Diagnostica fotografica_Madonna con Bambino

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Diagnostica fotografica: Madonna con Bambino

Isia Urbino Diploma di II livello in Grafica delle immagini Fotografia per i beni culturali II a.a. 2014/2015 Indagine e diagnostica fotografica per i beni culturali Docente: Mauro Torre Studente: Giulia Nascimbeni



Diagnostica fotografica: Madonna con Bambino


Isia Urbino Diploma di II livello in Grafica delle immagini Fotografia per i beni culturali II a.a. 2014/2015 Indagine e diagnostica fotografica per i beni culturali Docente: Mauro Torre Studente: Giulia Nascimbeni


1. I Beni culturali 1.1 analisi preliminari: il degrado e le sue cause 1.2 Rilievo: le indagini conservative 2. Fotogrammetria e diagnostica fotografica

2.1 La luce e le onde elettromagnetiche 2.2 La spettroscopia 2.3 Filtri: curve di trasmissione

3. Tecniche fotografiche speciali 3.1 Riflettografia IR 3.2 Falso colore 3.3 Fluorescenza UV 3.4 UV riflesso 3.5 XRF 4. Caso studio: Madonna con Bambino

4.1 Storia e stato di conservazione 4.2 Luce visibile 4.3 Riflettografia IR 4.4 Falso colore 4.5 Fluorescenza UV 4.6 UV riflesso

5. Precauzioni museali Bibliografia



premessa

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Le documentazioni che riguardano la conservazione dei beni culturali sono formate dall’integrazione di varie tecnologie e campi del sapere: modelli CAD, fotografie, indagini biologiche, fisiche e chimiche, notizie storiche; il tutto confluisce nella creazione di un sistema informativo a livello di cartografica metrica. Con il termine documentazione, quindi viene indicato un processo di registrazione di dati finalizzato all’acquisizione di una conoscenza più ampia di un manufatto. La fotografia per il restauro non è una mera riproduzione di manufatti bensì uno strumento di analisi: essa va a svelare le strutture, nonchè le tecniche pittoriche e di manifattura delle opere d’arte. È uno strumento scientifico, non emozionale e costituisce la documentazione associata alle opere prima del restauro che consente al restauratore di valutare lo stato dell’opera prima durante e dopo l’intervento.



I Beni Culturali

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Per bene culturale si intende il complesso di manufatti fisicamente tangibili (beni materiali) e di installazioni non permanenti, ma anche dialetti, ricette (beni immateriali), che appartengono e costituiscono l’identità culturale di un popolo e di una nazione. A livello legislativo, la Convenzione dell’Aja sulla protezione dei beni culturali nei conflitti armati (1954) riguardava solo la gestione di beni culturali materiali, senza considerare gli immateriali. Il Codice dei beni Culturali e del Paesaggio (2004) ha integrato la precedente normativa delineando il concetto di patrimonio ed esprimendo inoltre una chiarificazione del concetto di tutela tra pubblico e privato. Innanzitutto il bene dev’essere riconosciuto come tale dallo Stato. Successivamente si può procedere con la valorizzazione e la sua promozione attraverso il sostegno di sponsor (qualora il si tratti di un bene non statale subentra la potestà legislativa regionale) che rendono possibile l’attuazione di piani di prevenzione, manutenzione e restauro. La prevenzione si esegue monitorando il grado di degrado attraverso l’analisi di sistemi di illuminazione, ventilazione, umidità e temperatura. La manutenzione ed il restauro vero e proprio costituiscono la conservazione, il cui principio guida prevede che l’intervento debba essere minimo e soprattutto distinguibile, reversibile e compatibile. In accordo con la Teoria del restauro di Cesare Brandi del 1963 il concetto di opera d’arte si definisce per tre momenti: il concepimento e la crazione, l’intervallo di tempo tra la creazione ed il suo riconoscimento, la folgorazione della coscienza nel riconoscimento delle attività individuali che hanno portato all’opera. Il restauro non agisce sui beni industriali ma sui prodotti dell’attività umana che si definiscono opera d’arte materiale, senza però creare un falso storico. Per evitare ciò l’in-

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tegrazione di lacune dev’essere visibile e riconoscibile, ma non incisiva se vista a distanza. La patina naturale che è prodotto dell’invecchiamento dell’opera va lasciata e le integrazioni vanno realizzate attraverso lo sfruttamento della somma ottica dei colori. Il restauro si trova quindi ad avere un doppio ruolo nella storia: di conservare ma anche di mettere in luce i valori sensibili che delineano l’oggetto, sviluppando un giudizio critico. Attraverso una stratigrafia, il restauratore indaga i procedimenti costitutivi e gli interventi umani e non umani che si sono susseguiti, nell’ottica di progettare l’intervento definitivo. Nei dipinti su tavola generalmente si distinguono: – la struttura di sostegno; – il supporto; – gli strati preparatori con il disegno; – gli strati pittorici; – la vernice “protettiva”, che per i restauratori è un grande nemico. Dall’analisi degli strati si deducono i materiali e le tecniche utilizzate per la realizzazione, gli eventuali interventi di restauro precedenti e si delinea lo stato di conservazione dell’opera. L’approccio diagnostico prevede: – analisi visive e tattili; – una schedatura con documentazione; – lo studio dell’opera e la documentazione storica relativa; – le ricerche scientifiche; – la diagnostica per immagini attraverso luce radente e fluorescenza uv, che ne conferma i procedimenti costitutivi, l’effettivo stato di degrado e i precedenti interventi di restauro e la pulitura successiva a questi con annessa verniciatura. Anche la fotografia applicata come diagnostica del restauro dev’essere il meno invasiva possibile e veritiera. Dev’essere visibile la stratificazione e, nel caso si stia parlando di un affresco, delle giornate in cui è stato eseguito. Devono essere visibili il viraggio di colore, le linee di struttura ovvero i buchi dei chiodi e le incisioni per le linee guida di disegno e anche l’ocra impiegato per l’abbozzo iniziale dei disegni. Tutto ciò che è stato celato dalla natura o dall’artificio dev’essere riportato al visibile poichè ogni piccola imprecisione sull’opera è segno del passaggio dell’uomo e della natura; ogni piccolo segno è essenziale per riuscire a comprendere i fenomeni che hanno portato al degrado questi manufatti nonchè la storia ad essi legata, ma soprattutto è fondamentale riuscire a conoscere per poter conservare e tramandare nel tempo.

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Analisi preliminari: il degrado e le sue cause

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Nei dipinti su tela il degrado può essere fisico, chimico o biologico (insetti, muffe, batteri xilofagi → rosume: residuo polveroso che definisce un’invasione in atto). Per visualizzare l’azione degli xilofagi si impiegano le tecniche di transirrdianza e tranluminanza in cui le riprese sono eseguite con una fonte luminosa retrostante al reperto. Questo metodo mette in evidenza → lacune : parti dell’affresco in cui la pellicola pittorica e strato preparatorio risultano assenti. Le lacune vengono poi coperte dal → rigatino: tratteggio conservativo che consiste in una serie di tratti ravvicinati a diverse cromature che da lontano risultano compatte e da vicino lasciano visibile l’intervento. Questa tecnica è usata solo per le lacune piccole, qualora si tratti di porzioni estese si ricorre ad altre tecniche, come il sottotono → impiegare una pittura neutra che non infastidisca la percezione dell’affresco. Le degradazioni di tipo fisico e chimico, enfatizzate da riprese in luce radente, possono essere dovute all’evaporazione dei solventi e all’interazione tra tela e telaio che a seconda delle tensioni possono formare delle → crettature : strappi e crepe della pellicola pittorica. Altre imperfezioni e irregolarità del piano possono essere bozze, sporgenze, crepe del supporto murario, giornate dell’artista (intervento dell’artista delle porzioni dell’opera), pontate (ponteggi), lacerazioni (eventuale presenza di patta o pattina). Il degrado è causato da sollecitazioni: - ambientali (agenti atmosferici, irraggiamento solare, sabbia, squilibri di temperature dovute all’umidità (muffe) o al sole (alghe, terremoti, alluvioni, vibrazioni dovute all’inquinamento acustico, smog, grandine, ghiaccio, fulmini) - antropiche (atti vandalici, ecc)

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L’insieme di queste cause provoca l’invecchiamento naturale e la perdita di funzionalità del manufatto. Le tavole lignee sono sottoposte al degrado meccanico che a seconda delle direzioni di curvatura ha vari nomi: imbarcamento, svergolamento, arcuatura e falcatura. Le cause di deformazione possono derivare da anomalie del tronco originario, anisotropia dei ritiri, gradienti di umidità, presenza di difetti/anomalie del legno, sollecitazioni meccaniche, deformazioni permanenti, ecc.. In antichità i costruttori mettevano un rinforzo trasversale sul retro del telaio: due traverse rastremate, in direzione opposta. Col passare del tempo queste traverse tendono ad uscire dalla loro sede, quindi questa metodologia è stata sostituita o integrata ad altre strutture di rinforzo: es. alla fiorentina= una sorta di griglia con elementi paralleli orizzontali e verticali, che costituiscono una struttura rigida che blocca la tavola. Il legno cede ed assorbe umidità all’ambiente, è un materiale idroscopico: pur essendo un materiale morto è considerabile fisicamente vivo poichè varia se sottoposto ad una variazione di umidità.

Tavola falcata

Tavola imbarcata

Tavola svergolata

Tavola arcuata

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Rilievo: indagini conservative

1.2

I principali obbiettivi dell’indagine scientifica riguardano: – analisi dei materiali costitutivi e della tecnica di esecuzione: pigmenti impiegati, tecnica di realizzazione, il tipo di preparazione a gesso o biacca, tipologia di verniciatura, valutazione tecnica di realizzazione della foglia d’oro, ecc.. – datazione e l’autenticazione, accertamento dello stato di conservazione dell’opera e di eventuali restauri precedenti: presenza di leganti o pigmenti successivi, tipicità della tecnica dell’artista attributario, presenza di solfati, ossalati, nitrati; – presenza di protettivi sintetici come Paraloid e fluosilicati, o antichi quali cere e proteine; – controllo degli interventi di restauro: presenza di antiche puliture e consolidanti, efficacia del metodo di pulitura, presenza di residui dannosi, alterazione dell’aspetto cromatico. I risultati di queste analisi consento la scelta di nuovi materiali per il restauro che verrà eseguito successivamente al controllo degli interventi conservativi nell’ottica di raggiungere una conservazione preventiva. I metodi di indagine scientifica possono essere di natura: – distruttiva: qualora si prelevi del materiale dall’oggetto in analisi (tecniche di bulk: il campione viene omogeneizzato e trattato; tecniche stratigrafiche: il campione viene analizzato sulla base degli strati che lo compongono; metodi chimici); – non distruttiva: quando non si necessita di alcun campione (metodi spettroscopici: tecniche di imaging e tecniche puntuali). – microdistruttiva: metodi cromatografici. Il campionamento dei metodi distruttivi può essere globale qualora si debba ottenere una stratigrafia completa dei materiali costitutivi e

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delle alterazioni, selettivo per arricchimento di un componente singolo, multigraduale, ottenuto attraverso prelievi selettivi in sequenza a profondità crescente. Attraverso lo studio degli spettri di emissione è possibile ottenere informazioni sugli strati sottostanti la pellicola pittorica: dal visibile otteniamo informazioni sul colore, da ultravioletto ed infrarosso si ottengono invece informazioni sulla struttura molecolare dei pigmenti. Con il termine “imaging” si indica l’evoluzione dei processi di produzione e riproduzione dell’immagine. È stato ideato per sopperire ai limiti settoriali dei termini legati all’immagine fotografica (informatica, grafica, sviluppo, stampa) e nasce dalla necessità di visualizzare nell’immediato i risultati delle riprese. Gli operatori del “digital imaging” utilizzano solo tecnologie digitali, in quanto permettono una migliore accuratezza cromatica grazie a software che equilibrano il colore dell’oggetto fotografato, eliminando dominanti, e che permettono di scattare immagini e macrofotografie ad alta definizione.

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Fotogrammetria e diagnostica fotografica

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Per fotogrammetria si intende una tecnica di rilevazione e restituzione stereoscopica di un oggetto materiale a partire da una coppia di immagini fotografiche riprese da posizioni diverse. Il modello viene ricavato per nuvola di punti, attraverso informazioni numeriche. Questo tipo di documentazione fornisce la possibilità di registrare le trasformazioni dimensionali (perdite di frammenti superficiali, variazioni statiche della struttura, sollevamenti del film pittorico, ecc) che i manufatti artistici subiscono nel tempo a causa di fenomeni chimici e fisici. Con l’espressione diagnostica artistica s’intende l’insieme di indagini scientifiche che forniscono informazioni altrimenti non desumibili in merito sia alla tecnica esecutiva che allo stato di conservazione di un’opera d’arte. Tali indagini utilizzano porzioni dell’intero spettro di radiazioni elettromagnetiche, siano esse visibili, come la luce, o non visibili, come gli ultravioletti, i raggi x e gli infrarossi; oppure applicando metodologie chimico-fisiche. Il contributo conoscitivo di alcune indagini diagnostiche è legato alla didattica e consiste nel trasformare l’osservazione in una documentazione critica e mirata per mettere in relazione la struttura materiale dell’opera e le molteplici sue rappresentazioni, in funzione alla luce, alle facoltà percettive e al bagaglio di conoscenze dell’osservatore. Risulta estremamente utile che il fotografo sia a conoscenza degli interventi di restauro e delle problematiche per poter collaborare con il restauratore stesso che, rielaborando ed interpretando correttamente ciò che le indagini gli hanno mostrato, potrà valutare con precisione quando e in quali zone eseguire nuovamente gli esami e gli eventuali prelievi da sottoporre all’indagine del laboratorio chimico.

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2.1

La Luce e le onde elettromagnetiche

Le onde possono avere natura eslastica, meccanica (vibrazioni) o elettromagnetica. La mancanza del mezzo di propagazione nelle onde elastiche non le rende possibili. Solo una parte molto limitata dello spettro elettromagnetico contiene radiazioni visibili all’occhio: ciò che definiamo luce ha lunghezze d'onda comprese tra i 380 e i 790 nm. Lunghezze d'onda inferiori definiscono le radiazioni ultraviolette, i raggi x e raggi γ; le lunghezze d'onda superiori qualificano le radiazioni infrarosse, le microonde e le onde radio. Le onde sono soggette alle seguenti relazioni notevoli: T=1/ν v= λ/T=λν λ=vT=v/ν=(c/h)T=c/(hν)

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Le onde elettromagnetiche

La luce è un’onda elettromagnetica che si propaga nel vuoto ad una velocità c di circa 300000 km/s e in mezzi più densi tanto più lentamente quanto più il mezzo risulta otticamente denso secondo la proporzione v=c/n dove n è indice di rifrazione. Le onde sono caratterizzate da tre parametri fondamentali: – periodo (T) cioè il tempo impiegato a compiere un’oscillazione completa, misurato in secondi (s); – frequenza (ν) cioè il numero di oscillazioni al secondo, misurato in Hertz (Hz); – lunghezza d’onda (λ) ovvero la distanza percorsa in un periodo T e misurabile in metri (m). Il periodo e la frequenza esprimono proprietà intrinseche dell’onda, mentre lunghezza d’onda e velocità variano al cambiare del mezzo in cui l’onda si propaga. All’aumentare dell’asse delle lunghezze d’onda diminuisce quello delle frequenze perchè il loro rapporto è costante. All’aumentare della frequenza aumenta l’energia (J) poichè è il prodotto dei rapporti tra h (costante di Planck) e frequenza. λ da 4.10-7m a 7.10-7m | | violetto rosso | | 14 ν da 7,5.10 Hz a 4,1.1014Hz Le onde elettromagnetiche sono soggette a fenomeni di trasmissione, riflessione, incidenza, propagazione, diffusione e dispersione, e sono caratterizzate da spettri di emissione e assorbimento con differenti temperature di colore. Un raggio di luce monocromatica attraversa la superficie di separazione di due mezzi trasparenti (acqua e aria) e si divide in due raggi: uno si riflette e continua a propagarsi nel primo mezzo (raggio riflesso) e l’altro attraversa il secondo mezzo con un angolo di direzione diverso rispetto a quello di partenza (raggio rifratto). Leggi della riflessione: 1. i (angolo di incidenza), r (angolo di rifrazione) e la normale giacciono sullo stesso piano; 2. i e i1 (raggio riflesso) sono uguali

Riflessione e rifrazione

Leggi della rifrazione: 1. i, r, normale giacciono sullo stesso piano; 2. sen(i)/sen(r)=costante=n1,2=n2/n1=v1/v2 dove n1,2= indice di rifrazione del mezzo 2 rispetto al mezzo 1 n1 e n2= indici di rifrazione dei mezzi rispetto al vuoto v1 e v2= velocità dell’onda nei due mezzi

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Diffusione: si osserva questo fenomeno quando il fascio di luce colpisce una superficie scabra e i raggi si sparpagliano in tutte le direzioni (è un tipo di riflessione) Riflessione totale: quando un fascio passa da un mezzo più rifrangente (acqua/vetro) ad uno meno rifrangente (aria). Un fascio di luce monocromatica che incide su un prisma triangolare subisce una doppia rifrazione: nella prima si avvicina alla normale; nella seconda se ne allontana. Il fascio uscente ha direzione diversa da quello entrante, subisce cioè una deviazione che dipende dalla colorazione del raggio incidente: il rosso è meno deviato rispetto al viola. Si verifica il fenomeno della dispersione luminosa: una fascio di luce bianca che incide sul mezzo trasparente si scompone nelle componenti monocromatiche ciascuna delle quali è caratterizzata da diverse lunghezze d’onda. L’indice di rifrazione è specifico per ogni materiale e sono utili per capire il fenomeno della birifrangenza. Questa tecnica analizza il fattore forma indipendentemente dal materiale, ma basandosi sugli indici di rifrazione differenti che i materiali possiedono a seconda degli assottigliamenti dovuti a sollecitazioni meccaniche subìte. Si visualizzano delle frange colorate nelle zone di trazione e compressione più o meno grandi a seconda dell’area sollecitata. Le riprese vengono fatte in ambiente oscurato servendosi di una doppia polarizzazione: un filtro e una luce polarizzata in trasmissione, posizionata dietro all’oggetto in questione. Il polarizzatore filtra i raggi e agisce sui vettori del campo elettrico, l’intersezione di due polarizzatori crea una sorta di griglia: solo quando la griglia è allineata si avrà un passaggio di informazioni. Un’onda non polarizzata presenta un campo elettrico che va in più direzioni rispetto all’asse centrale di propagazione e visivamente corrisponde ad un cilindro di propagazione.

Per quest’ultimo motivo i flash vengono inclinati di 45°, evitando che la luce riflessa entri nell’obbiettivo) Un raggio di luce passando da un mezzo ad un altro otticamente più denso diminuisce la sua velocità avvicinandosi alla normale, diminuisce cioè l’angolo di rifrazione.

Birifrangenza

Onda elettromagnetica piana polarizzata linearmente: Il vettore del campo elettrico giace sempre in una stessa direzione oppure i campi hanno differenti direzione ma la stessa fase. I vettori e (c.elettrico) e b (c.magnetico) giacciono sempre su piani ortogonali la cui intersezione è una retta che identifica la direzione di propagazione. L’onda non polarizzata prevede n campi elettromagnetici dove ad ogni onda e si associa n volte un’onda b. L’onda polarizzata è rappresentata da una sola delle coppie possibili.

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Si nota la comparsa di frange colorate (isocromatiche) e frange nere (isocline): le prime danno l’intensità della forza (> colore/intensità; > forza); le seconde danno l’informazione sull’angolo formato dalle linee delle forze, vettori che mostrano l’andamento delle sollecitazioni. Per fotografare queste frange nere senza quelle colorate si utilizzano delle sorgenti monocromatiche al sodio (> densità; > tensione). Si distinguono due componenti diverse dall’andamento elettrico e l’unione di due vettori in fase tra loro fa risultare completo il cilindro. A seconda delle temperature colore vengono qualificate le componenti emesse. Al variare del picco varia la sensazione colore. Per temperatura colore si intende la temperatura (k) in cui il colore del corpo nero (cioè un oggetto teorico che assorbe il 100% della radiazione che incide su di esso senza quindi riflettere alcuna radiazione) sarebbe esattamente corrispondente al colore della sorgente luminosa. Un corpo nero riscaldato a temperatura sufficientemente elevata emette radiazioni isotrope (indipendenti dalla direzione: es: indice di rifrazione del vetro è uguale in tutte le direzioni) dipendenti esclusivamente dalla temperatura del corpo e non dalla sua forma o dal materiale di cui è costituito.

L'onda elettromagnetica incidente passa attraverso il primo polarizzatore verticale. Tra le due lenti vi è una foglia invisibile che permette il passaggio di una luce parallela. I raggi luminosi perpendicolari che vibrano vengono totalmente soppressi. L'allineamento delle griglie dei polarizzatori corrisponde alla rotazione → dell’asse di polarizzazione, fa passare solo la e corrispondente all’asse di polarizzazione. Con due filtri posso bloccare la radiazione e.

Esempio di birifrangenza applicata ad un cristallo attraversato da un'onda polarizzata lineare, attraverso due lenti polarizzate

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2.2

La spettroscopia

Le indagini spettroscopiche, ovvero quelle che sfruttano l’insieme delle radiazioni emesse dalle componenti (spettro), fanno parte delle tecniche non distruttive: dal visibile si possono estrapolare informazioni sul colore mentre dall’infrarosso e dell’ultravioletto informazioni riguardanti la struttura molecolare. La spettroscopia offre la possibilità di identificare una sostanza dal suo spettro di emissione. Gli spettri di emissione possono essere: – continui: emessi da corpi solidi incandescenti che emettono tutte le lunghezze d’onda dell’intervallo considerato; – discontinui: emessi da sostanze gassose o vaporizzate e presentano linee monocromatiche predominanti: – a bande: emessi da sostanze le cui molecole non sono state decomposte durante l’eccitazione; – a righe: emesso da sostanze con atomi o molecole che sono state decomposte durante l’eccitazione. Lo spettro del visibile comprende le frequenze tra i 380 e 700 nm e corrispondono ad una media di ciò che le persone vedono. Le curve di sensibilità definiscono attraverso una curva a campana la porzione di visibile, le frequenze inferiori ai 380 nm cadono nell’ultravioletto, quelle superiori ai 780 nm corrispondono all’infrarosso. Sfruttando porzioni dello spettro del non visibile, è possibile studiare e capire lo stato di degrado dei vari materiali lignei o tela, e risalire agli strati di preparazione dalla più grezza alla più raffinata agli strati di colla e calce fino al pregnante ed infine allo strato pittorico. Visibile e infrarosso interagiscono inizialmente con la vernice (strato

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Spettroscopio: L’utilizzo di uno spettroscopio consente di vedere gli spettri di emissione delle sorgenti luminose. Lo spettro della luce solare è continuo, quello della luce fluorescente è discontinuo con picchi in corrispondenza del viola, del verde e del blu. A differenza del prisma che è caratterizzato da un reticolo a trasmissione, lo spettroscopio funziona con un reticolo a riflessione.


protettivo)e pellicola pittorica; gli infrarossi attraversano i primi due strati per arrivare alla stratificazione preparatoria e tronare al rilevatore (fotocamera); i raggi x attaraversano ogni strato fino a raggiungere il supporto. Si possono avere tecniche spettroscopiche: – in assorbimento (distruttiva/microdistruttiva: Bulk) quando il campione assorbe alcune componenti della radiazione incidente e attraverso la luce trasmessa dal campione si possono ottenere informazioni sulla sua natura chimica; – in riflettanza (non distruttiva: imaging, tecniche puntuali) quando il campione assorbe alcune componenti della radiazione incidente ed analizzando la luce riflessa si possono ottenere informazioni sulla natura chimica del campione; – in emissione (non distruttiva: imaging, tecniche puntuali) quando il campione assorbe alcune componenti della radazione incidente e poi torna allo stato fondamentale emettendo energia che analizzata fornisce indicazioni sulla natura chimica del campione. spettroscopia Raman

La spettrofotometria

La spettroscopia Raman consiste nel registrare le deboli riemissioni secondarie di energia provocate dall'interazione di un raggio laser con i pigmenti. Ogni composto emana una differente energia. A livello fisico si può dire che la lunghezza d'onda di una piccola frazione della luce diffusa differisce da quella incidente di una quantità che dipende dalla struttura molecolare delle specie presenti. La spettrofotometria (spettrografia in riflettanza) è la tecnica di indagine ottica basata sulla misura del fattore di riflettanza spettrale della superficie del dipinto in funzione della lunghezza d’onda della radiazione incidente. Il parametro riflettanza è espresso come rapporto di intensità fra radiazione riflessa e radiazione incidente, in funzione dalla lunghezza d'onda. Le misure di riflettanza interessano in genere la regione dall'ultravioletto all'infrarosso; l’andamento dell’intensità, in valore relativo, in funzione della lunghezza d’onda fornisce lo spettro di riflettanza caratteristico del materiale pittorico. Possiamo distinguere due metodi di misura: – a contatto: la radiazione incidente monocromatica è inviata sul punto in analisi mediante una fibra ottica e l’intensità della radiazione riflessa è raccolta per mezzo di una sfera integratrice; – per immagini: si ottiene riprendendo un dipinto a diverse lunghezze d'onda attraverso una fotocamera e una serie filtri intercambiabili di banda passante di 10 nm tali da costituire la curva di riflettanza spettrale. In ciascuna immagine vengono contemporaneamente ripresi alcuni standard di riflettanza nota e un successivo programma di elaborazione di immagine consente di ricavare, per confronto, la riflettanza spettrale di ogni zona dell’area esaminata. In questo caso si ha il vantaggio essenziale, rispetto al precedente sistema puntuale, di misurare le riflettanze su un intero dipinto.

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2.3

Filtri: curve di trasmissione

Affinché una fotocamera possa restituire immagini a colori è necessario registrare in modo selettivo le diverse lunghezze d'onda che sono presenti nella scena. Il sensore non ha capacità di discriminare i colori, cioè esso è equivalente ad una pellicola in bianco e nero e quindi, per ottenere immagini a colori è necessario “specializzare cromaticamente” i pixel in modo che possano misurare separatamente le componenti cromatiche primarie in cui ogni colore ripreso possa essere scomposto nei colori primari: rosso, verde e blu. Questo si ottiene ponendo davanti ad ogni elemento sensibile del sensore (pixel o photo-site) un filtro colorato con banda passante centrata intorno al blu, al verde o al rosso. Il sensore dunque, in fase di fabbricazione, viene ricoperto con una scacchiera di filtri colorati che prende il nome di matrice di Bayer spesso indicata con l'acronimo CFA derivante dal termine inglese Color Filter Array.

Filtro di Bayer: é una matrice composta dalla tripletta dei tre colori fondamentali necessari per la sintesi additiva in celle di due photosite per due

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La scena ripresa in questo modo verrà scomposta in pixel, ognuno dei quali fornirà l'intensità luminosa di una sola componente di colore. Questa fase della produzione della immagine a colori è detta anche formato RAW (raw = crudo/grezzo). Raw

Questo però non basta per ottenere l'immagine finale a colori (in modalità RGB) perché quest'ultima richiede che per ogni pixel siano presenti tutte e tre le componenti di colore primarie. Per ogni pixel quindi è necessario calcolare le due componenti di colore mancanti utilizzando i valori cromatici dei pixel adiacenti. Infatti, per come è strutturata la matrice di Bayer, ogni pixel di un colore è circondato da pixel degli altri due colori. Il processo matematico che calcola i due colori mancati di un pixel, a partire dai suoi vicini, prende il nome di demosaicizzazione e viene affidato a software specifici che agiscono per interpolazione. Questo processo non è univoco, esistono diversi modi per ottenerlo che presentano precisioni differenti nei dettagli e nei cromatismi. Filtro antialiasing IR-CUT Asportando il filtro si possono registrare fotograficamente fino a 1350 nm, quindi la fascia dell'infrarosso

Al di sopra dei sensori è presente un filtro low-pass "IR CUT" antialiasing che ha il duplice compito di bloccare il più possibile la radiazione infrarossa per consentire una cromia naturale delle immagini a colori, e tagliare il dettaglio non risolvibile dalla specifica risoluzione del sensore per ridurre al minimo gli effetti di moirè di dettaglio e di colore in conseguenza alla matrice Bayer del sensore. I sensori infatti registrano fotograficamente tra i 700 nm e gli 860 nm, una parte dello spettro dell'invisibile largo quanto la zona che intercorre nel visibile tra il verde e il rosso. I sensori delle fotocamere digitali sono molto sensibili alla radiazione infrarossa: possono registrare radiazioni luminose fino a 1200 nm (con una sensibilità all'IR quindi superiore alle stesse pellicole IR), comprendendo anche la radiazione infrarossa. Asportando questo filtro dal sensore, sarà possibile fotografare nell'infrarosso diminuendo i tempi di scatto e aumentando le prestazioni dei filtri anteposti all'obbiettivo. Questi filtri vanno dal rosso al nero e bloccano la luce dai 600 nm ai 900 nm ma essendo via via più densi, la messa a fuoco risulterà problematica. Un altro metodo per realizzare la fotografia nell'infrarosso è quello di sostituire il filtro IR CUT con i filtri infrarosso così da rendere possibi-

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le l'inquadratura e la messa a fuoco. I filtri speciali hanno applicazioni specifiche che rendono possibile l'assorbimento selettivo di campi di lunghezze d'onda ben definite. Essi costituiscono degli ausili preziosi in fotografia poichè a seconda delle esigenze sfruttano le componenti della luce di ripresa contribuendo a rendere visibili situzioni che l'occhio umano non riesce a percepire.

Filtri speciali per la diagnostica artistica

BW 489 Noto come filtro anticalore, assorbe buona parte dei raggi infrarossi da 780 nm in su, mentre lascia passare i colori dello spettro del visibile. BW 486 Filtro interferenziale uv-ir cut, assorbe i raggi ultravioletti e infrarossi sopprimendo effetti indesiderati. BW 403 (18A Kodak) Filtro nero completamente impermeabile ai raggi la cui lunghezza d'onda superi i 360 nm. Viene applicato davanti all'obbiettivo per la fotografia uv a riflessione, oppure davanti alla sorgente che emette i raggi ultravioletti nella fotografia uv con luce a fluorescenza. Il fattore di compensazione dell'esposizione è variabile da 8 a 20 a seconda delle caratteristiche della pellicola. BW 415 / BW 420 (2B Kodak) Filtri incolore o tendenti al giallino con effetto anti uv utilizzati per prevenire la fluorescenza dovuta ai raggi uv o alla cementazione delle lenti. Il fattore di compensazione è 1 e 1,2.

% 486 403 400

700

nm

Osservando le curve di trasmissione del BW403 e del BW486 si evince che, se sovrapposti, esse si incontrano intorno a 400 nm e 700 nm, le radiazioni attorno non filtrano poichè le due curve si annullano. Per eliminare anche quel poco di frequenza infrarossa che non viene filtrato si potrebbe usare in unione al BW 489 che taglia via fino al 10% degli infrarossi a 800 nm.

BW 092 ( Hoya 720) Filtro rosso scuro che intercetta buona parte della luce incidente fino a una lunghezza d'onda di circa 650 nm lasciando passare la radiazione infrarossa. Fattore di compensazione tra 20 e 40. BW 093 Filtro nero per la completa intercettazione dello spettro del visibile e taglia le frequenze attorno ai 720 nm. L'unione digitale di un’immagine con questo filtro e della medesima ottenuta con il bw 486 è utile per eseguire il falso colore nell’infrarosso. Fattore di compensazione variabile. BW 022 Filtro giallo medio, viene usato in accoppiamento con i filtri uv per eliminare la dominante blu. Fattore di compensazione 2.

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Codifica dei filtri per luce infrarossa: bw kodak hoya massa

black 093 87c rm90 950

red rg715 89b r72 720


Curve di trasmissione: mettono in relazione il fattore di trasmissione delle lenti espresso in percentuale con la lunghezza d'onda (nm)

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Tecniche fotografiche speciali

3

Si definiscono tecniche fotografiche speciali tutte le indagini di imaging puntuale finalizzate alla diagnostica che impiegano la registrazione di fenomeni ottici dovuti a radiazioni riflesse, trasmesse o emesse dalla materia, quando questa è colpita da radiazioni non lontane dalla luce visibile. Queste indagini sfruttano i principi della spettroscopia: – Riflettografia IR – Falso Colore – Fluorescenza UV – UV riflesso – XRF – Termografia

Spettrografia e tecniche fotografiche speciali: uv

strato pittorico disegno

vernice supporto

preparazione

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vis

ir

rx


3.1

É una tecnica ottica per ottenere immagini di superfici dipinte usando la radiazione nella banda spettrale dell’infrarosso (da circa 0.8μm a 2.0μm). Si può parlare di due tipi di infrarosso: riflettografico e termico. Nel ir riflettografico (che viene registrato nel nir ovvero nelle frequnze più vicine al visibile) si distinguono: – nir (near infrared), – mir (medium infrared), – fir (far infrared) Questi range di frequenze si distribuiscono all'interno dello spettro eletromagnetico da circa 750 nm a circa 300000 nm e a seconda della tecnologia o dei filtri impiegati possono essere registrati. Schemanticamente si può dire che: visibile infrarosso microonde riflettografico termico nir mir/fir 750-2500 nm 3000-30000 nm / 30000-300000 nm nir/mir/fir Esistono macchine fotografiche il cui sensore ha una sensibilità superiore alla media (lunghezze d’onda comprese tra i 400/780 nm) che consentono attraverso l’ausilio di filtri neri a diverse lunghezze d’onda di schermare dalle frquenze disturbanti rendendo visibile le porzioni di ir desiderato. Ogni materiale è caratterizzato da un comportamento che varia al variare della lunghezza d'onda della radiazione cui è sottoposto. In generale questa analisi spettrofotometrica si rivela di grandissimo aiuto

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Riflettografia IR


La lettura delle informazioni legate alla tecnica esecutiva è dovuta alla trasparenza che possono acquisire le stesure sovrastanti quando sono colpite dai raggi infrarossi. Zone più dense assorbono le radiazioni e risulteranno nere; zone opache riflettono le radiazioni risultando più trasparenti e dunque bianche.

per analizzare disegni preliminari tracciati dall’artista, sulla preparazione, e in particolare per lo studio dei pentimenti pittorici o di precedenti pitture sottostanti. Applicata all’analisi di dipinti antichi mette in luce la struttura del supporto enfatizzando cretti, lacerazioni, reintegrazioni e materiali non originali, contraddistinti da una differente trasparenza. La riflettografia penetra al di sotto dello strato pittorico senza attraversare il supporto rivelando i particolari nascosti come il disegno preparatorio e dunque i pentimenti dell’artista. La luce viene in parte riflessa dal colore e in parte penetra al di sotto della pellicola pittorica; la superficie della preparazione riflette bene l’ir mentre i tratti del disegno sono spesso composti da materiali che l’assorbono. Apposite strumentazioni consentono la visualizzazione e la registrazione della risposta dei materiali alle radiazioni intorno ai 1800 nm.

Da un punto si vista fisico gli atomi e le molecole vengono sollecitate dalla radiazione infrarossa (lunghezze d’onda comprese fra i 3-200 μm) rendendo così possibile una spettrofotometria di assorbimento dell’infrarosso, che possiede delle caratteristiche proprie per ogni complesso molecolare. La zona tra i 2,5-25 μm è quella prevalentemente usata e si hanno spettri di assorbimento di tutte le sostanze organiche e inorganiche che contengono anioni poliatomici. Altre sostanze inorganiche binarie assorbono solo nell’infrarosso più lontano.

A livello di attrezzature per eseguire queste analisi si parla di scanner INGaAS che mostrano il disegno preparatorio attraverso un fotodiodo che acquisisce l’intensità luminosa dello spettro che gli arriva. Questo tipo di scanner consente di ottenere immagini più nitide e omogenee evitando i problemi connessi all'assemblaggio dei singoli riflettogrammi. La formazione delle immagini avviene generalmente attraverso dispositivi elettronici sensibili a particolari bande dell'infrarosso, come la telecamera Hamamatsu c3283 con tubo vidicon, che utilizza sensori a stato solido (CCD). La sensibilità del sensore arriva a 1100 nm mentre quella del vidicon arriva fino a 2100 nm. La telecamera è dotata di monitor per la messa a fuoco la cui sensibilità è compatibile con le specifiche fornite e presenta contrasti più morbidi rispetto alla Sony dscf828.

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3.2

La tecnica viene utilizzata dal restauratore e dallo storico dell’arte per individuare zone che hanno subìto restauri postumi sufficientemente antichi, poichè in quelli di epoca “più recente” si è raggiunto un grado di accordo cromatico tale da rendere l’intervento di recupero invisibile. Questo tipo di interventi non conservativi si ottonevano raggiungendo il cromatismo in maniera empirica, ignorando completamente la natura chimica del pigmento, poichè non erano ancora possibili mezzi di analisi non invasiva. La tecnica consente di discriminare i pigmenti che hanno lo stesso colore nel visibile, ma differente natura chimica poichè assorbono e riflettono radiazioni differenti. Ad esempio, i pigmenti dell’azzurrite e del blu oltremare non sono distinguibili ad occhio nudo ma con la suddetta tecnica l’azzurrite si vedrà blu mentre l’oltremare risulterà vinaccia. A livello fisico e visivo le parti chiare riflettono, mentre le scure assorbono ottenendo uno slittamento dei cromatismi: ottenere un'immagine del dipinto escludendo la componente di luce blu- che con la tecnica tradizionale si ottiene interponendo davanti all’obbiettivo un filtro giallo e aggiungendo la componente infrarossa. Questa tecnica viene spesso impiegata in campo ambientale per determinare porzioni di vegetazione malate. Per eseguire la tecnica del falso colore si esegue una ripresa a sola luce infrarossa ed una in luce normale. Su Photoshop si elimina il canale del blu, si sposta il canale del rosso nel verde e il canale del verde nel blu e il canale del rosso va sostituita con la ripresa in luce infrarossa.

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Falso colore

Si noti che per ottenere un’immagine analoga a quella dell’occhio, è necessario sopprimere la componente infrarossa. La ripresa notturna consiste semplicemente nella possibilità di eseguire la fotografia senza il filtro per infrarosso.


Comportamento di una pellicola invertibile a colori sensibile alle radiazioni dell'infrarosso nel confronto tra la resa dei pigmenti verde rame e verde di cobalto:

Ad occhio umano i due pigmenti appaiono uguali ma in questa tecnica hanno una restituzione differente. Il filtro giallo frapposto fissa il blu emesso nel blu osservato nel rame e nel cobalto trasmette il magenta (blu+infrarosso).

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3.3

Le radiazioni ultraviolette occupano la zona dello spettro elettromagnetico compresa tra i 100 e i 400 nm. La porzione di ultravioletto che indaga questa tecnica va dai 300 ai 400 nm, più vicina al visibile. I materiali riflettono e assorbono le radiazioni uv. Questa tecnica applicata all’analisi dei dipinti antichi rivela la presenza di vernici, leganti, coloranti o particolari pigmenti di restauro. Le molecole che compongono determinati materiali organici vengono messe in eccitazione dalle radiazioni elettromagnetiche ultraviolette e riemettono radiazioni ad una lunghezza d’onda superiore. Questo fenomeno di riemissione prende il nome di luminescenza e si distingue in fluorescenza, quando ha durata istantanea, e fosforescenza, quando persiste nel tempo anche dopo che è cessata l’azione della radiazione. Le molecole tenderanno ad abbandonare questo livello eccitato e instabile e a tornare a livello energetico fondamentale dando luogo alla radiazione elettromagnetica. Il fenomeno della fluorescenza è direttamente osservabile ed è chiaramente registrabile anche con metodi fotografici. La ripresa fotografica della fluorescenza indotta da luce ultravioletta permette la visione di fluorescenze deboli che non sarebbero percepibili ad occhio. In base al diverso grado di invecchiamento e alla costituzione, i materiali artistici possono manifestare differenti gradi di fluorescenza. I dati raccolti, forniscono comunque informazioni superficiali, senza penetrare negli stati sottostanti la pellicola pittorica. La maggior parte dei materiali pittorici di tipo organico danno colorazioni di fluorescenza dall’arancio chiaro al giallo e dal giallo al verde

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Fluorescenza uv

uvc 100-280 nm uvb 280-315 nm uva 315-400 nm luce/visibile ira 780-1400 nm irb 1400-3000 nm irc > 3000 nm


chiaro molto difficili da distinguersi. Ciò è dovuto alle resine contenute nelle vernici la cui fluorescenza aumenta all'aumentare dell'invecchiamento, pertanto – dopo l’eliminazione della vernice – si può osservare l’effettiva fluorescenza dei pigmenti che crescerà all'aumentare dell'invecchiamento. La superficie verniciata apparirà in uv più o meno uniforme a seconda delle modalità di stesura: le stratificazioni disomogenee potrebbero indicare la presenza di precedenti restauri o la presenza di interventi conservativi. La fluorescenza innescata rende possibile il riconoscimento delle stesure più antiche: l’analisi di questi legami chimici formatisi nel tempo tra i pigmenti e i leganti aiuta a far luce sui precedenti interventi di restauro: tanto più sono interventi recenti, meno forti sono i legami, più scura è l’immagine e debole la radiazione. Le riprese vengono fatte al buio con una lunga esposizione per registrare la radiazione dei raggi uv che, interagendo con la vernice e la pellicola pittorica, danno origine al fenomeno dell’interferenza. Per evitare la registrazione di frequenze indesiderate si utilizza un filtro barriera di colore giallo che taglia le dominanti blu/violette.

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3.4

La riflessione diffusa determina il potere coprente di uno strato pittorico e dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, diminuendo quando quest’ultima aumenta. Impiegando radiazione con lunghezze d’onda maggiori del visibile, lo strato pittorico risulta più trasparente permettendo la riflessione degli strati sottostanti. Queste radiazioni possono essere registrate fotograficamente grazie all’ausilio di un filtro nero che registra l’ultravioletto seppur in presenza di frequenze superiori ai 400 nm quindi appartenenti al visibile. Le riprese vengono effettuate, anche in questo caso, al buio con le lampade di Wood: lampade ai vapori di mercurio che permettono radiazioni ultraviolette con lunghezze d'onda comprese fra i 330 e i 380 nm, particolarmente adatte ad eccitare la fluorescenza dei materiali. Queste lampade, pur essendo schermate per produrre il più possibile radiazioni uv, vengono inquinate da luce visibile, pertanto è necessario l'impiego di un filtro nero che tagli completamente le frequenze indesiderate.

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uv riflesso


XRF fluorescenza x

La fluorescenza x è impiegata per tutte le analisi elementare, escludendo gli elementi leggeri di H, C, N, O, F.

3.5

Tale tecnica si appresta a differenziare puntualmente i materiali pittorici e può essere particolarmente utile a far luce sui precedenti restauri in un dipinto. É un’analisi elementare qualitativa correlata alla lunghezza d’onda dei raggi x secondari e quantitativa, correlata all’intensità degli stessi raggi dei composti inorganici come metalli e leghe, materiali ceramici, pigmenti, prodotti di corrosione, ecc... A livello qualitativo questa tecnica ha un’elevatissima sensibilità, riuscendo a distinguere gli elementi componenti una miscela dell’ordine di pochi parti per milione. Le analisi quantitative, invece risultano più laboriose e complesse. Questa tecnica dev’essere eseguita da un esperto qualificato, è un’analisi puntuale, molto costosa ma molto mirata. I raggi x primari prodotti da un tubo catodico o con sorgenti radioattive interagiscono con gli atomi del pigmento, gli elettroni cambiano posizione e dalla sollecitazione esercitata su ogni atomo dalle radiazioni, vengono emessi dei raggi secondari che qualificano la natura del pigmento. La lunghezza d’onda e l’intensità della radiazione di fluorescenza sono correlabili con l’identità e la concentrazione dell’elemento che l’ha provocata. Prima di eseguire tale analisi è utile che si utilizzi preventivamente il falso colore che essendo un’analisi estensiva, limita e individua in quali punti procedere con l’xrf.

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4

Caso di studio: Madonna con Bambino

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4.1

Sull’opera in questione non è ancora stato eseguito alcun intervento di pulitura. É una tavola in pioppo con decorazioni in foglia d’oro proveniente dalla diocesi di Fano. Probabilmente faceva parte di un trittico ma non si hanno notizie storiche e d’ubicazione. Le analisi radiografiche hanno messo in luce i cavicchi in legno più duro che segnano i punti di congiunzione delle assi. Sono inoltre state eseguite delle prove colorimetriche effettuate attrverso la lettura di un colorimetro, dal cui valore letto si è risaliti alla curva di riflettanza e di conseguenza alla composizione chimica. Sono stati riconosciuti i seguenti pigmenti: – rosso vermiglione (rosato) – verde rame (verde giallastro) – ocra gialla (bruno chiaro) – blu di prussia (azzurro chiaro sporco, azzurro verdastro) Quest'ultimo pigmento è nelle pitture dal ‘700 poichè prima non esisteva. Al ‘700 risale anche la cornice non originale in foglia d’argento meccato, una tecnica che consisteva nella stesura di una vernice o resina gialla sulla foglia d’argento di modo che somigliasse all’oro. La macchia verde nell’incarnato, vista la presenza di cretti fini simili alla temepera che si interrompono sull’incarnato roseo, fa pensare che sia il colore dello strato preparatorio (verdaccio) dell'incarnato. Non essendo in possesso delle radiografie ma volendo vedere se eventuali danneggiamenti del supporto avessero intaccato la pellicola pittorica, si è eseguita digitalmentevuna sovrapposizione del recto e verso specchiato. Si è potuto evincere che i danneggiamenti del supporto non hanno avuto delle conseguenze sullo strato pittorico se non sul viso

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Storia e stato di coservazione


della Madonna e nella zona del collo. Probabilmente il fatto che non si veda la congiunzione precisa è dovuta al fatto che sia stata restaurata in tempi recenti e dunque stuccata bene. Dall’analisi visiva del verso si notano fori di natura biologica, dovuti allo sfarfallamento di insetti xilofagi e visibili per via dell’assottigliamento della superficie; altri fori sono quelli lasciati dai chiodi per vincolare tavola e cornice. Quest’ultima è composta da due elementi distinti. Per capire come le tavole sono state unite si deve ricorrere alla radiagrafia. Generalmente ciò avveniva tramite giunzioni a farfalla, cavicchi, colle e incamottatura.

Confronto tra verso e recto della tavola per vedere eventuali corrispondenze tra i danneggiamenti del supporto e della pellicola pittorica

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4.2

Luce visibile

Madonna con Bambino, dipinto su tavola, Alta definizione (hd), recto 5D Mark III 70-200 mm canon focale 200 t 1/125 f 11 2 flash Bowens 1500, 500 w potenza 1/2


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Madonna con Bambino, dipinto su tavola,

A partire dall'alto si nota la presenza di chiodi di giunzione tra la tavola e la cornice, visibili grazie alla scheggiatura del legno. Si riscontra una exuvia (bozzo contenente insetto parassita). Sono presenti fori di sfarfallamento di insetti xilofagi, le cui gallerie hanno provocato un assottigliamento del materiale.

Alta definizione (hd), verso 5D Mark III 70-200 mm canon focale 200 t 1/125 f 11 2 flash Bowens 1500, 500 w potenza 1/2

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Radenza con luce dall'alto

Radenza con luce dal basso

Madonna con Bambino, dipinto su tavola, Radenza, 5D Mark III 70-200 mm canon Software di elaborazione: Autopano Giga 3.0.8

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4.3

metodo d’indagine con Hamamatsu c2741 Vidicon - obbiettivo 60 mm micro nikkor 1:2.8 - filtro nero 950 - 2 lampade desisti (luce continua) 500 W con bandelle equidistanti, posizionate a 45°rispetto alla tavola - moitor per la messa a fuoco - convertitore analogico - digitale (conversione ΔT = tempo di ritardo) - cavalletto

Riflettografia Ir

Con la videocamera è stata eseguita la riflettografia nel mir. Sono state fatte anche le analisi del nir (con Nikon D90, Nikkor 35 mm F2) che non hanno dato ulteriori informazioni e per tanto non sono state inserite.

Si è proceduto leggendo la quantità di luce incidente sulla superficie dell’opera (illuminamento), campionandola in più punti. La quantità di luce nei punti campionati dev’essere omogenea ed inferiore ai 1000 lux, nel nostro caso la risultante è compresa tra 5oo e i 600 lux. Proseguendo con altezze ed inquadrature differenti si è proceduto alla ripresa di particolari.

Schema di lavoro e schema luci

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Filtri: BW 489 / BW 486 Hoya r72 (=massa ir720 o al rg715) blocca la maggiorparte del visibile e mostra solo l’infrarosso. sono flitri rosso intenso o neri Hoya 720 (=BW 092) taglia le frequenze attorno ai 720 nm e l’unione digitale di un’immagine con questo filtro e della medesima ottenuta con il bw 486 è utile per eseguire il falso colore nell’infrarosso.


Le lacune diventano più visibili; in alto a sinistra si evidenziano delle incisioni probabilmente appartenenti ad una eventuale decorazione; nella bulinatura si nota il bolo della preparazione.

Si notano macchie più scure e macchie più chiare corrispondenti alle zone in cui è presente o no la vernice; sul viso compaiono tracce verdi probabilmente attribuibili all'incarnato precedente; sul collo: presenza di pennellate non visibili ad occhio nudo.

Occhio destro: presenza di un doppio segno; si percepisce una doppia pigmentazione sui capelli.

Sulla fronte: zona di abrasione probabilmente dovuta all'azione di un solvente; tra il viso e i capelli: doppia lineaa di stacco.

· 45 ·


Si individua l'impiego di due bulini: uno per la decorazione a cerchi l'altro per quella a punti; tracce di bolo e dello strato preparatorio di colla e gesso.

Sulla spalla vi sono delle macchie scure attribuibili a lacune reintegrate; sul trono si riscontra l'utilizzo di una doppia tecnica a bulino e a sgraffito.

Alto a destra, spigolo del trono: si notano le incisioni dell'aureola che è composta da almeno quattro linee.

Presenza di lacune; le dita risultano coperte dal disegno del drappo: probabilmente sono state disegnate per intero, dipinte e successivamente il drappo è stato dipinto al di sopra.

· 46 ·


La parte finale delle dita è più scura: disegno iniziale; dopo al mignolo si intravede il disegno di un dito, poi cancellato.

L'alluce del piede destro è parzialmente coperto dal manto azzurro che con la presenza della vernice ingiallita rende visivamente verde la colorazione.

Comparsa di una macchia scura al di sotto del piede, simile ad un'ombra; segno scuro nella parte finale dell'unghia.

Evidenziazione di una pennellata scura visibile ad occhio nudo per definire il calcagno.

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Scatto nel visibile, corrispondente alla riflettografia successiva. Il confronto avviene aumentando il contrasto nel visibile.

Si evidenzia una abrasione con perdita di colore che svela il disegno preparatorio. Sembra che il rosso della veste del Bambino continui sul verde.

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Si svela un pentimento dell'artista: i diversi contorni delle dita si svelano al di sotto dello strato pittorico che risulta trasparente. Le dita erano inizialmente piĂš lunghe e sono state diminuite.

Scatto nel visibile: il contorno della punta del dito indice della mano risulta molto evidente, non si notano altre macchie particolari.

Scatto nel visibile. Il contorno piÚ scuro del dito mignolo della mano destra della Madonna è ben individuabile.

Si svela un pentimento dell'artista: si riscontrano tre diversi contorni nel disegno preparatorio del mignolo

· 49 ·


Nella riflettografia corrispondente si nota lo spostamento che ha subito la pupilla.

Scatto nel visibile del volto del Bambino.

Scatto nel visibile del volto della Madonna.

Si nota lo spostamento dell'occhio e del sopracciglio.

· 50 ·


Falso colore

Scatto eseguito in luce diffusa Scatti eseguiti con due lampade accese

4.4

Metodo d’indagine con Epson Photopc 2.1 mp – obbiettivo 19,5 mm F2.8 – 2 Flash Bowens 500 a potenza 1/2 – diaframma automatico – impostazione: alta definizione Dopo aver reso omogenea la luminanza si procede con le acquisizioni: scatto 1) visibile senza filtri e senza flash scatto 2) filtro 486 + filtro 489 scatto 3) filtro 720 scatto 4) filtro 760

Schema di lavoro e schema luci

· 51 ·


Riprese con filtro 760

Riprese con filtro 720

· 52 ·


Confronto tra filtro 720 e 760

· 53 ·


4.5

Metodo d’indagine – 2 lampade di wood con calotta – pannelli neri dietro all’opera – Canon 5D Mark I + obbiettivo 70-200 mm – Canon 50D + obbiettivo macro 60 mm Dati di scatto: – focale 70mm – iso 100 – t 2s Acquisizioni: scatto 1) senza filtro serie 2) 4 foto con filtri 489+486+022 serie 3) 4 foto con filtro x0 Hoya a focale 140 serie 4) filtro seppia Hoya serie 5) Canon 50D obbiettivo 60 macro - filtri 486+415 La natura chimica si manifesta assumendo diverse colorazioni: bianco di zinco → giallo canarino lacca di garanza → rosa arancio giallo indiano → giallo oro

Schema di lavoro e schema luci

· 54 ·

Fluorescenza UV

Filtri: x0 Hoya Hoya filtro seppia BW 489 + BW 486 + 022 BW 486 + BW 415 (= Kodak 2b) In questi due casi, i filtri 486 e 489 (ir/uv cut) vanno usati insieme a un filtro giallo che tolga la dominante blu dei primi due. Questo filtro abatte gli UV quindi aiuta a vedere con migliore contrasto, ritocchi, abrasioni, finiture.


Ripresa senza filtro

Ripresa con filtri 486 + 415

La riflessione diffusa determina il potere coprente di uno strato pittorico e dipende dalla lunghezza d’onda della radiazione incidente, diminuendo quando quest’ultima aumenta.

Dominante blu: notiamo tracce di vernice, zone abrase, vernice protettiva non uniforme. Le lacune, le decorazioni e il velo riflettono.

Ripresa con Fx0 Hoya Taglia il blu e mette in evidenza zone scure.

Impiegando radiazione con lunghezze d’onda maggiori del visibile, lo strato pittorico risulta più trasparente permettendo la riflessione degli strati sottostanti.

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4.6

UV riflesso

Filtri: BW 486 (uv-ir cut filter)+ B+W 415/420 (=2b kodak) BW 403 (=18a kodak) Filtro nero che taglia il visibile. Osservando le curve di trasmissione di questi due filtri si evince che, se sovrapposti, esse si incontrano intorno a 400 nm e 700 nm, le radiazioni attorno non filtrano poichè le due curve si annullano. Per eliminare anche quel poco di frequenza infrarossa che non viene filtrato si potrebbe usare in unione al BW 489 che taglia via fino al 10% degli infrarossi a 800 nm.

Schema di lavoro e schema luci

· 56 ·


Confronto tra UV riflesso e la medesima porzione dell'HD. La riflessione dei pigmenti è molto lieve. Riflette l'oro, l'incarnato e le parti bianche sulla destra, invece ciò che è scuro assorbe pertanto rimane scuro.

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3

Precauzioni museali

Tratto dallo Standard dei musei, ambito VI sottoambito I (D. Lgs. n.112/98 art. 150 comma 6) La complessità e la varietà degli oggetti che costituiscono i beni culturali rendono particolarmente difficile l'individuazione e la definizione assoluta degli intervalli e dei limiti dei parametri ambientali, intesi come valori critici e ottimali, per la buona conservazione delle opere. Gli standard museali devono considerare: – valutazione dello stato di conservazione del manufatto; – studio degli andamenti dei parametri microclimatici, di illuminazione e della qualità dell’aria dell’ambiente in cui il manufatto si trova; – studio dei parametri microclimatici, di illuminazione e della qualità dell’aria dell’ambiente in cui il manufatto si troverà; – giudizio complessivo di valutazione “stato di conservazione/ambiente”; – conoscenza dell'interazione del manufatto con l'ambiente. Sorgenti luminose

Le sorgenti luminose nei musei non devono essere nè ultraviolette, perchè provocano un invecchiamento della pellicola pittorica, nè infrarossi poichè provocano un’immissione dell’energia termica. Lo spettro delle lampade ad incandescenza emette frequenze dell’infrarosso pertanto è meglio impiegare un’illuminazione a lampade fluorescenza o a led. Le luci dei flash sono composte da una componente uv che invecchia il materiale, talvolta per studiare e simulare l’invecchiamento si ricorre a temperatura, uv e stress idroelettrico. Nella tabella seguente vengono recepite le raccomandazioni internazionali, nella loro definizione più recente, che classificano in quattro

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Controlli fotometrici

categorie di fotosensibilità i reperti ed i manufatti e ne stabiliscono i livelli massimi di illuminamento. Gli illuminamenti previsti sono da considerare come condizione media di esercizio. Con sorgenti appena installate sono ammessi valori di misura superiori del 10% per tenere conto del fattore di decadimento medio delle sorgenti dopo il primo periodo di attivazione. Nel caso di presenza di più materiali e/o tecniche, deve essere posto il limite corrispondente alla classe più protetta. Particolari precauzioni sulla componente termica della radiazione andranno adottate nel caso di manufatti polimaterici, in tutti quei casi in cui siano vincolati materiali con coefficienti di dilatazione diversi, per evitare distacchi o crettature (esempio smalti su metallo). Al fine di soddisfare sia le esigenze di conservazione che quelle di fruizione complessiva dei manufatti piani, devono essere applicati i seguenti criteri di uniformità: Emin/Emedio > 0,5 Emax/Emin < 5 Nel caso di esposizione di tavole dipinte, per prevenire l’insorgenza di effetti di tensionamento, quest’ultimo rapporto assumerà il seguente valore massimo: Emax/Emin < 2 Per quanto riguarda oggetti tridimensionali, bassorilievi ecc., questi rapporti devono essere valutati caso per caso, fermo restando il criterio di mantenere la leggibilità complessiva dell’opera. Particolare attenzione, in questo caso, dovrà essere prestata ad evitare la produzione di ombre multiple che alterano in modo sostanziale la capacità di percezione delle forme. Il sistema di condizionamento è utile che mantenga un’umidità costante. Esistono degli standard museali che sanciscono la quantità di lux che possono incidere sulle superfici e che tracciano una sorta di regolamento per la conservazione e la tutela dei beni culturali.

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Ambiente e manufatto: l'umidità

Il mezzo fotografico viene impiegato per valorizzare, la conservazione si attua invece prevenendo o contrastando l'azione ambientale. Nella relazione tra ambiente e manufatto è necessario bloccare o contrastare l’aggressività attraverso azioni protettive attive (regolazione dell’impianto di condizionamento: le vetrine devono garantire un buon microclima interno; l’illuminazione è auspicabile avvenga per fibre ottiche per evitare la variazione di temperatura e i raggi insani) o passive (attraverso tamponi per l’umidità ciè bustine o mattoncini di silicio permeabili all’umidità o fogli art sorb utili a tamponare l’umidità interna degli showcase. Consistono in fogli di tessuto non tessuto imbibito di una soluzione idroscopica. Non viene messo a diretto contatto con l’opera ma viene affiancato dentro la vetrina. Si possono usare anche dei panetti di gel di silicio, le cui dimensioni cambiano a seconda del volume d’aria presente). Nelle tabelle di seguito riportate sono indicati i valori dei parametri microclimatici entro i quali sarebbe opportuno conservare le diverse categorie di materiali per prevenire danni di tipo chimico–fisico o microbiologico. L’opportunità di modificare le condizioni degli ambienti museali, in funzione di quanto riportato nelle tabelle, deve essere attentamente valutata in relazione allo stato di conservazione dei manufatti, all’area geografica in cui il museo si trova ed alle reali possibilità di assicurare la costanza dei valori.

Valori termoigrometrici per la conservazione chimico-fisica dei manufatti

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Condizioni microclimatiche per la prevenzione di attacchi microbiologici su materiali organici

Esistono alcune categorie di manufatti che richiedono condizioni termoigrometriche di conservazione particolarmente controllate. I valori indicati in tabella vanno intesi come valori di riferimento tassativi: ciò vuol dire che il manufatto deve essere conservato mantenendo sempre temperatura ed umidità relativa all’interno degli intervalli stabiliti. Inoltre va osservato che all’interno degli intervalli indicati le variazioni giornaliere devono essere comunque ridotte al minimo, fermo restando che le variazioni stagionali devono comunque essere all’interno degli intervalli prefissati. Le condizioni sopraindicate potranno essere assicurate con due diverse procedure, secondo il tipo di manufatto, conservando l’oggetto: a) in un contenitore in presenza di un assorbitore di umidità (bronzi, ferri, vetri); b) in ambienti o contenitori nei quali possa essere assicurato il controllo e la stabilità di tutti i parametri ambientali (legno bagnato, miniature, codici miniati).

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Valori termoigrometrici critici per la conservazione di alcuni manufatti




Bibliografia

M. Cardinali, M. B. De Ruggeri, C. Falcucci, Diagnostica artistica. Tracce materiali per la storia dell’arte e per la conservazione, Palombi Editori 2007 M. Matteini, A. Moles, Scienza e restauro. Metodi di indagine, Nardini editore, 1990, cap. I, VIII, IX, XIII, XVIII, XXIII Sitografia www.astro.unipd.it/progettoeducativo/Didattica/UnitaDidattiche/UniDid_1.pdf www.brera.unimi.it/istituto/archeo/download/Riflettografia%20 IR%20e%20Attivazione%20Neutr.pdf www.brera.unimi.it/istituto/archeo/spettrofotometria.html www.ciam.unibo.it/laureescientifiche/corsi-laboratorio/chimica-e-beni-culturali/lezione1pigmenti.pdf www.ciam.unibo.it/laureescientifiche/corsi-laboratorio/chimica-e-beni-culturali/lezione2tecniche.pdf www.nikonschool.it/experience/infrarosso-dslr3.php w3.uniroma1.it/piacentini_mario/diagnostica/cap1.pdf w3.uniroma1.it/piacentini_mario/diagnostica/cap2.pdf




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