6 minute read

A braccetto verso il futuro

Lo sport tradizionale punta sul digitale per ritrovare appeal, dando ai videogame competitivi ancor più visibilità

di Daniele Duso

Per i puristi del settore due calciatori famosi che giocano a Fifa su Twitch non stanno facendo esports. Esports è un qualcosa di diverso dal semplice gaming, si tratta di competizioni che vedono scontrarsi professionisti, videogiocatori sì, ma che lo fanno per mestiere. Eppure lo scorso anno, quando tutte le competizioni sportive sono state congelate dalla pandemia, sono state anche quelle strampalate competizioni organizzate tra calciatori, piloti o altri sportivi a pompare la scena esportiva mondiale alimentandola e facendola crescere in modo quasi inaspettto.

Gli esports, a dire il vero, già crescevano con costanza da alcuni anni, e pur rimanendo all’interno di una nicchia all’interno del più grande insieme che comprende tutti i titoli videoludici, avevano comunque già fatto breccia nel cuore degli sport tradizionali. Gli sport infatti, più o meno tutti, hanno di questi tempi un grosso problema: stanno perdendo pubblico e, quel che è peggio, vedono la loro età media aumentare inesorabilmente. I giovani, infatti, non sono più interessati agli sport come lo erano i loro padri e, prima ancora, i loro nonni. I ragazzi, oggi, hanno molte più opportunità di intrattenimento e, tra queste, scelgono quelle di più facile fruizione, quelle che adesso, addirittura, possono essere sempre a disposizione, grazie a uno smartphone. Un fenomeno di cui molti, nel mondo dello sport, si sono accorti. Uno degli ultimi a tornare sull’argomento, qualche settimana fa, è stato il presidente del Calcio Napoli, Aurelio De Laurentiis, dicendo che “i giovani preferiscono lo smartphone alle partite”, ma prima di lui, facendo molto più clamore fu Andrea Agnelli, che giustificando il progetto della Super League sottolineò l’importanza di “andare a creare una competizione che simuli ciò che fanno le piattaforme digitali”, andando loro incontro per “fronteggiare la competizione di Fortnite o Call of Duty, che sono i veri centri di attenzione dei ragazzi di oggi”. Agnelli e De Laurentiis sono solo due esempi di imprenditori del mondo dello sports italiano che hanno esternato il problema, ma molti altri (citiamo ad esempio l’ex boss della Ferrari, Maurizio Arrivabene) lo hanno individuato tentando di correre ai ripari, con una strategia che ripercorre il suggerimento del vecchio adagio: “Se non puoi batterli, unisciti a loro”.

Così sport e esports hanno cominciato ad avere un primo approccio, con da una parte gli sport che hanno fame di pubblico, dall’altra gli esports che non si sono tirati indietro considerandosi geneticamente parte del settore sportivo, fin dalla scelta del nome, ormai entrato nell’uso comune. I due mondi, per tanti versi molto distanti uno dall’altro, sono in realtà legati da un filo invisibile che, nel corso degli ultimi anni, ha portato sport e videogame ad influenzarsi, anche profondamente, a vicenda. Gli esempi sono tanti. Prendiamo uno dei più spettacolari, quello andato in scena nel corso dell’ultima Supercoppa Italiana giocata da Juventus e Napoli lo scorso gennaio. A sponsorizzare la competizione Sony Playstation, che durante la gara ha offerto una visuale diversa per gli spettatori incollati alla Tv, allestendo una videocamera scorrevole puntata sul pallone che ha consentito ai telespettatori una visuale della partita molto simile a quella di un videogame. Allo stesso modo, qualche mese fa, qualcuno ha anche provato a riempire gli stadi con tifosi virtuali, visto che quelli reali ancora non potevano accedere fisicamente alle strutture sportive. Un cambio di paradigma fondamentale, se si pensa fino a ieri era il mondo virtuale a emulare quello reale. Ma al di là di queste curiosità, lo sbocco “naturale” del rapporto tra sport e esports è un altro, e consiste nel fatto che il team sportivo compaia, in qualche modo, all’interno del mondo digitale. Così sono nate le varie competizioni esportive come la eSerie A, la BeSports, quelle dedicate alla Serie C e D, ma anche il campionato di Formula 1 esports, la Moto Gp e le competizioni internazionali di basket organizzate dalla Fiba. L’Italia, in questo, è arrivata tardi: in Inghilterra, come anche in Francia, in Germania e in Spagna, i campionati di calcio esports legati ai principali campionati nazionali sono attivi già da qualche anno. Per non parlare, poi, di quello che succede negli Stati Uniti d’America con la Nba 2K League. Gli esports ormai attirano così tanto la curiosità dei possibili investitori che moltissimi calciatori, ancor prima di appendere le scarpette al chiodo, investono nel mondo degli esports. L’ultimo in ordine di tempo ad aver compiuto questo passo è stato Merih Demiral. Difensore ex Juventus, ora in forze all’Atalanta, Demiral ha annunciato la nascita del Team Demiral Esports. Prima del nazionale turco, invece, era toccato a stelle del calibro di Sergio Aguero e Thibaut Courtois, ma anche David Beckham e, per restare in casa nostra, Bernardo Corradi e Christian Vieri con Plb. Storie di sport ed esports si intrecciano dunque sempre più spesso, ome quella del team esports statunitense dei FaZe Clan, che è finito sulla copertina di Sports Illustrated, un avvenimento anche questo, per gli esports attuali, considerando che qualche anno fa ciò era accaduto a un anonimo diciassettenne di nome LeBron James, che si proprio grazie a una copertina sulla nota rivista vide poi esplodere la sua popolarità. In questo 2021 infatti, a soli 16 anni, è toccato a Bronny James finire in prima pagina con l’organizzazione di Los Angeles, segno che gli esports hanno ormai fatto breccia anche sulla stampa di settore, oltre che in moltissimi quotidiani dove spesso si trovano articoli che parlano di esports (come su Corriere dello Sport e TuttoSport, ad esempio, che quotidianamente riservano uno spazio agli esports, curato dalla redazione di Esportsmag). Inevitabile, quindi, che ancora prima di qualsiasi riconoscimento ufficiale da parte del Cio, o del Coni, per quanto riguarda l’Italia (questione della quale parliamo anche in questo numero), i due mondi finiscano con l’assomigliarsi prendendo uno le sembianze dell’altro, almeno in alcuni ambiti. Dello sports che adotta elementi virtuali o inquadrature videoludiche abbiamo già detto, ma anche gli esports fanno la loro parte, e non solo per il fatto che in molti casi simulano competizioni sportive reali. Nasce proprio così Pro2Be, ad esempio, la prima agenzia italiana che gestisce talenti esports individuandoli tra i videogiocatori più meritevoli, ingaggiandoli e proponendoli poi a team o organizzazioni che cercano campioni “digitali”. È stata Pro2be, ad esempio, a fornire i player alla Fip, la Federazione italiana pallacanestro, in occasione dei vari tornei Fiba Esports Open, organizzati alla Federazione tennistica internazionale. Fabio Battista, Co-founder (con Roberto Forzano, Arcangelo Manfredonia) di Pro2Be, racconta che “al momento abbiamo più di venti assistiti che si dividono tra player e talent (telecronisti)”. Quanti titoli esport riuscite a “coprire” attualmente? “Siamo specializzati nei videogiochi sportivi: Fifa, Pes, Nba2K, MotoGp e Tennis. In futuro crediamo di aprirci anche a nuovi titoli”. Con quali realtà dello sport tradizionale siete venuti in contatto tramite gli esport? “Siamo stati tra i primi a credere nella relazione tra sport e esport. Abbiamo lavorato e lavoriamo come esperti nel settore esports in ambito calcistico per Ac Monza, Alessio Romagnoli, Genoa Cfc, Fc Crotone, Cagliari Calcio, Spezia Calcio. Nella MotoGp, siamo partner di Lcr Honda e Pramac Racing mentre l’assistito Andrea Saveri è pilota ufficiale di Ducati Corse per la MotoGp eSport 2021”.

I TRE CO-FOUNDER DELLA PRO2BE,̀DA SX: ARCANGELO MANFREDONIA, ROBERTO FORZANO, FABIO BATTISTA

This article is from: