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CSI e Coronavirus: l’emergenza fa riflettere

A fianco: Stefano Gurioli, presidente CSI Forlì e Vittorio Bosio, presidente CSI nazionale

Lo stop forzato di tutto lo sport italiano, nonostante le pesanti conseguenze sull’intero sistema, può essere visto anche come un’opportunità per ripensare alcuni strumenti migliorabili. E’ quello che sta avvenendo all’interno del CSI, in merito ai rimborsi sportivi, un trattamento fiscale privo di tutele per i collaboratori

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l ciclone scatenato dal Coronavirus ha ovviamente sconvolto il mondo dello sport italiano e, a inizio marzo, progressivamente l’intera macchina nazionale è stata fermata, coinvolgendo ogni espressione dal professionismo alle attività degli enti di promozione. CSI, dal canto suo, ha assunto fin dalle prime avvisaglie - a livello nazionale e locale - una posizione prudenziale, invitando le proprie società sportive alla sospensione degli allenamenti, anche quando erano consentiti, seppur a porte chiuse e, successivamente, a seguito delle direttive governative, all’interruzione di ogni campionato. Anche sulle pratiche quali il ciclismo e il podismo, consentite non in gruppo, ma individualmente, l’ente di promozione sportiva guidato a Forlì da Stefano Gurioli, ha assunto un atteggiamento cautelativo, recependo anche alcune sollecitazioni da parte delle forze dell’ordine locali. “Mi riferisco - commenta Gurioli - ad una comunicazione della Polizia dell’Unione dei Comuni Rubicone Mare, che ci ha invitato a sospendere anche attività all’aperto individuali (il riferimento al ciclismo è evidente), in quanto esposte a rischi di incidenti e di conseguenza al ricorso alle cure degli ospedali, attualmente sotto pressione per l’emergenza CoronaviI

rus. Mi è sembrata una considerazione molto sensata e, seppur il DCPM del 9 marzo non l’abbia presa in esame, abbiamo inviato alle nostre società di ciclismo una comunicazione, in cui si invita alla sospensione anche dei classici giri in solitaria. Insomma di fronte ad un’emergenza mondiale così pesante, ritengo che anche i ciclisti più accaniti possano fare il sacrificio di stare fermi”. Oltre ai danni in termini di mancata attività fisica e quindi di benessere per le persone, l’emergenza in corso sta procurando, anche nell’ambito sportivo minore, pesanti svantaggi economici, che pesano su organismi come gli enti di promozione. “Penso ai tanti eventi che già annullati e che verranno soppressi nelle prossime settimane - continua Gurioli - per noi significano un minor numero di tesseramenti, specie se l’emergenza condizionerà il periodo estivo. Ciò produrrà mancanza di entrate e di liquidità e potrà mettere a rischio i Comitati con dipendenti: noi ne soffriremo certamente, ma in maniera limitata, in quanto la sede forlivese ha in carico un unico addetto a part-time. Probabilmente, per quanto ci riguarda, le difficoltà maggiori riguarderanno i collaboratori (allenatori, istruttori, arbitri) che vengono remunerati con il rimborso sportivo e che, a fronte della sospensione di ogni attività, si troveranno senza un introito su cui facevano affidamento. Mi riferisco in particolare ai tanti giovani (studenti universitari e non) senza un’occupazione fissa, per i quali questo tipo di entrata significa tanto per le proprie esigenze quotidiane”. Proprio in merito ai rimborsi sportivi - su cui non c’è tassazione fino ai 10.000 euro, mentre viene applicata una ritenuta del 23% fino ai 20.658,28 - CSI ha avviato una riflessione, a seguito dell’emergenza Coronavirus. Se questo tipo di compenso presenta un vantaggio indiscutibile a livello di tassazione, d’altro canto non prevede alcuna tutela per il collaboratore, evidenziata proprio dall’emergenza in corso: di fatto se non si lavora, non si guadagna nulla. “Credo che la contingenza Coronavirus - conclude Gurioli - che presenta aspetti catastrofici, intendiamoci, ci ha dato la possibilità e l’opportunità di riflettere su questo aspetto. Nelle ultime riunioni a livello regionale (effettuate via Skipe), ad una delle quali ha preso parte anche il presidente nazionale Vittorio Bosio, abbiamo messo sul tavolo la questione e cominciato a ipotizzare proposte che prevedano un minimo di tutela previdenziale, magari riducendo il margine dell’imponibilità e caricando di qualche costo sia i nostri enti che le società sportive a tutela dei collaboratori più giovani o comunque in situazioni di mancata autonomia economica. Idee che, quando saranno elaborate in maniera più approfondita, potranno essere sottoposte al governo, per verificare se ci sono gli spazi per una riforma di questo trattamento fiscale”.

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