Kuisinarum: project for a mobile kitchen

Page 1

Politecnico di Torino FacoltĂ di Architettura Laurea Magistrale Architettura Costruzione e CittĂ

Kuisinarum

progetto per una cucina mobile Giulia Simone

1

Settembre 2017


2


3


4


Politecnico di Torino Facoltà di Architettura Laurea Magistrale Architettura Costruzione e Città ENSAL Ecole Nationale Supérieure Architecture Lyon

Kuisinarum: progetto per una cucina mobile. Relatori: Subhash Mukerjee Stefano Corgnati Cristina Becchio Tesi di laurea di: Giulia Simone Settembre 2017

5


6


Il lavoro di tesi ha come obiettivo la progettazione di un modulo abitativo mobile, in particolar modo di una cucina: Kuisinarum. Il progetto è stato proposto dalla compagnia di artisti internazionali Komplex Kapharnaum, che ha sede a Lione, il quale sta lavorando da diversi anni su un progetto chiamato Migration e sulla delineazione di una Capsule, ovvero un modulo che possa essere facilmente installato e spostato nello spazio pubblico. La cucina mobile è il pretesto per analizzare attentamente la relazione tra l’uomo e il cibo, andando ad indagare soprattutto su come un progetto architettonico si incontri con la dimensione del cibo per contribuire alla delineazione dello spazio pubblico. Il progetto verrà studiato anche per quanto riguarda l’efficienza energetica. Il modulo dovrà essere mobile, modulare e rapido da costruire, ma anche autosufficiente energeticamente , cioè essere pensato per autoprodurre l’energia necessaria al suo funzionamento off-grid.

7


- 1 Il cibo e l’architettura 2.1 la dimensione del corpo 2.2 la dimensione della casa 2.3 la dimensione della strada - 2 La cucina di strada nel mondo - 3 Il cibo come elemento di aggregazione 4.1 cibo come esperienza 4.2 cibo come rigenerazione urbana 4.3 il pasto come evento sociale - 4 Perché un’architettura nomade 5.1 una cucina mobile nello spazio pubblico - 5 Komplex Kapharnaum e il loro progetto 6.1 immersione degli studenti - 6 Kuisinarum 7.1 i 5 sensi 7.2 il sesto senso 7.3 i diversi scenari 7.4 l’architettonico 7.5 le diverse articolazioni 7.6 l’organizzazione della cucina 7.7 aspetti energetici - suistanable building - edifici off-grid - il progetto 7.8 dettagli tecnologici 7.9 fase di sperimentazione -

7 Conclusioni

8


- 8 Bibliografia -

9 Allegati

9


2


Il cibo e l’architettura.

3


4


Nel 2050 la popolazione supererà i nove miliardi e secondo le previsioni degli esperti oltre due terzi dei cittadini del mondo vivranno in aggregati urbani e metropoli sempre più estese. Intanto, nonostante questo, ancora oggi quasi un miliardo di persone vive sotto il limite della povertà e in stato di mancanza di cibo. Questi numeri fanno scandalo ma obbligano a pensare a soluzioni visionarie per il futuro in modo da poter risolvere il problema del cibo, andandosi a cimentare in particolare modo sulla comprensione della profonda relazione esistente tra esso e lo spazio. In virtù di questa urgenza di un argomento tanto pervasivo e complesso questa tesi ha voluto cimentarsi in una ricerca volta a comprendere la relazione tra cibo e spazio. Seguendo il movimento del cibo, dalla produzione, al trasporto, al consumo fino allo smaltimento, è possibile individuare tale relazione in ogni ambito, dalla sfera più fisica fino a quella economica e sociale. Ed è proprio per questo che partendo dall’architettura è possibile far capire, ma soprattutto, far prendere coscienza a tutto il pubblico, di quale sia il rapporto di reciprocità tra quello che mangiamo e lo spazio che abitiamo. Questo sta a significare che il cibo, con tutte le attività che vi roteano attorno, ha prodotto diversi tipi di strutture spaziali, in particolar modo forme urbane e di architettura, generando a sua volta diverse strutture e rapporti all’interno della società. Ed è infatti per questo che possiamo affermare che mangiare è un bisogno sociale. La società è nata con il bisogno di mangiare, bisogno che crea un legame solido tra le persone. La scarsa omogeneità delle risorse alimentari e lo sfruttamento di esse da parte dell’industria alimentare ha fatto nascere negli ultimi anni un forte interesse per l’argomento. L’industria a livello globale sfrutta le risorse naturali e umane in maniera sconsiderata e ormai sia le condizioni ecologiche che quelle sociali sono sull’orlo del collasso. Ecco dunque che sono sorte in tutto il mondo forme di resistenza al consumismo alimentare, vengono infatti proposte soluzioni alternative, dal movimento SlowFood agli orti urbani, per non dimenticare gli innumerevoli tentativi di trovare dei metodi biologicamente sostenibili per rifondare l’agricoltura e garantire una più equa distribuzione delle risorse alimentari. È proprio per questo motivo che accanto ai ricercatori e agli attivisti, gli architetti e gli artisti si stanno muovendo in prima linea con diverse proposte di azioni artistiche e nuove visioni di strutture spaziali e urbane legate all’ambito del cibo.

5


Basta pensare a quello che ha scritto Hou Hanru, il direttore artistico della mostra “Food dal cucchiaio al mondo”, tenutasi al MAXXI di Roma nel 2015; egli infatti riporta che:

“Hai mangiato?” è il saluto che ci si rivolge normalmente fra amici in Cina invece di “come stai”, “buongiorno” o “buonasera”. Chi è di un altro paese può esserne stupito. Qualcuno potrebbe addirittura pensare di scherzarci su. Questo modo di salutarsi tuttavia non rivela soltanto l’importanza del cibo come fonte di nutrizione ma anche il ruolo chiave del cibo, nel modo più basilare ma essenziale… e il cibo e l’atto del mangiare possono generare ogni forma di produzione sociale.” 1

La domanda che ci si pone è quindi quanto l’ambito del cibo condizioni ed entri nei processi di progettazione dell’architettura, nella sua forma e nei suoi spazi, e ovviamente viceversa. Dal corpo alla casa, dalla strada alla città, il tema spazia sui numerosi aspetti che hanno contraddistinto il ruolo dell’architettura nelle tematiche del cibo, dalla produzione alla circolazione, fino allo smaltimento. Cercherò di indagare come il cibo e il progetto, architettonico o urbanistico, si incontrino per contribuire insieme alla creazione dello spazio fisico in cui viviamo. In principio per capire questa relazione possiamo analizzare due esempi che riassumono chiaramente il legame esistente tra l’essere umano e lo spazio in cui vive. 1

P. Ciorra and A. Rosati, 2015. Food dal cucchiaio al mondo. Quodlibet, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XX Secolo. Articolo Hou Hanru, pp 10-11

6


Ad un estremo abbiamo il tatami, il conosciuto modulo minimo del Chashitsu giapponese che nasce per definire la zone della camera del tè ma che si espande fino a controllare tutto lo spazio della casa e del modulo abitativo nipponico.

Fotografia installazione al MAXXI, Food dal cucchiao al mondo

All’altro invece abbiamo la centuriatio romana che comincia a dare forma all’intero territorio agricolo a partire da un modulo coltivabile di sopravvivenza di una famiglia, per poi spandersi ad una griglia che va a definire tutto lo spazio urbano. Questi sono due progetti molto simili, basati su un modulo che possiamo definire alimentare, il primo un rettangolo di 1,9 m per 0,9 metri mentre il secondo un quadrato di circa un ettaro e mezzo, ma che al loro interno raccolgono entrambi una gran parte dello spazio abitativo, andando a rappresentare le infinite scale dell’interazione tra cibo e progetto architettonico. 2 Per capire quale sia il reale rapporto tra l’uomo, il cibo e l’architettura mi viene in aiuto scindere le diverse scale del rapporto tra l’uomo e il cibo. 2

P. Ciorra and A. Rosati, 2015. Food dal cucchiaio al mondo. Quodlibet, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XX Secolo. Articolo Hou Hanru, pp 14-21

7


La dimensione del corpo.

8


9


Possiamo partire dalla dimensione del corpo andando ad indagare tutti gli aspetti rituali, religiosi e intimi dello spazio legato al cibo. Dal nomade all’astronauta, in qualsiasi scenario un viaggiatore porta con se il minimo indispensabile e in molti casi è proprio questo che determina lo spazio che si genera intorno al corpo. Ovviamente su questo argomento anche la filosofia ha indagato a fondo il rapporto tra cibo e corpo: da Platone in poi moltissimi pensatori hanno raccolto domande e teorie sul cibo. Secondo la filosofia tradizionale l’idea degli alimenti infatti si ricollega alla celebre citazione di Fueuerbach “noi siamo quello che mangiamo”. Ed è proprio a questo punto che il cibo assume un ruolo fondamentale nella definizione del nostro corpo e nel dare forma al nostro spazio. Ad esempio, una maestra del té definisce con i suoi movimenti il modulo base della vita della comunità e trasferisce il rapporto spazio e cibo in un ambito religioso. La camera del té è disegnata per contenere, senza disturbare, i movimenti geometrici della maestra chiamata Michiko, che lentamente si muove nello spazio, non lasciando nulla al caso. Le quattro pareti possono aprirsi completamente, per lasciare spazio all’osservatore. L’intimità di un luogo che può contenere al massimo tre persone, viene dunque condivisa. Ed è proprio la semplicità dello spazio che riflette con precisione la necessità di concentrarsi solo e soltanto sui movimenti del maestro e sui pochi oggetti accuratamente disposti sul tatami. 3 3

P. Ciorra and A. Rosati, 2015. Food dal cucchiaio al mondo. Quodlibet, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XX Secolo. Articolo Alessio Rosati, pp 46-69

10


Fotografia di Mattia Panunzio installazione al MAXXI, Food dal cucchiaio al mondo

11


La dimensione della casa.

12


13


Successivamente possiamo passare ad una scala diversa ovvero quella della casa, dal modo in cui sono state progettate le prime cucine moderne e come esse combacino con il rapporto interno della famiglia. La chiave di volta della concezione della cucina è stata l’arrivo del frigorifero e dei primi elettrodomestici. Dall’idea sorprendente del dopoguerra, ovvero che i cibi potessero essere conservati, fino all’idea di creare uno spazio fisico che gli architetti contemporanei pensano non come un oggetto di design ma come uno spazio architettonico di qualità. Possiamo affermare che il nostro rapporto con gli alimenti si è modellato sempre nel contesto della cucina casalinga. La moderna progettazione di questo spazio è stata guidata per anni sia dal bisogno di efficienza ed igiene ma anche da un legame molto forte che abbiamo con quello che è il cibo. A livello funzionale la cucina opera come il tratto digestivo della casa: è lì che gli alimenti vengono digeriti, preparati e i risultati sottoprodotti smaltiti sotto forma di rifiuti. 4 Per più di un secolo questo spazio ha ospitato utensili ingegnosi, materiali innovativi e apparecchi sempre più all’avanguardia che hanno reso la gestione del cibo sempre più piacevole. Agli albori del XX secolo la specialista di economia domestica americana, Ellen Richard (1842-1911) notava: “ Ciò che è stato cucinato, in un attimo viene mangiato; le pulizie di oggi devono essere ripetute domani e il senso di futilità di tutto questo si è radicato nell’animo delle donne.” Richards è stata una delle tante voci femminili che hanno richiamato l’attenzione pubblica sulla durezza dei lavori domestici e sulle condizioni generalmente deplorevoli delle cucine. Ed è a partire da questo, adoperando del buon senso e delle conoscenze pratiche, che Catherine Beecher e Harriet Beecher Stowe avevano già proposto un nuovo schema di cucina che prevedeva spazi per la conservazione degli alimenti e piani di lavoro continui, andando così ad aprire la strada alle cucine razionali del XX secolo, progettate e fabbricate su misura. Negli anni Venti e Trenta iniziarono numerosi studi per generare modelli di cucine più igieniche ed efficienti, sinonimo dei principi del movimento modernista internazionale. “ La razionalizzazione del lavoro in cucina richiede soprattuto il corretto posizionamento del mobilio e dell’attrezzatura per risparmiare tempo ed energia”, scriveva in Abitazione Minima Karol Teige nel 1932. 4

P. Ciorra and A. Rosati, 2015. Food dal cucchiaio al mondo. Quodlibet, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XX Secolo. Articolo Juliet Kinchin, pp 76-88

14


“La disposizione della cucina moderna dovrebbe essere progettata in modo da ottimizzare tutte le fasi del lavoro, dalla conservazione alla preparazione degli alimenti, della cottura alla presentazione del piatto in tavola, dal lavaggio delle stoviglie alla conservazione di posate e piatti. Perché la cucina è il centro nevralgico dell’unità abitativa. È la stanza meglio progettata e razionalizzata della casa moderna, semplicemente, perché proprio come luogo di produzione, è il luogo più consono ad applicare le esperienze organizzative dei metodi di produzione della fabbrica moderna” continua Teige. Le migliori pratiche per l’applicazione di questi principi sono state sicuramente le analisi condotte da Christine Frederick, la quale studiò la quantità di passi che faceva una casalinga in cucina; questo studio divenne una pietra miliare nella pianificazione razionale per tutti gli architetti moderni.

Studi per la cucina Cristine Frederick

15


Successivamente un esempio importante per la storia è sicuramente la Kommunalka. Ideata da Lenin dopo la rivoluzione bolscevica nel 1917, la Kommunalka ospitò milioni di famiglie sovietiche nelle stanze degli ex- appartamenti borghesi: gli spazi comuni di questi alloggi erano il corridoio, il bagno e appunto la cucina. Nella cucina collettiva, ogni fornello era nominalmente attribuito a ciascuna famiglia; il frigorifero era invece collocato nella stanza che, oltre ad essere la camera da letto dell’intera famiglia, era anche soggiorno e camera da pranzo. Per completare le idee moderniste sulla cucina non possiamo non pensate alla cucina ideata da Margarete Schutte-Lihotzky, nata per l’edilizia pubblica delle Siedlunge tedesche, dove vi era Fotografia di Pavel Kassin, Kommunalka bisogno di ripensare lo spazio estetico e funzionale della cucina ed il suo ruolo all’interno della casa. La soluzione apparve grazie alla cucina nel Romerstadt di Ernst May a Francoforte. Qui la progettista Schutte cambia completamente l’idea della cucina, che è molto più piccola, giusto 1,87 metri per 3,44 metri, e si espande con facilità nella stanza da pranzo, assembla elementi che diventeranno presto componibili e affida infine alla donna il compito di governare le nuove macchine presenti in cucina. 1_ gas stove 2_ countertop 3_ cook box 4_ ironing board 5_ food cupboard 6_ swivel stool 7_ work surface 8_ garbage drawer 9_ draining board 10_ sink 11_ aluminium storage bins 12_ cupboard for pots 13_ broom closet 14_ heater 15_ pull-out board

Studi per la cucina di Margarete Schutte-Lihotzky

16


La storia della cucina procede poi con quella del 1950 di Le Corbusier, per poi arrivare alla Minikitchen di Joe Colombo del 1973, fino a quelle a noi contemporanee come la Sheer del 2009.

17


La dimensione della strada.

18


19


L’ultima dimensione, ma la più importante per questa tesi, è quella della strada e quindi dello spazio pubblico. Essa può essere considerata come un’infrastruttura o semplicemente un vuoto tra gli edifici o una connessione veloce tra due punti distanti. Nelle mille forme in cui si abita la strada il cibo riesce a trasformarla in uno spazio pubblico e luogo per il sociale. Sulla strada si mangia, si contempla, si compra il cibo, lo si vende, lo si trasporta all’ingrosso o in piccole quantità individuali. Proprio grazie agli studi di architetti ed artisti si è riusciti a trasformare tutto questo in parte integrante dell’architettura della città, dove i semplici carretti per lo street food diventano opere d’arte itineranti e nuovi luoghi di aggregazione. La strada è quindi un nuovo luogo di contatto, un’espressione di collegamento tra le persone e di relazione. Si può dire che consumare del cibo in tale contesto porti al consumatore una maggiore conoscenza del luogo e quindi permetta di leggere con maggiore chiarezza il territorio che lo ospita. Basta pensare ai percorsi tortuosi tra le bancarelle dei mercati e ai chioschi degli ambulanti che ci permettono di percepire la strada come un luogo di atteggiamenti culturali, storici e di identità rispetto a una esperienza vissuta in un tavolo di un ristorante. Possiamo quindi affermare che sia impossibile portare il cibo di strada al di fuori di questo contesto perché si rischierebbe di snaturarlo. In strada subentra la curiosità e la certezza che gli alimenti siano un tramite per aprirsi alla conoscenza del territorio attraverso l’uso dei cinque sensi. Essi sono tutti coinvolti nella loro interezza ed esplosività: il brivido che si percepisce guardando, assaporando con il naso e portando il cibo alla bocca, sono tutti passaggi necessari per conquistare emotivamente il visitatore e coinvolgerlo a pieno nelle dinamiche sensoriali. 5 Ed è proprio con i porti, la città e i mercati che nasce il cibo di strada, dove c’è il commercio e dove si muove la gente. Così Luca Iaccarino nel suo libro Cibo di strada, il meglio dello street food in Italia, racconta la storia dello street food, un cibo da consumare in fretta, in piedi, in un mercato.

5

A. Tubelli, 2013. La strada e il cibo, Mondadori.

20


“Il buon vecchio when, what, why ,where, who si può applicare a tutto anche al mangiare. Quando mangi? Se sei alla fame, di rado; se sei nervoso, fuori pasto; se sei goloso, sempre, mai a stomaco vuoto. Cosa mangi? Questo definisce dove, come vivi, chi sei: se hakarl sei in Islanda (e hai coraggio da vendere); se Junk food, hai diciassette anni (si spera). Perché mangi? Questa è forte. Per alimentarti? Per godere? Chi mangi? Questa suona male, cannibali. Piuttosto: con chi mangi? Con la famiglia, con i colleghi, il capo, l’innamorato… E poi veniamo al dunque, Dove mangi? Dove mangi è importante. Dove mangi, racconta la storia. La sala da pranzo è nobile. Il cucinino è popolare. Il ristorante è borghese. Il campo è contadino. La mensa operaia. E poi. E poi c’è la strada. Se mangi in strada, sei un uomo di relazione.” 6

6

L. Iaccarino, 2013. On the road again. Cibo di strada, il meglio dello street food in Italia, Mondadori.

21


Ed infatti lo era secoli fa, dovrebbe esserlo anche ora: il mercato è il luogo del cibo di strada. C’è la materia prima locale, la gente, la vita e tutta ruota intorno alla città. “Ecco immaginiamo il sovrano che voglia capire come stia la sua gente. Dove andrebbe a capirlo, diciamo, un mezzo millennio fa? Ma al mercato, certamente. Il mercato è ancora oggi la radio, la televisione, la stampa messi insieme. Al mercato converge la campagna, si scambia tutto. E si mangia. Soprattutto si mangia. Mentre si compra. Mentre si vende. Mentre si tratta. Bene: è al mercato - fin dai tempi dei romani- che nasce il cibo di strada. Quello consumato in fretta, tra un imbroglio e un deal. Non c’è cibo di strada senza città, non c’è cibo di strada senza commercio. “ 7 Ormai è affermato in tutto il mondo che è la strada è il posto giusto per lo street food, come dire, il suo luogo naturale, un luogo dove lo spazio è mobile, leggero e fragile, un luogo che può prendere diverse forme, suoni e viste. MARKTHAL L’esempio più celebre è sicuramente più attuale è il mercato di Rotterdam, il Markthal. Il primo ottobre del 2014, la Regina dei Paesi Bassi ha infatti inaugurato il mercato, commissionato allo studio MVRDV, come primo mercato alimentare coperto, ispirato alle analoghe realtà di Stoccolma, Barcellona e Valencia. Al Markthal, i visitatori possono fare shopping, mangiare, sorseggiare un drink sulla terrazza, il tutto sotto i maestosi 40 metri di altezza dell’arco. Il mercato ospita novantasei bancarelle alimentari e negozi, prevalentemente aziende locali o di commercianti della zona, che offrono una vasca gamma di prodotti: dal pesce fresco al cappuccino, dal cinese all’olandese, dalle occasioni allo slowfood. Questa combinazione ha portato a numeri importanti di visitatori, da 4,5 a 7 milioni all’anno. Il mercato è diventato da subito un nuovo segno di riconoscimento della città olandese. Nel luogo dove è stata fondata Rotterdam, nei pressi della chiesa storica di Laurens, il mercato soprannominato anche la ‘cornucopia’ è realizzato come una nuova tipologia edilizia. È difatti una combinazione sostenibile di cibo, tempo libero, abitazioni e parcheggi, tutti pienamente integrati per valorizzare e sfruttare le possibili diverse delle funzioni. 7

L. Iaccarino, 2013. Cibo di strada, il meglio dello street food in Italia, Mondadori.

22


Fotografia interno Markathal Rotterdam

23


DABBAWALA Un altro esempio fondamentale, ma allo stesso tempo molto lontano dalla realtà europea, per comprendere il cibo e la sua connessione con la strada è quello dei dabbawala. Si parla infatti delle città indiane dove vivono due anime distinte: la città statica, moderna in cemento mattoni e acciaio, e quella cinetica temporanea, realizzata con materiali di scarto. Esse si conciliano, secondo la teoria dell’architetto e urbanista Rahul Mehrota, grazie alla figura dei Dabbawala, ovvero i celebri fattorini che consegnano il pranzo a domicilio a migliaia di persone ogni giorno. I dabbawala sono un esempio di come si intrecciano tra loro la città formale e quella informale; infatti il sistema di consegna delle gavette che per il trasporto si affida alla rete di ferrovie costa circa 300 rupie al mese, circa 4 euro. 8 Un dabbawala ritira la gavetta da una casa in qualsiasi punto della città e poi tramite un complesso sistema la consegna sul luogo di lavoro entro l’ora di pranzo. Si valuta che circa duecentomila pranzi vengano consegnati in tutta la città ogni giorno, impiegando circa quattromilacinquecento dabbawala. In termini economici, il volume di affari annuo è di circa cinquanta milioni di rupie, ovvero circa un milione di euro. L’efficienza del sistema ferroviario di Mumbai è quello che permette il funzionamento di un sistema informale, quale la distribuzione dei pasti da parte dei dabbawala. Essi hanno infatti creato una rete che facilita un sistema informale nello sfruttamento di un’infrastruttura formale. Per capire questo processo si può studiare il progetto di Rahul Mehrota svolto nel 2015. Esso infatti comprende la mappatura del sistema di consegna delle gavette a Mumbai. Questo servizio ebbe inizio nel 1885 quando un banchiere di Mumbai assunse un uomo affinché gli andasse a prendere il pranzo a casa, glielo portasse al lavoro e riportasse il contenitore vuoto poi verso casa ogni giorno. L’uomo, vedendo l’opportunità, avviò una società di consegne di gavette con alcuni contadini del suo villaggio. Il loro servizio offerto è un monopolio e funziona perché i membri sono totalmente interdipendenti l’uno dall’altro. Il sistema esiste solo nella città di Mumbai. Questo forse perché il servizio necessita di una rete ferroviaria lineare che funzioni correttamente. La particolare conformazione geografica di Mumbai e il modo in cui la rete ferroviaria vi si inserisce crea una situazione di grande efficienza in termini di distanza. 8

P. Ciorra and A. Rosati, 2015. Food dal cucchiaio al mondo. Quodlibet, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XX Secolo. Articolo Rahul Mehrota, pp 110-115

24


Inoltre, vi è un aspetto fondamentale che è quello culturale per quanto riguarda il trasporto del cibo che è parte integrante del carattere della città e delle sue strade. Il rapporto tra l’infrastruttura dei treni, che definiamo fissa, e la strada caratterizza la città. La cosa più strabiliante è però la portata del fenomeno. In una delle città più popolose del mondo, il cibo è spesso portato secondo le capacità di trasporto di una sola persona, o una bicicletta o di un carrello a spinta. La rete funziona infatti sulle lunghe distanze attraverso la ferrovia, per percorrere gli spostamenti sull’asse nord-sud. Mentre biciclette e carrelli vengono poi utilizzati per gli spostamenti est-ovest. Possiamo quindi concludere sottolineando che i dabbawala sfruttano i rapporti e le reti di comunicazione della città statica e le sue infrastrutture al di là dei suoi limiti.

Disegno infografico di Priyanka Bhadri

25


26


27

Fotografia di David Pilling, Mumbai


28


La cucina di strada nel mondo.

29


30


Ma cosa vuol dire mangiare per strada e soprattuto mangiare insieme nello spazio pubblico? Questa domanda comporta numerose problematiche di natura differente. Quale è il rapporto tra noi e la strada, o più genericamente con lo spazio pubblico, e come interagiamo con esso; ma soprattutto cosa comporta la proposizione di un dispositivo per la distribuzione di pasti in pubblico e se è possibile come si instaura un rapporto commensale tra persone differenti e sconosciute? La strada, la piazza, il mercato, e quindi lo spazio pubblico come viene interpretato? Sotto questa visione lo spazio pubblico può essere pensato come uno spazio per il movimento e non come un luogo di fermata comune, prediligendo quindi l’idea di riappropriarsi dello spazio in funzione della creazione di un luogo per la pura convivialità. Possiamo dunque affermare che dovremmo riportare la cucina di strada nelle nostre città perché essa è la perfetta espressione della volontà di condividere, è una forma viva e chiara della cultura popolare e ha numerosi vantaggi per arrivare ad una città più armoniosa, condivisa e sensoriale. La cucina di strada si ritrova quindi con la missione di risolvere numerose problematiche delle città dei nostri giorni, come resistere all’omogenizzazione dei modi di vivere, favorire un’urbanizzazione dettata dagli spazi e dalle stagioni, non solo dagli aspetti puramente economici, ma anche coltivare i sensi e rendere possibile una coesistenza tra le persone. Mangiare per strada è una pratica naturale e universale in quanto, in scenari differenti, essa è presente in tutto il mondo. La distribuzione del cibo di strada varia da paese a paese; esistono sistemi al suolo, tricicli, biciclette, rimorchi e così via. Vorrei dunque analizzare le varie differenze di distribuzione del cibo di strada partendo da una classificazioni dei dispositivi, andando ad analizzare quindi lo spostamento del mezzo, la conservazione del cibo, la preparazione in loco dei pasti, i modi per cucinare, fino alla presentazione e alla consumazione in loco. Questa analisi vede la suddivisione della cucina di strada in categorie principali.

31


AFRICA

1 DISPOSITIVI AL SUOLO Questa è la configurazione dove la cucina è veramente minimale. Solitamente si utilizza il fuoco e i cibi sono mantenuti al caldo. Non vi è una grande quantità di cibo che si può vendere .

2 DISTRIBUZIONE A BRACCIA In questo caso il cibo è già tutto cucinato e avviene solo la distribuzione di piccole quantità.

VIETNAM

32 VIETNAM

3 BICICLETTA Questo è il sistema più diffuso al mondo. Rispetto ai due precedenti l’aspetto positivo è che il peso del cibo viene distribuito sul mezzo, quindi la distanza che il venditore può percorrere è sicuramente maggiore.


4 TRICICLO Esso ha numerosissime configurazioni differenti ed è probabilmente quello più famoso. Possiamo contare solo in Perù sei tricicli differenti per la distribuzione del cibo. Esso può essere considerato una vera e proprio cucina mobile ed è la più sviluppata al mondo.

5 CARRI AMBULANTI A SPINTA Malgrado il peso e l’ingombro essi sono dispositivi relativamente semplici da spostare e hanno già una configurazione più attenta per quanto riguarda l’aspetto del consumo e del mangiare insieme intorno ad un tavolo.

INDIA

INDIA

6 CARRI AMBULANTI A MOTORE Sono dispositivi molto simili ai precedenti ma sono alimentati da un motore. Generelamente sono dei mezzi a tre ruote di dimensioni ridotte. 33 MESSICO


7 CHIOSCO Il chiosco è la modalità di distribuzione di cibo meno mobile in quanto prevede solamente una discreta leggerezza del volume nonchè una discreta rapidità nel costruirlo. ITALIA

8 RIMORCHI Nascono con lo stesso principio del carro a motore ma non sono indipendenti. Essi vengono trainati da un altro mezzo di movimento.

USA

34 ITALIA

9 CAMION Sviluppatosi in primo luogo nel Nord America questa configurazione si distingue perché si tratta di un vero e proprio veicolo in grado di spostarsi per lunghissime distanze e con un autonomia elettrica, dovuta dell’istallazione di un generatore.


Il cibo come elemento di aggregazione.

35


36


Per rispondere alla domanda su come si instaura un rapporto commensale tra persone sconosciute che si ritrovano a mangiare insieme in spazi pubblici, ho analizzato la relazione tra l’uomo e il cibo, non solo nella fase della consumazione ma anche in quella della produzione, del trasporto e dello smaltimento. “Food is something that we all have in common. We need it to survive and although we don’t always notice it, it has structured our relationship, homes, communities, countryside and cities as long as humans have been around.” 9 Questa citazione serve per spiegare che se “noi siamo quello che mangiamo”, allora anche il design delle nostre case e delle città sono il risultato di quello che mangiamo. Ma in realtà se andiamo ad analizzare le nostre città, il legame tra esse e il cibo non è così evidente, anzi sembra quasi del tutto dimenticato. Il cibo è quasi sempre del tutto importato o prodotto in grandi stabilimenti industriali e ha perso del tutto il suo legame con il territorio. Ed è qui che è importante che un architetto entri in gioco per ripensare il legame perso; ovvero progettare un’architettura che sia più connessa con la terra e con il cibo che mangiamo. Lo studio, a questo punto, vuole sottolineare come degli elementi d’architettura legati al cibo possano generare una nuova esperienza nella comprensione dello spazio nelle nostre città, mettendo particolare attenzione nella creazione di nuove relazioni tra cittadini ed eventi pubblici per condividere l’esperienza del mangiare e attività improntate sul cibo a km zero. Per fare questo è necessario determinare alcuni parametri già esistenti tra il cibo e l’architettura in modo da poter definire come essi possano entrare in gioco per una nuova esperienza anche sotto l’aspetto sociale.

9

R. Taylor, 2015. Eating disorder? Re-thinking the relationship between food & architecture in Umea. Tesi di laurea magistrale. pp 8-9

37


Cibo come esperienza Tutto quello che riguarda il cibo ci appartiene e fa parte della nostra vita quotidiana. Durante la storia, esso ha sempre giocato un ruolo molto importante nelle attività giornaliere degli uomini e ha portato anche a numerosissimi cambiamenti, come la produzione di massa. Recentemente, nel nuovo millennio, il cibo non ha importanza solo per questioni di nutrizione ma gioca anche importanti ruoli nel comprendere come la scelta del consumatore venga dettata in base al suo bagaglio culturale. Poter provare l’esperienza di consumare un pasto fuori nello spazio pubblico è stato possibile, nella maggior parte delle città europee, sin dal periodo romano dove vi era già la possibilità di acquistare pasti caldi “on-the-go” Nel libro dell’architetto Karen A. Franck, Food + Architecture, egli sottolinea come avere la possibilità di mangiare in spazi pubblici dia alle persone un nuovo spazio, che non sia ne la casa ne il luogo di lavoro, che egli definisce “a third place” , dove si va a generare un forte senso di comunità. Questo concetto serve a sottolineare come il cibo possa essere un legante nella società, sensibilizzando la comunità verso un interesse basato su un economia più urbana. Considerando quindi il cibo come un vero e proprio evento sociale che viene promosso durante esperienze culturali e artistiche, è possibile trovare più semplicemente un’ identità più precisa dei consumatori. 10 Cibo come rigenerazione urbana. Il cibo ha senza dubbio una possibile funzione legata alla rigenerazione urbana. Possiamo considerare il pasto sotto un aspetto più architettonico, ovvero prendendo il cibo come elemento che genera un ambiente sociale. Un esempio molto importante è il progetto NoRA, il quale crea uno spazio temporaneo urbano all’interno del quale tutte le attività proposte sono legate al cibo. NoRa è un progetto specifico di un padiglione, svolto dal Food College Denmark in collaborazione con Univerity of Aalborg- Department of Architecture. 10

A.M. Fisker, T. D. Olsen, 2008. Food, architecture and experience design. Nordic journal of architectural research. pp 64-74

38


Il progetto mette in scena un esperienza chiamata “culinary experience - product unit” poiché include attività di preparazione, di esperienza del cibo, ma anche di comunicazione e di conoscenza della produzione. Il progetto è stato esposto in occasione della Biennale di Venezia del 2006, che aveva come tema “Cities, architetture and society”. A&D, Food College Denmark, ha quindi progettato un padiglio- Piante progetto NoRa ne di 30 metri quadrati con una piccola cucina dimostrativa, una piccola libreria e uno spazio di esposizione. La struttura, progettata secondo le caratteristiche dell’area della Biennale, interagisce perfettamente con il sito e con il movimento dei visitatori. Ed è proprio in questa che sede che il padiglione ha svolto il suo ruolo di elemento di aggregazione. Attraverso lo studio della luce del luogo i visitatori potevano vedere le performance degli chef all’interno del padiglione, in questo modo NoRa ha creato un interazione tra i visitatori, gli chef, il padiglione e il luogo circostante. Ha quindi facilitato la relazione tra le persone, andando anche ad invogliare a interagire con il luogo in maniera differente rispetto a tutti gli altri padiglioni presenti durante la Biennale. Il pasto come un evento sociale. È risaputo che lo scopo storico di un pasto non è mai stato solo quello di mangiare insieme, ma ha sempre avuto diversi altri propositi, che venivano legati da un buon piatto di cucina. Durante tutti i secoli il pasto venne associato a dibatti politici o economici o anche semplicemente ad occasioni per instaurare nuovi rapporti relazionali. Attraverso una profonda comprensione delle potenzialità che può avere un pasto, è possibile definire quale sia il suo ruolo all’interno dei rapporti sociali. Un pasto poteva e può essere allo stesso tempo una situazione di esclusione o di rifiuto, attraverso il mancato invito, ma anche un’espressione dei metodi di socializzazione attuali.

39


L’esperienza del cibo, con il trascorrere degli anni, si è sempre più allontanata dall’attenzione verso una semplice bella esperienza, o dalla pura percezione del pasti, andando ad assumere appunto un ruolo e uno scopo secondario legato all’ambito sociale.

Partendo dalla definizione di questi parametri è possibile riuscire a capire più a fondo la relazione che c’è o che dovrebbe esserci tra l’architettura, il cibo e la sua produzione, ed i consumatori. In aiuto alla comprensione di questo rapporto vi sono delle soluzioni interessanti , che sono nate soprattutto nei paesi nordici europei. Un esempio concreto è quello che è avvenuto in Svezia, con precisione nella città di Umea.

“Why is Umea here? Because this is where we could feed it!” Gli studi riguardano soprattutto la distribuzione del cibo, la quale non avviene più tramite i supermercati o grandi magazzini, ma attraverso i mercati; mercati intesi sia classicamente sia in maniera nuova e innovativa. La produzione del cibo, qui, avviene in loco, prediligendo quindi solo gli alimenti che possono essere veramente coltivati in Svezia.

40


Il cibo viene quindi tutto preso da imprese locali, che possiamo definire a km zero, tutto questo grazie alla fondazione di una associazione “food co-operative” chiamata UMAT. La fase interessante di questa ricerca sta nel trasporto e nella distribuzione degli alimenti per la città. Essa avviene infatti tramite dei Bike Trailer mobili dove le persone possano andare a comprare il cibo direttamente dal produttore. A questo è stato combinata la creazione di piccoli punti di distribuzione alimentare sparsi nel tessuto urbano di Umea. Questo é nato seguendo il volere dei cittadini contro la creazione di un nuovo supermercato, andando quindi a prediligere quello che viene definito un super market : “the reason for not wanting a Tesco in our community range from the impact on the local shops and farmers through to deep concerne that the dominance of the supermarket model create a risk of us not being able to feed ourselves in a future when oil prices soar”. 11 11

R. Taylor, 2015. Eating disorder? Re-thinking the relationship between food & architecture in Umea. Tesi di laurea magistrale. pp 95-106

41


La fase finale dello studio, che a mio parere è la più interessante è quella che viene definita “eating together: a table, in the kitchen, in the city”. In questa parte vorrei analizzare come il cibo e l’architettura abbiano un grande potenziale per riuscire a unire persone sconosciute intorno ad un tavolo, andando quindi a ricercare quale sia la relazione tra le persone e il cibo. Nello studio ad Umea hanno ipotizzato un volume mobile, chiamato Moveable Feast, per studiare come persone sconosciute possano interagire insieme. Creando questo spazio mobile, si è cercato di progettare uno spazio più intimo sulla strada, dove fosse possibile condividere esperienze di cucina e di pasti, andando anche a studiare la grande potenzialità che può avere uno spazio mobile. Attraverso il Moveable Feast è sorta la domanda principale: “what is more public: your living room or the town square?”. A questo proposito possiamo descrivere in poche parole il Mouveable Feats come un soggiorno mobile in giro per la città, nato per poter dare alle persone uno spazio di incontro, per mangiare e parlare tranquillamente nonostante il freddo svedese che vi è all’esterno. La cosa più interessante è che in questo caso viene utilizzato il cibo come puro strumento di aggregazione. L’elemento fondamentale del progetto sta nella facilità con cui il modulo si deve spostare, è dotato di un sistema di movimento dolce, ovvero che può essere spostato semplicemente grazie alla spinta di una persona sola. Ma in realtà questo non avviene perché il volume, destando molta curiosità per le strade, viene a mano a mano spinto sempre da più persone, andando quindi a creare di un gruppo, che poi entrando nel volume, comincia a consumare il pasto insieme.

12

R. Taylor, 2015. Eating disorder? Re-thinking the relationship between food & architecture in Umea. Tesi di laurea magistrale. pp 111-137

42


Fotografie Mouvable Feast, Eating disorder ?

43


44


Perchè un’architettura mobile.

45


46


Le rivoluzioni sociali ed economiche passano sempre attraverso una rivoluzione delle modalità abitative, e in virtù di ciò possiamo dire che la dimensione abitativa contemporanea sia il nomadismo, per ragioni di studio e lavoro grandi masse di persone di età ed estrazioni culturali e sociali diverse si spostano sempre di più per il mondo. Mobilità e nomadismo sono dunque le due facce della stessa medaglia che se da un lato richiamano alla mente idee di velocità, dinamismo, versatilità, dall’altra portano inevitabilmente con se una forte idea di sradicamento. Le soluzioni elaborate dalla seconda metà del ‘900 fino ad oggi sono molteplici e diverse, un esempio che ha fatto scuola in materia di risposta rapida all’emergenza, sostenibilità ed economicità sono le Log Houses di Shigeru Ban utilizzate per il terremoto di Kobe del 1995. Oppure, possiamo riportare, l’architetto e designer James Furzer di Spatial Design Architects che ha progettato un rifugio per accogliere temporaneamente chi si trova a dover vivere per strada: si tratta di strutture “parassite” mobili che sfruttano gli edifici esistenti. La più famosa abitazione mobile è però la De Markies, un volume di dimensioni minime, 2 metri per 4,5, progettata nel 1985, pensata come abitazione minimale per le vacanze. Il progetto prendeva parte ad una competizione chiamata “Temporary Living” , lanciata appunto nel 1985. Una volta arrivata nel luogo dove la si voleva installare la dimensione netta del pavimento aumentava fino al 300% in pochissimi secondi. Il volume offriva anche la possibilità di avere dei micro spazi al suo interno, in modo da avere anche degli spazi più privati e personali per gli utenti. Questo progetto fu premiato con il Public Price in occasione del Rotterdam Design Prize del 1996.

Fotografia modulo De Markies

47


L’architetto olandese Eduard Bohtlingk, progettista del De Markies, è sempre stato molto attento alle tematiche della mobilità: “When should architecture be anchored firmly to its subsoil and when is it better to be mobile? Now the internet has such an enormous influence on our mobility, this is a question to be asked in every contemporary assignment. Our world is changing rapidly and architecture should play an active role. The field of architecture has become very wide and is not limited anymore to static architecture. Everything is moving but not always in a physical way. “ Possiamo dire chiaramente che creare uno spazio sia l’obiettivo e l’azione principale del lavoro di un architetto. Questo può essere portato a termine grazie alla progettazione concreta di spazi fissi, ma anche in un altro modo, ovvero andando a provare un approccio che possiamo definire più avventuroso. Esso prevede l’idea di pensare uno spazio o un edificio come qualcosa di non fisso ma di completamente mobile in grado di cambiare nell’arco del tempo e dello spazio. 12

Un volume che quindi abbia sia la possibilità di restare fermo nello spazio sia quello di spostarsi, senza andare a creare nessun cambiamento al luogo in cui si è andato ad installare, una volta avvenuta la sua ripartenza. L’architettura mobile ha un grandissimo potenziale, ha come caratteristica principale quella di creare un legame perché permette di andare in luoghi diversi e di esplorarli, d’altro canto permette agli architetti di studiare una nuova forma di architettura. Cucina mobile nello spazio pubblico Uno dei primi esempio di cucina mobile è la “Mount Dennis mobile community kitchen” ovvero lo studio per una collaborazione nata tra il Master di Architettura dell’Università di Toronto ed un gruppo di residenti nel Toronto’s Mount Dennis neighbourhood. “The project as a whole is an attempt to rethink the relationship between architecture, society and ecology”. Infatti si è indagata la progettazione di una cucina per la comunità, insieme alla creazione di giardini 12

K. Seonwook, P. Miyyoung, 2012. Construction and Design Manual. Mobile Architecture. DOM Publiscer. pp 13-20.

48


comuni e orti urbani per far crescere il cibo in loco. Un focus importante è stato quello di pensare ad un progetto con delle determinate potenzialità sia in campo del piacere di mangiare sia per quanto riguarda la socialità, quindi la produzione, la distribuzione e la consumazione degli alimenti; ed in fine pensare ad un architettura come un elemento sociale e politico in grado di richiamare e raggruppare le persone. Durante tutta la progettazione tutti gli studenti hanno cucinato a contatto con i residenti per poi consumare il pasto con loro. Il risultato del lavoro di collaborazione tra gli studenti e i residenti ha dato vita ad un progetto mobile, una cucina mobile grazie a tre biciclette ognuna delle quali con un volume e con funziona differente: uno per il deposito e la conservazione, uno per la cucina e la preparazione, composto da grandi griglie di barbecue; ed un ultimo di distribuzione del cibo. La potenzialità del progetto è che i tre moduli possono essere assemblati o rimanere come singoli volumi. Il progetto crea dunque degli scenari differenti in base al sito in cui viene installato, mentre le persone che la utilizzano creano infine composizioni attraverso la loro relazione con il progetto. 13

Il tema di una cucina mobile in realtà è molto attuale e importante a livello di studi e concorsi. Possiamo notare come solo nel 2017 vi siano state numerose occasioni che hanno avuto come tema principale quello di ripensare la cucina in chiave moderna, e perché no magari mobile. Possiamo riportare ad esempio il concorso è appena terminato promosso dall’associazione Periferica per le Micro Architetture, che vede come tema lo studio e la progettazione di una cucina di massimo 10 metri quadrati, l’unica regola? Che sia mobile. L’obiettivo di Food Mood, idee innovative per cucine tradizionali, è quello di creare uno spazio food a tutto tondo, dall’allestimento all’offerta culinaria. Andando anche a pensare a quale menu proporre in determinati eventi ma che sia in linea di pensiero di una cucina mobile, temporanea e sostenibile, come anche adattabile a diversi contesti. Ormai sanno tutti che il cibo è uno straordinario strumento di diffusione, interazione e promozione culturale: stimola relazioni, anima luoghi e connette persone: dunque crea movimento.

13

OAA, Ontario Association of Architects, 2008. Perspective, Architecture & food . Volume 16, number 3. pp 10-12

49


Il concorso proponeva quindi una strategia d’uso flessibile dove attività e servizi, divisi in moduli non superiori ai 10 m2 possono spostarsi da un’area all’altra a seconda delle esigenze. Il Food Point deve essere un elemento autonomo in grado di poter preparare e servire delle pietanze ad un pubblico di numero variabile durante l’arco della giornata. Al suo interno ci sono due elementi di fondamentale importanza: l’area per la preparazione e l’area per la somministrazione. In particolare per la normativa l’area di preparazione deve prevedere anche tutti gli elementi dell’arredo industriale necessarie per la preparazione dei pasti: piani di preparazione, frigo, forno, cottura a piastre o induzione e così via. Invece per la somministrazione si intende la fase di distribuzione del cibo. Un’attenzione particolare viene data anche all’attacco a terra in quanto l’elemento deve essere sollevato e consentire un’ottima mobilità, consigliando quindi soluzioni a ruote o a rimorchio in modo da impedire anche l’umidità di risalita. Ed infine una nota d’attenzione anche agli impianti, infatti devono essere previsti cavedi per l’impianto idrico e elettrico. Per una cucina mobile è necessario calcolare circa 150 l per una cisterna d’acqua interna e una pari per le acque nere. L’elettricità può essere pensata con attacco alla rete o autoprodotta. Un altro studio interessante è quello svolto dal gruppo TECHNIKA in Ungheria. Gli architetti e artisti di questo studio infatti promuovono moltissime attività per imparare a costruire con il legno. In questo caso, nel 2016, hanno proposto un workshop per la costruzione di un modulo molto piccolo per provare un’esperienza comune legata al cibo molto particolare.

50


51

Fotografie modulo Technika #1 workshop cucina


52


Komplex Kapharnaum e il loro progetto.

53


54


Komplex Kapharnaum è un gruppo di artisti professionali che interviene alla scala locale, nazionale e internazionale da oltre 20 anni. Il loro progetto principale si chiama Migration, ovvero un progetto architettonico innovativo che ha come scopo principale quello di permettere all’associazione Komplex Kapharnaum di spostare un volume nel territorio. L’associazione infatti era situata dal 1996 in 9 Rue Francia a Vaulx en Velin, giusto al confine con la città di Lione; alla fine del 2016 hanno deciso di spostare il loro campo base verso una nuova area. Questo spostamento è stato interpretato in maniera artistica e ha dato vita al progetto Migration, che appunto nasce dallo spostamento della compagnia verso questo nuovo campo base. Questo è strettamente legato al loro concetto di spazio pubblico, la relazione degli artisti con lo spazio urbano è infatti alle volte materiale, altre volte tecnico, oppure sociale, simbolico o artistico. Ed è proprio attraverso un’architettura mobile che essi possono avere diverse interazioni con lo spazio che li circonda. Lo studio principale sta proprio nella reazione del passante e come esso può interagire con l’architettura da loro proposta, quindi come il suo movimento nello spazio possa venir perturbato andando a favorire dei possibili scenari d’incontro e di collettività. La compagnia e i suoi membri hanno iniziato il progetto Migration per partecipare un po’ al dibattito odierno che si interroga sulla città e sulle sue forme. Komplex Kapharnaum però agisce in un contesto particolare e non a caso il progetto si chiama proprio Migration: deplacement d’un endroit a un autre pour s’y etablir. Etienne Prime, artista all’interno della compagnia nonché sociologo e urbanista, definisce proprio Vaulx en Velin come una terra di migrazione. Basta pensare ai passati anni 20 quando Vaulx en Velin era una fonte di richiamo per i lavoratori stranieri senza alcuna qualificazione che ha attirato di conseguenza numerose ondate di migrazione da tutto il mondo. Queste continuarono fino agli anni 50/60 con la crescita continua del nuovo polo industriale, fino alla completa scomparsa tra gli anni 80 e i giorni d’oggi. Ed è qui che Vaulx en Veline si è trasformata in una città di aree industriali dismesse, portando alla conseguente apparizione delle bidonville negli anni 90, dove ancora oggi un tasso sempre più alto di persone è costretto a vivere per strada o in forme d’abitazione precarie. 55


56


Performance della compagnia a Vaulx en Velin

57


Fotografia Figures Libres Performance della compagnia

58


59


La compagnia quindi è nata e si inserisce in questo contesto sociale difficile ma è attraverso i suoi spettacoli per la strada che Komplex Kapharnaum si mette in gioco per capire la storia urbana, le dimensioni dei suoi abitanti e cosa implica la partecipazione dei cittadini verso un possibile miglioramento e rigenerazione del luogo. Questo riporta ancora una volta alla domanda che riguarda la possibile interazione dei passanti in uno spazio urbano e se una minima variazione nello spazio pubblico, come l’aggiunta di un volume, quali perturbazioni può recare al livello della città. Per questo motivo fin dai primi disegni del 2015 è sempre stato chiaro che il modulo sarebbe dovuto essere leggero alle volte, altre volte d’impatto ma sicuramente adattabile allo spazio urbano e al ritmo delle diverse creazioni degli artisti. Gli artisti sono quindi alla ricerca di creare una vera e propria scena nella città capace di portare una perturbazione dello spazio e dei passanti grazie al suo elemento di attrazione e originalità.

Fotografia di Vincent Muteau

60


Fin da subito si è capito che anche solo l’arrivo di un volume o, come viene definita dagli artisti, di una Capsule, ovvero un modulo che possa essere portato nello spazio pubblico, in loco è già uno spettacolo in se. Ma quello che forse farebbe attirare più persone sarebbe la possibile messa in scena del volume in poche ore perché questa soluzione permetterebbe infinite opzioni architettoniche, forme differenti e utilizzo dello spazio in funzione di esso stesso. PUUN ESPACE AERA. S’arrêter pour se rencontrer Offrir la possibilité de... DE Se regarder Se regarder, en vrai. Pas forcément tout de suite discuter. Créer une zone libre Une zone de rencontre mais dont ce n’est pas la vocation celle-ci doit s’inventer par le contexte ce n’est pas la chose qui le permet. Simple facilitateur Element perturbateur non perturbant Se regarder donc. La question du temps du temps que permet la chose. Combien de temps la chose nous permet-elle de mettre a disposition pour... S’offrir la possibilité de… DE Se présenter S’asseoir Trouver le bon mouvement dansant des corps. Pas des chaises, pas des bancs, Mille possibles. A l’envers, a l’endroit, de dos, de face. Se déployer comme une fleur qui pousse, naturellement, bien que rare autour. Mais naturellement ; 61


s’arrêter comme lorsque l’on a besoin d’aller pisser. Naturellement, Alors, se regarder, se présenter, s’appréhender. Et entamer ce que le contexte nous offre comme possible d’expressions de rencontres. Le contexte que la capsule nous a permis d’effleurer différemment. Simple révélateur. L’urinoire est une capsule de rencontre, d’où pourrait naitre de belles histoires si nos meures l’eurent permis. Une capsule qui croit en demain. Qui construit des nouveaux mondes et des révolutions mentales. Le début d’une fronde utopique. Nuit debout est un peu capsule sociale. Qui a su habiter la ville, l’occuper de manière nouvelle. Champ des possibles Architectures vernaculaires Palettes et désirs de paroles. Politisé. Peut-être notre capsule doit-elle l’être un peu moins dans l’ambition sociale, politisée. Nous venons du spectacle, tout en affirmant la force politique du message artistique, Une capsule chargée : catalyseur d’histoires, espace d’expression poétique. Pauline BANCE artista e coordinatrice di Komplex

In base a questi quesiti e studi Komplex Kapharnaum ha portato avanti per diversi anni gli studi autonomamente, poi la compagnia di artisti alla fine del 2016 ha domandato all’ Ecole nationale d’architecture de Lyon di partecipare come partner per aiutarli a dare una configurazione e nuove idee per il loro progetto di una Capsule.

62


Innanzi tutto si è delineato la funzione del modulo che ci hanno proposto di progettare; hanno optato quindi per un volume adibito a cucina mobile che segua delle determinate caratteristiche architettoniche in linea con la filosofia artistica dell’intero progetto di Migration. Il progetto infatti ha tre punti fondamentali. - la modularità: lo spazio architettonico di lavoro e di incontro per le persone deve essere perfettamente adattabile a diversi eventi e diversi scenari temporali d’utilizzo. - la mobilità: il progetto si fonda su spazi di lavoro mobili e trasportabili in una moltitudine di spazi. Il montaggio dei volumi deve essere semplice intuitivo rapido, come anche lo smontaggio. -la possibilità di utilizzare il volume a diverse scale.

Quindi quello che è risultato fondamentale per la progettazione del nostro progetto per la cucina mobile sono stati i concetti di funzionalità, ecologia ed anche estetica. Per quanto riguarda la funzionalità abbiamo dovuto pensare ad una cucina nella quale si potessero ospitare dalle 20 alle 25 persone, in più mobile attraverso un sistema di spostamento a nostra scelta. L’assemblaggio deve avvenire nel luogo dell’evento quindi il progetto architettonico deve considerare che dovrà essere costruito per mezzo di elementi modulari e portabili a mano in modo tale che tutta la struttura possa essere costruita da un massimo di 4 persone in 4 ore. Il modulo deve avere un sistema elettrico e d’acqua potabile e di scarico. Per l’ecologia il modulo dovrà assicurare il comfort termico e acustico, é rimasto alla nostra scelta se l’impianto elettrico e per l’acqua dovessero essere collegati ad una rete esistente o se dovesse essere stand-alone. Si privilegiava comunque una soluzione con un sistema dell’impianto più ecosostenibile e quindi alimentato da fonti rinnovabili, non scordandosi però in più che dovrà essere anche sostenibile economicamente. La scenografia e l’estetica il modulo dovrà avere anche delle caratteristiche per poter mettere in scena gli spettacoli della compagnia e quindi dovrà essere in linea con i valori etici e artistici del progetto Migration.

63


Disegno di Morgane Clerc

64


L’immersione degli studenti.

65


Il processo di definizione e di studio del modulo architettonico è avvenuto in maniera graduale e molto particolare. La prima fase del semestre ha visto come particolare attività quella di immersione degli studenti nel contesto della compagnia degli artisti. Tutti gli studenti hanno avuto uno spazio di lavoro a contatto con la compagnia, in modo tale da capire bene le idee che muovevano il progetto Migration. Vi sono state molte possibilità di partecipazione a stretto contatto con gli artisti, come ad esempio la partecipazione durante un loro spettacolo di strada a Bel-Air-les-Brosses. Durante questo spettacolo gli studenti hanno avuto modo di aiutare la compagnia a distribuire da bene e da mangiare ad un pubblico molto ampio, composto da bambini e da famiglie residenti in uno dei quartieri più poveri di Vaulx en Velin. Fin dal principio abbiamo provato il concetto di mobilità, in questo case attraverso dei carrelli adibiti a distribuzione dei cocktail. Il metodo di lavoro ha previsto numerosissimi scambi tra gli studenti, la compagnia Komplex Kapharnaum e il gruppo di esperti composto da architetti e ingegneri. In questo modo è stato più semplice riuscire a sviluppare meglio i concetti che risultavano fondamentali per gli artisti e ad avanzare più velocemente nella fase progettuale e nei dettagli più tecnici.

66


Un altro elemento fondamentale per la comprensione dell’esperienza che vogliono creare gli artisti nello spazio pubblico, è stato quello di avere la possibilità, ogni settimana, per gli studenti di poter provare a cucinare per tutta la compagnia e tutti i membri della cucina. Il pasto era quindi un pranzo per circa 40 persone, da preparare interamente nel giro di 3 o 4 ore favorendo la preparazione di piatti tipici del proprio paese e l’utilizzo di prodotti locali. Durante questi pranzi vi si sono creati dei veri e propri momenti di incontro e scambio di idee tra esterni e gli studenti, che hanno portato alla comprensione più completa dell’intero progetto Migration. Durante questi pranzi vi sono stati dei momenti di incontro, di condivisione e discussione intorno ad un grande tavolo. La fase più importante, che è poi risultata essere fondamentale per la progettazione, è stato dover pensare a come preparare un pasto per così tante persone? Come preparare la tavole? Come servire il cibo? Quale forma di cibo, piatto caldo o freddo o semplicemente dei panini, è la soluzione ottimale?

67


68


69


70


Kuisinarum.

71


72


Il concept del modulo che si è portato avanti durante i sei mesi di progettazione sono riassumibili in poche frasi fondamentali. Si è voluto cercare un spazio compatto ma grande allo stesso tempo, pensando con particolare attenzione al comfort, alla leggerezza e alla trasportabilità. Il volume deve essere un vero e proprio manifesto nello spazio, questo è possibile grazie allo studio dei materiali esterni della micro architettura e dal suo carattere a sorpresa ed un po’ enigmatico.

Ma soprattutto il voler creare uno spazio “libero” nel senso di spazio molto flessibile ed adattabile al contesto in cui viene portato, nonché modulabile, e off-grid quindi libero dalla connessione alle risorse energetiche sia elettriche sia per l’acqua. Abbiamo cercato di mantenere i valori principali della compagnia Komplex Kapharnaum, ovvero mettere in questione lo spazio pubblico e la sua riappropriazione da parte dei cittadini. Tutto questo cercando di avere una palette di comunicazione la più ampia possibile, ovvero attraverso l’architettura, la tecnologia, la musica e le performance artistiche.

73


È proprio per questo che il progetto vede la cucina non solo come mezzo per la distribuzione dei pasti. Essa permette di comprendere da dove provengono le materie prime, riacquistando quindi un legame con il territorio, di mostrare come si preparano i pasti. Intorno a questo volere sociale vi è il pasto. Il pasto infatti viene considerato come una coreografia: è dettato da dei rituali, come la preparazione dei piatti, il servizio, la consumazione ed infine la pulizia. La cucina mobile è dunque soprattutto un pretesto, pretesto che crea un legame sociale. Lo studio della cucina è cominciato proprio dall’idea che questo volume dovesse essere in grado di raccontare una storia e creare un legame. Per questo si è cercato di avere una forte identità fin dalle prime fasi progettuali, un vero e proprio segnale. Questo ha portato alla concezione del coinvolgimento di tutti i 5 sensi, che come abbiamo anticipato nelle fasi precedenti, sono gli elementi fondamentali per un visitatore che si accinge ad un’esperienza di cibo di strada.

74


i 5 sensi.

75


IL TATTO Il tatto nell’ambito della cucina ha un ruolo importante per avere una esperienza, che si possa definire, a 360 gradi. Testare la maturazione dei frutti, la consistenza del riso, la grana del sale, sono tutti gesti quotidiani per chi è solito cucinare. A questo, nel progetto di Kuisinarum, si aggiunge la possibilità di poter testare con le proprie mani la materialità della cucina stessa, sentire i diversi tipi di legno utilizzati per la struttura, e le forme differenti (griglie, bande, assi e così via) .

IL GUSTO Il gusto è quello che possiamo definire come la finalità della cucina. Esso entra in gioco, senza considerare il cuoco, nell’ultima fase della preparazione del pasto. Esso è infatti il senso ultimo della cucina, quello per cui tutto viene preparato e quello a cui tutti gli altri sensi conducono. Ma è anche fortemente influenzato dalla vista, l’olfatto, e il tatto.

76


L’OLFATTO Non si può parlare di cucina senza evocare l’odore. L’odore del mercato, della preparazione del pasto, della cucina e dei piatti finali. L’odore è onnipresente quando si parla della cucina, quasi più importante del gusto in sé.

L’UDITO Il Kuisinarum non permette solo di vedere come viene preparato un pasto, ma lo fa anche sentire e comprendere. L’idea della cucina mobile è quella di riuscire ad amplificare tutti i rumori della cucina, in particolar modo della preparazione, in modo da diffonderli nello spazio pubblico.

LA VISTA Il Kuisinarum è una struttura dove tutto è visibile, sia per quanto riguarda i differenti elementi che la compongono sia per la preparazione del pasto. La parte architettonica permette di capire esattamente come funziona la struttura , dai pannelli mobili del tetto, all’organizzazione interna del rimorchio.

77


78


il sesto senso.

79


Tutta l’esperienza legata ai cinque sensi però porta ad una fase successiva, ovvero la comparsa di un altro senso ovvero del sesto senso . La domanda principale che ci si è posti riguarda, al di là della cucina in se, come il progetto potrebbe fare ad attirare ed interagire con le persone ma soprattutto a creare degli scenari differenti all’interno dello spazio pubblico. Partendo dal presupposto che la cucina ha un secondo fine, ovvero quello di esplorare la città, Komplex Kapharnaum, andando ad usare un piccolo elemento mobile, potrebbe spostarsi nei diversi quartieri andando a proporre attività, workshop per gli abitanti, ma soprattutto riuscire a dare un nuovo spazio di qualità e di incontro. Per attirare le persone si sfruttano i 5 sensi, ad esempio la cucina viene integrata di diversi sistemi per la diffusione dei suoni che si possono sentire durante la preparazione del pasto. Mettendo un sistema di microfoni sul Kuisinarum i suoni della preparazione in cucina andranno ad echeggiare nelle strade e sarebbero un perfetto elemento calamita per gli abitanti. In secondo luogo si potrebbero proporre al pubblico delle attività in legame con la preparazione di un pasto: raccolta e giardinaggio delle piante aromatiche o delle piccoli verdure, direttamente sul Kuisinarum, per poi essere lavate e preparate in loco. Tutto questo servirebbe ad andare a ricordare il ruolo della terra e degli alimenti a km 0, prelevando solamente quello di cui si ha bisogno per il pasto da preparare. Ed infine per quanto riguarda l’aspetto più artistico il Kuisinarum sarebbe uno spazio perfetto per gli spettacoli di strada della compagnia. Giocando con l’effetto sorpresa si può utilizzare il modulo come un nuovo spazio di proiezione, ovvero un vero e proprio faro nello spazio pubblico per attirare i cittadini con la luce e con le performance degli artisti.

Possiamo dire quindi che il pasto in se sarebbe visto come un momento di condivisione, di commensalità e di socialità. La cucina è il pretesto. Il Kuisinarum infatti trasmette dei valori, delle idee e delle emozioni, che cambiano in base ai giorni, alle ore e alle stagioni, ma anche al luogo.

80


Il sesto senso che si viene a creare ha quindi un senso antropologico, attraverso il quale ogni persona riceve delle informazioni su certi elementi, in questo caso legati al cibo, e li condivide in un luogo comune con altre persone interessate sullo stesso argomento.

Installazione del Kuisinarium nello spazio

Presenza dei 5 sensi

81

Creazione del sesto senso


82


83


84


i diversi scenari.

85


Scenario utilitario Questo è lo scenario base, dove la cucina è utilizzata solo dalla compagnia di artisti per preparare un pranzo o una cena. In questo caso viene utilizzato solo un carro dei 4 disponibili, ovvero quello che contiene i mobili, in modo tale che il pasto possa essere preparato in fretta per procedere all’installazione delle performance artistiche nel luogo. La cucina è quindi pensata per un massimo di 12 persone e viene aperta solo in parte la struttura del tetto. Con questa configurazione i carri a spinta non si allontanano dal volume centrale.

86


Scenario dello spettacolo Questo secondo scenario è quello fondamentale per la compagnia Komplex Kapharnaum in quanto è quella per cui hanno richiesto il modulo della cucina mobile. In questo caso il tetto, composto da tanti pannelli mobili viene da un lato lasciato semi chiuso, per avere uno spazio di proiezione mentre dall’altro lato viene completamente aperto lasciando lo spazio all’installazione della cucina, dei tavoli e dei carri a spinta.

87


Scenario Pedagogico Lo scenario pedagogico vede come esperienza quella della massima condivisione. Qui il volume viene pensato come un mezzo per imparare, imparare a cucinare, a suonare, a fare delle performance artistiche fino ad un primo avvicinamento al concetto di agricoltura a km 0. Si instaura una sorta di atmosfera di workshop per le famiglie, i passanti e gli artisti della compagnia.

88


Scenario del trasporto Questo è lo scenario in cui il modulo viene lasciato chiuso nello spazio pubblico, ma nonostante questo vengono lasciati all’esterno i tavoli e le sedie della cucina in modo tale da creare un nuovo spazio di incontro per le persone. Il Kuisinarum chiuso progetto un segnale nello spazio pubblico, allo stesso tempo qualcosa di estraneo e di intrigante.

89


Scenario utilitario

Scenario spettacolo

90


Scenario pedagogico

91

Scenario trasporto


92


l’architettonico.

93


L’idea del concept del Kuisinarum è partita dallo studio del mercato di strada e dai moduli che lo compongono. Abbiamo quindi prediletto un volume dalle dimensioni, che possiamo definire standard per il mercato, ovvero facilmente trasportabile attraverso l’utilizzo di un rimorchio senza la necessità di una patente particolare. Si è da subito deciso di utilizzare come mezzo di trasporto un rimorchio esistente sul mercato, 2 metri per 5 metri. Su di esso vi è articolata tutta la cucina che funziona come una grande classica cucina ad isola. Il volume è quindi di 2 metri per 5 e durante il trasporto è completamente chiuso per poi svelarsi durante gli eventi degli artisti, andando a conquistare lo spazio pubblico. Questo è possibile perché Kuisinarum è pensata come una cucina centrale con poi 4 piccoli satelliti, ovvero due carri a spinta a mano che fungono da piccole cucine su ruote, e due come contenitori di tutti i mobili necessari per offrire un pasto a 20 o 25 persone. Essi durante il trasporto sono posti all’interno del volume e poi dispersi nello spazio una volta arrivati sul luogo scelto. Tutti i moduli della cucina, compresi tutti gli elettrodomestici o gli utensili o i tavoli, sono inseriti all’interno di una griglia metallica posta al di sopra del rimorchio che funge anche da struttura portante per aggangiare i pannelli che fungono da facciate e da tetto.

94


pannelli fotovoltaici

tetto a falde per recuperare acqua piovane

pannelli mobili di facciata

carri a spinta X4

moduli cucina

struttura metallica cucina

rimorchio

95


96


le articolazioni.

97


La Kuisinarum si apre e si articola in base ai bisogni. Quando il modulo non viene utilizzato esso rimane chiuso, e viene pensato come un qualcosa di sconosciuto all’interno dello spazio che desta sorpresa tra i passanti ma soprattutto curiosità. Quando invece il modulo viene utilizzato esso ha configurazioni differenti. La prima è durante l’estate o le giornate di bel tempo dove i 4 carri a spinta vanno in giro per il quartiere, per attirare le persone e invogliarle ad avvicinarsi al Kuisinarum. I tavoli le sedie e quindi l’intero pasto è sparso e conquista lo spazio. Mentre in caso di brutto tempo la struttura del tetto permette di avere uno spazio di riparo sotto il quale si può consumare il pasto sempre in compagnia.

98


99


100


l’organizzazione della cucina.

101


Sul rimorchio ci sono numerosi moduli inseriti nella griglia metallica strutturale, che hanno funzioni molto diverse: dal lavandino, al frigo fino agli spazi per la conservazione del cibo. Anche tutti i moduli per l’autosufficienza energetica sono inseriti all’interno della griglia, sia per quanto riguarda l’elettricità sia per la produzione dell’acqua calda. La cucina si sviluppa quindi su 5 metri lineari e una parte dei blocchi presenti sul rimorchio sono a loro volta mobili, possono essere quindi spostati e messi sui carri a spinta per agevolare la fase di preparazione del pasto. Nella parte inferiore della griglia, posta sul rimorchio, vi è la zona dove vengono riposti tutti i grandi tavoli smontabilie che vengono montati poi sul luogo dell’evento. Così come le sedie che vengono riposte in un apposito spazio all’interno di uno dei 4 carreli a spinta.

POMPA CALORE BOILER

CONTENITORE ALIMENTARE

REGOLATORE E INVERTER

BATTERIA ELETTRICA

STOVIGLIE STOVIGLIE

CISTERNA

KIT DI SOCCORSO

LAVANDINI

UTENSILI

SPAZIO PER TAVOLI

RIFIUTI

102

PIASTRA INDUZIONE

PIATTI E PENTOLE

ACQUA POTABILE

STOVIGLIE

FRIGORIFERO


SPAZIO SEDIE PIEGATE

CUCINA PASTI FREDDI

RIFIUTI

CONTENITORE ALIMENTARE

CONTENITORE PIATTI UTENSILI

SPAZIO WORKSHOP

103


104


aspetti energetici.

105


Sustanable Building Il concetto di edificio sostenibile è stato sviluppato agli inizi degli anni 1970 in risposta alla profonda crisi energetica e alle crescenti preoccupazioni dei cittadini riguardo l’ambiente. Il punto fondamentale era infatti la necessità di risparmiare energia e di ridurre i problemi ambientali; questo ha favorito un’ondata di innovazione nella bioedilizia che si è protratta costantemente fino ai giorni nostri. Definire però cosa siano degli edifici sostenibili non è facile. Spesso vengono chiamati e conosciuti come edifici verdi ovvero strutture progettate, costruite in accordo con le linee guida per l’alta efficienza energetica e che quindi avranno un impatto positivo sull’ambiente, sull’economia e sul sociale per tutto il loro ciclo di vita. La bioedilizia è quindi un mercato in crescita costante ma anche rapida, sebbene possiamo definirla ancora in una fase d’infanzia. La legislazione italiana non ha ancora pienamente recepito le direttive europee sulla sostenibilità ambientale e l’efficienza energetica degli edifici, ma d’altro canto ci sono numerosi strumenti di progettazione e valutazione che sono nati volontariamente in molte regioni. Quando si parla di Sustainable Building dobbiamo fare particolare attenzione a tematiche differenti ma che devono essere sviluppate di pari passo e in maniera integrata. La prima, come già detto precedentemente, è l’attenzione alla conservazione delle risorse, individuando come risorse l’energia, i materiali e l’acqua. Parallelamente però deve svilupparsi una particolare attenzione ai costi ed ad un design che sia in grado di adattarsi alle necessità degli uomini. La sfida della progettazione sostenibile sta quindi nel trovare il giusto equilibrio tra queste tre categorie, cercando quindi di fare un buon mix tra questioni economiche, sociali e ambientali. “The building industry is a vital element of any economy but has a significant impact on the environment”. Considerando questa citazione è facilmente comprensibile che il design sostenibile ha un ruolo più che fondamentale e che quindi porta un importante contributo nell’avanzamento del concetto generale di sostenibilità. La sostenibilità infatti è un concetto molto complesso ed ampio poiché essa comprende lo studio 14

Peter. O. Akadiri, Ezekier A. Chinyio, Paul O. Olomalaiye. 2012. Design of a Sustainable Building: A Conceptual Framework for Implementing Sustainability in the Building Sector. pp 127-132.

106


della qualità della vita delle persone, facendo attenzione a condizioni sociali, economiche e ambientali. Un edificio non è può essere considerato sostenibile solo durante la fase di progettazione ma deve essere studiato sotto questo aspetto anche durante la costruzione e soprattutto in tutto ciclo di vita dell’edificio. Esso deve essere studiato per le risorse e l’efficienza energetica, la dispersione di CO2 nell’ambiente, la prevenzione all’inquinamento, l’attenzione al rumore, migliorare la qualità del comfort interno, ed infine pensare all’armonizzazione con il contesto esterno. Architetti designer e ingegneri hanno una opportunità unica nel campo della sostenibilità, ovvero poter progettare facendo attenzione a nuove iniziative, strategie e processi focalizzati su questa tematica. Osservando i giorni nostri questa attenzione si è riversata principalmente su un “micro-level” ovvero su uno specifico livello di progettazione dell’edificio. Per questo motivo le nuove tecnologie come BREEAM (Building Research Establishment Environmental Assessment Method) o la certificazione LEED (Leadership in Energy and Environmental Design) stanno costantemente cercando di sviluppare delle pratiche per aumentare questa scala fino all’intero progetto dell’edificio. I principi di un edificio sostenibile. E’ stato calcolato che intorno all’anno 2056 le attività mondiali aumenteranno esponenzialmente di circa 5 volte, come anche la popolazione mondiale che porterà di conseguenza ad un aumento del 50% del consumo dell’energia globale. Considerando tutti i consumi energetici, studiati globalmente, bisogna tener conto che l’industria dell’edilizia è quella che porta il contributo più alto sia nell’inquinamento ambientale che nei consumi energetici e nella creazione di detriti: “using resources effectively: buildings should not use a disproportionate amount of resources, including money, energy, water, materials and land during construction, use or disposal” Halliday autore che ha definito il principio degli edifici sostenibili in funzione delle risorse effettivamente utilizzate.

107


Per procedere dunque verso una politica veramente più attenta al consumo energetico è necessario svolgere un analisi di tre punti fondamentali: - la conservazione delle risorse e la minimizzazione dei consumi; - l’ attenzione ai costi sia di costruzione sia legati ai consumi; - pensare ad un design il più adatto possibile all’utenza. Considerando gli studi svolti dall’esperto P. Graham, in Building Ecology—First Principles for a Sustainable Built Environment, l’industria dell’ edilizia è la maggiore consumatrice di energia e di risorse naturali. Per fare attenzione all’utilizzo delle risorse bisogna mettere in atto accorgimenti diversi poiché si prendono in considerazione ambiti differenti quali: il consumo dell’energia, il consumo dei materiali, il consumo dell’acqua e il consumo di terra. Conservazione dell’energia. L’attenzione ai consumi energetici è il punto più importante per un edificio che possiamo definire ecosostenibile. Legati al concetto di attenzione energetica vi sono però differenti aspetti che entrano in gioco. In primo luogo la scelta dei materiali e i metodi costruttivi prediligendo materiali altamente performanti; fare particolare attenzione alle parti disperdenti dell’edificio, in quanto esse sono quelle che portano il maggior quantitativo di dispersioni di calore e quindi di energia. Successivamente cercare un design che utilizzi un sistema energetico all’avanguardia e attraverso delle tecnologie passive, queste comprendono la ventilazione naturale, l’utilizzo di vegetazione per la climatizzazione e l’orientamento ottimale dell’edificio. Gli esperti dovrebbero fare attenzione sia alla macro che alla micro scala del sito, potendo sfruttare quindi le condizioni ambientali ottimali per poi installare sistemi all’avanguardia che abbiano un rendimento massimale. Conservazione dei materiali Bisongna prendere in considerazione il consumo dei materiali sia per quanto riguarda i materiali utilizzati in primo luogo per la costruzione sia per tutti i detriti che si andranno a creare durante il ciclo di vita dell’edificio. 108


Questo prevede quindi la scelta di materiali che possiamo definire durabili, ma anche di provenienza locale e se è possibile il più naturale possibile. Conservazione dell’ acque Si intende mettere in atto la raccolta delle acque piovane, con successiva depurazione in loco ed ovviamente anche un ‘attenzione particolare ai sistemi di ricircolo.15 Per soddisfare dunque tutte queste categorie ci vuole un approccio differente, che possiamo definire olistico, ovvero dove ogni componente è messo in relazione con il contesto di tutto l’edifico, considerando l’impatto sull’ambiente circostante e sulla comunità che lo circonda. Questo è un approccio estremamente complesso che richiede una progettazione integrata, nella quale costruttori, architetti e ingegneri agiscono in modo creativo, utilizzando l’integrazioni dei sistemi in tutto il loro lavoro. Ci sono vari strumenti tecnologici e metodologie di valutazione che possono aiutare gli esperti in questo processo, uno di questi è ad esempio il Protocollo Itaca, ovvero uno strumento di valutazione del livello di sostenibilità energetica e ambientale degli edifici. Il Protocollo ha diverse finalità in relazione al suo differente uso: è uno strumento a supporto della progettazione per i professionisti, di controllo e indirizzo per la pubblica amministrazione, di supporto alla scelta per il consumatore, di valorizzazione di un investimento per gli operatori finanziari.

Progettazione Integrata La progettazione integrata mette a sistema la fase del progetto, le soluzioni fisico-tecniche e il risultato da raggiungere valutando l’intero ciclo di vita dell’edificio in oggetto. L’elemento fondamentale è quindi la creazione di un team multifunzionale, in grado di far fronte ad un confronto attivo e aperto a tutte le modifiche durante la fase progettuale e tutte le successive fasi che si susseguono durante il ciclo di vita dell’edificio. Inoltre la progettazione integrata vede in primo luogo un’ottimizzazione passiva dell’edificio attraverso un adeguato isolamento dell’involucro e l’adozione, solo successiva, di sistemi attivi. 15

Peter. O. Akadiri, Ezekier A. Chinyio, Paul O. Olomalaiye. 2012. Design of a Sustainable Building: A Conceptual Framework for Implementing Sustainability in the Building Sector. pp 127-140.

109


Questo è possibile perché la progettazione tiene conto fin da subito di fattori legati all’orientamento, alla geometria e ai materiali utilizzati andando ad influenzare successivamente caratteristiche fondamentali quali la qualità dell’aria e del comfort termico. La strategia prevede quindi la massimizzazione dei guadagni termici, la minimizzazione delle dispersioni e dei consumi attraverso un’ attenta progettazione dell’involucro, uno studio dell’orientamento e la soddisfazione del fabbisogno energetico rimanente attraverso elle fonti rinnovabili. Edifici Off-grid Ai giorni nostri si pone sempre più spesso l’attenzione sul consumo energetico, a tal punto che l’Unione Europea si è prefissata come proprio obiettivo, quello di riuscire a coprire il 20% del fabbisogno di energia tramite la produzione di energia rinnovabile, o detta anche verde. Questo obiettivo vede quindi la trasformazione degli edifici da “consumatori” a “produttori” di energia. Il concetto di salvaguardia dell’energia è una parte interessante della visione della green economy, perché questo concetto riconosce l’energia come un diritto umano. Ma nonostante le attenzioni degli ultimi anni, osservando vari dati, é possibile vedere che la qualità dell’energia ancora oggi è molto simile all’energia “sporca” prodotta circa 20 anni fa. Nel caso italiano, in particolare, l’aumento dell’uso di energia rinnovabile va di pari passo con il trend europeo. Questo perché il problema di base consiste nel fatto che il sistema di distribuzione energetico andrebbe completamente ridisegnato, andando verso una prospettiva di produzione dell’energia verde in eventuali sistemi off-grid che verrebbero integrati in diverse localizzazioni differenti. Un progetto che viene definito off-grid, o stand alone, è un edificio che è autosufficiente e che fa a meno della rete di distribuzione e quindi si affida solamente alle fonti di energia rinnovabile sia per l’elettricità che per il riscaldamento. Una casa totalmente autosufficiente, non collegata ad alcuna rete e in grado di gestire i normali fabbisogni di energia, gas, acqua, reflui e connettività è quindi una realtà che scambia con l’ecosistema solo sole, vento, e pioggia senza consumare altre risorse né tanto meno inquinare. Un edificio off-grid ha dunque una spiccata attenzione alla gestione di tutti gli aspetti energetici.

110


- Gestione di energia elettrica e gas. l’energia elettrica viene prodotta dalle fonti rinnovabili presenti nel territorio dove insiste l’edificio off- grid: fotovoltaico, eolico, idroelettrico, geotermico, ecc. L ‘energia così prodotta può essere stoccata all’interno dell’edificio. - Gestione energia termica Il calore può essere ottenuto grazie a pannelli solari. Questo calore viene immagazzinato in un accumulo stagionale, integrato con quello prodotto da eventuali congelatori e delle caldaie per alimentare d’inverno il riscaldamento. - Gestione dell’acqua La gestione dell’acqua è sicuramente una delle tematiche più difficili d’affrontare perché all’interno dell’edificio si avrà bisogno di spazi tecnici molto grandi dovuti alla presenza di cisterne di accumulo, nonché di sistemi di filtraggio della pioggia. In ogni caso le acque meteoriche possono essere accumulate in una cisterna opportunamente predimensionata a secondo delle condizioni climatiche locali. Tale acqua può essere potabilizzata, mediante dei filtri e o il trattamento UV, o demineralizzata, attraverso delle tecniche di evaporazione e o filtraggio. Le acque grigie e nere devono essere depurate in modo da poter essere utilizzata come acqua tecnica( WC) o di irrigazione. La sfida più grande dei sistemi stand alone, o off-grid, sta però nel riuscire a diffondere questo paradigma nel mondo, progettando soluzioni innovative, ecologiche e sostenibili. Un gruppo di ricercatori italiani, molto attivo su scala mondiale, ha studiato un sistema compatto per la produzione di energia indipendente e sostenibile. Essi sono La Fabbrica del Sole e il progetto si chiama OffGridBox o semplicemente OGB. La fabbrica del Sole è il luogo di ricerca, di test e di messa a punto di soluzioni Off-grid di ogni genere: fotovolatico, solare termico, solar cooling, distibuzione a bassa temperatura, accumulo termico tramite vettore ad idrogeno, fitodepurazione, circuito chiuso delle acque, connessione radio e wi-fi. Tutto questo è possibile trovarlo all’interno del loro OffGridBox ma che in seguito è stato anche applicato ad altri edifici per permettere l’autosufficienza in modo semplice efficace e confortevole. 16

M.Menconi, S. dell’Anno, A.Scarlato, D. Grohmann. 2016. Energy sovereignty in Italian inner areas: Off-grid renewable solutions for isolated systems and rural buildings. pp 14-25.

111


112


il progetto.

113


Il modulo del Kuisinarum, come mostrato in precedenza, ha come caratteristiche principali quelle di mobilità, modularità e rapidità nell’essere installato. A questo se ne aggiunge una fondamentale, ovvero che il modulo deve essere anche autosufficiente in termini di energia, cioè essere pensato per autoprodurre l’energia necessaria al suo funzionamento off-grid. La richiesta da parte della compagnia prevede che l’autonomia energetica sia uno dei punti cardine del Kuisinarum, autonomia intesa per tutte le risorse. Si intente dunque sia tutto quello che riguarda il pasto, ovvero i prodotti alimentari e la gestione dei rifiuti, sia per tutto l’ambito più tecnico, cioè l’elettricità, l’acqua e il gas. L’opzione che si è presa da subito in considerazione è stata quella di avere un modulo interamente alimentato dall’elettricità, andando quindi ad escludere l’utilizzo delle bombole di gas, per ovvi motivi di sicurezza.

114


Schema usi finali Per soddisfare l’esigenza di avere un modulo cucina per 20 persone interamente alimentato ad energia elettrica anche la produzione dell’ acqua calda sanitaria avviene attraverso l’utilizzo di fonti elettriche. L’energia utilizzata dipende da tre fonti principali: la quota necessaria per il funzionamento della pompa per l’acqua, la quota per la pompa di calore ed infine quella per gli usi elettrici. Essi dovranno essere interamente coperti da un sistema fotovoltaio in modo da soddisfare la richiesta di avere un modulo off-grid.

E el,fotovoltaico 400 kWh POMPA di CALORE BOILER

CONTENITORE ALIMENTARE

REGOLATORE E INVERTER

BATTERIA ELETTRICA

STOVIGLIE STOVIGLIE

CISTERNA

PIATTI E PENTOLE

ACQUA POTABILE

STOVIGLIE KIT DI SOCCORSO

FRIGORIFERO

PIASTRA INDUZIONE

LAVANDINI

UTENSILI

SPAZIO PER TAVOLI

RIFIUTI

+

E el,pompa H2O 29 kWh

E el,pompa di calore 204 kWh

Pompa di calore

+

Qacqua calda 296 kWh

E el, usi elettrici 112 kWh 115


Utilizzo di fonti rinnovabili L’analisi è proseguita con lo studio di una soluzione ottimale per quanto riguarda la gestione del modulo off-grid. In questo studio viene utilizzato un sistema fotovoltaico, composto da pannelli in silicio monocristallino che vanno a coprire le due falde del tetto per un totale di 10 m2. Questa soluzione prevede quindi la presenza di un modulo per il regolatore di carica ma soprattuto di batterie come accumulo. Questo perchè in un modulo off-grid non si ha una contemporaneità tra la domanda di energia e la sua produzione, basta pensare allo scenario di preparazione di una cena per venti persone in cui la produzione di energia da parte dei pannelli fotovoltaici è nulla.

UTENZE della CUCINA

+ FRIGORIFERO

REGOLATORE CARICA

BATTERIA

+ PIASTRE INDUZIONE

ILLUMINAZIONE

INVERTER

ACCUMULO

POMPA DI CALORE

BOLLITORE

+

116

ACQUA CALDA


Gestione dell’acqua e dell’elettricità

ILLUMINAZIONE

POMPA di CALORE BOILER

FRIGORIFERO

RACCOLTA ACQUE GRIGIE BATTERIA ELETTRICA

RECUPERO ACQUE PLUVIALI

ACQUA POTABILE CALDA E FREDDA

117

REGOLATORE INVERTER

PIASTRE INDUZIONE


Procedura di calcolo Per determinare i consumi e i profili di carico ho utilizzato un programma di simulazione dinamica in modo da poter dimensionare tutti gli impianti, compresi i pannelli fotovoltaici, studiando la contemporaneità dei carichi. Il software, chiamato PV*Sol, permette di avere una simulazione completa di tutto il sistema. In primo luogo è stato necessario indicare che il sistema impiantistico dovesse essere off- grid, quindi staccato da ogni attacco alle risorse o alla rete elettrica. Si è scelto quindi un sistema fotovoltaico autarchico. Insieme alla scelta di tipologia di impianto sono stati inseriti i dati meteo relativi al posizionamento del modulo, quindi in Francia in particolar modo a Lione, in modo tale da avere la corretta latitudine e longitudine, ma soprattutto la somma annua di radiazione globale, pari a 1289 kWh/m2 nonchè la temperatura media annua (13,1°C).

La fase successiva ha previsto l’inserimento dei consumi di energia in kWh. Per il modulo del Kuisinarum abbiamo quattro consumi principali. In primo luogo dei consumi legati al dispendio di energia elettrica: frigorifero, piastra induzione, piccoli elettrodomestici per la cucina e tutta l’illuminazione, considerando sia quella interna al modulo sia quella necessaria per mangiare in uno spazio all’aperto. In questa fase si sono inserite tutte le potenze di carico di ogni utenza elettrica, si è determinato il reale utilizzo in termini di ore, per avere in fine un fabbisogno energetico annuo par a 112 kWh e un valore massimo di 267 W. Lo stesso procedimento è stato svolto per la seconda e la terza utenza, ovvero la pompa di calore e la pompa per l’acqua. Per quanto riguarda l’ultimo consumo è stato necessario svolgere un passaggio in più. Infatti per determinare il fabbisogno di Qacqua calda ho utilizzato il metodo di calcolo della normativa UNI TS 11300 parte due. Dove è la massavolumica d’acqua, 1000 kg/m3

è il calore specifico pari a 1,162* 10 -3 kWh/kg X K è il volume di acqua giornaliero richiesto

è la temperatura di erogazione °C è la temperatura dell’acqua fredda °C è il n° di giorni del periodo calcolato

118


Il valore totale del Qacqua calda diviso per il rendimento della pompa di calore, 3,07, è pari a 96 kWh. 35 28

Energia in kWh

21 14 7 0

Gen

Feb

Mar

Apr

Mag Usi elettrici

Giu

Lug

Pompa di calore

Ago

Set

Ott

Nov

Dic

Pompa acqua

La fase successiva riguarda il predimensionamento degll’impianto fotovolatico. I pannelli fotovoltaici scelti sono dell’azienda Helios Solar Works e hanno una potenza di picco pari a 1,68 kWp. Vengono inseriti sul tetto del modulo quattro pannelli fotovoltaici, per un totale di 10 metri quadrati. A questi è abbinato l’inveter della Alpha Technologies con potenza nominale pari a 2,34 kW, scelto perchè ha un numero massimo di moduli agganciabili pari a 5 pannelli, perfetto quindi per l’impianto del Kuisinarum. La fase finale del procedimento di predimensionamento è quello di definizione delle batterie e dell’inverter. L’inverter per la batteria è dell’azienda Sunny Island a cui vengono accoppiate delle batterie BAE, 10 PVV 1500 studiate ad hoc per soluzioni off-grid. La potenza totale delle batterie arriva ad un massimo di 6,8 kW per un autonomia finale di circa 10 giorni.

119


Dettagli impianti Moduli FV

Inverter =

Inverter e Batteria =

x6

1976

Numero moduli: 4 Superficie totale 10 m2 Peso totale: 138 kg

mm

Moduli Fotovoltaici Helios Solar Works modello monocristallino 9 TS 420 Potenza generatore 1,68 kWp

Rendimento annuale: 1114,2 kWh/kWp Energia generatore: 1877,8 kWh/anno Energia FV utilizzabile: 356 kWh/anno

X4

40 mm 1310 mm

Inverter Moduli Alpha-Sol 2000 43 mm

120

440 mm

360

mm


Inverter Batteria e Batteria Sunny Island 2012 X3

445 mm 470 mm

18

Tensione nominale: 230 V Potenza continua: 2000 W

5m

m

Numero moduli: 3

X6

BAE batterien Gmbh, modello 10 PVV 1500

Peso: 85 kg Temperatura di funzionamento: -20°C; +55°C

215 mm

Potenza Totale: 6,75 kW Energia Batterie: 14 kWh

121

23

5m

m

Numero moduli: X6

700 mm


Dettagli pompa di calore La pompa di calore scelta per il modulo Kuisinarum è lo scaldacqua Air Combo PRO dell’azienda Rossato. Sono pompe di calore pre assemblate e pronte all’uso per la produzione dell’acqua calda sanitaria. L’accurata progettazione e l’elevato contenuto tecnologico consentono di garantire sempre versatilità di funzionamento ed elevata efficienza energetica anche in condizioni estreme di lavoro. Le unità sono caratterizzate da un’elettronica evoluta che consente di adattare sempre i parametri di funzionamento alle condizioni di carico dell’impianto in modo da ottimizzare efficienza, vita utile dell’impianto e ridurre i consumi fino al 70% rispetto ai normali scaldabagni elettrici.

1500 mm

Produzione acqua fino a 65 °C Rendimento: 214% Potenza massima assorbita: 2490 W Peso netto: 300 kg Programmazione di cicli di sterilizzazione antilegionella

670 mm

122


AUTOSUFFICIENZA ENERGETICA! 10 m2

-

=

401 kWh/anno

363 kWh/anno

6,75 kW

6,33 kW

123

38 kWh/anno


124


dettagli tecnologici.

125


Dettaglio dei pannelli apribili in facciata

Foro per barra metallica: fissazione pannelli

RĂŠservation pour passage barre transversale pour positionnement plan des vantaux

Varianzione angolo di apertura Apertura dei pannelli: +40% superficie per raccolta acque piovane.

126


Dettaglio sistema recupero dell’acqua piovana

Sistema applicabile da un solo lato o da entrambi.

Cisterna raccolta acqua piovana.

127


Dettaglio della rampa pieghevole

Rampa piegata all’interno

Rampa aperta per la discesa dei carri

128


Dettaglio del carro a spinta 1200 mm

1090 mm 1200 mm

1090 mm

1030 mm

1030 mm

38 mm

38 mm

500 mm

38 mm

500 mm

38 mm 38 mm

38 mm

38 mm

530 mm

38 mm

530 mm

27 mm

27 mm

250 mm

250 mm

1040 mm 1000 mm 1040 mm

350 mm

1000 mm

350 mm

2030 mm

2030 mm

650 mm

750 mm 1000 mm

650 mm 230 mm

750 mm 1000 mm

230 mm

500 mm 600 mm

129

500 mm 600 mm


Dettaglio del tavolo e dalla sedie pieghevoli

Inseriti all’interno della struttura metallica del rimorchio

Inserite all’interno di due dei carri a spinta.

130


fase di sperimentazione.

131


132


La prima fase della sperimentazione ha visto la partecipazione degli studenti ad uno spettacolo organizzato dalla compagnia Komplex Kapharnaum. Lo spettacolo si è sviluppato nella corte interna di alcuni edifici residenziali in un quartiere molto povero di Vaulx en Velin. Lo studio ha previsto la costruzione di elementi mobili molto semplici per la distribuzione di bevande per i bambini ed i genitori che avevano partecipato o anche solo assistito allo spettacolo.

133


Come seconda fase si è deciso, insieme alla compagnia, di svolgere una presentazione del modulo del Kuisinarum al pubblico, andando proprio a provare il suo ruolo di legame sociale.

134


135


Preparazione dell’evento

136


137


Costruzione in scala reale dei moduli per la distribuzione del cibo: carri mobili. Si notano il sistema di copertura mobile, la presenza di un sistema di raccolta delle acque piovane e di spazi per coltivazione di piccole piante.

138


139


La presentazione del Kuisinarum e il workshop di cucina offerto a tutti gli invitati.

140


141


142


143


144


Modello in scala 1:2 del Kuisinarum costruito come prototipo del modulo e per spiegarne il suo funzionamento.

145


146


Conclusioni.

147


148


Questa tesi ha come obiettivo la progettazione di una cucina mobile per la compagnia d’artisti Komplex Kapharnaum e la comprensione di come il modulo possa influenzare lo spazio pubblico in cui viene installato. A tal fine, si è svolta una ricerca approfondita sull’ambito del cibo in relazione all’uomo e allo spazio. Infatti si sono svolte le analisi di diverse dimensioni d’interazione tra l’uomo e il cibo, dalla dimensione del corpo, alla dimensione della casa, fino alla dimensione della strada. Lo studio a diverse scale ha mostrato l’esistenza di un forte legame tra i tre ambiti presi in esame: l’uomo, il cibo e ovviamente l’architettura. Successivamente, grazie ad un’indagine più approfondita della dimensione della strada, si è compreso che le persone che hanno la possibilità di consumare pasti in spazi pubblici possono viverli sotto una nuova configurazione. La strada viene concepita come un nuovo luogo pubblico con un forte senso sociale, che non sia ne la casa ne il posto di lavoro. La progettazione del modulo della cucina è stata seguita di pari passo dalla compagnia di artisti residente a Lione attraverso un processo di immersione graduale che ha permesso di avere una massima partecipazione degli studenti e dei committenti in tutte le fasi del progetto. Il punto chiave del progetto è l’autonomia della cucina, intesa come libertà di movimento, velocità nell’installare il modulo nello spazio, e assoluta libertà dall’attacco alla rete elettrica, quindi una cucina del tutto off-grid. Possiamo dire quindi che il pasto in se, preparato nel modulo, è visto come un momento di condivisione, di commensalità e di socialità. La cucina è il pretesto fondamentale. Le ipotesi dello studio sono state messe a prova durante la fase di sperimentazione. Si è avuta la possibilità di costruire una parte del modulo della cucina e di installarsi nello spazio pubblico. Il risultato ottenuto da tale fase rispecchia il quadro studiato nella fase teorica. Proprio in questa occasione si è notato che il cibo ha veramente una grande capacità di legame tra le persone. Gustare gli alimenti, poterli preparare, sentirne l’odore e condividerne quindi tutta l’esperienza sensoriale permette di creare una forte relazione tra gli individui. I passanti si avvicinano incuriositi dal modulo e dalla nuova esperienza che possono vivere nello spazio come la strada, le piazze o i giardini. Il modulo a settembre verrà interamente costruito dalla compagnia di artisti Komplex Kapharnaum, i quali viaggiando per la Francia porteranno in giro la cucina e tutta l’esperienza ad essa legata. 149


150


Bibliografia.

151


IL CIBO E L’ARCHITETTURA K. A. Franck, 2002. Food + Architecture. Architecturale Design, Volume 2 Numero 6 A.M. Fisker, T. D. Olsen, 2008. Food, architecture and experience design. Nordic journal of architectural research. OAA, Ontario Association of Architects, 2008. Perspective, Architecture & food . Volume 16, number 3 J. Philippart, 2011. La commensalité: une mise en forme exemplaire de l’Être en commun. COLLECTIF EXYZT , 2011. Sur la place publique : Expérience sur le devenir des espaces publics à Saint-Jean-en-Royans 2009-2011 K. Seonwook, P. Miyyoung, 2012. Construction and Design Manual. Mobile Architecture. DOM Publiscer T. Paquot, Y.M. Zanussi, M.S tathopolous, 2012. Alter Architectures. Observatory of innovative architectural and urban processes in Europe. L. Iaccarino, 2013. Cibo di strada, il meglio dello street food in Italia, Mondadori. M. Bouisson, 2013. Mini Maousse 5, Voyage au coeur de la cuisine de rue. Edition alternatives/ cité de l’architecture et du patrimoine. C. Amaud, C. Regnault, 2014. Les Habitats mobiles, impact des grandes utopies et projet d’habitats mobile des trente glorieuses sur la conception actuelle de l’habitat mobile. Mémoire de Master, Ecole Nationale Supèrieure D’architecture de Lyon.

152


P. Ciorra and A. Rosati, 2015. Food dal cucchiaio al mondo. Quodlibet, MAXXI, Museo Nazionale delle arti del XX Secolo. R. Taylor, 2015. Eating disorder? Re-thinking the relationship between food & architecture in Umea. Tesi di laurea magistrale . A. Klose, 2015. The container principe, how a box changes the way we think. The MIT Press. R. Roke, 2017. Mobitecture, architecture on the move. Phaidon.

STAND ALONE M. E.Menconi, S. dell’Anno, A. Scarlato, D. Grohmann. 2016. Energy sovereignty in Italian inner areas: Off-grid renewable solutions for isolated systems and rural buildings. P. Samani, A. Mendes, V.Leal, N. Correia. 2016. Pre-fabricated, environmentally friendly and energy self-sufficient single family house in Kenya. N. Arcuri, C.Carpino, M. De Simone. 2016. The role od the thermal mass in nZEB with different energy systems. 71th conference of the Italian Thermal Machines Engineering Association, Turin, Italy. R. Joshi, M. Pathak, A. K. Singh. 2013. Designing Self- Energy Sufficient Buildings in India. 2013 ISES Solar World Congress.

153


S. F. Fux, M.J. Benz, L. Guzzella. 2013. Economic and environmental aspects of the component sizing for a stand-alone building energy system: a case study. P. O. Akadiri, EA. Chinyio, P O. Olomalaiye. 2012. Design of a Sustainable Building: A Conceptual Framework for Implementing Sustainability in the Building Sector. D. P. Kaudinya, P. Balachandra, N.H. Ravindranath. 2009. Grid-connected versus stand-alone energy systems for decentralized power- A review of literature.

nZEB H. Kazmi, S. D’OCA, C. Delmastro, S. Lodoweyckx, S.P. Corgnati. 2016. Generalizable occupant-driven optimization model for domestic hot water production in NZEB. C.Becchio, M.C. Bottero, S.P. Corgnati, C.Ghiglione. 2015. nZeb design: challengnig between energy and economic targets. 6th International Building Physics Conference A. Buonomano, U. Montanaro, A. Palombo, M.Vicidomini. 2015. NZEB in Mediterranean climates: energy design and optimization for a non-residential building. ATI 2015-70 th Conference of the ATI Engineering Association. V.M. Barthelmes, C. Becchio, S.P. Corgnati, C.Guala, M. Lequio. 2015. Replicability of nZEB on real estate market in Mediterranean countries. ATI 2015-70 th Conference of the ATI Engineering Association.

154


C. Becchio, S.P. Corgnati, C.Delmastro, V. Fabi, P. Lombardi. 2015. The role of nearly- Zero Energy Buildings in the definition of Post-Carbon Cities. 6th International Building Physics Conference. Ente Italiano di Normazione. 2014. UNI TS 11300-1, Determinazione del fabbisogno di energia termica dell’edificio per la climatizzazione estiva ed invernale. UNI. European Committee for Standardization. 2008. Standard EN15251. Criterio for the Indoor Sitografia http://www.lafabbricadelsole.it/progetti/ http://www.offgridacademy.it/wordpress/news/ http://www.modom.it/ http://minimhomes.com/introducing-the-minim-workspace/ http://www.freedomky.cz/en/reference/20#ref20 http://www.takk-architecture.com/2012/06/maleta-de-viaje.html http://www.itaca.org/valutazione_sostenibilita.asp

155


156


Allegati.

157


158


159


160


Ringraziamenti.

161


162


Vorrei ringraziare i miei genitori per avermi accompagnato e supportato in questo percorso ma che hanno soprattutto sopportato vedere il soggiorno diventare un laboratorio notturno, un magazzino di plastici, un accumulo di fogli ed uno spazio completamente invaso per cinque anni. Vorrei ringraziare Ale, con le sue teorie sui “5 colori al massimo” e sul “perchè non usi illustrator”, per avermi aiutato sempre da braccio destro modellista a super esperto di computer che insegna alla sorella. Desidero ringraziare chi mi ha accompagnato in questi anni supportandomi ed interessandosi sempre, in particolar modo le mie amiche Camilla, Greta, Francesca e Serena, o anche chi solo per poco (specialmente una certa persona agitata). In fine un ringraziamento va a tutti i miei compagni di corso all’Ensal di Lione con cui ho potuto condividere una bellissima esperienza grazie alla professoressa Cécile Regnault e agli artisti Komplex Kapharnaum.

163


164


165


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.