Un pallone in bolletta

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Un pallone in bolletta Dallo scandalo Parma alle difficoltà del Foligno: ecco cosa accade alle società che non riescono a far fronte ai propri debiti

F

allimento. Per il Parma Football Club la parola fine è arrivata negli scorsi giorni, dopo diversi mesi di incertezza sulle sorti societarie: in estate l’abbandono dei sogni legati a un’Europa conquistata sul campo ma negata dai primi problemi economici; a gennaio il cambio di proprietà con l’addio di Ghirardi e l’arrivo del petroliere albanese Taçi; due settimane dopo la nuova cessione, per la cifra simbolica di un euro, a Giampietro Manenti, che si trova ora in carcere. Un dramma sportivo che ha occupato per lungo tempo le prime pagine dei giornali e che ha acceso i riflettori sulla difficile situazione del nostro calcio. Questa vicenda, infatti, è soltanto l’ultima degenerazione di un sistema che ha visto fallire nel recente passato molte squadre illustri, come il Napoli o la Fiorentina, e un’infinità di società minori, che hanno portato i loro libri in tribunale circondate da un clima di generale indifferenza.

12 | 15 marzo 2015

Se lo scandalo Parma ha avuto un’enorme risonanza, sono ancora oggi decine le squadre che, dalla Lega Pro ai dilettanti, vivono una sorte simile a quella dei ducali. Quindici giorni prima del fallimento della squadra emiliana, ad esempio, la stessa sentenza era stata emessa dal tribunale di Spoleto nei confronti del Foligno Calcio, formazione

20 milioni di euro il capitale sociale del Parma. Ora il debito è pari a 218 milioni, di cui oltre 74 sono legati agli stipendi dei tesserati che in passato ha partecipato a venticinque campionati professionistici e che attualmente milita in Serie D. La società umbra, affidata come il Parma a due curatori fallimentari nominati dal tribunale,

ha deciso di proseguire la stagione proprio come i ducali. Una scelta che potrebbe garantire, almeno sulla carta, la rinascita di entrambe le squadre. Se infatti le società si fossero ritirate dai campionati, avrebbero irrimediabilmente perso tutti i loro diritti sportivi. Terminando la stagione, invece, possono ancora sperare in un salvataggio. Come è possibile? Per capirlo occorre considerare quello che è il compito dei curatori fallimentari: dopo aver interrotto tutte le procedure pendenti, essi ottengono un quadro globale della situazione debitoria e fanno stimare la società da un perito, che ne definisce il valore. Da questa base viene poi disposta un’asta, attraverso cui si cerca un nuovo proprietario. Il buon esito di questa operazione, tuttavia, è legato al fatto che l’acquirente sia disposto a farsi carico dei debiti pregressi della società. È su questo punto che i destini di Parma e Foligno potrebbero dividersi: se per salvare una


Sport e tempo libero squadra minore, infatti, è sufficiente nella maggior parte dei casi un investimento medio non superiore a un milione di euro, le cifre che riguardano gli emiliani sono ben diverse. Il loro debito è pari infatti a 218 milioni e l’eventuale nuovo proprietario, una volta acquisita la società, dovrebbe subito versare a fondo perduto 74,3 milioni per gli stipendi arretrati dei giocatori e dei tesserati e per le tasse che li riguardano. Il tutto per acquisire una squadra che, vista l’attuale posizione in classifica, retrocederà con ogni probabilità nella serie cadetta, con una perdita ulteriore di introiti da parte dei diritti televisivi e degli sponsor. Nel caso in cui non si trovasse un acquirente, la società andrebbe invece incontro a un fallimento definitivo, sarebbe costretta a ripartire dal campionato dilettanti e per i debiti contratti si aprirebbero diversi scenari. I più tutelati, in casi come questo, restano i calciatori: svincolati dai contratti e liberi di cercarsi una nuova squadra, grazie a un apposito fondo di solidarietà istituito presso la Federazione essi si vedrebbero corrisposti gli emolumenti dovuti. Per tutti gli altri, dipendenti della società compresi, si dovrebbero attendere invece i proventi dell’indotto fallimentare. Sicuramente ai vertici federali spetta il compito di una riflessione seria su questi episodi, che troppo spesso si ripresentano. Soltanto un anno fa è stato abrogato il Lodo Petrucci, la particolare procedura burocratico-amministrativa che, per non disperdere il patrimonio sportivo di una città, consentiva di rilevare una società esclusa dai campionati professionistici per motivi finanziari e assegnava alla nuova proprietà un titolo sportivo inferiore di due sole categorie rispetto a quello di cui la squadra era già in possesso. Ora la Federazione rispetta comunque il criterio territoriale, considerando il bacino d’utenza nel quale si troveranno a operare i nuovi compratori. Una più attenta analisi si dovrebbe però condurre, al momento dell’acquisto, sulla solidità finanziaria del soggetto subentrante: oggi si chiede soltanto il pagamento dei tesserati e il versamento dei contributi previdenziali, che nel caso Parma corrispondono ai 74,3 milioni di euro. Peccato che, senza garanzie specifiche sul saldo dei restanti 144, qualsiasi nuova società nasca già con un piede nella fossa.

Davide Giuliani

Gli illustri fallimenti La Fiorentina di Cecchi Gori

Nell’estate 2002 la squadra, appena retrocessa in Serie B, non si iscrive al campionato. La società, rilevata dai Della Valle, cambia nome in Florentia Viola e partecipa alla Serie C2. Nel 2003 la proprietà acquista il marchio della vecchia AC Fiorentina. Il ritorno in A si ha nel 2004, anche grazie alla promozione diretta dalla C2 alla B.

Napoli, la C1 per rinascere

La società partenopea è tra le prime, nel 2004, a sfruttare il Lodo Petrucci, che le consente, dopo il fallimento in Serie B, di ripartire dalla C1 con il nome di Napoli Soccer: è l’inizio dell’era De Laurentiis. Nel 2006, assieme alla promozione in B, torna anche la denominazione originaria Società Sportiva Calcio Napoli. Dopo un anno, l’approdo in Serie A.

Perugia, il doppio fallimento

I biancorossi sono protagonisti di due fallimenti: il primo nel 2005 con la famiglia Gaucci, il secondo nel 2010. Ripartita dal campionato dilettanti, la squadra ritornò l’anno seguente tra i professionisti con il nome di A.C. Perugia Calcio. Sotto la guida di mister Camplone, il Grifo ha ottenuto nella stagione scorsa la promozione nella serie cadetta.

Il Bari salvato da Paparesta

Poco più di un anno fa, il 10 marzo 2014, l’assemblea dei soci dell’A.S. Bari annunciò l’autofallimento del club per gli ingenti debiti. Affidata ai curatori fallimentari, la squadra conquistò comunque i playoff per la Serie A, ma venne eliminata in semifinale. Fu una cordata guidata dall’ex arbitro Gianluca Paparesta a salvare la società acquistandone i beni per 4,8 milioni di euro. Il Football Club Bari 1908, nuovo nome sociale, milita attualmente in Serie B. 15 marzo 2015 | 13


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