capitolo 8
MOSCHE E RAGNI
C
amminavano in fila indiana. L’avvio del sentiero era una specie di arcata che portava a una tetra galleria fatta da due grandi alberi che convergevano, ormai troppo vecchi e strangolati dall’edera e ricoperti di licheni per poter reggere più di poche foglie annerite. Il sentiero era stretto e serpeggiava in mezzo ai tronchi. Ben presto la luce all’ingresso fu come un piccolo foro luminoso molto lontano, e il silenzio era così profondo che i loro passi sembravano risuonare sordi sul terreno e tutti gli alberi piegarsi sopra di loro per ascoltare. Quando gli occhi si furono abituati alla penombra, riuscirono a vedere per un certo tratto ai due lati del sentiero attraverso una sorta di chiarore verde scuro. Di tanto in tanto un esile raggio di sole che aveva la fortuna di infiltrarsi dove le foglie erano più rade lassù in alto, e la fortuna ancor più grande di non venire imprigionato dai grossi rami aggrovigliati e dai ramoscelli avviluppati più in basso, trafiggeva l’oscurità spiovendo esile e vivido. Ma questo accadeva di rado e presto cessò del tutto. C’erano degli scoiattoli neri nel bosco. Appena gli occhi acuti e penetranti di Bilbo si abituarono a vedere le cose, egli riuscì a cogliere le loro velocissime apparizioni mentre se la svignavano dal sentiero e correvano a nascondersi dietro i tronchi degli alberi. C’erano anche strani rumori, grugniti, calpestii, tramestii frettolosi nel sottobosco e tra le foglie che senza fine giacevano ammucchiate e fitte sul suolo della foresta; ma cosa
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