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Iva e slot, l’incredibile pronuncia della Cassazione
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NESSUNA ESENZIONE IVA PER LE PRESTAZIONI DI SERVIZI RESE AL GESTORE DAGLI ESERCENTI NEI PRIMI ANNI DI VITA DELLE AWP. È QUANTO HA STABILITO LA CORTE DI CASSAZIONE CON CINQUE DIVERSE SENTENZE DI ULTIMA PUBBLICAZIONE, SOVVERTENDO CLAMOROSAMENTE UNA GIURISPRUDENZA UNIVOCA E CONSOLIDATA IN OLTRE 15 ANNI DI CONTENZIOSI.
A cura di Giancarlo Marzo e Francesco Scardovi
Il trattamento ai fini Iva della raccolta delle giocate operate tramite apparecchi da intrattenimento ha sempre fatto discutere. In virtù del combinato disposto dell’articolo 10, comma 1 n.6 del Dpr 633/1972 e dell’articolo 1, comma 497, della Legge 311/2004, le operazioni relative alla raccolta delle giocate risultano esenti all’imposta sul valore aggiunto, anche rispetto ai rapporti tra i concessionari della rete ed i terzi incaricati della raccolta stessa, testualmente citati come gestori ed esercenti. Ciò nonostante, l’ambito di applicazione della fattispecie agevolatrice è stato al centro di accesi dibattiti fin dai primi anni di uscita sul mercato delle new slot di Stato. In effetti, l’Amministrazione finanziaria ha fatto proprio un concetto di raccolta alquanto restrittivo confinando inizialmente l’esenzione Iva ai soli rapporti tra concessionario e gestore. Con conseguente imponibilità dei proventi percepiti dagli esercenti ritenuti portatori di mere prestazioni di servizi – come la messa a disposizione dei locali o la custodia delle macchinette - resi al gestore e dunque non rientranti nell’attività di raccolta in senso stretto (e dunque ricompresi in “tutti gli altri rapporti” citati dalla Circolare 21/E del 2005). Completamente diverso, invece, il modo di intendere il concetto di “raccolta” da parte degli operatori di settore che, per contro, hanno sempre considerato i propri proventi in regime di esenzione , vista l’essenzialità e la necessarietà del ruolo dei gestori e degli esercenti ai fini della raccolta, pur in presenza di modelli contrattuali inizialmente non sufficientemente chiari, specie in relazione ai rapporti con gli esercenti (per i quali, il più delle volte, i concessionari delegavano ai gestori il compito di ripartire i proventi e versare i relativi compensi). Complice anche l’incertezza normativa sul punto, la contrapposizione tra Amministrazione e contribuenti è sfociata in una miriade di contenziosi tributari. L’oggetto di giudizio? Gli avvisi di accertamento “seriali” emessi dall’Agenzia delle entrate, da un lato per il recupero a tassazione dell’Iva non inserita in fattura dagli esercenti e, dall’altro lato, per l’irrogazione, in capo ai gestori, delle sanzioni di cui all’articolo 6 del decreto legislativo n. 471/1997 per omessa regolarizzazione della fattura ricevuta senza Iva (o per omessa autofatturazione in caso di mancata fatturazione da parte degli esercenti). L’orientamento dei giudici di merito, però, non ha mai deposto in favore degli Uffici finanziari. In effetti, le commissioni tributarie di tutta Italia, disegnando la filiera del gioco come una triade di rapporti interconnessi tra concessionario, gestore ed esercente, hanno ripetutamente inquadrato tra le prestazioni essenziali ai
fini della raccolta anche quelle rese dagli esercenti, vista la loro strumentalità rispetto all’esercizio del gioco pubblico mediante gli apparecchi da intrattenimento. Tanto che, lungo questo solco, dopo centinaia di sentenze di commissioni tributarie provinciali e regionali, spesso con la condanna dell’Agenzia alla rifusione delle spese di giudizio, gli atti impositivi ancora pendenti sono stati per lo più annullati in autotutela dagli uffici tributari, che hanno ritenuto risolta la vexata questio e rinunciato alla materia del contendere. Di diverso avviso, però, la Cassazione che, pronunciandosi con riferimento ad alcuni rapporti controversi rimasti ancora in piedi in capo a due gestori, ha completamente sovvertito le decisioni delle Commissioni favorevoli all’esenzione, accogliendo i ricorsi dell’Amministrazione. Chiave di volta dell’impianto motivazionale delle sentenze (nn. 16951, 16952, 16953, 16954, 16955) del 2021 è la riserva in capo allo Stato della gestione telematica delle Slot e l’affidamento in concessione della rete tramite cui la gestione stessa viene esercitata. Facendo leva sulla inconfigurabilità di un’attività di raccolta posta in essere da soggetti privi di un affidamento diretto da parte del concessionario, la Cassazione ha ricordato che gestori ed esercenti sono sì soggetti economici chiamati a collaborare con il concessionario, ma non assumono alcun ruolo indipendente nella gestione e nell’esercizio del gioco lecito. Di conseguenza, l’esenzione dall’imposta trova applicazione soltanto nell’ambito dei rapporti tra concessionario e gestore e tra concessionario ed esercente, poiché entrambi i soggetti indicati provvedono per incarico del concessionario alla raccolta delle giocate. In altre parole, il carattere esclusivo della riserva di esercizio dei giochi leciti prevista in favore del concessionario e l’impossibilità, per il soggetto cui quest’ultimo abbia affidato il compito della raccolta, di sub-affidarlo a sua volta a terzi, implica un inevitabile restringimento della esenzione Iva ai soli rapporti in cui è parte il concessionario. Per la Suprema Corte non vi è più alcun dubbio: l’eventuale attività legittimamente posta in essere nell’ambito di rapporti instaurati fra l’esercente e il gestore può riguardare solo ulteriori prestazioni di servizi diverse da quelle della raccolta delle giocate rese al concessionario che, in quanto tali, esulano dalla fattispecie agevolatrice e vanno assoggettate a Iva con aliquota ordinaria. Di più. La Corte esclude che la prestazione di servizi resa al gestore dall’esercente possa farsi rientrare nel novero delle prestazioni accessorie a quella principale (resa dal gestore all’esercente), così da applicare l’articolo 12 Dpr n. 633/1972, che appunto uniforma il trattamento Iva della prestazione accessoria a quello previsto per la prestazione principale. Ciò in quanto l’articolo 12 potrebbe trovar spazio unicamente nell’ipotesi in cui le due prestazioni siano indirizzate in favore del medesimo destinatario, laddove invece, nel caso in esame, la prestazione principale ha quale diretto beneficiario il concessionario, mentre quella accessoria il gestore. Quanto, invece, all’irrogazione delle sanzioni in capo al gestore per omessa regolarizzazione delle fatture dell’esercente, la Cassazione ha ricordato come, nel caso in cui l’esercente non abbia emesso fattura, non viene in rilievo un errore sulla qualificazione giuridica dell’operazione descritta nella fattura, bensì una irregolarità formale in relazione alla mancata emissione del documento, tale da generare l’obbligo del contribuente di provvedere alla relativa regolarizzazione ai sensi dell’articolo 6, comma 8 del decreto legislativo n.471/ 1997. Gli Ermellini giungono quindi a cassare le sentenze della Ctr, in quattro dei giudizi citati addirittura senza rinvio, assorbendo erroneamente anche il principio di non debenza delle sanzioni, decidendo così nel merito e rigettando i ricorsi originari dei gestori, nonostante il parere di segno opposto del Sostituto Procuratore (rappresentante “l’accusa tributaria”) intervenuto in udienza che aveva, per due dei giudizi citati, chiesto il rigetto del ricorso proposto dall’Agenzia. Col paradosso – a dir poco “kafkiano” - che, a fronte dell’intervenuta cessata materia del contendere in capo agli esercenti, quali soggetti passivi delle imposte, con atti annullati in autotutela o non appellati, i gestori debbano comunque versare delle sanzioni per delle irregolarità non realizzate a giudizio della stessa Amministrazione tributaria. La Corte dunque ha ritenuto di dare un altro schiaffo al settore, sul presupposto dell’interesse erariale prima di tutto, in spregio all’operato non solo dei terzi raccoglitori e dei loro consulenti, ma anche di centinaia di giudici tributari che hanno approfondito, compreso e giudicato a favore dell’esenzione, sulla scorta anche di una analoga giurisprudenza comunitaria. Per le annualità ancora accertabili non si prevedono ripercussioni delle sentenze per i terzi incaricati che da anni si vedono rendicontati direttamente dai concessionari le proprie quote di compensi di competenza, anche alla luce dei chiarimenti formulati dalla Circolare 2014 “Sale Giochi e Biliardi” che ha finalmente fatto chiarezza sui più corretti criteri contabili da perseguire. Ma il principio, a parere di chi scrive, deve intendersi parimenti applicabile anche per i primi anni di vigenza delle concessioni (oggetto dei ricorsi in cassazione) nei quali, come oggi, gestori ed esercenti risultavano i protagonisti indispensabili alla raccolta di giocate, remunerati dai proventi della raccolta dai gestori che intervenivano su mandato dei concessionari e, come tali, indipendentemente dalle formulazioni contrattuali, avevano pieno diritto ad iscrivere i propri compensi in esenzione da Iva. Si prevede che la saga “Iva Slot” non sia però terminata; con ogni probabilità le “cassazioni” saranno oggetto di istanza di revocazione da parte degli operatori coinvolti, stante l’evidenza dell’errore di fatto delle stesse, oltre che di possibile ricorso alla Corte Europea.
GLI AUTORI Francesco Scardovi Dottore Commercialista Revisore legale, Partner Studio Scardovi & Giordani Giancarlo Marzo Managing partner Studio legale e Tributario Marzo Associati