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LE ORIGINI DEI RUGGERI BERGAMASCHI

Nel bergamasco è possibile enucleare almeno tre ceppi originari del cognome Ruggeri, il primo sorto in Val Brembana, il secondo ad Almè e il terzo ad Adrara. I Ruggeri della Val Brembana rappresentano i più antichi Ruggeri bergamaschi e sono probabilmente gli antenati della maggior parte degli odierni Ruggeri. Se infatti, come è noto ai genealogisti, i cognomi tendono a mutare soprattutto nel corso del Cinquecento, dei Ruggeri in Val Brembana vi è traccia già nella seconda metà del Quattrocento, allorché il 23 maggio 1454 Giovanni detto Branagi Ruggeri di Riccardo di Piazzamartina acquistò a credito della lana da Montanaro Sonzogni per la somma di 19 lire e 1 soldo. Dal ceppo brembano dei Ruggeri, ammesso che di unico ceppo possa parlarsi, deriva il pittore Jacopo Palma il Vecchio (1480 circa-1528), nato a Serina, figlio di Antonio detto Tonolo, nipote di Bartolomeo, pronipote di Comino Nigretto de Lavalle, trisnipote di Giovanni detto Nigro Ruggeri. Ciò dimostra l’esistenza di tale cognome già nel Trecento. La maggior parte dei Ruggeri visse a Poscante, nel territorio di Zogno, almeno tra il XVII e XVIII secolo. Il 31 maggio

1634 Giovanna Ruggeri fu Antonio di Poscante, vedova di Bartolomeo Zanchi di Piazza Monaci, conferì procura al figlio Andrea Zanchi per esigere la sua dote dal fratello Francesco Ruggeri, che era emigrato a Ferrara. Dai Ruggeri brembani discesero numerosi notai, operanti soprattutto a Zogno e dintorni nel corso del Settecento. Degni di nota sono poi Giovanni, rappresentante della valle Brembana inferiore nel 1796, quando venne sottoscritto un aiuto militare da portare a Venezia, mentre Giovanni, sacerdote, e Pietro figurano come scrittori di argomenti storici bergamaschi ma è certamente Pietro Ruggeri da Stabello (1797-1858), poeta dialettale, l’esponente più noto del casato.

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Nessun legame vi è tra i Ruggeri della Val Brem- bana e i Ruggeri di Almè, seppur gli antenati di questi ultimi fossero provenienti dalla medesima valle. L’origine dei Ruggeri di Almè va ricondotta infatti a Ruggero Piazzalunga, nato sul finire del Quattrocento da una famiglia che circa un secolo e mezzo prima aveva lasciato la contrada Piazzalunga, posta tra i territori di San Pellegrino e San Giovanni Bianco. Abbandonata la località da cui trassero il loro primo cognome documentalmente accertabile, gli antenati dei Ruggeri Piazzalunga si stabilirono per qualche anno, poco dopo la metà del Trecento, sul Monte San Vigilio, all’interno del territorio del comune di Bergamo. Ciò avrebbe consentito ad alcuni discendenti di questa famiglia, tra cui proprio i Ruggeri, di ottenere il riconoscimento della cittadinanza bergamasca, privilegio concesso a chi poteva dimostrare unadiscendenza in linea paterna da persone che in epoche anche remote avessero avuto la qualità di cittadini di Bergamo. La cittadinanza poteva essere riconosciuta, tra l’altro, per aver abitato all’interno del territorio del Comune. A tal fine venivano effettuate ricerche negli archivi comunali finalizzate alla ricostruzione genealogica del soggetto che presentava l’istanza per il riconoscimento della cittadinanza. Il 2 luglio 1583 a ottenere la cittadinanza bergamasca furono i fratelli Gasparino, Antonio, Tomasino, Domenghino e Gherardo, figli del fu Ruggero, a sua volta figlio di Antonio di Gherardo di Bertolino di Giacomo di Alberto “Cazzia de Platealonga”. I figli di Ruggero, il quale, oltre a prendere a colonia un podere nel 1540, aveva anche acquistato diversi appezzamenti nel territorio di Almè, dopo aver proceduto alla divisione ereditaria nel 1558 si trovarono in conflitto tra loro, riuscendo a definire la controversia per mezzo dell’arbitrato del Magnifico Marcantonio Dell’Olmo nel 1586. Quasi due secoli dopo, il 28 gennaio 1751 a vedersi riconosciuta la cittadinanza fu Paola Rug- geri fu Giovanni Battista “Admissa fuit civit Paula fq Jo Bapta q Caroli Andrea olim Martini q Girardi olim Martini fq Girardi olim Rugeri”. Se i suoi antenati erano stati mossi dall’intento di conseguire i vantaggi fiscali che derivavano dallo status di cittadino, Paola aveva probabilmente chiesto il riconoscimento della cittadinanza al fine di ottenere una dote di maggior importo dal Luogo Pio Colleoni, antica istituzione che garantiva doti più consistenti alle spose indigenti che potessero dimostrare di appartenere a una famiglia “cittadina”. Ulteriori ricerche negli atti dei notai hanno fatto emergere come alcuni rami della discendenza persero il cognome Piazzalunga nel corso del Seicento per assumere definitivamente il cognome Ruggeri, mentre altri conservarono il doppio cognome fino all’Ottocento.

Gherardo Ruggeri (pronipote del primo Ruggero Piazzalunga), massaro di Gianbattista Bottagisio, dopo aver definito alcune questioni sorte con quest’ultimo nel 1664, lasciò Almè per stabilirsi con i figli a Ponte San Pietro, in località Briolo. Suo figlio Antonio, tornato per poco tempo ad Almè, intorno al 1696 prese dimora a Ponteranica, dove i suoi discendenti (talvolta registrati come “Roggeri” o “Rogieri” e soprannominati “Gilardi”, dal nome del padre di Antonio) abitarono fino al primo decennio dell’Ottocento, epoca in cui i suoi pronipoti si stabilirono a Bergamo: uno a Valtesse, uno a San Vigilio e uno in via Pelabrocco. Non è ancora stato accertato se altre famiglie Ruggeri, abitanti a Ponteranica e a Sorisole nel XVIII e XIX secolo siano riconducibili ai Ruggeri della Val Brembana o ai Ruggeri di Almè. I Ruggeri della Val Calepio, presenti negli ultimi cinque secoli soprattutto ad Adrara, Foresto e Villongo, traggono origine da un ramo della famiglia Bizioli di Adrara. Anche in questo caso è probabile che il mutamento del cognome sia avvenuto in ragione del nome proprio di un antenato, Ruggero, che dovrebbe essere nato nella prima metà del Quattrocento, se non in epoca ancora più risalente.

Il doppio cognome venne riportato negli atti notarili per tutto il Cinquecento e per parte del Seicento: Ruggeri diverrà l’unico cognome dei discendenti di Ruggero Bizioli nel corso del XVII secolo, epoca in cui si perse qualsiasi traccia dell’originario cognome, così come avvenne per altre famiglie di Adrara, pure appartenenti al ceppo dei Bizioli (gli Zanini e gli Zilioli).

Da Bernardo Ruggeri Bizioli, nato a metà del Quattrocento e deceduto in data anteriore al 1524, nacque Michele, dai cui figli Fermo, Faustino e Giovanni discesero tutti i Ruggeri di Adrara e dintorni. L’11 gennaio 1599 il fratello Michele, abitante in contrada Costa, fece testamento, nominando erede Maffeo e lasciando 200 lire all’altro fratello Bartolomeo detto Bertramo. Bertramo il 5 febbraio 1607 vendette al fratello Maffeo un terreno a Grone in contrada Colle Termini e pagò le 800 lire promesse in dote alla figlia Domenghina, moglie di Simone Vicini, che sarebbe morto di lì a pochi anni, lasciando una figlia minorenne, Elisabetta, la cui tutela fu affidata proprio al nonno materno Bertramo Ruggeri Bizioli. Quest’ultimo, in tale veste tutoria, il 22 maggio 1617 procedette a una vendita in favore di Bernardo Vicini, zio paterno della tutelata. Il 19 giugno 1624 a dichiarare le sue ultime volontà fu Giovanni Ruggeri, figlio del defunto Maffeo, che nominò erede universale la figlia Isabetta, nata dalla moglie Lucrezia Micheli, la quale, rimasta vedova e passata in seconde nozze con Giacomo Zanini, il 5 dicembre 1629 costrinse il cognato Faustino Ruggeri a corrispondere 380 delle 1.200 lire dotali alla famiglia Zanini. La dote, cioè l’apporto conferito dalla famiglia della sposa al patrimonio dello sposo o della sua famiglia per sostenere gli oneri del matrimonio, costituiva infatti un credito vantato dalla sposa, garantito sul patrimonio dello sposo o della sua famiglia. La garanzia era dovuta in funzione della restituzione alla sposa del valore della dote, esigibile in caso di scioglimento del matrimonio. Nei fatti ciò avveniva in caso di passaggio della sposa a nuove nozze. Infatti, in un’epoca in cui il divorzio non era ammesso, lo scioglimento del matrimonio coincideva sostanzialmente con il decesso di uno dei due coniugi, e il marito, per evitare pregiudizi ai figli, attribuiva quasi sempre in via testamentaria l’usufrutto vitalizio della sua eredità alla moglie, purché vivesse in stato vedovile e non riscuotesse la propria dote. Non erano poi rari i casi in cui la vedova disponeva per testamento della dote stessa nominando i soggetti destinati a beneficiarne dopo la sua morte.

Quanto sopra delineato in merito alla storia del cognome Ruggeri diffuso nella bergamasca conferma come un medesimo cognome si possa es- sere formato in via del tutto autonoma anche in località ed epoche non distanti tra loro. Non solo i Ruggeri bergamaschi non sono parenti, neppure alla lontana, dei Ruggeri presenti nel Sud Italia, ma anche tra gli stessi Ruggeri bergamaschi non potrà mai definirsi un legame genealogico patrilineare, mancando un comune progenitore tra i diversi ceppi, come è emerso nel corso delle ricerche svolte. Pertanto, è ancor più evidente come al fine di collegare una specifica famiglia a noti personaggi aventi lo stesso cognome non si possa prescindere da uno studio attento e scrupoloso delle fonti archivistiche, partendo da quelle comunali, e proseguendo con quelle parrocchiali e notarili, generazione per generazione.

Brrrrr mamma mia, che freddo stamattina. Accendo subito il camino ma sento urlare la Merla ed il suo piccino

“Ci eravamo nascosti nella cappa del camino per difenderci dal freddo che ha portato la Cara San Martina”. Ma adesso siete tutti neri di fuliggine. Lo fate un bagno caldo con qualche goccia di candeggina?

Per carità, neri vogliam restare portare alta la bandiera, della nostra diversità.

Quando il freddo non ci farà più patire e fuori potremo uscire oer noi sarà un vanto mostrare a tutti il nostro scuro manto.

Giordano

Il Prezzo Della Vita

Mi hanno sempre impressionato questi giovani motociclisti che con una velocità da capogiri e con assordante rumore sfrecciano sulle strade attirando l’attenzione e forse sentendosi padroni dell’universo. Suscitano una tale tristezza e malinconia, è possibile considerare così poco la vita a essere pronti di buttarla come carta straccia, o di essere irresponsabili a tal punto di perdere addirittura il senso di autodifesa. O peggio ancora, di non riuscire più a distinguere il male virtuale da questo reale e di pensare che la morte fa parte del gioco?

Assurdo, insensato, quasi irreale.

Mi sembra di sentire insieme ai rumori dei veicoli il fracasso di crani spaccarti. Prego e spero che non succeda niente di male e che un giorno possano capire, esistono altri modi per affermare di essere coraggiosi e che rischiare la vita senza motivo non ha alcun senso, né per gli altri, né per se stessi. Dove siete diretti con queste assordanti, infuocate motociclette? E Lei ad aspettare, è bene che lo sappiate. L’unica certezza da quando siamo nati.

Ragazzi, la vita non è un foglio strappato da un libro appena cominciato, né manciata di polvere sparpagliata né fruscio di nero vento tra spogli rami. E’ qualcosa oltre le cose, ovunque, qui e altrove. Cosa vi dà questo ingannevole istante, un volo nel vuoto? E’ noto, la tentazione miete vittime anche tra le persone mature, famose, povere o facoltose, false emozioni, avvelenate sensazioni di volare, mentre è un semplice strisciare. Fermatevi, frenate questa corsa folle, prima che sia finita chiedendovi in cambio il sangue della giovane vita.

Darina Naumova

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