CAMPI
Indice
ANALISI DI CAMPO..........................................................................................................................2 APPROFONDIMENTI SUI CAMPI...................................................................................................7 ENTITA' DI CAMPO.........................................................................................................................13 I CAMPI – considerazioni riassuntive...............................................................................................15 I CAMPI DI CONTATTO..................................................................................................................19 I CAMPI SOTTILI.............................................................................................................................21 IL SENTIERO ED IL CAMPO..........................................................................................................28 LA RESCISSIONE DEI CAMPI.......................................................................................................42 PRESENZE E LONTANANZE.........................................................................................................46 QUESTIONI DI CAMPO..................................................................................................................50 L’ENTE DI TRAMITE.......................................................................................................................53
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ANALISI DI CAMPO Comunicazioni del Maestro Il problema che devo affrontare è il rapporto fra il tuo antico pensiero, che vuole sostenere la validità dell’Atto emanativo, e la tua forte tensione a riconsiderare tutto il tragitto compiuto alla luce dell’esperienza fatta, che vanifica i primitivi concetti e li rende fortemente temibili. Dirò innanzi tutto che io sono certo dell’esattezza delle tue precedenti acquisizioni, le quali tuttavia vanno integrate con altre, non meno importanti. Voler considerare l’atto emanativo alla luce di quest’attualità, che implica il durissimo conflitto con ampie zone del Campo totale, non è propriamente esatto. L’Atto emanativo deve essere ripensato come la scaturigine di un Universo molto differente da quello in cui tu esisti attualmente, e del quale si è perduta – per i più – ogni memoria. L’Universo, l’Interità del Padre, è armonia ed amore, e non certo questa malvagia resistenza al suo Volere, la quale si sostanzia di ego e di prevaricazioni enormemente più possessive di quanto normalmente si creda. Quest’universo implica la Polarità, ma certamente non quella attualmente concepita, che è fatta di fisicità prevalente sullo spirito e che non è quasi mai espressione d’amore vero, ma di passioni, d’emozione o addirittura d’esercizio di un assurdo possesso. A questo proposito devo specificare che nessuna delle persone vicine a te (eccetto in larga misura Maria) ha qualche vera intelligenza della Polarità e dell’Amore, quelli veri. Normalmente esse rappresentano un coacervo di cose differenti, più o meno inconsciamente frammischiate in modi per loro veramente inestricabili, e con conseguenze alla lunga deleterie del rapporto che pure affermano con tanta avventata energia. La Polarità non è mai un senso di “mio”, anche se essa esprime sempre un rapporto. Individuare quindi il reale tessuto connettivo dei rapporti e delle situazioni esistenziali è compito primo e fondamentale per chiunque voglia intraprendere un cammino di liberazione dall’illusione in cui giace, e di recupero del suo vero stato di creatura, voluto ed amato dal Dio creatore. Dunque: i campi di contatto non sono certamente campi dell’amore, ma del potere egotico e della prevaricazione. Essi non hanno più titolo per essere nel tuo corso esistenziale, e – nonostante le loro pretese e le aggressioni continue – vengono costantemente ed inevitabilmente rimossi. Come tu ormai ben sai, non è possibile che qualche personalità di queste zone possa ancora intrattenersi con te in un proseguimento del cammino, perché ognuna è sostanziata di egocentrismo e di volontà d’affermazione individuale, senza alcun limite o ritegno. Se qualche rara e provvisoria acquisizione c’è, bene: o diventa definitiva o si vanificherà in breve tempo, aprendo però – in questo caso – lo spazio dell’espiazione e del rigore. Nessun’entità, figlio: le hai difese e sostenute fin quando ti è stato possibile, ed io ho difeso e sostenuto il tuo atto, che conduceva te fuori dei campi involuti e loro 2
nel mio segno. Ma adesso il tempo delle ricapitolazioni è arrivato, e non vi sarà ulteriore attesa. Ovviamente, qui occorre la Fede, la vera Fede nel Principio immanente a tutte le cose, e soprattutto a coloro che lo vogliono e lo cercano con vera coerenza. Quali sono le acquisizioni che io voglio tu evidenzi? Una è fondamentale, e le altre ne sono la diretta conseguenza. La Polarità ha un aspetto fisico ma questo fattore deve essere completamente decantato dai modi e dalle intenzioni del passato: deve cioè essere puro, e prescindere da qualsivoglia intento emozionale che sia predominante e che costituisca in fondo la base del desiderato incontro. Tu, qui, sei a buon livello, ed in effetti io non sto ripetendoti che quello che tu hai già messo in ampia luce. Ma le cose non sono così per i campi che si considerano “superiori” ai precedenti, che oscillano fra un desiderio molto fisico d’incontri e un’inaccettabile astrazione dall’aspetto formale, che è poi la base stessa dell’Emanazione come realtà relativa, e così distinta da Quella assoluta. Il mio compito è allora duplice: renderti sempre più edotto dello stato dei campi d’interferenza e insieme della necessità d’affrontarli in condizioni di grande purezza interiore ed ideativa. So bene come possano apparire belle e desiderabili le femminilità di certe zone, e come siano propense ad indurre i loro uomini a “perdersi” in loro, con somma gratificazione di tutte. Bene: questo non deve accadere. Mai e poi mai un allievo del Sé deve essere irretito a questo livello, e a nessun altro. Un allievo del Sé deve necessariamente, in quanto tale, mantenere fermissima l’intuizione dell’Amore come momento unitivo delle differenziazioni personali, e mai come aspetto in qualche misura gratificante dell’egocentrismo e della conseguente possessività. Per essere più esemplificativi, dirò che l’uomo e la donna non devono in nessun caso essere considerati come “cose”, come il “mio” uomo o la “mia “ donna. Essi sono, semplicemente, l’uomo e la donna che s’incontrano in un particolare contesto esistenziale, che deve essere chiaro e trasparente per entrambi. O non vi sarà altro che distacco, in genere immediato e preciso, da parte di colui o di colei che sono veramente fondati sul loro Sé. L’acquisizione dell’Oriente, delle scuole non-duali così come di altre, tantrica compresa, è quella dell’unicità della Realtà Assoluta, la quale però s’esprime nella molteplicità. Molteplicità in precisa relazione empatica e reale, però, che individua – nelle sue migliori o massime componenti – l’Amore come fattore unificante frutto dell’intuizione e della volontà di renderlo vivente. Qui tu hai esattamente individuato il fondamento e la natura del Sentiero, quello che da Yesod conduce a Tiphereth, dove Malkuth deve esattamente collocarsi ristrutturando il Glifo secondo la sua vera e principiale configurazione. Le zone astrali sono molteplici, e in poche (estremamente estese, però) c’è l’intelligenza del Padre e del suo Amore. Quindi il cammino è pesantemente ostacolato in principio - ne sai ora qualcosa … - e susseguentemente è delicato, e 3
richiede attenzione a se stessi e all’altro, in modo continuo e specificatamente iniziatico. Il compito di un allievo è, infatti, quello di portare l’Idea Basale alle femminilità del campo che siano in grado di recepirla, dopo aver separato la gramigna dal grano e discriminato attentamente le proprie motivazioni e quelle delle personalità che s’incontrano di giorno in giorno. Il senso della Non-Dualità divina è indispensabile: il rapporto deve essere d’identità ed insieme di discriminazione, costituendosi con questo come “Immagine” dell’Identità autodiscriminante dell’Assoluto che, in questo, si rende Madre e Padre. I procedimenti orientali - e qui c’è anche quello non-dualistico che ora, più che leggerlo, analizzi - conducono in genere all’affermazione della Realtà Assoluta come unico rifugio possibile per la vita creata. Vanno conosciuti, e va approfondito contemporaneamente il tema. La Caduta assume anche questi deleteri aspetti: il Dharma orientale, frainteso, porta al Brahman negando la Sua stessa azione (lila, ma non è sufficiente…), e quello occidentale, egualmente equivocato, mena ad un’autoaffermazione enormemente scompensata, che minaccia di distruzione tutto il pianeta. Non esiste una soluzione che eviti, per molti, un futuro crollo: la situazione è, infatti, tale da rendere necessaria una cesura, e il mio intento è quello di renderla meno virulenta per quanto è possibile, e quindi di consentire un’attenuazione degli effetti più distruttivi e una riconduzione di molte aree dell’Interità nel progetto iniziale. Il tuo caso è tuttavia assai delicato e molto particolare, perché tu accentri tutta la tua naturale attenzione sul valore dell’aspetto “Forma” e, conseguentemente, sull’Eros come elemento unificante di ogni specificazione. Questa inclinazione – tipica della tua natura profonda – non deve essere né negata né ulteriormente ostacolata. Quindi si mettono in moto fattori correttivi più efficaci ed incisivi dei precedenti, e tali da allontanare senza appello quanti e quante si sono schierate con virulenta cattiveria contro il Padre colpendo te in tutti i modi possibili, anche i più insidiosi ed intimi. Nei prossimi incontri – che per ora è consigliabile accadano con questo metodo, utile e meno coinvolgente del contatto mentale diretto – metteremo in luce quanto possa occorrerci nel nostro impegno, formativo ed istruttivo insieme. Le cose finora dette sono comunque molto, molto esatte: anche quelle che coinvolgono il Campo Polare vero e proprio, e le entità che simbolicamente e concretamente ne vengono a fare parte. Dico subito che la norma dei singoli rapporti è tuttavia tutta da definire, e che nulla è, per così dire, scontato. Saranno rapporti esatti e ai livelli che si dimostreranno veramente e univocamente agibili: non altro. Per ora questo è sufficiente. 28 giugno 2001
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I campi che attorniano insistentemente questo tuo stato non hanno alcuna ideazione che possa consentire un’interpretazione di certe letture, e conseguentemente sono in pesante difficoltà. Tutto quello che ascoltano appare nuovo e incredibile, e non riescono a seguire alcuna argomentazione. Ovviamente, questo loro stato non ti deve indurre ad abbandonare lo studio e l’approfondimento dei temi; al contrario, deve convincere le entità che sono in condizioni intellettuali e coscienziali molto, molto precarie, e che l’ignoranza dei principi informatori, che sono identici qui e là, compromette gravemente il loro stesso corso vitale. L’induismo ha immensi meriti, e un pregio fondamentale: conduce a meditare. La meditazione è, infatti, lo strumento principale per addivenire a un esatto giudizio sulla realtà dell’esistenza e sull’irrealtà che – ora come ora – l’affligge. In effetti, la vostra attualità è insieme “reale” ed “irreale” anche se riferita alla condizione naturale della creatura, che è vera in sé perché è frutto di una Volontà creatrice assoluta, la quale non manifesta campi illusori a Sé medesima. Illusorio è, piuttosto, il modo di configurarseli dell’ente emanato, se questi – anziché seguire la sua esatta configurazione esistenziale (Dharma) – si allontana dal Centro e si attribuisce stati ed ideazioni che nulla hanno di veramente reale perché non appartengono al Padre. Questo è il peccato principiale, commesso pariteticamente da Uomo e donna, cui segue il peccato di Sofia (per servirci della terminologia gnostica), che nega la Polarità basale e distorce l’Interità in false autorappresentazioni, necessariamente conducenti – se non corrette in tempo – all’annichilimento della stessa capacità percettiva. Il peccato di Sofia non appartiene propriamente, nel tempo attuale, alla dimensione di Malkuth che in forme attenuate, anche se nel concreto assai dure o tremende. Il peccato è piuttosto lo stato generalizzato delle zone sottili, sephirotiche secondo la terminologia ebraica, ma che qualificano l’Albero della Caduta e non Quello della Vita. Noi tuttavia abbiamo a che fare con il primo, e qui incontriamo la violenta possessività della donna priva di un’adeguata Idea portante da condurre a vita, e conseguentemente negatrice della Trascendenza, in particolare dell’Amore che ne è l’essenza. Anche se questa verità non piace alle femminilità di campo, essa è estremamente fondata proprio sul Giudizio di Dio, che è testimoniato da tanta parte della vera Tradizione esoterica, la quale – per essere tale – è sempre Rivelazione. Il massimo simbolo che qui occorre considerare è rappresentato dalla vita e dall’insegnamento di Gesù il Cristo, e da quella della Madre, Maria di Nazareth. Vita ed insegnamento per l’aspetto propriamente noetico dell’Atto salvifico divino, e dolore silenzioso per quello chaktico: il ché ci dice che la Manifestazione è costretta all’inerzia e al degrado, e che la divina Madre nulla può per i molti irretiti nella perdita del Centro, e poco per quanti non sappiano direzionarsi quanto più esattamente sia a loro possibile verso l’Amore del Padre, Kether o il Brahma. Il quale, diciamo per inciso, è oltre la configurazione Maschile/Femminile, perché entrambe le comprende e le trascende nel suo Mistero. 5
Il nostro assunto è semplice: ricondurre l’Idea basale alla comprensione e all’intelligenza delle creature che siano adeguate a comprenderla e ad esplicarla nel Piano emanativo. Poiché questo proposito urta contro l’ostinata opposizione della Femminilità esplicativa del campo globale, è a lei che si direziona la prima parte del mio progetto, e non nascondo che la protervia espressa dalle donne del piano eterico non mi sorprende ma mi addolora molto. Infatti, era sperabile che, col tempo, fosse a tutte evidente l’insostenibilità delle loro idee e la degenerata valenza delle loro intenzioni, e che molte sapessero ritrovare la propria principiale nobiltà senza arrivare ai limiti estremi di un imminente dissolvimento, logica conseguenza dell’allontanamento dei campi da un ente di tramite. In questo caso specifico l’azione delle donne del piano eterico è stata indirizzata non contro l’uomo in questione, ma piuttosto contro l’Idea di cui egli è portatore: ed allora il conflitto non è di donne contro la virilità, ma di donne contro Dio. E questo stato non ammette soluzioni differenti dal rigore, se non è mutato in tempi e in profondità. Donne: esse veramente non sono tali, ma la parodia e la degenerazione del loro genere. Gli “uomini” che tuttora – pochi, devo dire – sussistono in queste aree d’esistenza tali non sono, ma storpie caricature di quel che dovrebbero essere, effeminati e indistinguibili nel loro mentale dalle ex compagne, o piuttosto differenti soltanto per una più infima astuzia e un’astrazione concettuale tanto più marcata quanto più becera. Essi amano apparire come “maestri” a quelli che, senza un’opportuna istruzione e con molta approssimativa faciloneria li attirano su di sé: ma “maestri” non sono, e spesso facilmente si riducono al demonismo peggiore, in questo superiori alle femmine che disprezzano ed odiano. La configurazione dei campi è questa, e lascia ben poche illusioni. Le poche entità che hanno saputo trarre un qualche insegnamento dalle esperienze incontrate negli ultimi e svariati anni sono quindi preziose per tutte, e dovrebbero essere rispettate e onorate, non aggredite e confuse con una serie ininterrotta di malvagie induzioni. Colpire loro è tuttavia colpire me, e Io non darò né requie né spazio a quelle che ancora vogliono persistere in questo abominio. Le zone cosiddette “più elevate” sono dunque pervase da idee non adeguate a loro e a me, ma suscettibili di una sia pur faticosa chiarificazione. Solo oltre loro sussiste il vero Campo di Dio, semplice e luminoso, e là devono indirizzarsi.. Dico questo per il mio allievo, che a buonissima ragione può dubitarne se io non lo sostengo. Tutto questo, figlie, deve finire: in un modo o nell’altro. Non lo tollero più. A presto. 30/6/2001
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APPROFONDIMENTI SUI CAMPI Comunicazioni del Maestro La struttura dei campi eterici di tangenza deve essere compresa: non è una struttura semplice o facile, e qualche idea preventiva deve essere conferita, per mettere l’allievo in condizione di affrontare gli eventuali problemi di contatto senza incorrere in fin troppo ovvi fraintendimenti. Per comprendere la struttura di questi campi è utile ricorrere ad un simbolismo tratto dalla fisica elementare. I campi, infatti, si dividono come “molecole” in un insieme, qualificato da estrema uniformità ideativa e da altrettanto estreme tensioni. Queste molecole hanno – ognuna – una struttura gerarchica molto rigida e coattiva, e tutte costituiscono una sorte di piramide rovesciata, nella quale le personalità più egotiche e oscurate si pongono al “vertice”, e le altre si rendono esecutrici molto passive di qualsivoglia decisione che le prime intendano prendere. Nessuna libertà personale, nessuna iniziativa che esuli dalle direttive generali, nessuna tolleranza per opinioni divergenti: la struttura dei campi sottili è fortemente accentratrice e dittatoriale, coerente in questo con la loro idea principale, che “il potere è tutto”, e che “chi ha più potere – indipendentemente dal modo in cui se lo procura – è più alto e legittimamente impone la propria individuale volontà, che non ammette obiezioni”. Quest’ideazione contrasta direttamente, e dal principio della “caduta”, con quella dell’aspetto creativo dell’Assolutezza, che noi indichiamo come “Dio Personale”. L’Unità divina è il fondamento ontologico d’ogni emersione manifestante, e nell’Unità tutto è Brahman, Ain Soph o Nun: la Realtà qui è “nonduale”, ma quest’aspetto unitario non risolve – come più volte indicammo – l’assoluta Realtà, ma semplicemente il Suo Essere. Possiamo certamente, e a buona ragione, affermare che l’Essere è il fondamento dell’Esistere, ma non saremmo veramente precisi se ci fermassimo a questa convinzione, e per un motivo semplicissimo. Il Brahman è oltre l’Essere e oltre all’Esistere che pure ci svela, e che deve trovare in Lui una qualche ineffabile sussistenza; l’Assoluto è Ananda, sintesi dei Due Momenti reali, e noi possiamo arguire da quanto costatiamo con la nostra esistenza (atto di libertà divina completamente incondizionato) e dalla Rivelazione che l’Assoluto stesso ci dona, una sostanziale identificazione dell’Ananda con l’Amore. Così – conformemente al mandala rappresentato per noi oggi dalla vicenda cristica in particolare – riteniamo che l’essenza di Ain Soph sia Amore, e che tutto il Suo mistero sia in effetti quello dell’Amore, che è la Forza e la Immanenza di Dio in ogni aspetto del Suo Cit, in cui noi ci ritroviamo. Queste considerazioni pongono i campi sottili che interferiscono con noi fuori della Volontà che si svela nel momento emanativo, e nella quale è impossibile ritrovare i concetti di “potere d’uso e d’abuso”, di “gerarchia imperativa e coattiva”, 7
del “fine che giustifica i mezzi” e via dicendo. In altre parole i campi di immediata tangenza sono involuti, demonici nel senso riduttivo e oscuro del termine. Abbiamo più volte rilevato che il potere dei campi si fonda sulle condizioni coscienziali e autorappresentative di quanti (e sono i più) essi dominano, e che questo potere si annida ed agisce per mezzo delle strutture mentali dell’inconscio, che condiziona gravemente, in queste zone della Manifestazione, la normale consapevolezza. Cerchiamo dunque di comprendere le modalità di questo possesso generalmente subito, e - pur ripetendoci - individuiamo approssimativamente le vie della liberazione. Il mondo inconscio è mente, e mente coartata da noi medesimi e da altri a restare ignorata; conseguentemente è impossibile raggiungere una purificazione di quest’aspetto profondo, abissale del nostro campo interiore con la sola mente, anche se qualche sollievo può sembrare provenire da un’analisi intellettualistica approfondita. Per essere precisi, diremo che un siffatto tipo d’analisi non ha alcuna possibilità di raggiungere risultati seri e stabili, ma che essa si accompagna ad altro: a un desiderio di realtà, per esempio, o a una partecipazione altrui al nostro dolore che ci stimola e ci aiuta, destando in noi un desiderio di vita e d’armonia che preludono all’amore. Perché ogni vera analisi del campo inconscio esige un punto di realtà che è prima ed oltre la mente, e che noi identifichiamo nello Spirito: intelligenza del Reale che è Amore, intuito proprio con la nostra capacità d’amare. L’amore così inteso è in effetti la presenza, l’immanenza del Divino in noi. L’Amore, quando è tale e non le cose confuse con cui sovente l’invischiamo, è sempre partecipazione al Divino, alla Volontà del Padre. In tal modo l’Amore è sinonimo di Realtà, e quindi costituisce una coerenza con la Realtà ontologica che consente anche di penetrare nelle profonde strutture mentali che con questa base si dimostrino incoerenti. Consente di penetrare nell’inconscio, dissolvendo concretamente e praticamente le strutture che lo costituiscono e lo inaridiscono. La simbologia, più antica e più efficace, è quella della Luce che dissolve le tenebre. E’ simbologia veritiera, ma occorre - per comprendere il problema - sapere cosa sono veramente le “tenebre”, e quanto sia difficile rimuoverle. Le tenebre siamo noi, con il nostro passato: abbiamo solidificato e isterilito il nostro organo autorappresentativo fino al punto di renderlo irreale, simile e soggetto ad altre menti in più grave condizione esistenziale di fronte al Fattore Causale. La mente tende a riprodurre l’oggetto che si rappresenta, la concettualizzazione in cui s’identifica, e a mantenere questa struttura per direzionarsi nel campo esistenziale, soprattutto esteriore. Se questa puntualizzazione è incoerente con la Realtà, essa determina un ispessimento dell’organo autorappresentativo, un irrigidimento che lo falsifica e lo rende inerziale. La prima gravissima conseguenza sul piano fattuale è l’incapacità d’assorbire l’eterna Energia radiante della Volontà Divina, che crea e mantiene la Manifestazione come continuità ideativa d’Amore. L’isteresi mentale è conseguenza di un’insorgenza egotica che prevarica sul Sé e su Dio, e facilmente conduce a un’aberrante desiderio di compenso – energetico e ideativo – utilizzando le 8
stesse metodologie che l’hanno provocata: in altre parole, la situazione esistenziale peggiora costantemente perché cerca di risolvere il proprio problema con gli stessi mezzi che l’hanno generato. Occorre, ovviamente, ben altro. Le strutture mentali che così si sono prodotte tuttavia modificano a fondo la personalità, e consentono una gravissima intrusione a livelli profondi della psiche: intrusione fondata su consimili motivazioni, che sfrutta il proprio potere induttivo e che quindi sorregge e consolida i fattori negativi in sé e nelle proprie vittime, per un malinteso ma elementare bisogno di sopravvivenza. Il fenomeno è antico, e ha pervaso l’organo interiore (ideativo e autorappresentativo) oltre qualsiasi limite prevedibile da chi non ne abbia esperienza. Le strutture ideative sono state sostituite da una congerie di impulsi, desideri, frustrazioni, volontà di compenso e di rivalsa di tutti i tipi, generando rimozioni, razionalizzazioni, falsificazioni che, appunto, precipitano nella mente inconscia, rendendola una sentina d’oscurità esistenziale, dove tutto s’annida e s’avvelena. Questi sono i veri “veli di maya”, difficili da essere dissolti. Difficili: ma perché? Perché prima di tutto occorre trovare la propria base spirituale e, nello Spirito, la Volontà salvifica del Padre, che noi esattamente identifichiamo in Cristo. In altre epoche e civiltà Essa ha assunto differenti Nomi: Krisna, Osiride, il Grande Spirito, la Madre. Ma, sempre, è la volontà di Dio, che regge la propria Manifestazione per condurla, inevitabilmente e nel tempo che le creature scelgono, al suo fine. Trovare Cristo, l’Atma, è il passo fondamentale: il resto è esplicazione di questo Principio, e non è esplicazione semplice. Le strutture mentali che dobbiamo elidere sono profondamente innestate ad altre strutture, e sovente la loro esatta configurazione, ciò che includono ed implicano, ci sfugge. Per affrontare il nemico occorre individuarlo, comprenderlo e poi lottare, ed è per questo che il Maestro, il Testimone interiore è così essenziale: Senza di Lui, infatti, ogni tentativo è destinato a vanificarsi nella nostra insufficienza. Abbiamo più volte sottolineato che la Manifestazione appare nel Continuum brahmanico come LIMITE, in eterno spiegamento; se la Manifestazione non fosse essenzialmente un “limite in divenire” essa sarebbe identità col Manifestante, e non esisterebbe che Lui in una sua Idea. Ogni persona è in effetti la Manifestazione, ognuno è un microcosmo che riproduce in tutte le sue potenzialità e sovente nelle attuali strutture il Campo globale in cui s’evidenzia, così come la molecola di un elemento è in tutto simile al globale in cui l’identifichiamo. Questa correlazione dice l’indispensabilità, per ognuno di noi e sempre, del sostegno divino: di quel Cristo che mettemmo in Croce, e che dobbiamo far risorgere nel nostro stato. Noi vogliamo “salvare” il Salvatore, per consentirGli di salvarci. Il Testimone interiore, il Maestro, è un aspetto puntualizzato di questa Misericordia, in Sé trascendente ed immanente. Come dunque dobbiamo rapportarci con il Maestro? La Rivelazione e la conseguente esperienza soterica ci indicano le strade. Sono 9
quelle in primis dell’Amore, poi della Fede e dell’affidamento non passivo ma attento e deliberativo al Padre, tramite la Sua Misericordia ed il Suo Sacrificio. Solo il Maestro Atmico, infatti, conosce le multiformi strade che possono condurci, attraverso la selva oscura delle nostre situazioni interiori (base della percezione del campo) a un principio di chiarezza e di verità, che in particolare non è solamente individuale. Questo problema è immenso: noi siamo in un ambito di “caduta”, che è attuale e non passata, e che s’esprime con il potere ed il dominio veramente demonici sul nostro campo. Se tale è il globale d’appartenenza, la nostra liberazione deve necessariamente modificarlo, vincendone la spasmodica resistenza. Infatti, per duro che sia il nostro mentale, per oscurate che siano le nostre condizioni interiori, esse sono ben diverse – in genere – da quelle delle entità che ci assediano, affamate e vogliose di vita e di potere. Così il viaggio “in interiora cordis” finisce coll’incontrarle, e deve vincere la loro opposizione. Opposizione che si serve d’ogni mezzo (reperito in generale nella nostra stessa mente) per farci desistere dal tentativo, e per ricondurci in un ambito di soggezione quanto più possibile inconsapevole e totale alle loro brame. Perché questi veli di maya sono tanto ostici, e difficili da essere vinti? Perché lo Spirito deve guidare la Mente, e qui la nostra mente incontra i propri limiti più coattivi. La Mente senza lo Spirito è insufficiente, e destinata a soccombere; ma con lo Spirito ha una base reale, e – come dice Krisna ad Arjuna – inevitabilmente vince. Vince, ma deve combattere: combattere su due fronti, uno costituito dalle proprie stesse situazioni esistenziali (interiori ed esterne) e l’altro rappresentato dalle famigerate entità di campo, che tutto vogliono fuorché vedere indebolito il loro potere, e perduta la loro fonte energetica più diretta. Il conflitto con le entità non è semplice da essere descritto, perché coinvolge interamente la personalità fin nei più remoti recessi. Le entità sono infatti il nostro passato, e rappresentano in persona le stesse cause della nostra stessa caduta. Hanno quindi grandi e pesanti coinvolgimenti con noi, nel profondo, e toccano aspetti della nostra psiche che possiamo aver sempre frainteso o ignorato: così le loro strutture induttive sono sottili e penetranti, ed è davvero difficile individuarle e poi dissolverle. La loro resistenza (ed il nostro stato profondo) ci appaiono nel processo come barriere dure e temibili, difficili da essere affrontate e disgregate: difficili fisicamente. La mente appare per quello che è, un organo fisico dotato di forme statiche, capace di assumerne altre a volte con estrema fatica, e comunque carente in molti luoghi d’energia vitale: un organo dunque contratto ed inerte. I metodi allora devono essere adeguati ai problemi: apportare energia pranica con un profondo atto d'ascolto interiore e d'apertura ricettiva all’influsso divino, che è sì etico e di valori, ma anche ed essenzialmente concreto ed energetico. Poi i campi devono essere costantemente ritornati al Padre, e quindi condotti al Centro Atmico con un procedimento d’interiorizzazione il quale, appunto, s’impara con il Maestro e l’esperienza. Lì i campi incontrano la propria immagine, e si disgregano nelle loro falsificazioni ed intenzioni. Vengono rimossi? 10
La domanda è difficile: certamente vengono rimosse le loro strutture di dominio e le ideazioni – proterve e malevole – che le reggono. Ma certamente non è auspicabile che le persone si distruggano in questo processo, e che la loro redenzione sia dilazionata di eoni. Il Padre è Padre di tutti, anche degli innumeri figlioli prodighi che lo cercano e di quelli, ancor più numerosi, che lo crocifiggono: ora e qui. Conseguentemente l’atto soterico del Salvatore riguarda tutte le personalità che per una ragione o per l’altra vengono coinvolte nel processo, e questo stato di fatto deve essere la base della nostra ideazione nella ricerca della libertà. Un’ideazione esatta consente al Maestro l’esatto intervento; in mancanza Egli deve formulare le vie di un’adeguata istruzione, e guidare le esperienze al suo conseguimento. Molti degli equivoci che normalmente nascono fra l’allievo e l’opera del Maestro hanno qui la loro sorgente: il Maestro è sovente frainteso, e l’allievo si sente, si crede abbandonato. Ma proprio allora la Misericordia può sostenerlo, insegnandoli la vera Fede, oltre le apparenze del samsara. Il problema è complicato dalle entità di campo, che non perdono occasione per creare zizzania, dubbi e sospetti. Sovente impersonano falsissimi “maestri”, che con molta malignità cercano di portarci fuori del vettore cristico, sfruttando le nostre stesse componenti intellettuali e mentali. L’attenzione, che è ascolto profondo ed interiore, è indispensabile. La “caduta” ha generato nella nostra mente zone deviate, impulsi razionalizzati ed enormemente egoistici, tensioni ed insufficienze; ma ha determinato anche una serie pericolosissima e poco riconoscibile di falsi collegamenti fra le concettualizzazioni della mente, fra gli aspetti informanti del nostro tessuto interiore. Per usare la simbologia della tradizione cabalistica, i “sentieri” fra le sfere di consapevolezza sono stati cancellati o distorti, ed addirittura alcune sfere hanno prevaricato fortemente su altre. Come – per esempio – nell’ente maschile Hod prevarica fortemente su Netzach, e viceversa nella entità femminile. Un’ulteriore complicazione è data dalla potente carica sensuale e bassamente erotica di molte entità del campo di tangenza: esse non hanno in effetti idee sull’Eros e sulla Polarità che lo esplica, e confondono il desiderio e la libidine con l’amore. Tuttavia la “caduta” – che colpisce in primis il giusto rapporto fra uomo e donna – le ha private della naturale controparte virile, rendendole irrequiete e infelici. Quando incontrano un ente in fase di rinascita, esse provano un forte desiderio nei confronti delle sue capacità ideative ed affettive, e vorrebbero (coerentemente alle loro strutture interiori) dominarlo per possederlo e gratificarsi di tutto ciò che egli è: energie mentali, fisiche e perfino spirituali, per alcune. Infatti, non poche entità di campo sono più o meno oscuramente consapevoli del loro degrado (ed il processo iniziatico del resto le informa in proposito) e vorrebbero un sollievo o una soluzione in qualche misura favorevole. Questo è un principio in sé positivo, ma che urta contro l’opposizione dell’intero ambito d’appartenenza e trova pochi sostegni nella stessa loro interiorità. L’azione soterica deve considerare tutte queste valenze, per non sacrificare nulla di quello che possa obbiettivamente essere riportato al Padre. Ma l’azione soterica, giova ripeterlo, accade sempre tramite la Manifestazione e i suoi 11
enti, che devono agire come modalità del Padre: modalità però libere nelle scelte, responsabili delle loro azioni nel Suo sostegno. Non passive esecutrici d’indirizzi incompresi, dunque, ma figli e figlie vere. Qui il nostro discorso si fa difficile, perché gli ambiti coinvolti dalla “caduta” non sono soltanto quelli che possiamo considerare strettamente demoniaci o demonici. Ve ne sono altri. Per semplificare questo dolorosissimo ed enorme problema, diamo uno sguardo alla nostra attuale dimensione esistenziale, e ai conflitti di ogni genere che ci rivela. In nome di Dio le nazioni o le genti s’aggrediscono e si uccidono; in nome di Dio negano la gioia e la vita in ascetismi talvolta feroci, ed in particolarismi senza fine, e sempre in nome di Dio si eccitano alcuni al massacro di altri, egualmente Suoi figli. Senza il Nome di Dio poi si distrugge il pianeta, sacrificandolo agli idoli del profitto, del “progresso” tecnologico, e della proliferazione sconsiderata degli strumenti di distruzione. Con o senza il Nome di Dio si incrementa la popolazione del pianeta fino a limiti oggettivamente insopportabili nel tempo che verrà, ed anche adesso difficili da essere compensati se non con la miseria e la fame dei molti. Inutile continuare in quest’enumerazione. Basti però suggerire che quanto accade qui ha un corrispettivo nelle zone “sottili”, e che di conseguenza anche dimensioni tradizionalmente credute “alte” e “pure” possono rivelarsi fortemente ostiche o nemiche, alla prova dei fatti, della Via Mediana o Cristica. Quest’ultima annotazione è di grave momento. Perché dilata il campo dell’involuzione ad aree che si credono – perfino in “buona fede” – oneste. Ma ne riparleremo.
6-02-2006
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ENTITA' DI CAMPO Cosa sono in sostanza le “entità di campo”, ossia le femminilità di Yesod, che è il piano di più immediata tangenza ed interferenza con il nostro attuale? Non sono demoni, come fu molte volte supposto e creduto, specie dai mistici contemplativi che molto ebbero ed hanno a che fare con le loro pressioni. Il demone non è, in effetti, una persona. Il vero demone, ossia il principio del male, è un’entità puramente mentale, che è il frutto d’ideazioni degenerate, immensamente egoistiche ed aggressive. In effetti, questa formulazione non dovrebbe neppure essere indicata con il termine “demone”, che implica nella sua etimologia un principio dinamico cosciente e capace, almeno all’origine, di libere scelte. Il cosiddetto “demone” è un meccanismo psichico che ripete all’infinito la propria struttura, e che può agire nella misura in cui sia recepito dalle menti viventi e vitali di personalità vere: in tal caso, è una componente mentale potente e prevalente, che trasforma più o meno lentamente, più o meno rapidamente l’organo interiore in cui è stato inserito in quello che esso contiene. Questa è la confusione concettuale più diffusa: personalità un tempo nobili e belle si sono rese molto eguali alle più infime ideazioni del loro passato, restandone imprigionate a tal punto da non poter che agire in un senso praticamente automatico, diffondendo il dolore che le attanaglia. Sono chiamate “demoni” perché impersonano il frutto oscuro delle colpe personali e generali nel loro organo mentale. Ma il vero male, quello che condiziona senza scampo, è la costruzione coattiva e irreale che hanno dato alla loro interiorità, priva di spirito e ricondotta duramente al solo ego. Questa analisi indica molte cose, e ne esamineremo solo alcune per la loro diretta incidenza nel nostro sentiero di ricerca e di realizzazione: la prima è che, poiché ciò che noi indichiamo con il termine “demonismo” non è – in senso stretto – una entità emanata che sia degenerata, ma piuttosto l’esito consolidato della degenerazione, permane anche nella più involuta delle personalità un potenziale di rinascita, che tuttavia oltre un certo limite non può attivarsi spontaneamente ed esige l’apporto costante e preciso di un fattore “esterno”, che è la volontà salvifica e fraterna dell’Adam unita a quella, immanente, del Cristo, della vivente Misericordia di Dio. Le entità che noi qualifichiamo come demoniche sono persone che hanno a tal punto isterilito e rarefatto il loro mentale da non poter più, in alcun modo, percepire lo Spirito e il Testimone Interiore della loro esistenza, e che così hanno perduto la libertà della scelta. Questo stato impedisce completamente, per assenza di strumenti di sintesi e d’analisi adeguati, qualsiasi percezione del loro stato reale, che è avvertito secondo strutture mentali astratte e falsificate. Nessuno più di un mentecatto o di un folle è certo del proprio stato, che 13
considera forzatamente come l’unico vero. Così come nei casi di patologie a noi note il rimedio è nella riconduzione – se possibile – a strutture percettive e cognitive meno inesatte, capaci di rischiarare il senso della vita, nel caso d’entità soggette ad un decadimento involutivo l’unica via che possiamo tentare consiste nell’annullamento delle formulazioni concettuali ed intellettuali inadeguate alla persona, e la loro sostituzione con altre, capaci di dare un più esatto senso della realtà. Ovviamente, questo processo non è compreso da quanti credono di subire una violenza, e che sentono concretamente il dolore e la paura del dissolvimento delle loro componenti mentali: solo ad un certo punto dell’intervento essi potranno servirsi, molto inconsapevolmente, d’altre idee e d’altri collegamenti fra le medesime, con i primi risultati positivi. Il processo, lentissimo all’inizio, tende ad accelerare nel tempo, se non è interrotto, perché idee più precise si sommano ad altre non sbagliate, creando un tessuto interiore sempre meno statico e cogente. Ovviamente, solo con il pieno riconoscimento del proprio stato e della conseguente necessità di modificarlo in meglio è possibile raggiungere la “normalità”, e cioè una concreta aderenza alla propria realtà. Questo riconoscimento, una volta compiuto, apre la via alla libertà e alla scelta, perché rende la creatura sensibile e ricettiva all’amore di Dio, che si diffonde come la luce su tutti gli aspetti della sua esistenza: ed allora c’è rinascita e un nuovo cammino. Il problema è qui: condurre un processo esoterico capace di distruggere la stasi mentale e spirituale ereditata dai tempi oscuri – ed il relativo karma! – per consentire il giudizio e la scelta in un piano di realtà, con la conseguente azione conforme al Principio. Allora, quello che era sembrata un’inqualificabile violenza, una volontà di dominio e di sopraffazione appare per quel che è: un atto soterico del Maestro, che può essere compiuto solo se qualcuno, nel campo emanato, se ne fa parte attiva e mantiene le premesse. I campi di Yesod hanno una visione invertita della Manifestazione e del loro stato esistenziale: raddrizzarla è difficile, ma – se vi si riesce – è la risoluzione del dramma della “caduta”, ed il principio di un nuovo sentiero.
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I CAMPI – considerazioni riassuntive
La prima osservazione che possiamo fare circa il processo esoterico di recupero del proprio stato originale è questa: le entità che dominano il campo sono inconciliabili con il prosieguo del vettore cristico, e soltanto dopo un lungo e difficilissimo itinerario di purificazione, capace d'infrangere le loro istanze e tutte le loro volizioni è possibile tentare (con esiti attualmente non molto certi né sovente favorevoli) il recupero di qualcuna. In generale possiamo affermare che le entità di campo non consentono che un tragitto irto di difficoltà crescenti, e che il risultato dipende strettamente dalla capacità d’essere in Cristo di coloro che tentano il Sentiero Mediano, da Malkuth a Yesod. Inoltre dobbiamo rilevare – e non sarà mai abbastanza il farlo – che le ramificazioni inconsce determinatesi nel tempo lungo in ogni personalità che sia coinvolta in questo stato (troppo generalizzato davvero) sono estreme, profonde e di difficile comprensione senza un itinerario iniziatico, condotto in stretta empatia con un vero maestro Atmico, e cioè nella testimonianza di Cristo. Il problema principale è, come sempre affermammo, il mondo di Yesod, che incombe sul quello da noi normalmente vissuto. La nostra zona dimensionale è circondata da quella di Yesod, e non esattamente dallo Yesod della Luce, che esiste oltre quello immediatamente incombente. La situazione, a ben vedere, è esemplificata al di là d’ogni possibile dubbio dallo stato generale delle cose: invecchiamento, malattie, guerre, miseria diffusa e ricchezze concentrate, sfruttamento del debole a favore del forte, ed infine la morte, indicano un gravissimo stato di degrado. Le infinite razionalizzazioni che ne sono compiute non sono innocenti ed innocue sotto questo specifico profilo: le persone che le tentano si dimostrano sovente in vera buona fede, ma peccano d’ignoranza metafisica e di dogmaticità il più delle volte, subendo conseguentemente le sottili e sottilissime induzioni del piano sottile. Il campo yesotico è onnipresente, e di difficilissima comprensione senza un tracciato esoterico guidato e puntualizzato sulla sua emersione: qui il Maestro – che sia però il vero Maestro – è necessario come l’aria e l’energia vitale, o i fraintendimenti saranno inevitabili e porteranno tanto ad un rallentamento del processo soterico quanto ad una possibile perdita della volontà d’eseguirlo. I campi eterici vogliono soprattutto questo: affaticare gli allievi postisi nell’Ideazione primordiale al punto da indurli a ritornare in quella demiurgica, ben mascherata sotto le più mentite spoglie. Per quest’esito ogni mezzo è buono, anche quelli che offendono direttamente il Padre pretendendo di servirlo. E' questo infatti il più diffuso metodo in presenza di personalità capaci d’amore: indirizzarle verso un coacervo di deludenti esperienze, minarne la fede e la fiducia e convincerle che o Dio è inesistente o risulta indifferente allo stato umano. Se tale scopo è ottenuto, l’allievo 15
si riduce ad un cumulo di contraddizioni, inestricabili finché le subisce. Ed allora recuperare il proprio stato diventa cosa difficile, come tutta la storia dell’umanità insegna, inascoltata. Il mondo inconscio è formato da innumeri stratificazioni, e tutte – diciamo tutte – devono essere dissipate: o le entità manterranno il loro potere induttivo e coattivo, e la vita dell’iniziando ristagnerà nella ripetizione, a livelli differenti e certamente più ostici, di fatti, tentativi e insuccessi già vissuti. I metodi che devono essere adottati per uscire da questa stasi sono certissimamente difficili da essere enunciati, e richiedono sempre un’esperienza diretta per risultare compresi e quindi efficaci. Tuttavia possiamo enunciarne alcune caratteristiche fondamentali, che li qualificano agli occhi del Padre: La prima essenziale dote dell’esoterista è il profondo, cosciente, attivo affidamento a Dio, esattamente compreso come Amore di Tutto e d’ognuno. Raggiungere una sufficiente idea del Padre è cosa ardua e duramente ostacolata, che richiede quindi un tragitto non breve per essere attualizzata. Il processo operativo, che consiste nell’eliminazione delle storture mentali consce ed inconsce, richiede quindi un precedente tragitto conoscitivo, non semplice e non facile ma comunque meno arduo del susseguente. La mente è un labirinto se non si possiede il filo d’Arianna costituito dalla Fede, e la Fede nasce dalla volontà indefessa di essere “con” Dio in Cristo, la Sua Misericordia ed il Suo Sostegno: Se la Fede c’è ed è attiva, allora è possibile entrare nella parte esecutiva del cammino iniziatico, e confrontarsi direttamente con la “caduta” che tutti coinvolge, in Yesod ed in Malkuth di questo nostro comune stato. Cosa significa confrontarsi direttamente con la “caduta”? Significa riviverla in formulazioni sintetiche e simboliche, che tuttavia rappresentano esattamente situazioni già vissute, e tali da essere poi degenerate in un profondo allontanamento dal Centro Atmico. Esse costituiscono ostacoli non superati, momenti della mente che non hanno trovato il necessario supporto nello Spirito, e che quindi vanno affrontati per quello che effettivamente sono, quindi decantati e ricondotti alla realtà. Tutta la mente attuale ne è coinvolta, ai più disparati livelli. Ecco perché occorre massimo impegno, e una vera assidua costanza nell’apprendimento e nell’analisi interiore: il nemico è in principio ignorato, poi appare sconosciuto e quindi progressivamente compreso; e soltanto al termine di questo cammino può essere veramente vinto. Tuttavia occorre precisare qualcosa di fondamentale: la comprensione che conduce alla purificazione non è un semplice atto mentale ed intellettuale, il quale ne costituisce il presupposto ma non certamente l’essenzialità. Quest’intelligenza del reale è, infatti, sapienza interiore, spirituale e sintetica prima di diventare autorappresentazione analitica e veritiera; quindi esige per essere efficace l’esperienza di sé e dell’altro, condotta tuttavia in modi rigorosissimi e costanti. Altrimenti il tragitto diventa veramente ostico e temibile, e può anche distruggere chi se ne dimostri colpevolmente inadeguato. E’ un’ipotesi da considerare, perché il Maestro non s’avventura nel 16
trentaduesimo sentiero senza sapere che l’allievo può – se debitamente confortato e guidato – superarlo. Tuttavia il Maestro deve conferire l’esperienza dei “falsi maestri”, dell’inganno e della frode che hanno contaminato da troppo tempo il piano esistenziale in cui l’allievo si è collocato. Questo è compito impegnativo, perché oltre che distruggere le false rappresentazioni deve ricostruire quelle vere, dalla base il più delle volte, e modificare conseguentemente lo stato delle cose. Occorre qui sottolineare che tale cambiamento coinvolge il discepolo ed il suo campo generale, rappresentato – come sappiamo – tanto dalle persone con le quali egli è in più stretto rapporto che da quelle del mondo eterico, le quali non si collocano in un contatto normale perché penetrano con la loro mente nella mente dell’altro, determinando una sorta d’intimità segreta, pericolosissima e possessiva. Come abbiamo molte volte indicato, le entità di quest’ordine hanno carenze energetiche ed autorappresentative, e si nutrono della vita altrui, di quella che possono coartare e sfruttare. Quindi in loro il mantenimento del potere è fondamentale per la stessa sopravvivenza, e non vengono indotte ad alcun cambiamento senza il superamento della più dura opposizione, che è preconcetta, dissimulata e radicale. Il conflitto con i campi sottili è quindi inevitabile, e deve assolutamente essere risolto in positivo per proseguire verso le zone luminose della Manifestazione. Cosa significa allora, in particolare, “risolvere l’opposizione demiurgica”? Significa sciogliere i nodi e le strutture inerti, sclerotiche, dell’organo mentale per renderlo capace di un vero ed innovativo apprendimento, e questo fatto esige il confronto “sottile” di mente e mente, e la dissoluzione delle concettualizzazioni di possesso e potere. Significa, cioè, ricondurre l’ego alla sua vera funzione, e fondare la propria personalità sul Sé, nel Centro Cardiaco dell’intelligenza d’Amore. Il conflitto con i campi demiurgici accade quindi a livello d’autorappresentazione mentale ed intellettuale, ma ovviamente non si limita a questo: la sfera energetica e fisica ne sono ovviamente coinvolte, perché esse sono direzionate proprio dall’organo della discriminazione e della rappresentazione: la mente, appunto. Così il processo coinvolge l’interità dell’allievo, che qui appare come “microcosmo” in cui tutte le componenti del Macrocosmo d’appartenenza emergono. Conseguentemente occorre fare appello al Maestro dell’Interità, al Padre Creatore, per uscirne positivamente. La mente intrisa di false concettualizzazioni delle entità eteriche è sostanzialmente irreale, ma è ovviamente sostenuta da tutto il loro apparato energetico individuale e collettivo. Le entità sono duramente conflittuali fra di loro, e si strutturano secondo una logica di potere fondato sulla forza: ne deriva una struttura piramidale ed invertita, in cui le individualità più oscure ed involute finiscono col dominare le altre, condizionandole in profondità. La mente è lo strumento principale di questo dominio, possibile e sovente in apparenza intangibile non tanto per propria capacità quanto per l’inettitudine di chi se ne è reso succube. Le entità sono caratterizzate tutte da un’unica idea, che è brama d’affermazione egocentrica e di 17
possesso indiscriminato: appaiono quindi come un mondo monolitico, e il suo mutamento richiede insieme la capacità di infrangerne le strutture portanti e di scindere il vero dal falso, “il grano dalla gramigna”, tenendo ben presente che - se alcune personalità possono, ad un certo punto del processo, recuperare qualcosa del loro stato primordiale (nobile e bello) - la massima parte di loro ne sarà in grado soltanto in tempi lunghi e lunghissimi, e quindi non in un “presente” o in un’epoca facilmente opinabile. Ne consegue la necessità d’affidare tutti i campi eterici alla Misericordia Divina, che nella Sua onniscienza sa il come e il quando del recupero, ed il “dove” esso accadrà. Il problema è grave e richiede attenzione esoterica, non quella “comune”. Le difficoltà dell’allievo, psicologiche e fattuali, sono innumeri ed impreviste. Quindi l’esatto rapporto con il Maestro cristico è basilare, o tutto si ridurrà – come dicemmo – ad un labirinto pieno di vie inagibili o falsificanti. Non esiste altro metodo reale che si ponga fuori del diretto confronto fra l’Idea di Dio e quella demiurgica, e questa considerazione può suggerire la vastità del problema che consideriamo. Noi abbiamo conferito una visione globale del concetto di Manifestazione, delle finalità che esso implica e del Suo Autore. Ribadiamo che queste conoscenze sono necessarie per inoltrarsi nel trentaduesimo sentiero, e che questo tragitto, per ostico che sia, è inevitabile; questo è vero anche se esso può essere percorso in differenti modalità, dipendenti dalle condizioni interiori degli allievi e dai loro particolari rapporti con il Maestro ed il campo globale. Siamo, che vogliamo o no, che lo sappiamo o no, nel campo della “caduta”, dominato dal “demiurgo”. Ciò significa che tutte le nostre percezioni dell’ambito esistenziale sono state alterate, e che il dolore e la fatica di vivere esprimono prima di tutto uno stravolgimento della Realtà, letale se non vi si pone rimedio. Il ciclo, così com’è attualmente attivo, non corrisponde alla Volontà del Padre, e ogni sua razionalizzazione – da qualunque parte provenga – deve essere specificatamente discriminata e superata. Questo non è il Mondo di Dio, ma quello che esprime il nostro allontanamento da Lui: può dunque essere ricondotto alla propria verità solo ritrovando la Paternità divina, immanente in ognuno di noi ed in tutta l’Interità, della quale noi saremmo i “custodi”. Ma questo è un altro discorso. 13-12-2001
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I CAMPI DI CONTATTO Comunicazioni Il problema che voglio ora esaminare non è, come mi è richiesto, quello del rapporto fra Io e Sé, ma l’altro, che concerne i campi di contatto o, meglio, d’intrusione. Questi campi non sono facilmente rimovibili, come del resto è stato ampiamente costatato. Sono campi tenacissimi, che lottano – malamente – per la loro sopravvivenza come “poteri”, e che non vogliono in alcun modo rinunciare alle loro prerogative: dure, talvolta infime, ma “loro prerogative”. Tuttavia non possono reggere più che a livelli sempre meno efficaci, e addirittura inefficaci nella maggior parte dei casi; quelle che ora ti disturbano, e non poco, sono le ultime, praticamente ai confini estremi della sfera di tangenza. Hanno preso molte decisioni contraddittorie ed altre ne vorrebbero prendere, intempestive e aleatorie per loro stesse. Sono comunque in fase di modifica o di riassunzione in un altro ordine d’esistenza, lontano da qui: devono fare i conti con la Realtà che è, per quanto a loro non piaccia, quella che viene indicata nel Nome di Dio e non quella che loro vogliono imporre. Adesso le peggiori sono lontane; non scomparse, ma emarginate, e tali devono restare. C’è sempre qualcuna che fornisce alle meno gradevoli l’energia sufficiente per un temporaneo recupero, ma ora sanno che, appunto, il recupero è illusorio e che questo sforzo conduce soltanto a un indebolimento personale, anche molto grande e doloroso. Fra poco, direi che può essere questione di giorni, questo periodo si consumerà, e resterà soltanto il brutto ricordo di un tradimento perpetrato fin nelle più infime intenzioni, in tutto simile a quello che condusse l’Adam fuori dal Volere del Padre. Ma questa volta è finita in modo differente, esattamente contrario all’altra: non se ne danno pace, è vero. Ma tant’è. Cosa può portare un processo, sempre molto lungo nel tempo, di fatica di delusioni e di ricerca? Non è facile dirlo, perché molte cose sono tuttora in sospeso, altre in forse e perfino in una fase di rigetto. Ma certamente conduce in un campo di entità molto belle e nobili, che hanno ovviamente alcune intenzioni non attuali né attuabili in questo periodo, e che tuttavia io considero con attenzione e con qualche compiacimento. La donna che apparve nel sogno non era Iolea, ma un’altra, e un’altra è quella che si è fatta intravedere lieta e felice nella sua evidente gioia. Sono strane, le entità di questi campi ben più dolci e più sereni dei primi, i quali appaiono in effetti praticamente oscurati al limite del demonismo vero e proprio. Sono entità piene di voglia d’incontro e di rendersi a uno stato che loro stesse non sanno ben definire, ma che dovrebbe essere molto dolce e lieto. Qui occorre prudenza, perché esse, che hanno molte capacità e un’indubbia esattezza morale, ben poco o nulla sanno dell’Eros, da cui sono fortemente attratte. Parlo dell’Eros e non certo di libidine o sensualità spicciole, come lo erano e sono le altre. Queste donne amano la 19
pace, e sono determinate a difenderla a tutti i costi; ma la pace, la vera Pace con la “P” maiuscola è nell’amore del Padre, è nella Volontà di Dio: la quale volontà non cerca l’integrazione assoluta in cui tutto scompare nel Sé Supremo, ma l’integrazione che ravviva e salvaguarda l’atto creativo, tanto a caro prezzo sostenuto e difeso dal Cristo. Quindi al più presto esamineremo il concetto di “Pace”, e lo faremo con la loro tacita presenza e affrontando le loro insistenti preoccupazioni: un figlio, è un uomo, e per loro gli uomini sono apportatori di guai, sempre. Ma ovviamente non parlano di “allievi”, ma di uomini più o meno comuni, e sovente non poco annebbiati nelle loro istanze e nelle loro ideazioni. Un uomo comune sta ad un allievo di Cristo come un buco sta ad un monte, e questo lo devono comprendere oltre le loro paure. Devono anche comprendere cosa è l’ansia che sottilmente le attanaglia, nei suoi aspetti ricettivi di oscurità passate e non dimenticate, più rimosse forse che elise, ma che tuttavia non posso considerare tuttora temibili in modo troppo incisivo; ed occorre che capiscano il senso del il loro attuale momento, che è quello di un imperfetto affidamento a Dio: momento difficile da superarsi, perché è il passato nella sua immanenza, che potrà comunque essere completamente risolto proprio con questo processo. Bene: ascoltano e sono completamente perplesse, ma comunque molto meno tese. A preso, figlio. 16-10-2002
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I CAMPI SOTTILI Comunicazioni Le considerazioni in precedenza fatte sui campi sottili in cui operano entità di tutti i tipi, ma che in genere – nel primo contatto – sono di tipo fortemente involutivo, devono essere a questo punto del sentiero (il trentaduesimo del Glifo) completate. Normalmente si crede, piuttosto acriticamente, che le entità che vengono in evidenza con un processo d’interiorizzazione e con l’acquisizione di capacità ricettive, prima inesistenti, siano giuste o quantomeno non nemiche. Facilmente si attribuisce loro l’appellativo di “maestri”, e addirittura scambiando per principi virili o trascendenti delle “femminilità” che sono al contrario esplicative di una volontà sepolta, decisamente avversa al concetto di “Dio come Amore” e alla fraternità fra principi intelligenti. Occorre allora fare alcune precisazioni, che dovranno essere poi costantemente completate ed approfondite, ma che costituiscono la base di un sano processo esoterico. I)
Le entità che appaiono in un primo momento sono come le “braccia” o le “mani” di altre, le vere detentrici del potere. Hanno poca autonomia operativa, e sono fortemente condizionate tanto al livello conscio che – ed è il peggio – a quello inconscio. La conoscenza del loro vero stato è difficile, perché esse si oppongono e sono obbligate ad opporsi ad ogni tentativo di comprensione profonda da parte dell’esoterista. In ogni caso non dicono mai quello che sono e vogliono, anche nei ristretti limiti in cui ne siano effettivamente a conoscenza.
II)
Le “detentrici del potere” si organizzano su base fortemente e coattivamente gerarchica, e impersonano nella loro globalità – ristretta ma potente – il vero demiurgo, responsabile in prima persona della caduta dal piano reale a quello illusorio, dove tuttora ci dibattiamo.
III)
In stragrande numero le entità che s’evidenziano in un processo esoterico sono “femminilità”, e i principi maschili sono sempre in forte minoranza: non assenti, ma pochi. La donna di queste zone li considera poi con estremo sospetto e con molta paura e risentimento, e cerca in ogni modo di strumentalizzarli ai propri fini. L’esito di questo perenne conflitto è tuttavia incerto, perché le femminilità di campo non hanno le capacità razionali e razionanti dei loro “ex-compagni”, che sovente riescono ad esercitare un potere induttivo a loro insaputa, plagiandole secondo particolarissimi e poco nobili scopi.
IV)
La finalità delle entità di campo, tanto femminili che maschili, è il potere. Potere incondizionato e strettamente individuale, che non ammette interferenza ed è disposto a tutto, veramente a tutto, per mantenersi. Gli enti maschili 21
vogliono dominare le femminilità per antica rivalità ed odio, e per potersi servire delle loro capacità esplicative, enormemente superiori alle proprie; le “donne” vogliono l’uomo al loro libito, sia sui piani sessuali sia su quelli ideativi. Infatti, le entità di campo femminili hanno grandi difficoltà a servirsi dei propri strumenti concettuali e immaginativi, e si rivolgono – sia pure con rabbia e diffidenza – agli enti per supplire a questa deficienza. V)
Tanto gli aspetti femminili che maschili hanno un punto in comune: la necessità di approvvigionarsi d’energie sottili, e quindi di dominare i campi che si rendano suscettibili (il nostro comunemente lo è) di controllo e di plagio. Il “nemico” comune è Colui che è Amore, il Padre nella sua Misericordia, Sostegno e Sacrificio. Dio è comunemente frainteso perché viene creduto, se è creduto, solo sotto il profilo dell’onnipotenza senza freno né limite. Questa concezione consente di razionalizzare il potere come uso e abuso dell’altro ogni qualvolta sia possibile, ed il fine giustifica sempre i mezzi adottati. Ne deriva un campo titanico in perenne conflitto, dove i più deboli costituiscono la riserva energetica dei più malvagi, e tutti vengono indirizzati al dominio capillare delle zone dell’Interità che – colpevolmente – aprano porte a queste dimensioni, fin troppo vicine. Così le entità che vengono solitamente e superficialmente contattate possono apparire dominanti e dotate di grande autonomia decisionale, mentre non sono che le esecutrici di ordini imperativi, che per loro provengono dall’alto, dalla zona delle cosiddette “madri”: il “demiurgo”, ben individuato dalla gnosi dei primissimi secoli dopo Cristo. Le entità di contatto sono disperatamente protese alla raccolta d’energie praniche dovunque possano reperirle, perché esse stesse ne sono costantemente private; in effetti, funzionano come canali energetici a favore delle dominatrici. Occorre ripetere una cosa molte volte detta: più ci si allontana dall’Idea Basale di Manifestazione e più riesce difficile o impossibile ricevere l’energia radiante del Padre, con conseguenze d’estrema decadenza per le zone involute. Il loro dramma si diffonde tuttavia come un contagio, in quanto la frattura dal Principio è diffusa in questi ambiti e nel nostro, troppo incline a condividerne per scelte ed induzione – le caratterizzazioni più negative.
VI)
L’azione del demiurgo deve essere compresa: per prima cosa tende ad interdire le capacità percettive delle sue vittime, attuali o potenziali, limitandone l’autorappresentazione. Questo plagio deforma di per sé l’ambito esistenziale, ma è solo il principio dell’inquinamento: infatti, le entità demiurgiche, più o meno tutte, scaricano sulle loro vittime le proprie compulsioni, carenze ed insufficienze a livello mentale inconscio, ricavandone sollievo ed energia. L’azione comporta un mutamento del tessuto mentale, concettuale ed intellettivo, naturalmente in peggio: l’effetto rende assai più docili gli enti plagiati perché più simili ai loro padroni, ma ha un conseguente rimbalzo. Infatti, la decadenza delle zone resesi inconsapevolmente di “sostegno” alle dominatrici crea una penuria energetica che produce sofferenze, malattie e 22
morte, con onde emotive violentemente scompensanti anche per coloro che ne sono una delle principali causanti. Si verifica così un “circolo vizioso” che, alla lunga, determina il crollo delle zone coinvolte fino al limite estremo dell’autodistruzione. VII) Le entità di campo sono infelicissime: dure, spietate, ingannevoli al più basso grado ma infelicissime. Anche se molto inconsciamente, esse sono disperate e terrorizzate dalle proprie condizioni vitali: questo le può però rendere inflessibili nella difesa delle proprie condizioni attuali, oltre la stessa induzione che le rende succubi di altre. La paura della morte, che non è rara neppure in queste zone, è oscura e feroce. Cambiare questo stato delle cose è azione teurgica, tra le più ardue e difficili che si possano tentare. VIII) Le entità di campo sono “donne”, e da tempo immemore non hanno rapporti
adeguati con l’uomo. Gli uomini di questi ambiti sono, infatti, enormemente degenerati e tutt’altro che inclini ai rapporti con l’altro sesso, considerato con estremo disprezzo “inferiore” e nemico. C’è una diffusissima omosessualità negli ambiti eterici di Yesod, di questo Yesod ben lontano da quello reale. Molti degli aspetti che vediamo diffusi nel nostro pianeta trovano la loro radice attivante nell’immanenza dell’altro. Insistiamo tuttavia su di un punto fondamentale: nulla potrebbe essere qui se non ci fosse una disponibilità “nostra” all’arbitrio e al potere. IX)
Disponibilità che è, come possiamo facilmente constatare, molto diffusa, diremmo capillarmente diffusa. L’attaccamento alle cose, agli esiti dell’azione, al dominio che procura compensi ed ingiuste gratificazioni egotiche dona l’amaro frutto della “caduta”: il dolore crescente e – in apparenza – inevitabile ed inarrestabile.
X)
Le donne del campo eterico sono fortemente protese alla sessualità, ma non hanno alcuna idea sull’amore. Questo le rende temibili sotto qualsivoglia profilo, anche perché esse cercano di lucrare di emozioni e percezioni non loro ma fortemente indotte nei succubi. Ancora più pericolose sono, o sarebbero, se possono entrare con la loro forma nell’ambito di particolari personalità capaci d’attirarle e di rendersi fortemente desiderabili. Naturalmente siamo in un campo di magia evocativa, che nel caso peggiore richiede tutta l’energia vitale del succubo per essere compiuta, e con esiti infausti. Ma esistono altre potenzialità, rare e perseguibili soltanto in un vettore teurgico fortemente qualificato e centrato nell’Amore del Padre.
XI)
Le entità di campo, alcune e non tutte, possono essere “recuperate” all’Idea Principiale. Il processo di recupero è difficile e richiede molto tempo, perché deve distruggere le ideazioni involutive (sempre sostenute dalle “madri” con feroce determinazione) e rendere contemporaneamente più adeguato l’organo autorappresentativo, la mente/intelletto/io, rifondandolo sullo Spirito, ossia sull’intelligenza del Reale. 23
XII)
Il metodo è eguale e contrario a quello che le entità del demiurgo hanno da tempo immemorabile adottato: eguale, perché agisce sulla autorappresentazione, e contrario perché la forza invocata è quella dell’Amore, che appunto è la vera base della coscienza di sé. Il fine è opposto: non il potere ma l’empatia, la coscienza dell’unità sostanziale della Manifestazione attuata per tutto il campo di percezione, quello che costituisce il nostro “prossimo”. Quest’azione soterica non conosce eccezioni, e va condotta a tempo pieno con il vero Maestro.
XIII) L’unico criterio per identificare il Testimone, l’Istruttore del Sé, è l’amore:
amore in Dio, in Cristo. L’esperienza insegna i metodi e le direzioni, se è profondamente affidata al Centro spirituale con costanza e con fiducia; ma l’esperienza deve anche creare gli “anticorpi” alla caduta, e quindi si scontra con la caduta. Infatti, soltanto in tale modo possiamo darci un’immagine sufficientemente precisa del nostro stato e delle causanti, elidendo le sovrapposizioni mayaniche della mente e ripristinando l’originaria semplicità. Inoltre il cammino soterico considera lo stato delle entità così come il nostro attuale, e cerca di ricreare le condizioni – presenti o future – di un possibile riscatto. Dio è, infatti, Padre di tutti, e non solo di pochi eletti: anche se dei molti cui Egli tende le mani solo alcuni risponderanno con qualche esattezza. XIV) L’esperienza dei campi sottili e delle entità che li abitano rende ragione dei
“veli di maya”. I “veli” sono le condizioni, oscure e imprevedibilmente dure, delle menti coinvolte nella caduta, e solo un cammino esoterico può far conseguire questa specifica e fondamentale consapevolezza. In nessun altro caso come in questo l’esperienza è maestra di vita, e il superamento del trentaduesimo sentiero conferisce questa basilare conoscenza. Ricordiamo che tutto nella Manifestazione è Mente, e che la Mente è l’organo autorappresentativo del Sé che è la vera essenza della personalità, e che costituisce il “ponte” fra il Divino e l’umano. Ricordiamo inoltre che il Padre si rende “Persona” in Cristo per sostenerci e condurci nel suo Campo, che è di vita vera e reale. XV)
I campi di tangenza, per ostici che ci appaiano, non sono arbitrari: essi rappresentano un indefinibile “passato” comune, che ha portato noi e loro su differenti piani esistenziali per un abuso, un delitto che venne perpetrato in vari momenti della nostra storia. La “caduta” NON è unica: alla prima, che infranse l’unità principiale, ne seguì una seconda, tuttora in atto. La seconda caduta vede il tentativo del demiurgo, teso ad ostacolare l’azione salvifica del Padre in ogni suo figlio, e compiuto contro l’amore che è Cristo. Noi siamo nell’ambito di questa problematica, e nella zona particolare in cui una scelta vettoriale può essere positivamente o negativamente compiuta: o con Dio o contro Dio.
XVI) Il tragitto esoterico non può essere tentato senza il Maestro Atmico: ogni
soluzione dei problemi esistenziali è, per rendersi veramente efficace, teurgica. Data la situazione dei campi e la loro reciproca interferenza non sarebbe, 24
infatti, agibile alcun altro metodo, e il fallimento dei movimenti che pretendono di fondarsi esclusivamente sull’uomo e su una certa “fraternità” ne è la controprova. Tuttavia questa considerazione non è che l’applicazione al nostro peggiore problema esistenziale di un principio generale: la Manifestazione, che è limite, non può in alcun modo reggersi senza l’Illimite che la determina. La volontà delle entità eteriche, di configurarsi senza Dio, provoca l’involuzione autodistruttiva dei campi e la necessità di una difficilissima rinascita con Dio. Recuperare il Padre dopo la perdita di Eden significa cancellare il passato nel suo momento di caduta, e far risorgere Gesù e Maria nel nostro campo esistenziale, per sempre. XVII) Il concetto di gerarchia va inteso: la gerarchia implica un ordine funzionale ad
uno scopo, e in questo caso il nostro è l’attualizzazione di una dimensione reale, e cioè d’amore. I mezzi devono essere coerenti con il fine cui tendono, e tutte queste considerazioni ci confortano nell’affermare che la gerarchia deve essere fondata sul valore concreto (in sintesi, su Cristo), strettamente coordinata – nei modi e nel tempo – al risultato che ci prefiggiamo e comunque attualizzata in modo impersonale, per il bene comune. Mai e poi mai la gerarchia deve identificarsi con un potere individuale, e costituire uno stato formalizzato di dominio; conseguentemente l’accettazione dello strumento gerarchico non può togliere ad alcuno la fondamentale libertà di scelta e di coerenza con il Principio, il ché dice che l’atteggiamento dei partecipanti ad una struttura gerarchica è attivo e mai di accettazione passiva di un “ipse dixit”. È il Valore il vero vertice della gerarchia, e nel nostro vettore il Valore s’identifica con l’Amore. XVIII) Le entità di Yesod sono esecutive della volontà delle altre, che si collocano
“gerarchicamente” nelle rimanenti sfere del Glifo, che ora ci rappresentiamo come struttura psichica ed intellettuale del campo manifestato. Poiché il campo oscuro rappresenta un’inversione dei valori, possiamo con qualche approssimazione ritenere che le entità di Yesod siano più suscettibili delle rimanenti di un reintegro nell'ideazione fondamentale, nell’Amore di Kether. Esse con molta probabilità furono al principio le vere custodi degli aspetti formali della Manifestazione, le Sorelle maggiori, guida e lume per le molte direttamente sovrintendenti agli aspetti concretamente esplicativi dell’Idea, intuita nella sintesi polare. La Manifestazione della caduta è un’inversione di termini, è illusione sclerotica e meschina che si sovrappone all’Idea di Dio come una coltre di sedimentazioni. Il karma, tremendo effetto dell’arbitrio, si puntualizza nelle ideazioni distorte, nelle falle energetiche che queste ultime causano con le conseguenti attività. Risolvere la caduta è di conseguenza distruggere le sue concettualizzazioni ed il relativo karma, tanto a livello ordinario che inconscio. Possiamo con sicurezza affermare che se in un individuo del nostro ambito la mente inconscia può raggiungere il novanta o novantacinque per centro della mente totale (il cinque o dieci per cento è 25
effettivamente mente consapevole, e non oltre), nell’ambito di questo Yesod l’inconscio raggiunge la quasi totalità della mente globale, rendendo praticamente nulla la libertà personale. Questo fatto ci informa sulle difficoltà che un recupero di Yesod implica: solo nella guida e nel sostegno di un vero Maestro l’impresa può essere tentata, e l’esito deve essere strettamente lasciato a Kether, senza alcun nostro attaccamento. Solo così, infatti, qualcosa potrà rinascere e ritornare ad una vita naturale. XIX) Occorre guardaci dai falsi maestri e dalle infinite simulazioni e menzogne dei
campi oscuri. L’inganno e il tradimento sono gli strumenti ordinari per vanificare dall’interno le resistenze di coloro che vogliono restare uniti a Dio, togliendo a loro la fiducia e la speranza. La seconda caduta, quella che ora e qui dobbiamo affrontare, è provocata agli uomini e alle donne dell’Elementale Terra in questi modi, ora come negli innumeri eoni trascorsi. Quello che le entità involute non sanno comprendere è che esse stesse appartengono all’Elementale Terra, in Malkuth ed in Tiphereth, perché la Terra è la sintesi di tutte le Sfere, e quindi tutte le coordina ed armonizza. Considerare l’Angelo della Terra come l’ultimo in valore fra gli Angeli del Pleroma emanato è prima di tutto fraintendere se stessi come vivente Volontà divina, e negare Dio nella sua Manifestazione: il ché è un assurdo in termini di logica. XX)
Le entità di campo, anche se il campo è involuto, mantengono – in molti modi e con rilevante approssimazione – la bellezza del Principio, almeno fino al loro definitivo Kali-Yuga: quello che segue a una non recuperabile scelta contro il Padre. La bellezza dovrebbe essere la rappresentazione simbolica e sintetica di un contenuto, di un valore agli altri enti di un campo esistenziale, e possedere così un significato sostanziale. Nell’ambito della caduta le cose non sono coerenti con questo principio, ma solo in apparenza: non sono coerenti con chi è coinvolto, laddove il liberato può effettivamente - se il Maestro lo consente vedere le forme come sono e non come credono di essere. Tuttavia la bellezza delle entità, specie femminili, è salvaguardata e difesa finché in loro sussiste un principio di libertà, effettivamente attualizzabile: è dono d’amore del Maestro, ed insegnamento profondo sulla Sua natura. Se meditato e compreso.
XXI) L’unico atteggiamento veramente costruttivo ed attivo in questa contingenza è
rappresentato dalla FEDE. La Fede dà sostanza alle speranze fondate sull’esatta intuizione della Volontà di Dio, anche se il tempo della loro attualizzazione giustamente non ci appartiene: è, infatti, il tempo delle scelte nella libertà, che ogni personalità deve imparare e rendere concreta. La Fede è anche il fondamento di ciò che non si può ancora comprendere veramente, perché di un tempo futuro e forse remoto, ma comunque reale in Dio. XXII) Le entità di campo, femminili o maschili, non hanno idea di Dio, di Fede e
d’Amore, praticamente a nessun livello. La comunicazione, specie se mentale, con loro è conseguentemente impossibile senza il sostegno e la difesa del Maestro Atmico. Esse assumono molte e differenti configurazioni, perché 26
vedono nella mente (conscia ed inconscia) i desideri, le intenzioni e le carenze dei loro interlocutori, anche inconsapevoli. Molte delle concettualizzazioni “elevate” che esse sembrano offrire sono lette più o meno direttamente nell’interiorità dell’altro, e astutamente elaborate. Occorre quindi una costante comprensione e pietà, ma anche una ferma e precisa intenzione di non lasciarsi sedurre o irretire dalle loro trame. XXIII) Non tutte le Forme-Pensiero che si incontrano in un tragitto esoterico nella fase
preliminare o preparatoria alla vera iniziazione sono tuttavia di questi campi involuti. Possiamo incontrare, oltre al Maestro, anche personalità evolute o addirittura luminose. Ciò che tuttavia importa è sempre questo: devono entrare in rapporto con noi tramite il Maestro, e permanere con il Maestro. L’individuazione del vero Maestro è dunque il fattore più rilevante del cammino esoterico, sotto qualsiasi profilo. Data la condizione globale della nostra zona dimensionale e dei campi che l’attorniano il problema sarebbe insolubile se il Maestro non fosse nel vettore cristico, non rappresentasse una Sua modalità. Cristo è attento ad ogni stilla d’amore che incontra nel suo campo, e non abbandona nessuno, nemmeno le più basse fra le entità involute. Egli vede oltre l’orizzonte di questa Manifestazione, e si limita al "nostro" orizzonte per difenderci con la nostra stessa libertà, che sostiene sempre: anche quando sembra scomparsa nell’abisso dell’ego e del dolore.
6-02-2006
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IL SENTIERO ED IL CAMPO
La Manifestazione è, nel suo momento ontologico, Unità, pura Unità: tutte le differenziazioni che essa presenta sono, o meglio dovrebbero essere, una puntualizzazione dell'unità, con reciproche e profonde inferenze. Questo principio, vero di Volontà trascendente, non corrisponde all’attuale struttura del campo formale, ed ora analizzeremo brevemente le cause del fenomeno, le conseguenze ed i possibili rimedi. L’unità del mondo creato implica – abbiamo detto – profondi collegamenti, nessi reali e concreti fra gli elementi formali che lo costituiscono. Altrove abbiamo osservato che i corpi (e qui alludiamo in particolare alle strutture fisiche delle persone) sono contemporaneamente rappresentazioni dei contenuti e strumento di relazione con tutto il campo d’appartenenza.. Questo fatto suggerisce che nell’Ideazione principiale “tutto” il campo - nelle sue innumerevoli puntualizzazioni dovrebbe risultare in reciproco rapporto, secondo le qualificazioni particolari, a livello concreto, formale; e che i giusti nessi fra entità ed individualità di tutti i generi siano la “normalità” del Mondo manifestato. Noi sappiamo che non è questo lo stato delle cose. Sappiamo che esistono universi coscienziali e fisici non direttamente percepibili, ma conoscibili in primis al solo livello mentale, poi a quello intuitivo e solo al termine di un difficile processo riconducibili a contatti veri e propri, a tutti gli effetti e in modi tangibili e naturali. La struttura originaria è semplice. Esiste un ambito autorappresentativo che trova la sua più alta e completa evidenziazione nell’Adam della Terra, nell’uomo e nella donna al loro reale livello di consapevolezza. L’uomo e la donna, in altri termini, costituiscono la coscienza più alta e sintetica dell’Interità, ed in questo sono ontologicamente paritari, senza alcun riferimento particolare alle modalità in atto nel momento che consideriamo. Ci spieghiamo. Ovviamente, nel campo di Adam, esteriore ed intimo, esistono molteplici livelli di coscienza: tuttavia tutti dovrebbero essere in concreto collegamento – de visu et de facto – fra loro. Tutti appartengono ad un’ideazione unitaria, che nelle sue espressioni di vertice, anche odierne, è ben consapevole dell’identità sostanziale e delle differenziazioni strutturali di quest’identità. In quest’ottica chi è più in “alto” non si sente certo un dominatore, migliore per natura od origine di chi sia più in “basso”: ma semplicemente, secondo i casi, un compagno di cammino, un istruttore, un sostegno ed un aiuto in vista di una futura – prossima o lontana – autorealizzazione comune. Chi è in “alto” è cioè al servizio degli altri meno realizzati, ed i concetti di “alto” e “basso” sono conseguentemente riferibili soltanto alle capacità effettive della coscienza individuale, e non certo alla Realtà che la determina: Realtà una, che si 28
fonda e s’identifica nella Volontà dell’Emanante, al quale tutti, in un modo o nell’altro, in una forma o nell’altra, apparteniamo. Se fra uomini e donne esistono differenze fondanti, se nell’ambito dell’umanità constatiamo diversi gradi di emancipazione, ciò non toglie (né mai dovrebbe togliere) che i reciproci rapporti esigono d’essere improntati al senso dell’unità, dell’eguaglianza e dell’appartenenza ad un vettore comune, ad un’Idea principiale sintetica ed omogenea. La Manifestazione, l’Interità (somma di tutte le “Manifestazioni” in atto) non mostra oggi queste caratterizzazioni e queste strutture fattuali, e questo stato delle cose non corrisponde all’Idea basale. Essa è dunque inquinata da una deformazione - da una “sovrastruttura” - che la rende “irreale”, poiché l’unica realtà è quella voluta dal Principio Informante, che noi siamo soliti chiamare “Dio”. Possiamo chiederci legittimamente perché tutto questo sia accaduto, e nella nostra ricerca di una risposta plausibile ci sostengono i testi sacri, antichi e simbolici, e conseguentemente di non facile lettura. I testi Sacri che, in quest’ottica, sono il Verbo di Dio, ci parlano di un’hybris, di un’empietà commessa dalla creatura contro il proprio Creatore, dalla quale deriva l’insorgenza di un’area illusoria e dolente, che si sovrappone a quella principiale deformandone la percezione: la maya dell’Emanazione. Precisiamo qualcosa. L’uomo e la donna non possono “offendere” il loro Creatore che in se stessi, nel Tempio vivente del Suo amore che essi rappresentano. L’offesa diretta a Dio è impossibile, perché il limite non può erigersi contro l’Illimite ad un grado che sembrerebbe implicare una certa parità coscienziale. Il limite (l’Adam) può invece ledere l’Illimite nel Suo atto emanativo, in quel campo di realtà/immagine che il Padre vuole nella sua Coscienza (Cit), e nel quale Egli “sospende” ogni Sua interferenza diretta per lasciare alla creatura ogni possibile libertà di scelta e di conseguente autodeterminazione. E’ proprio in questo campo evidenziato nella continuità divina che l’entità vivente può commettere abusi ed arbitrarietà, rendendosi così una ferita dolente per il suo Creatore. Per uscire da questo stato occorre conseguentemente che la creatura ripristini in sé il proprio stato originale, il fondamento. Solo così, infatti, essa può ritrovare il nesso unitivo con il Principio, con il Padre; il Padre è tuttavia tutto l’esistente, è presente in concretezza ed in realtà nell’Adam e in tutte le forme che questi incontra nel suo itinerario esistenziale, dall’atomo alla galassia. Quindi il ritorno allo stato naturale della nostra vita implica il rapporto esatto con tutto il campo che ci possiamo rappresentare, uomini e cose, animali o elementi al loro stato più semplice, e cioè più potenziale. Riaffermiamo allora due cose: che lo stato originale della Manifestazione è perfettamente unitario, e che l’unità implica la consapevolezza dell’immanenza di Dio in ogni aspetto della nostra esperienza esistenziale. Diciamo inoltre che la frantumazione degli stati e dei valori – quale oggi constatiamo – è violazione del Principio dal quale siamo noi stessi costituiti, e che 29
quest’arbitrio va corretto con tutti i mezzi ora a nostra disposizione o potenzialmente attingibili. Dobbiamo specificare poi che questo compito – essenziale ed urgente – ripristina di per sé il senso concreto dell’unità del Tutto, ed è agibile partendo dall’intimo delle coscienze, collegandoci per quanto ci è possibile con le personalità e le individualità (uomini e donne, entità comunque viventi e “cose”) del nostro ambito vitale. Quest’attività normalizza (riconducendoci all’origine della Vita) il nesso fra l’Uomo ed il Padre, fra il mondo creato ed il suo Creatore. Una tale affermazione può sembrarci eccessiva, perché la nostra conoscenza del Campo è limitata ed imperfetta, e l’impresa ci appare enorme. Occorre dunque aggiungere qualcosa, per averne migliore comprensione. Il Campo esistenziale del nostro tempo è relazionato a più stadi, rappresentanti zone di vita differenziate fra di loro, e al punto che alcune di esse non hanno alcuna consapevolezza di altre, le quali non sono necessariamente più emancipate ma che certamente si sono rese dominanti. Il fattore di ignoranza dello stato concreto dell’Interità consente molte cose, e cioè innumeri abusi. Le zone che hanno potere possono coartare e possedere molte aree, inconsapevoli della loro presenza, e con effetti deleteri sia per le une che per le altre. Il rapporto fra zone dimensionali è, in quest’ottica, non propriamente “formale”, se per “formale” intendiamo il contatto fisico fra gli enti. Qui il rapporto ha la mera “forma mentale”, con tutte le conseguenze del caso. Infatti, un rapporto siffatto raramente ha a che fare con la mente conscia, e moltissimo – per oscuri motivi – con quella inconscia. Nell’inconscio, una mente che sia adeguata a tanto, può facilmente penetrare. Il problema dell’inconscio, tanto nelle zone eteriche quanto nelle persone viventi in questo nostro ambito, è di difficile comprensione. L’inconscio, che rappresenta normalmente il 90/95% della mente complessiva, è un contenitore di cose differenti, che qui possiamo soltanto accennare. In senso positivo, esiste nella mente inconscia tutto l’infinito potenziale che possiamo evidenziare nel percorso vitale, inteso in senso autorealizzativo. Inoltre troviamo in queste profondità fattori assai particolari, come – per esempio – certi nessi estremamente forti con alcune persone, e capacità perdute che devono essere riprese, modulazioni poste alla radice delle nostre particolarissime qualificazioni attuali, ricordi positivi e negativi, antichi o recenti. I primi, i positivi, verranno col tempo restituiti alla reminiscenza, i secondi solo in quanto possono costituire una base per il retto comportamento odierno e futuro, dando ragione degli esiti deleteri e temibili di ogni abuso compiuto. Nella mente inconscia però c’è ben altro, che costituisce la negatività intrinseca ad ogni personalità. Esiste prima di tutto il “karma”, che è il frutto delle azioni arbitrariamente riferite all’ego e non al Sé. Il karma può essere tanto “positivo” che apertamente negativo, ma in entrambi i casi implica un atteggiamento egocentrico molto deleterio. La sussistenza del karma è poi di due tipi: il karma statico consolidato, che modifica 30
il campo esistenziale odierno e futuro, ed il karma dinamico non ancora espresso ed in probabile fase d’emersione, che è comunque un potente fattore di squilibrio fisico e psichico. Nel primo caso (karma statico) s’evidenzia il fenomeno dell’accumulo, con effetti futuri che possono rendersi devastanti e che sono in grado di ripercuotersi sulle vite successive, le quali sono appunto determinate da quest’accumulo e dalle propensioni mentali che lo sostengono. Il karma in atto è cagione degli eventi, soprattutto lesivi, della nostra esistenza; è di difficile risoluzione perché implica una situazione non semplicemente “personale”, ma anche “globale”. Il discorso è difficile: Il karma personale si collega sempre con quello globale, che in quanto tale non è solo della nostra dimensione abituale di esistenza, ma di tutte le zone che hanno una qualche tangenza – diretta od indiretta – con noi, con la nostra stessa individualità. Possiamo quindi affermare che il karma personale interagisce con quello generale determinandone le valenze, accrescendole e conducendole ad evidenziarsi nel nostro campo d’esperienza. Rimuovere il karma personale è allora incidere anche su quello globale, nella nostra zona ma anche in quelle che abbiano contatto ed interessenza con noi. Qui s’incontrano le massime resistenze, tali da indurre molti asceti a considerare il karma consolidato come ineluttabile, irremovibile nella nostra vita. Non è conclusione esatta, perché in Cristo tutto può essere purificato, tutto può venire risolto; ma, ovviamente, la fatica è grande, e richiede un atto di decantazione interiore continuo e profondo, il quale esige (ripetiamo: esige!) la Fede, l’unità vera e concreta fra la creatura ed il Creatore. Così come ora e qui possiamo darcela. Il karma, infatti, o potenziale o consolidato che sia, si risolve solo nell’Amore. Frutto dell’assenza (nella nostra rappresentazione vitale) di Dio, solo in Dio e con Dio trova elisione e rasserenamento. Questo è appunto il compito che noi ci proponiamo: ritornare a Dio per eliminare la negatività presente nei campi vitali che costituiscono il nostro “prossimo”, e ricondurci così al suo Atto principiale di manifestazione. Come, naturalmente, sappiamo e possiamo. Il karma è dunque un effetto condiviso da molteplici strati dell’Interità, e non solo tipico del nostro. Rileviamo ancora che esso consente il contatto fra zone dimensionali anche assai lontane, che vi ritrovano un punto di somiglianza, di contiguità. Ciò indica che il nostro karma negativo, e le formulazioni mentali che l’hanno cagionato e lo mantengono, attira le personalità che possiedano un tipo “simile” (non proprio identico, ma simile) di autorappresentazione, e con conseguenze nefaste per noi e per loro. L’involuzione, i cui semi sono purtroppo ben presenti nella nostra mente, ci collega con l’involuzione, e provoca linee distorte di contatto. Queste linee sono particolarmente pericolose e temibili, perché consentono a chi ne sia capace di dominare la mente più indifesa, e plagiarla in molteplici strutture fondamentali. 31
Non è affatto detto che la mente più indifesa sia anche la più decaduta, anzi. La mente più indifesa può essere assai meno oscurata della dominante, e il potere - che quest’ultima dimostra - non è che una sopraffazione concessale, molto colpevolmente, dalla prima, allontanatasi da Dio e quindi da se stessa. Il discorso è lungo, perché costituisce un’analisi di quell’evento che diciamo “Caduta”, e che ha rappresentato il tradimento di Dio in Cristo, perpetrato dai Suoi figli in continuità. Tradimento che ha provocato la frantumazione della personalità in zone differenziate e fra loro disarmoniche. Disgregazione della personalità, nel “piccolo” e nel “grande”, ecco la “Caduta”. Nel “piccolo”, è la perdita del Sé e la conseguente identificazione con l’ego. Ne deriva la separazione delle tre zone che dipendono dal fattore principiale (lo Spirito), e del quale dovrebbero essere l’esplicazione, da quest’ultimo. Lo spirito è intelligenza di Kether, è Amore: le tre guaine scisse dal loro Centro perdono la propria vera realtà, e quindi s’avviano a una più o meno lenta involuzione. Ma anche il “grande”, l’Interità, è persona, se la consideriamo nella sua essenza. La disgregazione dell’unità nel “grande” è tremenda, perché allora tutte le zone che sovrastano il Regno, Malkuth, si rendono conflittuali con lui e fra di loro. La “Caduta” non appartiene soltanto all’Uomo/Donna, enti non più reciprocamente polari. La “Caduta” diventa un fatto generalizzato, che investe ampie zone della Manifestazione, e che finisce col coinvolgere anche le strutture più ricche di potenzialità in cui essa s’esprime. In questa prospettiva il problema e le responsabilità personali appaiono immense, soprattutto se – potendolo – rinunciamo ad operare in senso costruttivo, e se non cerchiamo con le nostre forze, sorrette dal Padre, di tornare al Principio in Eden. L’inconscio appartiene dunque tanto a noi che a quelle persone che siamo soliti chiamare “entità di campo”, e cioè appartenenti al campo globale di tangenza con la nostra sfera. Esse sono individualità simili a noi, esistenti nelle zone cosiddette “eteriche”, “sottili”. Sono immanenti, presenti ed attive. Agiscono principalmente attraverso il nostro inconscio, ed in primis per stabilire dei punti di contatto e d’interferenza, con i quali – poi – esercitare un dominio a loro esclusivo vantaggio. E di dominio ne hanno un impellente e costante bisogno, perché l’Energia di Dio è difficilmente percepita nelle loro condizioni. E’ percepita al limite di sopravvivenza, perché il Padre sostiene nella attesa di un possibile futuro reintegro, che tuttavia è generalmente impensabile senza il sostegno della parte più sana della zona coinvolta nella “Caduta”, e la cosa è comunemente fraintesa e razionalizzata. Ma tant’è. Per averne comunque un’idea tradizionalmente esatta basta leggere alcuni passi del Corano, dove il dramma è ben delineato anche se, ovviamente, in formulazione sintetica e simbolica. Il dominio è un mezzo per procurarsi energie ritenute altrimenti inagibili, per risolvere problemi in modo sbrigativo e con estremo danno per l’altro, il dominato. Il 32
dominio corrompe drammaticamente chi l’esercita, sempre. Il “ciclo breve” (il nostro ciclo vitale) è conseguenza di quest’atto di sopraffazione e di plagio: lo sottolineiamo per dare un esempio molto eclatante. Il nostro decadimento fisico e sovente psichico è l’effetto di quest’ideazione egocentrica, e delle azioni conseguenti, enormemente distruttive. Le entità di campo hanno ridotto un’enorme area della loro mente complessiva allo stato inconscio, e ben più di noi. Sono quindi esse stesse ricettive delle distorsioni presenti nel campo globale, e quindi anche delle nostre; più raramente, percepiscono i fattori positivi che ci sappiamo dare e mantenere. Il loro inconscio le mette poi in reciproche relazioni abnormi e deviate, e le riduce ad uno stato di perenne conflittualità intestina che, pur evidenziando le più dure e spietate ai vertici di un’oligarchia gerarchica, le rende tutte egualmente fragili, e sempre meno adeguate alla sopravvivenza. L’immenso, durissimo conflitto sussistente nelle zone eteriche non può che ripercuotersi sulla nostra area, e ne possiamo vedere dovunque le conseguenze deleterie, se lo vogliamo. Ma neppure noi siamo senza colpe precise: specie se, potendolo, rinunciamo a affidarci al richiamo di Dio, all’Amore che – nel Figlio – chiama il nostro amore. Inutile sperare che i campi di tangenza ordinaria si rendano amichevoli e collaborino per un fine comune. Semplicemente non possono farlo, per le cause complesse qui appena accennate, almeno prima che “qualcosa” non le obblighi a rinunciare a tutto il loro passato, ed alle strutture mentali ed intellettuali di potere che si sono date. I campi sephirotici di comune contatto non sono arbitrari: sono le evidenziazioni del nostro passato. Questo è un assunto d’enorme momento, perché implica che le entità hanno legami particolari ed intimi con la nostra esistenza, nessi che ovviamente (trattandosi di aspetti autorappresentativi) appartengono alla mente. La mente: è il vero problema della Manifestazione, ed insieme la sua bellezza e la sua forza. La mente contiene, infatti, le puntualizzazioni “formali” del nostro mondo interiore e dell’esperienza di contatto con quello esterno: puntualizzazioni innumeri, che dovrebbero essere esattamente collegate le une con le altre per formare un quadro complessivo e dinamico. La struttura del Glifo delle Sephiroth è sotto questo profilo molto illuminante ed indica le “Strade” che collegano fra loro le “Sfere” di coscienza in modulazioni armoniose, equilibrate al Centro Atmico. Ma il Centro Atmico è la presenza di Kether nella Sua manifestazione: Tiphereth è, infatti, sotto l’immanenza diretta di Dio nella Triade Causale. 33
Da dove provengono allora queste puntualizzazioni, queste concettualizzazioni e questi simboli che sono la vera base della conoscenza e del giudizio? Provengono dall’esperienza esistenziale, null’altro che dall’esperienza di sé e dell’altro: e sono esatti se esatta è l’ideazione che poniamo a fondamento della nostra esperienza. Altrimenti, no. Quanto abbiamo ora affermato ci indica che l’esperienza è la base dell’autorealizzazione, ed è il solo fattore capace d’evidenziare e d’attivare le potenzialità vitali che abbiamo ritrovato nell’inconscio, come contenuti virtuali del nostro Sé. L’esperienza è la causa generatrice delle formulazioni mentali, e conseguentemente l’esattezza dell’esperienza è essenziale per il nostro processo emancipativo e realizzativo. La giusta esperienza è dunque la dinamicità capace di rimuovere il limite attuale, determinando un ampliamento delle nostre attualità e portando a svelamento le potenze che vi si ritrovano. Qui possiamo considerare la Manifestazione come Idea di Limite in progressiva chiarificazione. La creatura è, sotto quest’angolo d’osservazione, un “limite in dinamica espansione”, che la rivela a se medesima, al campo d’appartenenza e - in ultima e prima analisi - a Dio. La nostra conclusione ci assicura che Dio Creatore e Padre non vuole sapere le scelte, le decisioni dei figli prima che siano compiute; che rimette a loro, alle loro esperienze sostanziali, lo svelamento della Sua Idea Principiale d’emanazione, nei suoi indeterminati, infiniti aspetti. L’assunto dice altro. Ci dice che la Forma della Manifestazione è quella che la creatura (globale ed individuale) si dà tramite la propria vita, e che questa Forma è esatta nella misura in cui essa è capace di riflettere la fondamentale Volontà dell’Emanante: Kether, o Brahma, o Ra. La fondatezza di quest’affermazione non è di natura semplicemente umana: è Rivelazione del Maestro, e come tale va sempre considerata. E’ inoltre la precisa, tragica motivazione dello stato attuale di questa zona dimensionale, troppo distorta da un’autorappresentazione (globale ed individuale) deviata dal Principio. L’Adam, negli uomini e nelle donne, è dunque il fattore essenziale e autorappresentativo della Manifestazione, capace di coinvolgere tutto quello che in essa si ritrova, e la sua responsabilità nelle attuali matrici del comune dolore (di uomini e di cose) viene ad essere pertanto totale. Il dolore nasce, infatti, da rappresentazioni mentali profondamente inesatte ed arbitrarie. Nasce da un abuso nell’esercizio della facoltà di scelta, che non avviene in Dio ma nel proprio ego. Cosa ne deriva? In primo luogo che l’aspetto globale, genericamente condiviso nella nostra ed in altre aree, è sostanzialmente “irreale”. Irreale perché scisso dalla volontà che si manifesta a Se Stessa come Universo creato. Irreale perché il dolore, la sofferenza e la morte non appartengono a Dio, ma sono piuttosto la spaventosa invenzione di Adam nel suo allontanamento dalla propria 34
verità. Un altro dato da analizzare (anche se per adesso molto succintamente) è rappresentato dal fatto che la situazione di Adam nei confronti del Campo è duplice. Possiamo considerare, infatti, Adam nella sua totalità, ed allora egli s’identifica con l’Interità, con la somma di tutti gli atti creativi del Padre. E’ un’idea incommensurabile, che soltanto nel Padre può essere veramente intravista o parzialmente compresa. In un senso più puntuale. L’Adam è però la sintesi degli Uomini e delle Donne, sia che essi si ritrovino nella loro dimensione reale (il vero Pleroma, il Mondo degli Archetipi costruttori), sia che s’allontanino da essa, diventando “caduta” e sofferenza. L’Adam denota attualmente questi due aspetti: quello pleromatico, in cui recupera il suo valore, la sua funzione e la sua missione; e quello demiurgico purtroppo diffuso in molte zone dimensionali, in cui egli fa esperienza dell’effetto cogente e distruttivo dell’arbitrio e della colpa. Nelle aree offuscate, di conseguenza, l’Interità non appare come essa “è” e dovrebbe evidenziarsi, ma piuttosto come maya, maya decaduta e rovinosa, ben lontana dalla vera Maya che è l’Idea di Creatura perfetta, o in altre parole la capacità informante ed informata della Madre, la Suprema Chakti. L’Uomo, l’Adam, possiede di conseguenza una valenza fortemente incompresa nella puntualizzazione della Forma della Manifestazione. Egli è il Principio di Tramite voluto dal Padre nei due momenti polari, uno sintetico (virilità storica) ed uno analitico (femminilità concreta). In altri termini, l’Adam è nei confronti della Manifestazione l’Elementale “Fuoco”, è lo Spirito dell’Interità nei riguardi di tutte le altre formulazioni che vi si ritrovano: vita animale, vita vegetale, elementi ancora allo stato prevalentemente potenziale quanto all’autocoscienza, come l’irradiazione energetica, l’aria (anche etere), l’acqua e la terra fisica. Essere lo “Elementale Fuoco” implica molte cose, prima fra tutte la necessità di una interazione esattissima fra i due momenti dinamici da cui è costituito, la Virilità e la Femminilità. Di qui l’esigenza di comprendere ed attualizzare il Principio Solare e poi quello polare del campo esistenziale, senza il quale non esiste l’Elementale nella sua precisa configurazione. In caso contrario, c’è conflitto, caduta e sofferenza. Inoltre la natura di Adam è quella di essere una modalità libera, cosciente ed operativamente autonoma del Padre. Tutto questo implica che l’unione fra il Padre e la Creatura è essenziale, e deve essere recuperata e mantenuta. La caratterizzazione principale di Adam è dunque quella (peraltro già compresa in quanto abbiamo testé detto) d’essere “Immagine” del Creatore, e quindi di potersi 35
autodeterminare nel Suo campo (il Regno) con completa libertà di scelta e d’autonomia nella conseguente realizzazione dei suoi contenuti. In altro momento esamineremo più a fondo questi dati, che nulla tolgono all’Adam ma che, al contrario, l’arricchiscono infinitamente. L’Elementale Adam - Fuoco-Spirito nei riguardi del campo esistenziale – denota anche altre specificazioni. L’Adam è responsabile dello stato della Manifestazione, tanto nei riguardi del Manifestante che di se medesimo; particolarmente responsabile nei confronti di ogni aspetto vivente (dotato quindi in varia misura di un principio attivo d’autocoscienza) che possa incontrare nell’Interità. Questa responsabilità è immensa: soprattutto verso le vite del mondo “animale”, che alle volte sono davvero molto avanzate nelle loro capacità autorappresentative. Ed è immensa anche nei confronti di tutto il potenziale implicito nell’attualità della Manifestazione, la quale è – giova sottolinearlo sempre – Vita, ed in ogni suo aspetto. Sottolineiamo quindi che la vita esiste anche negli elementi più semplici: vita nella attesa di configurarsi in altro modo, di crescere e di comprendersi. Tutto questo è però impedito dall’offuscamento in cui è Caduto l’Adam, e con effetti karmici pesantemente distruttivi. Se il Kali-Yuga emergerà, sarà causato proprio dall’accumulo karmico, non più accettabile da Dio. La riflessione gnostica ha donato alla nostra conoscenza l’idea di “Demiurgo”. Cosa è dunque il Demiurgo? Il Demiurgo (che la Gnosi sovente identifica con il Dio veterotestamentario) è l’ideazione dei vertici delle zone astrali, condivisa a vari livelli di fraintendimento da tutto il mondo pleromatico decaduto e recepita in larga misura anche nella nostra dimensione. Occorre intenderci. L’Uomo, nella sua globalità, è l’elementale Fuoco nei confronti di tutta la Manifestazione, dell’Universo di cui noi siamo parte. Ed è contemporaneamente il “punto di sintesi” del Mondo Pleromatico, esemplificato nel simbolismo della Terra, del Regno, in cui tutte le Sephirah dovrebbero ritrovarsi ed armonizzarsi. L’Uomo di Malkuth, della Terra intesa specificatamente come “nostro pianeta”, non ha tuttavia le capacità d’inferenza con il campo esistenziale che possiedono invece le entità del piano sottile, appartenenti ad universi collaterali anche enormemente involuti, ma sempre abili ad agire a molti livelli, con decisione ed incisività. Il difetto di queste interferenze è questo: esse sono rivolte alla loro particolare tutela, alla conservazione di uno stato di per sé deviato o quantomeno inesatto, che conseguentemente degrada verso un collasso inevitabile. Le ragioni di questa situazione sono tanto antiche quanto numerose, ma tutte hanno condotto alla frantumazione dell’unità polare, del rapporto reciprocamente attivante che deve intercorrere fra la Femminilità e la Virilità. La conseguenza di 36
questo stato di fatto è l’incapacità di Adam – coinvolto in troppe zone nella “Caduta” – di fungere da tramite della Volontà creatrice all’Interità, e il conseguente degrado delle Forme dell’Emanazione. Il processo vitale permane, ma privo di una base di realtà. Il Demiurgo propriamente detto è l’oligarchia postasi al vertice delle zone astrali, ed è costituito dalle entità, in larghissima maggioranza femminili, che popolano gli universi paralleli incombenti su Malkuth, il Regno. “Incombenti”, sottolineiamo. E che ignorano d’essere essi stessi il “Regno”, di dover essere Tiphereth in necessaria empatia con Malkuth. Anche in questi Mondi c’è stratificazione e conseguente estremo conflitto intestino, come molte volte dicemmo. L’idea di base qui dominante è espressa dal tessuto gerarchico delle Sfere sephirotiche, che conduce inevitabilmente al prevalere delle “detentrici del potere” su tutte le altre, costrette a loro volta a prevaricare sulle zone ancora ricche d’energia vitale perché ancora capaci d’amore sincero e di ricerca della Verità. Il Demiurgo, e l’ideazione di potere che lo contraddistingue, è il problema della Manifestazione, che possiamo risolvere soltanto nel Segno di Cristo, con il Suo sostegno e la Sua e la nostra fatica. Non dobbiamo desiderare di distruggere il Demiurgo e le persone da lui dominate: dobbiamo al contrario sperare di ritrasformarli in Donna vera, in Uomo esatto. L’annientamento non può mai essere ipotizzato come soluzione del problema esistenziale: sarebbe involuzione, ricezione della stessa ideazione demiurgica nella nostra ricerca, i cui metodi e mezzi devono essere coerenti con il fine che ci proponiamo, il recupero dell’Ideazione principiale di Vita. Il Demiurgo e le sue zone devono essere ricondotte al Padre e, data l’oscura situazione dei campi di tangenza, quest’azione soterica non può che iniziare, ed essere sostenuta, nella nostra zona attuale, e cioè dalla Sfera sephirotica di Malkuth. Il discorso porta lontano, e le difficoltà sono comunque enormi perché la zona eterica si oppone duramente ad ogni tentativo in tal senso: per brama di potere, ma anche per incapacità di comprendere, per disperazione e paura. Occorre quindi, nel Maestro atmico, saper ritrovare la capacità, la direzione e la forza per modificare le linee induttive e mentali incessantemente direzionateci contro dalle aree demiurgiche, e che sono costantemente recepite dal nostro inconscio. Il fatto di non avvertirle che nel corso di un processo iniziatico è poi di semplice spiegazione: la prima induzione di plagio oscura la nostra capacità di percepirne l’effetto, d’avere l’intelligenza del nostro momento storico, disarmandoci di fronte al predominio delle entità di campo. Esse sono abili nel cogliere i punti d’analogia che esistono in noi, a livello profondo; sono abili nell’attivarli penetrando nel nostro campo ideativo di scelte e di volontà. Ma non possono mantenere alcun potere se gli enti di Malkuth si rifanno al Principio, al Cristo inteso come Pietà, Misericordia e Sostegno alla nostra comune esistenza. In questo caso, infatti, le entità astrali devono relazionarsi non con l’Adam della 37
Terra ma con il Padre tramite il Figlio, perché il Figlio – il Cristo – è la presenza di Kether nella Sua Manifestazione, e cioè nella nostra autorappresentazione personale e globale. Questi principi vanno compresi e conducono lontano. Dicemmo poc’anzi che le personalità astrali interferiscono incessantemente con la nostra vita non a caso, ma per antiche ragioni. Dal nostro comune passato emergono nessi unitivi profondi, fondati su remoti eventi e su immensi dolori. Nessi dunque non armonici, ma generalmente carichi di risentimento, di desideri di rivalse e di prevaricazioni, di volontà di razionalizzare il proprio stato rimuovendo e falsificando i ricordi e le situazioni, di ricevere una vita riflessa che sostituisca la propria. Come è ovvio, le entità che sanno mettersi in contatto medianico con le persone della nostra zona sono sotto lo stretto controllo di altre, per scopi non svelati ma che certamente non possiamo accettare o condividere. Quest’omertà diffusa rende le entità di campo inaffidabili e pericolose, dissimulatrici delle loro vere intenzioni e costrette talvolta ad agire in modi molto difformi da quanto loro stesse vorrebbero. Le donne di Yesod sono “linee” di potere in mano ad altre, “fili”, come talvolta le dominatrici ammettono. Ed allora il nostro primo impegno è quello d’annullare queste condizioni di soggezione, e di ricondurre le personalità ad uno stato di libertà sufficiente per compiere una prima scelta d’affidamento al Maestro, e poi di recupero della propria antica identità. Il compito è pesante, e non certo agevolato dalla nostra ignoranza degli stati effettivi, in tutto ed in particolare. Quindi occorre, con l’Istruttore, poter comprendere la vera situazione in cui le cose si trovano, ed agire di conseguenza. Possiamo affermare che la psicologia delle entità di Yesod differisce enormemente dalla nostra consueta, ma tende ad imitarla superficialmente; e che in queste condizioni scindere il vero dal falso risulta molto, molto difficile, e può essere fatto soltanto da coloro che, attivando le proprie capacità intuitive e spirituali, sanno “sentire” prima di rappresentarsi la realtà di un dato. In questo compito gli uomini sono genericamente più abilitati delle donne, data la loro naturale tendenza alla sintesi sul piano dei valori e delle verità: mistici, filosofi od artisti possono “intuire” oltre l’intelligenza puramente intellettuale, intuire con “l’intelletto d’amore”. Cosa è dunque quest’intelletto d’amore? E’ l’intelletto/mente/io fondato non su se medesimo allo scopo di comprendersi e comprendere il campo fenomenico, ma sullo Spirito. Lo spirito è, infatti, la pura intelligenza di Dio, di Dio come Amore. La frantumazione dell’Interità nasce dalla perdita di Dio, e cioè della vera intelligenza di Dio. Nasce dall’incapacità d’amare. Il problema della Manifestazione è dunque quello del reintegro nell’Ideazione Principiale, che noi crediamo sia l’immanente Volontà del Padre affidata ai figli per la sua esplicazione, e cioè l’amore del Padre verso al Sua creazione. Interpretare quest’amore è conseguentemente nostro compito fondamentale, così come lo è il renderlo poi attivo ed operativo. Giova a questo proposito ricordare il fondamentale testo ermetico – la tavola di 38
Smeraldo – che esprime la Legge di Corrispondenza, e che in sintesi dice: ”Quello che è Alto è come quello che è Basso, e quello che è Basso è come quello che è Alto, a formare il mistero della COSA UNA”. Questa Legge costituisce un criterio interpretativo generale, sempre applicabile e sempre fondante. Giova qui aggiungere che la suddetta formulazione è valida per il Campo emanato e non per l’Emanante. Se la consideriamo, infatti, nel Piano Causale la Legge dice così: “Ciò che è alto E’ ciò che è Basso, e ciò che è Basso E’ ciò che è Alto, nel Mistero dell’identità d’Unità e di Differenziazione nella Trascendenza Pura”. La trascendenza Pura è Brahman, è Ain Soph, Nun; ed è Ananda, Amore e perfetta Gioia. Il reintegro nell’Idea fondamentale è però molto, molto difficile, e addirittura arduo. Questo fatto, che tutti i mistici ed i ricercatori conoscono bene (ci basti pensare alla caverna di Milarepa, alla Notte Oscura di Santa Teresa d’Avila, alle grotte di Francesco d’Assisi), dipende dalla particolare struttura del nostro campo d’esperienza ordinaria, e cioè dalle caratterizzazioni che constatiamo in questo attuale ambito di esistenza. Dante conobbe il problema, e lo esemplificò nel processo salvifico delle Tre Cantiche. Prima di raggiungere la zona del reintegro – là, dove egli incontra la vera Donna e dove è compiutamente salvato – occorre che vinca le porte dell’Inferno, le orrende porte che evidenziano la lontananza di Dio. Dio, in effetti, non è mai lontano. L’Emanazione si situa nel Suo Cit, nella coscienza del Padre. Ma Dio può essere “lontano”, estremamente “lontano” nell’autocoscienza della creatura, quando essa perde il senso della propria realtà e si rende incapace d’amore. L’Inferno è assenza, a vari gradi d’involuzione, della capacità d’amare e – al limite – è la riduzione della creatura al suo ego senza la cognizione percettiva del campo d’appartenenza, e cioè senza alcuna sensazione, emozione o senso dimensionale della spazialità e del tempo. Le condizioni odierne del nostro pianeta sono particolari: il ciclo breve è in sé un abominio, e la malattia, la morte s’evidenziano come le tragiche conseguenze di un’abissale caduta. Tuttavia Malkuth non è certo il solo responsabile delle condizioni in cui versa: Malkuth all’epoca del primo allontanamento dal Padre volle reggere l’Interità, volle portare il peso delle altre zone, e fu da queste irretito, tradito e ferito quasi a morte. Malkuth tuttavia non seppe (e poteva!) resistere col Padre e nel Padre. Questa è la nostra responsabilità. Egli peccò di colpa analoga a quella che invischiava tante zone della Manifestazione, e cioè non si incentrò adeguatamente nell’Amore dell’Atma, ma piuttosto nel proprio ego. Tuttavia gli enti di Malkuth che ora si ritrovano in questo nostro affaticato pianeta non persero le potenzialità e le attualità dell’amore, così come accadde alle Sfere che li colpirono, e che in tal modo si approfittarono della loro disponibilità al 39
sacrificio per sfruttarli, dominarli, ed alla fine distruggerli. La Manifestazione non è tuttavia completamente oscurata: lo è certamente in alcune zone, coinvolte in quel tragico evento che ruppe l’unità del Pleroma, che vollero il titanismo di credersi “dei” contro il vero e solo Dio. Esistono nell’Interità zone altissime e luminose, portatrici di Bellezza e di Bene, e sono l’immensa maggioranza. Esistono dimensioni creaturali postesi ai limiti del Mondo Causale, e che partecipano, realizzando così il Piano Divino, di quell’ineffabile Stato Noi però ne siamo lontani, torpidi ed oscurati, e fatichiamo nell’ardua ricerca della felicità, sotto la silenziosa ma implacabile sferza delle entità più oscure e più negative. Perché questo stato perdura? La risposta è semplice, e ripercorre antichi, tragici sentieri. Malkuth, il nostro mondo, ha capacità concrete d’Eros e d’incontro, sa amare e sa attingere tuttora all’Energia di Dio. Questo fatto lo rende desiderabile, molto desiderabile, per i campi involuti, che d’energia ne possiedono ben poca e comunque in fase costante di lenta dispersione. Malkuth però, pur potendolo, non sa ben difendersi con il proprio Centro Atmico, e subisce l’induzione d’egotismo che le altre zone contigue – consapevolmente ed inconsciamente – gli riversano nella mente. Il dramma implica, come Gesù ci dice, la “separazione del grano dalla gramigna”, la biforcazione delle vie. “Molti sono i chiamati, ma pochi gli eletti”. Perché pochi sanno udire, vedere la presenza cristica nella loro vita, e questo interdice ai molti la capacità attuale d’essere con il Cristo, nella Sua volontà. Le considerazioni che stiamo rifacendo rendono ragione del nostro stato esistenziale, del dolore, delle malattie e della stessa morte fisica. Il ciclo breve è permanentemente depauperato della propria energia vitale, tanto sottile che grossolana, e si rende conseguentemente fragile e soggetto al karma dissolutivo. Inoltre, oscurandosi colpevolmente (tutto ciò implica la colpa, perché Cristo è sempre presente a tutti, nel Suo sacrificio misconosciuto) Malkuth interferisce con le pur più involute entità del campo eterico, aggravandone le già difficili condizioni. Il processo s’alimenta di negatività, ed allora conduce al Kali-Yuga. Il Kali-Yuga colpisce tuttavia in modo selettivo. Coloro che sono “con” il Cristo non ne vengono coinvolti, o lo sono proporzionalmente ai loro stati reali e sempre in vista di una liberazione profonda. Il fenomeno può apparirci strano soltanto perché la sua comprensione richiede una qualche conoscenza teoretica dei “Piani Reali”, che sono molti e contigui, in dipendenza degli stati personali. Diciamo per ora che un certo numero di individualità può proseguire il cammino realizzativo in un Malkuth riedificato e redento, secondo la vera Volontà di Dio. Annotiamo inoltre che altri vivranno in un pianeta certamente alquanto compromesso, ma non così degradato da risultare infame ed in via d’annientamento; e quindi lì potranno incontrare rinnovate possibilità di scelta e di salvezza. Ed infine consideriamo - con dolore - che molti non potranno recuperare la 40
propria identità ed il conseguente esatto ambito esistenziale che in un altro tempo e luogo dell’Interità, dopo aver conosciuto e vissuto l’insegnamento della disgregazione e della “seconda morte”, che comunque non è mai eterna. Ma che tale può anche apparire, in quelle condizioni disperate. Dio comunque è onnipresente, e recupera sempre i figli dispersi: come e quando è il Mistero della Sua pietà. Quello che continuiamo a ripetere ci può aiutare a comprendere le dolorosissime parole di Gesù, quando disse che Egli era venuto per dividere il marito dalla moglie, il figlio dai genitori: questa è la sua croce, il suo permanente Calvario accettato – da sempre – per noi. Gesù, in Cristo, è sempre pronto a sostenere, a correggere e a salvare, perché Egli impersona l’eterno Perdono del Padre. Occorre allora che ritroviamo il Suo amore, la Sua centralità nel nostro spirito. Questo recupero incontra la strenua resistenza dei campi di contatto sottile, che in tale evento individuano e temono la perdita del loro potere antico, ed alla lunga il riassorbimento nell’Informale. Ovviamente, potrebbero evitarlo “se” sapessero ritrovarsi nella Volontà Principiale di Kether, se cercassero d’imparare l’arte d’amare. Tuttavia la mente priva del suo naturale supporto spirituale è arida, e si sclerotizza in concettualizzazioni progressivamente più dure e possessive. Senza la duttilità della mente (che deve sempre saper assumere velocemente la forma intuita), senza la sua vera capacità di discriminare, l’ente si rende incapace, completamente incapace di comprendere altro che non sia il proprio ego, nel quale s’identifica. Ecco il dramma dell’Emanazione. Ed ecco il sentiero del reintegro. (ottobre 1998)
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LA RESCISSIONE DEI CAMPI Mettendo fine ad un certo tipo di rapporto l’esoterista afferma la propria libertà nell’Idea di Fondamento, e null’altro. Questa considerazione indica che l’atto di rescissione di un campo sottile dal proprio stato richiede specifiche esatte, e ci accingiamo ad enumerarne alcune. Altre saranno poi enunciate nel proseguimento di tempo, a mano a mano che ne emergerà la necessità o si presenterà una particolare occasione di farlo. Il primo requisito è l’Amore, che implica di per sé impersonalità, Fede e quindi incentramento nell’Atma. Tutta l’azione di liberazione dal passato è teurgica, e quindi l’allievo agisce con l’Energia di Dio e non altro che con quella. Possiamo certamente affermare che tutta l’energia esistente nello Spazio/Tempo è divina, ma qui ci riferiamo ad un particolare atto soterico, che deve essere effettuato in particolari condizioni e che “esige” questa precisa qualificazione. Il miste deve necessariamente operare con il Padre nel tramite del Figlio, che è la Sua Misericordia e il Suo sostegno: il Cristo. Qualsiasi altra metodologia è imperfetta in sostanza ed in forma, e non può condurre all’esito sperato, che è la rescissione dagli effetti karmici e dalle forme/pensiero capaci d’attualizzarli più negativamente, essendo esse stesse intrise di karma e portatrici delle sue parti più oscure. Quindi “impersonalità, Fede e percezione dell’Atma”, che insieme costituiscono uno stato d’empatia e fusione con la volontà del Padre, e che si possono giustamente indicare come “Amore”. L’impersonalità implica tuttavia un aspetto mai sufficientemente chiarito: quello del “distacco dagli esiti dell’attività”, che quindi deve costituire l’affermazione sentita e non semplicemente pensata - di un Principio generale applicato al caso particolare. Il distacco non è l’indifferenza. L’iniziando (qui si tratta d’iniziazione alla prima Sfera oltre Malkuth, il vero Yesod) deve fortemente tendere alla propria realtà, volerla più d’ogni altra cosa perché essa costituisce la vivente Volontà di Dio. Tuttavia lo deve fare senza attaccamento a qualsivoglia effetto specifico e particolare del suo atto salvifico, che appartiene in toto al Padre. Infatti, soltanto Lui, in Cristo, può e sa il vero bene totale che deve essere perseguito, e quale la situazione che lo rende effettivo. Ogni previsione del discepolo attiene prevalentemente al suo mentale, e – se intuita – difficilmente egli può poi comprenderne il tempo e l’impatto in modo specificato. Così si rende necessario un atto d’amore impersonale e obiettivo, direzionato al Bene comune e non semplicemente al proprio stato. Naturalmente, in questo “Bene” l’allievo si ritroverà come il Padre vuole, e nella pienezza d’esistenza che ha saputo rendersi con la sua fatica e la costanza dell’impegno. Cosa significa tutto questo? Che il sentiero di liberazione è irto di prove e di confronti con i veri Guardiani delle Soglie, e cioè con lo specchio di Kether (Maat) in cui il pellegrino del trentaduesimo Sentiero si riflette costantemente. Prove e 42
confronti direzionati all’emersione dei fattori oscuranti ed oscurati accumulatisi in un imponderabile (per ora) passato, e che devono necessariamente essere dissipati per conseguire una differente e più vera condizione esistenziale. In cosa si condensano allora queste prove e questi confronti? Nello scontro lunghissimo ed assillante con le entità arcaiche della “caduta”, che tutto vogliono fuorché un reintegro nel segno dell’armonia e dell’integrazione d’amore, perché furono e sono brama di potere e di possesso, quanto più incondizionato ed arbitrario esse possono concepire. Le entità di campo impersonano il “male” della caduta da Eden, indicando qui per Eden lo stato primario, originale di comunione con il Padre e la pienezza di vita che ne consegue. Esse quindi si rendono involontariamente strumenti primari e inevitabili della decantazione dell’allievo, perché rappresentano, in effetti, una sorta di personalizzazione dei suoi stati più distorti ed inconsci. Perché? Perché esse sono come sono anche per l’incapacità del miste a renderle differenti, incapacità certamente non attuale ma d’epoche diverse, da troppo tempo sepolte nella mente oscurata e quindi dimenticate. In tal modo le loro strutture mentali e volitive si dimostrano in qualche misura “simili” a quelle dell’allievo, ma condotte al limite peggiore. Se l’allievo non fosse capace di agire in positivo, decantando i propri stati inconsci e affermando la positività basale, il Maestro nulla potrebbe, e certo non lo condurrebbe a questo confronto. Ma l’allievo che percorre esattamente questo sentiero è sostanzialmente adeguato a farlo, e quindi lottando contro le compulsioni e le brame distruttive delle femminilità yesodiche finisce col purificare quanto di simile si cela nella sua interiorità, e che consente poi al karma personale e globale di colpirlo e di inficiarlo. Agire senza agire, secondo la basilare indicazione dell’induismo, è cosa da comprendere ed imparare, perché è attività interiore ed esteriore intensa e personalmente voluta. Quindi qui compiamo una discriminazione. La causante dell’azione è e deve essere “impersonale”. Un’impersonalità in cui l’agente ovviamente poi si ritrova, ma semplicemente come un fattore presente nell’esito sperato; tuttavia è bene sottolineare che la scelta principiale, quella cioè che dà origine all’atto, è strettamente “personale”, ed esprime la libertà soggettiva che l’ente ha saputo conferirsi. Così sono le innumeri scelte successive, quelle che nascono e si determinano nel seguito dell’iter soterico, e che presentano indubbi gradi di difficoltà crescente, superabili appunto nel sostegno del Maestro e nella Fede. La Fede è qui necessaria, indispensabile più ancora che in altre forse meno limitari circostanze: diciamo senz’altro che tutto il processo è un atto continuo di Fede, messa alla prova continuamente e nei modi più imprevedibili. Intendiamoci: la Fede è il motore dell’emancipazione, e conferisce “sostanza” alle cose giustamente sperate. Dona anche “argomento” per direzionarsi verso i territori sconosciuti del nostro futuro, che si aprono all’attuale cammino ma in tempi differenti ed imprevedibili. Quello che vogliamo ora sottolineare è che nel 43
trentaduesimo Sentiero la Fede deve essere sempre presente, sempre affermata e sempre recuperata contro tutte le insidie della mente conscia e dell’inconscio, pervasi entrambi dalle concettualizzazioni di dominio indotte da innumeri entità oscurate. “Il corpo è sede di demoni”, recitavano i saggi gnostici che di demonismo ne sapevano molto: al punto da elencarne nomi, localizzazioni fisiologiche ed intenzioni. Per quanto la nostra epoca rifugga – stoltamente! – da queste conoscenze, e pretenda di ridurre tutto agli schemi superficiali e provvisori che si dà, è necessario ribadire che qui la Gnosi aveva innumeri ragioni Qui e non solo qui. L’azione soterica possiede, infatti, una componente somatica ed esige una purificazione del corpo oltre che della mente. Il corpo è il Tempio dello Spirito, ed esprime nel “piccolo” le infinite valenze del Macrocosmo. Conseguentemente la purificazione del nostro aspetto più denso, più fisico è simbologia – effettiva e concreta – di una purificazione generale, quale ci sia possibile ora e qui, nell’attualità che viviamo. Rivalutare la guaina somatica è poi estremamente coerente con l’Idea di Manifestazione che, ricordiamolo, si risolve nei Nomi e nelle Forme: e certamente non per poi negarli proprio in Nome di Dio. Una interiorità sana meglio s’esprime se è adeguatamente sostenuta da uno strumento d’azione e di rapporto ad essa adeguato. Rammentiamo che un processo soterico non è mai individualistico, che possiede in sé la capacità di coinvolgere campi esistenziali differenti e di varia collocazione, e che quest’aspetto richiede una certa mobilità fisica. Del resto, la struttura della mente deve potersi esprimere adeguatamente nelle forme che da lei promanano, e che devono rendersi coerenti con le sue acquisizioni quanto più le circostanze e le situazioni generali consentono. Quindi il processo soterico agisce a tutti i livelli della personalità (dallo spirituale a quello corporeo), ed in tutti incontra i lasciti del passato, le deformazioni che dalla nostra arcaicità esistenziale ci pervengono assommandosi alle attuali. Il quadro che andiamo definendo è complesso, e molto impegnativo. Vogliamo dunque sottolineare che la “caduta” da Eden – odierna così com’è remota nel tempo – è cosa tragica, enormemente coinvolgente e più o meno artatamente dissimulata alla coscienza ordinaria. Già l’emersione della sua effettiva valenza desta allarme e ribellione nei campi eterici oscurati: ma tanto più quando l’allievo s’accinge ad un’opera di ricostruzione del suo vero ed originario stato vitale, affermandosi come vivente volontà del Padre nel Suo atto d’amore. Allora egli mette in forse il loro ancestrale dominio, e minaccia di togliere le fonti d’approvvigionamento energetico ed ideativo di cui esse si sentono esclusive titolari: fonti che sono proprio le nostre energie vitali, dalle più sottili (prana) alle più dense, puntualizzate nel corpo. Il conflitto con le entità oscurate è attualmente irrimediabile, e i campi che ci assediano devono essere allontanati con un atto di pura teurgia, compiuto nel Nome e nel Segno di Cristo. S’impara qui l’effettiva consistenza del Divino in noi, e della nostra necessità di affidarci a Dio; lo s’apprende per esperienza diretta di lotta e di fatica, oltre tutti i dubbi della mente analitica ed astratta, inconsapevole generalmente delle proprie condizioni effettive e dei tremendi limiti in cui è caduta. 44
Certo, le entità di Yesod (quelle più intrise di qelliphoth) non ostacolano ma favoriscono tutte le espressioni di potere e di dominio che possono rintracciare nel nostro ambito: da quelle di una scienza temibile e distruttiva a tutte le altre, che rendono invivibile il nostro pianeta ma affermano l’egocentrismo degli uomini. Sono ideazioni molto affini a quelle delle sfere oscurate, e consentono un incremento evidente del loro possesso: che dire di più? Chi s’inoltra nel Sentiero vuole risalire una corrente tragicamente impetuosa che lo travolse, e che adesso contamina tutta la nostra zona dimensionale, oltre che alle altre mai riscattatesi dall’hybris più antica. Perché il problema è proprio qui: le aree sephirotiche che ci opprimono e ci condizionano sono ancora nell’ideazione che determinò il crollo arcaico del Pleroma e la perdita di Eden. Non ne sono mai uscite, nonostante l’immenso tempo trascorso da allora. Esse sono nel passato, non nel presente: costituiscono la permanenza di quelle concettualizzazioni, di quelle brame che frantumarono la santa unità della Manifestazione in zone più o meno limitrofe, e tutte conflittuali reciprocamente. Conseguentemente costituiscono fattori di degrado e di dissoluzione nel nostro presente, impossibili da essere rimossi in tempi che al nostro discernimento appaiano ragionevoli. L’allontanamento di queste forme/pensiero non implica il loro annientamento: rappresenta al contrario la loro riconduzione nell’ambito dell’Idea di Manifestazione, che proviene da Dio Padre ed alla quale si sottrassero nel temerario tentativo di rendersi esse stesse “dio”, opponendo a Lui le proprie volontà. L’allontanamento non va mai considerato come atto d’annullamento, o comunque relazionato alle nostre idee di giustizia o di rigore: esse sono comunque insufficienti e non poco arbitrarie, perché tanto la Giustizia che il Rigore appartengono al Padre, e soltanto a Lui. Le entità devono essere affidate a Cristo: questo è fondamentale. Cristo è la perenne, incondizionata ed immanente Misericordia di Kether, è il sostegno essenziale dell’Emanazione. Cristo è Kether che si rende – con infinito amore e libertà – al livello delle Sue creature, per salvarle, emendarle e condurle nelle case del Regno, da sempre nell’attesa del nostro ritorno. Queste nostre note dovranno ovviamente essere approfondite ed ampliate, come dicemmo. Possono tuttavia, così come sono, costituire un vero contributo all’intelligenza del Sentiero, e una preparazione alle difficoltà che v’incontreremo.
14/12/2001
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PRESENZE E LONTANANZE La discriminazione dei Campi sottili
Innanzi tutto, perché parliamo di “campi sottili”? Se noi consideriamo il fenomeno nella sua globalità, esiste un solo campo, quello che sostanzialmente corrisponde alla Sephirah Yesod. Tuttavia, analizzandone i contenuti, ci rendiamo progressivamente conto che essa è formata da innumeri cerchi di personalità, unificate da comuni intendimenti e da specifiche qualificazioni: così come un solido è composto da atomi, ma questi si condensano in molecole reciprocamente interagenti e molto ben definite. Nel piano sottile, che è mente, il fenomeno conduce a interazioni reciproche assai penetranti e potenti, che finiscono col “spersonalizzare” nel profondo le singole entità, unificandole (molto a loro insaputa) in un vettore che manifesta concretamente un comune intendimento, in questa prospettiva fortemente temibile e suscettibile di progressiva involuzione. Solo nell’esperienza esoterica, nella quale opera il vero Maestro dell’Interità, è possibile comprendere l’ampiezza e la profondità di questa fenomenologia, da noi genericamente indicata come “la Caduta da Eden”. Ogni altra conoscenza è, infatti, parziale e limitativa, perché intellettualistica e con tutti i difetti che un tal metodo comporta: la presenza della preponderante mente inconscia deforma, infatti, ogni possibile conclusione, e la risultante è ingannevole ed astratta. Così come inevitabilmente constata un discepolo del Padre creatore. Occorre premettere qualcosa: la discriminazione dei campi, che deve separare il grano dalla gramigna, ossia quanto è passibile di un’emancipazione da tutto quello che, attualmente, se ne dimostra refrattario, implica due modalità. La prima, e la più auspicabile, implica la possibilità di un preciso e diretto intervento della Misericordia di Dio (il Cristo), ed è fattibile quando la creatura, in una o più personalità, si rende tramite della Volontà informante agendo in “alleanza” con il Maestro. In tal caso il sentiero è diretto, e – pur se richiede un tempo relativo alquanto esteso – abbrevia incommensurabilmente il tragitto per tutti coloro che, coinvolti, ne comprendono la realtà. La seconda ipotesi si puntualizza, al contrario, quando il Padre è impossibilitato ad agire per l’assenza o l’insufficienza del tramite creaturale: in questo caso il progressivo degrado si rende oltre un certo limite inarrestabile, e conduce al KaliYuga, il momento della dissoluzione ciclica che prelude ad un altro atto emanativo; nel quale tuttavia rifluisce in larga misura il karma del precedente. Naturalmente questa seconda modalità è la peggiore possibile, e deve essere evitata con tutte le nostre forze. Ricordiamo inoltre che il Kali-Yuga coinvolge direttamente quanti hanno operato contro l’ideazione fondamentale oltre gli amplissimi limiti della pietà divina: limiti che trovano proprio nella capacità di scelta delle persone la loro base. Infatti, 46
finché esse riescono ad esprimersi con qualche libertà, il Padre le sostiene, più o meno indirettamente. Solo quando questa libertà è completamente conculcata dai loro arbitrii, le individualità sono lasciate all’esperienza che ne consegue ed appare il Rigore della Giustizia suprema, che è aspetto distruttivo soltanto nella maya, nell’illusione di quanti ne sono coinvolti, ma che essenzialmente è Amore in cerca di una nuova possibilità di riscatto. Ne consegue che il Kali-Yuga colpisce gli uni e non gli altri, quelli cioè che, sia pure a fatica, hanno saputo recuperare la propria verità nel sostegno del Padre. L’ipotesi del Kali-Yuga è, insistiamo, la peggiore possibile, ed allontana oltre ogni immaginazione il giorno del riscatto, implicando un itinerario di sofferenze e di dolore frutto del karma acquisito e mai risolto: di tutto il karma, anche se lontanissimo nel passato. Noi consideriamo però l’ipotesi più favorevole, nella quale l’azione soterica del Padre può essere diretta perché trova un sostegno preciso nelle creature, e conseguentemente si ristabilisce un principio di “alleanza” nel senso altrove specificato. E’ il nostro caso. L’esperienza iniziatica insegna che, in questa situazione, emerge un durissimo conflitto fra la volontà di reintegro dei pochi e l’opposizione dei detentori del potere, i quali impersonano il “demiurgo”, il dio facitore della meditazione gnostica. Ora noi sappiamo che questo “dio” è donna, è la Sofia decaduta che vuole operare senza il concorso del compagno polare, rifiutato e conculcato. Compagno polare egualmente compromessosi, che si è trasformato in “femmina” o è stato esiliato in zone soggette al potere demiurgico. Tutto questo comporta la frantumazione dell’Idea Principiale nel piccolo e nel grande. Ed è la nostra condizione attuale. Il conflitto oppone, in ultima ratio, la Volontà divina a quella demiurgica e, naturalmente, la seconda è destinata a frantumarsi. Tuttavia quest’esito va compreso, perché il fine dell’atto soterico non è la rimozione dei campi yesodici sic et simpliciter, ma la loro trasformazione in quanto furono prima del loro degrado: e quindi la progressiva riacquisizione dello stato principiale. L’itinerario soterico appare conseguentemente contraddittorio, ma agisce tanto nei confronti delle personalità involute quanto in quelli degli allievi veri e propri, insegnando alle prime le effettive condizioni in cui versano (e l’inevitabile degrado che ne consegue) ed ai secondi, uomini o donne che essi siano, le qualificazioni indispensabili per la propria liberazione: Fede e Speranza, non attaccamento agli esiti e ferma costanza nelle intenzioni e nelle conseguenti attività. Sostanzialmente, tutto questo implica amore ed affidamento al Principio, oltre ogni apparenza o conclusione della mente: “credo quia absurdum”. Dove il “credere è amare”. L’inevitabile conflittualità che si determina fra allievi ed entità demiurgiche ha dunque il fine di disgregare i falsi contenuti della mente, gli schemi aspri e sclerotici che condizionano la percezione del Reale. Infatti, se queste modalità vengono vanificate, l’autorappresentazione si modificherà proporzionalmente, e quindi il campo potrà tornare alla sua originaria, luminosa semplicità. Ribadiamo un principio fondante: il riscatto è conseguenza di un atto di scelta, 47
che non è mutuabile con alcunché. Ricordiamo inoltre che i campi yesodici sono sostanzialmente mente priva di un Centro, del Sé, e conseguentemente manifestano il loro potere senza amore. Questo stato implica una riduzione di tutte le entità a livello basso od infimo, nel quale si costituisce una “gerarchia” falsificata, nella quale le massime detentrici della capacità esplicativa sono peggiori fra tutte, quelle che più identificano la loro natura con il dominio incondizionato sulle altre, a loro libito. L’azione soterica, che vanifica questi contenuti intellettuali e mentali, disgrega il potere demiurgico, e quindi provoca una spasmodica resistenza, disposta a tutti i compromessi per prevalere. Così la fatica di dissolvere le volontà demiurgiche ha esito transitorio e relativo, perché, appena possibile, le personalità in tal modo parzialmente purificate vengono nuovamente “possedute” dalle altre, e si ritrovano in brevissimo tempo “quasi” nelle situazioni di partenza. Quasi, sottolineiamo, perché qualcosa lentissimamente muta, e la fatica dei ricercatori non è stata vana. Muta sì, ma come? Il miste, il ricercatore affronta per anni il medesimo problema: la contraddittorietà dei piani yesodici, la loro insufficienza e l’ostilità crescente che gli dimostrano. In questa prospettiva, il percorso è arduo, ed il ricorso al Centro Atmico s’evidenzia fondamentale: ricorso costante, perché in ogni momento l’intromissione demiurgica tenta di affaticare l’avversario, e di ricondurlo nuovamente – senza esclusione di metodi e mezzi – in proprio potere. Il Maestro ripropone le personalità che gli si oppongono perché possano fare esperienza del loro vero stato e della natura del Reale; ed in quest’opera insegna ai propri allievi l’arte d’amare, di difendersi con l’Amore e di mantenere oltre ogni previsione la direzione intrapresa. Così l’allievo acquisisce nuove (ed antiche) capacità, si rende più forte e disponibile e conseguentemente anche la sua azione è più incisiva e potente. Il campo globale appare tuttavia come una stratificazione in apparenza senza fine, dove alle aree più prossime (e meno compromesse) succedono altre, più coinvolte nella staticità e quindi più involute. Occorre cercare il centro dell’ideazione di potere, le persone che s’identificano nel possesso e nel dominio più feroce ed incondizionato, e che l’esercitano a danno di tutti. E qui può accadere ed accade una discriminazione, una separazione appunto del grano dalla gramigna, per difendere e salvaguardare la rinascita di quante non vogliono più identificarsi con questo stato. Separazione disgregativa di Yesod, di questo Yesod della “caduta” oscuro ed implacabile, ma che rende possibile l’emersione di un nuovo Yesod, più vicino al Reale e conseguentemente più fondato sul proprio Sé. Quest’esito è il recupero del Centro, la riproposizione dell’Amore quale base dell’esistenza, e per questo è il superamento della “caduta”, il recupero nel tempo della verità di Eden. Il Padre non abbandona mai i propri figli: anche il Kali-Yuga acquista dunque una differente valenza, ben più positiva dell’altra e - nel medio o lungo tempo capace di consentire un recupero dei piani dissociati. Tuttavia qui occorre precisare che quest’effetto è ben oltre le capacità degli allievi, e va dunque affidato 48
completamente alla Misericordia Cristica, al Figlio di Dio. Può essere utile notare che l’interpretazione della Manifestazione può essere agevolata se le persone vengono da noi tutti esattamente intese come Idee (relative ma realissime), e l’Universo come autorappresentazione essenzialmente mentalistica. Naturalmente, l’Idea non è un’astrazione ma, al contrario, una concretezza che si svela ai “quattro quarti”, e si relaziona con le altre Idee proprio tramite il quarto stato (quello formale) che è simbolo sintetico ed espressivo di tutti gli altri (spirituale, mentale ed energetico). Di qui la somma importanza della comprensione dell’evento polare e del concetto di “Immagine”, come altrove dicemmo. Dio è Amore.
8-08-2003
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QUESTIONI DI CAMPO
Non esiste un campo che non sia teso a prendere spazio quando incontra l'Uomo di Malkuth, per un semplicissimo motivo: ogni campo è femminilità, e come tale è ansioso di avere intimità e rapporto con l'ente virile. Ma teme l'ente con grandissima preoccupazione, perché la femminilità è stata una causa prima del presente stato di scissione; e perché ha creato un ambito d'estrema sofferenza e dolore, a costo di esserne contagiata e contaminata da eguale - e nel tempo peggiore - sofferenza. Perché la Donna ha a tal punto tradito l'Uomo? Perché essa ha preteso che "lui" fosse più "suo" che del Padre, e che la rendesse "pari" al Potere Divino. E l'Uomo, oltre a permettere (e fu colpa immensa) quest'abominio, se ne rese complice, e cercò poi di sostituire la Donna nelle sue specifiche estrinsecazioni più vitali e possenti, rendendola a lui soggetta, opprimendola e disprezzandola in nome di un principio astratto che - sulle prime di armonia intellettualistica e bellezza formale a tutti i costi - diventa sempre in breve ed inevitabilmente tirannia e prevaricazione. A questo punto 1'Uomo non vuole più la Donna concreta ma bensì la Potenza stessa che lei impersona nel mondo emanato: vuole la Madre. Così l'Uomo si impossessa delle energie, delle cose, delle vite animali e vegetali, e ne abusa fino a distruggerle; la Donna inizialmente molto portata alla difesa dell'esistente (e ricordiamo che la Manifestazione è sostanzialmente "femminilità", estrinsecazione del principio chaktico) nel tempo adotta la mentalità maschile dando libero campo alla sua aggressività e all'abuso delle sue molte capacità. Il conflitto che ne deriva conduce sulle prime al distacco fra il mondo femminile e il mondo maschile; ma poi si riduce, per un'atroce logica insita nell'ideazione di potere, a informare il campo globale secondo questo parametro. A questo punto gli uomini s'avventano sulle donne, e le donne li respingono e li snaturano: ciò perdura finché non appare nell'Emanazione l'intervento di Cristo, che assume su di Sé il peso delle altrui colpe per redimerle (come Uomo Totale) e per evitare il collasso generale. Gli uomini e le donne che seguono il Cristo Cosmico sono tuttavia naturalmente contro l'ideazione di potere, e quindi si rendono invisi ai campi di personalità più dure e oscurate. Vengono traditi, e confinati in quel che è il "ciclo breve,", soggetto alla degradazione e alla morte. Solo i pochi uomini che si rendano totalmente degradati, e quindi privi della funzione a loro tipica di essere tramite della Volontà divina all'emanazione nell'aspetto dell'intuizionismo sintetico, solo questi pochi restano con le innumeri femminilità dei piani conflittuali con il Padre (Kether, Rha, Brahma) ed aiutano le donne a imporre il loro credo al Campo Globale: tentando intanto - sottilmente e efficacemente - di instaurare su di loro un dominio spietato e coattivo. Le Donne tuttavia si difendono con i potenti strumenti della fisicità e del 50
fascino, con grande penetrazione in zone esistenziali ormai prive di ogni gioia e di qualsiasi pacificazione. L'unico punto in cui questi Enti (che, ripetiamo, sono generalmente femminili) risultano in un duro accordo è nella condanna di Malkuth a un destino feroce: essendo egli diventato il ricettacolo di tutte le incompiutezze della Manifestazione che si sia coinvolta in questo processo. Qui ovviamente per "Malkuth" intendiamo la Decima Sephirah, il punto terminale del Glifo dell'Emanazione: l'elementale "Terra", in cui risiedono uomini e donne, e che si rende così - pur nell'immensa sofferenza - l'unico ambito di vero e possibile contatto che il Padre ha con le sue infelici creature: sia con quelle relegate nel Ciclo Breve che con quelle (e ciò è fondamentale!) che le sovrastano nei cicli sephirotici. Questo è il quadro, ovviamente espresso in forma approssimativa e sintetica. In particolare, diciamo che le Donne del Campo Unitario (Malkuth e le altre Sephirah del Glifo) temono l'ente che si ripresenta a loro (molto inaspettatamente) quale portatore dell'Idea Primordiale, e questo per varie ragioni. Non ne comprendono infatti le motivazioni, perché esse sono essenzialmente menti analitiche, prive della capacità di sintesi intuitiva; non vogliono poi perdere la capacità di fruimento delle qualificazioni intellettive dell'uomo e, da parte delle zone di dominio (le Sephirah eteriche) anche di sfruttamento delle donne dell'elementale Terra: sentiti entrambi stranamente 'superiori' al loro stato. Non vogliono, neppure potendolo, rinunciare a scaricare i loro innumeri problemi psichici e fisici su chi - indifeso e ignaro - può compensarli ed assorbirli; per di più temono una vendetta feroce che (a loro giudizio) è 1'inevitabile conseguenza di una ripresa di potere da parte dell'Uomo di Malkuth. Tutto questo è errato, ma è estremamente difficile da essere eliso o rettificato. Le Donne sono dure e tenaci e, quando sono prive dell'idea d'Amore in Cristo, diventano inevitabilmente crudeli e spietate, come chi abbia qualche esperienza del loro contatto impara ben presto a conoscere. Il compito del Maestro è quindi variamente configurato, ed essenzialmente consiste nel trasmettere ai campi eterici (che sono 'formali' e simili al nostro) 1'Ideazione di Fondamento la quale, se non viene né accettata né approfondita, costringe queste personalità a considerare il Potere molto diversamente che nel passato, alla luce di un conflitto che alla lunga diventa insostenibile e distruttivo. In un particolare momento, molto faticosamente voluto e raggiunto, Egli indurrà le Femminilità ad una sorta di collaborazione con l'ente maschile, la quale superi gradualmente il reciproco stato di diffidenza e disagio, e nel contempo testimoni della sincerità e dell'onesta posta nelle formulazioni d'incontro e d'amore. Ricordiamo qui che 1'Amore è la causa e la forza che determina l'Emanazione, e che solo nell'Amore e con l'Amore è possibile il ripristino nello stato primordiale. Non è detto che tutti i campi si rendano a un differente ordine ideativo, neppure dopo anni di contestazione e di conseguente duro confronto. Ma è detto che alcune personalità maturino nonostante la generale ostilità e la grande sofferenza incontrata, pervenendo a una scelta d'accordo e di collaborazione capace di aprire la strada per 51
una più profonda e reciproca comprensione. Il Maestro allora può agire e mettere alle corde quanti e quante vogliano perpetuare uno stato di opposizione preconcetta e cattiva. Può agire, nella misura in cui le Entità del Campo si mantengano e si consolidino in una ideazione di collaborazione integrativa e di amore non qualificato, destinando a un tempo futuro ogni successivo e necessario approfondimento di metodi e di modalità. Questo può rendersi il più difficile periodo per tutte le persone che ne siano coinvolte, ma finisce di necessità con un reintegro nella volontà del Padre. Così spetta a chi si mantiene contro il Padre in Cristo lo stabilire se per lui è preferibile rivedere la propria posizione esistenziale in modo radicale, o affrontare le durissime conseguenze di un rifiuto: sopratutto valutando che il perpetuarsi di un conflitto e di una estraneità a Dio in presenza di un Suo atto soterico conduce sempre alla maturazione di un karma distruttivo, già accumulatosi per tempi lunghissimi, a cui per di più si aggiunge quello di una esplicita negazione opposta direttamente al Padre. Questo è il karma peggiore fra tutti, e conduce al Kali/Yuga. Solo la Misericordia del Maestro può evitare il tracollo in questi casi: quel tremendo tracollo che è l'apparizione della Forma dissolutiva della Madre. Forma che, ricordiamo, non appartiene alla Madre ma che Essa per Amore subisce, apparendo come potenza annichilitrice nello Specchio in cui si riflette la creatura. Specchio Divino nel quale essa vede sé stessa cosi com'é, nella propria infinità: e dove alla fine fa esperienza di sé. Le attuali condizioni consentono un ragionevole stato di componimento del conflitto con le Entità di Campo, il quale poi si fonda su un tragico equivoco. L'Emanazione infatti è ricca d'energia vitale e di indeterminate possibilità, a patto che si sia con l'Emanante a livello reale e profondo. Giova ricordare inoltre che l'ente (maschile o femminile) che si affidi al Maestro di Vita non può né ingannare né tradire, anche se attualmente appare incompiuto e imperfetto rispetto alla sua vera natura. L'ente che si colloca con il Cristo è quindi affidabile sotto molteplici profili, e suscettibile di colmare le sue inevitabili lacune con il concorso del Campo femminile, così come è richiesto dalla Legge di Polarità. Solo che questo campo si decida a fare la parte che gli è "ab initio" affidata, in un contesto di rinnovamento generale. Il che, oltre che sperabile ed auspicabile, è ormai più che necessario.
11/06/98
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L’ENTE DI TRAMITE La situazione di un campo multidimensionale è sempre strettamente legata alla comprensione raggiunta dal suo ente di tramite circa l’Ideazione sintetica e principiale. Se vi è comprensione – e la comprensione deve esserci – non può esistere il conflitto. Le durissime condizioni che in genere si verificano fra l’ente ed il campo all’inizio e nel proseguimento dei rapporti interpersonali, e per lungo tempo, determinano normalmente una scissione nell’ambito “astrale”, e quanto rimane è, o almeno alla lunga dovrebbe essere, esatto: dovrebbe cioè possedere sufficienti qualificazioni per potersi collocare nell’orbita del Padre. Ricordiamo che i Campi sottili sono, nel nostro quadro complessivo ed odierno, generalmente oscurati e conflittuali con gli uomini e le donne veramente cristici. E che si oppongono, sempre molto decisamente, a qualsiasi presa di coscienza e di libertà che possano accadere nella nostra zona. Riaffermiamo inoltre che la separazione fra le dimensioni della Manifestazione è originata da quella perdita di Realtà che chiamiamo comunemente “la Caduta”, e che l’iniziazione dovrebbe condurci al ripristino dell’unità principiale, e quindi al superamento dei conflitti e della stessa scissione esistente fra le aree dimensionali. La comprensione nei confronti dell’ente di tramite, preposto naturalmente a questo compito, è tuttavia ostacolata da molti fattori che non possono essere accettati dall’Istruttore, il quale soltanto ad un cento punto del processo può assumere la sua esatta configurazione: prima, infatti, ne era impedito dalle elucubrazioni, dagli infingimenti e dalle razionalizzazioni sempre presenti nei vari gruppi di ricerca, esoterici o semplicemente ascetici o religiosi. Questo stato di fatto è comune al nostro “normale” settore tridimensionale, ed a quelli che sono qualificati di natura “sottile”, “eterica”, dando con ciò un nome approssimativo ad aspetti esistenti non direttamente percepibili – per ignorate motivazioni – dai nostri sensi comuni. Le zone dimensionali non si peritano, infatti, di dire al Padre quello che Egli è, e come dovrebbe rendersi nei loro confronti: lo fanno con dolore, con arroganza e sufficienza il più delle volte. Sempre con una dose davvero massiccia d’intellettualismo astratto che, per ragioni fondamentali, non può essere accettato e conservato in un sentiero salvifico. Dunque, il problema è la comprensione dell’ente di tramite”. Diciamone il perché. Perché l’ente, se è veramente tale, non dice mai al Maestro cosa Egli sia, come dovrebbe agire e quanto gli abbisogni. L’ente semplicemente dice: “Padre”; ed è tutto quello che il Maestro esige per essere apertamente Se stesso, per rendersi incisivamente attivo nel piano esistenziale: in grado quindi d’operare, in misura 53
crescente, nel dinamismo del Dharma. Occorre a questo punto specificare che il Maestro “è” il Dharma; e che, se è stata puntualizzata una distinzione, questa dà rilievo al fattore “Io-Tu”, tipico del rapporto con il Divino per le zone emanate, nelle quali il Padre è sempre l’Oltre, ed il Maestro è il fattore immanente di sostegno e di realtà, che incide come tale sulla condotta dei figli. Così il Maestro, che in questa prospettiva è un aspetto della Misericordia (che è poi il Cristo) deve operare con il Dharma così come Esso è vissuto ed interiorizzato dai suoi allievi, nella attesa di poter rendersi e Maestro e Dharma in perfetta identità. Intendere esattamente l’ente di tramite è effetto della propria capacità d’ascoltare il Maestro, e quest’ultimo non è generalmente né percepito né compreso quanto si dovrebbe. Il Maestro, infatti, quando non può apertamente collocarsi nel suo puro momento teurgico, parla nel “silenzio” del cuore, e cioè parla nel “silenzio dello Spirito”. Lo spirito rappresenta l’intelligenza che una persona ha del Reale, ed il Reale – sia detto ancora una volta e sempre – è AMORE. Conseguentemente la spiritualità di una creatura è essenzialmente intelligenza d’Amore, la quale si colloca nel punto metafisico e formale di congiunzione esistente fra l’Assoluto ed il Relativo, là dove si compie la nostra scelta di libertà e di direzione: quella che poi deve essere condotta ad esecuzione con l’energia del Padre, e che è tuttavia sempre affidata alla capacità essenziale della creatura. La creatura è – ontologicamente – potenzialità ed attualità di scelta nel Continuum divino, e conseguentemente impersona la capacità di tradurre questa scelta in un vettore esistenziale. Il Padre porta sempre a compimento le scelte che sono puntualizzate dalle Sue emanazioni. Se esse sono compiute al livello dello Spirito, conducono ad un approfondimento della Realtà della Manifestazione, all’equilibrio ed alla gioia. Se, al contrario, le scelte sono identificate al solo livello della mente/intelletto/io (con esclusione della spiritualità) esse inducono, presto o tardi, al distacco dal Principio, all’involuzione, al dolore e a quella tremenda maya del nostro stato che è la morte ed il tempo contrassegnato da quest’ultima degenerazione, dalla disgregazione spirituale generalizzata. Il Ciclo originario è invece l’estrinsecazione del processo dialettico di “sintesi, analisi esistenziale e nuova sintesi”, fondando quest’ultima su tutti i dati fino allora acquisiti, e quindi comprensiva di quelli che costituiscono l’attualizzazione della precedente intuizione sintetica compiuta dai protagonisti dell’evento. La Polarità, che è il vero motore dell’Emanazione, procede dunque per sintesi, analisi e rinnovata sintesi. L’Uomo Virile (da non confondersi con quello effeminato ed involuto di tante zone dimensionali, nostra compresa) conduce alla coscienza della Manifestazione (Adam) un dato sinteticamente intuito; la Donna, quella vera, evidenzia e perfeziona l’intuizione analitica dello stesso dato, alla cui percezione ha essenzialmente contribuito a livello sottilissimo. Fra i due aspetti (Uomo e Donna) allora c’è – o dovrebbe esserci – contemporaneità d’apprendimento, e questa 54
constatazione ci dice quanto ogni disquisizione circa la pretesa superiorità dell’uomo sulla donna (e viceversa!) sia priva di senso. La perfetta acquisizione di un dato, intuìto nel Continuum divino, è di norma possibile soltanto nell’empatia polare, che riconduce ad unità, in ogni livello accessibile, i due Momenti fondamentali dell’Interità emanata: il fattore noumenico ed il fattore chaktico, l’uomo e la donna. L’Emanazione è basata su questa capacità binaria d’intuizionismo del Reale, in cui entrambe le Polarità sono attivamente paritetiche secondo le loro naturali specificità. “Binaria”? Sì, se la consideriamo sotto il profilo dei rapporti nella Creatura. Tuttavia il Punto d’unione è sempre il Padre, l’amore del Padre. I due enti polari, in effetti, si uniscono (negli stati resisi reali nel momento considerato) nell’immanenza di Dio, nella Sua misericordia e con il Suo sostegno. Misericordia e Sostegno alla loro vita, e questa è la Volontà divina. Comprendere l’ente di tramite è principialmente avere l’intelligenza di questi fatti, la comunicazione dei quali accade solo se essi sono stati cercati, voluti ed acquisiti dalle individualità a tanto preposte, le quali allora impersonano per l’Istruttore la Manifestazione stessa in un suo aspetto di realtà e d’emancipazione dal fattore ostativo della “Caduta”. In questo caso, infatti, il Maestro può comunicare anche cose che sono di per sé sempre un poco oltre le stesse acquisizioni degli allievi, ma che adesso individua nelle loro virtualità come attualizzabili in poco tempo: praticamente, quasi “ora e qui”. Ogni altro dono viene precluso al Maestro dal Suo totale rispetto della libertà delle creature: libertà principiale d’autodeterminarsi e di scegliere così il proprio stato. In ogni caso il Maestro, in quanto Testimone, è costantemente in ascolto. Sottolineiamo nuovamente la verità essenziale che l’ente di tramite sintetico/analitico – la Virilità e la Femminilità – è pressoché “inerte” in assenza o in insufficiente presenza dell’altro Polo, che con lui dovrebbe poter costituire un’unità tanto simbolica che di fatto (l’androgine primordiale). In questa malaugurata eventualità l’ente di tramite (uomo o donna che egli sia) deve affidarsi quanto più sa e può al Testimone interiore, sviluppando cosi anche la formulazione “complementare” del suo organo autorappresentativo: femminile, se egli è uomo, e maschile se è donna. Altrimenti è facile cadere nell’astrazione, nelle concettualizzazioni e negli intellettualismi più illusori e falsificanti, con effetti il più delle volte molto negativi. Sottolineando che l’ente di tramite è rappresentato dalla coppia polare, rileviamo che all’elementarietà virile dovrebbe essere affidato il primo passo per l’autorealizzazione, così come “logicamente” la sintesi deve precedere l’analisi: questo è vero in un campo non più “normale”, inquinato dalla distorsione di un distacco dal Centro Atmico, e nel quale la parità principiale s’è oscurata. Tale assunto ammette però eccezioni, necessarie quando è proprio l’uomo a mostrarsi inadeguato alla concretezza esistenziale di un rapporto. 55
In genere la donna, nell’assenza del suo ente polare di riferimento, facilmente si vanifica in ideazioni e concettualizzazioni prive di vera base reale e di fattiva direzionalità, conducendo il campo generale ad un più o meno lento ma sempre inevitabile decadimento. La Potenza, infatti, abbisogna ed esige un dato sintetico reale per saper esattamente agire, così come la sua natura richiede. Il simbolismo di Eden, quale è descritto nel libro della Genesi, è tutto qui. In termini più generali, l’Emanazione è l’estrinsecazione (nel “piccolo” e nel “grande”) del Principio Femminile, e questi vuole una base ideativa concreta per rettamente affermarsi. Questa elementare considerazione dovrebbe condurre ad una revisione di tutto lo stato attuale delle cose, che vedono nei Campi sottili la prevaricazione della Donna e nel nostro, ovunque, la prevalenza dell’Elementale maschio, con tutte le sue tremende capacità d’astrattismo quando si sia scisso dal proprio Principio ontologico, che è Dio in Cristo, nell’Atma. La conduzione del dato sintetico (sentito in configurazione pre-formale dall’intuizionismo spirituale) alla propria autorappresentazione è quindi un fattore fondante della vera esistenza; l’altro fattore è costituito dalla Potenza di tradurre l’intuizione in forme viventi, in persone e rapporti, come – per esempio – la nascita dei figli. O semplicemente in “cose” più o meno utili e necessarie in senso lato alla quotidianità della vita. Questo processo “dovrebbe” essere comune alle due Elementarietà Polari. Se noi dunque accentuiamo sovente l’importanza del tramite virile in questo contesto, è perché esso è troppo poco presente o addirittura assente nel rapporto di polarità, con conseguenze nefaste per la Donna e per la Manifestazione. Anche e soprattutto perché occorre recuperare “in Dio e con Dio” l’Ideazione di fondamento, l’effettiva concretezza del nostro campo esistenziale: che è, ribadiamo, epifania di Dio come Sua Volontà. Per finire aggiungiamo che l’opposizione all’amore del Padre è da Lui compresa nello stato - da grandissimo tempo fossilizzatosi - di ”avidya”, dell’ignoranza metafisica insorta nelle nostre coscienze. Quest’avidya condiziona gravemente la nostra libertà, e ci coarta a comportamenti progressivamente più autodistruttivi, che ad un certo punto elidono qualsiasi vera capacità di scelta. Il primo passo è conseguentemente quello di dissipare – per quanto è possibile – questo stato di nescienza spirituale, ed il secondo è quello di agire in conformità ai principi reali che ci siamo ri-dati. L’attuale avidya non è più tollerabile né è tollerata, soprattutto quando esistano i presupposti per una scelta vera nella Pace e nel Bene: presupposti attualizzati dalla Misericordia salvifica del Figlio di Dio e con la nostra attiva partecipazione, per quella che è la “nostra” parte. La Misericordia di Dio è il Cristo, Idea assoluta di Creatura totale, nel quale possiamo identificare gli Archetipi Divini dell’Uomo e della Donna in Gesù e Maria, secondo i simboli viventi apparsi nella nostra età. Quest’Idea implica l’Amore, il Sostegno ed il Sacrificio, e quindi noi stessi 56
dobbiamo essere capaci di tanto nel nostro limitatissimo campo d’attività , secondo la Legge delle Corrispondenze. Ma non siamo soli. 7/08/2007
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