ViaMare - N. 19 ANNO VI

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Anno VI N.19 2010 - Spedizione in Abb. Post. - 45% - Art. 2 comma 20/b legge 662/96 • C/C post. n. I7233099

Mensile di portualità, spiagge, sport, trasporti, viaggi e cultura mediterranea

CASTIADAS

OSPITALITÀ IN TUTTI I SENSI

POETTO

€ 2,00

CAGLIARI

PASSIONE CITTÀ DI MARE D’INVERNO E DI ACCOGLIENZA

DONNE CHE ATTRAVERSANO I MARI

N.19



Giornale di bordo giorni l’altra cartolina ha rischiato di ingiallire anzitempo. Dopo la furia sui casotti, la ruspa avanzava minacciosa sui baretti anni 2000. Sono stati risparmiati e con loro speranza, fatiche, posti di lavoro e il rifrullo modaiolo con visi e gambe al sole lungo e la vita lenta che tanta attrazione hanno dato al nostro caro vecchio e più volte violentato Poetto.

DAI CASOTTI AI BARETTI D’inverno il mare restituisce più cose a riva. Come la memoria quando in beata solitudine è più innamorata della vita. E sulla riva dei ricordi, una, dieci, mille cartoline. Queste, poi, per nulla sgualcite ti riportano ai gradini della Via Verdi, quando eri in gara con la prima donna bella dei tuoi occhi bambini: a chi segnava più targhe d’auto, che scorrevano con le ore lente sui nostri giochi di strada. Lei, Anna certo ancora più bella e lumino-

sa di un vascello, oggi dipinge sogni su tela e ti dà amicizia su facebook, chissà per nostalgia o perché non la si rifiuta a nessuno. C’erano i casotti, allora, che si svegliavano con le grida dell’ambulante lattaio, “latte,latte!”. E già le brocche in coda al rubinetto prima delle biglie sulla pista di sabbia e della raccolta dei tappi più rari del “Recoaro”, o del rubamazzetti a giornaletti, sotto i casotti, quando il vento faceva sempre più alte le dune di sabbia. Ne è passato di tempo e della sabbia ora puoi contare i granelli. Questi

JEFF E IL PARADISO DEGLI UGUALI Ho imparato ad amare La Maddalena grazie al suo figlio nobile e irriducibile. Jeff l’ho ritrovato nella sontuosa aula consiliare del Comune di Cagliari. Gli hanno dato la Maschera quelli del Lyon e bene ha fatto il sindaco Emilio Floris a ricordare la chioma rosso Garibaldi dell’Onorato che nessuno rovescio della vita ha saputo piegare. Nella sua isola, là accanto al ponte dei rumori che ci porta a Caprera, ha insegnato coi sogni infantili il profilo dell’Eroe famoso nei due mondi. Più ambientalista di qualunque serio lobbista ha tolto dal degrado un lembo di spiaggia e ha creato il Paradiso degli Uguali. Accompagna sulla cresta delle onde chi ha gli occhi bui e tanti altri atleti straordinari che ci insegnano come essere più abili a guardare in faccia la vita con sempre maggiore curiosità I PEDONI IN PIAZZA, ALTRIMENTI VIA IN CANOTTO Le piazze, anticamente, nascevano per la socializzazione. Pensate a piazza del Popolo. L’agorà, appunto. L’uomo è stato dirottato, poi, verso i Centri Commerciali da quel mare avvelenaCarla Piroddi

Giorgio Ariu Direttore di Via Mare

to di auto che lo ha inquinato anche nello spirito. E’ esplosa così la rabbia dei giorni nostri: non si trova un parcheggio (come lo vogliamo noi…, sotto casa e appresso allo shopping), si rischia di rimanere asfaltati sulle strisce pedonali. Si corre, si corre. E con tanta rabbia. Cagliari, non ha più una piazza; un tempo ci si incontrava anche sotto i portici. Le paste della domenica, la crastulata. Appunto prima del degrado e dei gas di scarico. Si è diventati asociali, somatizzando rabbia e rancori repressi. L’uomo sempre più assimilabile alle bestie. Altro che agorà. Si torna indietro. E allora? Togliamo dalle piazze il traffico veicolare e torniamo a incontrarci. Ne va della nostra salute, ne va della qualità della vita. E’ tornato il Dibattito sulla Questione Pedonabilità. Bene, da qualunque parte provenga: giornali, parti politiche (più di una e da tempo, si badi bene), associazioni, facebook, comitati di quartiere e di negozianti. Negoziamo una pace sociale, buttando giù veti incrociati, protagonismi anche elettoralistici e bottegume. Pensiamo ad una città dell’Incontro. Altrimenti dopo lo struscio cieco nelle città commerciali e nei cinema city non ci rimarrà altro che il canotto. Per prendere il largo. Siamo o non siamo una città di mare che attende ancora la passeggiata sui legni da via Roma a S. Elia?


Angelo Liberati

I luoghi dell’amore



Giorgio Dettori

Le rocce levigate dal vento, il bianco del cisto, il verde cupo delle meravigliose foreste di lecci e ancora i numerosissimi rossi corbezzoli accompagnano il visitatore fino al mare. Il patrimonio ambientale tuttora incontaminato ha permesso a Castiadas di guadagnarsi il palmarès dei primi tre Comuni d’Italia. The rocks smoothed by the wind, the white of cistus, the deep green of wonderful woods of ilexes and many red strawberry trees follow visistors up to the sea. The environmental heritage which is still uncontaminated allowed Castiadas to win the palmarès of the first three towns of Italy.

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astiadas è la zona costiera che si estende tra Muravera e Villasimius rinomata per il susseguirsi di calette, distese sabbiose e le caratteristiche fasce di macchia mediterranea a ridosso del mare. Il comune esiste da circa un trentennio, nonostante l’antichissima storia di questo territorio: dove prima sorgevano case coloniche e ovili oggi si sostituiscono insediamenti turistici e nuovi comfort prima inesi-

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stenti che hanno fatto di questa cittadina una delle mete più consigliate per i visitatori. “Acque cristalline e ottime strutture di accoglienza, dove gli ospiti trovano garantito un buon rapporto qualità-prezzo”, recitano le pagine delle note guide turistiche, ma sarebbe davvero riduttivo chiudere in queste poche battute le ragioni di tanto apprezzamento. Nei 13 chilometri di costa di cui gode Castiadas,


Castiadas OSPITALITÀ IN TUTTI I SENSI

spiccano nomi noti come quelli dello Scoglio di Peppino, la Spiaggia di Sant’Elmo, Cala Pira e Cala Sinzias, un’area amplissima che è stata resa a misura d’uomo, completamente fruibile dai turisti, in totale sicurezza anche ambientale: innumerevoli le possibilità che la costa offre ai più desiderosi di scoprire questa fetta della nostra isola, soprattutto per coloro che sono solo di passaggio. Tra i molteplici servizi proposti dagli operatori locali troviamo

ad esempio gli itinerari del Sardinia Charter, che permettono di scegliere tra le mini crociere verso lo scoglio di Sant’Elmo, Punta Sa Calazziga e Punta S’Omini Mortu, dette le piscine, Cala Pira, Punta Is Cappuccinus, Cala Sinzias, l’Area Marina Protetta di Capo Carbonara, con tappe all’isola di Serpentara, o anche tra i minitour in open boat, passando tra le calette più affascinanti e suggestive del territorio di Castiadas, per poi giungere fino all’Isola dei

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Charming beaches and landscapes immersed into the green, where the blue of sea brushes the dazzling whiteness of airy stretches of thin sand. They mirror the beauty of nature that is born there and it will always rejoin with it. Twenty kilometers of uncontaminated coast: this is the territory of Castiadas.

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G. Molinari

Cavoli. Escursioni che permettono di conoscere questa terra non solo dalla prospettiva più suggestiva, dal mare, ma soprattutto di rendere alla portata di tutti anche le destinazioni più difficilmente raggiungibili. Rinomata è anche la varietà faunistica di questi fondali, così come la loro ricchissima flora marina: per questo una delle attività più fortunate, per i curiosi che vogliano provare l’esperienza di “immergersi” per una volta in una nuova realtà - fatta di colori e scenari che non si vedono certo tutti i giorni – è divenuta quella del “diving”. Una possibilità questa che attende anche i meno esperti grazie alla preparazione pluridecennale dei centri di immersione della costa, di cui è possibile fruire in qualsiasi periodo dell’anno. Tra le più famose vi sono le immersioni presso lo scoglio di Sant’Elmo, la secca di Santa Giusta, Capo Ferrato, ma anche quelle presso l’Isola di Serpentara e l’Isola dei Cavoli. Tuttavia non solo divertimento e relax a Castiadas sono garantiti: visto il profondo interesse anche naturalistico di queste zone, il Rei Diving Center di Sant’Elmo offre, oltre alle immersioni guidate, anche didattica per conseguimento di brevetti internazionali e corsi di apnea dei professionisti dell’immersione come il recordman Umberto Pellizzari, corsi di specializzazione, dalla fotosub alle notturne, fino ad arrivare ai corsi di biologia marina. Anche gli sport acquatici trovano in quest’atmosfera una particolare valorizzazione: non mancano, infatti, le possibilità di praticare il windsurf, sci nautico, di sperimentare le uscite i gommone, in catamarano, optimist, fino alle più comuni canoe o pedalò. Non bisogna dimenticare, infine, che tutta la parte del territorio antistante la costa nasce da un lavoro di bonifica e che, per chi ama l’acqua, la natura e le specie animali tipiche di questa parte dell’isola, risultano imperdibili anche le zone umide per la loro multiforme avifauna: tra fenicotteri, garzette, aironi e cavalieri d’Italia anche qui uno sfavillio di colori è garantito.


Castiadas OSPITALITÀ IN TUTTI I SENSI

Spiagge incantevoli e paesaggi immersi nel verde, dove l’azzurro del mare lambisce il candore abbagliante di ventilate distese di sabbia finissima, riflettendo la bellezza della natura che lì è nata e ad essa si ricongiungerà sempre. Venti chilometri di costa incontaminata: questo è il territorio di Castiadas.

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Al contempo, punto di forza per questo territorio è anche l’enorme patrimonio culturale che si accosta alle meraviglie della natura: nei dintorni è possibile trovare i ruderi punici di Monte Nai (VI-V secolo a.C.), il complesso megalitico risalente al 5000 a.C. di Cuili Piras, con i suoi cinquantatre menhir, allineati secondo le diverse posizioni astrali; vi sono anche le tombe dei giganti, il nuraghe Sa Domu de s’Orcu in prossimità di Santa Giusta e le Domus de Janas (Case delle fate), ipogei funerari risalenti al neolitico. Molto suggestiva anche l’area della vecchia Colonia Penale agricola, nata nel 1877 con il duplice obiettivo di

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far scontare la pena ai detenuti per i delitti commessi e nello stesso tempo bonificare una zona malsana e paludosa che da anni era abbandonata. Chiusa negli anni Cinquanta, lascia oggi una storia e una memoria custodita nel museo delle vecchie carceri. Non manca, infine, la montagna a completare il fascino di questa cittadina: caratterizzata dal verde cupo dei ginepri e dai numerosi corbezzoli sparsi in tutto il territorio, arrivando qui si ha l’impressione che il tempo si sia fermato, per quella sua bellezza naturale non ancora modificata dall’uomo. Le sue foreste di enormi lecci, di profumatissimi ginepri secolari, si estendono in tutta l’area fino

alla punta più elevata nella località Minniminni, raggiungibile tramite visite guidate organizzate dalla locale società Monte dei Sette Fratelli, in mountain bike a piedi o in jeep, da cui è possibile vedere l’intero territorio di Castiadas. La Montagna di Castiadas rappresenta, inoltre, un territorio fruibile dal punto di vista turistico sia per l’escursionismo che per lo sport, come l’arrampicata sulle favolose rocce granitiche che si ergono maestose mostrando un panorama mozzafiato come se fossero delle “vedette” da cui deriva, appunto, il nome a Castiadas. Le numerose sorgenti e i vari ruscelli presenti in queste montagne fanno da corollario ad


Castiadas OSPITALITÀ IN TUTTI I SENSI

Ospitalità Agritur * 070-9949244

Sardinia Charter www.sardiniacharter.it

Hotel S’Obreschida ** 070-995038

Coop. Monte dei Sette Fratelli www.montesettefratelli.com

Sant’Elom Beach Hotel **** 070-995161

Aviosuperficie Antica Sardegna 338 3802577

IGV Club Santa Giusta **** 070-99099

Diving Center All Dive www.reidiving.com

Hotel Is Ortixeddus *** 070-991165

Maracaibo Rent a car 380-5286398

Spiagge San Pietro Resort **** 070-995930 I Menhirs *** 070-9949272

Servizi(alla balneazione) Servizi alla balneazione

Dolce Sogno (Loc San Pietro) Il Galeotto (Loc. Cala Pira)

Rio Perdosu * 3385919543

Maklas (Loc. Cala Marina)

Garden Beach Hotel **** 070-995037

Tamatete (Loc. Cala Sinzias)

Hotel La Villa del Re ***** prossim apertura Alma Resort **** 070-9949167 Villas Hotel e Resort **** 070-991458 Limone Beach Village Resort *** 070-995006 Rent-room Rosanna III^ 070-9947158 Rent-room Soleluna II^ 3392666019 un territorio completo e ancora ricco di risorse e fruibile in tutti i periodi dell’anno. Insomma si direbbe che ce ne sia per tutti i gusti e per tutte le età, per chi ama lo sport o il relax, la cultura o il divertimento, il mare o la montagna, quella di Castiadas si conferma a livello mondiale un’area imperdibile e tutta da scoprire

Servizi turistici

Produzioni locali Cantina Sociale Castiadas Oleificio F.lli Fanni Panificio Su Civraxiu Pasticceria Il Mandorlo in fiore Caseificio Codonesu

Il Tarocco (Loc. Santa Giusta) Da Zio Pino (Loc. Cala Sinzias) Sa Carapigna (Loc. Monte Turno)

Agriturismo Bettoli Maria Paola 070-995013 Cesarò 070-9947050 Minni Minni 070-9947039 La Rosa dei Venti 070-995071 Gli Ulivi 070-995027 Bosco Antonio 070-9949145 Piga Antonella 070-981125

Bed&Breakfast

Sa Mandria 070-9947026

La Conchiglia 070-995932

Camboni 070-9949152

Funtana Rosa 070-9947095

Is Laccus 070-995036

Costa del Sole 070-841417

La Sorgente 070-9949108


I PRIMI PASSI DELLA PRIVATIZZAZIONE DELLA TIRRENIA, QUELLI DI PORTO CERVO E DEL FRONTE MARE DI VIA ROMA NEI RICORDI DI UN EX MINISTRO DELLA MARINA MERCANTILE

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uando lui divenne Ministro della Marina Mercantile io non ero ancora nata…: Ariuccio Carta, l’artefice del fortunato piano triennale sotto il Governo Craxi, si racconta oggi in quell’esperienza che ha segnato una delle tappe più importanti della rinascita di un settore che oggi ricopre tanto peso nell’economia di tutta la nazione. Che cosa ha significato per lei essere Ministro della Marina Mercantile ventisei anni fa? Ha significato innanzitutto occuparmi di un aspetto della politica e dell’economia italiana che interessa l’intera penisola, vista la sua configurazione che con i suoi ottomila chilometri di costa le conferisce una proiezione prevalentemente marittima. Ha significato anche inserirmi in una fetta importante della storia italiana vista la lunga tradizione marinara che possediamo: la nostra stessa bandiera porta gli emblemi delle quattro città marinare che hanno goduto di una fama mondiale. Quale era la situazione italiana quando lei è diventato ministro?

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I SPIEGO PERCHÉ DA I

Nel 1983, purtroppo, tutto il settore era in crisi e non si era adeguata la via dell’economia e del turismo. Tutti i settori dell’economia marittima erano in crisi, a cominciare dai porti, settore fondamentale: Genova ne era l’emblema, e siamo partiti da lì, in quanto considerata la capitale del mare. Si è affrontato il problema con coraggio, anche perché nel mese del mio giuramento ricorreva il Salone Nautico e si dimostrò in quell’occasione come insieme ai porti fossero in crisi anche la flotta, i cantieri navali, ali portanti della Marina. Affrontammo subito la questione stabilendo nuove discipline dei porti, restituendo autorità ai singoli siti, vennero avviati nuovi lavori per favorire l’operatività di queste

strutture: erano necessarie nuove costruzioni per gli scali perché eravamo superati anche tecnologicamente dal resto d’Europa. Perciò era necessario modificare completamente l’impostazione e la gestione delle risorse italiane? Sì, è così. Fino a quel momento - e in parte ancora oggi – l’errore economico di fondo era stato privilegiare il trasporto su strada, ignorando quello più efficiente e rispettoso della natura che è quello marittimo. Noi abbiamo due grandi autostrade, il Tirreno e l’Adriatico. Rimaneva poi il terzo aspetto da affrontare, sebbene apparentemente soluto dalle problematiche della marina mercantile: quello dei cantieri navali.


Ariuccio Carta

A ISOLANI SIAMO FORTUNATI Oggi i cantieri navali italiani, infatti, producono navi per tutto il mondo, oltre le imbarcazioni da diporto. Ma mentre buona parte di queste questioni ha trovato soluzione, qualcuna rimane ancora aperta. È il caso, ad esempio, della continuità territoriale nei trasporti marittimi. Cosa pensa a tal proposito? In Italia i trasporti marittimi sono sviluppati bene nei piccoli tratti: si pensi ad Amalfi, Ischia, Capri. Quello per eccellenza resta però il raccordo tra Penisola e Sardegna. Per risolvere il problema si è pensato di creare una società pubblica totalmente finanziata dallo Stato che avrebbe assolto questo compito. Quando io arrivai al ministero affrontai subito il problema della

Tirrenia perché si trattava di una società di esosi, incapaci, improduttivi che usavano la Sardegna come strumento di ricatto: facevano scioperi solo quando noi dovevamo esportare. Iniziai i discorso della privatizzazione perché il mare è il campo della concorrenza in cui chi è bravo si afferma e chi non lo è affonda. Aveva già proposto una completa privatizzazione venticinque anni fa? Chi c’era a sostenere quest’idea? Suggerivo che, se non si poteva arrivare a una completa privatizzazione, la Tirrenia venisse finanziata solo in parte. Quando portai avanti questa battaglia rimasi solo, e soltanto ora si sta riprendendo il discorso. La pecca di quella società è sempre stata che

anziché investire nei miglioramenti e nei trasporti, abbiano preferito assumere più personale. Diventerà molto più efficiente se come le altre attività farà un corso armatori, una selezione e verrà tenuta sotto controllo. Fino ad ora non ha fatto che procurare alla Sardegna una perdita in termini culturali e di scambio davvero invalutabile. Stilando un bilancio, quali sono stati i risultati ottenuti grazie al piano triennale realizzato in quegli anni e quale l’eredità lasciataci? Indubbiamente il miglioramento dei porti e del loro funzionamento sono il dato più tangibile. Ma non bisogna dimenticare la crescita della flotta e dei cantieri navali: le più belle navi

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da crociera che oggi solcano gli oceani di tutto il mondo provengono proprio dalla produzione italiana. E in merito alla Sardegna? La prospettiva per la Sardegna è quella di fare della sua posizione di isolamento la nostra fortuna: siamo l’isola del Mediterraneo con più elevato valore turistico visto il rapporto tra lunghezza delle nostre coste, superficie delle nostre terre e densità della popolazione. Dovremmo però essere più preparati, con flotte libere, armatori concorrenziali. Abbiamo iniziato a sfruttare solo una minima percentuale di ciò che possediamo. Ora, per esempio, sta crescendo la flotta sportiva, il diporto, stiamo diventando un approdo sempre più ricercato.

Sarebbe necessario avere più consapevolezza di ciò che possediamo e fare i conti con le nostra risorse: il mare, il clima, la bellezza e il nostro sviluppo equilibrato. Ho avuto l’onore di firmare da segretario l’approvazione del Ministro per la nascita di Porto Cervo: non si è trattato, come molti pensano, di un regalo all’Aga Khan, ma anche alla Sardegna perché tecnicamente, per lo sport, Porto Cervo è il più bello del Mediterraneo, costruito dai migliori architetti marittimi del mondo. Anche l’area portuale di Cagliari sta crescendo sotto ogni punto di vista. Tutti i cambiamenti del porto e di via Roma in parte ho contribuito a pianificarli. Sono tutte modifiche indispen-

“Sarebbe necessario avere più consapevolezza di ciò che possediamo e fare i conti con le nostra risorse: il mare, il clima, la bellezza e il nostro sviluppo equilibrato.”

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sabili, che non significano un’alterazione del paesaggio, perché i turisti vengono per il mare e il mare resta la nostra principale risorsa. Forse non saremo adeguati allo sviluppo che ci attende sul piano del numero di abitanti, ma le risorse che possediamo sono il migliore punto di partenza. Perché si arrivi a una piena consapevolezza dovremmo, però, formarci anche sul piano culturale: siamo strani isolani, con una mentalità da terragni. Non abbiamo mai coltivato per davvero una mentalità marittima.


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Daniela Zedda

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INCONTRO CON UN GRANDE VIAGGIATORE DI ORIGINE YEMENITA CHE HA SPOSATO UNA SARDA E INSEGUE LA FELICITÀ INTELLETTUALE

riginario della Tunisia e da tempo residente in Sardegna, terra del suo “matrimonio culturale”, Radhouan Ben Amara è da anni, nella sua attività universitaria e politica, impegnato sul fronte della difesa della cultura mediterranea e dello scambio, al punto di renderli un vero e proprio credo.

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Una cultura, quella di cui si fa portavoce, che affonda le sue radici nell’antica idea di viaggio che sta all’origine della nostra civiltà, e che soprattutto vorrebbe tornasse a far parte del vivere quotidiano della società attuale. Cosa significa per lei parlare di Mediterraneo e di cultura mediterranea? Il Mediterraneo senza dubbio è stato la culla della civiltà e della cultura, del sapere e dei

L DESERTO, L’ISOLA

e la terra promessa beni culturali, beni che vengono molto prima dei commerci perché anche nel commercio è sempre stato necessario prima di barattare gli oggetti, barattare lo spirito. È vero che oggi va di moda parlare di competitività tra popoli del Mediterraneo, ma un tempo si poteva parlare di una sola civiltà seppur fortemente differenziata. Forse perché allora c’erano i presupposti, non esistevano le frontiere, e lo spostamento

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della cultura andava di pari passo con lo spostamento delle persone. Tutti i più grandi viaggiatori provengono dal Mediterraneo, ma da tempo è in corso una forte crisi del Mediterraneo, una crisi del soggetto. Oggi, poi, Mediterraneo significa anche guerra, circolazione della droga, vuol dire mafia. Quali fattori stanno intervenendo in quest’indebolimento della mediterraneità e quali rimedi potrebbero

essere proposti a riguardo? Il paradosso è che in questi decenni si è creata un’Unione Europea senza ricreare la cultura mediterranea. Si tratta di un’unione solo monetaria e non culturale. Non vogliamo che nel 2010 si ripeta la stessa cosa e che la creazione di quest’unione mediterranea sia una fotocopia di quella europea. Si potrebbe prima di tutto partire dalla scuola, dall’università, dal turismo


non commerciale ma culturale. Si dovrebbe puntare sull’agricoltura e sull’economia pulita e soprattutto sul movimento delle persone e non solo delle merci, affinché si crei un’unione dei popoli e non solo delle cose. Anche la Sardegna giocherebbe un ruolo fondamentale per la sua posizione

qualcosa di nuovo: è necessario avere una predisposizione allo scambio e il viaggio per me è formazione, formazione continua. Viaggiare è scoprire l’altro, perché senza il viaggio esiste solo il “noi” senza il “voi”. Il viaggio non è solo dialogismo, può essere anche viaggio religioso, può essere viag-

pre cercato di collegare tre luoghi che per me rappresentano la felicità intellettuale: il deserto (la mia origine è yemenita), l’isola (perciò la Sardegna) e la Terra Promessa, ma quest’ultimo non si è ancora realizzato perché la terra del perdono è divenuta una terra di guerra e discriminazione.

La Sardegna come punto di osservazione delle dinamiche Mediterranee

nel Mediterraneo e potrebbe ritornare ad essere la casa del grano. Insiste spesso sull’importanza dello spostamento e dello scambio. Qual è per lei il significato del viaggio? Io sono un grande viaggiatore, perché non credo nella residenza, sono sempre per la contaminazione, che non è il contagio, che assume invece un’accezione negativa. La civiltà mediterranea è stata costruita sui viaggi. Per me il viaggio ha una connotazione non solo culturale, ma anche politica. Talvolta nei viaggi con altri assessori faccio da intermediario per i loro interventi, ma i miei spostamenti non servono solo a questo. Spesso mi ispiro a progetti e proposte di altre nazioni, soprattutto nel corso delle mie numerose visite a Parigi e Barcellona. Certo non sempre chi parte torna con

gio di volontariato, e allora diventa anche dono e batitudine spirituale e metafisica. È necessario per costruire il proprio viaggio intellettuale. Ma ci terrei a precisare che per me il viaggio non è ricerca del diverso perché allora ci si dovrebbe domandare, diverso rispetto a che cosa? Come mai tra i suoi viaggi ha scelto di stabilirsi in Italia, o ancora meglio, in Sardegna? Quando scelsi l’Italia avevo tra alternative: Canada, Usa e Parigi. Infine ho scelto la Sardegna prima di tutto per la sua bellezza e secondo per la vicinanza al Paese dove sono nato e dove ho studiato. Terzo perché ho conosciuto una sarda – e non in Sardegna, questo è il paradosso!- Diciamo che la Sardegna è il luogo del mio matrimonio culturale. E poi l’ho scelta perché nella mia vita ho sem-

Anche il fatto che io sia in Sardegna non significa che io sia integrato. Non lo sono completamente perché la mia testa è altrove. Godo molto del mio biculturalismo: io sono la mia cultura ma anche la cultura dell’altro. Ho studiato tutta la vita la cultura occidentale – e non è corretto nemmeno utilizzare questa categorizzazione: come esiste una sola razza umana, così esiste la cultura. Troppo spesso si fanno scelte anche linguistiche che suonano artificiali (parole come integrazione, tolleranza, extracomunitario) sono delle vere e proprie forzature e sarebbe necessario cambiare proprio l’uso della lingua per parlare di queste relazioni che si creano.

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LE GRANDI ASSOCIAZIONI PER LA PROMOZIONE DELLA CULTURA DEL MARE

(1) 1992, in occasione dei novant’anni della Lega Navale, da sinistra: Pietro Biggio, il presidente di allora Salvatore Campus e l’attuale presidente Sergio Rossi (2) Andrea Mura con il suo equipaggio; con loro anche il Sindaco Emilio Floris e Giorgio Ariu

EGA NAVALE

108 anni in ottima salute

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a compiuto appena 108 anni e gode di ottima salute, sta lì a due passi dal mare e si nutre di passione e determinazione,formula magica per collezione successi. La protagonista è la “Lega Navale Italiana” che anno dopo anno continua a prendersi cura del nostro amico mare. C’è a chi piace vivere a pieno la cultura e i profumi del mare, scostante e sovrano, e chi invece preferisce stare sulla terra ferma, al sicuro, scrutando l’orizzonte, la scelta libera. Ma a Cagliari il mare è lì e ovunque ti giri prepotentemente si fa sentire. Sergio Rossi, attuale presidente della lega Navale, lo sa bene, lui che il mare lo respira ogni giorno. Come è nata questa passione? Per caso, io provengo da uno sport completamente diverso, l’hockey, dove sono stato medaglia d’oro per meriti sportivi. Nel 1968 mi trovo impegnato nell’organizzazione di alcuni eventi e anno dopo anno il mio impegno è cresciuto fino ad inserirmi nel consiglio

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dell’associazione, da allora non ho più smesso. Che cosa è la “LNI” e quale ruolo ricopre a Cagliari? È una associazione con lo scopo di diffondere nel popolo italiano l’amore per il mare e lo spirito marinaro. Ci sono all’incirca 250 sezioni in tutta l’Italia, con un unico statuto e un’unica tessera. La sezione cagliaritana si divide tra “su siccu”, dove trovano spazio le barche d’altura e le canoe, e Marina Piccola, dove sono ormeggiate le imbarcazioni a vela e le derive. Cerchiamo di avvicinare i giovani a questo mondo, favoriamo la tutela dell’ambiente marino e promuoviamo il nostro territorio. Per fare tutto questo, ci appoggiamo anche ad altri enti, collaboriamo con moltissime associazioni. Quali, ad esempio? Collaboriamo spesso con la scuola, promuovendo corsi di formazione per i giovani. Portiamo avanti un accordo con gli scout Agesci, che spesso partecipano alle nostre attività e Lega Am-

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biente usufruisce dei nostri locali per conferenze stampa. L’ingegner Baire, ci ha contattato per la venuta del Papa in Sardegna, e ogni anno partecipiamo attivamente alla preparazione della festa per la Madonna di Bonaria. A Giugno, in occasione della “Giornata della Sicurezza sul Mare” collaboriamo con la Capitaneria di Porto e i Vigili del Fuoco. Qualche volta sosteniamo i progetti di “Vela Solidale”: imbarchiamo alcuni bambini che a cause di particolari patologie traggono benefici dall’aria marina. Come vede le nostre attività sono numerose e da soli non potremmo fare tutto. Pensa che il mare possa dare un futuro lavorativo ai giovani cagliaritani? Si, la gestione dei porticcioli turistici ne è un esempio. Servono molte figure, dal direttore al personale specializzato, proprio ora che Cagliari sta diventando un porto a rilevanza turistico-sportiva. Il nostro porto presenta delle condizioni climatiche favorevoli per le regate,


l’anno scorso è stato teatro dei campionati italiani e l’anno prossimo lo sarà di quelli europei, è necessario che qualcuno valorizzi queste importanti risorse. I risultati sportivi arrivano? Per fortuna si, i giovani sono molto legati al mare e questo aumenta il loro prestigio. Ragazzi come Andrea Mura, sono rimasti nella storia della Vela, perché hanno saputo sfidare i propri limiti. Lui è stato il primo a completare il giro della Sardegna senza scalo. Un’esperienza emozionante che abbiamo potuto seguire passo per passo

grazie alle attrezzature imbarcate. Gli sport faticosi come la vela ma sopratutto il canottaggio cosa tolgono e cosa regalano? Tolgono tempo, sono sport che ti impegnano fisicamente anche due volte al giorno tra corsa, palestra e uscite per mare. Ma ti regalano la salute fisica e mentale, in questi ambienti non ho mai sentito parlare di droghe o sigarette. Dopo aver faticato così tanto non rovini tutto per qualche inutile devianza. Un ricordo positivo e uno negativo, da presidente.

I ricordi positivi sono tanti, tutte le manifestazioni sono ricordi piacevoli di impegno e soddisfazione. Il campionato del mondo “Flying Dutchman”, il 41° Campionato Internazionale del Mediterraneo nel 1991 e il “One Ton Cup” del 1993 e molte altre. L’aspetto negativo è dato dalle difficoltà organizzative che spesso rendono difficoltosi anche i rapporti con i soci, ma questo fa parte del gioco. Così la Lega Navale cagliaritana ci ricorda di vivere il mare.

CHE FATICA LA BELLISSIMA CANOA MARGHERITA DESSY, 22 anni, studentessa in medicina. Fa canoa da quando aveva 15 anni. «Mia sorella e mio fratello lo hanno praticato prima di me. E’ uno sport molto duro e non sempre è facile conciliare la vita privata con gli allenamenti. In estate facciamo due allenamenti al giorno e durante i periodi scolastici si esce alle sei del mattino con la canoa e alle otto si va a scuola. All’inizio è un’imposizione del tuo allenatore poi diventa un’esigenza personale. Gli allenamenti sono lunghi e faticosi, la corsa serve per migliorare il fiato, la palestra aiuta a gestire meglio i pesi e sviluppare la muscolatura e poi c’è la parte in mare, con percorsi a distanza o a tempo. Ho gareggiato sia in doppio che in quattro, nelle diverse specialità, ottenendo anche buoni risultati. Nel 2006 siamo arrivate terze al meeting nazionale, con un equipaggio di quattro, io e Veronica gareggiavamo già insieme ma facevamo parte di società diverse, e nel 2007 invece siamo arrivate seconde, a pochi millesimi dalle prime nei campionati italiani. Le motivazioni personali e la determinazione fanno la differenza in uno sport come questo. E

l’equipaggio con cui lavori è fondamentale, l’aiuto reciproco e l’appoggio della tua compagna ti aiutano a fare meglio, in canoa poi si crea un feeling particolare. Non è semplice, tenere sempre alta la grinta: un anno ho anche deciso di interrompere, avevo bisogno di scaricarmi mentalmente, gli orari rigidi e l’impegno erano troppo gravosi da conciliare con la facoltà. L’anno dopo ho ripreso richiamo del mare era troppo forte, ne sentivo la mancanza. Adesso non potrei stare senza la mia canoa». VERONICA BANDU, 20 anni, studentessa in scienze politiche. Fa canoa da quando ha 13 anni. «Ho iniziato con la società Ichnusa. Nel 2003, l’allenatore organizzò un torneo di canoa e rimasi colpita da questo sport. In quell’occasione usai per la prima volta il remoergonometro, un particolare strumento che simula i movimenti della barca su terra ferma cosicché sia possibile allenarsi anche quando il vento ci costringe a rimanere in riva. I sacrifici sono molti, la mia vita ha sempre girato intorno al canottaggio: orari, allenamenti, gestione della giornata, il resto viene dopo. Tengo

sotto controllo anche l’alimentazione, in alcuni periodi devo seguire delle diete per riuscire a rimanere nella categoria pesi leggeri, e in questo la mia famiglia mi aiuta molto. Sono fieri di me e felici di vedermi praticare questo sport. Gareggio con Margherita in doppio da un anno, ma abbiamo lavorato anche in gruppi da quattro,sfidando anche gruppi di uomini: questo sport accomuna tutti. Le lunghezze e i percorsi sono uguali e gli allenamenti simili. L’impegno, ha portato qualche risultato positivo, nel 2007 siamo arrivate terze nei campionati sportivi Under 23 in quattro e nel 2009 invece siamo arrivate quarte nei campionati universitari in doppio. Siamo molto unite non solo durante gli allenamenti e cerchiamo di aiutarci e spalleggiarci continuamente, migliorando costantemente le nostre prestazioni. È uno sport faticoso ma gratificante, che mette a dura prova la tua resistenza fisica e mentale. Anche io mi sono fermata per un anno, ma poi sono tornata più forte di prima, non posso resistere a lungo lontano dall’acqua».


G

uai a dire che la vela è uno sport da uomini,almeno davanti ad Angela La Sala ed Enrica Tuveri, veliste da una vita. Entrambe tesserate dallo YC Cagliari, la prima 29 e la seconda 30 anni, reo fu un corso di vela che a 13 anni le portò su un’imbarcazione. Nel mare ci stanno da allora: due cuori e una sola barca, 470cm di lunghezza con fiocco, randa e spinnaker. Con chi avete mosso i primi passi nel mondo della vela? Angela e d Enrica: «Marco Lai è stato il nostro primo istruttore, scomparso qualche anno fa. Una persona dall’animo buono, che ci ha insegnato tutto quello che sappiamo,amava i ragazzi ma più di ogni altra cosa adorava andare per mare. Era la sua grande passione». Come vi siete conosciute?E come mai preferite gareggiare in doppio? Enrica:« Sono stata io a cercare Angela. La mia compagna aveva deciso di gareggiare da sola, così ho rintracciato il suo numero e l’ho contattata». Angela: «Io ho subito accettato la sua proposta. Non mi piace gareggiare da sola, per me la barca è principalmen-

te un luogo dove condividere vittorie, sconfitte e tutto ciò che porta la vita in mare». Avete qualche ricordo delle vostre prime esperienze sportive? Enrica ed Angela: «Nel 2002 abbiamo partecipato ad un mondiale, organizzato qui a Cagliari. La nostra barca era in pessime condizioni con delle vele quasi inutilizzabili. Durante gli allenamenti la nostra imbarcazione a causa del vento (30 nodi) si è ribaltata riempendosi d’acqua. Ci avevano recuperato i gommoni di assistenza e alcuni nostri amici che si allenavano lì accanto. Le vele erano ormai rovinate definitivamente, quindi un ragazzo , con un atto di gentilezza, ci ha prestato le sue. In mare bisogna aiutarsi reciprocamente. Quella è stata una bella avventura». Angela in barca sei il timoniere, mentre Enrica il prodiere, in parole povere? Angela:«Il timoniere si deve concentrare per far camminare la barca. Oltre al timone, gestisce la randa, che è la vela grande di poppa. Solitamente il timoniere è fisicamente più piccolo, perché non deve fare leva». Enrica:« Il prodiere sta a prua, comanda il fiocco e lo spinnaker,vele parti-

colari per andature diverse. Cerca di compensare la forza del vento e tenere compatta l’imbarcazione». Quanto impegno richiede la vela? Enrica:«È uno sport molto impegnativo, sotto tanti aspetti. Bisogna armare la barca, regolarla, controllare che tutto sia sempre in ordine. E poi c’è la parte burocratica, anche quella è importante; di questo me ne occupo io, Angela vive fuori e quando torna, non dobbiamo perdere neppure un minuto di allenamento». Angela:« Anche sotto l’aspetto economico è uno sport impegnativo. Bisogna affiliarsi ad un club nautico, acquistare l’attrezzatura idonea, comprarsi la barca e cambiare spesso la vele. Non si guadagna molto e gli sponsor possono coprire a mala pena le spese dell’abbigliamento. Purtroppo non è uno sport per tutti». E gli allenamenti? Enrica:«Sono abbastanza pesanti. Possono durare anche tre ore e bisogna curare sia la parte in acqua che quella con i piedi a terra. La palestra è importante tanto quanto le uscite per mare». Angela: «Purtroppo noi ci alleniamo poco. Io non abito in Sardegna e riu-


scire a conciliare allenamenti, voli e lavoro non è facile». Vita privata, studio e amici avete dovuto rinunciare a qualcosa? Angela: «Sono sposata e laureata in medicina con specializzazione. Direi che non ho rinunciato a molto! Basta organizzarsi, certo i sacrifici ci sono stati, ma non rimpiango nulla. Un’uscita con gli amici non valeva quanto una in barca». Enrica:«Mi sono laureata in chimica, con dottorato. Volere e potere, con un po’ di organizzazione e determinazione si riesce a fare tutto. Non è sempre facile, ma neppure impossibile». E con l’acqua che rapporto avete? Angela: «Devi essere educata, e impa-

rare da subito a rispettare il mare. Capire quando puoi uscire con la barca e quando è meglio rimanere a riva. Non devi essere sbruffone e prendere sempre tutte le precauzioni necessarie». Enrica:«Sono le prime regole che ti insegnano da bambina. Devi stare bene tu e poi far sentire bene la tua compagna, il mare è un posto sicuro, ma non bisogna mai abbassare la guardia». Qual è il segreto di questo sport? L’insegnamento? Enrica: «L’affiatamento, la fermezza e l’autodisciplina. Questo sport ti insegna ad autogestirti e a collaborare con gli altri, in mare è fondamentale». Angela: «La velocità e la semplicità. Devi prendere decisioni in pochi secon-

di e imparare ad adattarti senza troppi fronzoli ad ogni tipo di situazione. La vita in barca non è molto comoda e le trasferte mettono a dura prova il tuo spirito di adattamento». Angela come descriveresti la tua compagna? Angela:« Enrica è una persona genuina, precisa ed onesta. Per questo facciamo vela insieme da più di dieci anni». E tu Enrica? Enrica:«Angela è intelligente e simpatica, buona ma confusionaria. Ci completiamo, siamo un’accoppiata vincente». Ecco chi sono le campionesse sarde della classe 470.

DONNE CHE ATTRAVERSANO I MARI: INCONTRO CON ANGELA LA SALA ED ENRICA TUVERI

IN MARE QUANTE AVVENTURE


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rimo posto nella Ranking List per il terzo anno consecutivo, quinto posto all’Olimpiade di Pechino del 2008: per la loro preparazione in vista delle prossime Olimpiadi, le due campionesse della Marina Militare, Giulia Conti e Giovanna Micol, hanno scelto lo Yacht Club di Cagliari, da quest’anno - e per la prima

volta - divenuto centro di preparazione olimpica. Sembrano non andare troppo fiere di questa quinta posizione a Pechino e quando dico loro «Un quinto posto è un ottimo piazzamento. Perché quell’espressione?» mi rispondono «Beh sì, è oggettivamente un ottimo piazzamento, ma quando sei al primo

posto per due anni di fila e hai fatto podio in tutte le gare mondiali, un quinto posto ti lascia solo tanta voglia di riscatto». E il riscatto direi che è arrivato… «Avevamo deciso che doveva essere una stagione tranquilla, ma abbiamo fatto tutto, e anche se al mondiale in Danimarca non eravamo al top, sia-

DONNE CHE ATTRAVERSANO

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mo arrivate quarte, a pari punti con la terza. Poi è arrivato il primo posto ai Giochi del Mediterraneo e agli Europei in Austria». Allora in vista di Londra 2012 si può dire che siete già a un ottimo punto? «Sì, ma sappiamo anche che raggiungere il primo posto è più difficile che mantenerlo». Quali regate avete in programma? «Salteremo sicuramente Melbourne e Miami per ragioni anche pratiche: diventerebbe troppo stancante fare questi viaggi e adesso ci serve allenarci con costanza. L’anno prossimo saremo in Olanda, a metà luglio, per il Mondiale, poi a Istanbul per l’Europeo, ad inizio settembre. Ma ci recheremo anche a Weymouth, in Inghilterra, sul campo di regata delle Olimpiadi. Dobbiamo

prendere confidenza con il posto e andremo a farvi qualche allenamento. Sarà sicuramente più semplice rispetto alle precedenti in Cina, perché noi arriveremo in un’ora e le barche in non più di una giornata». Cina, America, Australia, Europa… Più che la scelta di uno sport si direbbe una scelta di vita. Quali i pro e contro per due ragazze così giovani? «Da una parte è bellissimo, perché ti dà la possibilità di viaggiare moltissimo. Già a dodici anni andare in Giappone, Cina, fare ciò che i ragazzi di quell’età normalmente non hanno ancora la possibilità di fare vuol dire tanto. In realtà poi siamo qui da un mese e mezzo e non abbiamo ancora visto il centro di Cagliari se non in macchina di passaggio. Di mattina si inizia con la palestra, poi il pomeriggio in barca. Quest’anno abbiamo scelto di pren-

NO TUTTI I MARI

dere un appartamento per non vivere ancora in albergo e fare una vita più familiare. Certo è una cosa che si fa sempre volentieri, perché quando hai degli obiettivi fai di tutto per realizzarli, ma non è semplice. Cerchiamo di trascorrere almeno quattro o cinque giorni a casa ogni dieci, e quando iniziano i circuiti di regate non ci puoi tornare per un po’. Anche gli amici col tempo si sono abituati a vederci andare e tornare, e questo da un lato ti insegna anche chi c’è davvero, su chi puoi veramente contare e quali le persone capaci anche di provare invidia tra chi ti circonda». Sogno nel cassetto? «Sicuramente una medaglia con un bel colore alle Olimpiadi. Anzi no, questo non è un sogno, questo è il prossimo obiettivo».

QUINTE A PECHINO, CAMPIONESSE SARDE E QUARTE IN DANIMARCA: INCONTRO CON GIULIA CONTI E GIOVANNA MICOL


QUELLI CHE G E

ra uno dei tanti giorni di scuola ed i ragazzi parlavano di cosa avrebbero fatto alla fine di quella giornata noiosa e piena d’interrogazioni, come in un mondo parallelo l’impiegato seduto sulla sua scrivania aveva l’ennesimo diverbio con il capo per una inutile fornitura di fotocopie. I bambini seduti sulle scale della scuola commentavano: «Ma tu oggi che fai?» Chiese il più grande. «Vado a pallavolo. E tu che devi fare?» «Mia mamma mi accompagna a calcio e poi passiamo a prendere mia sorella a danza. E tu che hai da ridere?» Rivolgendosi al più piccolo del gruppo. «Ragazzi io oggi vado in mare. Io faccio windsurf!» Quegli occhi azzurri come il mare sprigionavano una luce diversa, piena di fascino di sogni. Gli amichetti dissero: «Dove vai? A fare che?» «Windsurf!!! Voi andate nelle palestre, giocate a calcio, io invece vado al club, stiamo in spiaggia, prepariamo la tavola, le vele colorate e poi andiamo in mare. Voi non potete capire cosa significa sentire nelle proprie mani, nelle proprie braccia il vento, la forza della natura, il vento che ti accarezza il viso, l’acqua che ti accarezza il corpo, il sole all’orizzonte, uscire con i delfini che ti saltano davanti. Non potete capire». Nel mondo parallelo il povero impiegato non vedeva l’ora che finisse quella giornata e sognando ad occhi aperti immaginava già di essere in bermuda in quella bellissima spiaggia in Sardegna, battuta dal maestrale e pensava che quel maledetto capoufficio in quel posto sarebbe diventano polvere, sabbia che agitata dal maestrale si solleva e viene portato via, mentre lui con la mente viaggia in un mondo meraviglioso fatto di onde, salti, manovre incredibili. Sì lui in quel posto sarebbe stato a casa si sentiva in perfetta sintonia con il mare. Ecco, sente arrivare l’onda, la tavola che prende velocità e inizia a cavalcarla con movimenti fluidi e semplici come bere una birra con gli amici. I bambini ascoltano rapiti il racconto del loro amico, racconto che parla di profumi del mare di pesci volanti, del movimento del vento sulla superficie del mare che a guardarla bene sembra sempre che ti sorrida. E guardando gli amici dice: «Ragazzi devo andare, c’è vento». Gli altri lo guardano e gli dicono: «Ma come fai a saperlo?» Lui risponde «Guardate le nuvole, gli alberi, i gabbiani che fluttuano in aria. Ci vediamo». Ed allontanandosi, gli altri, incuriositi guardano lui e quel suo mondo in modo diverso. Noi siamo windsurfisti, non siamo persone come le altre siamo speciali, non andiamo a passeggio ascoltando la radio per sapere come sta andando sui campi di calcio, noi sentiamo l’aria, guardiamo il barometro per sapere se il prossimo week-end è meglio prendere il traghetto ed andare a Porto Pollo e andare a Chia. Noi viviamo in funzione del vento dell’onda perfetta. Noi siamo quelli che stanno con gli amici, con uno spirito del tutto diverso dagli altri, potremmo stare ore a guardare un tramonto, noi siamo quelli che per uscire in mare per primi dormiamo tutta la notte in macchina, senza poterci fare una doccia ma portare il profumo del sale sulla nostra pelle e nei nostri capelli. Noi pensiamo che il nostro sia lo sport più bello del mondo ma sappiamo che non è uno sport, è una passione e per alcuni anche una filosofia di vita.

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IL WINDSURF COME SCELTA DI VITA MENTRE TUTTI GIOCAVANO A CALCIO

GUARDANO IL MARE

CON OCCHI DIVERSI

“VOI ANDATE NELLE PALESTRE, GIOCATE A CALCIO. IO INVECE VADO AL CLUB. STIAMO IN SPIAGGIA, PREPARIAMO LA TAVOLA, LE VELE COLORATE E POI ANDIAMO IN MARE”


PIANETA WINDSURF L’ASSOCIAZIONE, LE REGATE, GLI ATLETI

Una tavola, l’onda, l

CHI SIAMO L’Associazione Italiana Classi Windsurf, sorta nel 1990, è l’organismo riconosciuto dalla Federazione Italiana Vela per il coordinamento dell’attività agonistica nelle classi delle tavole Formula Windsurfing, Slalom, Raceboard e per l’attività artistico-acrobatica Wave Performance e Freestyle. Da primavera ad autunno inoltrato vengono proposte nelle diverse regioni italiane una sessantina di regate a tutti i livelli, internazionale, nazionale, interregionale e zonale, alle quali prendono parte oltre duecento atleti provenienti da tutte le regioni del nostro paese. Circa quattrocento soci sono regolarmente informati di quanto succede ed evolve nel mondo del windsurf, attraverso uno stretto legame con le associazioni internazionali della tavola a vela. Gli eventi più prestigiosi sono i Campionati Nazionali delle varie classi su prova unica, la Coppa Italia FW articolata su cinque eventi e l’Italian Slalom tour anch’esso articolo lato su vari eventi. Diversi atleti delle classi gestite hanno conquistato prestigiosi allori internazionali. I nostri Atleti spiccano nelle vette delle classifiche Internazionali nelle diverse discipline.

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la sfida

DISCIPLINE WAVE FREESTYLE

SETTORE GIOVANILE CONTATTI

In tutte le discipline viene data particolare importanza alle diverse fasce di WAVE età, in particolare ai ragazzi, la linfa viLa purezza...salti, onde, creatività Massimo due atleti a turno in una sfida tale del nostro Sport. KIDS-YOUTH-JUNIORES-LEGGERI all’ultimo salto. FREESTYLE Nessuna regola il più creativo… VINCE!!

Segretario A.I.C.W./F.W.-Carlo Cottafavi Carlo.cottafavi@libero.it Referente Classe Olimpica RS:X-Franco Pagliarani segreteria@rsxitalia.it Segretario Techno 293 Marco Senio Corti marcoseniocorti@tim.it Coordinatore Nazionale- Marco Rossi mared@fastwebnet.it

www.aicw.it


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IL SOGNO DI CHI VOLTEGGIANDO SULL’ACQUA CON UN BRACCIO SOLO VINCE TUTTE LE SFIDE POSSIBILI E IMPOSSIBILI SINO A VINCERE ORI MONDIALI DEI COSIDDETTI NORMALI

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a storia che vorrei raccontare principia a settembre di quest’anno quando, nel mio ruolo di atleta della Nazionale Azzurra di sci nautico, ero appena rientrato a casa, nell’isola di La Maddalena in Sardegna. Appesa al mio collo trionfava una bella medaglia d’oro, conquistata ai Campionati del Mondo, svoltisi nella città di Vichy in Francia. Erano appena passati tre giorni quando un pomeriggio, prima ancora di aver smaltito la sbornia di gioia, ricevo una telefonata dal Responsabile Tecnico della Federazione Italiana Sci Nautico, la graziosa Elisabetta Galli, ex atleta di fama internazionale, che mi dice: “Jeff, ti comunico che da oggi fai parte anche della Nazionale Senior, ti ho candidato a rappresentare l’Italia ai Campionati Europei che si svolgeranno a Maurik in Olanda, ti faccio le mie congratulazioni.” Questa, vi confesso senza alcuna retorica, è stata la più bella telefonata che ho mai ricevuto nella mia vita perché, dopo la mia recente vittoria Mondiale, partecipavo anche ad un Campionato Europeo, ma soprattutto acquisivo la certezza di poter realizzare il mio sogno più grande! Fin qui tutto appare come una bella storia, come ce ne sono tante, quella di un atleta vincente che volteggiando sull’acqua ha avuto il privilegio di rendere onore alla sua Patria. In realtà vi posso garantire che è invece una

storia molto speciale, anzi unica! Questo perché io sono uno sciatore “diversamente abile”, persino lusingato di andare in acqua a gareggiare con un solo braccio, non a caso il termine “diversamente abile” è stato coniato da me molti anni fa ed è entrato ormai nel linguaggio comune, d’altronde pensarlo è stato facile perché di fatto mi sento abile anche se con modi e metodi “diversi”. Ora appare chiaro che il sogno al quale prima ho fatto riferimento è implicito nella consapevolezza di aver creato un caso senza precedenti: per la prima volta nella storia dello sport in movimento, un atleta, oltre all’aver vinto un Oro Mondiale tra gli atleti speciali, nel mio caso con un solo braccio, ha anche conquistato il 4° posto assoluto ad un Campionato Europeo tra sciatori che, ovviamente per loro fortuna, di braccia ne hanno uno in più di me! Vi confesso che laggiù in Olanda, sul campo di gara, mi sono sentito come un guerriero coraggioso proteso alla conquista di quel mondo purtroppo ancora distratto da pregiudizi e preconcetti. Io, brandendo gesti sportivi, battagliavo per dimostrare che si può e si deve stare insieme con pari diritti e pari dignità. Questa conquista si configura come un vero premio alla tenacia, dopo il mio pseudo incidente, ho sempre combattuto con orgoglio e volontà tutti quei pregiudizi che mi impedivano di essere normale come un tempo, oggi ho di nuovo le ali dei miei vent’anni, volo sull’acqua collezionando Ori Mondiali, ma soprattutto volo nel cielo, proteso alla conquista di obiettivi giusti e ambiziosi. Alimento anche il sogno che tutti i miei amici speciali, pur avendo perso la loro integrità possano, amando adeguata-

ruoso

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mente la vita, capire che la mente può aiutarci a colmare qualunque vuoto, concedendoci di arrivare là dove non sapremmo neanche immaginare. Prima di lasciarvi, vi confesso intimamente che, mentre leggevo su un importante quotidiano un articolo riferito alla mia trasferta olandese, mi sono sentito lusingato piuttosto che dispiaciuto, quando il giornalista mi ha pubblicamente contestato il termine “diversamente abile” accreditandomi invece, con un mix di generoso entusiasmo, quello di “mostruosamente abile”, ora….fate voi! Se pensate che sia giusto parlarne, parliamone!

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embrava un sogno e invece è ormai da tempo che la squadra nazionale di vela della classe olimpica 470, maschile e femminile, si allena a Cagliari. Un periodo di duro e intenso lavoro che ha come obbiettivo comune il sogno di conquistare una medaglia alle Olimpiadi di Londra del 2012. Ma cerchiamo di capire anzitutto cos’è il 470: una barca per due persone, molto tecnica e abbastanza performante, dove la preparazione atletica e le conoscenze tecniche sono fondamentali per raggiungere risultati di buon livello. Ricordiamo che nel 470 sono nati talenti del calibro del locale Andrea Mura (diventato poi il randista del Moro di Venezia), Michele Ivaldi (attualmente impegnato in Coppa America con BMW Oracle), ma anche personaggi del mondo dei monotipi come Lorenzo Bressani e Vasco Vascotto, ed uno dei migliori match racer mondiali che risponde al nome di Paolo Cian.

LA NAZIONALE ITALIANA DI VELA CLASSE OLIMPICA 470 CLASSE FEMMINILE Guglielmo Vatteroni: allenatore Giulia Conti - Giovanna Micol: atlete di punta della squadra nazionale e rappresentanti della Marina Militare; sono attualmente campionesse europee in carica, hanno recentemente vinto anche i Giochi del Mediterraneo e sono leader della Ranking List Mondiale della Classe 470. Francesca Komatar - Sveva Carraro Giulia Tobia - Giulia Moretto Sara Quattrocchio - Camilla Baruzzi CLASSE MASCHILE Gigi Picciau: allenatore Gabrio Zandonà - Edoardo Mancinelli Scotti: rappresentanti dei gruppi sportivi della Marina Militare e recentemente bronzo ai Campionati Europei, nonché vincitori dei Giochi del Mediterraneo. Fabio Zeni - Nicola Pitanti: equipaggio che pian piano sta scalando le classifiche internazionali, classificato 8° agli ultimi Campionati Europei ed ormai stabilmente tra i primi 25 equipaggi al mondo. Luca Dubbini - Roberto Dubbini: di sicuro i migliori giovani del momento; ricordiamo il loro titolo europeo juniores del 2008, e i due bronzi ai Campionati Mondiali Juniores 2008 e 2009. Quest’anno, si son fatti valere anche a livello assoluto con un 13° posto ai Campionati del Mondo. Simon Kosuta Sivitz - Jas Farneti: sono i più giovani del gruppo, ma con le carte in regola per far vedere quanto valgono a livello internazionale. Ultimo risultato, il bronzo nel Campionato Europeo Juniores del 2009. Giulio Desiderato – Enrico Fonda: nomi noti sia nel mondo del 470 (Enrico Fonda ha già lottato per andare alle Olimpiadi nello scorso quadriennio), sia nelle classi monotipo del momento, Melges 20, Melges 24, Melges 32, dove ottengono ottimi risultati. MicheleLecce - Fabio Di Nanna

LA GIORNATA TIPO DEGLI ATLETI - Sveglia la mattina intorno alle 7:45 per poter fare una sana e ricca colazione. -Alle 9:40 appuntamento con il loro preparatore atletico, Fabio Ferrari, che li segue costantemente sia a Cagliari che altrove, quando rientrano nelle rispettive città di residenza. Il programma loro dedicato consiste in un progressivo miglioramento delle principali capacità fondamentali come la forza, la resistenza aerobica e la destrezza, che risultano determinanti nei tipici ed inattesi scenari presenti nella disciplina sportiva in oggetto; qualità che vengono incrementate tramite allenamenti e protocolli legati ad attuali metodiche funzionali realizzate mediante l’utilizzo di sovraccarichi, macchinari isocinetici, sofisticate pedane vibranti, treadmill professionali e continui test prestazionali e periodici controlli

Da Caglia CHIAMAT LA NAZIONALE ITALIANA DI VELA PREPARA NEL CAPOLUOGO SARDO LA RINCORSA AI GIOCHI OLIMPICI DI LONDRA 2012


ETI NAZIONALI A CAGLIARI valutativi sulla composizione corporea. -Finito il programma in palestra, si corre a Marina Piccola: il tempo di preparare le barche, pranzare e poi subito in aula. -Cinque minuti di presentazione del lavoro della giornata e alle ore 13:15 pronti a mare per gli allenamenti sulle barche al miglioramento delle principali capacità e qualità fisico-atletiche. La giornata a mare termina verso le 17, 17:30. Si disarmano le barche, via il sale e ancora in aula a vedere i video della giornata e commentare l’allenamento. -Se sono fortunati, alle 19:00 la giornata è terminata, altrimenti seconda seduta in palestra alle 19:30, dove insieme alla preparazione atletica, finalmente anche un po’ di socializzazione. Si respira grande entusiasmo intorno a questo progetto, a iniziare dallo Yacht Club Cagliari che ha offerto le proprie strutture alla FIV per far sì che gli atleti della squadra nazionale possano lavorare al meglio e con tutti i comfort del caso per

andare avanti. Tra questi, la palestra Ferrari Gym che ha aperto le porte a questo gruppo di atleti e li sta coccolando e trasformando in atleti con la a maiuscola anche dal punto di vista atletico, appunto. Fino a tutti gli amanti di questo splendido sport, la vela, i quali stanno facendo sentire il calore della nostra città ad un gruppo di atleti che ha scelto Cagliari come luogo da cui incominciare un cammino che li dovrebbe portare lontano, verso un sogno chiamato Giochi Olimpici di Londra 2012.

ari parte il sogno ATO OLIMPIADI

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opo il suo primo anno di regate a livello professionistico, Enrico Strazzera, 22 anni, laserista cagliaritano dello Yacht Club, si racconta con le sue ambizioni, i suoi desideri, illustrando i primi passi di una strada che ha già scelto di rendere percorso di vita. Quali sono state le tappe più importanti di questo 2009 e quale bilancio ne puoi trarre? «Le tappe principali sono state le regate internazionali e la Coppa del Mondo. Quest’anno ho iniziato un po’ a rilento, ma a giugno, alla World Cup che si è tenuta a Kiel - in Germania - sono riuscito a guadagnarmi il trentanovesimo posto. Ho dovuto rinunciare anche al Mondiale in Canada, ma mi sono rifatto nei campionati nazionali con due secondi posti, sia a Chioggia che a Trapani. Anche il campionato

europeo stava andando molto bene, ma sono arrivato stanco, anche perché questo è il primo anno in cui mi alleno con una certa costanza e mi dedico esclusivamente a questo. Fino all’anno scorso studiavo, e per sviluppare una certa resistenza ci vuole davvero tanto impegno. Ora ho anche un preparatore atletico, Pierpaolo Sanna, e con lui sto lavorando molto anche a terra. Diciamo che il 2009 è stato un anno di transito in vista del 2010». Quali appuntamenti ti attendono nell’anno nuovo? «Ad aprile mi aspetta la World Cup a Palma di Maiorca, e a maggio sarò a Hyeres, in Francia. Per quel che riguarda le regate nazionali, la prima sarà a marzo e ad aprile sul lago di Garda ci sarà l’Europa Cup. Le più importanti restano però le nazionali». Ci sono buone possibilità di entra-

re nella squadra nazionale in vista dell’Olimpiade di Londra? «Al momento sono quarto nella Ranking List nazionale, ma il problema è che la squadra è molto elitaria. I gruppi A e B sono già praticamente definiti, anche perché il primo gruppo è biennale. Io l’anno scorso puntavo al gruppo C, ma per il momento sono il primo escluso, visto che entrano i primi tre della Ranking List. Se riuscissi a piazzarmi nei primi tre nelle regate nazionali potrei ambire ad essere convocato». Facciamo qualche passo indietro. Come è iniziato questo percorso e da cosa è nata questa passione? «Mio padre è stato velista e surfista anche piuttosto importante a livello nazionale. La prima volta che sono salito in barca avevo cinque anni. Dagli otto ai quindici anni ho iniziato con la Op-

MARINA PICCOLA ACCANTO


timist, e nell’ultimo periodo il mio allenatore era stato proprio mio padre, il quale ora invece allena mio fratellino. Già in Optimist ero arrivato sesto al campionato europeo e nella selezione nazionale sono stato primo selezionato per l’Europa. Poi, sempre in Optimist, ho vinto con la squadra dello Yacht Club. Infine sono passato al Laser: qui ho iniziato con la 4.7 e, dopo aver conquistato un quarto posto, al mondiale ho preso una squalifica finendo la regata con un punteggio non scartabile. Avevo quindici anni, è stato un “errore di gioventù” dettato dall’inesperienza». Ecco, a questo proposito, in che modo sta cambiando il tuo approccio a questa disciplina, alle gare e quali sono a tuo avviso le caratteristiche che deve avere un campione nel Laser? «Per quel che mi riguarda, sicuramente

prima facevo le cose molto più per passione, in maniera più intuitiva, mentre ora mi sto specializzando. Era più un divertimento e la passione era dettata soprattutto dal mio carattere competitivo. Ora invece mi alleno tutti i giorni, mattina e sera. Per essere un eccellente laserista ci sono tanti fattori che intervengono: è indubbiamente uno sport molto complesso. La mia barca è molto fisica, ma si tratta al tempo stesso di uno sport soprattutto di testa, perciò è necessario far conciliare i due aspetti. Ora come ora sto lavorando molto sulla resistenza in piscina e in palestra e, per quel che riguarda le gare, voglio migliorare nelle partenze e nel mantenere una certa costanza nella velocità». Non deve essere semplice. Quali sono i tuoi elementi di supporto in questi mesi di preparazio-

ne e durante le regate? «Diciamo che in buona parte, in acqua, sono un autodidatta. Nella vela non è come nel calcio che hai una società e un allenatore alle spalle. Due giorni alla settimana c’è Mario Orlich che allena i ragazzi, ma solitamente in acqua sono solo. Questo è normale perché i circoli lavorano soprattutto a livello dilettantistico. Lo Yacht Club mi ha sempre sostenuto e lo sta facendo anche ora durante questa campagna olimpica, insieme alla Gill che mi sponsorizza. Comunque ho in programma di contattare l’allenatore della nazionale per andare ai loro raduni a Napoli. Mi serve avere dei riscontri su come sto lavorando».

O ALLA WORLD CUP A PALMA

DAGLI OPTIMIST ALLE PORTE DELLE OLIMPIADI: INCONTRO CON ENRICO STRAZZERA


UNA VITA IN MARE/GENERAZIONI DI MARINAI: GEROLAMO SPOSITO, DAL RIMORCHIATORE BONARIA DEGLI ONORATO AGLI ASSALTI DEI PIRATI

L’ODISSEA INTORNO AL G

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ato a Cagliari ma originario di Santa Teresa, il Comandante Gerolamo Sposito ha ereditato da una famiglia di navigatori lo spirito e la passione che lo hanno accompagnato per i suoi quarant’anni di carriera. Dal suo sterminato bagaglio di esperienze e vicissitudini di ogni sorta che – sottolinea - “ci si potrebbe scrivere un libro”, ha estrapolato alcune memorie per condividerle con i lettori di Via Mare, e far conoscere un mondo che normalmente si crede esista solo nei racconti o nei film d’avventura. Come è iniziata la sua esperienza e quali sono i primi ricordi legati al mare? Sicuramente la mia esperienza per mare è iniziata con la mia stessa formazione ed educazione, vista la dinastia marinara presente nella mia famiglia.

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I primi ricordi di rilievo, però, risalgono ai miei 15 anni, quando abbandonai a metà la scuola: un po’ perché mio fratello, già comandante, mi invogliava a seguirlo nella sua attività, un po’ perché in famiglia servivano tante cose, decisi anch’io di iniziare a darmi da fare. Ho iniziato perciò sui trasporti marittimi: la Sardegna offriva al continente il commercio del sale e, dato che non esistevano i traghetti come quelli di adesso, da Genova trasportavamo le automobili destinate alla Sardegna. Fu dopo questo periodo che conobbe la famiglia Onorato? Sì, gestivano la Società Rimorchiatori Sardegna e io mi imbarcai come marinaio. Il primo fu il Bonaria, a vapore. Al tempo si concentrava maggiormente sul servizio portuale e si assistevano le petroliere, per esempio presso la Saras, o i cargo, come la Tirrenia, che non avevano i mezzi per attraccare da sole. I rimorchiatori, che erano imbarcazioni piccole, aiutavano queste navi permettendo loro di ormeggiare in sicurezza. A quel periodo risale anche l’ultimo servizio di bunkeraggio offerto dalla Saras a una nave passeggeri perché in quell’occasione un’imbarcazione si incendiò attraccata ai pontili: morirono delle persone, ricordo ancora le fiamme altissime. E dopo essere stato marinaio quali sono state le tappe successive? La mia esperienza di marinaio è stata piuttosto breve, sia per via della mia già buona preparazione e le buone basi, sia per le ottime persone trovate a bordo. In particolare il comandante Rombi mi volle subito a capo del rimorchiatore Maroso e la sua grande capacità è stata quella di trasmettere la sua professione e di invogliarmi a riprendere gli studi. Frequentai perciò l’Istituto Nautico e partii militare in Marina per dare gli esami e completare gli studi come capitano. Appena terminato il corso ritornai sui rimorchiatori, sembrava mi aspettassero. Avevo lasciato un buon ricordo sebbene fossi una testa calda. A 23 anni ero già comandante sul Bonaria. In questa fase iniziò a cambiare qualcosa all’interno della società? In quel periodo avvenne un rinnovamento della


GLOBO società dei rimorchiatori per volere di Achille Onorato. Lui vedeva la crescita delle raffinerie e del mercato, e prendemmo nuovi rimorchiatori a Liverpool. In quel periodo insieme all’attività iniziò a crescere anche la passione: amavo la manovra, il poter dare assistenza sempre più completa alle navi. La Sardegna poi si trova in una posizione piuttosto avvantaggiata da questo punto di vista, perché tutti i mercanti passano di qua per attraversare il Mediterraneo e si usciva spesso per dare assistenza alle navi in difficoltà. In cosa consisteva l’assistenza alle navi? Al tempo c’erano navi meno evolute e l’assistenza era il preludio al salvataggio. Ci sosteneva soprattutto la grandissima collaborazione con la Capitaneria di porto che immediata ci allertava e autorizzava la partenza. Negli uffici c’erano il comandante Satta e il suo collaboratore sempre attenti nel preparare le navi e gli equipaggi. Si usciva per mare con qualsiasi vento, con onde di qualunque altezza, anche 8- 10 metri, nonostante i rischi e le difficoltà. Non abbiamo mai visto ciò che facevamo come un semplice lavoro finalizzato al guadagno, ma come un’attività umanitaria, rivolta agli altri e volta a salvare le navi e il loro equipaggi. Non c’erano certo i radar, i gps o i telefoni cellulari: ci si basava solo sul proprio fiuto marinaro e sulla fiducia verso i propri uomini. Avevamo solo radio Cagliari e dagli uffici ci venivano forniti dati e informazioni. Talvolta stavamo lontani da casa anche due o tre mesi perché una volta salvata una nave si chiedeva in quale destinazione condurla e spettava a noi scortarla fino al porto richiesto. Quali sono state le situazioni più difficili da affrontare oltre i rischi del mare? Ci siamo trovati ad avere a che fare


con realtà piuttosto complesse, in mezzo a guerre e guerriglie. Io stesso fui sequestrato in Nigeria preso l’ansa del fiume Ogun Creek, un fiume scuro, melmoso dove avevamo gettato l’ancora e c’eravamo ritrovati al centro di una guerriglia tra la sponda est e la sponda ovest del fiume. Persone del posto arrivarono a bordo e ci fecero svuotare la cassaforte. Non avevano certo i mezzi per chiamare l’armatore o chieder un riscatto e non ci lasciarono finché non ebbero preso tutto il denaro e tutti i nostri viveri. Senza mezzi per poter comunicare a parte la radio, uno dei compiti più onerosi spettava proprio all’ufficio che doveva fare da tramite con le famiglie, mogli, fidanzate che andavano lì per ricevere informazioni e che per settimane restavano senza notizie. Ma dagli uffici si faceva anche di più: si garantiva un supporto per qualsiasi necessità, dal portare lo stipendio a casa, al fare da garanti per le banche quando svolgevamo le nostre operazioni e stavamo anche due o tre mesi lontani. Quale può essere un episodio emblematico che riassuma il senso del suo lavoro? Alla fine degli anni Settanta, il ‘78 o ‘79, mi chiamarono da Roma, dal Ministero, per salvare la nave Kimy: c’erano a bordo il comandante e la famiglia, ricordo ancora le urla al telefono di quei bambini. Una volta portata a termine l’operazione mi richiamarono da Roma per ricevere il Cavalierato della Repubblica, ma io, dopo i dovuti ringraziamenti, rifiutati l’onorificenza ricordando gli insegnamenti di mio padre. Era stato lui a dirmi “Non fregiarti mai in mare delle disgrazie altrui. Prega solo che un domani quando avrai bisogno, ci sia un incosciente come te che esce in mare a salvarti”. Sì perché di incoscienza si tratta: quando “c’era mare” e non si poteva uscire, noi non ci siamo mai tirati indietro. Oggi sulle navi c’è sicuramente più tecnica di allora, ma al tempo c’era quello spirito di sacrificio, quel sentirsi come un padre di famiglia per l’intero equipaggio che spingeva sempre a mettere da parte ogni preoccupazione e a dare il massimo per loro. Sarebbe più corretto definirla un’attività prima di tutto umanitaria perciò… Sì, infatti. A questo proposito un’esperienza paradigmatica è stata quella in

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Eritrea, sul Mar Rosso, dove dovevamo fornire assistenza a una piattaforma americana. Mi impressionò trovare dei vecchietti che parlavano perfettamente l’italiano, ma soprattutto mi impressionò la povertà. Era mia abitudine quando giungevo nei porti andare a cercare sempre una missione religiosa e fu così che conobbi padre Manuel e i settanta ragazzini orfani di cui si prendeva cura. Svuotai la nave per loro, mi assicurai che quei ragazzi avessero almeno una tazza di latte, che venisse aperta una scuola (la scuola “Acqua chiara” con lo stesso nome dell’imbarcazione con cui lavoravamo), gli fornimmo persino tutte le attrezzature per giocare a calcio. Padre Manuel successivamente venne anche ospite a Cagliari dove celebrò una messa. Quando poi vene bombardato il porto eritreo e venimmo sollecitati a metterci in salvo, insistei a lungo con l’ambasciata per poter avere quei ragazzi, ma mi venne negato. Anche il ritorno a casa in quell’occasione fu una vera e propria odissea per via della guerra, eravamo in attesa della coincidenza aerea che ci portasse a Roma, ma venimmo imprigionati per tre o quattro giorni, derubati di tutto e, infine, caricati sull’aereo senza nemmeno i nostri bagagli. Il vostro lavoro comprendeva anche altri compiti oltre quello del salvataggio e anche qui i meriti non sono mancati… Sì, la società si espanse parecchio anche in seguito all’arrivo del figlio dell’armatore, Vincenzo Onorato, che cominciò ad aprire trattative con aziende internazionali soprattutto del gruppo Eni, che facevano ricerca petrolifera nel Mare del Nord. Si andava

per costruire grandi tubature sottomarine a partire dalle piattaforme in mezzo al mare: in quest’attività non solo battemmo il record mondiale di seimila metri al giorno di posatura di tubi, ma ricevemmo anche un premio dai norvegesi perché non avvenne mai alcun incidente nel periodo in cui eravamo noi a dirigere i lavori. E degli ultimi anni di attività quali sono state le soddisfazioni maggiori? Sicuramente quella di essere entrato in un’azienda come mozzo ed essere uscito come direttore generale!! Chi l’avrebbe mai detto? Di questo, dopo trentacinque anni di lavoro, devo ringraziare questa famiglia che mi ha manifestato grande fiducia e gratificato per tutto il tempo della nostra collaborazione. Per sette anni sono stato direttore, poi col sorgere di nuove tecniche, con il farsi più scientifico delle aziende, l’introduzione di nuove discipline e di settori prima sconosciuti, molte cose sono cambiate e ho lasciato il posto ad altre persone. Oggi ci si dedica più al portuale, si è perso quel carattere sanguigno dei nostri doveri. A volte ripenso a quando a bordo di una nave non c’era nulla, nemmeno una tv: si poteva sperare solo di trovarvi un buon cuoco che offrisse almeno i piaceri del palato, perché per il resto non si poteva contare su nulla. Nella fase più avanzata si possedevano i videoregistratori e ci si riguardava gli stessi film fino ad impararli a memoria. Oggi si hanno telefoni e tv satellitari. Insomma posso davvero dire che i quegli anni la nave era divenuta davvero la mia seconda casa e di aver trovato lì la mia seconda famiglia.


TRADIZIONI MEDITERRANEE: IN SARDEGNA GIUNSE CON GLI SPAGNOLI NEL ‘400

La mattanza

T

utti gli anni, nel mese di maggio, la cittadina di Carloforte è al centro di un importante evento: la mattanza. Si tratta di una particolare tecnica di pesca del tonno le cui origini si perdono nella risalente antichità. Cenni si trovano addirittura nell’Odissea di Omero e negli scritti di Plinio che parla delle tonnare della Sicilia. Probabilmente furono i fenici ad impiantare le prime tonnare (forse a Cadice) ed anche i greci si dedicarono alla pesca del tonno su larga scala. Peraltro l’attuale rituale venne introdotto dagli arabi - prima in Spagna e in Sicilia e poi nel resto del Mediterraneo - nell’alto medioevo. Ad essi infatti si deve la diffusione

della “tonnara”, vale a dire del sistema delle reti fisse divise in “camere” e collocate in modo tale da guidare il tonno, attraverso le stesse, fino alla “camera della morte”. Col medesimo termine si indica, per estensione, anche il luogo in cui tali reti vengono utilizzate. Furono invece i normanni, nell’XI secolo, a disciplinare sul piano giuridico le tonnare in relazione ai diritti regi ed alla loro riscossione. In Sardegna la mattanza venne introdotta dagli spagnoli nel Quattrocento. Nel Seicento arrivò in Liguria e nell’Ottocento conobbe il periodo di massima espansione. Nel corso dei secoli le tonnare furono impiantate in Sicilia, in Sardegna, in Calabria e in Liguria. Per tradizione gli antichi

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stabilimenti per la lavorazione del tonno erano ubicati in prossimità delle saline essendo il sale l’elemento necessario per la conservazione del pesce che non poteva consumarsi fresco. La pesca del tonno è tuttora incentrata intorno al tonnarotto più esperto, detto “rais” (termine di origine araba che significa “capo”). E’ il custode delle tecniche e dei segreti che si tramandano di generazione in generazione: è lui che dirige le operazioni, dettando la particolare disposizione delle reti e impartendo gli ordini a tutto il gruppo di pescatori sino all’uccisione dei tonni. Il rais, uomo di specchiata fedeltà nei confronti del padrone della tonnara, deve avere grandi cognizioni sul fondo del mare e sulle abitudini del tonno, deve saper costruire le reti in modo che la burrasca non le danneggi e deve altresì sorvegliarle continuamente. E’ necessario persino che abbia buone conoscenze di meteorologia per presagire le condizioni del tempo. Il lavoro dei tonnarotti inizia ad aprile allorché vengono calate in mare una serie di grosse reti che possono raggiungere anche alcuni chilometri. Le reti vengono calate ove si ritiene abbondante il passaggio dei tonni, vale a dire nella presunta “rotta di migrazione” dall’Atlantico che il tonno apprende per via genetica. Lo specchio di mare in cui vengono gettate deve avere una profondità di almeno 35 metri. Le reti, vere costruzioni di corde e maglie, si distinguono in anteriori e posteriori. Data la loro disposizione inducono i tonni ad addentrarsi sempre più nelle maglie interne fino ad arrivare alla cosiddetta “camera della morte”. Il tonno entra seguendo il suo istinto, nonostante la rotta sia sbarrata dalla rete, inconsapevole del destino che lo attende. E’ in maggio che, agli ordini del rais, si compie la mattanza. La mattina, il rais si reca nella tonnara prima del sorgere del sole e spinge i tonni nella camera della morte. Quindi annuncia che tutto é pronto. Nella terraferma la gente aspetta con impazienza, alcuni sono armati di binocoli. Tutto il paese partecipa all’ansia dei pescatori e, sempre più spesso, arrivano anche personalità per assistere allo spettacolo. La mattanza viene effettuata accerchiando le reti e tirandone i lembi esterni sui barconi finché affiorano i tonni che vengono presi con l’ausilio di grossi arpioni. Le varie “camere” di queste reti sono prive di fondo e perciò una buona parte di esse deve rimanere stesa immobile sul fondo. L’ultima camera, detta camera della morte, é l’unica ad essere chiusa in basso, perché deve essere sollevata con i tonni prigionieri quando si dà inizio alla vera e propria mattanza. Il pesce che incappa nella prima grande camera della rete non cerca di tornare indietro ma tenta di attraversare l’ostacolo, smarrendosi nelle camere vicine. Il viaggio si conclude nella “camera della

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morte” dove i tonni impazziti cominciano a fendere l’acqua con le pinne e la coda. Ha inizio un angoscioso e selvaggio carosello: un vero e proprio maremoto prodotto da queste creature del mare, intrappolate senza più scampo, che si dibattono, in mancanza della profondità per cui sono nate, alla ricerca disperata di una via d’uscita. Le grida dei tonnarotti si confondono con i colpi di coda e i

movimenti d’acqua generati dai tonni. Nel momento in cui il numero dei tonni imprigionati nella camera precedente a quella della morte è notevole, la rete di divisione tra le due camere viene ritirata e si attende l’ingresso dei tonni nella camera successiva, quella della morte appunto. A ingresso avvenuto ha inizio la mattanza: la rete viene tirata su e i tonni, man mano che l’acqua a loro disposizione diminuisce, sono costretti a salire in superficie. Qui si dibattono e si accavallano in pochi centimetri d’acqua, dandosi


terribili colpi di coda, massacrandosi a vicenda, lanciandosi disperatamente contro gli angoli della camera della morte. Il mare, quasi per un sortilegio, si tinge di rosso: la trappola dell’uomo ancora una volta ha funzionato. Sul grande frastuono di urla e di spruzzi, si sente il fischio del rais che ordina la mattanza finale: ora comanda l’attacco come farebbe un generale il giorno della battaglia. Con un grido poderoso

gli uomini protendono fuori bordo i loro tremendi uncini. A questo punto i tonni vengono colpiti e issati a bordo delle chiatte tramite aste provviste di grossi uncini e l’utilizzo di paranchi per gli esemplari più grossi. E’ uno spettacolo antico e cruento al tempo stesso.Il rais - sempre ritto sulla sua barca al centro della strage - dirige a braccia alzate la mattanza emettendo a intervalli regolari lunghi e fermi fischi che sembrano le trombe del Giudizio Universale. Indossa un pesante impermeabile di gomma ed ha il

capo coperto da un cappuccio. Per sovrastare le grida degli uomini che si fanno sempre più assordanti, impartisce gli ordini con l’ausilio di un fischietto e con ampi e solenni gesti della braccia che lo fanno assomigliare ad un sacerdote intento a compiere strani riti. I tonnarotti, a loro volta, ai comandi secchi e precisi del rais, tirano su il coppo (la rete che sta sul fondo della camera della morte). Quindi comincia la cattura dei tonni che, uncinati dai tonnarotti posti ai bordi dei vascelli, vengono issati a bordo, agguantati per le pinne e spinti sul fondo dei vascelli dove si dibattono vanamente. La confusione che segue questo momento é grande: i battelli carichi di pescatori e di spettatori si muovono dal lido e si dispongono nell’ordine in cui debbono avvicinarsi alla camera della morte. Fra le urla dei pescatori si comincia a tirar fuori la rete con grande regolarità: più la rete viene tirata, più il cerchio dei battelli si restringe e il ribollire crescente dell’acqua annuncia che i tonni stanno per essere tirati a galla. Il tonno preso nella mattanza viene venduto fresco nei mercati del pesce o avviato all’industria conserviera dove può subire vari processi di conservazione che vanno dall’affumicatura alla salagione. Spesso viene cotto a vapore e conservato in scatola o sotto vetro sia al naturale che in olio. Molto apprezzati sono la bottarga (uova essicate e salate) e il musciame (filetto essicato). Le varie parti del tonno che si possono trovare in commercio sono: la ventresca, il cuore, la buzzonaglia, i filetti, il belu (trippa), il figatello (lattume), il tonno affumicato. Nei ristoranti vengono preparati anche piatti che ne prevedono l’uso crudo come il sushi e il sashimi. Intorno all’antico rituale della mattanza, la partecipazione dei turisti è sempre maggiore: da qualche anno per il loro trasporto vengono addirittura organizzate apposite barche. Si tratta dunque di un’occasione importante per la promozione dell’immagine del territorio, della sua cultura, della storia e delle tradizioni che custodisce: una cultura, quella della tonnara, come si è visto, antichissima e ricca di suggestioni da riproporre anche in un’ottica di divulgazione e valorizzazione delle più autentiche radici storiche e culturali carlofortine. Questo di tipo di pesca va comunque scomparendo a causa della diminuzione dei tonni causata sia dall’inquinamento del mare e sia, e soprattutto, dalla pesca di tipo industriale che intercetta i banchi dei tonni molto prima che si avvicinino alle zone costiere. A distanza di secoli la mattanza può sembrare quasi anacronistica. E invece é ancora terribilmente reale e carica di fascino, primordiale rappresentazione dell’eterna lotta per la sopravvivenza tra l’uomo e la natura.

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LA LUNGA STAGIONE DELL’OSPITALITÀ TRA LE CORTI DELLE ANTICHE CASE, ITINERARI MUSICALI, ARCHEOLOGICI ED ARTIGIANALI

Dorgal


li

U

n territorio, quello di Cala Gonone e Dorgali, ricco di mare, di sole e spiagge, ma anche di cultura e tradizione. Ricco della nostra storia. Eppure qui, come in molte zone costiere, si vive il turismo solo tre mesi all’anno. Qui, quasi fossimo davanti all’esaltazione delle alternanze si scovano spiagge uniche, scenari da mille e una notte, ci si abbandona ad una vacanza tutta sole e mare, si praticano nuovi sport come l’arrampicata e il free climbing e dall’altro si dimenticano i nuraghi e la casa delle fate, custodi di segreti millenari e immersi nella natura. Per questo nasce “La Musica del Mare”, ormai alla sua sesta edizione, per valorizzare saperi locali, tradizioni, artigianato ed enogastronomia, facendo innamorare il visitatore, che viene anche per il concerto di Capodanno, di tutte le meraviglie di questo territorio e non solo del mare. Una manifestazione con il sapore di una festa per gli abitanti di Dorgali e Cala Gonone: la musica e il folklore hanno animato le strade, le rassegne enogastronomiche e gli eventi culturali hanno allietato le giornate dei cittadini e lo shopping non è mai stato così intelligente, tra le vetrine luccicanti dei laboratori di alta gioielleria, le botteghe di pellame , tappeti e ceramiche. Gli obbiettivi erano molteplici, non solo quello di animare le festività natalizie della popolazione che risiede da sempre, ma anche quella, più commerciale forse, di attrarre e trattenere flussi turistici in un periodo dell’anno che non sia quello estivo ed educare l’offerta turistica ad altri tipi di servizi. L’itinerario di musica, spettacoli, appuntamenti gastronomici e percorsi naturalistici ed archeologici ha coinvolto il territorio nella sua interezza, partendo dal centro storico, nelle stradine strette addobbate a festa, proseguendo lungo gli scavi archeologici, in campagna nella natura selvaggia, tra corbezzoli ed erica, per poi concludersi nelle splendide spiagge di Cala Gonone. 41


...e di


Questa è solo una delle tante iniziative che l’Amministrazione di Dorgali ha organizzato per preservare tradizioni ed abitudini tipiche di questo territorio. “D’OR GALI”, che ha avuto luogo nella splendida cornice di Villa Ticca, è stata l’occasione per mettere in mostra lo splendido artigianato locale. L’arte orafa dorgalese, che trova la sua massima espressione nella filigrana, complessa e raffinata tecnica di lavorazione dei metalli preziosi, vanta una tradizione millenaria in questi territori con risultati eccelsi nella fattura di gioielli sardi. La presentazione di questi manufatti ha avuto luogo attraverso una sfilata, integrata da fasi descrittive sulla lavorazione e sul significato che il gioiello ha assunto nella nostra tradizione. Un’altra occasione per conoscere più a fondo e meglio il territorio dorgalese, i suoi profumi e sapori, è stata offerta da CORTES APERTAS. Per tra giorni i laboratori artigianali ed enogastronomici e le “corti” delle antiche case hanno aperto le loro porte al pubblico. I proprietari degli antichi cortili hanno esposto i prodotti gastronomici e artigianali di loro produzione, riproponendo le arti e i mestieri di un tempo. Si è potuto degustare le prelibatezze di Dorgali, ammirare le sue antiche strutture e apprezzare l’ospitalità degli abitanti. Queste sono le iniziative del Comune per una politica strategica di sviluppo, queste sono le idee per restituire un’immagine di Dorgali vitale 365 all’anno.

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ANCHE RAUL BOVA NELL’INCANTO DEL FLUMENDOSA

CUSA, MA TI CHIAMO PA

«U

n incanto, un angolo di paradiso». Con queste poche parole Raul Bova, uno degli attori più conosciuti e apprezzati d’Italia, ha fotografato lo splendido scenario offerto dal Lago Flumendosa in autunno. La star del cinema, interprete di fiction campioni di incasso come “Nassyria”, “Ultimo” e di film quali “Palermo-Milano solo andata”, “La finestra di fronte” e “Scusa ma ti chiamo amore”, lo scorso mese di ottobre si è ritrovato a ricoprire l’involontario, ma convinto, ruolo di testimonial di uno degli scenari ambientali più belli della Sardegna: il Lago artificiale del Flumendosa a Nurri. Galeotta fu la gara di sci nautico. Raul Bova si è innamorato di questa fetta di paradiso in occasione del campionato italiano a squadre di wakeboard “Wakezone Cup 2009” promosso

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dall’associazione “Wakenoarding Sardinia Association” di Cagliari in collaborazione con l’amministrazione comunale di Nurri e il Consorzio turistico dei Laghi. Non era lì per interpretare un film, ma semplicemente accompagnava suo figlio Francesco alla gara. Tutto questo a dimostrazione delle enormi potenzialità turistiche, anche legate agli sport nautici, di una zona ancora poco conosciuta. «Siamo fieri di aver avuto tra i nostri ospiti una star di livello internazionale come Raul Bova», ha detto al termine della manifestazione il sindaco di Nurri, Antonio Atzeni. Sono proprio le amministrazioni del territorio le artefici di un ambizioso progetto turistico, nato a metà degli anni Novanta, che finalmente ha imboccato la giusta strada trasformando in realtà alcuni sogni e speranze del passato. Laghi, cascate, grotte e altipiani. Natura incontaminata e specchi d’acqua limpidissimi da far invidia ai fiordi norvegesi. Ecco quanto


PARADISO

Antonio Orgiana

offrono i Comuni riuniti nel Consorzio Turistico Laghi & Nuraghe sulle rive dei laghi Flumendosa, Mulargia e Is Barrocus. Una scommessa vinta dalle amministrazioni di Esterzili, Goni, Isili, Seulo, Villanovatulo, Serri, Orroli, Nurri, Sadali, Nurallao e Siurgus Donigala. Il Consorzio, presieduto dal sindaco di Orroli Antonio Orgiana, riunisce insieme ai Comuni alcune strutture alberghiere: il Villaggio Antichi Ovili, Omu Axiu e Castellinaria a Orroli, il Borgo dei Carbonai, immerso nei boschi di Esterzili, Janas Village a Sadali, il centro nautico e hotel Istellas e l’Hotel Beauty Farm Canali Nur sul lago Flumendosa. Tra le recenti iniziative che hanno avuto più successo va ricordato il concorso “Collezione vincente” organizzato dal Consorzio turistico dei Laghi e dal centro commerciale La Corte del Sole di Sestu. Una raccolta di figurine del

tutto particolari ispirata al più noto album dei calciatori Panini. A prendere il posto delle mitiche figurine dei calciatori ci sono i laghi Mulargia e Flumendosa, il tempio nuragico di Esterzili, le Domus de Janas di Goni, le grotte di Sadali, il centro nautico Istellas di Nurri e la casa museo Omu Axiu di Orroli. L’album al completo si trasforma in una vera e propria guida turistica. Il percorso consigliato dall’originale guida turistica è più affascinante se realizzato in battello. Un piccolo catamarano, stile Mississipi, messo a disposizione dalla società Navigazione dei Laghi che offre la possibilità, unica in Sardegna, di un escursione in battello nelle acque del Flumendosa e Mulargia. L’emozione di un viaggio senza tempo.

Raul Bova


MARE LOUIS VUITTON TROPHY A LA MADDALENA NEL 2010 Sarà l’isola gallurese La Maddalena a ospitare la Louis Vuitton Cup, la sfida velica mondiale che stabilirà gli sfidanti per i detentori della Coppa America. Una grande occasione per l’isola e per l’intera regione che per due mesi, la primavera prossima, ospiterà centinaia di atleti e tecnici della vela oltre tutti gli appassionati di regate che verranno ad assistere alle avvincenti gare.

ASINARA, INCREMENTO DEL TURISMO E NUOVI PROGETTI È lievitato del 30% quest’anno il numero di attracchi presso il campo boe all’Asinara, un numero destinato a crescere, visti i progetti disegnati per l’isola. Nuovi approdi e corridoi sono infatti previsti anche per le imbarcazioni a motore a Cala Reale e Cala d’Oliva, e già numerosi servizi e operatori turistici sono a disposizione dei turisti per completare il quadro insieme a vegetazione, spiagge e acque cristalline. Finora sono stati incrementati i servizi soprattutto nell’area est della costa: oltre le due spiagge sopraccitate, spiccano anche Punta Traboccato, Cala del Bianco destinate per ora alle imbarcazioni a vela, mentre Fornelli, la località del vecchio carcere, accoglie già imbarcazioni a motore.

magnum A cura di Simone Ariu

Indispensabile per accedervi la prenotazione presso l’Asinara Marina (www.asinaramarina.com) e raccomandato il ferreo rispetto delle regole del parco.

MEDSEA 4: ITALIA - MONTENEGRO Si è tenuta recentemente la XX edizione della Rassegna del mare che quest’anno ha preso il nome di “MedSea 2009, Italia-Montenegro”. Promossa dall’Associazione Ecologica Scientifica Mareamico, in collaborazione con il Ministero per l’Ambiente e il Ministero per le Politiche Agricole, quest’anno la rassegna ha promosso la valorizzazione del mare e delle sue risorse, affrontando i problemi dell’ambiente marino nei suoi aspetti ecologici, ambientali ed economici. L’attenzione dio tanti si è soffermata sulle opportunità di sviluppo economico derivanti da una maggiore collaborazione in termini di collegamenti marittimi, che si tradurrebbero poi in sviluppo dei traffici commerciali e del turismo. Sfruttare al massimo il potenziale che la striscia adriatica rappresenta per l’Italia e per l’Europa, senza trascurare la vulnerabilità ambientale del Mediterraneo e dell’Adriatico nello specifico, sembra essere questo il messaggio lanciato quest’anno dalla rassegna MedSea, affinché le istituzioni e le autorità coinvolte colgano l’invito avviando una proficua collaborazione, in vista di un

Mediterraneo che è sempre più varco e sempre meno frontiera.

LA TIRRENIA VERSO LA PRIVATIZZAZIONE Verrà completata entro settembre 2010 la privatizzazione della Tirrenia insieme alle altre tre flotte regionali Toremar per la Toscana, Caremar per la Campania e Saremar per la Sardegna. Ad annunciarlo il ministro dei Trasporti, Altero Matteoli, che dichiara anche che «la gara ad evidenza europea riguarderà la privatizzazione della hoding» mentre per le altre tre flotte regionali saranno «le regioni protagoniste dell’operazione». Ora, dice il segretario Filt Cisl Franco Nasso, «è stato dato l’avvio al confronto con le Regioni interessate per avere chiarezza sui progetti industriali, collegati alle offerte presentate che devono garantire nei bandi di gara, l’occupazione e le condizioni contrattuali».


LA PORTAEREI GARIBALDI A CAGLIARI Ha ormeggiato presso il molo Rinascita di Levante, prima di ripartire per l’esercitazione STAREX ’09 nelle acque ad Est della Sardegna, la portaerei Giuseppe Garibaldi. L’Ammiraglia, con i suoi 720 uomini di equipaggio, era infatti di rientro dall’esercitazione Loyal Midas ‘09 nel Golfo del Leone, cui ha preso parte con le Forze della Nato. Varata nel 1983, l’Unità si distingue ancora oggi per le sue potenzialità operative e per l’efficacia garantita dalla disponibilità a bordo di elicotteri di varia tipologia e dei velivoli a decollo verticale Harrier.

LA GOLFO ARANCI CIVITAVECCHIA VIENE SOPPRESSA Sarà soppressa dal primo dicembre la tratta Golfo Aranci-Civitavecchia: questa la decisone di Trenitalia e immediato è stato l’Sos lanciato dal segretario regionale della Cisl, Giovanni Matta. Nuove incertezze attendono, infatti, l’azienda Keller Meccanica di Villacidro e, di riflesso, tutto il Medio Campidano. Il rischio principale cui si verrà esposti sarà naturalmente che «senza collegamenti efficienti con la penisola il sistema-Sardegna non troverà quella condizione necessaria per consolidarsi», come ha affermato Matta, che aggiunge: «La Cisl sarda non può accettare questo ennesimo colpo assestato al nostro sistema industriale e lasciar cancellare un altro pezzo della già debole industria sarda».

OPERAZIONE “EOLO”, UNA SOCIETÀ DELL’ISOLA SOTTO INCHIESTA Ancora in tema di scarsa trasparenza legata al sorgere dei parchi off-shore, è giunta la denuncia pubblica del parlamentare Mauro Pili, volta a mettere in luce il legame esistente tra la Fri-El Green Power di Bolzano (che controlla il 75% della Green Energy Sardegna) e l’inchiesta sui fondi che la mafia sta investendo nel business dell’eolico a Trapani. La Green Energy, strettamente dipendente dalla società trentina, non solo ha già realizzato un impianto nella zona tra Guspini e Gonnosfanadiga, ma avrebbe già ricevuto quattro mesi e mezzo fa l’autorizzazione per un nuovo impianto di 15 aero-generatori presso il Comune di San Giovanni Suergiu. Nessuno sa chi realmente controlli questa società, ma è indicativo il fatto che la Friel Green Energy, da cui provengono i tre quarti del suo capitale sociale, sia stata oggetto nel mese di febbraio dell’operazione “Eolo” che ha portato all’arresto di otto persone, tra imprenditori, amministratori pubblici e presunti mafiosi coinvolti in un presunto giro di riciclaggio di denaro sporco.

Il parlamentare Mauro Pili

FORT LAUDERDALE INTERNATIONAL BOAT SHOW Si è da poco chiuso in Florida il Fort Lauderdale International Boat Show al quale hanno partecipato 13 aziende italiane nell’ambito della collettiva organizzata da UCINA – Confindustria Nautica e ICE (Istituto

Commercio Estero). Il Salone Nautico di Fort Lauderdale è una tra le fiere più importanti del settore nautico a livello mondiale e quest’anno celebrava il suo cinquantesimo anniversario. La nautica made in Italy è un’ottima esportatrice di imbarcazioni (per la nautica da diporto), vendendo all’estero il 55% del valore della produzione e avendo come seconda destinazione principale delle esportazioni, dopo l’UE, proprio gli Stati Uniti. Per questa ragione UCINA programma costantemente la partecipazione dell’industria nautica italiana ai saloni esteri.

L’AUTOSTRADA LUNGO IL MARE Il governo libico ha individuato la prima delle quattro zone franche promesse alle imprese italiane. Si tratta di un’area di 500 ettari che si trova a Misurata, 200 chilometri a est di Tripoli. Il ministro dell’Economia Mohamd Al Hweij ha garantito niente dazi e tasse per le merci per un periodo di cinque anni e nessun obbligo di joint venture con società libiche. La zona dovrebbe essere operativa entro 6/12 mesi e le imprese italiane potranno usufruire di 11,6 miliardi di euro messi a disposizione dalla banca centrale libica per far decollare l’operazione. La volontà è quella di creare un’autostrada lungo il mare che unisca i due paesi, e magari rappresenti un freno all’immigrazione offrendo lavoro e manodopera.


MARE

magnum

MARIO MATTA NUOVO PRESIDENTE DEL SISTEMA TURISTICO LOCALE “ELEONORA D’ARBOREA”

È stato eletto il nuovo presidente del Sistema Turistico Locale “Eleonora d’Arborea”, si tratta dell’assessore al Turismo della Provincia di Oristano Mario Matta. Il nuovo presidente, sostituisce l’imprenditore turistico di Bosa Marco Mannu, rappresentante del Consorzio Turistico “Il Grifone”, che ha assunto l’incarico di vice presidente. Il Sistema Turistico Locale “Eleonora d’Arborea”, nella fase iniziale, era stato avviato da Marco Mannu e nella fase iniziale del complesso iter operativo, aveva individuato alcune linee strategiche di intervento e creato alcune strategie di marketing e di prodotto da presentare al mercato turistico e negli eventi di promozione. Subito dopo la nomina, Mario Matta, afferma che “…le linee operative e di indirizzo, alla definizione delle quali la Provincia ha concorso sin dalla fase iniziale, saranno perseguite e rafforzate incrociandosi con le linee di promozione strategica della Provincia di Oristano. Attenzione quindi - ha proseguito l’assessore - ai segmenti del golf e del cavallo, del treking, del diving, del surf, del terma-

lismo, dell’escursionismo ecologico e ambientale, dell’enogastronomia, dei luoghi sacri, delle aree interne e degli eventi e delle tradizioni. E ancora – ha concluso il nuovo presidente dell’STL - del Lago Omodeo e della Marmilla, del Sarcidano, della Planargia e Montiferru, delle zone umide del Sinis, di Oristano e Santa Giusta, Arborea e Terralba, oltre ai centri con eccellenze produttive come Arborea, Mogoro, Santulussurgiu, Samugheo, Bosa, Cabras, Terralba, Santa Giusta e altri.” Il Sistema Turistico Locale “Eleonora d’Arborea”, è un organismo a partecipazione pubblica e privata e i componenti sono nominati dai rispettivi organismi, ne fanno parte: Antonello Manca, per il Comune di Cabras e quelli dell’Area del Sinis; Marzio Schintu, per il Comune di Oristano; Pietro Giordano, che rappresenta anche le aree geografiche del Sarcidano, Barigadu e Alto Oristamese, designato dal Consorzio Turistico “Sa Perda lddocca” di Laconi; Vincenzo Pinna, per il Comune di Bosa e quelli della Planargia; Alessandra Spano, per il Comune di Santa Giusta e quelli dell’Arci-Grighine e basso Oristanese,; Salvatore Crobu, per il Comune di Busachi; Alessandro Carta, per il Comune di Flussio; Pino Porcedda, per la Camera di Commercio e la Confcommercio di Oristano; Pietro Serra, per il Consorzio Turistico Oristanese; Roberta Sanna, per l’Associazione degli Industriali; Valentino Brunz, per la Confesercenti di Oristano; Antonello Solinas, per il Gruppo di Azione Locale Terre di Shardana; Giuseppe Fumagalli, per l’Api Sarda; Bruno Attori, per l’Associazione “Ape Regina”.

DELIBERE PESCA

Via libera ai contributi a integrazione dei fondi dei Consorzi fidi, che operano a favore delle piccole e medie

imprese, e a ulteriori fondi in aiuto degli investimenti produttivi nel settore dell’acquacoltura e della trasformazione e commercializzazione. Approvata anche la delibera che ridefinisce i criteri per il Piano di riconversione del piccolo strascico (in programma nuove risorse pari a 1 milione di euro). Lo stesso provvedimento prevede, inoltre, che la Regione concordi con il ministero delle Politiche agricole misure di salvaguardia per prevenire nei compartimenti marittimi della Sardegna l’iscrizione di imbarcazioni che utilizzino il sistema a strascico ma provenienti da altre regioni, al fine di non vanificare gli effetti del Piano regionale di riconversione.

AL VIA LE CESSIONI DEL DEMANIO MILITARE

La caserma Ederle alle pendici del colle Sant’Elia, a pochi chilometri dal mare, è oggetto dell’accordo stretto tra Ministero e Regione, con scadenza nel 2011. L’area di 22456 metri quadri è oggi utilizzata come centro di selezione dei volontari in ferma prefissata annuale (VFP), ma le funzioni della caserma non hanno più l’importanza di una volta, e il personale impiegato arriva a malapena a 50 unità. Dopo il trasferimento, la proprietà passera dalle Forze Armate alla Regione, che così potrà restituire ai cittadini l’uso di una zona ad alto valore naturalistico e turistico. Inizia così un processo di rivitalizzazione e crescita della costa sud orientale sarda.



CAGLIARI MaurizioArtizzu

città di mare e

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este “a misura d’uomo” quelle cagliaritane appena trascorse, promosse dell’Amministrazione Comunale di Cagliari. Lontano dagli stereotipi dell’ordine rinascimentale, ma forte nella sua missione: risvegliare sensi e sentimenti assopiti sotto strati di lana. Cagliari diventa un tripudio di colori, dove il vociare scomposto delle persone, i sorrisi tra la folla e i pacchetti infiocchettati danno un senso di festa. Un’occasione per interagire con la città che ci accoglie e raccoglie ogni giorno, per lavoro, per studio o per diletto, e percepirne attraverso i cinque sensi sfaccettature diverse. La vista, stimolata dalle numerose mostre, dai film, dalle rappresentazioni teatrali e dagli spettacoli, che nei mesi scorsi hanno riempito sale e teatri. Il “Circuito Danza Sardegna” ha portato in scena “Lo Schiaccianoci” nel giorno di Santo Stefano, il Teatro delle Saline è stato lo scenario per una romantica “Cenerentola”, di Rosalba Piras. Anche i cinema cagliaritani hanno proposto un

lungo calendario di incontri, film come: Vivere in pace, Chocolat e altri hanno allietato le nostre serate. E infine le mostre, hanno reso omaggio a personaggi che hanno fatto la nostra storia, anche visiva, come quella dedicata ad Ugo Pellis, che con le sue fotografie della Sardegna ce ne restituisce un’immagine inedita nel periodo tra le guerre, o quella in onore di August Sander che con le sue oltre 300 foto offre un vero “ritratto”dell’isola a cavallo degli anni ‘20. E ancora l’immancabile mostra dei presepi, che raccoglie tutti i presepi provenienti da Cagliari, Medio Campidano, Sulcis Iglesiente e Oristanese. Gli spettacoli, di “Zia Rosina” della Pola ad esempio, e tutti lì a ridere, mentre nelle vie babbi natale, angeli e folletti riempiono le strade di allegria. L’udito, allietato dai canti, dalle musiche che hanno riempito ogni via con le loro mille note. Angeli, elfi e Babbo Natale di ogni età, strumento alla mano, hanno fatto risuonare le canzoni tipiche di questa festività. Le bande musicali (di Sestu, Monserrato e Quartu) marciavano tra le vie e non son mancate neppure le launeddas a ricordare il Natale sardo. Ma agli angoli della strada c’erano anche le melodie di sempre, di un violino, con sotto un bicchiere, o di una fisarmonica, note meno festose di chi per tutto l’inverno cerca di vivere con la carità altrui. E poi la serata conclusiva, il concerto dei concerti, Claudio Baglioni sul palco e Cagliari invasa dal pubblico. Il gusto, viziato con fiumi


SPIRITO MEDITERRANEO ATTRAZIONI CULTURALI E SPETTACOLI

e di accoglienza

di cioccolato,distribuiti per la strade da trampolieri, sputa fuoco e burattinai, Cagliari è diventata la città più dolce d’Europa dove pasticcieri e decoratori hanno creato vere e proprie opere d’arte con il materiale più sfizioso che c’è: il cioccolato. Il bastione un’immensa cioccolateria coperta, la bontà natalizia passa anche da qui. Il tatto, messo alla prova dai vari laboratori che hanno fatto rivivere la magia della preparazione del pane, di pietanze dolci o sculture di cioccolato. Ed infine, i cioccotatoo, un’idea gustosa per decorare la pelle. A questo si è aggiunto il senso di solidarietà, il grande albero natalizio di Saint Remy, ha visto ai suoi piedi numerosi doni, con fiocchi e nastri destinati ai bambini ospitati nel reparto di Oncoematologia dell’Ospedale Microcitemico di Cagliari. Ed ancora il senso imprenditoriale dei commercianti che hanno sfruttato le numerose manifestazioni, per cercare di dare nuovo impulso e vigore alle proprie attività, per rendere più appetibile la frequentazione delle zone economiche di Cagliari, in un momento di crisi che colpisce tutti. Persino il nostro senso di appartenenza non è stato dimenticato. Così i cagliaritani si sono riappropriati delle loro strade, riscoprendo gli angoli più remoti di questa antica città, godendo della rinomata ospitalità sarda. Questa la Cagliari che ha salutato il 2009, e altrettanto intensa ed accogliente quella che dà il benvenuto al 2010, con un genna-

io altrettanto ricco di emozioni ed eventi pronti ad arricchire le nostre fredde serate invernali, e non lasciar svanire del tutto l’area di festa delle vacanze appena trascorse. Per deliziare la nostra vista prosegue il progetto visivo MAT al Teatro Lirico, insieme alla rassegna teatrale per i ragazzi a Sant’Eulalia e quella di opere contemporanee al Teatro delle Saline. Per gli amanti del grande schermo, va avanti la rassegna dedicata a Truffaut dell’ex Liceo Artistico e quella sul cinema del dopoguerra all’Odissea. La stagione di lirica e balletto raggiunge la sua massima intensità con la Bohéme al Lirico e quella di prosa con i programmi del Teatro Massimo. Non mancano anche le iniziative per gli appassionati di fotografia con le numerose esposizioni del Ghetto degli ebrei e presso la Galleria d’arte comunale, e neppure le arti figurative vengono trascurate con la mostra d’acquerelli al Castello San Michele. Musica e danza, infine, ci attendono con Play e il Circuito Danza Sardegna. Insomma ce n’ è davvero per tutti i “gusti” quest’anno!


DALL’ANTICA CITTÀ DI SANTA IGIA EMERGE UNA STRAORDINARIA OPPORTUNITÀ DI SVILUPPO PER CAPOTERRA, ELMAS E CAGLIARI

Un virtuoso contatto fra uomo e natura

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redici chilometri che abbracciano la pianura campidanese, sfiorando Assemini, Capoterra, Elmas e Cagliari, e che custodiscono storie passate e tracce di una civiltà che si affaccia alla vita: è la laguna di Santa Gilla, che regala da sempre scenari da mille e una notte. Saranno stati il clima mite, la pescosità delle sue acque o la ricchezza dei suoli a favorire l’insediamento di popolazioni, culture e civiltà, ma qualunque sia stata la ragione, è dalle sue coste che molte genti hanno mosso i primi passi. Semelia era il nome del primo piccolo insediamento masese nato nei pressi della laguna, un villaggio di pescatori e commercianti, produttivo per l’approvvigionamento del sale, la cui vendita era affidata ai monaci Vittorini. A metà del 300, Semelia contava 40 abitanti, numero destinato ad essere bruscamente interrotto nel 1528, anno certo del suo definitivo spopolamento. Il borgo cessò quindi di esistere, e i suoi abitanti si spostarono verso l’interno. Più misteriose sono le notizie dell’antica città giudicale di Santa Igia, portatrice di un modello economico arcaico e tradizionale, ma con una pratica mercantile

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spregiudicata. Ovunque fosse ubicata, il fango della laguna ha inghiottito le sue tracce. La pesca, risorsa importante per le popolazioni che si affacciano su questa terre, è un’attività storica della laguna, praticata da sempre con costanza. Negli anni ’20 si raggiungevano i diciassette quintali di pescato tra muggini, anguille, spigole, cozze e arselle. Ma l’arrivo di attività industriali ha trasformato l’ecosistema, distruggendo l’habitat marino e costringendo molti pescatori ad abbandonare il posto. Bisognerà aspettare un ventennio perché si possano rivedere i “cius”(tradizionali barchette lacustri) in attività: i pescatori riprendono in mano un mestiere ormai dimenticato, quel mestiere che era stato dei loro nonni prima, e dei loro padri poi. Il progresso però corre più veloce della ripresa e così le numerose bonifiche, costruzioni architettoniche e opere di cementificazione, hanno mutano radicalmente il magico scenario della laguna, a sottolineare che spesso il progresso umano si accompagna al regresso naturale. Nonostante questo, quegli spazi non vengono dimenticati, «Mi ricordo degli anni sessanta», mi racconta Armando

Ruggeri, fotografo masese da 32 anni «Trascorrevamo giornate intere sulle rive della laguna. Si faceva il bagno, si pescava, si pranzava lì e si organizzavo gite in barca». Qui, per trovare il gusto del bello basta gettare uno sguardo dall’alto, sulle tonalità azzurre chiare della mattina e rosso vermiglie della sera, sui tramonti e sulle albe,ripetuti ogni giorno ma mai uguali, sui colori scuri della vegetazione e sulle tinte accese degli animali che popolano il territorio. Per riscoprire quel “mediterranean moods” di cui parlava J.E. Flitch, è sufficiente guardarsi intorno, saper cogliere la tranquillità e la vivacità di un territorio che parla di noi, che racconta economia e tradizioni, che descrive la nostra Sardegna. La fauna e la flora tipiche di zone salmastre come questa, si inseriscono non solo nel nostro ambiente ma soprattutto nella nostra cultura, in modo così profondo da creare un connubio perfetto. Il papavero delle spiagge (Glaucium flavum), preannuncia le bellezze delle nostre coste e un clima mite, e i giunchi (Juncus acutus) sottili e flessibili diventano materia prima per la produzione di cesti caratteristici del nostro artigianato. La raga-


nella sarda, meglio conosciuta come Rana Arborea, è la seconda specie di anfibi che popola questi luoghi, e come dimenticare il reale fenicottero dal piumaggio roseo, che da sempre caratterizza la fauna lacustre. Il suo nido somiglia a dei piccoli nuraghi:

strana coincidenza per un volatile che solo qui trova le condizioni per vivere sereno. Oggi Santa Gilla è inserita nel programma “Life Natura”, con lo scopo di bloccare il degrado ambientale, ripensando il territorio in termini di sviluppo sostenibile e valorizzando al

meglio le risorse, ma soprattutto per ristabilire un contatto diretto tra uomo e natura. Unione così importante per noi: il popolo del mare.

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IABETE FA VELA

l mare guardato con reverenziale timore per molto tempo, il mare come simbolo di sport, ma oggi sopratutto il mare come cura e prevenzione. Da qui parte l’idea della neonata associazione sportiva dilettantistica “VELADIABETICA”, che avvicina due mondi, la nautica e il diabete, in apparenza diversi, ma in realtà collegati da un sentimento comune: la grinta e la determinazione necessarie per arrivare fino in fondo. Andare in vela significa porsi un obbiettivo, mantenere una rotta, guidare la barca contro il vento e costringerla a seguire la propria volontà, significa sapere come portare il timone in ogni occasione e conoscere a fondo la propria imbarcazione. Il diabete richiede la stessa ferrea volontà per portare avanti una dieta alimentare, un’attività fisica regolare, e uno stretto legame con l’insulina, bisogna conoscere la malattia e imparare a curarne i sintomi, per vincere il trofeo più importante: la salute. La nascita recente dell’Associazione, risalente al 29 Luglio 2009, avviene in un momento cruciale per la Sardegna, zona in cui, anche secon-

do l’ultimo aggiornamento del registro dell’Eurodiabete, le persone affette da questa malattia sono in aumento. In Sardegna il diabete diventa un’emergenza sociale e la Veladiabetica può essere una soluzione per attenuarne l’impatto. L’associazione si propone di avvicinare la pratica dell’autocontrollo tipico della patologia diabetica alla cultura nautica, promuovere e favorire l’inserimento di atleti diabetici nello sport della vela, sensibilizzare ed attirare l’attenzione dei mass media, Autorità pubbliche o Enti di ogni tipo e diffondere la conoscenza della pratica nautica con riferimento alla flora, fauna geografia marina e costiera. La partecipazione e l’organizzazione a manifestazioni sportive nazionali ed internazionali sono le mete dell’Associazione, che intende promuovere la visibilità e la conoscenza di questi temi, attraverso convegni, mostre fotografiche, dibattiti e regate, ma anche la coesione e l’armonia di gruppo attraverso campi scuola, residenziali e non, per giovani diabetici che in una situazione di maggiore indipendenza dalla famiglia potranno imparare

a gestire autonomamente la propria malattia. La presentazione di finalità, programmi e progetti del nuovo circolo sportivo è avvenuta presso la Lega Navale Italiana, in località Su Siccu, in occasione della Giornata Mondiale del Diabete, celebrata il 1415 Novembre 2009. Istituita nel 1991 dall’International Diabetes Federation e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, In Italia l’evento è organizzato dal 2002 grazie al supporto volontario di medici e infermieri diabetologi, dietisti, associazioni di pazienti e altri operatori sanitari. Giorno significativo, dunque, per la conoscenza della Vela Diabetica, dedicato non solo alla conoscenza della patologia e della sua prevenzione, ma anche alla fornitura di consulenze mediche e all’effettuazione di screening per la misurazione del livello glicemico nel sangue. Un piccolo passo per proiettarsi in un futuro sportivo di vertice,ed un grande salto per combattere una malattia che spesso arriva di soppiatto, e che rivoluziona la qualità della nostra vita.


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DALLA CITTÀ FENICIA, OTHOCA, AI RECENTI REPERTI DI ASSOLUTO VALORE STORICO. EPPOI IL “PORTO MEDITERRANEO” E GLI ATTRAVERSAMENTI DEL FUTURO

D’ORO LA LAGUNA

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ra storia ed economia, archeologia e turismo: la laguna di Santa Giusta diventa protagonista della sua città, oggi come tanto tempo fa. Sito archeologico di rilevante importanza, scenario di attività portuali ed economiche e teatro della regata dei fassonis, la laguna unisce la città, regalando l’antico sapore della civitas e pretendendo un’attenzione, anche amministrativa, da tempo negata. «La laguna sta restituendo molto della nostra identità storica. Othoca, antica città fenicia, sepolta ai piedi di Santa Giusta, è l’esempio di come la civiltà si sia sviluppata proprio a partire dalle sue rive», parla Antonello Figus, sindaco di Santa Giusta dal 2005. Il percorso sub-archeologico che interessa l’intera laguna sta dando buoni risultati? «Assolutamente si. Due anni fa, abbiamo dato il via a un percorso scientifico-archeologico in collaborazione con la sovrintendenza, e da allora sono venuti alla luce numerosissimi reperti archeologici, che raccontano come si viveva e cosa si mangiava nel VI secolo a.c. Abbiamo setacciato solo 18 metri quadri fino ad oggi, limitandoci allo strato più superficiale e abbiamo trovato 40 anfore dal VI al II secolo a.c, numerose brocchette del II secolo, piatti decorati e addirittura legni provenienti da navi, che attraccava-


A DI SANTA GIUSTA no nel porto di Othoca. Un patrimonio inimmaginabile». In che stato si trovano oggi questi reperti? «Essendo oggetto di archeologia subacquea necessitano di particolari trattamenti, come la desalinizzazione, oltre che di un restauro archeologico. Ma è sorprendente constatare che tutti i ritrovamenti hanno restituito oggetti quasi intatti. All’interno di alcune anfore sono stati addirittura rinvenuti resti di cibo: capretto, cereali o uva. Ora stiamo cercando di ricostruire i particolari, per capire che tipo di traffici commerciali esistessero e quali prodotti Othoca importava o esportava». Cosa significa per Santa Giusta scoprire le sue radici fenicie? «Significa riacquistare un’indipendenza culturale, smettendo di essere considerati solo la periferia di Oristano. Ma soprattutto, Othoca permette di

inserirci in un percorso culturale e turistico, come città fenicia, arricchendo il nostro territorio anche in senso economico. Tutti questi reperti infatti, saranno ospitati in un museo, che arricchirà l’offerta turistica, riconfermando la Sardegna all’interno del sistema mediterraneo, insieme a Tharros e Neapolis». La laguna è anche teatro di una antica tradizione del vostro territorio, che oggi è diventato uno sport, con una regata annuale: Is Fassonis. «Is fassonis sono della particolari barche, che servivano ai pescatori per attraversare le acque, oggi invece sono gli strumenti da regata dei numerosi sportivi che ormai da trent’anni vi partecipano. È il modo per custodire e tramandare questa particolare tradizione santagiustese, unica al mondo e simile solo ad un’imbarcazione peruviana utilizzata nel lago Titicaca».

Il porto: quale futuro lo attende? «La sua valorizzazione è il primo obbiettivo da raggiungere. Le caratteristiche strutturali che possiede, lo candidano come primo porto turistico della Sardegna: la profondità dei fondali consente, per esempio, l’attracco di grandi navi che negli altri porti non possono trovare spazio. In collaborazione con il Ministero delle Infrastrutture vorremo creare una nuova banchina, esclusivamente turistica, dove ospitare e accogliere i visitatori con tutti i confort. Da qui poi partirebbero un serie di pulman, capaci di dirottare i flussi turistici verso qualsiasi tipo di meta, offrendo diverse escursioni e itinerari attraverso la Sardegna: dal mare all’entroterra. La posizione strategica di Santa Giusta è una caratteristica da sfruttare al meglio». Così la laguna di Santa dona la vita alla sua città.


IL CAMPIONE DE “IS FASSOIS”

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nrico Loddo, detto Chicco, da anni esperto conoscitore dell’arte de Is Fassonis e vincitore della regata 2009. «Sono un costruttore, oltre che uno sportivo», confessa Chicco al Cagliaritano, «cerco di adeguare le caratteristiche dell’imbarcazione alla mia fisicità, spessatura del mazzo e dimensioni sono studiate e proporzionate alla mia statura. Costruisco imbarcazioni non più lunghe di quattro metri, il materiale in acqua si inzuppa velocemente rendendo difficoltoso gestire la struttura che comincia ad affondare, più sono piccole più resistono». Proprio per questa motivazione Enrico spesso è costretto ad allenarsi con delle normali barche,«Is fassonis devono essere perfettamente asciutti per entrare in acqua e purtroppo i tempi di asciugatura non sono molto rapidi, soprattutto in inverno. Bisognerebbe avere più di un’imbarcazione, così da poterle alternare, ma i materiali sono costosi e la lavorazione lunga, quindi possederne una è già un lusso». Si è avvicinato a questo sport per caso, trasportato dagli amici, e nel 2009 è stato il vincitore indiscusso della regata,conquistando il primo posto in tre specialità diverse. Le gare, che si

tengono solitamente la prima domenica di agosto sono tre: la prima prevede un percorso di 150 metri, da percorrere sei volte con il “cius”, una piccola imbarcazione di legno piatto che ancora oggi viene utilizzata per la pesca, la seconda impegna i partecipanti nel medesimo percorso ma questa volta sono i fassonis i protagonisti; remi alla mano, diventa una gara di velocità. Nell’ultima prova, la classe regina, gli sportivi devono dimostrare di saper guidare la propria imbarcazione con l’utilizzo del “cantoni”, una particolare pertica formata da tre canne assemblate con spago. «Mi alleno tre ore ogni giorno. Per partecipare ad una regata serve almeno un mese di preparazioni tecniche, oltre che di duri allenamenti. Bisogna preparare l’attrezzatura, testarla in acqua, correggere gli errori e aspettare che la barca si asciughi completamente», spiega ancora Chicco. «Per me è un grande onore essere arrivato primo: questo ripaga ogni mio sacrificio».

LA STORIA DEL PORTO D

anilo Sechi rappresenta la quartagenerazione dell’Agenzia Marittima Sechi, nata nella seconda metà dell’800 a Bosa, dove il bisnonno Antonio trasportava sul Temo i pellami per le concerie con le sue lance a remi. Da Bosa a Torregrande il passo sembra breve. Qui la famiglia Sechi costruisce un caseificio, una fabbrica per la lavorazione dei pomodori e un magazzino. Un piccolo impero. Negli anni quaranta si abbozza anche un trasporto passeggeri che viene, però, bruscamente interrotto dalla dichiarazione di guerra. Nel 1945 si provvede alla costruzione di un “Pontile”, capace di ormeggiare un’enorme numero di navi, ma insufficiente per gestire il traffico di traghetti adibiti ai trasporti dei camion che inevitabilmente dirotta le merci su

altri porti. Gli anni settanta si aprono con la costruzione di nuovo porto, proprio nel territorio di Santa Giusta, un’impresa faraonica: Aldo Sechi trasporta sabbia per creare nuova terraferma, mettendo a disposizione le sue draghe. Si scava anche in mare, approfondendo il fondale fino a 13 metri. In pochi anni il porto di Oristano, diventa il più importante porto cerealicolo della Sardegna, ma il motivo della sua creazione è quello di dare l’accesso al mare alle nascenti industrie chimiche di Ottana. Dal 1980 Danilo Sechi, ultimo esponente della generazione, inizia la sua attività. Promotore dei primi contratti di rinfusa delle banchine, ottiene la prima concessione demaniale rilasciata in piazzale per lo stoccaggio delle merci, offrendo così la possibilità

di stoccare merci senza imballaggio e pezzi pesanti: caratteristiche che possiedono solo porti di ultima generazione. «Porto avanti la tradizione della mia famiglia, cercando di offrire servizi migliori. Sto promuovendo nuovi traffici e nuove iniziative industriali e oggi il porto di Oristano è anche la base di ricerche oceanografiche. L’emozione più grande è stata quella di partecipare al primo vero evento storico: lo scalo della Moby Drea con la statua della Madonna di Bonaria, che ha riempito le banchine di 8000 mila fedeli. È stato un giorno importante ed emozionante per tutti», chiude Daniele.


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C’

era una volta la movida cagliaritana sulle rive del Poetto, c’era una volta la pasta ai ricci con vista sul mare, e per fortuna ci saranno ancora per un po’. Demolire i baretti del Poetto, metterli in regola, spostarli, diminuirne la metratura, ridurre i coperti, una lista di cose da fare ferma dagli anni ’80, ma oggi la Giunta Regionale ha finalmente fatto chiarezza. I baretti rimangono,voto espresso all’unanimità, visto che il Poetto è l’unico esempio di “spiaggia urbana” della Sardegna e unicum sociale, ma le norme sono tutte da rivedere. Il pasticcio del Poetto nasce proprio in quel periodo, e si tramanda fino ad oggi complici il lassismo, gli ammiccamenti, le sottovalutazione di una burocrazia fatta alla buona. Sfogliando le carte ci si accorge infatti che nonostante manchi la concessione edilizia i tutti i baretti sono accatastati, provvisti di licenze commerciali e in regola con l’Ici. Strano connubio. Tutto è iniziato con un blitz dei Nas nei tre chioschi di Cagliari e nei sette di Quartu, che hanno contestato numerose irregolarità, ed ecco il primo sigillo “struttura sottoposta a sequestro”. A complicare la questione poi si aggiunge il Pul, piano utilizzo dei litorali, importante nodo da districare: le concessione edilizie non possono essere rilasciate se il Pul non viene approvato e questo non può essere approvato se non viene prima reso più moderno. Un’altra strada senza uscita. Il nuovo, ma non troppo Pul, deve essere più attento al futuro del Poetto, ma soprattutto ai servizi richiesti dalla gente: baby parking, ristorazione, musica, vendita

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di creme solari, perché tutti si possano divertire sotto le stelle o su un tavolino in assoluta sicurezza e rispetto dell’ambiente. I chioschetti per i cagliaritani non sono solo un punto di ritrovo per l’aperitivo pomeridiano, o il luogo dove poter consumare il gelato tra un bagno di sole e uno di mare, sono soprattutto parte integrante di un’economia marina ed estiva che arricchisce la città, accogliendo 400 mila persone a stagione e incassando più di 3 milioni in pochi mesi, sono espressione di una mentalità innata per la gente cagliaritana che nel mare e nella spiaggia vede il suo naturale compagno, espressione di tradizioni marine. E lo sanno bene anche i giovani, che con passione hanno partecipato alle vicissitudini dello Zen, del Twist o della Dolce Vita, (solo per citarne alcuni), e che hanno affollato con le loro idee, schierandosi a favore o contro i social network più famosi del momento: Facebook con la sua pagina “Povero Poetto” ha fatto girare il contatore oltre i 13 mila iscritti e la petizione on line promossa dal proprietario del Neptune, ha raccolto più di


2580 adesioni. «Stanno ammazzando la nostra spiaggia», si legge sui muri virtuali, ed ancora«Non si può lasciare una spiaggia come quella di Cagliari senza chioschi. Un caffè o un gelato in spiaggia, seduto ad un tavolino davanti al mare è un momento al quale non si può rinunciare». E a dispetto dell’umore grigio dei proprietari dei chioschi e dei contestatori, il poetto si tinge di dorato, conservando temperature primaverili e richiamando già dalla primissima mattina appassionati di jogging, amanti dei pattini o della bicicletta, che fanno colazione o trascorrono la pausa pranzo lì, sul mare ad un passo dalla città. Adesso, accantonate polemiche e nervosismi, tutti pensano alla ricostruzione della spiaggia cagliaritana, le norme transitorie non sono più accettabili, una legge esiste e bisogna rispettarla: i nuovi baretti devono essere ristrutturati o riedificati in zone diverse da quelle attuali, le loro dimensioni devono essere equiparate al tipo di servizio offerto, con servizi igienici e di

spiaggia nuovi ed efficientemente posizionati tramite passerella. Non solo i classici chioschetti rimarranno, ma saranno affiancati da attività commerciali a carattere turistico e zone di

spiaggia destinate ad attività ludico sportive. Insomma una spiaggia tutta nuova, attenta alla compatibilità paesaggistica, alla sostenibilità ambientale e alle esigenze del cittadino: il Poetto diventerà un bene fruibile a tutti, 365 giorni all’anno.E pensare che nell’ottocento qui ci si estraeva solo il sale, e pensare che il primo stabilimento sorse nel 1862, per “i bagni al mare lontano dal centro abitato”. E pensare che tutto iniziò così’, senza fermarsi, senza mai guardare indietro: nel 1921 sorse il d’aquila e nel 1924 il Lido,negli anni tenta arrivarono le prime ville padronali e nel 1938 la “Colonia Dux” (poi destinata all’ospedale Marino) e dopo la seconda guerra mondiale i casotti,più di quattro mila unità colorate con 15 mila posti letto, e nell’86 la loro demolizione. Così, come venticinque anni fa, la spiaggia cambia volto, senza rimpianti. Come per quei casotti che non erano troppo in regola ma“ che bloccavano la sabbia fine fine” e che “rendevano il poetto tutta un’altra cosa”.

QUANDO LA POLITICA COLLABORA I

l Sib ha offerto una consulenza tecnico-giuridica ed ha lavorato per unire le diverse istanze espresse in Consiglio Comunale favorendo le attività produttive e della città. «È un bel momento oggi per la politica. Maggioranza ed opposizione hanno lavorato per imprimere una svolta definitiva alla situazione del Poetto. L’adozione di queste nuove misure vedono Cagliari finalmente protesa anche verso l’ “esportazione” della sua risorsa balneare, nell’ottica di una città turistica. Le relazioni instaurate tra Consiglio Comunale e Istituzioni ed Associazione di Categoria sono vitali per la salvaguardia delle realtà produttive esistenti. Questo è il modello vincente anche a livello nazionale, con la speranza che in futuro si possa aprire un dialogo anche con i comuni coinvolti nel processo di delega amministrativa. Un’ottica funzionale per lo sviluppo della macchina amministrativa e che potrebbe scongiurare la possibilità di ricorrere alla giustizia amministrativa, che rallenta il sistema, sprecando risorse pubbliche». Alessandro Murgia ,Responsabile Territoriale Cagliari, e Alberto Bertolotti, il presidente.


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i può dire che inizi proprio nel porto di Cagliari la memoria di Domenico Manca, il primo fotoreporter che attraverso il suo obiettivo si è fatto testimone di tutto il periodo più buio della nostra storia, seguendo passo dopo passo poi la rinascita e la valorizzazione della nostra regione. Via Mare ha voluto seguire attraverso i suoi ricordi e il suo archivio fotografico questa rinascita, che culmina in quei favolosi anni Sessanta con un evento entrato nella storia e nella memoria di tutti i cittadini cagliaritani, di cui ancora una volta Manca è stato il solo a portare testimonianza con i propri scatti. Avevo appena sedici anni quando iniziai a lavorare presso la base navale per fare fronte alla crisi generata negli anni della guerra e ricordo ancora come fosse ieri quel 28 febbraio del ‘43: quella mattina ero a lavoro, ero l’addetto all’officina siluri, quei siluri che erano destinati poi ai sommergibili da guerra. Quella mattina i bombardamenti arrivarono a bassa quota e solo per miracolo ebbi la prontezza di scappare nel rifugio fuori dalla base navale, mentre in città imperversava un inferno. Quel giorno la base navale e tutto il porto sono stati scenario di una vera e propria ecatombe e quando uscii dal mio rifugio molti dei miei coetanei che lavoravano con me erano rimasti vittime di quell’attacco. Quel giorno è stato uno dei mo-

QUELLA MACCHINA A SOFFIETTO CHE RIPRESE I GRANDI AVVENIMENTI AL PORTO DI CAGLIARI E IN QUEL DESERTO CHE STAVA PER DIVENTARE LA COSTA SMERALDA

Poi arrivò la regina e menti peggiori per la nostra città. Ma da lì a breve le cose fortunatamente iniziarono a migliorare. È proprio in quegli anni che ha iniziato a dedicarsi anche alla fotografia, è corretto? Sì, quando avevo quindici anni mio zio mi regalò una macchina a soffietto comprata a Parigi. Iniziai da solo soprattutto nel periodo bellico ad apprendere l’arte fotografica. Appena sbarcati gli americani a Cagliari entrai subito in collegamento con loro: furono loro a sostenermi dandomi macchine fotografiche importanti e in cambio io ero diventato il loro fotoreporter. C’era chi mi aveva preso anche particolarmente in simpatia, e proprio in Via Roma lì davanti al porto era situato uno dei loro comandi, e uno dei loro spacci di abiti era situato proprio lì dove adesso c’è quel negozio di borse che fa ad angolo, sotto i portici: io potevo andare e ricevere talvolta dei begli abiti, scarpe, cappelli portati dall’America. Quali sono i primi scatti importanti di cui ha memoria? Direi che dopo questi primi incarichi con gli americani, che

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mi portavano più che altro a fotografare i loro depositi di materiali e i loro punti strategici, dopo la guerra tutta la Sardegna iniziò a rinascere e con essa sorsero soprattutto numerose agenzie fotografiche. Io iniziai a lavorare per quella di Mario Giraldi, nel Corso Vittorio Emanuele. Per citare solo pochi esempi di questo cambiamento che coinvolse l’intera Sardegna, potrei parlare di quando testimoniai per la Regione la fase iniziale degli accordi tra i primi acquirenti giunti in Costa Smeralda e i proprietari terrieri del posto. Sono pezzi storici quelle immagini della Costa Smeralda quando era ancora un deserto, o l’arrivo dell’Aga Khan che incontra i politici regionali per le trattative che hanno dato avvio alla costruzione. Le persone che possedevano quei terreni non ne conoscevano davvero il valore, ed è stato semplice per quei prezzi che in breve tempo venisse acquisita tutta la costa. Quella è stata davvero una tappa fondamentale nella trasformazione della nostra Isola. Ci sono altri episodi analoghi che lei ha testimoniato?


Sì, c’ero anche al momento della nascita del Forte Village nel ‘59, i primo villaggio importante che sia sorto in Sardegna. Il giorno dell’inaugurazione fu proprio la Galleria Immobiliare del Nord diretta da Paolo Fadda a invitarmi all’inaugurazione del Forte come fotografo ufficiale. Mi ricordo ancora Charles Forte con i suoi sigari americani e tutte quelle aragoste che saltavano sui tavoli: erano talmente tante che potei portarne persino a mia madre. Ma lei è entrato nella storia cagliaritana soprattutto per un altro evento storico di cui le sole testimonianze che possediamo provengono da suo obiettivo. Tutti hanno ancora impressa quella giovanissima Regina Elisabetta avvolta nel suo cappotto alla Darsena. Che ricordo ha di quella giornata? Di quel giorno ricordo ogni momento. Devo ammettere che quelle foto sono frutto di un’impresa piuttosto ardua: quella mattina l’aereo della regina non poté atterrare all’aeroporto di Elmas

per via della pioggia e anche perché l’aereo presidenziale era troppo grande per quel tipo di aereo. Per questo venne dirottato alla base aerea di Decimomannu. Il Questore Di Martino mi conferì un permesso speciale come fotografo ufficiale e così la raggiunsi all’aeroporto con la macchina del questore. Al momento della discesa dall’aereo era stato difficile poterla fotografare, tra quegli ombrelli e sotto la pioggia. Da lì poi si formò il corteo che la seguì fino a Via Roma, al Palazzo Civico, dove ho potuto fortunatamente immortalare l’incontro tra Giuseppe Brotzu, Luigi Crespellani e le altre autorità politiche con la regina e il marito Filippo. Terminata la cerimonia al Municipio ci siamo diretti tutti al Porto. Presso il Molo Sabaudo c’era ad attenderci la Regina Madre, approdata col panfilo reale, e lì è avvenuto l’incontro con la figlia. C’è stata una breve cerimonia e poi madre e figlia hanno girato la città. Io purtroppo

elisabetta

non ho potuto seguire l’ultima parte del loro tour perché avevo le mie centinaia di rulli da sviluppare, soprattutto per i giornali che attendevano la mia testimonianza fotografica. L’ultimo importante evento cui è stato presente in veste di fotoreporter? È stato l’arrivo di Papa Vojtyla, ma in quel caso lo scatto più bello non proviene dal mio obiettivo. Ce l’ ho ancora conservata quel bellissimo ritratto del momento in cui il Papa mi chiese se avevo scattato delle belle foto e io nel rispondergli mi inchinai a baciargli la mano. Quel momento è stato immortalato senza che io lo sapessi da padre Pietro, priore di Bonaria, e lo conservo come una delle foto più preziose.


Elmar Grimmenstein

P

OETTO

passione d’inverno Cagliari: la città del sole. Che sia il flebile sole invernale, il tiepido caldo primaverile o quello vigoroso estivo, il sole accompagna ogni nostra giornata. E noi cagliaritani, lì a farci coccolare, occhiali da sole sul naso e tutti al Poetto, per fare colazione, passeggiare tra la sabbia o fare un bagno fuori stagione. Noi che il sole lo vediamo sempre, e che ci lamentiamo se a Pasqua fa troppo freddo, e chi invece rimane ammirato dal nostro clima, ameno e gentile, chi è abituato al freddo pungente, al cielo scuro e a scenari bianchi, si stupisce di quel tepore che ci vizia fino ad autunno inoltrato. Valentina Caruso ( 25 anni testimonial dell’isola all’estero) e Svetlana (26 anni,russa, modella e traduttrice per Gia Comunicazione), vivono così il nostro mare d’inverno. 64


Franco Russo


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OSPITALITÀ IN TUTTI I SENSI

POETTO

CAGLIARI

PASSIONE CITTÀ DI MARE D’INVERNO E DI ACCOGLIENZA

DONNE CHE ATTRAVERSANO I MARI

N.19 Foto di copertina Alberto Morici

Redazione Grafica Maurizio Artizzu Scritti di: Giorgio Ariu, Antonello Angioni, Simone Ariu, Claudia Cao, Laura Bonu, Carlo Cottafavi, Jeff Onorato,Severino Sirigu, Pipi Surfaction Fotografie GIA Foto, Maurizio Artizzu Andrea Nissardi, Daniela Zedda Elmar Grimmenstein, Enrico Spanu, Alberto Morici, Pipi Surfaction, Carla Piroddi, Gianluigi Molinari Roberto Vuilleumier, Domenico Manca Giorgio Dettori, Franco Russo

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