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MARZO 2018
Tutti sulla Luna? Mai come questa volta tale obiettivo sembra soddisfare i desideri delle principali agenzie spaziali al mondo
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OMMARIO
N.10 - MARZO 2018
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“L’editoriale” DI ROBERTO VITTORI
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“Dalla Terra alla Luna ma non è un amarcord” DI MANUELA PROIETTI, FRANCESCO REA
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“Prossima fermata Luna, destinazione Marte” DI GIULIA BONELLI, FULVIA CROCI
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“Villaggio lunare globale” DI MANUELA PROIETTI
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“Il fallimento non è un’opzione” DI PAOLO D’ANGELO
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“L’haka spaziale della Nuova Zelanda” DI GIULIA BONELLI
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“Così è nata la nostra agenzia spaziale” DI GIULIA BONELLI
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“Euclid, il lato oscuro del cosmo” DI MANUELA DI DIO, ELISA NICHELLI
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“Asgard, la prima nazione spaziale?” DI ENRICO POTENZA
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“Causa-effetto: antiche e nuove relazioni” DI VITTORIO BO
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“Rosetta, Planck e Lisa si dividono il podio DI ILARIA MARCIANO
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TESTATA GIORNALISTICA GRUPPO GLOBALIST Reg. Tribunale Roma 11.2017 del 02.02.2017 online www.asi.it - www.media.inaf.it - globalscience.it
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“Nairobi: spazio e università per il futuro dell’Africa” DI ROBERTO BATTISTON
direttore responsabile Gianni Cipriani direttore Francesco Rea direttori scientifici N.D’Amico, R.Battiston progetto grafico Paola Gaviraghi
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“Spazio ai libri” A CURA DELLA REDAZIONE
grafica Davide Coero Borga coordinamento redazionale Manuela Proietti redazione ASI - Media INAF - Globalist
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a Luna dista solamente 380.000 km ed è la prossima meta dell’esplorazione umana. Il nostro satellite naturale rappresenta infatti la prima vera opportunità di insediamento stabile dell’uomo al di fuori dell’atmosfera terrestre. La Stazione spaziale internazionale ha avuto l’importantissimo compito di consolidare la nostra capacità di operare, anche per periodi relativamente lunghi, in condizioni di micro-gravità e al di fuori dell’atmosfera. Tuttavia, per realizzare un avamposto spaziale completamente indipendente è necessario lasciare l’orbita bassa e spostarsi sulla superficie di un altro corpo celeste. L’opportunità a noi più prossima è quindi la Luna e il primo, fondamentale, passo da fare è consolidare le operazioni verso il nostro satellite e ritorno. Le missioni esplorative degli anni ‘60 sono state delle prove generali, dimostrazioni di capacità tecnologica, oltre che operativa, ma rimangono solo una breve introduzione alla vera sfida epocale, mai prima tentata: quella di assicurare lunghe permanenze su un corpo celeste differente dal nostro, costruendo insediamenti che possano, un giorno, sostenersi in totale autonomia. C’è infatti una differenza fondamentale tra dimostrare di saper andare e tornare in sicurezza e abitare permanentemente un pianeta diverso dalla Terra. Creare nuclei abitativi in grado di auto-sostenersi e al di fuori della nostra atmosfera è il vero obiettivo ad oggi ancora mai tentato ed implica la capacità di reinventare il processo manifatturiero su un altro corpo celeste che includa l’estrazione di materie prime e la successiva lavorazione in situ. Oltre a ciò, va aggiunto che l’ormai confermata presenza di acqua rende estremamente realistica l’ipotesi di nuclei di insediamenti umani. La ricerca scientifica sarebbe certamente uno degli obiettivi principali ma lo sforzo sarebbe in primis volto allo sviluppo di capacità tecnologica. In una prospettiva di lungo periodo, una volta sviluppato il sistema di trasporto in grado di assicurare i collegamenti “Terra-Luna”, la Luna potrebbe anche diventare una sorta di gigantesca zona industriale, un luogo su cui decentralizzare le attività produttive altamente inquinanti, abbassando l’impatto negativo che esse hanno attualmente sull’eco-
IL PRIMO INSEDIAMENTO UMANO EXTRA-TERRESTRE
DALLA LUNA VERSO LO SPAZIO PROFONDO di Roberto Vittori @RobVitt_
“La Luna è destinata a diventare il nostro spazio-porto per eccellenza”
sistema terrestre. Inoltre, avendo una forza di gravità ridotta e non presentando un’atmosfera consistente, la Luna è destinata a diventare il nostro spazio-porto per eccellenza. Il lancio di una missione dal nostro satellite necessiterebbe di uno sforzo energetico decisamente ridotto rispetto a quanto occorre ora dalla Terra. Una base lunare potrebbe dunque, un giorno, assicurare spedizioni umane e robotiche verso i confini del sistema solare e oltre.
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IL PUNTO DI VISTA DI ITALIA, EUROPA, RUSSIA E USA
DALLA TERRA ALLA LUNA MA NON È UN AMARCORD di Manuela Proietti e Francesco Rea @ASI_spazio - infografica di Davide Coero Borga
Temple atop Shackleton Crater. Un rendering di Jorge Mañes Rubio. Spatial design & visualisation in collaborazione con ditishoe.com. Crediti: Esa.
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Fino a qualche anno orsono, esattamente nella prima decade del terzo millennio, il tema principale era se l’esplorazione spaziale umana dovesse puntare sulla Luna o su Marte. I due corpi celesti erano in qualche misura contrapposti come scelta, si trattava di scelte strategiche divergenti. Questa realtà è stata tale fino a poco tempo fa. Ovviamente il traino era tutto statunitense e solo recentemente l’Esa ha messo in campo il progetto Moon Village. L’arrivo di Obama alla Casa Bianca ha modificato radicalmente la questione. Marte si allontanava a favore degli asteroidi e la Luna tornava in campo, ma non per una base sulla, ma intorno. Il cambio di passo finale è stato provocato dalla Russia che ha annunciato un piano trentennale per realizzare una base lunare. Gli europei il progetto già l’avevano, la sinergia era possibile, come anche con gli Usa per la prima fase, quella cislunare. Poi Trump e il ritorno sulla Luna anche degli Stati Uniti.
Fatte le debite premesse vediamo uno per uno i protagonisti in campo. Italia L’Italia ha sempre avuto il suo principale interesse su Marte. Tuttora è leader in Europa della missione ExoMars, l’imponente missione dell’ESA che si aggiunge alla prima, Mars Express, anche questa a trazione italiana. L’Italia è presente su Marte anche con l’americana Mro. Un ruolo di leadership in Europa che vale però anche per il volo umano, con le undici missioni di astronauti italiani sulla Stazione Spaziale Internazionale. E se l’Europa ha un gap, l’accesso umano allo spazio, oggi peculiarità comune ai soli americani, russi e cinesi, non ha però impedito all’Esa di ipotizzare il programma Moon Village. Dunque l’Italia, al di là del rilevante ruolo nell’esplorazione robotica, potrebbe guardare, dal punto di vista tecnologico e industriale, con interesse alla partecipazione alla colonizzazione umana della Luna, che sia in superficie o cislunare. L’esperienza fatta nella realizzazione e gestione della Stazione Spaziale In-
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Apollo 11, 20 luglio 1969. Neil Armstrong lascia la prima impronta sulla Luna. È la prima di 6 missioni che portano l’uomo a mettere piede sulla superficie lunare.
ternazionale, il ruolo dell’industria italiana per la Iss ma anche le navicelle Cygnus e Orion, gli stretti rapporti di collaborazione con gli Usa, ma anche con la Russia, ne potrebbero fare, infatti, un partner privilegiato. Russia L’annuncio è arrivato, un po’ a sorpresa, nel settembre scorso, durante lo Iac di Adelaide. In quell’occasione il Direttore Generale dell’Agenzia Spaziale Russa (Roscomos), Igor Komarov ha illustrato un piano che prevedeva inizialmente la realizzazione di basi cislunari a parti-
re dal 2030 per poi costruire una base lunare, al polo sud, a partire dal 2040. In questa avventura, davanti all’Amministratore della Nasa Robert Lightfoot, hanno auspicato una convergenza con gli Stati Uniti, almeno fino alla fase cislunare, per poi divaricarsi. Russi sulla Luna, americani su Marte. Nel 2040 infatti le strade si dividerebbero: i russi comincerebbero la colonizzazione lunare e gli Stati Uniti quella marziana. Ovviamente Trump non si era ancora pronunciato e ad oggi non è dato sapere quali siano i passi pratici che la Russia intende percorrere per la colonizzazione lunare. Anzi di più: di quanto annunciato in Australia global science - 7
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USA 2019 Exploration mission 1 (Em-1) con volo inaugurale dello Space launch system. A bordo la capsula Orion. Obiettivo: tre giorni in orbita retrograda lunare e ritorno.
CINA 2018 Chang’e 4: sonda, lander e rover. Sarà il primo tentativo di atterraggio nella faccia nascosta della Luna.
USA 2023 Em-2. Prima missione con equipaggio, rilascerà il primo modulo abitativo del Lunar Orbital Platform Gateway, la stazione spaziale cis-lunare auspicata dalla Nasa.
INDIA 2018 Chandrayaan-2: sonda, lander e rover. Prima missione ad atterrare al polo sud lunare.
CINA 2019 Chang’e 5: missione di raccolta e invio a Terra di campioni lunari.
sulla versione inglese del sito di Roscosmos non si trova nulla. Ma che quella proposta sia una realtà lo testimoniano i molti cronisti, tra cui noi, presenti all’annuncio. Europa L’idea del Moon Village viene fuori nel 2016. A lanciarla è il dg dell’Esa Jan Woerner qualche mese dopo il suo insediamento. Woerner ne parla come di un ‘progetto spaziale globale’ volto alla costruzione di una base permanente sulla Luna a fini scientifici, commerciali, turistici e per l’estrazione mineraria. Collaborazione è la 8 - global science
parola chiave, non solo tra Agenzia spaziali, dentro ci vede anche i privati. Perché la Luna può essere un affare per tutti e perché l’Europa, da sola, non può farcela. Il momento storico però non sembra essere tra i più favorevoli: Obama, cancellati i piani di Bush per il ritorno umano sulla Luna, punta verso gli asteroidi e Marte, vedendo nell’orbita del nostro satellite solo un punto di passaggio verso destinazioni più lontane. Sul momento, il sogno di una base lunare sembra dunque restare un auspicio tutto europeo, un’affascinante suggestione futuribile più che un obiettivo del prossimo futuro.
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EUROPA MOON VILLAGE Nel 2016 il DG dell’Esa Ian Woerner ha lanciato l’idea del Moon Village. Non si tratta di un programma spaziale con una timeline definita, ma di una una “visione per un’architettura aperta e un’iniziativa internazionale comune”, per dirla con le parole di Woerner. L’Esa sta poi collaborando al programma lunare Nasa realizzando il modulo di servizio della capsula Orion.
Fino allo Iac 2017 di Adelaide. L’annuncio del programma lunare russo rilancia l’attenzione sul suolo lunare e non più solo sulla sua orbita, tanto che anche gli Usa, come vedremo a seguire, stanno decidendo sul da farsi. Il tempo, dunque, sembra avere dato ragione a Woerner. E che si torni o meno sulla Luna, l’Europa alla Luna ci andrà in ogni caso con il modulo di servizio europeo della capsula Nasa Orion, costruito in Italia. Usa To built or not to built… a lunar base? Questo il dilemma di Trump in termini di politica spaziale. La Nasa è infatti in attesa che il Congresso si pronunci formalmente sull’opzione di un ritorno umano alla Luna. La sterzata dei russi ad Adelaide non ha lasciato indifferenti gli States che fino a ottobre scorso non avevano più parlato, dai tempi di Bush, di basi lunari. «Riporteremo gli astronauti americani sulla Luna, non solo per lasciare impronte e bandiere, ma per costruire le fondamenta di ciò di cui abbiamo bisogno per
RUSSIA 2018-2025 La Russia intende inviare sulla Luna 5 missioni robotiche in 8 anni in preparazione di missioni umane sulla superficie. Roscosmos si è detta disponibile a collaborare al progetto Nasa del Lunar Orbital Platform Gateway. La destinazione di Luna-25 potrebbe essere il cratere Boguslavsky, in prossimità del polo sud lunare, dove analizzerà le caratteristiche della regolite (il suolo lunare) e realizzerà una dettagliata mappa in 3D del terreno circostante. Ma in cantiere ci sono anche le missioni Luna-26, Luna-27, Luna-28 e Luna-29 i cui lanci sono previsti fra il 2020 e il 2025.
mandare gli americani su Marte e oltre», queste le parole del vice di Trump, Mike Pence, all’indomani dello Iac 2017. Il nodo, certamente cruciale per definire la direzione che prenderà l’esplorazione umana dei prossimi decenni, sarà sciolto in questi mesi, nel frattempo restano confermati i piani per la realizzazione del Lunar Outpost Gateway-Platform - una sorta di stazione spazio-porto cislunare - con una timeline piuttosto compressa. Stando a quanto riportato nella proposta di budget Nasa per l’anno 2019 una volta testato il nuovo sistema di trasporto Sls-Orion, nel 2022 dovrebbe volare il primo elemento dell’avamposto e già nel 2023 è previsto l’aggancio di un modulo abitativo.
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una, spazio profondo, Marte. Sono queste da tempo le parole chiave di SpaceX, l’azienda statunitense ai primissimi posti nella moderna corsa allo spazio. In un settore dove sempre più pubblico e privato si fondono, la compagnia di Elon Musk ha trovato terreno fertile per sviluppare la sua nuova idea di esplorazione spaziale. L’obiettivo? Rendere l’umanità una specie multiplanetaria. Ecco il sogno di conquista che sta guidando il numero uno di SpaceX, ideatore di una tabella di marcia fatta di traguardi e scadenze, che dovrebbero portare il primo astronauta sul pianeta rosso entro il 2024. E dunque Luna, spazio profondo, Marte. La Luna perché è tornata LA CORSA ALLO SPAZIO DI MUSK, LO SVILUPPO DI SLS E ORION di moda, perché ci sta pensando da tempo la Nasa, ma soprattutto perché costituisce un punto strategico per “andare oltre”. Mentre l’agenzia spaziale statunitense continua lo sviluppo dello Space Launch Sydi Giulia Bonelli e Fulvia Croci @ASI_spazio stem e della capsula Orion, che spedirà verso l’orbita cislunare, SpaceX punta sul turismo spaziale. I primi due cittadini-astronauti, secondo gli In attesa, appena due anni dopo, annunci di Musk, dovrebbero viaggiare intorno al nostro satellite già dei primi ‘coloni’ marziani. entro la fine del 2018. La missione prevede un viaggio di circa una settimana a bordo della navicella Dragon 2, nuova versione della capsula Space Launch System prende forma cargo Dragon, che verrà lanciata da Falcon Heavy. Lo stesso vettore Rinvii e rallentamenti nelle fasi di che ha dato una prima prova di forza lo scorso 6 febbraio: il razzo per costruzione non fermano lo svicarichi pesanti ha debuttato lanciando nello spazio una Tesla Roadster, “Orion luppo dello Space Launch System l’auto elettrica voluta dallo stesso Musk. Partito sulle note di Life on Mars dovrà (Sls) e della capsula Orion. Il volo di David Bowie, il ‘falcone’ ha portato la macchina color ciliegia – rossa rispettare i inaugurale del sistema di lancio come il pianeta rosso, recitava lo slogan di SpaceX – fino all’orbita eliocen- requisiti di che permetterà di nuovo alla Nasa trica, che alla fine dovrebbe condurla proprio verso Marte. di portare equipaggi umani in orrobustezza Questa impresa ha coronato la catena di successi di Falcon 9, predebita bassa e oltre, avrà luogo nel cessore di Falcon Heavy, che nel corso del 2017 aveva dato ragione alla e leggerezgiugno del 2020. La decisione riscommessa di Musk di puntare sulla tecnologia dei vettori parzialmente za necessari sale allo scorso dicembre quando, a seguito di un’attenta valutazione riciclabili. Per il 2018 SpaceX afferma di voler incrementare di circa il per portadei costi di produzione, si è deciso 50% il numero di voli, consolidando così il suo ruolo nelle telecomuni- re l’uomo cazioni ma al tempo stesso guadagnandosi una posizione di primo piano nello spazio di posticipare il debutto del lanciatore con la Exploration Mission 1 nella futura esplorazione dello spazio profondo. Se Falcon Heavy fun(EM-1), inizialmente previsto per zionerà come previsto, gli Stati Uniti torneranno infatti a una capacità profondo” il 2019. Nessuno stop invece, per di sollevamento pesante finita con il pensionamento di Apollo, e questo i test sui motori di Sls. Lo Stenaprirà nuove frontiere sul deep space. nis Space Center della Nasa ha Da qui il passo verso l’esplorazione del sistema solare è breve, e Musk confermato il successo delle prove parla di una missione senza equipaggio sul pianeta rosso entro il 2022. 10 - global science
PROSSIMA FERMATA LUNA, DESTINAZIONE MARTE
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L’Italia a bordo di Orion Mentre la Nasa pensa allo sviluppo di Sls, l’Esa sta lavorando alle fasi di costruzione dello European service module (Esm) il modulo di servizio che fornirà il supporto vitale e la propulsione a Orion. Questo fondamentale elemento della capsula, vanta un importante contributo italiano: l’unità Structural test article (Sta) che riproduce la struttura di volo di Esm è realizzato negli stabilimenti di Torino di Thales Alenia Space Italia per conto dell’agenzia spaziale europea. Esm è stato sviluppato a partire dalla navetta cargo Atv dell’Esa che ha fatto la spola tra la Terra e alla Iss portando rifornimenti ed esperimenti dal 2008 al 2015. Il modulo è al momento in fase di costruzione a Brema e volerà a bordo della Exploration Mission-1 per testare tutti i sistemi. Nella stessa facility, si sta procedendo allo sviluppo del secondo esemplare di ESM che andrà in orbita con la Exploration Mission-2, la prima ad avere un equipaggio a bordo.
ArgoMoon a un passo dalla Luna Nello spazio profondo viaggerà anche un po’ di Italia. Tra i CubeSat scelti per l’esplorazione dello spazio profondo a bordo della capsula Orion ci sarà ArgoMoon, il nanosatellite italiano realizzato da Argotec e coordinato dall’Asi. Il progetto è l’unico selezionato dalla Nasa tra quelli proposti a livello europeo. ArgoMoon sarà costruito da materiali innovativi che permetteranno di integrare, in un volume corrispondente a circa una scatola di scarpe, alcune delle più sofisticate tecnologie satellitari. Il suo ruolo principale sarà scattare foto nel corso della missione EM-1 e testare nuovi sistemi di comunicazione Il nanosatellite sarà quindi il primo progettato in Italia a essere testato così lontano dal nostro pianeta, a un passo dalla Luna e nelle condizioni estreme dell’orbita cislunare.
I tecnici della Lockheed Martin assemblano le prime componenti della capsula Orion. CreditI: NasaLockheed Martin.
sugli Rs-25: i quattro motori che il razzo ha ereditato dal programma Space Shuttle. La Nasa prevede di utilizzarli solo nelle Exploration Mission 1 e 2 per poi passare a una versione più leggera, pensata per le missioni future di Sls. Procede a passo spedito e su due fronti diversi, anche lo sviluppo di Orion. Mentre i tecnici stanno completando le procedure di assemblaggio della capsula per la Em-1 in Florida, contemporaneamente, un secondo gruppo di ingegneri, si sta occupando della costruzione della capsula destinata alla Em-2. Questa missione prevede la presenza di astronauti a bordo che compiranno un giro completo della Terra per poi dirigersi verso l’orbita cislunare. All’inizio del mese di febbraio, i tecnici della Lockheed Martin, hanno assemblato i primi due componenti della capsula presso la Michoud Assembly Facility di New Orleans. La capsula Orion per la Em-2 - il cui lancio è in agenda per il 2023 - viene presentata come una navicella particolarmente complessa e progettata per le estreme condizioni che andrà ad affrontare durante le missioni nello spazio profondo. Nel dettaglio, il modulo per l’equipaggio è formato da componenti in lega d’alluminio, progettate per dare alla capsula robustezza e leggerezza allo stesso tempo. Le due capsule saranno simili nell’aspetto esteriore anche se la Em-2 è più leggera del 30 percento, particolare necessario per poter fare spazio agli astronauti. Il suo completamento è previsto per la fine dell’estate ma per i test veri e propri, dovremo attendere il lancio (e il successo) della Em-1, che - anche se priva di equipaggio - sarà dotata di un supporto vitale completo per poter rendere ancora più efficienti le verifiche di stabilità.
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INTERVISTA A JOHANN-DIETRICH WÖRNER, DIRETTORE GENERALE ESA
VILLAGGIO LUNARE GLOBALE di Manuela Proietti @unamanus
“La Luna e Marte sono tappe intermedie del viaggio che definisce il nostro posto nell’Universo”
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50 anni dopo le missioni Apollo la Luna è di nuovo il principale obiettivo dell’esplorazione umana spaziale. Perché? Astronauti provenienti da diversi Paesi, uomini e donne, vivono e lavorano stabilmente in orbita intorno alla Terra ininterrottamente dall’inizio di questo secolo, grazie alla Stazione Spaziale Internazionale. L’esplorazione dello spazio progredisce gradualmente. Quando si guarda al passo successivo alla Iss, è naturale considerare l’opportunità più vicina. La Luna permette di sfruttare e di accrescere - in una modalità relativamente sicura - l’esperienza tecnologica ed operativa maturata negli anni trascorsi nell’orbita bassa terrestre. Sulla superficie della Luna e intorno alla sua orbita si potranno effettuare attività scientifiche, e in seguito, anche attività di tipo commerciale. Ciò migliorerà la nostra capacità a condurre nello spazio operazioni in superficie e quindi a preparare missioni di esplorazione umana più sicure verso altri corpi celesti. Le prime missioni robotiche apriranno la strada al ritorno di missioni umane e creeranno le condizioni per rendere tale ritorno sostenibile. La Luna è una destinazione adatta per qualcosa di permanente e che comprenderà una nuova dimensione economica. Avamposto cislunare o villaggio lunare? A seguito della firma da parte del Presidente Trump della direttiva di politica spaziale n. 1 che invita ad un ritorno sulla Luna, e dopo la presentazione della proposta di bilancio Nasa dell’anno fiscale 2019 (FY 2019 Nasa), l’infrastruttura cis-lunare è ora indicata come Lunar Outpost Platform-Gateway (un avamposto lunare che funzioni da piattaforma e da ‘porta di accesso’, ndr). Si tratta di un’interessante proposta per replicare lo schema della Iss in prossimità della Luna. Un progetto che, certamente, darà sostegno a ogni piano che intenda portare avanti l’esplorazione della superficie lunare. L’Agenzia spaziale europea è coinvolta nella definizione della piattaforma e sfrutteremo il nostro know-how per mettere l’industria europea al centro dello sviluppo dell’infrastruttura, così come abbiamo già fatto con il modulo di servizio Orion (Esm). Ci augu-
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riamo che non si perda l’opportunità di pensarlo come uno sforzo globale, che possa consentire di svolgere efficacemente operazioni ed attività sulla superficie della Luna. Più scienza o più tecnologia? Questa nuova fase darà una spinta al potenziale innovativo dell’esplorazione spaziale e aprirà nuove potenziali applicazioni per le tecnologie emergenti come, ad esempio, la manifattura additiva, l’intelligenza artificiale, i sistemi di supporto vitale a circuito chiuso e così via, che renderanno anche la vita sulla Terra più sostenibile. La scienza trarrà grande vantaggio dalla presenza permanente sulla Luna e attorno ad essa. Ciò consentirà di dare supporto alle infrastrutture scientifiche per condurre esperimenti relativi alla Luna, attorno alla Luna e sulla Luna stessa. La Luna in primo piano, Marte sullo sfondo. Rimarrà così? Qualcuno ha detto che quando il tuo sguardo si alza per guardare Marte, vedi prima la Luna. La Luna e Marte sono tappe intermedie dello stesso viaggio per definire il nostro posto nell’Universo. La Luna è una destinazione ideale per una presenza umana prolungata e per migliorare le prestazioni dei nostri sistemi robotici ed automatizzati e loro interazioni con gli astronauti. L’esperienza e la conoscenza che trarremo stando attorno alla Luna e sulla sua superficie saranno fondamentali per un’esplorazione umana di Marte più sicura. C’è ancora tanto che possiamo imparare su Marte attraverso le missioni robotiche come ad esempio ExoMars, il cui rover dovrebbe essere lanciato nel 2020. La Luna è anche la destinazione più adatta per uno sforzo globale, aperto, cooperativo e pacifico che è destinato a segnare la prima metà del nostro secolo.
“Dopo 50 anni la Luna è di nuovo il principale obiettivo dell’esplorazione umana spaziale”
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on era la Luna il primo pensiero degli scienziati e anche dei sognatori negli anni ‘50 quando si parlava di esplorazione planetaria. Era Marte. Un pianeta lontano e assai più misterioso del nostro satellite naturale che, immobile da millenni, non dava segnali di alcuna forma di vita sulla sua superficie. Con l’inizio dell’avventura spaziale, avvenuta nell’ottobre del 1957 con il lancio del primo satellite artificiale il russo Sputnik, la Luna divenne, per i competitori nella gara spaziale, Usa e Urss, l’obiettivo principale, da dover raggiungere in tempi brevi per dimostrare, in BASTARONO OTTO ANNI AGLI AMERICANI PER L’ALLUNAGGIO piena guerra fredda, la supremazia del proprio paese. Furono ancora primi i sovietici nel 1959. Tra gennaio e ottobre vennero lanciate in sequenza tre sonde Lunik e fu la seconda, nel mese di Paolo D’Angelo @PaoloDan di settembre, a centrare la Luna. Era il primo oggetto costruito dall’uomo a toccare un altro corpo celeste. Subito dopo il lancio del russo Yuri Gagarin avvenuto nel 1961 il neo presidente americano a decollare per conquistare la Kennedy, per riscattare le magre figure che gli Stati Uniti stavano Luna. Quella missione, chiamata collezionando e non solo in campo spaziale, promise alle camere riApollo 11, ebbe una eco a livello unite ed al mondo intero che un americano sarebbe sceso sulla Luna mondiale. Erano esseri umani e entro il 1970. non solo americani, quelle omDopo quella dichiarazione si innescò un perfetto meccanismo di colbre che i terrestri di quasi tutlaborazione tra l’ente spaziale americano, le oltre 20.000 industrie “Sembrava te le nazioni, quasi ipnotizzati, coinvolte nell’avventura ed il Governo che elargiva fondi pressoché che in una videro sugli schermi televisivi. illimitati. Sembrava che in una sola notte sola notte In soli 8 anni l’America sorpassò nella gara spaziale l’Unione Sovie- il mondo il mondo intero fosse entrato imtica e nella notte di Natale del 1968 fece fare dieci orbite intorno alla provvisamente nel futuro. Degli intero fosse Luna all’equipaggio dell’Apollo 8 che lesse i primi versi della Genesi uomini avevano calpestato per inviando a tutti i popoli della Terra i propri auguri di buona fortuna entrato la prima volta un nuovo mondo e di un felice Natale. I sovietici avevano in quel momento, anche se improvvisae pareva che da quel momento per gli abitanti della Terra tutto non definitivamente, abbandonato la competizione. mente nel sarebbe stato più semplice. Non I motivi erano diversi: al nuovo leader Breznev lo spazio non in- futuro” andò propriamente così, ma dalteressava come al suo predecessore Chruscev, avevano perso nel la competizione si passò alla col1966 il loro “costruttore capo” ossia il progettista dei razzi Sergei laborazione ben prima della fine Korolev, ma soprattutto non misero sul piatto i soldi necessari per della guerra fredda. onorare l’impresa. Così l’America nel 1969 ebbe la strada spianata per collaudare, dapprima in orbita terrestre e poi in orbita lunare, tutti quei sistemi che portarono in piena estate tre uomini, Armstrong, Collins e Aldrin 14 - global science
IL FALLIMENTO NON È UN’OPZIONE
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a popolazione della Nuova Zelanda, paese grande 9/10 dell’Italia, equivale più o meno a quella che risiede a Roma e provincia. Il resto è dominato da una natura selvaggia e da chilometri e chilometri di terra incontaminata. Ecco perché Aotearoa, traduzione Maori di ‘New Zealand’, è una candidata perfetta per partecipare alla nuova corsa allo spazio dei voli commerciali. Se n’è accorta l’azienda spaziale statunitense Rocket Lab, che circa due anni fa ha contribuito allo sviluppo della giovanissima Agenzia spaziale neozelandese, istituita all’inizio del 2016, con la costruzione di una piattaforma di lancio nella Penisola di Mahia, a nord del paese. La sfida era quella di dare il via a una nuova era di space economy, caratterizzata da razzi a basso costo e da un grande numero di lanci. La prima ‘creatura’ progettata a questo scopo da Rocket Lab è il vettore Electron, testato per la prima volta a maggio 2017 durante una fase chiamata non a caso It’s a Test. Il successo era stato però solo parziale, perché il razzo non era riuscito a raggiungere l’orbita terrestre. All’inizio del 2018 l’azienda è entrata in quella che con ironia un po’ scaramantica ha ribattezzato Still Testing phase, e il 21 gennaio di quest’anno ha effettuato un secondo test. Questa volta Electron ha raggiunto l’orbita per la prima volta, segnando così il primo completo successo del lanciatore leggero, che durante la fase finale del test ha posizionato correttamente tre piccoli satelliti commerciali. Si è trattato di un banco di prova fondamentale verso il traguardo di far partire i voli commerciali dalla Nuova Zelanda - obiettivo che secondo la compagnia americana è molto vicino. Electron è dotato di un motore parzialmente elettrico, e molte sue componenti sono state prodotte grazie alla stampa 3D. A differenza di SpaceX, che ha scommesso sulla tecnologia dei vettori riciclabili, Rocket Lab punta a razzi usa e getta ma a costi nettamente inferiori, intorno ai 5 milioni di dollari l’uno. Inoltre, Electron è relativamente piccolo: è alto solo 17 metri (contro i 55 del Falcon 9 della compagnia di Elon Musk). Questo rende la sua capacità di carico abbastanza limitata, intorno ai 150 chilogrammi, ma al tempo stesso permette una programmazione snella dei voli. Molte più compagnie potranno permettersi di usufruire della piattaforma di Rocket Lab anche con carichi leggeri, grazie alla relativa economicità dei singoli voli. Questo apre alla possibilità, favorita anche dalla geografia neozelandese, di effettuare un gran numero di lanci all’anno. Ma questo per la Nuova Zelanda è solo il
SPAZIO LOW COST
L’HAKA SPAZIALE DELLA NUOVA ZELANDA di Giulia Bonelli @giulia_bonelli
“Dalle aziende private per approdare, un giorno, all’esplorazione spaziale”
punto di partenza. Come spiega Peter Crabtree, Direttore dell’Agenzia spaziale neozelandese, l’obiettivo a lungo termine è rendere il paese un attore di rilievo nell’ambito dell’esplorazione spaziale. Se le principali agenzie spaziali mondiali sono approdate ai voli commerciali dopo una lunga esperienza scientifica e tecnologica, in Nuova Zelanda sta avvenendo esattamente il contrario. Dalle aziende private per approdare, un giorno, alla ricerca nel settore aerospaziale: un esperimento che ad oggi si può considerare unico nel panorama internazionale. Il successo del test di Electron è quindi il primo tassello per rendere la terra dei Maori protagonista dei voli commerciali nell’emisfero australe, in attesa di contribuire alle future missioni di esplorazione spaziale. global science - 17
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INTERVISTA AL DIRETTORE PETER CRABTREE
COSÌ È NATA LA NOSTRA AGENZIA SPAZIALE di Giulia Bonelli @giulia_bonelli
Un’agenzia spaziale nuova di zecca, un accordo con l’azienda aerospaziale Rocket Lab, migliaia di chilometri di terra a disposizione e moltissime idee per il futuro. Sono queste le carte vincenti di Peter Crabtree, Direttore dell’Agenzia spaziale neozelandese. Global Science lo ha incontrato nel suo ufficio di Wellington pochi giorni prima della partenza del vettore Electron. Rispetto all’Italia, la Nuova Zelanda è dalla parte opposta del pianeta, eppure sempre più sentiamo parlare del vostro ingresso nel settore spaziale. Perché? La ragione per cui il resto del mondo è abbastanza interessato alla Nuova Zelanda è che abbiamo iniziato da una prospettiva differente rispetto alle altre agenzie spaziali. Siamo nati nel 2016, e in meno di due anni abbiamo istituito una partnership con Rocket Lab, costruito una piattaforma di lancio e iniziato la fase di test. Com’è nato l’accordo con Rocket Lab? Gli ingegneri di Rocket Lab all’inizio erano convinti che avrebbero lanciato i loro vettori dagli Stati Uniti. Ma il loro business plan a lungo termine puntava a raggiungere da 50 a 100 lanci l’anno, e in America questo è impensabile perché cieli e mari sono troppo trafficati. Quindi sono venuti qui. Quel è stata la prima cosa da fare? Scrivere una legge spaziale. La Nuova Zelanda non ne aveva una, da questo punto di vista avevamo un foglio di carta bianco da riempire. Lo abbiamo fatto in 12 mesi, basandoci sull’idea di diventare un nuovo attore nel settore spaziale. Come? Prima di tutto con i lanci commerciali. Ma una volta consolidata l’industria spaziale dal punto di vista economico, vogliamo investire in scienza e tecnologia e contribuire all’esplorazione spaziale internazionale.
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LA MISSIONE ESA CHE INDAGHERÀ SU MATERIA ED ENERGIA OSCURA
EUCLID, IL LATO OSCURO DEL COSMO di Manuela Di Dio ed Elisa Nichelli @ASI_spazio
la loro emissione nei vari ‘colori’, si ricaveranno informazioni sulla materia e energia oscura e la loro evoluzione negli ultimi dieci miliardi di anni.
ompongono il 95% dell’Universo, ma non abbiamo idea di come siano fatte. Sono materia ed energia oscura, le due componenti più abbondanti nel cosmo, il 25 e il 70% di tutto ciò che ci circonda. Per fare luce sulla parte oscura dell’Universo, l’Agenzia spaziale europea lancerà nel 2021 la missione spaziale Euclid. L’obiettivo di Euclid è ottenere una mappa 3D della posizione di milioni di galassie nelle bande del visibile e del vicino infrarosso, che permetterà agli scienziati di ricostruire l’evoluzione dell’Universo negli ultimi 10 miliardi di anni. Abbiamo rivolto alcune domande a Gianluca Polenta, dell’Agenzia spaziale italiana, project scientist della missione per Asi e a Luca Valenziano, responsabile scientifico di Euclid per Inaf e operation manager dello strumento infrarosso Nisp. Cosa sappiamo della materia oscura e dell’energia oscura? Gianluca Polenta: ne conosciamo l’abbondanza, ma non sappiamo caratterizzarle compiutamente a livello fisico. Le principali informazioni, ad oggi, provengono dal satellite Planck. Abbiamo misurato la composizione del nostro Universo: la densità di energia della componente barionica (quella che emette ‘luce’) della materia è circa il 5% del totale, la componente non barionica, ossia la materia oscura, circa il 25%, tutto il resto è dato dall’energia oscura. La materia oscura ha un effetto gravitazionale come la materia ordinaria, ma non emette né assorbe la luce. Dell’energia oscura sappiamo, invece, che ha lo strano effetto di far accelerare l’espansione dell’Universo. Come funzionerà la missione Euclid? Luca Valenziano: Euclid è una sofisticatissima macchina fotografica che realizzerà la più ampia mappa del cielo (15.000 gradi quadrati quasi tutto il cielo al di fuori della nostra galassia) mai realizzata, con altissimo livello di dettaglio e precisione. Contemporaneamente, osserverà gli spettri delle galassie e la loro emissione in tre ‘colori’. Dall’analisi combinata della deformazione dell’immagine delle galassie (weak lensing) e della loro posizione, determinata dallo spostamento delle righe spettrali (redshift) e dal-
“Euclid ci farà comprendere l’evoluzione dell’Universo negli ultimi 10 miliardi di anni”
Qual è la partecipazione dell’Italia alla missione? Gianluca Polenta: Il contributo dato da Asi, Inaf, Infn e diverse università italiane è notevole, 300 scienziati italiani fanno parte del consorzio Euclid con vari ruoli di responsabilità, tra cui la guida del complesso sistema di analisi dei dati a terra. Luca Valenzano: oltre ad essere una delle tre nazioni alla guida del consorzio, l’Italia realizza il cervello e il sistema nervoso dei due strumenti di Euclid. Le unità elettroniche sono tra i più potenti computer di bordo mai lanciati in una missione scientifica. Quando saranno disponibili i dati? Gianluca Polenta: l’obiettivo scientifico primario è quello di comprendere materia ed energia oscura, ma Euclid sarà una miniera di informazioni per il futuro; i primi dati saranno disponibili nel 2024.
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e micro-nazioni sono piccole entità auto-dichiarate che vorrebbero essere considerate stati sovrani, ma ancora non riconosciute dagli altri Paesi o dalle organizzazioni sovranazionali.
DIRITTO INTERNAZIONALE DELLO SPAZIO
ASGARDIA: LA PRIMA NAZIONE SPAZIALE?
di Enrico Potenza @ASI_spazio
Per quanto facilitato e stimolato dalla diffusione di internet il fenomeno, totalmente estraneo al diritto internazionale, ha origine molto indietro nel tempo (numerosi i casi risalenti all‘800) e ha sempre suscitato un notevole richiamo sociale e mediatico. Dallo scorso dicembre alla lunga lista di micro-nazioni politiche, ludiche, letterarie e fraudolente già esistenti se n’è aggiunta una ‘spaziale’ il cui nome richiama la mitologia nordica: Asgardia. Asgardia possiede già una propria costituzione, un proprio simbolo, una nutrita popolazione (più di 170000 persone hanno approvato la sua costituzione, il che la rende la 174esima nazione al mondo per popolazione) ed è contenuta in un disco d’archiviazione da 512gb attualmente in viaggio nello spazio a bordo di un piccolo satellite. Il progetto, nato da un’idea dello scienziato e uomo d’affari russo Igor Ashurbeyli, ha come obiettivo di fondo la creazione di una nuova casa per l’umanità nello spazio e il padre fondatore dello stato, nonché attuale presidente della nazione, si è così pronunciato dal sito di lancio del satellite: «Asgardia è l’unica rappresentazione al mondo di un nuovo territorio, il primo passo verso l’unificazione dell’umanità». Step successivo verso la formazione di un’entità nazionale ben definita che permetta ad Asgardia di interfacciarsi con altri Stati è rappresentato dalle elezioni parlamentari attualmente in corso, durante le quali i cittadini di Asgardia sono chiamati a
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La curiosa pubblicità dell’Agenzia spaziale europea all’aeroporto di Amsterdam Schiphol. Crediti: ESA/ Schiphol Airport/ Foster+Partners.
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scegliere 150 membri del parlamento destinati a formare il governo. Di recente pubblicazione inoltre la call per costituire un sistema economico e finanziario all’interno della nazione, che preveda uno strumento per il pagamento di beni e servizi, strumenti di risparmio e liquidità di valuta nazionale. Aspetti pratici e burocratici imprescindibili se si vuole rendere Asgardia una nazione a tutti gli effetti, ma secondo Ram Jakhu, esperto legale di Space Law per Asgardia, l’aspetto più interessante dell’evoluzione del progetto è il suo enorme contributo al concetto di democrazia trans-nazionale, il fatto che Asgardia sia completamente libera, aperta a chiunque e che possa unire la futura umanità rendendola trans-etnica, transnazionale, trans-religiosa, etica e pacifica, basandosi sull’uguaglianza e la dignità di ogni essere umano. Per quanto fondata su una filosofia di uguaglianza e di comunione, Asgardia (e nel caso specifico il satellite Asgardia-1, rilasciato lo scorso 6 dicembre) è comunque sottoposta all’esistente legislazione spaziale. A dispetto di quanto si possa credere, lo spazio ed il suo utilizzo sono regolamentati da diversi trattati, il più importante dei quali è l’Outer Space Treaty (OST) entrato in vigore nell’ottobre 1967, i quali garantiscono il libero accesso allo spazio e l’esplorazione dello stesso, ma proibiscono qualsivoglia dichiarazione di sovranità. L’OST prevede inoltre che siano i Governi che hanno autorizzato e lanciato oggetti nello spazio ad assumersene il controllo e la responsabilità, motivo per cui Asgardia-1 attualmente giace sotto la giurisdizione statunitense. Non è quindi un caso che Ashurbeyli abbia approfittato dell’occasione offertagli dal lancio per incontrare esperti e politici a Washington con i quali confrontarsi sui passaggi necessari ad un pieno riconoscimento da parte delle Nazioni Unite così da aggirare tali limitazioni. Staremo quindi a vedere se Asgardia diverrà uno Stato sovrano a tutti gli effetti, o se rimarrà la prima micro-nazione spaziale della storia.
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NATIONAL GEOGRAPHIC FESTIVAL DELLE SCIENZE
CAUSA-EFFETTO: ANTICHE E NUOVE RELAZIONI di Vittorio Bo @vittorio_bo
Felice è colui che ha potuto conoscere la causa delle cose», diceva Virgilio. Lo studio delle cause e delle relazioni causali è un tema fondamentale in ambito scientifico e filosofico, ed è difficile immaginare un’attività umana che non abbia a che fare con un’intricata rete di relazioni di causa-effetto. Dalla valutazione di un programma bilingue nell’educazione primaria, o al capire come un pipistrello identifichi le prede, alla speculazione storica su come esattamente sia morto Napoleone, e perfino alle predizioni di chi vincerà le prossime elezioni.. Ma cosa definisce una relazione di causa-effetto? Come individuiamo le cause in modo ragionevole, come le distinguiamo da semplici correlazioni? Quante cause possiamo individuare per un dato effetto? E più in generale, come possiamo dire che una cosa è causata da un’altra o più altre? Nella tredicesima edizione del National Geographic Festival delle Scienze, il tema delle cause verrà declinato nelle sue diverse dimensioni multidisciplinari: dal ragionamento filosofico sulle relazioni causali a una prospettiva storica sul concetto di causa; e poi ancora la prospettiva sulle differenze culturali nella concezione delle cause-effetti, e poi domande che riguardano le relazioni di causalità in biologia, in fisica, in astrofisica, in chimica, e anche in psicologia, fino alle implicazioni di causalità in criminologia. Come sempre la prospettiva sarà quella della ricerca più avanzata, e scienziati di livello internazionale, filosofi e storici della scienza, giornalisti ed esperti si riuniranno per capire e discutere cosa ci dice oggi la scienza su uno dei concetti più centrali dell’attività umana. Suddiviso in quattro macro-temi (“Terra e Ambiente”, “Pensiero e Creatività”, “Società e Legge”, “Tecnologia e Realtà”) durante il Festival si parlerà di diritti umani con Tawakkol Karman, l’attivista yemenita Premio Nobel per la Pace nel 2011, di viaggi nel tempo, di in-
“Felice è colui che ha potuto conoscere la causa delle cose”
telligenza artificiale, dei misteri che si nascondono nelle profondità dei mari, delle prospettive legate al futuro mondo dei robot, del rapporto tra letteratura e scienza, sino all’ avvento dei bitcoin. E tanto altro ancora.Il Festival – che si svilupperà nell’arco di una intera settimana, dal 16 al 22 aprile – proporrà exhibit e laboratori per bambini e studenti, incontri e lectio magistralis, conferenze spettacolo, una rassegna cinematografica scientifica, concerti, e una presenza che dall’Auditorium Parco della Musica si allargherà a tutta Roma (24 Biblioteche civiche, Bioparco, Maxxi). Insomma, la scienza per tutti e dappertutto.
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è un po’ di Italia nel premio annuale che la Royal Astronomical Society ha assegnato a Rosetta, Planck e Lisa Pathfinder.
La prestigiosa società scientifica del Regno Unito con sede a Londra ha scelto le tre missioni per i risultati significativi ottenuti nel campo dell’astronomia, della geofisica e della tecnologia. Tre missioni dell’Agenzia Spaziale Europea che vantano infatti un forte contributo italiano. Rosetta, la principale missione cornerstone del programma Esa Horizon 2000 per l’esplorazione dei corpi minori del Sistema Solare, ha ricevuto il 2018 Service Award for Geophysics, assegnato a Matt Taylor dell’Esa per il suo contributo. Rispetto alle precedenti missioni dedicate allo studio dei corpi celesti, Rosetta è stata la prima ad orbitare intorno ad una cometa - battezzata dagli astronomi con il nome di 67/P Churyumov-Gerasimenko - e soprattutto a raggiungerne la superficie con il suo lander Philae. Il tutto, dopo un viaggio di oltre dieci anni nello spazio, iniziato il 2 marzo 2002 e terminato il 30 settembre 2016, attraverso un percorso che ha superato i sei miliardi di chilometri. Una peculiarità che l’ha resa una missione da record e una fonte costante di preziosissimi dati per gli studiosi. Su ventuno strumenti a bordo della sonda e del lander Philae, ben quattro sono sotto la responsabilità italiana. Si tratta di Virtis (Visual InfraRed and Thermal Imaging Spectrometer) dell’Istituto di Astrofisica e Planetologia Spaziali di Roma, Giada (Grain Impact Analyser and Dust Accumulator) dell’Università Parthenope di Napoli e la Wac (Wide Angle Camera) a bordo di Osiris, dell’Università di Padova. La camera è
MISSIONI ESA A TRAINO ASI PREMIATE DALLA RAS
ROSETTA, PLANCK E LISA SI DIVIDONO IL PODIO
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di Ilaria Marciano @ASI_spazio
stata costruita da un consorzio europeo, finanziato da Asi per quanto riguarda l’Italia. A bordo del lander è italiano anche il Sistema di acquisizione e distribuzione dei campioni, realizzato da Selex Es sotto la responsabilità scientifica di Amalia Ercoli Finzi del Politecnico di Milano, ed il sottosistema
dei pannelli solari. Il 2018 Group Achievement Award in Astronomy è stato assegnato alla Missione Planck, la terza Medium-Sized Mission (M3) del programma Horizon 2000 dell’Agenzia europea, che, dal 2009 al 2013, ha studiato la radiazione cosmica di fondo. In questo caso, il premio è stato attribuito a tutto il team, la cui collaborazione è stata fondamentale per il successo della missione. Anche Planck, realizzata con il contribuito l’Asi, parla italiano: infatti, il nostro Paese è responsabile della realizzazione di
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un insieme di 11 antenne a horn e 22 radiometri posizionati nel fuoco del telescopio del satellite, che opera nelle bande centrate alle frequenze di 30, 44 e 70 GHz. L’Italia, in partnership con la Francia, ha partecipato anche alla realizzazione dello strumento HFI, costituito da 48 bolometri raffreddati a 0.1 K che operano alle frequenze comprese tra 100 e 857 GHz. Infine, il 2017 Space Technology Award è stato assegnato a Lisa Pathfinder, terza grande missio-
La cometa 67/P ChuryumovGerasimenko. Crediti: Esa.
ne del programma scientifico Cosmic Vision di Esa, realizzata con il fondamentale contributo di Asi. La missione, terminata il 18 luglio 2017 dopo sedici mesi di attività, ha svolto un compito molto preciso ed ambizioso: aprire la strada alla costruzione di un vero e proprio osservatorio spaziale delle onde gravitazionali ed è stata premiata per i risultati eccezionali ottenuti nel campo della tecnologia spaziale. Lisa Pathfinder è stata realizzata con un importante
contributo italiano, sia scientifico che tecnologico. I sensori inerziali, strumenti di alta precisione e di fondamentale importanza per la sonda, sono stati realizzati da Asi con prime contractor industriale CGS (Compagnia Generale per lo Spazio), su progetto scientifico dei ricercatori dell’Università di Trento, con a capo il Principal Investigator Stefano Vitale dell’Infn.
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IL FORUM INTERNAZIONALE IN KENYA
NAIROBI: SPAZIO E UNIVERSITÀ PER IL FUTURO DELL’AFRICA di Roberto Battiston @Rb_Bat
Il triangolo che nella baia di Malindi è delimitato sulla costa dal Broglio Space Center, e in mare dalle due piattaforme di lancio oceaniche, è uno dei luoghi più importanti e strategici della storia italiana. Da qui tra il 1967 e il 1986 partivano i missili Scout per mettere in orbita i satelliti italiani. Il primo, quasi 51 anni fa, fu il San Marco 2: il suo lancio, avvenuto con la collaborazione della Nasa il 26 aprile del 1967 dalla base di Malindi, sancì l’entrata dell’Italia nel club delle potenze spaziali. Una partnership strategica che ancora oggi unisce Nasa e Agenzia Spaziale italiana in alcuni tra i più importanti programmi di scienza ed esplorazione spaziale. La funzione strategica del Broglio Space Center è stata confermata e aperta a nuovi scenari dal Forum Internazionale dello Spazio (Isf), “Scienza spaziale e università per lo sviluppo sostenibile in Africa”, che si è svolto a Nairobi, in Kenya. Ministri della scienza, università e ricerca, agenzie e autorità spaziali, rappresentanti delle organizzazioni spaziali internazionali, hanno deciso di mettere la base San Marco al centro delle politiche spaziali non solo di Kenya e Italia, ma dell’intero continente africano. La dichiarazione finale dell’Isf prevede infatti che “il Centro Spaziale Broglio possa diventare un centro di alta formazione per i paesi africani e proporre attività di Capacity Building per raggiungere gli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. L’Agenzia Spaziale Italiana si è già impegnata in un programma di borse di studio e di formazione per promuovere e sostenere nella regione programmi congiunti di ricerca scientifica spaziale, anche a livello multilaterale. Tra questi il progetto Sbam (System Implementation and Capacity Building for Satellite-Based Agricultural Monitoring and Crop Statistics in Kenya project), che parte dall’eccellenza italiana nel campo dell’osservazione della Terra per migliorare l’indipendenza alimentare dei paesi in via di sviluppo. Alcuni dati ci fanno capire l’importanza del settore spaziale: entro il 2050 altri 2,4 miliardi di persone vivranno nei paesi in via di sviluppo dell’Asia meridionale e Africa sub-sahariana dove l’agricoltura è un settore economico chiave e la principale fonte di occupazione. Considerando inoltre che, già oggi, in queste regioni più del 20% della popolazione non ha sicurezza alimentare e che il 75% dei poveri del mondo vive in aree rurali, ben si comprende l’utilità delle applicazioni satellitari di osservazione della Terra per aumentare la produttività agricola. La frequenza e l’intensità di eventi estremi come siccità, forti piogge, inondazioni, tutto questo mette a rischio la sicurezza alimentare di questi paesi altamente vulnerabili. Per questo il Forum di Nairobi ha voluto anche portare un contributo ad Unispace +50 e all’attuazione degli obiettivi dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile. Si tratta di un contributo importantissimo per il raggiungimento delle ambizioni e delle aspirazioni dei paesi africani nello spazio in risposta anche agli obiettivi del millennio dell’agenda delle Nazioni Unite 2030 e dell’Agenda Africana 2063.
“Centro Spaziale Broglio: un centro di alta formazione per i paesi africani”
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SONDE E SISTEMA SOLARE
SAGGIO ECONOMICO, UN PO’ CONFUSO
VIAGGIO NEL COSMO
STORIA DELLO SPAZIO ITALIANO di Francesco Rea @francescorea
di Valeria Guarnieri @ASI_spazio
Le sonde Pioneer, l’esplorazione della Luna, i rover su Marte, le missioni ai confini del Sistema Solare: sono questi alcuni degli argomenti affrontati in Robot nell’infinito cosmico (Ibn Editore, pp. 548), opera monumentale ed esaustiva curata da Carlo Di Leo e pubblicata da Ibn Editore. Il volume, dopo una sezione introduttiva utile soprattutto per i neofiti, si slancia nella trattazione delle missioni di esplorazione planetaria del Sistema Solare, in un percorso che va da Mercurio sino a Plutone e oltre. L’opera tratta in maniera approfondita tutti i programmi di esplorazione, dai primi tentativi fino ai più recenti, da quelli più celebri come Voyager, Mariner e New Horizons a quelli meno noti, comprese le missioni che non sono state coronate da successo ma hanno aggiunto un tassello all’evoluzione delle tecniche e degli strumenti di indagine. Il libro è molto ben documentato anche da un punto di vista storico, è scritto in maniera chiara e scorrevole ed è quindi una lettura alla portata del grande pubblico e dei giovani. La grande quantità di informazioni, di dati, di tavole riassuntive nonché il glossario finali rendono il volume adatto per chi deve affrontare ricerche e approfondimenti specifici. Quindi, nonostante l’argomento prettamente tecnico, Robot nell’infinto cosmico è una lettura resa molto coinvolgente dalla lunga ed appassionata attività di ricerca che emerge da ogni capitolo.
“Un saggio economico, comunque un po’ confuso”
Qualche settimana or sono mi venne segnalato un volume del Mulino, nota casa editrice di Bologna molto attenta alla cultura scientifica, dal titolo L’Agenzia Spaziale Italiana, tra stato innovatore e dimensione europea. La mia ovvia curiosità non solo ricadeva nel fatto che nessuno sembrava a conoscenza di questa opera dedicata all’Asi, ma che pubblicizzasse l’aver attinto a fonti inedite dell’ente. Ora dovrei scrivere se mi è piaciuto o meno. Non è semplice. Mettiamola così: se non si intitolasse come è, che fa apparire l’opera come un saggio sulla creazione dell’Asi e la sua storia, avrei molto da ridire. Un esempio su tutti: a pagina 98 si descrivono le posizioni parlamentari legate alla creazione dell’Asi e come avrebbe dovuto essere concepita, spiegando che non avrebbe potuto essere un ente di ricerca dedicato alla scienza pura in quanto esisteva già l’Inaf, l’Istituto nazionale di astrofisica, dedito a tale scopo. Che dire? All’epoca, esattamente come per l’Asi, quelle attività erano proprie del Cnr. Ben dopo la creazione dell’Asi fu pensato l’Inaf. In realtà il riferimento all’Asi sembra essere stata la motivazione per rendere “appetibile” un saggio economico, comunque un po’ confuso, dedicato all’economia europea e allo sviluppo delle attività spaziali. L’Italia è vista parzialmente e, a volte, in maniera contraddittoria. Conclusioni? L’auspicio sarebbe che autore e casa editrice facessero un po’ mente locale, lo aggiustassero e lo riproponessero in una seconda edizione, casomai chiedendo all’Asi una revisione global science - 29
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LA QUARTA DIMENSIONE NELLA LETTERATURA
PERCHÉ BISOGNA INVENTARE L’UNIVERSO
VIAGGI NEL TEMPO
L’ORIGINE DI QUASI TUTTO
di Manuela Di Dio @ASI_spazio
di Manuela Proietti @unamanus
Vorreste sapere da dove viene la lanugine dell’ombelico? Sapevate che, secondo un medico austriaco, mangiare le caccole farebbe bene al sistema immunitario? Vi siete mai chiesti a quando risale la prima sbornia? E perché c’è voluto tanto per inventare la ruota? Se siete di quelli che almeno una volta nella vita è caduto nelle maglie di Focus, non potrete smettere di sfogliare L’origine di (quasi) tutto, un compendio sul tema dell’origine di tutte le cose o quasi, frutto dell’idea e della penna di un più autorevole science writer, Graham Lawton, responsabile editoriale di New Scientist. Dall’origine per antonomasia, il Big Bang, a come sono nate le invenzioni che hanno fatto la storia, passando per le origini della vita, della civiltà e della conoscenza, in 53 capitoletti il volume conduce nel lungo viaggio dell’evoluzione e suggerisce degli spunti sul perché oggi siamo come siamo, utilizzando un approccio divertente ma sempre scientificamente severo, tradotto graficamente nelle azzeccate illustrazioni di Jennifer Daniel, direttrice creativa presso Google. L’origine di (quasi) tutto è uno di quei libri che si può leggere tutto d’un fiato o poco alla volta e non necessariamente dall’inizio alla fine. Chiaro, interessante, bello da sfogliare e adatto a ogni età. Deve essere piaciuto anche a Stephen Hawking che ne ha curato l’introduzione.
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“Il viaggiatore è l’Uomo, fragile speculatore delle leggi universali”
«Una Macchina del tempo è una faccenda maledettamente complessa», per dirla con Ray Bradbury. È effettivamente così, se l’uomo da secoli si interroga sulla possibilità di sfidare le leggi dello Spazio-Tempo. Le macchine del tempo e gli espedienti narrativi per la traversata nella quarta dimensione sono il cuore di questa originale raccolta di undici racconti di viaggi fantascientifici curata da Fabrizio Farina, edita da Einaudi: Viaggi nel tempo. L’antologia accompagna il lettore in un proprio individuale viaggio nel tempo; come hanno vissuto il tema dell’esplorazione temporale gli scrittori nei secoli? Come le conquiste scientifiche hanno impregnato la percezione del viaggio? Dopo la visione circolare del tempo medioevale, marcato da una ciclicità di stagioni e liturgie, la fisica moderna di Isaac Newton riconosce il tempo come lineare e, quindi, utopisticamente percorribile. La fiducia nel progresso dell’epoca dei Lumi ambisce al viaggio nel futuro, mentre la rivoluzione industriale modifica il mezzo per viaggiare nel tempo, non più ippogrifi, ma strumenti meccanici. Gli undici racconti attraversano la quarta dimensione e si imbattono nel cortocircuito temporale: quanto l’uomo precipitato nel passato interferisce con lo sviluppo dell’umanità nel futuro e quindi con sé stesso? Interrogativi persistenti di questa antologia in cui passato, presente e futuro sono approdi osmotici: il viaggiatore è l’Uomo, fragile speculatore delle leggi universali.
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