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“CIAO IO SONO…”
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Un saluto, e grazie di tutto
Ci ha scritto da Siena Federico Botti: “Sin da piccolo ho sempre collegato la Vespa a mio babbo... Ma non “la vespa” in generale, ma “quella Vespa”, di quel preciso colore, con quell’esatto, imperfetto rumore, sporca, scortecciata dai sassi della strada a sterro che portava a casa nostra... Per me non è mai esistito altro motociclo degno di nota: ho avuto altri motorini, ho preso la patente per la moto, ma niente da fare, il suono delle marce che entrano con quel “clock” unico era sempre nelle mie orecchie. E anche da piccolo, per me, quando c’era da andare in Vespa dalla nonna era una festa, mi sentivo grande. Portarmela a casa il giorno dopo il funerale di mio babbo, guidarla, bestemmiare quando il cambio faceva cilecca ed entrava la terza anziché la seconda, assaporare nuovamente il “clock” che mi ricordavo dalla mia infanzia, penso sia stato il modo migliore per portare avanti la memoria di mio babbo. Ciao babbo, quando ero piccolo mi hai portato tanto in giro, adesso è il momento di restituirti il favore.”
Qui sopra: la Vespa del papà di Federico ancora perfettamente conservata e solo da pulire. A sinistra: Federico bambino, felice su quella stessa Vespa.