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FULMINI

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Mauritius

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Nel 1997 il New York Times aveva previsto che LaChapelle fosse “destinato indubbiamente a influenzare le opere della prossima generazione… proprio come Avedon ha precorso ciò che oggi ci è ormai familiare”. Profezia avverata tanto più quando oggi il fotografo e regista statunitense si accinge a festeggiare i suoi 50 anni di carriera. Le sue opere più rappresentative sono in mostra nel Salone degli Incanti di Trieste, dove “David LaChapelle – Fulmini” offre un percorso immersivo in oltre 92 opere, alcune in formato extra-large. L’artista oggi cinquantanovenne che vive alle Hawaii, fotografo ma anche regista, formatosi con Andy Warhol nella New York degli anni ’80 a pane e cultura pop, con le sue immagini utopiche e a tratti surreali denuncia la vulnerabilità del pianeta e la fragilità dell’uomo, mette al centro uno sguardo critico sull’animo umano indagato nelle sue pieghe fatte di dolori, solitudini, gioie, passioni e ideali. Il suo sguardo si posa sulla pop culture e lo star system del cinema, della musica, dell’arte, traghettando lo spettatore verso un mondo nuovo, che cerca una natura incontaminata e lussureggiante dove possano convivere spiritualità, amore e bellezza e dove uomini e donne possano vivere finalmente liberati dall’alienazione e in connubio con il contesto naturale. “Ci sono moltissime storie che vengono raccontate in questa mostra che si chiama Fulmini. – ha dichiarato David LaChapelle - Il fulmine quando colpisce è come l’ispirazione che arriva in modo inaspettato. È elettricità. Crea un collegamento e illumina. Io spero allo stesso modo con la mia arte di illuminare, entrare in contatto con l’osservatore. Nella mia carriera non sono mai stato interessato a quello che l’arte poteva darmi, ma a quello che io potevo dare al mondo tramite i miei lavori. Spero quindi di creare delle opere che siano comprensibili dall’osservatore senza ambiguità, incertezza, confusione e oscurità, collegandomi con il pubblico attraverso una connessione che è forza elettrica e incontrando persone che, di fatto, non conosco. Questo è lo scopo di quello che faccio. Spero di dare speranza e fede, oltre che infondere ottimismo, toccare i visitatori, farli sorridere”.

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In 1997, The New York Times predicted that LaChapelle was “unquestionably destined to influence the works of the next generation just as Avedon anticipated what is now familiar to us”. Prophecy fulfilled eevn more today when the American photographer and director is about to celebrate his 50-year career. His most representative works are on display in the Salone degli Incanti in Trieste, where “David LaChapelle - Fulmini” offers an immersive journey through over 92 works, some in extra-large format. The now 59-year-old artist who lives in Hawaii, photographer but also director, trained with Andy Warhol in New York in the 80s’ pop culture, with his utopian and at times surreal images denounces the vulnerability of the planet and the fragility of men, focuses on a critical gaze on the human soul investigated in its folds made of pains, loneliness, joys, passions and ideals. His gaze rests on pop culture and the star system of cinema, music, art, bringing the viewer towards a new world, which seeks an uncontaminated and luxuriant nature where spirituality, love and beauty can coexist and where men and women can finally live freed from alienation and in union with the natural context. “There are many stories that are told in this exhibition called Fulmini. – said David LaChapelle – When lightning strikes, it is like inspiration that arrives unexpectedly. It’s electricity. It makes a link and light up. I hope in the same way with my art to illuminate, to get in touch with the observer. In my career I have never been interested in what art could give me, but in what I could give to the world through my works. So I hope to create works that are understandable by the viewer without ambiguity, uncertainty, confusion and obscurity, connecting with the audience through a connection that is electric force and meeting people who, in fact, I do not know. This is the purpose of what I do. I hope to give hope and faith, as well as instill optimism, touch visitors, make them smile”.

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