Oristanese. Sono inoltre attestati a Tharros o nell’Oristanese «faretrine» di alto artigianato artistico e, se non imputiamo alla casualità la ricchezza delle testimonianze di «faretrine» a Tharros e nel Sinis, dovremmo ipotizzare che nel quadro dei rapporti fra Sardegna ed Etruria anche le comunità nuragiche dell’area del Golfo di Oristano settentrionale poterono intessere legami con l’Etruria settentrionale. In Etruria le «faretrine» si riscontrano nell’agro di Populonia e in quello di Vetulonia, inquadrandosi nella rete di rapporti fra sardi ed etruschi attivi fin dal bronzo finale. Resta ancora aperta comunque la discussione sul reale significato di tali monili che, per la loro originale forma e iconografia, non ne consentono proprio un puntuale significato. Attualmente possiamo ammirare molti di questi preziosi e rari bronzi al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e presso l’Antiquarium Arborense di Oristano per quanto attiene i materiali provenienti dai contesti sardi mentre presso i musei archeologici di Firenze e Siena per i materiali dei contesti etruschi. Ancora altre «faretrine» trovano la loro collocazione espositiva all’estero; presso il British Museum di Londra o quello di Bonn e ancora di Copenaghen, a causa dei traffici, a volte illeciti, di materiali archeologici avvenuti nel secolo XIX che hanno sempre visto la Sardegna coinvolta in uno scambio differente da come anticamente veniva praticato; gli oggetti di cultura materiale della nostra passata civiltà costituivano già in età antica oggetto di commercio, proprio per l’alto valore non solo intrinseco dell’oggetto ma per il forte simbolismo che essi emanavano. Ancora oggi è possibile trovare in esse chiavi di lettura che travalicano il semplice esame autoptico, per addentrarsi in forti contenuti esoterici che, come spesso si evince dagli studi, erano un importante patrimonio delle antiche ed evolute culture. è documentato in tombe fenicie di Tharros e di Othoca, risalenti queste ultime all’ultimo quarto del VII sec. a.C. Il pugnaletto ad elsa gammata, documentato nelle «faretrine» è attestato sia nella sua realizzazione funzionale, sia in quella miniaturistica, sia ancora come insegna di personaggi di rango nella bronzistica figurata nuragica. Nel corpus delle sculture della Sardegna nuragica di Giovanni Lilliu il pugnaletto ad elsa gammata (vedi faretrina dell’Antiquarium Arborense) è attestato nelle rappresentazioni di capotribù, di statuette di oranti /offerenti, di sol-

dati e sul petto del giovane principe de La madre dell’ucciso. Se si utilizza tale chiave di lettura, il giovane principe del bronzetto noto appunto con questo nome, è tenuto in grembo dalla madre e, avendo verosimilmente una dignità di futuro capo, può fregiarsi di un pugnale ad elsa gammata. Ecco pertanto che più che di una madre che regge in braccio il proprio figlio defunto è ipotizzabile che possa invece riferirsi all’immagine dell’epifania, in seno alla comunità, di un nuovo capo, della perpetuazione di una stirpe di aristoi, poiché il pugnale ad elsa gammata, come afferma Fulvia Lo Schiavo, “è plausibile che si trattasse non solo di

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ALLA SCOPERTA DELLA CITTÀ CAPITALE NEL MEDITERRANEO

Cagliari

lungo le scogliere e i siti archeologici Cagliari offre ai suoi visitatori numerosi siti archeologici tutti degni di nota. Ponendoci nelle vesti di un turista che vuole conoscere la storia della nostra bellissima città attraverso siti e monumenti presenti nel suo territorio, seguiremo un percorso che abbraccia le varie epoche culturali che si sono susseguite nel corso dei secoli a partire dalla sua fondazione fenicio-punica, fino all’epoca medievale. Il più importante sito di Krly, era questo il nome dato dai Punici a Cagliari, il primo in assoluto della nostra città, è la necropoli di Tuvixeddu, nell’attuale zona di Sant’Avendrace, fino a via Is Maglias. Nel 238 a. C. i romani conquistarono l’isola e Cagliari cambiò nome in Carales.

Numerosi i siti e i monumenti che testimoniano questo periodo storico. Inseriamo nel nostro percorso quelli che sono ritenuti i più rappresentativi e come prima tappa scegliamo l’Anfiteatro Romano recandoci alle pendici del colle di Buon Cammino. Edificio pubblico di spettacolo costruito tra il I e il II secolo d. C., per metà costruito


Enrico Spanu

Enrico Spanu

con blocchi di pietra calcarea e per l’altra metà ricavato intagliando il banco roccioso che presentava già una forma caratteristica ad imbuto. Meritano di essere visitate le sue strutture interne e sotterranee ancora conservate nel corso dei secoli. Aveva una capienza di circa diecimila spettatori, in esso si svolgevano le venationes, lotte tra uomini e belve esotiche feroci e i classici munera gladiatoria, i combattimenti tra gladiatori ma anche esecuzioni capitali, tra le quali quelle dei primi cristiani della comunità di Cagliari. Dal fondo dell’arena, un corridoio sotterraneo, tuttora percorribile, lungo 96 metri, immette in una cisterna romana situata nell’attuale Orto dei Cappuccini. A pochi isolati di distanza, in via Tigellio, sorge il complesso denominato Villa di Tigellio, il quartiere romano signorile della fine del I secolo a.C. del quale sono visibili i resti di tre abitazioni, tra le quali “la casa degli stucchi” e la “casa del tablino dipinto” che presentano resti di mosaici, stucchi e affreschi murali. Adiacenti ad esse si trovano i resti di una stretta via che conduceva al complesso termale di cui rimangono poche testimonianze nella pavimentazione del calidarium e dei vari ambienti disposti su più livelli come le domus romane. Per completare il percorso romano abbiamo scelto il sepolcro gentilizio denominato “Grotta della Vipera”, nella via Sant’Avendrace, una tomba romana con prospetto a tempietto ionico creato tra il I e il II secolo d.C. su una grotta preesistente. Essa presenta un’epigrafe funeraria dedicata alla defunta lì sepolta, Atilia Pomptilla, dal marito Lucio Cassio Filippo, contenente i testi di dodici poesie in greco e latino sul loro amore coniugale. Il nome è dato dalla presenza dei due serpenti

urei ai lati del fregio dell’architrave, simbolo della fedeltà coniugale e dell’unione indissolubile. Concluso il nostro itinerario romano, proseguiamo il percorso cronologico della storia di Cagliari, visitando alcuni siti simbolo della presenza dei primi cristiani nella nostra città. Tra questi rivestono particolare interesse le varie cripte disseminate nel sottosuolo urbano, come quella di Sant’Agostino nel Largo Carlo Felice, una cappella sotterranea nella quale, dal 504 al 722 d.C., furono conservate le reliquie di Sant’Agostino, nel sito di una precedente grotta utilizzata in epoca romana. La cripta conserva al suo interno un altare in stile classico con un’iscrizione, la data in cui fu inserito, 1638, e una nicchia che contiene la statua del Santo, ed ornato da un bassorilievo che raffigura il Sant’Agostino tra due angeli. La cripta di Sant’Efisio, Patrono della Sardegna, martirizzato nel 303 d.C. sotto l’imperatore anticristiano Diocleziano, è situata sotto la Chiesa omonima, in via Sant’Efisio, nel quartiere storico di Stampace. Si trova a nove metri sotto terra, alla fine di una ripida scalinata e sarebbe il luogo dove il martire fu imprigionato, prima di essere giustiziato a Nora. All’interno della cella si trova ancora la colonna denominata “colonna del martirio” dove è collocato l’anello che lo teneva legato alla catena. A pochi metri di distanza è possibile visitare la cripta di Santa Restituta, costruita in una grotta precedentemente scavata in epoca punico-romana nel III secolo a.C. Dedicata al culto della Santa, a seguito dei ritrovamenti dei suoi resti dentro un’urna nel Seicento, venne poi


costruito l’altare ricavando tre nicchie decorate nella roccia. In quella centrale fu deposta la statua della Santa e sempre in questo periodo fu costruita, sopra la cripta, la chiesetta a lei dedicata. Sono visibili, inoltre, la colonna del martirio e un affresco del XIII secolo, raffigurante San Giovanni Battista, che può essere visto solo in particolari condizioni di luce durante l’anno. L’ultima tappa di questo percorso di epoca cristiana è la Basilica di San Saturnino, situata in piazza San Cosimo, in un’area racchiusa da mura, dove è compresa una Necropoli paleocristiana. Della Basilica, originaria della seconda metà del V secolo, resta solo il vano centrale cupolato, cui in seguito fu aggiunto il brac-

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cio a tre navate che si conclude con l’abside semicircolare. Abbandoniamo il periodo cristiano e proseguiamo l’itinerario visitando un sito rappresentativo della successiva epoca storica, quella tardo-antica e medievale: il Complesso di Sant’Eulalia. L’ampio sito, completamente sotterraneo, si trova a circa sette metri sotto il piano della Chiesa ed è costituito da un’ampia strada lastricata che avrebbe condotto verso l’antico porto, percorribile ora per un tratto di tredici metri; un vasto ambiente di cui rimane solo un lato caratterizzato da un colonnato, che presenta colonne poggiate su basi marmoree attiche, rivestite in stucco, riferibili alla tarda età repubblicana, con pavimento in marmo e


calcare. Si possono inoltre notare resti in alzato di abitazioni romane e medievali. Per concludere il nostro percorso, visitiamo il quartiere di Castello, del periodo pisano, che costituisce la città antica arroccata su una collina. Dal suo stupendo belvedere si può godere un’incantevole vista sui quartieri storici sottostanti di Stampace, Marina, Villanova e su tutta la città moderna fino al mare. Il quartiere più suggestivo della città, con palazzi nobiliari, caratteristiche vie strette e oscure (via dei Genovesi, via Canelles, via La Marmora) collegate tra loro da vicoli con portici e scalinate. Sede del Palazzo dell’Inquisizione, il palazzo mas-

sonico, e della piazza Palazzo dove si colloca la Cattedrale di Santa Maria, le cui origini risalgono all’epoca pisana. Di questo periodo rimane attualmente solo la torre della campana, l’interno a tre navate, sfarzoso, rivestito da marmi e abbellito con ricche decorazioni, dal dipinto di Figari nella volta della navata. Ai lati del transetto si possono ammirare le due cappelle gotiche di periodo trecentesco, e poi ancora i pulpiti che recano scolpita la storia di Cristo, realizzati dal Maestro Guglielmo nel Trecento. Sotto il presbiterio è situata la cripta con vari mausolei divisa in tre cappelle anch’esse riccamente decorate. Nel quartiere sono situate anche la Chiesa di Santa Croce e il con-

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vento in stile Barocco, palazzi in stile spagnolo, il portico gotico di Via Corte d’Appello. Dai bastioni di Santa Croce si può ammirare la Torre dell’Elefante, gioiello dell’architettura pisana, datata 1307, di oltre trenta metri, posta a difesa della cittadella, con la scultura dell’elefantino collocata a dieci metri da terra, da cui prende il nome. Poco più avanti, in piazza Indipendenza, la sua torre gemella, quella di San Pancrazio, del 1305, anche questa in blocchi di calcare su tre lati e ballatoi lignei sul quarto, utilizzata come carcere fino al secolo scorso. Dalla sua terrazza si può godere un panorama che si estende sia verso l’entroterra campidanese, sia verso il mare e la città. La Pinacoteca, il Museo di Arte Siamese e il Museo delle Cere sono situati al fianco della Torre di San Pancrazio, più precisamente nel complesso museale denominato “Cittadella dei Musei” dove ha sede anche il Museo Archeologico Nazionale creato all’interno di un edificio in stile liberty del 1908. Qui, vi si trovano numerosi e notevoli reperti recuperati durante gli scavi, testimonianza delle varie dominazioni dell’isola. Quello che vi abbiamo appena descritto è solo un assaggio di quanto la nostra splendida città può offrire dal punto di vista archeologico, culturale e storicoartistico, ai numerosi turisti che sicuramente non andranno via delusi. Una città in cui all’arte e all’archeologia si può unire la passione per il mare e la natura, rappresentata da un’altra meravigliosa zona della nostra città a due passi dal centro, il promontorio di Capo Sant’Elia con la pittoresca scogliera di Calamosca; oppure la grotta marina dei Colombi, raggiungibile solo dal mare, che ha rivelato tracce della presenza umana in epoca preistorica, l’incantevole spiaggia del Poetto dall’acqua cristallina e, per gli amanti del cibo e del divertimento, la presenza di numerosi ristorantini tradizionali e localini sul lungomare o nelle varie zone della città, possono garantire un soggiorno indimenticabile.


MODE E MODI SULLE SPIAGGE CHE FANNO TENDENZA

Con l’arrivo della bella stagione scatta la voglia di mare, di sole e tintarella, e nessuno meglio dei cagliaritani può permettersi il lusso della pausa pranzo al Poetto o della passeggiata notturna mano nella mano in riva al mare. Ma oggi la spiaggia non è più la meta dell’ozio pomeridiano, o della tintarella domenicale, oggi diventa lo scenario delle tendenze estive, delle mode del momento, degli abbigliamenti cool da esibire e delle maniere da diva da sfoggiare. VIA MARE, svela per voi, in esclusiva le 6 regole per essere trendy nell’estate 2010.

della pasIl Costume n ricordi quello ilmente che no ib ss e n’è per po C e ? o, te ov ta es te nu ticato. Quest’ en Rigorosamen m di e ito ormai scolor sata stagione, ! alla marinara, tutti i gusti he e le stampe rig e ill m is, potrà po e fra le onde, a il retrò con i ganza neppur Torna di mod le l’e al e neri. ar o ci i vuole rinun unita bianch e per chi non modelli tinta di gli ta tta os de op da pr e a ricca , impreziosit scegliere tra un su eano le siluette a, lin nt tto ua so nq e ci ch ni olore rati, in stile an lo Scelte monoc co e i nt ta cora, i fiori, raffinati. Ed an ambati sg e modelli sexy


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Andrea Nissardi

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REPORTAGE/VIA MARE AL PELLEGRINAGGIO DELLA MADONNA DI BONARIA SINO A ROMA

DAL PAPA con i padri mercedari


C

ontinua il cammino verso i fedeli della Madonna di Bonaria. E anche quest’anno come lo scorso mese di maggio, l’organizzatore di un nuovo pellegrinaggio, Antonio Esposito, affida alle pagine di Via Mare ricordi ed emozione di questo viaggio. Meta prescelta per i 480 pellegrini è stata, questa volta, il Lazio e le ragioni di questa scelta sono molteplici: la prima, cogliere l’occasione per manifestare la gratitudine per la sua calorosa visita nel capoluogo sardo a Papa Benedetto XVI, presente ai festeggiamenti per la celebrazione del centenario dalla proclamazione della Madonna di Bonaria a Patrona Massima della Sardegna nel settembre 2008; la seconda, incontrare i Padri Mercedari di tutto il mondo riuniti nel Capitolo, per l’elezione del nuovo Padre Generale dell’Ordine a Roma ed, infine,

permettere ai fedeli delle varie città del Lazio e agli stessi emigrati sardi in questa regione, di ricongiungersi alla loro protettrice. Un’impresa non certo semplice da realizzare ma che – come sin dalle sue prime battute lo stesso Antonio Esposito ci tiene a precisare - è stata possibile grazie ad alcuni riferimenti fondamentali, i suoi stessi collaboratori, che prima e durante il viaggio hanno costituito il suo «braccio destro e sinistro come Gabriele Campanelli»; la presenza di una guida spirituale che per tutti i mesi precedenti l’ha esortato e sostenuto davanti a un’impresa così ardua da coordinare, come Padre Luigi Belfiori, decano dei padri mercedari; infine tutte quelle Autorità che ancora una volta lo hanno supportato, come il presidente dell’Autorità Portuale di Olbia, Dott. Paolo Piro. Un plauso và alla sensibilità e all’in-

telligenza di alcuni amici sponsor che hanno saputo cogliere l’importanza spirituale dell’iniziativa. «Perché, come sempre – aggiunge Esposito - anche la più sentita delle iniziative necessita di una buona squadra per superare gli ostacoli, non è mai il singolo a portare a buon fine un’impresa, ma sempre i validi collaboratori». A condurre i pellegrini verso nuovi litorali è stata la nave “ Moby Otta”, ancora una volta messa a disposizione gratuitamente dal presidente della Moby SpA, Dott. Vincenzo Onorato. Un ringraziamento particolare và alla famiglia Onorato da diverse generazioni legata da un rapporto di profondo affetto e devozione alla Madonna di Bonaria e alla Sardegna. Seguiremo le varie tappe percorse dai pellegrini.


«Alcuni pellegrini hanno scelto di accompagnare il simulacro dal santuario di Bonaria fino al porto, altri si sono uniti alla processione solo per seguire la Madonna prima della partenza. Tra questi anche il presidente dell’Autorità Portuale, Dott. Paolo Fadda, che ha potuto così salutare i passeggeri i padri Mercedari gli organizzatori e i volontari di quest’iniziativa».

lunedì 3 maggio

martedì 4 maggio «L’arrivo al porto di Civitavecchia è avvenuto alle nove e trenta del mattino: qui il simulacro è stato fatto scendere dalla nave per essere condotto verso la chiesa Nostra Signora di Bonaria di Ostia per la messa delle ore 12.30 presieduta dal Vescovo del Settore Sud della Diocesi di Roma Mons. Schiavon. Qui l’accoglienza è stata trionfale, i fedeli ci hanno atteso all’ingresso della chiesa, mentre la Protezione Civile ha scortato la processione di nove bus e del furgone con il simulacro in un bellissimo fermento, uno scrosciare di applausi per la Madonna, che poi è rimasta lì per l’intera giornata, a ricevere le costanti visite dei suoi devoti. La giornata di martedì è stata un’occasione per condividere anche un’ulteriore esperienza per tutti i pellegrini, e di questo dobbia-

mo ringraziare l’Associazione Quattro Mori di Ostia: lo dobbiamo a loro se abbiamo avuto la possibilità di essere guidati in una visita per Ostia Antica gratuitamente e di conferire ulteriore spessore storico e culturale al nostro pellegrinaggio. Nel pomeriggio c’era una nuova messa, questa volta celebrata da Mons. Giuseppe Mani e dedicata a tutti i conterranei emigrati nel Lazio. Vorrei sottolineare che un grande contributo per le messe celebrate in questi quattro giorni è stato dato dall’Associazione culturale “Tradizioni Popolari” di Selegas e dalla sua presidente Vitalia Casu, che hanno curato il momento dell’offertorio nei minimi dettagli, preparando i cesti con tutti i prodotti tipici della nostra terra da portare sull’altare».


mercoledì 5 maggio «La Madonna di Bonaria è partita da Ostia e i pellegrini da Civitavecchia per l’udienza generale dal Santo Padre, Benedetto XVI, in Piazza San Pietro: qui il simulacro è stato collocato proprio dietro il trono del Papa. All’udienza hanno partecipato anche i rappresentanti dell’Ordine dei Mercedari da tutto il mondo, tra i quali il Padre Generale Giovannino Tolu, l’Arcivescovo di Cagliari Mons. Giuseppe Mani e Autorità civili arrivate la mattina da Cagliari. Dopo l’omelia generale il Papa ha citato nelle varie lingue i gruppi presenti e ha parlato della nostra delegazione di pellegrini lì per ringraziare la sua visita a Cagliari. Eravamo senza dubbio il gruppo più numeroso e rumoroso nella bellissima piazza. Al termine dell’udienza il simulacro è stato esposto in Via della Conciliazione al culto dei turisti presenti,. mentre alcuni collaboratori con Padre Nunzio hanno distribuito immaginette e depliant, dove, nelle varie lingue, veniva narrata la storia della Madonna di Bonaria.

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Nel pomeriggio era prevista una visita alla Parrocchia di Santa Maria della Mercede, ma imprevisti, hanno impedito ai bus dei pellegrini di arrivare a destinazione, mentre la Madonna con alcuni pellegrini che hanno potuto seguirla sono arrivate a destinazione ed è stata possibile celebrare la Santa Messa per i residente sardi a Roma.. La Madonna è rimasta alla venerazione dei fedeli per tutta la serata. La giornata si è conclusa con un ultimo momento di grande emozione quando, la sera, abbiamo ospitato i padri Mercedari capitolari a bordo della Moby Otta con noi per la cena».


giovedì 6 maggio «Il simulacro che era rimasto nella chiesa di Santa Maria della Mercede è stato condotto verso Civitavecchia, dove ad accoglierlo, presso la chiesa dell’Immacolata Concezione, c’è stata una nuova festosa folla di fedeli, che per tutto il giorno ha continuato a rivolgersi alla Madonna per venerarla. Alle ore 17.00 nella Basilica di San Pietro si è celebrata una Santa Messa presieduta dal Card. Angelo Comastri con tutti i Padri Capitolari e altri Padri Mercedari provenienti da tutta l’Italia per festeggiare il fondatore dell’ordine San Pietro Nolasco. Al termine della Santa Messa i bus con i pellegrini sono tornati a Civitavecchia nella Chiesa dell’Immacolata, in tempo, per la recita del Santo Rosario e al termine una suggestiva fiaccolata, ha accompagnato il simulacro dalla chiesa al Porto Vecchio, e nonostante la pioggia tante persone hanno partecipato con tanta devozione».


venerdì 7 maggio «Siamo arrivati ad Olbia alle sette e mezza del mattino, dove già sapevamo, ad attenderci le telecamere di Rai 3 per parlare in diretta con noi dell’evento. Quella mattina è stato proprio attraverso l’ingresso della Moby Otta su cui viaggiavamo che è stato inaugurato il molo 2 bis. I pellegrini hanno potuto fruire di bus navetta per Olbia centro, mentre altre persone continuamente recitavano il Santo Rosario dinanzi all’immagine della Madonna. I servizi usufruiti per tutta la giornata sono stati messi a disposizione dal Dott. Paolo Piro ,che ci ha sostenuti per tutto il viaggio. Ad Olbia abbiamo incontrato non solo autorità religiose come il vescovo di Tempio Ampurias Sebastiano Sanguinetti, ma anche lo stesso sindaco di Olbia Giovanni Maria Giovannelli, l’assessore ai Trasporti Liliana Lorettu, il sindaco di Golfo Aranci Giuseppe Fasolino, e il Comandante della Capitaneria CV Franco Giuseppe Persenda, al mo-

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mento dell’inaugurazione del molo, dopo il taglio del nastro da parte di S.E. Mons Sanguinetti e di Padre Salvatore Mura è stata scoperta la targa, che da 2 bis ha preso il nome di Madonna di Bonaria Patrona Massima della Sardegna . Il Vescovo i padri mercedari e i sacerdoti della diocesi di Olbia hanno celebrato una Santa Messa prima di andare a cena tutti insieme, sulla nave che ci avrebbe ricondotto a Cagliari. Le cene con le Autorità e precedentemente con i Padri Capitolari hanno avuto lo scopo di condividere con alcuni amici le stesse pietanze, senza differenze di sorta, secondo l’esempio della comunione cristiana. Una volta salutati gli ospiti, la nostra nave è ripartita alla volta di Cagliari».


sabato 8 maggio «Alle otto del mattino eravamo al porto di Cagliari, da cui è partita la processione verso il santuario di Bonaria. Qui si è tenuta la messa finale e i saluti conclusivi con tutti i pellegrini. Ora, a detta anche dello stesso Assessore al Lavoro, Franco Manca, il ciclo delle celebrazioni della Madonna di Bonaria, dovrebbe concludersi con la città che nel continente americano attende di ricongiungersi alla sua protettrice: Buenos Aires».


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QUELLI CHE STRAVEDONO PER LA SARDEGNA

LA

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IA ISOLA FAMOSA

L

a Sardegna l’ho scelta come terra di adozione. Dopo la folgorazione giovanile per Gigi Riva, è esplosa in me la voglia di conoscere luoghi, sapori, suoni , colori, profumi che mitizzati da certa letteratura mi parevano così distanti dalle mie tante patrie, delle mie case. L’incantesimo c’è stato e subito: intuivo che dietro la facciata della prima serata di gala nel grand’hotel, mi portava a ridere di gusto con la gente del posto, così sincera, trasparente, orgogliosa e mai invadente. E’ stato come seguire il mio amato aquilone. Anch’io ho ricamato fughe di pensieri attorno a tavolate che dicevano tutto sulla civiltà della tavola: sapori che erano rimasti nella memoria, vini sinceri, musiche avvolgenti. Tutto generoso come la gente, mai finta. Per questo è nato il mio paradiso nel posto più bello del mondo, a Santa Margherita di Pula. Ci sono il suono della risacca, i profumi dei pini, le tentazioni degli amici attorno alla nuova grigliata, la voglia di dipingere pareti, le musiche di Guenda e le ricerche silenziose e profonde di Gianamedeo, le notti a spiare le stelle. Eppoi le escursioni a cavallo, le visite alle chiese e alle miniere di Iglesias, le gite in barca a Tuerredda, gli scivoli pazzi al monastero, le gite in barca con un panino e fermentino nell’incantesimo del parco geomarino di Villasimius o ad Arbatax nel regno di Giorgio Mazzella. Il calore, le forti emozioni della immersione totale estiva e delle fughe di certi fine settimana me li porto tutti come vera “salute” a Milano, negli studi televisivi, in casa quando in cucina riproponiamo la nostra fregula, i mallorreddus con la salsiccia, lo spezzatino di cinghiale. Ma l’aria e i profumi sono altri. E non c’è il mio mare.

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il fascino del c e la cucina di mare


C’

era una volta una tortuosa strada costiera che, scorrendo tra splendidi panorami e suggestive scogliere, conduceva alla sommità di un colle, dove si ergeva, proteso verso il limpido mare, un antico borgo fortificato: Ca-

stelsardo. A distanza di novecento anni, il paese dell’Anglona, situato al centro del Golfo dell’Asinara, conserva ancora intatto il proprio antico fascino, offrendo un panorama di singolare bellezza, con piccole insenature, coste rocciose, arenili di sabbia finissima, e acque limpide che invitano ad immergersi. Il gioiello di questo piccolo paese è il castello, un tempo ritenuto inespugnabile, che sovrasta orgoglioso l’intero borgo, a cui dà il nome. Nel centro storico si susseguono sottopassaggi, scalinate, e un labirinto di strette stradine, con pavimentazione in pietra, su cui si affacciano le tipiche, vecchie abitazioni, sviluppate in verticale. Passeggiando tra i vicoli si incontra la cattedrale di Sant’Antonio Abate,

centro storico ALLA SCOPERTA DELL’ISOLA DI SARDEGNA LUNGO LE COSTE/QUI CASTELSARDO


patrono della città, con le sue possenti mura e il campanile aragonese in maioliche colorate. Poco oltre, si trova la chiesa di Santa Maria, sede della cinquecentesca Confraternita di Santa Croce, che ha tramandato nei secoli gli antichi canti e le relative tecniche, oggi oggetto di studio da parte dei musicologi. In tutta Europa vi sono solo altre due confraternite che possono vantare una così lunga tradizione. La chiesa custodisce, tra i suoi notevoli tesori, anche il crocifisso ligneo del “Cristo Nero”, il più antico della Sardegna, realizzato nel Trecento dai monaci benedettini e portato in processione nella famosa festa del Lunissanti, il lunedì della Settimana Santa. Si tratta della più antica rappresentazione isolana della Passione di Cristo. Un tuffo nella

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Castelsardo medievale, tenuemente illuminata dalle tremolanti fiaccole dei fedeli e immersa in un’atmosfera ineguagliabilmente suggestiva. La sensazione di trovarsi in un luogo e un tempo ormai trascorsi, si riflette anche nella quotidianità. Sedute sulle scalette dei vicoli, è possibile osservare le donne che intrecciano i cestini con le foglie di palma nana, seguendo i segreti di una vecchia tradizione, tramandata di madre in figlia. I pescatori più anziani sfruttano invece il giunco e l’olivastro per costruire le nasse usate nella pesca delle aragoste che, dal mare, passano alla tavola, spesso cucinate alla “castellanese”, per la gioia dei palati più raffinati. Tra le altre specialità gastronomiche vi sono la zuppa di pesce, la spigola con


Vernaccia, le triglie alla marinara, i calamari arrosto, gli spaghetti con i ricci, i frutti di mare. Castelsardo è nato infatti come villaggio di pescatori, artigiani e agricoltori; non stupisce dunque che, tra i sapori che la caratterizzano, compaiano numerose ricette a base di pesce. Oggi, la città vive essenzialmente di turismo, alimentato dalle bellezze ambientali, da una natura ricca di boschi, nonché dalla disponibilità di un attrezzato porto, con circa 800 posti barca. A poca distanza dal centro abitato, si incontra la famosa Roccia dell’Elefante, un grande masso rossastro che prende il nome dalla curiosa forma di pachiderma donatale dall’erosione degli agenti atmosferici. Alla base del suo lato destro, alcune domus de

LA GUARDIOLA IL PRESIDIO DEL BUON MANGIARE

Antipasti in degustazione con un polpo tenerissimo con cuori di sedano si passa ad uno spada delicatissimo marinato e accompagnato con ricotta mustia appena accennata e bottarga di muggine, deliziosa la pralina di calamaro tiepida fritta in olio d’oliva e accompagnata con un cremoso leggero a finire una lamella di bottarga di tonno con cipolla rossa e rucola selvatica adagiata su un confit di pomodoro rosso, un trancetto di pesce fritto in farina sarda e accompagnato con un pomodoro con leggero sentore di aceto, una zuppetta di lenticchie accompagnata con frutti di mare. Primi piatti: dei tagliolini bianchi e neri con polpa di cozze e una leggera crema di zucchine, raviolini di pesce con un vellutata di zafferano. Secondi piatti: Un filetto di San Pietro in crosta di patate e letto di carciofi stufati in verde, Dolci: Una cocotte ci crema bruciata con consistenza cremosa e aspetto sublime. Il resto e atmosfera Michele Farru

Janas, grotte artificiali, di architettura funeraria, scavate dai sardi del neolitico, spesso considerate dall’immaginario popolare come dimora delle fate. Di grande interesse, anche il Nuraghe Paddaggiu (Sa Eni), ottimamente conservato, e le acque termali salso-bromo-iodiche, con temperature superiori ai quaranta gradi: ideali per chi soffre di artrosi e nevralgia, o per chi, semplicemente, desidera rilassarsi con piacevoli bagni e fanghi distensivi.


Pipi Surfaction

MAUI, BARBADOS, BRASILE, POLINESIA, POETTO

ALLA SCOPERTA DELL’ISOLA DI SARDEGNA/IN OGLIASTRA

Tra mare e monti

qui madre n è stata fec in una tavo P

iero Sacchetto, classe 1963, parlantina sciolta, viso abbronzato e in testa un solo amore: quello per la tavola da surf. Lui la passione per le onde, da domare con la tavola l’ha conosciuta da giovane. La prima volta in acqua? A San Teodoro. Reo fu Toto Pilursu, che con la sua scuola di windsurfing, lo ha seguito sin dai primi passi, e da allora non ha più smesso, correva il 1980. La Sardegna ha questo potere, quello di affascinare il visitatore con i suoi flutti regolari, con il suo vento perfetto per stare in acqua, con le sue numerose spot (in gergo spiagge dove si può praticare il surf). «Facciamo parte di una tribù», mi dice Piero, «non importa se ci ritroviamo in Polinesia, Brasile o nelle Barbados, alla fine ci conosciamo tutti, e come stare in una grande famiglia. Il bello del Surf è proprio questo: conoscere altri surfisti, capire cosa ci lega e scoprire un 44

mondo totalmente diverso da quello a cui sei abituato». Il ricordo più emozionante che ti lega la surf? «Hawaii, 1989, primo raduno da surfista nell’Isola di Maui. Il primo vero viaggio da surfista, mi sono sentito parte di un nuovo mondo. È come il musulmano che visita per la prima volta la Mecca: ti senti speciale». Come mai ti sei fermato a Cagliari? «Qui ho la mia famiglia e sono affiliato al Winsursing Club di Cagliari. Dopo aver girato tanto posso affermare che Cagliari è una fra le città che meglio si adatta a questo tipo di sport: il vento è buono, le strutture adatte numerose, e il comune e la Regione si dimostrano interessate a questo tipo di sport. Purtroppo le condizioni atmosferiche fuori dall’acqua non sempre sono amene e gli spettatori di conseguenza non sono molto numerosi, stare a riva al freddo non è l’ideale per gustare un’esibizione».


Nino Muggianu

natura conda ola Che tipo di preparazione serve per stare sulla tavola? «La pratica è la cosa migliore, uscire in mare tutti i giorni, conoscerlo a fondo ed avere confidenza con la tavola. Non ci sono dei veri e propri allenamenti, per stare in forma dal punto di vista atletico ogni surfista sceglie uno sport di nicchia come il nuoto o la palestra. Il discorso cambia, se si pratica la Formula, una particolare categoria, che ti mette a confronto con una vela di 12 metri quadri, qui la preparazione deve essere costante e seria». E quella mentale? Quale caratteristica spicca nel surf più delle altre?


O

gliastra, terra dolcissima, poetica, modellata dal creatore secondo il suo estro e ridipinta dalla forza della natura con colori variegati ed impreziosita da tutta una serie di costruzioni straordinarie (torri, fortilizi, tonneri), in cui la roccia, elemento apparentemente statico, sembra assumere cromacità poliedriche e variegate che finiscono inevitabilmente per rendere il nostro paesaggio il più bello ed interessante di tutta l’isola. Su tutto questo immenso anfiteatro di tonneri, di torri e fortilizi naturali, che esplodono nudi e caldi di colori dalle loro basi gonfie di macchie mediterranee e selve, sembrano voler cingere, amò di abbraccio, tutta l’Ogliastra e slanciarsi contro un mare adamantino e trasparente che sembra non conoscere alcun limite e si perde nell’orizzonte. Su queste formidabili costruzioni, che mai genio umano potrà eguagliare nelle forme e nello spazio, spicca altissimo il torrione di Perda Liana (1293 m.) luogo esoterico, per alcuni, ma sacro e baluardo difensivo per i nostri progenitori che spesso e volentieri dovevano tenere a bada gli invasori di turno. Come un’assise di giganti dall’aria sorniona, questi stalli di roccia, che celano nel cuore molte grotte inesplorate e congiunte da una trama indecifrabile, di meandri, improvvisamente degradano verso la marina; così la vegetazione, corollario unitario di una natura feconda, adegua questo declinare ritmico e muta veste lungo il tragitto. Ecco che l’Ogliastra, con sorpresa generale, ci propone una policroma polifonica di foreste d’elci, querce, castagni. Se ciò non bastasse a placare la curiosità dei visitatori, potremo notare i filari di ciliegi, mandorli,

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peschi, ulivi, avellani, nonché miti pentagrammi di vigne ed orti distribuiti razionalmente su gradinate di terrazze. Ma questa fiumana verdeggiante, come per magia, pian piano, declinando verso valle, diventa gracile ed aspra, con cisti ad orlare i frangenti di alcune colline, vinta interamente dal rosso cupo e dal viola di quelle alture di sasso. La dolce rigogliosità ambientale ed una visuale moderna del progresso umano, compaiono all’improvviso e vengono a integrarsi nella piana di Tortolì e che paiono avocare a loro quell’oasi lussureggiante, costituita da tanti orti e giardini che circondano la cittadina costiera e creare di fatto, un collage omogeneo con il blu del mare e le acque dello stagno. Al di la delle suggestive immagini quasi a completamento della prospettiva teatrale del paesaggio, ecco apparirci il golfo di Arbatax, inquadrato dalle quinte del Monte Santo e di Capo Bellavista, che spalanca il suo boccascena d’acqua cristallina ed azzurrissima, dove un isolotto di porfido affiora


con le sue guglie vermiglie, come una cattedrale delle navate sommerse. Questa è una panoramica che l’Ogliastra ci offre da quasi tutti i paesi: da Villagrande ad Arzana, da Ilbono, Elini, da Glassai e da Ierzu, così come da Balnei. Ma lo scenario più variegato ed aperto lo si può cogliere da Lanusei perché da questa cittadina, in una sola volta, potete abbracciare, senza schermi, la vallata più ampia. Salendo sui punti più alti di questa realtà, urbana ogliastrina, ricca peraltro di storia e monumenti preistorici, (basti citare il villaggio nuragico di Selene), potreste gustare la freschezza dell’aria montana o l’allegria di quella marina. Ma l’Ogliastra, come abbiamo sottolineato, è una sorpresa continua che vale la pena di scoprire in tutta la sua bellezza dei boschi (Acquerì, Idolo, S. Barbara di Villagrande, Selene, Tricoli, l’altopiano di Balnei, Urzulei e Talana), del mare (Tortolì, Lotzorai, Girasole, S. Maria Navarrese, Barisardo, Cardedu e Tertenia), della collina (Lanusei, Elini, Ilbono, Gairo,Usassi, Loceri, Ierzu, Ulassai, Villagran-

de e Villanova), del lago (Flumendosa), delle grotte (Ulassai e Gairo) e dei siti preistorici, (presenti nei territori comunali). Questo rincorrersi di panorami mozzafiato (altopiano di Balnei, Silvana, Taluna, Urzulei, la Ierzu, Perdasdefogu, la Ulassai, Ierzu, Lanusei – bivio Carmine e in direzione Usassi e Osini), rappresentano un biglietto da visita gratuito di tutto rispetto e che certamente contribuisce a dare una concreta e positiva immagine della bellezza unica a volte selvaggia di questo lembo di terra sarda. Se un intero paese (Perdasdefogu) può definirsi esempio mirabile di convivenza tra militari e civili, altri comuni (Balnei, Urzulei, Talana, Villagrande, Arzana etc..) possono, a buon diritto, rivendicare, non senza orgoglio, vere e proprie perle naturali come Gorropu (Urzulei) il Golgo (Baunei) i resti di antichi insediamenti (Villagrande Arzana) e via discorrendo. Una Ogliastra da visitare e gustare in tutta la sua tradizionale ospitalità anche attraverso i prodotti tipici (culurgiones, prosciutti, vini e dolci) o le sagre tradizionali. Se è vero, come infatti pare lo sia, che esista un mal di Sardegna, noi ci auguriamo che possa verificarsi un uguale male, stavolta in stile ogliastrino, dal quale ci si può guarire soltanto facendovi ritorno. E il mio girovagare tra mito e memoria non è solo un fatto di cuore.


ANDREA MURA E GUIDO MAISTO BISSANO LA ROMA PER DUE

E ORA il periplo

della sardegna

L

a stagione di regata si è aperta come ogni anno con Roma per due. E se il buongiorno si vede dal mattino, per Vento di Sardegna questo dovrebbe essere un ottimo giorno. Primi classificati per il secondo anno consecutivo, dopo un 2009 di record e successi, si preparano ad un’estate piuttosto calda in vista del Round Sardinia Race. Tutt’altro che scontata o prevedibile, questa vittoria risulta frutto di una conquista costante, che minuto dopo minuto ha richiesto impegno e tenacia da parte dei due campioni, Andrea Mura e Guido Maisto. E proprio Andrea Mura ha raccontato a Via Mare questi momenti, insieme a tutto il precedente lavoro di preparazione che sta dietro un simile risultato. Iniziamo dalla fase preparatoria: come avete speso i mesi precedenti la gara? Quali sono gli ingredienti vincenti? Lavoriamo tanto ogni anno per continuare a migliorare la barca, per attualizzarla, prima di tutto partendo dalle vele che sono il vero motore della barca, per arrivare poi a tutta l’impiantistica e far sì che ogni volta guadagni peso, ossia venga resa più leggera. È indispensabile inoltre implementare la strumentazione elettronica, che riduce lo stress e rende tutto più veloce, più semplice. Un grosso passo in avanti è stato fatto con l’aggiunta di ballast laterali, cassoni d’acqua che aiutano il raddrizzamento e consentono di lavorare con più vela a parità di vento, soprattutto nelle andature di bolina. In pratica sostituiscono

il peso dell’equipaggio che non c’è. Trattandosi della formula per due li sostituiamo coi cassoni, la barca affonda di più e il passaggio più morbido sull’onda guadagna in inerzia e ottiene una velocità media più costante e più alta. In più riduce lo scarroccio perché mantiene lo scafo incollato all’acqua nelle basse velocità. Questa è una delle cose più importanti fatte nel 2010. Ci siamo consultati molto col progettista e abbiamo sempre agito a livello empirico perché gli effetti delle scelte non sono sempre scientificamente calcolabili. Arriviamo ai tre giorni della gara. Come sono andate le cose? Siamo partiti da Riva di Traiano con vento leggero, eravamo subito in testa ma siamo stati superati dall’equipaggio francese a sei ore dalla partenza. Il vento poi è sensibilmente aumentato e li abbiamo superati giusto prima di Ventottene che era la boa di percorso. da lì il vento è aumentato a maestrale e abbiamo aumentato con buona media di velocità fino alle Lipari dove abbiamo girato in prima posizione ma sempre con gli avversari vicini, quaranta minuti dietro. La risalita verso Ventottenne è stata impegnativa perché eravamo controvento durante la notte. È lì che i ballast hanno fattola differenza, facendoci guadagnare fino a due ore sugli avversari. Abbiamo proseguito verso l’arrivo e, come previsto, il maestrale è an-

dato in calo. All’altezza di Fiumicino nella bonaccia ci hanno raggiunto gli avversari e ricuperato. Eravamo a circa 30 miglia dall’arrivo e i vento a quel punto è mutato da maestrale a grecale e abbiamo riconquistato la prima posizione per pochissimo vincendo la regata con pochi minuti di vantaggio sui francesi. L’anno scorso dopo la vittoria siete partiti da Ventottenne e avete stabilito il record nel Trofeo Wally Record Ventottenne-Cartagine. Quest’anno cosa avete in programma? Ancora dobbiamo definire a quali regate partecipare. La sola certezza è che a settembre ci attende la seconda edizione del Round Sardinia Race, la circumnavigazione della Sardegna. Alcune barche che hanno partecipato a Roma si sono già iscritte e ne arriveranno altre dall’Olanda, dall’Inghilterra e dalla Francia. Abbiamo fatto in modo che la partenza fosse in concomitanza con il Coast Day e abbiamo istituito due concorsi paralleli di fotografia e cortometraggi: da una parte verranno immortalate le bellezze delle coste sarde viste dal mare, dall’altra la prospettiva dalla costa, cosicché l’evento possa acquisire uno spessore anche culturale oltre che sportivo e sociale. Claudia Cao


L’EROSIONE DEGLI ARENILI DAL MARGINE ROSSO A VILLASIMIUS È divenuta ormai familiare, per chiunque percorra la costa sudorientale da Cagliari, quell’immagine delle onde che si infrangono sul cemento dei muri di recinzione delle ville. Così familiare, da dimenticare che quelle spiagge non sono sempre state così. Anzi, che quelle spiagge un tempo esistevano davvero, perché di vere e proprie spiagge non si può più parlare. Naturalmente a rimetterci non è stato solo il godimento estetico per passanti e bagnanti, ma l’intero equilibrio ambientale di un lungo tratto di terra, ormai preda esclusivamente dell’erosione. Il riferimento, implicito, ma ben noto, è a tutto il percorso che da Margine Rosso conduce a Geremeas, Torre delle Stelle, Villasimius. Basti pensare a Is Mortorius e Capitana, per restare nella zona di Quartu, dove i garage e i rimessaggi di barche sempre più spesso si allagano, perché presi d’assalto dalle onde che un tempo non si avvicinavano minimamente alle ville. Frutto di scelte sbagliate, di una gestione scorretta da parte dei Comuni interessati in quest’area, per questo fenomeno non esistono ancora studi puntuali o piani specifici. L’unica misura – a scapito dei bagnanti – sarà il ricorso al numero chiuso: questo è ciò che si prospetta per Mari Pintau e Solanas, ma gli stessi problemi stanno iniziando a sorgere anche per Punta Molentis e Porto Sa Ruxi. «Sono aree delicate che non possono più sopportare troppi bagnati – ha detto il sindaco di Villasimius Tore Sanna – Per questo se non da quest’estate, dal 2011 sceglieremo il numero chiuso». Non è diversa la situazione per la Spiaggia del Riso, un altro tesoro naturale che prima il maestrale poi le scelte sbagliate hanno colpito gravemente. In questo caso un progetto esiste già e verrà attuato in due fasi: come ha spiegato Franco Vigna, l’ingegnere che ha elaborato il piano, certo «le spiagge, come le ha fatte il buon Dio, gli uomini non sapranno mai farle. Possono, però, porre rimedi ai loro stessi errori e ai danni che hanno creato», ed è per questo che le due fasi prevedono prima la sistemazione di barriere subacquee generate con la stessa sabbia poi quella del rimodella mento della spiaggia «Verrà recuperata una gran parte dei sedimenti che appartenevano alla Spiaggia del Riso che si sono depositati non soltanto sott’acqua a ridosso del molo di sottoflutto, ma anche e soprattutto mischiati all’altra spiaggia confinante con il porto turistico». Si spera che questi rimedi siano solo i primi di una lunga serie e che possano offrire un modello valido per combattere situazioni analoghe.

BARETTI SÌ, BARETTI NO: LA STORIA INFINITA

Sono pronti i progetti di ristrutturazione dei baretti nel litorale cagliaritano, sarà un’estate di lavori dunque, speriamo con pochi disagi. I primi a chiudere saranno i baretti della prima fermata, poi si procederà alla demolizione e ricostruzione di quelli tra il Lido e lo Stabilimento dell’aeronautica. A seguire le strutture fino all’ospedale Marino e per concludere quelle dall’ospedale marino all’Ottagono. Nel futuro quindi un nuovo look: baretti in legno, con rifinitura in pannelli a persiana, un pavimento sollevato di 60 centimetri dall’arenile per contrastare le mareggiate e far passare i sottoservizi, una veranda e un loggiato. Si conclude così l’ultimo round dell’infinita disputa tra i gestori dei baretti e l’amministrazione comunale, a colpi di licenze chiusure e concessioni. I gestori sperano in una stagione rosea, all’insegna della legalità ritrovata e tanto agognato dopo l’incubo della demolizione, ma un quesito resta aperto: se considereranno i baretti beni identitari, concederanno poi anche l’autorizzazione paesaggistica?

NO SMOKING AL POETTO

TIRRENIA: TUTTI A BORDO SENZA 250 DIPENDENTI L’operazione Tirrenia ha come scadenza la fine Luglio. Maggio e Giugno sono mesi caldi per la società, che tra riunioni, progetti e accordi, dovrà definire il suo futuro. E in quel futuro sta la risposta anche dei dipendenti della società di trasporti marittima sarda, 250 per l’esattezza, che in uno degli ultimi incontri sono stati definiti in esubero amministrativo e marittimo. Si presenta così la necessità di ulteriori sovvenzioni statali per gestire le linee ed il personale: almeno 12 o 15 milioni annui in più. E intanto parte il primo sciopero, di 24 ore, per impedire un taglio che ammonterebbe al 24% circa del personale presente. Tutti ad aspettare che la tempesta si calmi.

Il Poetto come Los Angeles. I consiglieri della circoscrizione 5 di Sant’Elia, stufi delle lamentele dei cittadini, hanno chiesto al Comune che dal primo settembre al trenta giugno nella prima fermata del Poetto, sia introdotto il divieto assoluto di fumare. Mozione che ha fatto subito discutere, dividendo l’opinione pubblica tra favorevoli e contrari. Nell’intendimento dei consiglieri il divieto dovrebbe essere introdotto dalla prima fermata al D’Aquila (ma solo in spiaggia libera), intensificando sanzioni e controlli. Parallelamente si propone anche la creazione di una zone-smoke, per chi proprio non riesce a fare a meno di fumare. Insomma niente più asciugamani adagiati su un tappeto di mozziconi o il vizio sarà più forte dell’utilità?

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Pipi Surfaction

Grande mareggiata del sud, estate 1962. Dei tempi passati ricordo un vento che soffiava attraverso i canions. Era un vento caldo chiamato “Santana” che portava con sé il profumo di terre tropicali. Aumentava di intensità prima del tramonto e spezzava il promontorio. Io ed i miei amici spesso dormivamo in macchina sulla spiaggia ed il rumore del mare ci svegliava; poi, all’alba, sapevamo già che sarebbe stata per noi una grande giornata. Ecco così inizia il film leggenda per noi nati in quel periodo: il surf in Italia non esisteva, tranne qualche timido tentativo, il windsurf era agli

albori nella nostra Italia più consona al vento che non alle onde oceaniche. Era il 1978 e questo film segnò molti di noi per il resto della loro vita. “Il mondo è di una grandezza sterminata. Pieno di pericoli, di meraviglie e di tesori. Si può inseguire per tutta la vita un tesoro, credendo che sia ciò che si vuole solo perché tutti quelli attorno a noi lo indicano come preziosissimo, per rendersi poi conto però che non è davvero quello il tesoro che ci interessa. E se anche si dovesse spendere l’intera vita a cercare questo tesoro senza poi riuscire a trovarlo, perché mai si dovrebbe pensare di aver fallito? Quante esperienze si saranno fatte cercandolo? Quanto migliori si sarà diventati? Quante cose e persone si saranno conosciute? Forse

PASSIONE WINDSURF

non è trovare il tesoro che conta realmente, ma viverne con passione la ricerca. Alla fine della mia vita, se anche non avrò trovato nulla, mi renderò conto che stringo fra le mani qualcosa di molto più importante, un tesoro inarrivabile, l’uomo che le mie esperienze mi avranno reso, e la mia ciurma di amici”. Ripercorrendo un percorso a ritroso nel tempo, ricordo che quella sera d’estate con i miei amici di Marina di Ravenna eravamo in quello che oggi non esiste più, il cinema all’aperto. Eravamo la classica compagnia, ragazzi e ragazze, amori di un’estate o pronti a durare una vita intera. Il film inizia e dentro di me prendono corpo immagini, sensazioni, profumi e atteggiamenti che mi rimarranno per sempre dentro. Forse non lo sapevo, ma la ricerca del tesoro della filosofia del surf, di quell’essere amici anche se non ci si vede sempre, era già dentro di me. Dopo quel film

Il vento d


ero consapevole che guardare un tramonto, sentire la sabbia fredda all’alba al mattino, i profumi del mare, il cappuccino caldo bevuto dopo una notte a dormire in macchina, non erano perché ero strano, agli occhi della mia famiglia di altri amici, erano perché ero vivo, vivo di quelle cose che ancora oggi mi accompagnano. Cosa hanno di così diverso questi sport rispetto ad altri? Perché ci si sente simili ad un delfino? Perché le amicizie nate e sviluppate con questo sport sono incredibili? Credo che tutto sia in un lontano passato primitivo, dentro di noi, pieni di tecnologia, di inutili accessori quotidiani, esiste e pulsa dentro la parte più naturale, la parte che ci unisce alla natura. Quando stai surfando

un’onda non puoi farlo, prima o dopo devi sentire l’onda in una simbiosi perfetta con l’elemento acqua, l’elemento da dove tutti noi veniamo. Ascoltare il vento non è un modo facile per valutare se arriva bel tempo o brutto tempo, il vento ci parla e ci dice tante cose, bisogna essere capaci di ascoltarlo. Oggi, nel mondo frenetico dettato dai rialzi di Wall Street e dagli aumenti del petrolio, noi siamo ancora alla ricerca dell’onda perfetta, di un fuoco acceso in spiaggia con gli amici, con una birra, una chitarra che ci rende tutti simili, figli di una madre natura che ci accompagna. Ecco cosa vuol dire sentirsi vivo, ecco cos’è la filosofia del windsurf, del surf. Noi ci sentiamo figli del vento, il nostro elemento naturale è il mare. Ed è lì che vi aspetto...

dentro


Vele, tonni e sci 7 luglio - dicembre 2010 Uno

degli

eventi

culturali

più

importanti

della

prossima estate cagliaritana sarà la mostra: “VELE, TONNI E SCIMITARRE. Avventure salgariane nel Mar di Sardegna”, una ricchissima esposizione multimediale allestita presso il Lazzaretto di Sant’Elia da luglio a dicembre 2010. Ispirata ai due romanzi “sardi” di Emilio Salgari: Le Pantere d’Algeri e La pesca del tonno, La mostra sarà una vera festa per gli occhi: personaggi e ambienti multimediali saranno ispirati ai disegni della versione a fumetti del romanzo e alle illustrazioni di Amato, delle prime edizioni dei romanzi.Saranno inoltre esposti oggetti, modellini, armi, costumi, reperti marinareschi, attrezzi di pesca, bandiere, strumenti musicali, provenienti da musei e collezioni italiane e specialmente del Magreb (Musée du Bardo di Algeri e di Tunisi). La mostra si presenta straordinariamente interessante dal punto di vista storico, altamente didattica per le scuole ed attenta alla “visione” del Mediterraneo e dei rapporti e scontri tra popoli delle due sponde, nell’Italia dei primi anni del novecento. Un’occasione importante insomma di relazioni con i Paesi del Maghreb, destinata a fruitori di ogni età, che caratterizza Cagliari come ponte tra culture e sistemi di vita, in un Mediterraneo in continua evoluzione economica e sociale. Un’operazione espositiva infine, assolutamente utile specie nel momento attuale di contrapposizione, a volte problematica, tra il nord e il sud del Mediterraneo, per la capacità che avrà di sfatare gli aspetti più

Comune di Cagliari Assessorato Alla Cultura 52

deteriori di radicati luoghi comuni che ancora oggi insidiano le ragioni di una pacifica convivenza tra i popoli rivieraschi del Bacino.

Lazzaret


cimitarre

etto di Sant’Elia, Cagliari


P

ICCOLI APPRODI CRESC E IL TERMINAL CROCIERE...


VIA MARE INCONTRA IL DIRETTORE MARITTIMO DELLA CAPITANERIA DI PORTO

CONO G

iunto alla Capitaneria di Porto cagliaritana nel 2009 come nuovo Direttore Marittimo, il comandante Giuseppe Mastroianni si fa portavoce per Via Mare di una fase di cambiamenti in merito ad uno dei settori cardine dello sviluppo regionale sia in prospettiva commerciale, che turistica. Di quali cambiamenti è stato testimone nell’ultimo? Tra gli aspetti che ho potuto curare in prima persona a Cagliari c’è stato il perfezionamento e il trasferimento di pratiche demaniali dalla Regione ai Comuni: prima, infatti, la Regione aveva le competenze amministrative e gestionali che ora spetteranno ai Comuni. Diciamo che è stato perfezionato questo passaggio. Ormai quasi tutti i Comuni sono in grado di gestire tutte le concessioni ma purtroppo è presente ancora qualche problema in merito a questi trasferimenti di competenze, perché nonostante tutti i corsi di formazione cui abbiamo partecipato noi stesi attivamente per preparare nuove figure professionali, i Comuni non hanno ancora raggiunto la totale autonomia e questo decentramento dei poteri non è ancora andato del tutto a buon fine. Ci sono stati dei cambiamenti anche riguardo al porto di Arbatax. Sì, anche in questo caso è avvenuto un trasferimento delle competenze amministrative, però dallo Stato alla Regione. Al momento solo Portovesme, Oristano e Cagliari sono competenza dello Stato, gli altri in quella regionale. Soprattutto per il porto di Arbatax, c’è in progetto di inserirlo nella gestione portuale di Cagliari, per unirli nel medesimo ambito portuale: il vantaggio sarà quello di aver un unico centro decisionale, e poter individuare e valorizzare le specializzazioni. Sulla carta si tratta di un intendimento lodevole, ma nel concreto il timore dei porti piccoli è sempre quello di essere fagocitati dai maggiori. E in merito al porto di Cagliari? Cagliari sta conoscendo un ottimo trand per quel che riguarda i container. Soprattutto dopo un anno cruciale come il 2008, il Porto Canale ha conosciuto una grande crescita. Nel caso del porto storico è da poco che sta agendo anche l’area dei terminal crociere, bisogna ancora vedere quali saranno gli sviluppi futuri. Sarebbe necessario, infatti, avere una parte destinata al porto storico e una per i passeggeri. Ma ci vogliono infrastrutture come dragaggi, fondali più profondi per le navi da crociera, e questo richiederà ancora dei mesi affinché il traffico crocieristico possa avere più spazio. C’è inoltre un progetto per il nuovo Molo Sabaudo, una nuova banchina passeggerei che possa offrire nuovi e migliori servizi ai passeggeri che sceglieranno Cagliari per andare a Civitavecchia. Con la privatizzazione della Tirrenia, infatti, si spera che il numero di questi passeggeri nel confronto con Olbia possa vivere un incremento.

Finora il primato lo ha sempre detenuto il porto olbiese per via della minore distanza, i migliori servizi, la presenza di navi più veloci. Quest’inversione di tendenza sarebbe necessaria dal momento che Cagliari è pur sempre il capoluogo e il permettere ai passeggeri di non viaggiare fino ad Olbia avrebbe varie ricadute ambientali, oltre che di dispendio economico. Anche intorno alla diportistica si stanno realizzando progetti e cambiamenti di varia natura. Sì soprattutto intorno a porti come Su Siccu, Marina di Sant’Elia, Capitana, Perd’e Sali: si sta cercando consentire che questi piccoli approdi turistici possano far fronte al gran numero di richieste estive. Anche Arbatax, il Porto Corallo, Villasimius rappresentano realtà importanti, attualmente in sviluppo, strutture di pregio da portare a termine. Quella di Sant’Antioco sta avviando questa crescita per la diportistica e i pescherecci, mentre nel caso di Buggerru si sono riscontrate varie difficoltà con i fondali e c’è da lavorare al livello delle infrastrutture. Qual è la situazione lasciata all’indomani del polverone per i parchi eolici? Da un punto di vista amministrativo c’è una richiesta in termini di tempo (15 anni) per cui la competenza chiamata in causa è quella ministeriale. Noi abbiamo costituito e costituiamo solo un tramite, senza alcuna competenza diretta. È fatto notorio che la Trevi Energy abbia rinunciato e, attualmente, non ci sono altre istanze. Si aspetta una presa globale da parte del Ministero davanti alla decisione delle Regione che ha espresso posizione sfavorevole riguardo ai parchi eolici. Spetta al Ministero ora stabilire se ci siano gli estremi per far valere questo diritto e gli ultimi retroscena lasciano intendere che è necessaria ancora cautela. Spesso ci siamo soffermati sul concetto di “riappropriazione” del suo water front da parte di Cagliari. Quali sono a suo avviso le prospettive in merito? Con il nuovo Piano regolatore, l’intesa con il Comune ha chiaramente individuato uno dei principali luoghi di sviluppo nel water front. Già da anni la città si sta riappropriando del porto, prima volto al solo scopo commerciale. Sta pian piano diventando sempre più vivibile e apprezzabile anche sul piano turistico, mentre le attività commerciali si stanno spostando nel Porto Canale. Anche Ancona, Brindisi, Civitavecchia stanno seguendo questa linea col porto storico. Certo, il problema, per ora, resta quello di spostare completamente nel Porto Canale queste attività per non portare un declino sul piano industriale e commerciale, che al momento costituiscono i punti di forza del porto. Tuttavia, vista la presenza di accordo da parte di tutti, le prospettive per questa riappropriazione direi che sono buone.

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M di classe

O D A

in riva al mare Si chiama “Miss Yacht Club - International Luxury Beauty Contest”, ed è il concorso di bellezza più esclusivo d’Europa. Una versione estiva, più intrigante e moderna dei ben più noti concorsi, pensato per chi non vuole fare a meno della moda anche nei mesi caldi, sorseggiando un cocktail a bordo del suo yacht o passeggiando nel porticciolo più vicino. Nato nel 2002, e supportato dai migliori cantieri nautici, yacht club e porti turistici, offre la possibilità a tante ragazze di sfilare, promuovendo allo stesso tempo la cultura nautica e delle strutture ricettive attorno al mare, in Italia e in Europa. S.A.


I giovani si avvicinano al porto Si può definire un laboratorio a cielo aperto: è il progetto Portolab, un’idea nata a La Spezia nel 2005, che in questi anni ha già coinvolto più di 20 mila studenti e che oggi è “approdato” anche presso il porto cagliaritano. I primi studenti ad essere stati coinvolti provengono dalla scuola elementare Direzione Didattica 1° Circolo di Assemini che insieme con Paolo Fadda, Domenico Bagalà, Antonio Musso e Antonella Stefanelli hanno inaugurato la NaveBus, uno scuolabus particolare, ricco di immagini del porto all’interno e opportunamente attrezzato per farsi aula itinerante nel tragitto tra la scuola e il porto e nel porto stesso. Una giornata di studio indubbiamente alternativa, volta a far comprendere i fenomeno del porto, le sue attività e professionalità, ma soprattutto il suo legame con la città e con il territorio.

Tutto il benessere del mare È giunta alla sua 41^ edizione la Fiera Primavera di Genova, interamente dedicata al divertimento per tutti i gusti, dallo sport agli show all’intrattenimento. Con oltre 800 marchi rappresentati i visitatori hanno potuto trovare espositori di tutto ciò che riguarda la casa, il verde, l’enogastronomia e i motori. Ma soprattutto in primo piano due ambiti: nella zona “Take a wave” è stato possibile trovare oltre una cinquantina di barche esposte nella banchina, e destinare al pubblico tutta un’area interattiva dove, con

prove sul mare, uscite in canoa, Kayak, pedalò, pattini, moto d’acqua, corsi di salvataggio e incontri è stato possibile far conoscere ad un pubblico più ampio, e soprattutto giovanile, il settore. Altrettanto apprezzata è stata la zona Ego, interamente dedicata alla persona: dalle proposte turistiche a benessere e bellezza, allo shopping di qualità, per arrivare fino all’artigianato italiano ed etnico, all’angolo dei sapori e dei profumi. Non sono mancati i banconi d’assaggio e la vendita diretta dallo stesso peschereccio, e per chi l’ha richiesto, anche qualche esperienza di pescaturismo a bordo del peschereccio abilitato.

Concessioni demaniali e stabilimenti balneari Le spiagge sarde sono all’ultimo posto in Italia nella classifica dei rendimenti delle concessioni demaniali. Ai primi posti, naturalmente, le spiagge di Rimini e Riccione. Mentre la media nazionale è di un rendimento di 16, 6 euro al metro, in Sardegna è di 3, 4 euro, contro gli 87,9 delle coste emiliane. Questo quanto riscuotono le coste di demanio marittimo. Le cause? La minore presenza di stabilimenti balneari o porti turistici. A fare il calcolo è stata la Corte dei Conti sulla base dei dati dell’Agenzia del Demanio. Ma secondo il presidente regionale del Sindacato italiano balneari, questi dati non penalizzano l’isola poiché, sebbene «il rapporto spiaggia libera e quella con servizi sia nettamente in favore della prima, non dobbiamo puntare al basso rendimento della spiaggia ma all’indotto che gravita intorno». Ad aumentare le entrate sarebbe forse un miglioramento dei servizi offerti dalle aziende che già gestiscono il demanio, stando a quanto suggerisce ancora Bertolotti.

Bus notturno per il Poetto Una proposta che proviene dall’opposizione ma che trova pieno appoggio anche tra la maggioranza è quella di istituire delle corse notturne dal Poetto fino a Piazza Matteotti per i mesi estivi. Numerosi i vantaggi che ne deriverebbero, non solo per i turisti che alloggiano nel centro storico, ma anche per i cagliaritani stessi che così non dovrebbero più ricorrere ai mezzi privati, limitando anche il traffico notturno e tutti i problemi legati al consumo di alcool. Diverse, al contempo, le perplessità da parte del Ctm, l’azienda responsabile del trasporto pubblico a Cagliari, che non solo evidenzia come nelle altre città d’Italia le corse notturne prevedano anche la presenza di poliziotti a bordo, ma sottolinea soprattutto come anche l’aspetto economico abbia un certo rilievo dal momento che difficilmente qualcuno comprerà dei biglietti a tarda notte.

A Calasetta un traghetto nuovo di zecca Si chiama “Enzo D”, può imbarcare circa 80 auto, ha un sistema di propulsione molto maneggevole, appena 5 anni di vita e sarà il nuovo traghetto sulla linea di Calasetta. La motonave rappresenta il fiore all’occhiello della compagnia di navigazione Delcomar, è stata costruita in Grecia con un ponte lungo circa 70 metri, con due portelloni uguali e quattro motori.


Andrea Mura

Due sole bandiere blu alla Sardegna Solo Punta Tegge e Spalmatore sono le due spiagge con bandiera blu in Sardegna, e a giudicare da questo risultato sembrerebbe che la Fee (Foundation for Environmental Education), che si occupa di assegnare il riconoscimento, non abbia ritenuto le nostre sufficientemente meritevoli. I fatti, però, se osservati più da vicino, si mostrano sotto una luce diversa: solo cinque sono, infatti, i comuni che hanno presentato la domanda, e uno è stato scartato per insufficienza di documentazione, gli altri due per scarsità di requisiti. Non basta un mare cristallino per aggiudicarsi il titolo. Tra i criteri spiccano anche i servizi e la gestione ambientale. La domanda allora è: perché così scarso interesse per il riconoscimento Fee? Forse che i comuni sardi non ritengono di aver bisogno di alcuna legittimazione perché le nostre coste parlano già da sé? Probabile. Ma, come commenta anche Augusto Navone, direttore dell’Area Marina protetta di Tavolara «un turismo moderno e all’altezza dei tempi trae sicuro vantaggio dalle certificazioni di qualità che in determinati mercati viene apprezzata e accresce il valore del territorio e cullarsi sulla convinzione che il nostro mare sia il migliore è sbagliato». In netta controtendenza il settore portuale, dove ben tredici comuni hanno ottenuto il riconoscimento collocando la Sardegna al terzo posto in Italia. La ragione sta nel fatto che a presentare la domanda in questi casi non sono i comuni ma le società che gestiscono i porti, che forse di queste certificazioni riconoscono maggiormente l’importanza.

A LA MADDALENA LO YACHT CLUB PORTO TORRES Sempre più intensa l’attività svolta dall’Associazione Yacht Club di Porto Torres nell’ambito della vela solidale. Al centro dell’attenzione è ora la rivalutazione del diporto per il più ampio pubblico attraverso un nuovo evento velico denominato “Trofeo Bastianini”. Sul magnifico scenario della Maddalena, la regata ha, infatti, il fine di sensibilizzare soprattutto le istituzioni nella realizzazione di spazi adeguati anche per le imbarcazioni dei diversamente abili, in modo da far divenire realtà anche nella nostra isola quello che nel resto della nazione è già prassi. Tra gli altri intenti quello di promuovere l’abbattimento delle barriere architettoniche in mare, sensibilizzare le Amministrazioni per uno spazio di approdo anche per le barche che trasportano diversamente abili lungo le coste del Paese, ma anche per anziani, donne in gravidanza, e tutti coloro che possono avere difficoltà motorie. La vela, così intesa, cessa di essere un semplice sport agonistico ma restituendo a tutti il diritto di un momento di svago, di una vacanza vissuta serenamente e senza ostacoli di sorta, si fa portavoce di profondi valori educativi. Senza considerare il grande apporto che questi cambiamenti darebbero alla promozione in chiave turistica della nostra regione, sia sul piano ricreativo, sia su quello sportivo , oltre che in termini di occupazione ed economia.

Poetto: missione spiaggia pulita Il litorale cagliaritano per la stagione estiva 2010 ospiterà turisti e non nella sua veste migliore: pulito e bonificato, così promette l’assessore Gianni Giagoni. Completato l’intervento a Giorgino e a Calamosca, in occasione della Festa di Sant’Efisio, ora si passa all’intero arenile del Poetto, da Marina Piccola all’ospedale Marino. Una pulitura profonda: prima sono spariti i rifiuti invernali, poi le erbacce e ora si provvede alla rastrellatura e grigliatura della sabbia. Saranno sistemate, inoltre, lungo tutta la spiaggia delle isole ecologiche (circa settanta), composte da quattro scomparti, per la raccolta differenziata di umido, vetro, carta e scarti indifferenziati, che verranno svuotati ogni giorno con un servizio che inizierà alle 4 del mattino per terminare alle 10 di notte. La collaborazione dei bagnanti rimane però di fondamentale importanza.


PIÙ SICUREZZA IN MARE GRAZIE AI VIGILI DEL FUOCO

CAMPIONI

DI SALVAMENTO

È

giunto alla 23ª edizione il Campionato italiano di nuoto per salvamento dei Vigili del fuoco, e anche quest’anno, dopo l’edizione del 2002, l’evento si è tenuto a Cagliari, presso la piscina di Terramaini. «L’anno scorso la proposta è arrivata da chi era già stato qui nel 2002. Era stato un evento particolarmente apprezzato, soprattutto per la qualità organizzativa e naturalmente per la splendida location che è la città», commenta il Comandante Salvatore Spanò, principale organizzatore della manifestazione. Tre giorni intensi, perciò, in cui ben 220 partecipanti - che con il seguito di familiari e accompagnatori sono diventati un gruppo di più di 400 persone – hanno potuto gustare questo momento prima di tutto sportivo, ma anche di scambio culturale con la nostra terra. L’inaugurazione, cui ha assistito anche il prefetto di Cagliari, Giovanni Balsamo, ha lasciato subito spazio alle prime gare, quella dei 100 metri e la staffetta 4x50 metri, entrambe con sottopassaggi. «La peculiarità del nuoto per salvamento è naturalmente l’utilizzo costante di un manichino con il quale ci si deve allenare a gareggiare nell’adeguata posizione – spiega il comandante –. Il solo modo per impedire il soffocamento a chi sta per annegare è quello di reggerlo tenendo il collo disteso, affinché non ingoi la lingua piegandosi su se stesso, verso il proprio petto».

Sin dall’esordio la squadra sarda si è posizionata tra i primi posti arrivando a classificarsi come terza sul podio finale. «Anche quest’anno ad avere il punteggio più elevato è stata la squadra piemontese, per il terzo anno consecutivo, non solo perché possono contare su un elevato numero di volontari che portano anche alle gare, ma soprattutto grazie a una ragazza di appena 23 anni che è stata convocata in nazionale per le Olimpiadi» aggiunge sorridendo Spanò, che sottolinea anche la grande fatica e il sacrificio che sin dal mese di ottobre ha impegnato i ragazzi negli allenamenti per poter ottenere questi risultati. «I vigili del nostro comando si allenano a Quartu, tre giorni alla settimana, seguiti dall’istruttore Marcello Pettinau. Non potrebbero certo sostenere queste gare se dietro non ci fossero costanza e sacrifici. L’efficacia nell’attività di soccorso deriva oltre che dalla tecnologia dei mezzi e delle attrezzature in dotazione, anche dal possesso di qualità psico-fisiche specifiche quali la forza, la resistenza, l’agilità, la velocità e l’autocontrollo, integrate dal coraggio, lo spirito di sacrificio, l’abnegazione». Dopo le gare, ci son stati due giorni che più di tutti hanno rappresentato un momento di ritrovo e di unione sul piano sociale e culturale, perché si è potuto approfittare di un clima favorevole per spostarsi nei momenti di riposo verso la spiaggia del Poetto. «La Regione, la Provincia

e il Comune, che hanno offerto il loro patrocinio all’evento, ci tenevano che questo fosse anche un momento di promozione della città e dell’isola, e non sono mancate le piacevoli parentesi per apprezzare prodotti tipici isolani, dai cibi all’artigianato e produzioni musicali», afferma Spanò. La scelta dei simboli delle premiazioni risulta significativa: ad ogni vincitore è stata consegnata la medaglia con i simboli della manifestazione - i quattro mori che nuotano e sotto, con la forma dell’onda del mare la bandiera italiana - mentre ad ogni comando provinciale è stato donato il bronzetto del Capotribù della Sardegna nuragica, emblema della volontà di fare di questo evento un’occasione di scambio e di conoscenza dei nostri tesori. «Inutile sottolineare l’ampio apprezzamento manifestato per l’organizzazione e per l’ospitalità che ci contraddistingue. Abbiamo volutamente colto l’occasione per portare il gruppo in giro per la città, abbiamo voluto far conoscere i luoghi più suggestivi e far gustare i prodotti d’eccellenza, e non escludo che qualcuno abbia già iniziato a prenotarsi le vacanze. D’altronde – conclude il Spanò – il turismo è una fonte inesauribile di ricchezza ed è soprattutto attraverso questi momenti di riunione a livello nazionale che possiamo distinguerci dalla scelta di qualsiasi altra città italiana, per i tratti che caratterizzano tanto la terra quanto il popolo sardo».


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LA CALETTA DI S

NEL CUORE S

toria, cultura, tradizioni, turismo. Da tutto questo e molto altro nasce Salvatore Sirigu. Il portiere sardo di ventitré anni, che veste la maglia rosanero del Palermo, affonda le sue radici a Siniscola. La cittadina della costa Nordorientale sarda, a 55 km da Olbia, segna profondamente il carattere del calciatore. Da isolano ha il cuore, i valori saldi e il rispetto per le persone. Siniscola, con gli oltre dodicimila abitanti è il secondo centro per importanza e popolamento della provincia di Nuoro, ma è anche il luogo dove Salvatore Sirigu riversa i suoi pensieri e le sue emozioni come un vero e proprio diario di bordo. Anzi, un diario personale. Una storia a episodi, di cui la famiglia è il perno, che interessa il mondo delle giovanili nel Posada e nel Siniscola e nella scuola calcio “Puri e Forti” di Nuoro, il campo da gioco de “La solitudine”, l’oratorio della chiesa della Madonna di Fatima, fino all’esordio in serie A con il Palermo e che copre un lungo arco di anni e arriva al presente. Una storia nata dalla volontà di riuscire e di affermarsi, di voler dire “sì” alle circostanze, di scegliere di reagire alla realtà e da un periodo di riconoscimenti che gli sono valsi il soprannome di “Walterino” (in onore di Walter Zenga, l’allenatore che lo ha fatto esordire nella massima serie). Un nomignolo, sicuramente impegnativo, che gli è rimasto nel prosieguo della carriera, soprattutto per sottolineare la somiglianza caratteriale con il portiere intorno al quale, con tenacia e intelligenza, sta costruendo la sua storia: un uomo e un pallone silenziosamente abbracciati verso un futuro da portiere tra i più promettenti e sullo sfondo le scogliere rocciose, il mare cristallino e le lunghe spiagge sabbiose tipiche della Sardegna. Il binomio bravo calciatore-Sardegna, del resto, è una delle liaison che raccolgono più consensi nelle società sportive. Ne si celebrano i fasti e si preannunciano le gesta che

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verranno. Un vero “fenomeno” sportivo a cui le società dedicano, da tempo, attenzione e sostegno. Perché a una lista di qualità infinite, i sardi, aggiungono una sorprendente forza di volontà e impegno invidiabili.Buon per la Sardegna che godrà di maggiore attenzione della stampa e degli altri media. E che la porteranno sotto gli occhi del mondo intero. Come il portiere specifica nell’intervista, ama profondamente la Sardegna. Sapori, profumi, colori, musiche, istantanee di felicità pulsano nella sua mente. Rimane, nel tempo, la sua valvola di sfogo preferita da tensioni, impegni e responsabilità, dove misura l’amicizia e la lealtà nella vita, ma è anche la sua meta preferita per le vacanze Natalizie ed estive. Un “fil rouge” che lo riporta a casa non appena è possibile. «Siniscola è un paese tranquillo, di bellezza straordinaria. Mi appassiona il suo mare e mi diverte girare in bicicletta da una spiaggia all’altra o per le vie del centro». Un territorio piuttosto vario dominato dal Monte Albo, ai piedi del quale si sviluppa il centro abitato, rivolto verso il mare e incastonato in una splendida cornice di colline ortive e valli fluviali. «Per me è un onore presentare Siniscola a chi non la conosce e magari vuole visitarla o soggiornarvi. È il luogo giusto per chi è a caccia di un paradiso - dice Sirigu -, qui sarà accolto da un ambiente e un territorio a misura d’uomo, ricco di storia e tradizioni popolari, prodotti tipici agro-alimentari ed artigianali». È un piccolo angolo di natura e di casa che si rivela essere il più duro, il più complicato, il più difficile da cui allontanarsi. «Qui io non sono Salvatore Sirigu, il portiere di serie A, ma sono semplicemente Tore. Quello che tutti conoscono da una vita, che fa quattro passi in centro, che va al bar con gli amici, che ama pescare con i fratelli, che


ESCLUSIVA INCONTRO CON SALVATORE SIRIGU PORTIERE DELLA NAZIONALE DI CALCIO

CAPO COMINO è la frazione marina più a Enrico Locci

SINISCOLA si rifugia nella sua villa de La Caletta, che mangia le seadas». Man mano che si avvicinava il successo lavorativo, la vita da queste parti si allontanava sempre di più, dice lui. Ma le annate erano talmente ricche di impegni e conferme da non potersi tirare indietro nel proseguire su questa linea. Prima titolare nella Primavera, poi in Coppa Italia contro la Sampdoria, in Coppa Uefa contro il Fenerbahçe, e infine l’esordio in serie A nei difficili scontri con la Lazio e la Juventus, dove disputa peraltro ottime partite. Dall’età di 15 anni, da quando è andato via da Siniscola, Salvatore Sirigu non si è mai fermato. Presentandosi all’appuntamento della vita carico di molte speranze e buoni propositi. Con la convinzione di chi, tra le mani, ha un poker d’assi da giocare. È stato necessario anteporre la professione al contesto familiare, con tutto ciò che essa ha comportato: le necessità, gli obblighi, la battaglia da condurre per riuscire a sopravvivere in un ambito fortemente competitivo, in cui anche la minima distrazione rischia di trasformarsi in una caduta definitiva. Ma Salvatore, nonostante l’iter normale di crescita di qualunque giocatore, ha sempre fatto di tutto per meritarsi quel soprannome, che era quasi un’investitura. Fondamentale, da sempre, la presenza della famiglia da cui riceve un esplicito appoggio nel suo cammino: «Se non fossimo stati così solidali, così complementari l’uno con l’altro, penso che non potrei avere alle spalle tanti successi e tanti riconoscimenti». Sirigu, infatti, con sole ventitré primavere all’attivo, ha raggiunto risultati importanti con

un cartellone ricco di presenze in diverse squadre. Ha di recente firmato col Palermo fino al 30 giugno 2014, una blindatura garantita dalla sua affidabilità, i buoni riflessi, la freddezza e la sicurezza tra i pali. Un vero protagonista della serie A 2009/2010, capace di attirare l’attenzione del Commissario Tecnico della Nazionale, Marcello Lippi, che lo ha convocato a febbraio e inserito tra i quattro portieri della prima lista per il Mondiale. Un periodo d’oro per il portiere sardo, con risultati sempre più positivi, se non eccezionali, e un continuo spuntare di nuove proposte e sonore offerte. Un’ascesa che ha ottenuto anche la benedizione della Sardegna tutta, seppur qui si attenda il gradito ritorno del nostro pupillo. In un modo o nell’altro, l’idea di ritornare aleggia nei suoi pensieri: «Come tutti i sardi ho la Sardegna nel cuore. La sua autenticità, la sua natura e i suoi ritmi pigri. Davanti agli occhi solo un susseguirsi di golfi, pareti scoscese, spiagge e calette di sabbia bianca. Ma a Palermo, tra arte e ospitalità, posso dire di star bene. Inoltre, devo molto a questa società che ha davvero creduto in me, direi ciecamente. I risultati sono venuti di conseguenza». La società di viale del Fante, infatti, ha dimostrato di voler puntare forte sul giovane portiere sardo che, sin dalla prima apparizione, ha stupito tutti per personalità, tranquillità d’animo nonché grande serietà e testa sulle spalle. E che, col suo appeal, ha già stuoli di fan in tutta Italia. C’è sicuramente tanta Sardegna in questi buoni risultati. E, ne siamo certi, anche nei futuri progetti.

Sud di Siniscola, raggiungibile percorrendo la S.S. 125. La spiaggia è situata nelle vicinanze del centro abitato. La sabbia bianchissima e fine, il colore turchese del mare cristallino, i bassi cespugli di ginepro e il grande complesso di dune disegnano un paesaggio di rara bellezza, pluripremiato con vari riconoscimenti ambientali. La zona di Capo Comino, inoltre, è molto conosciuta perché è stata una delle location di alcuni celebri film come “Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto” di Lina Wertmuller e “Black Stallion” di Carol Ballard.

La borgata di SANTA LUCIA, fondata

dai pescatori provenienti dall’isola di Ponza, si trova nel territorio costiero di Siniscola. Si è sviluppata intorno alla celebre torre aragonese ed è, col suo agglomerato di case e i diversi campeggi insediati nelle pinete, il centro turistico più conosciuto della zona. Tra i luoghi più interessanti, oltre alla pineta lussureggiante degli Scogli Rossi, la Spiaggia dei Confetti, chiamata così per la presenza di tanti sassolini immacolati che sembrano, appunto, dei confetti. Da visitare anche il villaggio dei pescatori dove capita di scorgere tuttora pescatori intenti a cucire le loro reti, abbellire le barche o sfoderare le tecniche più antiche di conservazione del pesce.

LA CALETTA, da molti siniscolesi chiamata

semplicemente la “Marina”, è la principale frazione costiera di Siniscola. Collocata in posizione strategica tra Olbia e le più incontaminate zone della Sardegna centro-orientale, si è affermata, con i suoi complessi alberghieri, servizi turistici di ristorazione e di intrattenimento oltre che con una splendida e lunghissima spiaggia di sottile sabbia bianca, come centro turistico di notevole importanza nonché come porto peschereccio e turistico tra i più attivi della Costa.


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PORTFOLIO PESCE LUNA, photo Enrico Spanu


Mensile di portualità, spiagge, sport, trasporti, viaggi e cultura mediterranea mediterranea ®

Anno VI N.21 2010 - Spedizione in Abb. Post. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 • C/C post. n. I7233099

Mensile di portualità, spiagge, sport, trasporti, viaggi e cultura mediterranea

€ 2,00

In redazione Simone Ariu, Claudia Cao, Antonella Solinas, Michela Sorgia

Sardegna mai vista così

Redazione Grafica Maurizio Artizzu

In spiaggia

Scritti di: Giorgio Ariu, Antonello Angioni, Paolo Fadda, Carlo Cottafavi, Maria Teresa Ruta, Claudia Cao, Arianna Vacca, Laura Bonu, Simone Ariu, Lucio Deriu, Roberto Floris, Daniela Spiga.

MODA SUPER CHIC

VUITTON TROPHY RILANCIA LA MADDALENA Dio, che belle

CAGLIARI, L’OGLIASTRA E CASTELSARDO!

Direttore responsabile GIORGIO ARIU giorgioariu@tin.it Vice Direttore Antonello Angioni Editore Gia Editrice di Giorgio Ariu

N.21

Foto di copertina Stefano Gattini Azzurra

Fotografie Gia Foto, Andrea Nissardi, Stefano Gattini, Maurizio Artizzu, Enrico Spanu, Pipi Surfaction, Sarah Pinson, Furio Casini, Lucchese, Salvatore Senis, Nino Muggianu, Enrico Locci, Florence Fedroc, Andrea Mura,

Redazione e centro di produzione via Sardegna, 132 09124 - Cagliari Tel. 070.728356 - 728592 Fax 070.728214 giorgioariu@tin.it www.giacomunicazione.it Concessionaria per la pubblicità GIA Comunicazione via Sardegna, 132 09124 Cagliari Tel. 070.728592 - Fax 070.728214 STAMPA E ALLESTIMENTO Grafiche Ghiani s.s. 131 Km. 17,450 Z.I. Monastir - Cagliari info@graficheghiani.it Distribuzione Agenzia Fantini - S.P. Sestu Km 5,200 Tel. 070261535 Anno VI n. 21 – giugno 2010 Registrazione Tribunale di Cagliari n. 18/05 del 14/06/2005

Marchio N° CA2005-C000191 Depositato il 30/11/2005

giorgio ariu editore Premio Europa per l’Editoria - Pisa Premio Editore dell’Anno per l’impegno sociale e la valorizzazione della cultura sarda VIA MARE E’ MARCHIO DEPOSITATO N° CA2005C000191

© Vietata rigorosamente la riproduzione anche parziale di testi, fotografie, disegni e soluzioni creative. www.giacomunicazione.it




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