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OTTOBRE 2019
Sezione aurea satellitare Dal clima all’archeologia, la Terra vista dai satelliti
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uello che state leggendo è di fatto l’ultimo numero dell’anno. È vero, porta in testa il mese di ottobre e in effetti il prossimo numero porterà dicembre, ma probabilmente avrete occasione di leggerlo ai primi di gennaio, nel 2020. E questo fa di questo numero, l’ultimo dell’anno. E l’ultimo periodo dell’anno è anche il più complesso da ipotizzare. Nell’ambito spaziale europeo a fine novembre vi sarà la cosiddetta ministeriale, appuntamento triennale per i paesi europei aderenti all’Agenzia spaziale europea dove i ministri con delega allo spazio di questi paesi, “concordano” le linee guida del prossimo triennio, stabiliscono i loro investimenti, definiscono le strategie nazionali ed europeo, con l’obiettivo di renderle più sinergiche possibili senza dimenticare le proprie peculiarità. Ovviamente come vale per l’Unione Europea mettere tutti d’accordo non è sempre facilissimo, l’Esa in primis fa un lavoro preparatorio importante con i capi agenzia, perché poi al vertice i ministri corrano solo l’ultimo tratto che li porta al traguardo. In genere il risultato soddisfa tutti e se si perde qualcosa da una parte, è probabile perché se ne sia guadagnata da un’altra. I paesi dovranno però gestire le proprie risorse tra i programmi obbligatori, come quelli scientifici, il cui contributo è stabilito dal Pil di ogni singolo paese e questo fa di Francia, Germania e Italia i paesi maggiormente contribuenti. A questa quota si affianca quella detta facoltativa, che dipende ovviamente molto dalla volontà del governo di investire nel settore. Una prospettiva che sembra confermata per l’Italia e necessaria a mantenere ruolo di leadership nei settori strategicamente più interessanti per il paese. L’Italia è uno dei pochi paesi al mondo che ha le capacità di completare la filiera spaziale, dal concetto al lancio, passando per la realizzazione dell’infrastruttura spaziale, che sia un satellite o un modulo. Un indubbio vantaggio culturale, tecnologico e soprattutto economico, in un momento in cui lo spazio rappresenta uno dei volani di sviluppo più interessanti al mondo e con prospettive di crescita da capogiro. E non dimentichiamo che la ministeriale di Siviglia è solo la parte europea. Recentemente l’Agenzia spaziale italiana ha firmato una lettera di intenti con la Nasa per il progetto Artemis. E chissà che
L’EDITORIALE
RUSH FINALE di Francesco Rea @francescorea
«L’ultimo periodo dell’anno è il più complesso da ipotizzare»
per la Stazione cislunare ci siano le stesse prospettive per il nostro paese, in termini politici che d’impresa, ottenuti con la realizzazione della Stazione spaziale internazionale. Ma non c’è solo l’America dopo l’Europa. C’è la Cina, il turismo spaziale, gli Emirati Arabi. C’è un mondo spaziale in fermento al quale l’Italia può e deve guardare. La corsa allo spazio è iniziata oltre sessanta anni fa, ma non è finita con l’allunaggio umano, quello era solo lo sprint di una mezza… anzi no, infinita maratona che avrà termine con la scomparsa del genere umano.
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OMMARIO
N.18 - OTTOBRE 2019
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“L’editoriale” DI FRANCESCO REA
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“Spazio: una nuova governance” LO SPECIALE con le interviste a:
Lorenzo Fioramonti DI MANUELA PROIETTI Gian Paolo Manzella DI FRANCESCO REA
Paola Pisano DI SIMONE COLLINI Dario Franceschini DI SIMONE COLLINI
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“Ad Astra” DI FRANCESCO REA
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“Rocco, la tigre di Cape Canaveral” DI MARCO SPAGNOLI
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“Lunar City, così torneremo sulla Luna” DI FRANCESCO REA
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“Il battesimo lunare” DI ALESSANDRO VIETTI
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“Luxardo e il cinema” DI REDAZIONE
“Sabrina racconta Oriana” DI ILARIA MARCIANO
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TESTATA GIORNALISTICA GRUPPO GLOBALIST Reg. Tribunale Roma 11.2017 del 02.02.2017 online www.asi.it - globalscience.it
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“NSE European ExpoForum” DI REDAZIONE
“Nuove tecnologie, nuove opportunità” DI REDAZIONE
direttore responsabile Gianni Cipriani direttore Francesco Rea progetto grafico Paola Gaviraghi grafica Davide Coero Borga
“SpazioCinema 2020” DI PAOLO DI REDA
“Spazio ai libri” DI PULCRANO E DI DIO
coordinamento redazionale Manuela Proietti redazione ASI - Globalist pubblicità Paola Nardella redazione@globalscience.it
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Spazio: una nuova governance
«Nel 2019 è nata una nuova governance dello spazio»
Il 2019 oltre ad essere stato l’anno del cinquantenario dell’allunaggio umano, ha certificato anche una transizione per quanto riguarda il settore spaziale e quello scientifico più in generale. Nel 2018 è nata una nuova governance dello spazio che ha poi trovato la sua organizzazione nel 2019, anno in cui è rinato un ministero dell’innovazione che però non riguarderà esclusivamente quella digitale, anzi. Nella politica del nostro paese, in quella scientifica e tecnologica, è diventata elemento dominante la Space economy. Nello stesso tempo la scienza ha fatto pace con la cultura umanistica, con quello che è stato definito un nuovo umanesimo. I satelliti forniscono dati non solo per trovare siti archeologici altrimenti invisibili, ma anche per monitorare gli stessi e garantirne la cura. Quegli stessi satelliti monitorano i cambiamenti climatici e ci aiutano a scegliere le politiche agricole migliori. Viviamo un’epoca che sembra richiamarsi al passato, all’essenza dell’umanesimo e rinascimento italiano. Quando la conoscenza attraversava l’arte e la conoscenza e faceva artisti sia architetti che ingegneri, pittori e scultori, inventori, astronomi scrittori e saggisti, oltre che filosofi. Basta nominare Brunelleschi, Leonardo Da Vinci, Galileo Galilei per confermare quanto appena scritto. Sono solo alcuni esempi di una realtà culturale univoca, in cui scienza e arte sono due facce della stessa medaglia. Un passaggio culturale importante, come la nuova governance dello spazio, che passa attraverso la condivisione e la sinergia dei molti ambiti che possono trarre beneficio all’evoluzione scientifica e tecnologica del settore spaziale. Questa considerazione ci ha spinto a chiedere ad alcuni dei principali interlocutori nelle politiche spaziali di fornirci la loro idea di come dovrebbe essere il futuro. Una interlocuzione che non si esaurisce in questo numero, piuttosto nel prossimo a concludere un bilancio dell’anno anche a valle della ministeriale europea sullo spazio. Ringraziamo i ministri Fioramonti, Pisano e Franceschini e il sottosegretario Manzella per aver accettato di rispondere alle nostre domande dandoci il loro punto di vista del settore spaziale. Un punto di vista importante, utile a chi, lavorandoci, dispone solo del proprio. D’altronde se vogliamo essere all’altezza delle aspettative, bisogna conoscerle.
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Lorenzo Fioramonti, Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Nel passato lei ha parlato delle attività spaziali come prioritarie. Restano tali? La ricerca aerospaziale è prioritaria per l’Italia. Il nostro è uno dei Paesi leader nel mondo già dagli anni Sessanta con i primi satelliti di matrice italiana costruiti dall’ingegnere Luigi Broglio, le prime esplorazioni dello Spazio, la nostra presenza anche con la base di Malindi in Kenya. La ricerca aerospaziale in questi decenni si è evoluta moltissimo ed è diventata un vero e proprio pilastro dell’economia, si parla infatti di Space Economy. È la cosiddetta economia dello spazio che oggi ha un impatto su tantissime attività industriali, dalla mappatura satellitare del Paese, agli studi della geomorfologia del Pianeta, all’agricoltura di precisione. Quindi c’è una possibilità di sviluppo economico talmente grande che fa diventare sempre più centrale la ricerca e l’impegno dell’Italia nel contesto aerospaziale.
INTERVISTA AL MINISTRO FIORAMONTI
SPAZIO: IRRINUNCIABILE
Qual è la sua opinione sulla legge di riordino dell’Asi? Il Ministero vigilante rimane il Miur ma la cabina di regia è in capo alla Presidenza del Consiglio. Vede una contraddizione o giudica positivo il nuovo assetto? Ritengo che mettere l’attività aerospaziale all’interno di una cabina di regia sia molto utile. Ovviamente questo è un assetto di governance che precede l’attuale Governo. Quello che è importante è mantenere l’attività aerospaziale nelle mani degli scienziati, questo è fondamentale: ci deve essere una forte componente di ricerca e innovazione che deve essere prioritario rispetto a qualunque altro tipo di interesse, soprattutto a carattere militare e di difesa. La ricerca ae-
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di Manuela Proietti @unamanus
rospaziale deve guidare la Space Economy, deve essere in qualche modo al timone. Questo lo può fare attraverso un Ministero, ma può farlo anche all’interno di una cabina di regia purché l’impostazione preveda che sia la scienza a guidare l’innovazione.
Il nuovo Governo ha riformato il Ministero dell’Innovazione con una connotazione diversa dal passato e con cui si lei è detto pronto a collaborare strettamente. In che forma e con quali obiettivi? Il rapporto tra il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e il Ministero dell’Innovazione è essenziale perché gran parte dell’innovazione nelle società contemporanee emerge da attività di ricerca. Con la Ministra
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nostro Ministero lavora da tempo per fare in modo che l’Agenzia spaziale italiana abbia un ruolo sempre più centrale nella dinamica che ha a che vedere con l’aerospazio europeo. Il sottosegretario Fraccaro ha le deleghe in questo settore e rappresenterà il Paese. Sarà importante fare in modo che le risorse economiche in questo settore continuino ad aumentare e che l’Italia abbia un ruolo sempre più importante anche dal punto di vista della leadership e delle missioni aerospaziali dei prossimi anni.
Paola Pisano abbiamo iniziato subito un’interlocuzione ed è importante che il Ministero dell’Innovazione utilizzi la sua agenda digitale per fare in modo che si possa lavorare in maniera più stretta su tanti altri orizzonti e frontiere di ricerca. L’idea – quindi- è anche quella di rafforzare la capacità del mondo universitario, del mondo accademico in generale e dell’alta formazione di poter svolgere attività di ricerca, attivando sinergie e collaborazioni con il mondo im-
prenditoriale. Abbiamo visto che l’innovazione viene spesso guidata da queste collaborazioni transdisciplinari e intersettoriali, in Italia abbiamo tanto bisogno di questo tipo di interazione, tra mondo della ricerca e mondo dell’impresa. Sala letture della biblioteca. Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, Roma.
Prossimo appuntamento per l’Italia dello spazio: la Conferenza Ministeriale dell’Esa. Come lo state affrontando anche in relazione al nuovo assetto? Per la Ministeriale di Siviglia, il
Venendo allo spazio, quali sono secondo lei le attività strategiche sulle quale bisogna investire? È fondamentale che l’attività aerospaziale possa avere delle ricadute sempre più ampie su quella che è l’economia in senso lato. Quindi il concetto di Space Economy è un concetto centrale, bisogna investire su tutte quelle attività di collaborazione internazionale, di analisi dei dati, di mappatura satellitare del nostro Pianeta che possono migliorare le condizioni di vita sulla Terra. La ricerca aerospaziale si rivela sempre più uno strumento insostituibile, non soltanto per esplorare l’universo ma per conoscere meglio le dinamiche terrestri sempre più fondamentali nell’epoca dei cambiamenti climatici.
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INTERVISTA AL SOTTOSEGRETARIO MISE MANZELLA
UNA NUOVA SPACE ECONOMY di Francesco Rea @francescorea
A breve il primo forum della New Space Economy. Sono pronte le aziende italiane? Non paghiamo lo scarso investimento privato? È un numero zero, e per far decollare le cose ambiziose ci vuole tempo e lavoro. A me sembra però che la scelta di scommettere su questa manifestazione sia giusta. Semplicemente perché è una iniziativa che poggia su qualcosa di solido. L’aerospazio è una grande realtà dell’industria e della scienza italiane ed è una grande realtà anche a livello regionale in molti contesti, tra cui quello della regione Lazio, che ospita la manifestazione. Di più penso sia una delle grandi vocazioni industriali del Lazio ed uno dei centri di conoscenza sul tema più importanti. E non da oggi: basta pensare all’eredità di Luigi Broglio e di Bongiorno. Ha molto senso, quindi, l’ambizione di dotare il nostro Paese e questo territorio di una manifestazione come questa: tagliata sull’industria, sulla ricerca e sulla divulgazione Mi auguro veramente che avrà successo, perché contribuirà ad aumentare la consapevolezza del nostro ruolo a livello mondiale in questo settore. Dietro Luca Parmitano o Samantha Cristoforetti c’è molto, insomma: professionisti, scienziati, universitari, imprese. Tanto. In un settore ambizioso e dalle prospettive economiche importanti, quanto l’industria italiana dovrebbe rafforzarsi con alleanze estere? Penso che questo sia un tempo di collaborazioni, semplicemente perché la dimensione nazionale è troppo piccola rispetto ad una competizione fatta di grandissime imprese e grandi blocchi geopolitici. E poi dopotutto lo spazio è un campo in cui da sempre la collaborazione ha giocato un grande ruolo. Il punto, quindi, non è se allearsi, ma come e con chi farlo. Dobbiamo scegliere i nostri partner con attenzione e definire le modalità di collaborazione in modo da preservare le nostre capacità e dare pieno valore a quello che abbiamo e che possiamo mettere in campo. Che ruolo possono avere le Regioni per lo sviluppo delle attività spaziali? C’è una sinergia o si mantiene una sorta d’individualismo? Sono persuaso che le Regioni siano una dimensione di politica industriale molto importante e che abbiano ancora grandi margini per crescere. Hanno tradizioni, vocazioni, sistemi educativi, risorse. Quindi sono attori essenziali di ogni strategia settoriale. E questo vale per lo spazio, quando vi siano le condizioni come accade, ripeto, in molte dimensioni territoriali italiane. Ovviamente, c’è una dimensione regionale ed una nazionale. E le due debbono vivere affiancate. Ci deve essere una collaborazione tra regioni e tra regioni e Stato. Ma sul punto l’impostazione che è stata data al progetto Space Economy mi sembra vada pienamente in questa direzione.
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LA RICETTA DEL MINISTRO PISANO
FORMARE PER INNOVARE di Simone Collini @ASI_spazio
«Non si possono scrivere leggi per l’innovazione»
«L’Italia ha bisogno di iniziare a fare una politica per l’innovazione e la digitalizzazione». È questo, dice Paola Pisano calcando la voce su una, il segnale che il governo ha voluto dare con il nuovo ministero a lei affidato. «Non servono tante politiche riguardanti molteplici settori, sparpagliate tra diversi ministeri e città. Serve coordinamento se vogliamo rendere l’Italia meno lenta, più competitiva e anche più attrattiva». La sfida è duplice, sottolinea il ministro: «Bisogna digitalizzare la Pubblica Amministrazione e innovare il Paese facendo crescere l’innovazione che già c’è e creando e attraendo nuove competenze». Lei recentemente ha definito l’innovazione “un bene comune” e “un diritto”. Il che però mal si concilia con il digital divide tutt’oggi presente in Italia, non crede? Questo è effettivamente un grosso problema e non è accettabile che meno del 20% dei cittadini acceda a servizi digitali e goda delle opportunità che le nuove tecnologie offrono. È come se mettessimo a disposizione di soltanto due cittadini su dieci luce e acqua. Quindi dobbiamo rafforzare le infrastrutture e fare tanta formazione affinché cambi anche l’atteggiamento nei confronti di tecnologie che, ormai, sono innegabilmente parte integrante della vita di tutti. A tal proposito che rapporto è auspicabile ci sia tra pubblico e privato? Serve una forte relazione. Per questo abbiamo lanciato il progetto Re-
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pubblica digitale insieme a partner privati, come Tim per esempio, che aiutano a diffondere il digitale e a fare formazione. E per questo stiamo lavorando alla app Io, che consentirà di accedere a informazioni e servizi. Sarà negli store tra la fine di quest’anno e i primi mesi del prossimo. Si può innovare il Paese con un quadro normativo e amministrativo come quello attuale? Partiamo da un concetto, non si possono scrivere leggi per l’innovazione. Si può osservare una data innovazione, sperimentarla, e se non crea danni bisogna adeguare la normativa vigente per accoglierla. Una riflessione su nuove tecnologie e nuove generazioni? Serve una seria formazione per capire come utilizzare gli strumenti tecnologici e trarne vantaggio. Bisogna investire nello studio delle materie Stem, nel coding, creare generazioni curiose, interessate alla robotica, al settore dell’aerospazio. Ha citato l’aerospazio: attualmente è il Miur il ministero di riferimento per le politiche spaziali; pensa che il suo dicastero potrebbe giocare un ruolo anche in questo campo e nel Comint? La delega di questo ministero è chiara, monitoraggio e indirizzo di tutta l’innovazione fatta in tutti i ministeri. Quindi, nel rispetto dei diversi ruoli, tutto ciò che è innovazione verrà coordinato da noi. L’Italia, per quel che riguarda l’aerospazio, è già ben posizionata e noi vedremo come dare un’ulteriore spinta. Inoltre, anche qui, sarà importante la formazione. Noi ad esempio, sempre all’interno del progetto Repubblica digitale, lavoriamo per rendere più consapevoli le nuove generazioni di come la nostra vita quotidiana sia influenzata da strumenti e tecnologie – pensiamo a tv, telefoni, navigatori ma anche a sperimentazione di vaccini e nuove cure – che usiamo proprio grazie a ciò che avviene nello spazio.
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«Bisogna investire nelle materie Stem, creare generazioni curiose»
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INTERVISTA A DARIO FRANCESCHINI
SCIENZA E BELLEZZA UN BINOMIO SECOLARE di Simone Collini @ASI_spazio
Ministro Franceschini, partiamo da un annoso tema, che tra l’altro a tutt’oggi non presenta un giudizio unanime né in ambiente artistico né in quello scientifico: c’è un’utilità del bello, del prodotto artistico, al pari dell’utile immediatamente percepibile del prodotto scientifico o tecnologico? Sono temi affascinanti, sui quali si interrogano intellettuali e scienziati, ma credo che ciascuno di noi in fondo abbia una risposta, avverta una consapevolezza: la bellezza è utile perché fa bene all’anima. Tutti, a prescindere dalla nostra storia e provenienza, almeno una volta nella vita abbiamo sentito l’emozione che si prova davanti alla bellezza, che fosse di fronte a manifestazione della natura, come un tramonto o un cielo stellato, o a un prodotto dell’ingegno umano, come un dipinto, una scultura, o la magnificenza di una cattedrale. L’arte, la cultura, ci regalano armonia, ci riempiono di significato, fanno risuonare il nostro spirito. Quest’anno ricordiamo i 500 anni dalla morte di Leonardo da Vinci, un genio che ci ha insegnato come la creatività della scienza e dell’arte possano e debbano convivere. E in senso uguale e contrario? Si può parlare della scienza non soltanto in termini di utilità ma anche di bellezza? Mostre come Gravity ad esempio, che è stata ospitata nel 2018 negli spazi del Museo nazionale delle arti del XXI secolo, o Mediterranea di Matera 2019, che cosa ci dicono circa le connessioni e le analogie tra arte e scienza? Per i filosofi greci, così come per gli umanisti rinascimentali, non c’era nessuna contrapposizione tra arte e scienza, esprimevano una visione unitaria fra il sapere e il saper fare. La ricerca della bellezza attraversa la storia della scienza e la anima ancora oggi. Le sfide della conoscenza, le teorie che rivoluzionano spazio e tempo, le domande che ci poniamo di fronte all’infinitamente piccolo o alla vastità dell’universo, ci conducono in un territorio inesplorato, dove gli scienziati sono guidati da qualcosa che li accomuna agli artisti.
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Fino a che punto è opportuna una vera e propria sinergia tra fruizione culturale e innovazione tecnologica? E cosa si sta facendo per svilupparla concretamente? La prima e più immediata sinergia riguarda l’applicazione della realtà aumentata a monumenti e siti archeologici. Sempre più frequentemente nei nostri siti e nei nostri musei viene utilizzata per integrare il percorso di visita. La multimedialità, le tecnologie immersive e interattive, dal game al videomapping stanno evolvendosi cambiando il modo di vivere l’esperienza museale. Si apre uno scenario con grandi potenzialità, per una offerta complementare a quella più classica. Il MiBACT è pronto a interagire con tutte quelle realtà che possono collaborare allo sviluppo di modalità di fruizione culturale innovative. Diagnostica, restauro, conservazione: qual è il contributo che le moderne tecnologie danno e possono ulteriormente dare in ambito di gestione dei beni culturali e di tutela del paesaggio e del patrimonio architettonico e artistico? Ecco, per ritornare alla riflessione precedente su scienza e bellezza, un campo che testimonia come la prima possa essere al servizio della seconda. È fondamentale il contributo delle innumerevoli innovazioni tecnologiche nel campo del restauro, della climatizzazione degli ambienti per la miglior conservazione delle opere, degli scavi archeologici. Gli esempi potrebbero essere migliaia, dalla messa in sicurezza della torre di Pisa, alla protezione del Cenacolo da sbalzi di temperatura e umidità, alle applicazioni per leggere i libri senza sfogliarli che permettono di poter analizzare il contenuto di un manoscritto, di un incunabolo o di una cinquecentina senza comprometterne il supporto se in cattivo stato di conservazione.
«La ricerca della bellezza attraversa la storia delLe moderne tecnologie possono aiutare a rafforzare ulteriormente la scienza l’influenza culturale dell’Italia nel mondo? La percezione del nostro Paese all’estero è altissima, siamo noi che dob- e la anima biamo averne maggiore consapevolezza. In particolare nel campo cultu- anche oggi» rale siamo una realtà di riferimento. In molte ricerche emerge la grande distanza tra ciò che nel mondo si pensa dell’Italia e ciò che gli italiani pensano di se stessi. Nell’immaginario globale siamo percepiti come il luogo della bellezza e della cultura. Quell’insieme unico di patrimonio materiale e immateriale costituito dall’arte, dal cibo, dal design. Un Paese con una vocazione all’eccellenza e alla qualità. Dobbiamo puntare di più sull’innovazione tecnologica perché non è un tema a se stante, separato: deve costituire il fil rouge che accomuna tutte le politiche del sistema Paese.
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ANTEPRIMA SPAZIOCINEMA
AD ASTRA di Francesco Rea @francescorea
Brad Pitt è il maggiore Roy McBride in Ad Astra di James Gray.
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Anteprima del film Ad Astra presso l’Auditorium Luigi Broglio dell’Agenzia Spaziale Italiana. Il nuovo film della 20th Century Fox con protagonista Brad Pitt, recentemente presentato al Festival della Cinema di Venezia, è stato accolto dal pubblico della rassegna SpazioCinema, realizzata da Asi in collaborazione con il Giornale dello Spettacolo del gruppo editoriale Globalist.it. Ad assistere all’anteprima, tra gli altri, il Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica, generale Alberto Rosso, il Presidente del VI municipio, Roberto Romanelli, tra gli ideatori della rassegna Avvistamenti realizzata in collaborazione con Asi e Biblioteche di Roma, il neo presidente dell’Infn, Antonio Zoccoli, accompagnato dai vicepresidenti Antonio Masiero e Eugenio Nappi. La serata ha visto quali relatori Marino Crisconio dell’Unità Volo Umano dell’Agenzia spaziale italiana, Marco Spagnoli critico cinematografico e documentarista e Mark Ulan, autore delle musiche del film Ad Astra e premio Oscar con Quentin Tarantino per il film Bastardi senza Gloria. L’ambientazione spaziale fa da contorno innovativo e inconsueto ad una trama che potrebbe aver luogo in vari ambiti scenografici nel rispetto dei concetti psicologici alla base del film: la solitudine, la ricerca di se stessi, il rapporto/conflitto con il padre. Ogni parte e tempo del nostro pianeta, dalla guerra in Vietnam di Apocalypse Now, come ricordato da Marco Spagnoli, alle profondità dell’oceano di Sfera, avrebbe fatto da giusto contraltare a questo film profondamente intimista e segnato da un ritmo lontano il più delle volte dall’avventura che il trailer ne evidenzia. Non che non ci siano momenti suspence, ma non sono la componente principale della storia. Sono di contorno, a renderla meno prevedibile, meno Bergmaniana. In questa dimensione il film ha una sua completezza: l’aridità di un uomo reso tale dalla “fuga” del padre, la riscoperta di una sensibilità nello scoprirne la permanenza in vita di questi, la visione ottimista dell’altra faccia della medaglia, che si oppone al pessimismo della negazione. Un film che inoltre ci regala un Brad Pitt decisamente in crescita dal punto di vista della recitazione, un po’ come negli ultimi anni, Hollywood ha saputo regalarci autori maturi sorti dalle ceneri di giovani attori prevalentemente inespressivi.
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PIÙ CHE SCIENZA, FANTASCIENZA Ad Astra un film di fantascienza? Dovremmo dire più fanta che scienza. Se la premessa del film, un gamma ray burst, un potentissimo raggio gamma prodotto da un cataclisma cosmico minaccia la Terra, ha una sua qualche corrispondenza ad uno scenario credibile, il resto del racconto è decisamente fantascientifico. Una capacità umana di percorrere il sistema solare ad una velocità ad oggi, e non solo ad oggi, inimmaginabile; prodezze nel vuoto sconosciute alle leggi della fisica; una staticità del cosmo che solo l’oscurantismo di Tolomeo, spiegabile dall’epoca in cui visse, e dei terrapiattisti, questi con meno argomentazioni a loro sostegno, potrebbe giustificare. In questo scenario fantascientifico che sembra fare scempio di quanto prodotto da Interstellar e The Martian (se escludiamo le ultime scene del film diretto da Ron Howard), appare, quasi inatteso, un contesto plausibile con l’avvento dell’uomo nel sistema solare: la presenza di predoni lunari. Il nostro satellite oggetto di concessioni minerarie, a richiamare le scorribande di MadMax, il cinismo dei cattivi di Dune o la corsa all’oro del Klondike di oltre un secolo fa. Questa componente, quella scientifica insomma, può però essere vista con la stessa filosofia del film. C’è sempre il rovescio della medaglia, un modo diverso di guardare le cose: positivamente e negativamente. Alla fine l’improbabile, l’impossibile, il poco credibile possono essere spunto per parlare del probabile, del possibile e del realmente credibile: ciò che non è scienza può essere portato ad esempio della scienza. E quindi il film Ad Astra alla fine ha un pregio anche in questo, nel porre spunti che smentendo la fantasia dei suoi autori, mette in luce una realtà che altrimenti non sarebbe possibile raccontare, o meglio non avremmo occasione di farlo.
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IL DOCUMENTARIO SULLA FIGURA DI PETRONE
ROCCO, LA TIGRE DI CAPE CANAVERAL di Marco Spagnoli @Marco_Spagnoli
Nessuno potrà mai dire abbastanza bene di Rocco Petrone. Non saremmo mai arrivati sulla Luna in tempo o, forse, non ci saremmo mai arrivati senza Rocco». Con queste poche parole Isom “Ike” Rigell, ingegnere capo del Kennedy Space Center e addetto alle operazioni di lancio, restituisce tutto il peso di una figura rimasta a lungo in ombra, ma che ha avuto un ruolo centrale nel lungo e difficile percorso che ha portato, il 20 luglio del 1969, alla discesa dell’uomo sulla Luna: Rocco Petrone (1926-2006), un uomo timido e ombroso, inflessibile, infaticabile, che si è guadagnato il soprannome di “Tigre di Cape Canaveral”. Questa scritta “apre” Il mio documentario Luna Italiana – Rocco Petrone e il Viaggio dell’Apollo 11, prodotto dall’Istituto Luce-Cinecittà per A+E Networks Italia con il patrocinio di Agenzia spaziale italiana e in collaborazione con la Nasa. Ho lavorato a lungo per ricostruire la vita e la personalità di Rocco Petrone, direttore delle operazioni di lancio dell’Apollo, collaboratore di Wernher Von Braun, che ha svolto un ruolo chiave nella conquista del cosmo. La mia ispirazione è derivata dalla lettura dello straordinario libro di Renato Cantore, Dalla Terra alla Luna, edito in Italia da Rubbettino, perché volevo raccontare la vita di questo figlio di emigranti della Basilicata: nato negli Usa e, grazie allo Ius Soli, cittadino americano, Rocco Petrone ha potuto frequentare l’Accademia di West Point, laureandosi poi in ingegneria al MIT. Entrato nel leggendario gruppo di ingegneri che ad Hunstville in Alabama fondarono il nucleo di quella che nel 1958 sarebbe diventata la Nasa, realizzò con loro la promessa di John Fitzgerald Kennedy di portare l’uomo sulla Luna prima della fine degli anni Sessanta. Abbiamo lavorato recuperando rare immagini
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«Non saremmo mai arrivati sulla Luna senza Rocco»
di repertorio dagli archivi dell’Istituto Luce, Teche Rai, Associated Press, BBC e NASA, perché Luna Italiana raccontasse la storia della corsa allo spazio, ovvero il duello tra America e Unione Sovietica, in un viaggio attraverso la scienza, la cultura pop e la vita politica di quegli anni. Una storia emozionante che, oltre alla viva voce di Petrone e di altri protagonisti di quell’epoca straordinaria e irripetibile, è stato realizzato grazie alla testimonianza di scienziati, studiosi e giornalisti per ricostruire non soltanto la sfida tecnologica per la conquista dello spazio, ma anche il contesto culturale in cui questa è avvenuta. Sono stato molto fortunato anche per le voci degli attori che ci hanno dato una mano a ricostruire l’atmosfera di quegli anni: a prestare la voce a Rocco Petrone è Francesco Montanari, mentre Laura Morante ha narrato magnificamente il documentario.
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Un fotogramma tratto dai titoli di apertura del docufilm Lunar City.
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roiezioni in anteprima per il documentario Lunar City nelle prestigiose sale dell’Auditorium Parco della Musica di Roma, in occasione della 14esima edizione della Festa del Cinema di Roma, lo scorso venerdì 25 ottobre. Il documentario prodotto e diretto da Alessandra Bonavina e distribuito dalla Vision Distribution con Universal, affronta il tema del prossimo ritorno umano sulla luna con il progetto Artemis della Nasa. Lo fa dal punto di vista delle persone e degli uomini che stanno operando perché questo progetto, così ambizioso e che Trump ha voluto molto più rapido del previsto, sia reso possibile. Seconda tappa dopo il documentario Expedition sulla missione dell’Agenzia spaziale italiana Vita, in questi 60 minuti di proiezione, la regista ci svela le modalità di approccio, di studio e di analisi della Nasa, nel progettare una stazione spaziale orbitante la Luna e le possibili modalità con cui l’uomo può da essa allunare e tornare. La verifica puntuale tramite la realtà virtuale o anche semplicemente la configurazione fisica di quello che potrà essere un modulo, per testarne le reali possibilità e quelle che potrebbero essere soprattutto le difficoltà una volta in orbita. Se non eliminare il rischio di problemi, almeno ridurlo al minimo. Senza dimenticare il comfort che si deve ad un astronauta. Chi lavora al progetto Artemis è infatti consapevole che è solo un passo iniziale per portare l’uomo poi su Marte. E se la stazione spaziale è solo a poche ore dalla terra e la luna a qualche giorno e, quindi, facilmente entrambe raggiungibili, Marte impone un viaggio di oltre 6 mesi e soprattutto una permanenza obbligata sul suo suolo per almeno un anno, anno e mezzo. È per questo che nulla può essere lasciato al caso e il documentario, con puntualità senza però essere pedante, ci trasmette la difficoltà dei progetti spaziali che spesso si risolvono nell’immaginario pubblico con l’icona dell’astronauta. Il progetto Artemis ha sicuramente nella Nasa il primo attore, ma vede la partecipazione di quanti hanno contribuito alla Stazione spaziale internazionale, tra cui l’Europa attraverso l’Agenzia spaziale europea. Il documentario evidenzia come in questa Europa, l’Italia rappresenti un partner peculiare per progetti spaziali correlati alla vita nello spazio,
IL DOCUFILM DI ALESSANDRA BONAVINA
LUNAR CITY, COSÌ TORNEREMO SULLA LUNA di Francesco Rea @francescorea
«Tra i testimoni l’astronauta statunitense Tracy Dison»
tanto da portarla ad avere un rapporto “individuale” con la Nasa, fatto testimoniato nel documentario e confermato, a documentario girato, dall’accordo recentemente siglato tra l’Agenzia spaziale italiana e la Nasa durante l’International Astronautical Congress di Washington. Come nel documentario sulla missione Vita, la regista Alessandra Bonavina mantiene lo stile narrativo, facendo parlare i diversi testimoni, tra i quali spicca l’astronauta statunitense Tracy Dison. Manca però tra questi testimoni una voce narrante costante, come fu Paolo Nespoli per Expedition.
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Racconti di fantascienza: il battesimo lunare di Alessandro Vietti @grandemarziano
Alessandro Vietti, ingegnere, nasce giusto in tempo per assistere alla conquista della Luna. Forse è per questo che è da sempre interessato all’astronomia e all’immaginario fantastico. Vive e lavora a Genova nel settore dell’energia. Suoi articoli sono apparsi sulla rivista Robot e sui mensili Coelum, Le Stelle, L’Astronomia. Autore di svariati racconti apparsi in diverse antologie, ha pubblicato i romanzi Cyberworld (1996), Il codice dell’invasore (1999), Real Mars (2016) che si è aggiudicato il Premio Italia 2017 come miglior romanzo italiano di fantascienza e Il Potere (2018).
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La missione Apollo 15. Crediti: Nasa.
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«…È davvero un onore indescrivibile per me essere sotto la meravigliosa cupola dell’Auditorium Armstrong, davanti a tutti voi, nella veste che fu del grande Professor Chandra, senza il quale nessuno di noi oggi sarebbe qui. Già… quanto dobbiamo tutti noi a quell’uomo? Per questo non c’è giorno in cui io non ripensi all’emozione di quando me lo trovai davanti come voi vedete me adesso. È passato così tanto tempo! Eppure il mio ricordo di lui è così vivido, forse perché il passato non corre lungo una linea, ma collassa in un punto. Saprei ancora riconoscere il timbro della sua voce: Che ci crediate o no, cent’anni fa ero un marmocchio come voi. Furono queste le prime parole che ci rivolse, non appena raggiunse questa pedana su cui si trovano i miei piedi. Parlò quasi borbottando tra sé, mentre si avvicinava al pulpito col casco sotto il braccio. Non eravamo tanti come siete voi oggi, saremo stati non più di una ventina, ma quando spuntò nella sala il nostro vociare crollò d’incanto: il mito, colui di cui avevamo tanto sentito parlare, passeggiava (respirava), a pochi passi da noi! In effetti a guardarmi adesso non si direbbe, disse subito dopo. All’epoca era ancora direttore del Grande Osservatorio Oscuro. Ricordo che ridacchiò dentro l’eco di un colpo di tosse, poi, mentre si aggrappava al leggio in un accenno di fatica, aggiunse: La gravità prende, la gravità dà. Le parole che due anni dopo sarebbero state il suo epitaffio. Sapete una cosa, ragazzi? Appena lo vidi mi fece pensare a un re, anche se non aveva alcunché di maestoso, anzi. La testa scura gli spuntava dall’anello d’aggancio della tuta come quella di un condor; se non sapete com’è fatto un condor, cercate un’immagine nell’Archivio, perché rende bene l’idea. Era una tuta semplice, la sua, giusto un po’ più ingombrante ed essenziale delle vostre; qua e là si vedevano rattoppi colorati, come chewing-gum schiacciati. Ma ovviamente non erano gli oltre cinquantamila pianeti abitabili scoperti in una vita, a renderlo leggendario ai miei (nostri) occhi; era ciò che lui rappresentava, era la sua storia; senza contare che non
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«Chandra era il primo bambino lunare»
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avevo mai visto un essere umano così vecchio, ma per avere centonove anni sembrava in gran forma. Ricordo che pensai che se c’era arrivato lui, avrei potuto arrivarci anch’io. Ovviamente a quel tempo gli studi degli effetti della bassa gravità sull’invecchiamento dei corpi nativi erano solo agli albori, ma vedere lui era sufficiente ad alimentare la speranza. Almeno, proseguì, oggi nessuno è più costretto a nascondersi per un giorno intero nel bagagliaio di un Buggy per venire fino a qui! E accompagnò queste parole con un ampio cenno del braccio, come per aiutarsi a mantenere l’equilibrio. Noi eravamo soggiogati dalla sua vista. Però in effetti temo che forse vi siate persi qualcosa; l’avventura! aggiunse poi con una specie di lampo negli occhi. All’epoca la sua storia era ormai celebre su entrambi i Lati. Esattamente come voi, anche noi l’avevamo letta, anche a noi l’avevano raccontata, ma sentirla dalla bocca di chi l’aveva vissuta fu un privilegio che ancora oggi mi dà al cuore la sensazione di una supernova che esplode. Avreste dovuto vedere la faccia di mio padre quando mi scoprì, ci raccontò poi guardandoci negli occhi, uno a uno. Non era arrabbiato, questo no, solo sorpreso e con negli occhi il vago senso di un ‘e adesso che facciamo?’, cui in realtà aveva già risposto. C’è da dire che i genitori di Chandra erano senza dubbio due individui inclini alla trasgressione. La sua venuta al mondo ne era la prova. E due come loro difficilmente si sarebbero attenuti alla Restrizione, emessa quando la sua nascita si era rivelata più inevitabile che imminente. Difficilmente lo avrebbero tenuto all’Oscuro fino alla maggiore età. E sapete perché l’Autorità Lunare aveva fatto una cosa simile? Per proteggerlo. Ah! Era stata questa la motivazione, pensate, che stupidaggine! Insomma, se il piccolo Chandra non si fosse nascosto nel Buggy, c’è da giurare che prima o poi sarebbero stati i suoi genitori, di loro iniziativa, a portarlo a vedere il cielo del Lato Chiaro, ma certo, non sarebbe stato altrettanto epico e per questo, forse, non avrebbe avuto gli stessi effetti.
È come se ce l’avessi ancora davanti agli occhi, il vecchio Chandra, mentre alza le braccia alla cupola e ci dice che aveva gridato a suo padre: Voglio vederla! E l’espressione di suo padre si era dischiusa nella commozione di colui cui viene tolto un peso dal cuore. Quindi si era guardato intorno con la circospezione di un clandestino. Del resto all’epoca non c’erano altre tute così piccole su tutta la Luna: Chandra era il primo (e fino a quel momento unico) bambino lunare, nato per giunta sul Lato Oscuro; Chandra era l’Errore, o peggio, l’Affronto, come fu definito ai tempi della diffusione della notizia. Dunque se qualcuno lo avesse visto, non avrebbe potuto non riconoscerlo e magari fargli passare anche qualche guaio. Così genitore e figlio si agganciarono il casco e si accomodarono in una delle camere di equilibrio. Sei pronto? gli chiese suo padre, lui annuì. Hai paura?, gli domandò poi ancora. Chandra ci disse che mentre l’aria veniva risucchiata, lui aveva trattenuto il respiro e aveva fatto segno di no, sebbene non poteva essere certo che non sarebbe impazzito. Poi il portello era scivolato ed era apparso l’Altro Cielo, nero, simile in tutto a quello del Lato Oscuro. Una mano (grande) prese la mia, ci raccontò con gli occhi lucidi, e con alcuni balzi crescenti mi condusse fuori, tra il grigio della regolite, verso il Mare della Tranquillità, la Bandiera laggiù. Ma io continuavo a non vedere alcunché di proibito. Poi mio padre, in totale silenzio, come se parlare avrebbe potuto rovinare quel momento, si fermò e mi fece cenno di voltarmi. A questo punto Chandra si interruppe come se dovesse attendere il placarsi di un’onda interiore. Poi si rivolse a noi. Avete paura? ci chiese. E ricordo che noi facemmo tutti quanti segno di no con la testa. Ma è probabile che qualcuno mentì, almeno un po’, compreso il sottoscritto. Lui ci indicò. Bravi, ci disse, perché quando io me la trovai di fronte... Fece un’altra pausa, una pausa talmente insopportabile che a un certo punto dalla nostra parte si sentì qualcuno esortarlo: Be’, che è successo? Niente, scandì lui. Non provai nulla. Nessuna nostalgia. Nessun desiderio. Niente vertigini. Nessun segno di pazzia.
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Tutte le paure erano infondate, capite? Credevano che se l’avessi vista, lassù in mezzo al cielo, il pensiero di non poter metterci piede sarebbe stato insopportabile al punto da farmi perdere la ragione. Perché fin dall’inizio della Colonizzazione fu noto che un fisico nativo non avrebbe mai potuto sopportare un peso sei volte superiore, nessun Piccolo Passo sarà mai concesso a noi su quel pianeta. Per questo era stata disposta l’Interdizione (delle Nascite), o in alternativa il Ritorno Obbligatorio (sulla Terra). Ma quel riconoscimento per Chandra fu bellissimo e necessario, perché, spiegò, fu allora che mi resi conto che non me ne importava un accidente. Era bella, certo, straordinaria, la Terra, e in qualche modo era un peccato non poterci andare, ma non era la mia casa… Poi sollevò il casco come un trofeo. Perché io sono Chandra del Lato Oscuro! Entrò in tutti i nostri sguardi. E la mia casa è qui! Spontaneamente, a nostra volta sollevammo i nostri caschi e ripetemmo le sue parole gridando. Lui sembrò vacillare, nell’attesa che ne avessimo abbastanza, dopodiché ci disse: Adesso basta parlare, è il momento di uscire! Ci fu un altro urlo di liberazione. Quindi ciascuno agganciò il suo casco e ci avviammo verso le camere di equilibrio. E quando io uscii e (finalmente) la vidi, vidi gli oceani, vidi i continenti, vidi i vortici di nuvole, vidi tutto quell’azzurro splendente, l’unico pensiero che mi venne fu che, sì, laggiù ci sono i terrestri. Ma qui… qui ci siamo NOI! Adesso però basta parlare, adesso tocca a voi uscire, miei cari Chandra del Lato Oscuro! Avete paura?»
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È
L’ESPOSIZIONE DEDICATA AGLI SCATTI DEL FOTOGRAFO DELLE DIVE
LUXARDO E I GRANDI VOLTI DEL CINEMA ITALIANO di Redazione @ASI_spazio
stata inaugurata il 17 ottobre alla Casa del Cinema di Roma la mostra Luxardo e il cinema, una raccolta di 32 scatti di Elio Luxardo, artista noto per essere il fotografo delle dive e dei divi di Cinecittà. Realizzata in occasione della Festa del Cinema di Roma, l’esposizione propone una collezione di immagini dei più noti protagonisti del cinema italiano del Novecento, tra cui Alberto Sordi, Sofia Loren, Vittorio De Sica e Gina Lollobrigida. Tutte le opere, che rimarranno esposte fino al 1° dicembre, appartengono all’archivio di Fondazione 3M, istituzione culturale permanente di ricerca e formazione e proprietaria di uno storico archivio fotografico di circa 110 mila immagini. Attraverso questa mostra, realizzata in collaborazione con Daniele Luxardo, nipote del celebre fotografo, e curata dal critico fotografico Roberto Mutti, Fondazione 3M rende omaggio ai grandi volti del cinema italiano. Da grande appassionato di cinema, Elio Luxardo aveva imparato sul set a utilizzare in maniera innovativa le luci per valorizzare i volti. Nei suoi scatti, il fotografo riesce infatti a far emergere le caratteristiche di ognuno dei suoi soggetti, sottolineando l’ironia di uno sguardo e la forza seduttiva di un altro, le posture più classiche e quelle insolite. Le opere di Luxardo trasmettono inoltre un senso di plasticità, grazie alla scelta delle riprese laterali, che vedono corpi e volti occupare lo spazio in diagonale. Elio Luxardo, nato nel 1908 da genitori di origini italiane in Brasile, si afferma inizialmente come autore di documentari, imparando il mestiere della fotografia dal padre, fotografo di professione. Trasferitosi a Roma, si iscrive al Centro Sperimentale di Cinematografia col sogno di diventare regista. Abbandona però quasi su-
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«Fino al 1° dicembre»
bito la scuola per entrare nello studio del fotografo Sem Bosch e ne rileva l’attività affermandosi rapidamente come ritrattista. Proprio in questa veste, il fotografo è stato in particolar modo apprezzato dai divi di Cinecittà per la sua capacità di ricercare la bellezza nei volti e nei corpi, e di realizzare scatti che non erano mai ripetitivi. La mostra Luxardo e il cinema sarà aperta al pubblico dal 17 ottobre al 1° dicembre presso la Casa del Cinema di Roma, in Largo M. Mastroianni 1.
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The first-ever commercial doorway to the International Space Station, and now part of the Italian space ecosystem.
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O
riana Fallaci è stata una scrittrice e giornalista dalla personalità fortemente criticata, anche per via delle sue posizioni spesso radicali. Ciò nonostante, la Fallaci rappresenta una pietra miliare della letteratura italiana e internazionale del ‘900. Inviata di guerra, reporter e femminista, Oriana dedicò alcuni dei suoi lavori a una delle più grandi imprese storiche dell’uomo: la conquista della Luna. È in particolare a questa esperienza che si riferisce il documentario a lei dedicato, dal nome Oriana Fallaci – il lato nascosto della Luna, trasmesso su Rai 3 e presentato in anteprima nella sede dell’Agenzia spaziale italiana. La pellicola, diretta da Marco Spagnoli e sceneggiata da Marco Dell’Omo racconta la vita della giornalista e scrittrice Oriana Fallaci, la sua fascinazione per lo spazio e i quattro anni di permanenza negli Usa per conoscere da vicino gli astronauti, gli scienziati e i tecnici che parteciparono alla conquista della Luna. Ed è proprio il rapporto che la Fallaci aveva con lo spazio ad aver spinto il regista a fare della sede dell’Asi la scenografia ideale dell’opera. Virgilio di questo racconto è l’attrice Sabrina Impacciatore che attraverso i corridoi, le stanze, l’auditorium dell’Agenzia, porta gli spettatori a conoscere la figura della Fallaci con il racconto di alcuni testimoni che ebbero modo di conoscerla profondamente, a partire da suo nipote Edoardo Perazzi, e poi l’astronauta Paolo Nespoli, il Generale Franco Angioni, Oliviero Toscani, Ferruccio De Bortoli, Pigi Battista e Giovanna Botteri. Il documentario fa parte della seconda stagione di video-storie dedicate a grandi figure femminili
DIETRO LE QUINTE DI “ILLUMINATE”
SABRINA RACCONTA ORIANA
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di Ilaria Marciano @ASI_spazio
del passato: la serie, chiamata Illuminate, è stata realizzata dalla società Anele in collaborazione con Rai Cinema. Sabrina, cosa ha rappresentato per te l’esperienza di Illuminate? Illuminate è stata un’occasione di
crescita per me. Un progetto sulle donne che hanno avuto un’importanza fondamentale nella società e nella storia italiana. Grazie a questo progetto ho avuto la possibilità di incontrare il personaggio femminile unico. Oriana ha inventato il metodo Fallaci nelle interviste in cui lei stessa era protagonista riuscendo a rivelare l’anima degli intervistati. Ha scritto dei libri molto vicini alla letteratura, infatti non a caso ha voluto che sulla sua lapide venisse
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impressa la parola “scrittore”. Penso che sia una di quelle donne che dovrebbero essere insegnate nelle scuole, nonostante le sue posizioni piuttosto estreme e non necessariamente condivisibili. Cos’è che ti ha più colpito di Oriana? Cosa ti è rimasto dentro? Tante cose, perché è una donna che ha vissuto la sua vita in maniera molto coraggiosa. Il coraggio era una dote che la contraddistin-
Sabrina Impacciatore è la voce narrante del Doc diretto da Marco Spagnoli.
gueva: è stata la prima corrispondente di guerra, è stata quasi otto anni in Vietnam, tornandoci ben undici volte. È stata una coraggiosissima giornalista ed è riuscita a raccontare la guerra come mai nessuno prima. Ha realizzato delle interviste con capi di stato, personaggi celeberrimi, provocandoli e riuscendo a raccontarli interpretando anche il linguaggio del corpo, rubando loro l’anima. Un modo nuovo di intervistare. E poi è stata una donna che ha avuto il
coraggio delle sue idee, si è fatta tanti nemici e mi piace che avesse un temperamento così appassionato, soprattutto in questo momento storico in cui non si vedono queste figure fiammeggianti. L’ammiro molto. Com’è stato girare all’interno della sede dell’Asi? È stato bello. Sinceramente non sapevo che esistesse l’Asi e che fosse a Roma. È stata per me una scoperta, mi sono affezionata ormai a questi luoghi che sono molto suggestivi. C’è un’atmosfera particolare qui.
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A ROMA DAL 10 AL 12 DICEMBRE
NEW SPACE ECONOMY EUROPEAN EXPOFORUM di Redazione @ASI_spazio
Grandi e piccole aziende del settore, agenzie spaziali, utenti e investitori internazionali, startup e incubatori, centri di ricerca e università. Tutto l’ecosistema spaziale riunito in Italia in una volta sola. L’occasione sarà la prima edizione dell’ExpoForum europeo sulla New Space Economy (Nse) che dal 10 al 12 dicembre animerà la Fiera di Roma. L’iniziativa – presentata al Miur, alla presenza del ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti – prevede sessioni di conferenze e una vasta area espositiva aperta alle imprese e ai visitatori del settore ma non solo. Il programma è stato preparato da un comitato scientifico internazionale che vede la partecipazione di rappresentanti del mondo scientifico, istituzionale e privato. I temi che saranno affrontati in 6 sessioni di mezza giornata spaziano dalle nuove forme di mobilità, all’utilizzo della geo-localizzazione per nuovi servizi come il monitoraggio delle emergenze, dei beni culturali, dell’agricoltura e della logistica. E ancora, durante l’evento verrà dato spazio anche alla cybersecurity, alle nuove forme di finanziamento e investimento, alla medicina e farmaceutica, alla manifattura spaziale. Previste anche sezioni speciali, in particolare quella dedicata alle mega costellazioni a cui parteciperà SpaceX, ditta che ha appena lanciato i primi 60 satelliti della costellazione che ne prevede 12mila. Un’altra è dedicata alla parità di genere nelle attività professionale nel settore spaziale organizzata da Women in Aerospace. Infine, una sessione riguarderà le prospettive della Space Economy relative alla colonizzazione della luna. Di rilievo anche il programma di sessioni parallele organizzato dalle Space generation advisor council, la rete internazionale di studenti e giovani professionisti nel settore spaziale che prevede una competizione tra startup. «Avere un evento dedicato a questo – ha sottolineato il Presidente dell’Agenzia spaziale italiana, Giorgio Saccoccia – ci permetterà a livello internazionale di riflettere e cogliere le opportunità che devono essere proposte e mandate avanti in futuro. Quindi c’è stato tutto l’interesse per sostenerlo e trarne ottimi spunti per il futuro. Verrà offerta l’esperienza dei vari Paesi che già hanno avviato iniziative nel settore, ci saranno exhibition, quindi vedremo prodotti sviluppati che possono essere direttamente utilizzati in futuro, vedremo agenzie che discuteranno su come promuovere lo sviluppo delle aziende delle varie nazioni in questo settore».
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«Presentato al Miur, alla presenza del ministro Fioramonti»
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Energia, ambiente, sostenibilità e servizi per i consumatori. Attorno a questi quattro temi (e non solo) ruota l’attività di ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente. Luce, gas, acqua e rifiuti sono i servizi pubblici che pervadono la vita quotidiana dei cittadini e per i quali l’Autorità “fissa le regole” con lo scopo di promuoverne l’efficienza a tutela dei consumatori in armonia con gli obiettivi generali di carattere sociale, di tutela ambientale e di uso efficiente delle risorse. Settori in evoluzione (più o meno rapida), caratterizzati dalle sfide legate alla sostenibilità – o meglio alla “transizione alla sostenibilità” come l’ha più volte definita il presidente dell’Autorità, Stefano Besseghini – e all’innovazione. Proprio all’innovazione ARERA ha da
tempo dimostrato particolare attenzione: dai progetti pilota sul tema smart grid elettriche alle sperimentazioni sui sistemi di accumulo utility-scale, dalla ricarica per i veicoli elettrici ai nuovi misuratori di seconda generazione. E se l’approccio dell’Autorità non può che essere tecnologicamente neutrale e intersettoriale, attento a intercettare le opportunità rese disponibili dalle nuove tecnologie, ciò non toglie l’impegno a migliorare la propria capacità di apportare un contributo specifico sui temi dell’innovazione nelle aree di competenza. A questo obiettivo, uno dei primi fissati nel Quadro Strategico 2019-2021 di ARERA, si accompagna l’intenzione di mettere a sistema le competenze di altre Istituzioni. Alcune collaborazioni sono
già state avviate da tempo, con AGCOM in materia di servizi di comunicazione machine-to-machine e con AGID per l’accesso sicuro e riservato dei cittadini/ utenti ai servizi digitali in tema di energia e ambiente (identity management). Nella convergenza tra digitale ed energia, o meglio ancora, nella convergenza tra digitale e servizi pubblici, esistono spazi di lavoro e opportunità effettivamente interessanti. Come si inserisce il consumatore in questo contesto? La sua è una trasformazione che va agevolata e guidata verso una maggiore conoscenza non solo dei settori energetici e ambientali ma anche delle proprie esigenze in termini quantitativi e qualitativi, in modo tale che possa operare scelte consapevoli.
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Spazio Cinema 2020 di Paolo Di Reda @ASI_spazio
«Da marzo a maggio il mini-ciclo La Scienza di Star Trek»
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Saranno dieci i film che animeranno lo Spazio Cinema dell’Asi nel 2020. Esclusi i mesi di agosto e dicembre, la proposta di film all’Auditorium dell’Agenzia spaziale consoliderà l’appuntamento dell’ultimo venerdì del mese ormai caro a un affezionato e numeroso pubblico, che assiste attivamente ai dibattiti sui temi scientifici che seguono la proiezione. Nei mesi di gennaio e febbraio si completa un mini-ciclo dedicato a due maestri del cinema, Stanley Kubrick e Steven Spielberg, iniziato a novembre 2019 con 2001: Odissea nello Spazio. Kubrick aveva scritto un nuovo film sul tema dell’intelligenza artificiale, ma morì prima di realizzarlo. A questo punto intervenne Steven Spielberg: i due erano diventati grandi amici dopo essersi incontrati nel 1980 sul set di Shining, mentre Spielberg girava negli stessi studi in Inghilterra I predatori dell’Arca perduta. Fu in una delle loro frequenti telefonate transoceaniche che Kubrick parlò a Spielberg di A.I. Intelligenza artificiale, portato sugli schermi dal regista americano nel 2001, a due anni dalla morte dell’amico. Un omaggio affettuoso di Spielberg al maestro si è sostanziato anche nel suo ultimo film Ready Player One (2018), in cui ha ricostruito alcune famose scene di Shining. Anche in questo film Spielberg affronta il tema dell’intelligenza artificiale, ormai capace di costruire veri e propri mondi paralleli. Da marzo a maggio si apre un nuovo mini-ciclo con La Scienza di Star Trek: attraverso le proiezioni degli ultimi tre film di uno dei più noti franchise del genere Sci-Fi, si affronteranno i temi legati alle possibili missioni spaziali interplanetarie. Altro mini-ciclo in due parti sarà quello che si interrogherà nei mesi di giugno e luglio 2020 su Macchine o Umani?, mentre da settembre a novembre l’attenzione si sposterà su Marte, con tre film che trattano l’esplorazione e la possibile costruzione di stazioni spaziali sul pianeta rosso. Una novità assoluta di SpazioCinema sarà la proiezione di tre film per le scuole: SpazioCinema Scuola affiancherà a tre visite guidate alla sede dell’Agenzia spaziale la proiezione di tre film divisi per fasce d’età. Si inizierà a marzo per i bambini della scuola primaria con la proiezione del film d’animazione Mike sulla Luna, che ripercorre l’impresa delle missioni Apollo. Ad aprile i ragazzi della scuola media affronteranno il tema dell’esistenza di altri mondi con il film di Luc Besson Valerian e la città dei mille pianeti. A maggio i ragazzi delle scuole superiori avranno modo di vedere Ready Player One di Spielberg.
WE BRING A NEW DIMENSION TO YOUR HORIZONS
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CON IL RITORNO DI ROBY VIC
LE AVVENTURE DI GIGI E GENOVEFFA
ZIO PAPERONE SULLA LUNA
A CASA DA SOLI di Giuseppina Pulcrano @jupulcra
di Manuela Di Dio @ASI_spazio
Un Topolino inedito, quello in edicola dal 2 ottobre. È infatti presente la storia a fumetti Zio Paperone e la luna d’occasione realizzata grazie alla collaborazione tra Panini Comics e l’Agenzia spaziale italiana, primo appuntamento di una trilogia a tema spaziale che avrà come protagonista Roby Vic, cosmonauta grande amico di Paperino, ispirato all’astronauta Esa Roberto Vittori. Scritta da Alessandro Sisti e illustrata da Francesco d’Ippolito, Zio Paperone e la luna d’occasione racconta le vicende dell’Ente Spaziale Paperopolese, pronto a costruire sulla Luna una base da cui far partire nuove esplorazioni lunari. Roby Vic chiede l’aiuto delle imprese paperopolesi per ottenere strumentazioni valide e portare a termine questo ambizioso progetto, accendendo così gli animi di Zio Paperone e di Rockerduck, pronti a tutto pur di conquistare il predominio anche sulla Luna… Luna e non solo, perché le successive due edizioni di Topolino – in uscita rispettivamente a novembre e a dicembre – saranno ambientate sugli asteroidi e su Marte. In questo numero, inoltre, sarà disponibile un allegato speciale, La scienza raccontata da Topolino, che raccoglie quattro storie a tema scientifico e una prefazione scritta dal celebre divulgatore scientifico Piero Angela. Un’avventura in chiave ludico-didattica, per far addentrare il lettore nel mondo della fisica, dell’astrofisica e della matematica grazie alle più belle storie a tema scientifico.
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«Storie di paperi su Luna, Marte e asteroidi»
Di Vichi De Marchi, della Giunti Editore, collana Colibrì per lettori in erba, A casa da soli è un divertente e insolito racconto della vita di due gemelli molto diversi tra loro e che vivono da soli. La matita di Agnese Innocente disegna i caratteri opposti di Gigi e di Genoveffa che si organizzano per rispettare le regole lasciate dai loro genitori prima di volare in cielo, concedendosi qualche trasgressione qua e là. Sembra la rappresentazione di una realtà comune e ordinaria, ma già dalle prime righe si comprende che di comune e ordinario c’è davvero molto poco… due bambini organizzati e consapevoli della grande fiducia che i loro genitori hanno riposto in loro, lasciando come unico riferimento adulto la nonna, appassionata giocatrice di carte e iscritta al Circolo delle Maghe Magò. Gigi e Genoveffa hanno un gran daffare: devono sostenere il peso dell’organizzazione della casa, badare alla loro stessi e comunque vivere una vita sociale, con le maestre e con i compagni di scuola. Un racconto che si snoda tra il quotidiano, spesso melanconico, e i divertenti profili dei diversi gatti adottati, che una volta a settimana sono ospiti nella casa di Gigi e Genoveffa o l’impegno profuso dai due gemelli per un pigiama party tutto da organizzare in una casa senza adulti. I profili di Gigi e Genoveffa sono di bambini soli ma con una grande sensibilità verso le stelle, Marte e la Luna che rafforzano in loro la certezza di far parte di una famiglia diversamente normale.
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Un Festival dedicato al VR? Un evento internazionale interamente dedicato a VR/AR/ XR: le sigle della tecnologia e del linguaggio immersivo che stanno cambiando il nostro futuro, dalla scienza all’arte, dalla medicina alla musica e al cinema, dalla comunicazione al mondo aziendale. Un osservatorio, una full immersion tra nuove opere da tutto il mondo, speech, incontri, esperienze virtuali, performance VR.
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La scienza è solo scienza... Finchè non viene applicata. Per 3M la scienza rappresenta il cuore di ogni scelta, è ciò che ci porta a esplorare, creare collegamenti e inventare. “Scienza applicata alla vita” racconta la nostra capacità di innovare per il benessere delle persone. Rendiamo più facile, ricca e migliore la vita. Questo è ciò che rende unica 3M.
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