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MAGGIO 2018
Oltre mezzo secolo di spazio italiano, trent’anni di ASI: il racconto delle tappe che hanno reso l’Italia uno dei paesi leader mondiali nelle attività spaziali
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a rapida rivoluzione che sta cambiando il volto del settore spaziale spinto in questi anni da nuove tecnologie e applicazioni, imprenditori che arrivano da mondi diversi, e grandi programmi sviluppati con il modello delle public private partnership, ha un’altra importante caratteristica: è solo all’inizio. Nei prossimi 10 anni lo spazio infatti proporrà nuove sfide scientifiche e tecnologiche, con ulteriori potenziali ricadute positive per il sistema paese. La nuova legge di riordino della governance del sistema spaziale entrata da poco in vigore è lo strumento necessario e fondamentale per rendere sistematica l’azione di coordinamento iniziata nel 2014 con la Cabina di Regia di Palazzo Chigi. Un passo fondamentale per mantenere e rafforzare la posizione di potenza spaziale che, dalla geniale intuizione di Luigi Broglio ad oggi, l’Italia si è meritatamente guadagnata. Grazie a quella intuizione e al lavoro di questi anni, l’Italia è in grado di cogliere e guidare la profonda trasformazione sia della componente industriale che quella dei servizi. Le costellazioni satellitari sono un’infrastruttura strategica irrinunciabile: dalle telecomunicazioni alla navigazione, dal monitoraggio climatico e produttivo alle applicazioni per le industrie estrattive o per l’agricoltura, l’infrastruttura satellitare è un obiettivo primario. È questo l’approccio con cui l’Agenzia spaziale italiana ha sviluppato partnership con le più importanti agenzie spaziali del mondo e i più importanti player industriali per lo sviluppo filoni di ricerca, scientifici, tecnologici e applicativi che determineranno le strategie spaziali di domani. Tra questi sottolineo alcuni dei più importanti: PLATiNO, la Mini Piattaforma ad Alta TecNOlogia per i satelliti di piccola taglia, un’iniziativa che fa entrare l’Italia nel segmento satellitare che oggi si sviluppa maggiormente a livello mondiale, abilitando un vasto ventaglio di missioni, dalle telecomunicazioni, all’osservazione della terra, alle missioni scientifiche; allo stesso tempo l’importante lavoro e le strategie di investimento fatte in questi anni hanno consento all’Italia di avere un ruolo di primo piano nei settori dei satelliti di osservazione della Terra (e dei relativi servizi) e dei lanciatori, dove la quotazione in Borsa di Avio dello scorso anno rappresenta un grande risultato. Infine la grande rivoluzione dei Big Data. Oggi
L’EDITORIALE
SPAZIO AL FUTURO FRA SCIENZA E TECNOLOGIA di Roberto Battiston @Rb_Bat
“In Italia abbiamo capacità di formazione, educazione e ricerca incredibili”
discutiamo in modo incrementale su quanti dati riceviamo dallo spazio, non sappiamo perché lo stiamo facendo ma mentre lo facciamo scopriamo nuove applicazioni. È in qualche modo quello che accade nella ricerca scientifica quando ci si imbatte in scoperte scientifiche e tecnologie imprevedibili. Una sfida che chiama in causa un nuovo modo di pensare, soprattutto per i giovani. In Italia abbiamo capacità di formazione, educazione e ricerca incredibili, un’opportunità per mettere all’opera i nostri cervelli perché prima c’è l’uomo e poi l’economia.
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OMMARIO
N.11 - MAGGIO 2018
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“L’editoriale” DI ROBERTO BATTISTON
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“Da Luigi Broglio alla space economy” DI FRANCESCO REA
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“Pianeta che vai, Italia che trovi” DI MANUELA PROIETTI
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“30 anni puntando in alto, per superare i nostri confini” DI NICHI D’AMICO, FERNANDO FERRONI
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“Da Sirio a Vega: il cosmo italiano” DI GIUSEPPINA PICCIRILLI
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“L‘Italia e il volo umano: dalla Iss alla space economy” DI FULVIA CROCI, ILARIA MARCIANO
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“Crescent Dark Mirrors” DI ILARIA MARCIANO
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“50+trenta” DI DAVIDE COERO BORGA
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“Conto alla rovescia per BepiColombo” DI ELISA NICHELLI
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“Esopianeti: la caccia continua” DI GIULIA BONELLI
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TESTATA GIORNALISTICA GRUPPO GLOBALIST Reg. Tribunale Roma 11.2017 del 02.02.2017 online www.asi.it - www.media.inaf.it - globalscience.it 4 - global science
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“Metti al sicuro il pianeta... altro” DI REDAZIONE
direttore responsabile Gianni Cipriani direttore Francesco Rea direttori scientifici N.D’Amico, R.Battiston progetto grafico Paola Gaviraghi
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“Spazio ai libri” DI VALERIA GUARNERI, FRANCESCO REA
grafica Davide Coero Borga coordinamento redazionale Manuela Proietti redazione ASI - Media INAF - Globalist
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TRENT’ANNI FA NASCEVA L’AGENZIA SPAZIALE ITALIANA
DA LUIGI BROGLIO ALLA SPACE ECONOMY di Francesco Rea @francescorea
La storia dell’Agenzia spaziale italiana, inevitabilmente, non può coincidere con l’intera storia della politica spaziale italiana. La sua nascita, come per altre realtà scientifiche, ne è di fatto una diretta conseguenza. L’Agenzia spaziale italiana è stata infatti istituita nel 1988, ma già alla fine degli anni ’50 dentro il Cnr esisteva un settore dedicato alle attività spaziali, una realtà che dette vita al progetto San Marco, ma creò anche le condizioni, a partire da figure come Luigi Broglio, Gaetano Arturo Crocco e suo figlio Luigi, Luigi Gussalli, perché lo spazio italiano divenisse tra le realtà più importanti a livello globale. È nel 1964 che inizia la conquista dello spazio da parte del nostro paese con il lancio del satellite San Marco, per lo studio della bassa atmosfera terrestre, nell’ambito di una collaborazione tra il Centro ricerche aerospaziali dell’Università di Roma e la Nasa. L’esordio di questa serie di satelliti che troveranno, poi, naturale base di lancio nel centro italiano di Malindi in Kenya, avvenne nella base statunitense di Wallops Island, in Virginia. Il progetto San Marco, per anni, rappresentò l’unica, o quasi, esperienza spaziale nazionale e peraltro passò momenti altalenanti come i suoi finanziamenti. Nonostante questo l’apertura della base di Malindi, oggi dell’Asi e dedicata a Luigi Broglio, da cui fu lanciato il San Marco 2, rafforzò i già stretti legami con gli Stati Uniti che scelsero quella base, la prima fuori dagli Usa, per il lancio di alcuni loro satelliti. La svolta per lo spazio italiano potrebbe essere rappresentata dal lancio del satellite Sirio nel 1977, satellite sperimentale pre-operativo per telecomunicazioni. Nel ’70 infatti l’Istituto di ricerche spaziali del Cnr diventò il Servizio di attività spaziali, che dette vita al progetto Sirio. Nel 1975 nasceva l’Agenzia spaziale europea, di cui l’Italia fu tra i paesi fondatori. Il nostro paese aveva già aderito nel 1964 alle organizzazioni spaziali europee Eldo (per la costruzione dei lanciatori) ed Esro (per la realizzazione di satelliti scientifici). Altro anno importante è il 1984, quando l’allora presidente Ronald Reagan scrive ai governi dei paesi partner europei prospettando loro la realizzazione della Stazione spaziale Alpha, oggi Stazione spaziale internazionale. L’Italia entra nel progetto da subito e grazie anche agli ottimi rapporti con gli Stati Uniti sarà tra i paesi europei con maggior ruolo in quello che ad oggi è il più grande programma di collaborazione internazionale mai effettuato dall’uomo. In effetti la particolare condizione dell’Italia, paese sconfitto, ma anche cobelligerante, confinante con i balcani, questi posti sotto l’influenza sovietica, sita al centro del mediterraneo, l’hanno resa un paese strategico per gli equilibri mondiali. E gli Stati Uniti ne tennero conto, nel piano Marshall ma non solo. Questo creò legami di scambio culturale e scientifico (peraltro già esistenti durante la seconda guerra mondiale) che divennero duraturi e si ampliarono a diverse componenti della ricerca scientifica e industriale. In questo contesto nel 1988, il 30 maggio, veniva istituita l’Agenzia spaziale italiana, ente autonomo, non più all’interno del Centro nazionale delle ricerche. Il suo primo presidente fu Luciano Guerriero che dagli inizi degli anni ottanta guidava le attività spaziali del Cnr. Nei suoi trenta anni di storia l’Agenzia spaziale italiana ha segnato importanti e significativi successi nei diversi settori delle attività spaziali, dalle telecomunicazioni, ai sistemi radar di osservazione della Terra, allo studio dei pianeti e di altri oggetti del sistema solare, ai lanciatori, alle infrastrutture spaziali. Ma c’è una nuova realtà che più di tutte sta mostrando la propria potenzialità: la space economy. Lo spazio non è più un investimento a lungo termine, è oggi una realtà commerciale importante, con un giro d’affari di miliardi, centinaia di miliardi di dollari, grazie in particolare all’entrata in scena delle aziende private. E non è casuale che sia stato, da poco, annunciato che in Puglia nascerà il primo spazioporto italiano, grazie ad un accordo tra la società Altec, partecipata da Asi e Thales Alenia Space, e la Virgin Galactic del miliardario Richard Branson.
“Il suo primo presidente fu Luciano Guerriero che guidava le attività spaziali del Cnr”
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SCIENZA E TECNOLOGIA ITALIANA VIAGGIANO NEL SISTEMA SOLARE
PIANETA CHE VAI, ITALIA CHE TROVI di Manuela Proietti @unamanus
Un’affascinante immagine dell’atmosfera gioviana ripresa dalle ottiche della sonda Juno. Crediti: NASA/ JPL-Caltech/SwRI/ MSSS/Gerald Eichstädt /Seán Doran.
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Dal Sole a Saturno passando per comete, pianeti nani e asteroidi, c’è un italiano in quasi ogni angolo del sistema solare. Che si tratti di uno strumento radar, di un’antenna, di uno spettrometro o di una bussola stellare, il know-how scientifico e tecnologico italiano, costruito in questi decenni grazie al lavoro sinergico tra l’Agenzia spaziale italiana, gli enti di ricerca, le università e l’industria, è ormai a bordo di ogni sonda per l’esplorazione del sistema solare, sia essa europea o statunitense. A partire dal più prossimo dei vicini planetari, Marte, dove la presenza dell’Italia è consistente: sono infatti italiani i radar in dotazione agli orbiter dell’Esa Mars Express e Mro della Nasa. Gli strumenti, uno la derivazione dell’altro ma complementari nel tipo di risoluzione, si chiamano Marsis e Sharad e le loro osservazioni hanno permesso di individuare vaste quantità di ghiaccio sotto la superficie del pianeta rosso. Siamo poi a bordo del marziano Trace gas orbiter, componente orbitale della missione europea ExoMars 2016, che tra gli strumenti di bordo annovera la fotocamera a colori ad alta risoluzione Cassis e lo spettrometro Nomad.
L’astrofisica italiana ha avuto modo di osservare l’asteroide Vesta e studiare il pianeta nano Cerere con la sonda Nasa Dawn, ha scoperto la composizione chimica della cometa 67P accompagnandola nel suo viaggio attorno al Sole con l’europea Rosetta, tutto ciò grazie a diverse versioni di uno straordinario quanto versatile strumento, Virtis, uno spettrometro a immagini concepito e realizzato in Italia, lo stesso che volò su Venere a bordo di Venus Express, permettendo di penetrare la densa atmosfera del pianeta bollente. L’ultimo della stessa famiglia è Jiram. Imbarcato nella sonda Nasa Juno, lo strumento ha raggiunto l’orbita di Giove nell’agosto dello scorso anno ed è attualmente impegnato nell’analisi dell’atmosfera e delle aurore gioviane. Restando in zona, la comunità scientifica del nostro paese sarà tra i protagonisti dello studio delle tre lune ghiacciate di Giove con Juice, missione Esa che nel 2022 partirà alla volta del gigante gassoso con tre strumenti a guida italiana. E poi c’è l’ammiraglia degli esploratori spaziali, la sonda Cassini, il veicolo interplanetario di tipo scientifico più grande e complesso mai realizzato, che ha orbitato attorno a Saturno per ben 13 anni a partire dal 2004. L’Italia, con l’Asi, è stata part-
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JIRAM A bordo della sonda Nasa Juno, il Jovian InfraRed Auroral Mapper esamina gli strati più esterni dell’atmosfera del quinto pianeta del Sistema solare nell’infrarosso.
ner della missione a fianco delle agenzie spaziali americana ed europea perché al nostro Paese fu affidata la realizzazione di uno dei componenti fondamentali della sonda: la grande antenna ad alto guadagno che ha garantito, puntualmente, le comunicazioni tra il satellite e la Terra. Per Cassini l’Italia ha inoltre sviluppato una serie di strumenti scientifici, tra cui Vims (altro fratello degli spettrometri Virtis), il radar Titan e la suite di sensori Hasi a bordo della controparte europea della missione, il lander Huygen atterrato su Titano nel 2005. Tra le prossime destinazioni in cui l’Italia sarà a bordo c’è Mercurio, per il quale faremo le valigie a ottobre di quest’anno con la sonda Be-
piColombo che di strumenti italiani ne imbarca ben 4, oltre a portare il nome che fu del padovano ‘meccanico celeste’. Il Sole sarà raggiunto nel 2018 con Solar Orbiter, sonda europea che monta un coronografo made in Italy, Metis, che si occuperà dello studio del vento solare attraverso l’osservazione della corona nella luce visibile polarizzata e nell’ultravioletto. Nel 2020 ci aspetta una tra le sfide più interessanti dell’esplorazione planetaria di questi anni: un italiano dovrà cercare tracce di vita su Marte. Lo strumento è un trapano-carotatore e fa parte della dotazione del rover della missione ExoMars 2020. In grado di penetrare la superficie marziana fino a due metri di profondità, il trapano preleverà dei campioni di sottosuolo, nei quali, in loco, si cercheranno indizi sul passato abitabile del pianeta. A ciò va aggiunto che le operazioni del rover saranno guidate da un centro di controllo italiano, situato a Torino. Senza contare che, quando il rover muoverà i primi passi, uno strumento italiano si troverà per la prima volta a ‘camminare’ sul pianeta rosso, conferendo a tutti noi un nuovo domicilio. Marziano. global science - 9
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di Fernando Ferroni - presidente INFN @INFN_
Alzare gli occhi e osservare il cielo, rimanendone affascinati, è un gesto che ciascuno di noi ha compiuto. È un gesto che fa parte della storia dell’umanità e che ha contribuito a costruire la nostra cultura. Perché è il gesto che ha portato l’uomo a porsi molte domande, e anche a trovare molte risposte. Perché è stato il motore di molte ambiziose imprese scientifiche e tecnologiche, che hanno contribuito a spostare in avanti i nostri confini. E, da ormai 30 anni l’Asi è tra i protagonisti di queste imprese. Nella seconda metà del secolo scorso le scoperte sui raggi cosmici hanno aperto una nuova finestra osservativa sul nostro universo: la fisica astroparticellare. Un ambito di ricerca, all’intersezione tra astrofisica, cosmologia e fisica delle particelle, al cui rapidissimo sviluppo anche l’Infn sta contribuendo in modo decisivo con i suoi progetti. È qui che Asi e Infn si sono incontrati, avviando una collaborazione, ormai decennale, con studi a terra sulla radiazione cosmica, preliminari alle missioni spaziali. Collaborazione che è cresciuta negli anni, portando alla realizzazione di importanti missioni scientifiche nello spazio. Era il 2006, quando veniva lanciato il satellite Pamela, cui nel 2007 è seguito Agile, la prima missione tutta italiana che ha visto la collaborazione di Asi, Infn e Inaf. Oggi il successo prosegue con le missioni Nasa Fermi e Ams-02: la prima ci sta regalando la più bella immagine dell’universo gamma, mentre Ams-02 sta dimostrando grande sensibilità nello studio dei raggi cosmici alla ricerca di antimateria primordiale e materia oscura. E, mentre stiamo lavorando assieme alle più recenti missioni cinesi Dampe e Limadou, guardiamo in prospettiva ai progetti Herd, recentemente approvato da Asi e Infn che dovrebbe volare sulla futura stazione spaziale cinese, e Ixpe, selezionato dalla Nasa come prossima missione del programma Explorer. Ma i confini si superano puntando in alto: all’esplorazione di Marte e allo studio delle onde gravitazionali nello spazio con Lisa, un interferometro dai bracci lunghi 3 milioni di chilometri, in orbita attorno al Sole. In occasione del suo trentesimo compleanno, auguriamo quindi all’Asi di proseguire con la stessa visione, ambizione e competenza, perché questa storia di successo insegna che è così che si fanno avanzare i confini, della conoscenza, della tecnologia, della società.
di Nichi D’Amico - presidente INAF @mediainaf
La celebrazione del trentennio dell’Agenzia spaziale italiana costituisce un momento particolarmente importante per l’Istituto nazionale di astrofisica e per l’intera comunità astronomica e astrofisica italiana. Vale la pena ricordare che il satellite scientifico italiano BeppoSAX, interamente concepito in Italia, e fortemente voluto e soVISIONE, AMBIZIONE, COMPETENZA stenuto dall’Asi, ha costituito una pietra miliare di importanti studi dell’astronomia a raggi X, non ultimo la comprensione della fenomenologia dei lampi di raggi gamma. La missione Agile, un altro gioiello tutto italiano, oggi ancora funzionante oltre ogni previsione, costituisce un gioiello dell’astrofisica delle alte energie, in cui la comunità italiana continua a giocare un ruolo leader, e lo abbiamo visto di recente nel follow-up dell’emissione di onde gravitazionali da parte del primo merger di due stelle di neutroni mai osservato. Sarebbe solo tedioso elencare le missioni scientifiche a cui la co“Alzare gli munità italiana ha dato un significativo contributo grazie alla politica perseguita dall’Asi nel sostegno occhi al alle fasi di progettazione, sviluppo e di analisi dei cielo ha dati. Il segmento delle attività spaziali dell’Inaf inportato l’uo- sieme alle grandi infrastrutture astronomiche da mo a porsi terra, costituisce oggi un autorevole riferimento domande internazionale e questo è certamente anche merito della politica dell’Asi, che ha sempre apprezzato e trovare il carattere multi wavelength (e oggi multimessenger) risposte.” del nostro Istituto nazionale. Le grandi sfide del futuro, dall’esplorazione di Marte alla identificazione di forme di vita in altri mondi, dalla sfida delle onde gravitazionali con missioni come Lisa, al coinvolgimento del Paese nel Deep Space Network, che ha visto di recente la firma di importanti accordi fra l’Asi e l’Inaf per l’utilizzo del Sardinia radio telescope.
30 ANNI PUNTANDO IN ALTO, PER SUPERARE I NOSTRI CONFINI
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mitici anni Sessanta e Settanta li ricordiamo anche per lo sviluppo della grande corsa allo spazio. Si aprono nuove frontiere tecnologiche nelle quali il nostro Paese sarà presente e forte con la capacità di reggere le grandi sfide proposte da potenti nazioni. Ci adoperiamo nella realizzare satelliti sperimentali e soprattutto nella intuizione fondamentale del generale Luigi Broglio di lanciare autonomamente i satelliti. «Dal progetto San Marco, con i primi lanci dalla base italiana in Kenya, fino a Vega C ed E, l’Italia ha da sempre avuto – evidenzia Giulio Ranzo, amministratore delegato di Avio – l’ambizione di avere un autonomo accesso allo spazio. Una sfida che ha fatto la differenza, ieri come oggi, e che ha dato i suoi frutti». Sono gli anni nei quali nasce il primo satellite italiano di comunicazioni satellitari. È il 1977, quando in orbita arriva Sirio, dal nome evocativo della stella più luminosa, ma soprattutto acronimo di Satellite italiano ricerca industriale orientata. Sotto la guida del Cnr a fine anni ‘60 un gruppo di aziende italiane danno vita al raggruppamento Cai (Compagnia aerospaziale italiana). È la strada dello sfruttamento commerciale dello Spazio a fini civili che ci porterà a quella che oggi è la space economy,
UN SISTEMA PRODUTTIVO SPAZIALE CHIAVI IN MANO
DA SIRIO A VEGA: IL COSMO ITALIANO di Giuseppina Piccirilli @ASI_spazio
Asi e Leonardo Nel 2018 l’Agenzia spaziale italiana compie 30 anni. In questi anni l’Asi è stata la guida, in Italia, per questo settore, nato con prospettive pionieristiche e scientifiche e oggi comparto di grande valore economico, importante leva di sviluppo tecnologico e sociale. Nel 2018 l’Agenzia spaziale italiana compie 30 anni. In questi anni l’Asi è stata la guida, in Italia, per questo settore, nato 12 - global science
con prospettive pionieristiche e scientifiche e oggi comparto di grande valore economico, importante leva di sviluppo tecnologico e sociale. Dalle comunicazioni satellitari all’esplorazione planetaria, dalla navigazione all’osservazione della Terra, l’Italia dello Spazio, grazie alla collaborazione tra Asi, industria nazionale e ricerca,
si è guadagnata un ruolo di primo piano nel mondo. Il 2018 è un anno importante anche per Leonardo, che compie 70 anni. Da sempre protagonista del settore spaziale italiano, il Gruppo ne ha rappresentato e ne rappresenta sempre di più oggi il principale asset industriale. E anche grazie alle competenze sviluppate in questo
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Nel 1992 viene rilasciato in orbita Lageos-2 satellite per studi di geodesia tramite il sistema propulsivo Iris, entrambi italiani.
1,6MLN
Il fatturato in euro della space economy in Italia: 6mila qualificatissimi posti di lavoro e un tasso di occupazione +3%.
ambito - in una sinergia virtuosa con gli altri attori nazionali ed europei - Leonardo è oggi una delle prime dieci società al mondo nell’aerospazio, difesa e sicurezza. Gli anniversari della nascita di Asi e di Leonardo sono la concreta testimonianza dell’inscindibile connubio tra tradizione e innovazione, tra il valore dell’eredità del
passato e la forza trainante del futuro. Il nostro è un percorso comune, una storia di competenze al servizio dell’Italia e di capacità condivisa di affermarci insieme a livello internazionale. Una storia fatta di persone, del loro “saper fare”, che ci permetterà di continuare ad affrontare con successo le sfide di questo settore tanto af-
l’economia in grado di spingere la crescita economica e tecnologica del Paese, capace anche di sbarcare in Borsa con Avio, l’azienda produttrice del lanciatore europeo Vega. Sirio estenderà la sua vita da tre a dieci anni, periodo nel quale è stato utilizzato per sperimentare telecomunicazioni ad altissima frequenza, aprendo la via italiana delle comunicazioni satellitari che arrivano fino ad oggi al Sardinia Deep Space Antenna. Recentemente inaugurato da Asi con la Nasa per le comunicazioni e navigazione con le sonde interplanetarie. Giusto trent’anni dopo, nel 2007 prende quota il primo dei quattro satelliti di Cosmo-SkyMed. Una costellazione italiana unica al mondo con occhi vigili sul nostro delicato pianeta. Per la prima volta l’Italia mette su un’unica macchina un sistema duale (civile/militare) con un radar in grado di guardare la Terra 24 ore su 24, con qualsiasi condizione meteorologica. Un sistema satellitare che oggi attende a breve la sua seconda generazione per poter dare continuità alle attività istituzionali che il programma è stato in grado di realizzare in questo decennio. Da Sirio a Cosmo-SkyMed molto è accaduto e tanta parte della industria italiana è riuscita a crescere e a creare programmi e apparati di alto livello tecnologico, tanto che oggi possiamo dire che non c’è sonda in giro per l’universo che non abbia il contributo fondamentale dell’Italia. Ricorda Donato Amoroso, amministratore delegato di Thales Alenia Space: «Dal successo di Sirio, primo satellite che già quarant’anni fa sperimen-
fascinante quanto altamente competitivo, sempre sulla frontiera dell’innovazione, in un contesto di collaborazione tra istituzioni, industria e ricerca che rappresenta un significativo modello di riferimento per tutto il Paese. Giovanni De Gennaro Presidente di Leonardo global science - 13
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tava nuove telecomunicazioni spaziali, i punti di forza della nostra industria sono notevolmente cresciuti in quantità e qualità e a dire il vero anche aumentati e sempre più performanti». Una storica vocazione che Amoroso definisce nella capacità di avere oggi un’industria 4.0 italiana a livello mondiale. Negli anni arrivano altri importanti satelliti come Intelsat, i moduli abitativi per la Stazione spaziale internazionale, si lancia la sonda Cassini-Huygens, che raggiunge Saturno e sbarca con Huygens su una luna del pianeta degli anelli, Titano. Si sviluppano i radar che permettono di studiare Marte e si costruiscono sonde in grado sbarcare su una cometa. L’elenco sarebbe davvero troppo lungo in un breve articolo dove raccontare i successi e non delle attività italiane in campo internazionale. Ma come non ricordare Tethered, il satellite al guinzaglio, i sette astronauti italiani, gli accordi con la Nasa e le altre grandi agenzie spaziali, il satellite Agile, la missione Esa ExoMars 2016 e 2020, il doppio programma dedicato allo studio di Marte. Tutto questo realizzato anche grazie a un tessuto produttivo composto di tante aziende, per ricordare Ohb fino a innumerevoli Pmi come Kaiser o Planetek che hanno permesso al settore di competere a livello mondiale su diversi fronti, per un sistema davvero chiavi in mano: apparati, lanciatori e servizi satellitari. «L’Italia si è sempre contraddistinta per inventiva e creatività, e oggi che il settore spaziale sta diventando sempre più globale e molto commerciale, ancora una volta la nostra nazione emerge – sottolinea Luca Rossettini, AD di D-Orbit - nel panorama mondiale per le
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“Si innesta in questi decenni la nascita dell’Agenzia Spaziale Italiana”
soluzioni offerte in settori come la mitigazione dei detriti spaziali, il trasporto dei satelliti, il posizionamento orbitale intelligente di piccoli satelliti commerciali». Si innesta in questi intensi decenni la nascita dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) per dare maggiore impulso e organicità alle attività spaziali e ai relativi investimenti. Con il maggio del 1988 inizia il nuovo percorso di vita, lungo, interessante e di tanti successi, accompagnati dalla crescita del settore grazie anche all’integrazione con le stazioni di terra come la base Broglio di Malindi in Kenya e il centro di geodesia di Matera. A quest’ultimo è legato anche un altro protagonista storico del settore, Telespazio. «L’industria spaziale italiana è sempre stata a fianco dell’Asi e a supporto delle attività spaziali – tiene a sottolineare l’amministratore delegato, Luigi Pasquali - Un percorso di comunanza che ci unisce all’Asi fin dalla nascita, anche con la gestione del Centro spaziale di Matera, una delle principali strutture di ricerca e trasferimento tecnologico del Mezzogiorno d’Italia». L’Italia oggi è pronta anche per il terzo millennio, quindi, come ricorda Nicola Zaccheo AD di Sitael: «Oggi le sfide vengono affrontate con un nuovo modo di fare spazio e restiamo protagonisti in questo scenario con investimenti strategici in asset innovativi, quali i piccoli satelliti di nuova generazione della missione Platino e i programmi del piano space economy».
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l 12 aprile 1961 è una data fondamentale per la conquista dello spazio: Jurj Gagarin diventa il primo uomo a viaggiare in orbita intorno alla Terra aprendo la strada all’esplorazione umana del cosmo. Il suo avamposto è oggi la Stazione Spaziale Internazionale (Iss), il più importante programma di cooperazione spaziale a livello mondiale nel campo scientifico e tecnologico fino ad oggi intrapreso, nella cui realizzazione il nostro Paese ricopre un ruolo importante, che va oltre le dimensioni nazionali del settore e dei relativi investimenti. Un ruolo raggiunto non solo con la partecipazione significativa al programma europeo dell’Agenzia spaziale europea (Esa) per la realizzazione del Columbus Orbital Facility ed alla sua utilizzazione, ma anche attraverso l’accordo bilaterale con la Nasa per mezzo del quale l’Italia sviluppa – rispettivamente nel 1998, 1999 e 2000 – i tre Multi Purpose Logistic Module (Mplm) chiamati Leonardo, Raffaello e Donatello (fatto che creò un divertente equivoco, si pensava potessero richiamare i nomi delle tartarughe Ninja all’epoca molto in voga, soprattutto negli Usa), moduli pressurizzati per il trasporto, da e verso la Stazione Spaziale Internazionale, di equipaggiamento, rifornimenti ed esperimenti mediante la navetta spaziale americana Shuttle. Mediante l’accordo, l’Asi ha acquisito diritti di utilizzazione pari allo 0,85% delle risorse dell’agenzia americana e di voli di astronauti italiani. Questo ha infatti comportato l’assegnazione di tre voli di breve durata e di tre di lunga durata. Nello specifico, dai i tre voli di breve durata, l’accordo prevedeva un volo di lunga durata ogni cinque anni di utilizzo dei moduli logistici, con un minimo garantito di tre. Nonostante la fine dello Shuttle e quindi l’impossibilità di usare i moduli, grazie all’accordo per il PMM, per il quale il modulo Leonardo è diventato permanente sulla Iss a partire dal 2011, il diritto ad acquisire un volo di lunga durata ogni 5 anni è ad oggi ancora operativo. Ma la stazione per l’Italia non è solo astronauti e moduli. Il knowhow che il nostro paese ha sviluppato per la realizzazione dei tre moduli logistici ha portato l’industria nazionale ad avere un ruolo in altri progetti per la Iss, come per i nodi 2 e 3, la cupola, finestra sulla Terra dalla Stazione, oltre che per il Columbus, come detto.
CINQUANTAQUATTRO ANNI DI ESPLORAZIONE SPAZIALE
L‘ITALIA E IL VOLO UMANO: DALLA ISS ALLA SPACE ECONOMY di Fulvia Croci e Ilaria Marciano @ASI_spazio
“L’Italia ha contribuito a realizzare metà della capacità abitativa della Iss”
L’Esa inoltre si è affidata all’Italia anche per la parte strutturale del modulo di trasporto ATV, Automated Transfer Vehicle e del Crew Rescue Vehicle. A conti fatti il contributo italiano, diretto o indiretto, fa correttamente dire che rappresenta circa il 50% del volume pressurizzato della Stazione spaziale internazionale. Dal 2000 la stazione è abitata permanentemente e tra i tanti astronauti di diverse nazionalità che l’hanno abitata, cinque sono italiani, alcuni peraltro vi hanno fatto visita più volte. Umberto Guidoni nel 2001 è stato il primo, non solo per l’Italia ma per l’Europa, Roberto Vittori e Paolo Nespoli l’hanno visitata tre volte, sia con lo shuttle che con la soyuz, ma global science - 17
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12 aprile 1961 Una data fondamentale per la conquista dello spazio: Jurj Gagarin diventa il primo uomo a viaggiare in orbita intorno alla Terra.
Nespoli ha preferito le lunghe permanenze. Poi Luca Parmitano e Samantha Cristoforetti, anche loro per lunghe permanenze. L’astronauta dell’Esa siciliano è pronto a tornarci il prossimo anno. Ma il volo umano non nasce con la Iss come sappiamo. Il primo italiano nello spazio è stato Franco Malerba nel 1992, poi nel 1996, insieme, Umberto Guidoni e Maurizio Cheli, quest’ultimo in questi giorni in cima all’Everest. La Stazione spaziale internazionale dovrebbe rimanere in funzione almeno fino al 2024 e quindi è lecito ipotizzare che vi sia almeno un’altra missione dell’Agenzia spaziale italiana, considerato che la prossima di Luca Parmitano è dell’Esa. E poi ci sono scenari nuovi: la futura stazione spaziale cinese che potrebbe vedere come componente dell’equipaggio Samantha Cristoforetti. L’Asi ha firmato, infatti, un accordo con la Cnsa per nuove sperimentazioni scientifiche nell’ambito delle missioni con equipaggio a bordo della stazione cinese, ma soprattutto i progetti lunari (ne abbiamo parlato nell’ultimo numero che potete trovare sul sito in versione sfogliabile on line), e sono tanti gli astronauti, italiani compresi, che ci vorrebbero essere. E tra i nuovi scenari c’è il turismo spaziale. Negli ultimi anni si sono profilate diverse opportunità di investimento e sviluppo tecnologico, quali i voli suborbitali, lo sviluppo di infrastrutture a terra e la collaborazione tra pubblico e privato. Ne sono esempi società 18 - global science
“Un ruolo importante, anche per il volo umano, lo svolge la base Luigi Broglio a Malindi”
come Space X e Blu Origin, ma anche la Virgin Galactic con la quale a dicembre 2016, Altec Spa, società partecipata da Asi e Thales Alenia Space, ha stretto un accordo per la sperimentazione di questo particolare tipo di voli. E nell’ambito di questo accordo l’Italia, tramite il ministero dei trasporti, ha annunciato dove nascerà il primo spazioporto italiano: sarà in puglia, nell’area di Taranto-Grottaglie. La struttura potrebbe essere realizzata e attivata entro il 2020. La collaborazione si baserebbe sull’utilizzo del sistema di volo della Virgin, lo spazioplano riutilizzabile Space Ship Two ed il suo velivolo vettore, WhiteKnight Two. Il White Knight Two costituisce il
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Leonardo Fra il 1998 e il 2000 l’Italia ha sviluppato i tre Multi Purpose Logistic Module (Mplm) chiamati Leonardo, Raffaello e Donatello.
La cupola La finestra a cui si affacciano gli astronauti della Stazione Spaziale Internazionale è un fiore all’occhiello del made in Italy.
primo stadio del sistema e può decollare da un aeroporto convenzionale trasportando la SpaceShipTwo fino ad un’altezza di circa 15.000 metri, prima di rilasciare la navicella e consentirne l’accensione del motore a razzo che la porterà alla quota operativa. Si tratta di un grande riconoscimento dell’esperienza accumulata dall’Italia in campo spaziale e pone le basi per un nuovo approccio commerciale per la ricerca in microgravità e per l’addestramento degli astronauti. Nell’ambito delle attività dell’Asi, un ruolo importante, anche per il volo umano, lo svolge la base Luigi Broglio a Malindi in Kenya. Questa infatti è uno dei centri di controllo sia per mis-
“E tra i nuovi scenari c’è il turismo spaziale.”
sioni robotiche interplanetarie che per missioni umane in orbita bassa. Dopo la fine dell’esperienza Shuttle, con il lancio, lo scorso 19 aprile, del razzo Falcon 9 per la missione Tess destinata alla ricerca di esopianeti, la base dell’Asi di Malindi potrebbe tornare a dare supporto ai futuri voli umani verso la Stazione spaziale internazionale quando la capsula Dragon di Space X entrerà in servizio. Infatti, grazie alla sua localizzazione equatoriale sulla costa dell’Oceano Indiano, la base rappresenta il luogo ideale per le attività di controllo satellitare da terra (Ground Satellite Monitoring) e per la Launch and Early Orbit Phase (LEOP), fase che va dal momento della separazione del satellite dal razzo vettore fino al raggiungimento della posizione orbitale finale. Malindi, ha tutte le carte in regola per diventare un centro di eccellenza della tecnologia aerospaziale italiana e uno strumento per il dialogo scientifico e tecnologico con l’Africa.
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In ricordo di Broglio e Bignami L’Asi celebra due pionieri dello spazio e dell’astrofisica italiana. Vengono intitolati a Luigi Broglio e a Giovanni Bignami l’Auditorium e la Galleria d’arte della sede di Tor Vergata dell’Agenzia spaziale italiana, due spazi del complesso dedicati all’incontro col pubblico e alla divulgazione della cultura aerospaziale. Broglio, considerato il padre dell’astronautica italiana, fu l’ideatore del progetto San Marco. Bignami è stato tra i più autorevoli astrofisici italiani a livello internazionale oltre ad aver ricoperto la carica di presidente dell’Agenzia spaziale italiana. L’attribuzione, ufficializzata in occasione delle celebrazioni dei trent’anni dell’Asi, segue quella della Biblioteca di scienza e tecnologie aerospaziali che nel 2013 venne intitolata a Carlo Buongiorno, primo direttore dell’Asi e figura che ha contribuito in modo determinante all’affermazione dell’Agenzia nello scenario mondiale delle politiche spaziali. 20 - global science
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P
rogettata dagli architetti Alfonso Femia e Gianluca Peluffo per lo studio 5+1AA, la nuova sede dell’Agenzia Spaziale Italiana, inaugurata ufficialmente nel luglio del 2012, si sviluppa su un’area di 28.600 metri quadri, nell’area sud-est della Capitale, nei pressi della facoltà di Ingegneria dell’Università di Tor Vergata. La sede è costituita da un totale di sei edifici posizionati tutt’intorno allo stabile principale che ha la forma di mezzaluna. Disposta su un perimetro semicircolare, la struttura è articolata attraverso figure geometriche semplici - cerchi, porzioni di corona circolare, rettangoli - che si compongono secondo il principio dello “spazio omologo”, ovvero immaginando gli spazi aperti fra i volumi progettati formalmente come una dimensione vera e propria. Da un punto di vista estetico, l’intera struttura sembra voler ricreare, per forme e colori, proprio l’ambiente tipico spaziale, dai colori scuri e sospesi in un formale equilibrio. Il colore caratteristico e ricorrente è il nero che caratterizza le pavimentazioni in ardesia, i rivestimenti parietali interni, e quelli esterni realizzati in lamiera di alluminio Reynobond. La grande struttura a mezzaluna, denominata Crescent, contiene il sistema principale di uffici ed archivi ed è costituita da ampie vetrate. Nell’area compresa tra mensa e bar - al di sotto del Crescent - sono posizionate ampie vasche d’acqua, che, con un gioco di riflessi sulle vetrate, donano luce alla struttura, smorzando i colori scuri. Questo contrasto è visibile anche all’interno della sede. L’illuminazione nell’atrio, infatti, conferisce un aspetto avveniristico e richiama un cielo stellato che si propaga fino ad arrivare ad una serie di luci ad anello, unite tra loro, appese al soffitto. Queste ultime sono i corpi illuminanti Bubble di Norlight. Altri elementi caratterizzanti sono la serie di lucernari conici, posti nella sala mensa, che permettono alla luce naturale di filtrare. Essendo colorati al loro interno, donano un aspetto ludico, allegro, così come le pareti degli uffici, dipinte di arancione, e quelle della palestra, di colore giallo. L’atrio, con il suo sistema di rampe e scale, collega i due accessi, opposti e verso il basso, alla zona Auditorium e Sale convegni, che costituiscono un nucleo fondamentale e rappresentativo dell’edificio, anche rispetto alla sua visibilità e apertura verso l’esterno. La sede inoltre ospita diverse installazioni artistiche, tra cui il Terzo Paradiso del Maestro Miche-
UNA SEDE SPAZIALE
CRESCENT DARK MIRRORS di Ilaria Marciano @ASI_spazio
“28mila metri quadri, sei edifici ipertecnologici e a basso impatto ambientale”
langelo Pistoletto, simbolo della missione Vita dell’ASI, realizzato appositamente per l’Agenzia con pannelli solari che forniscono energia solare alla struttura. Situata nell’area antistante l’ingresso per i dipendenti, invece, vi è ‘La Meteorite’, l’opera di Bizhan Bassiri, una scultura in bronzo patinato nero che rappresenta i misteri dello spazio. L’edificio dell’ASI è una costruzione ipertecnologica dal punto di vista della multimedialità, che ospita inoltre un asilo, una biblioteca e i laboratori. La sede punta a divenire un polo culturale per Roma nella zona di Tor Vergata, sempre più predisposto ad aprire le porte al pubblico al fine di diffondere la scienza e la cultura spaziale.
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È il 1977 quando va in orbita Sirio, primo satellite italiano per le telecomunicazioni.
OLTRE MEZZO SECOLO DI SPAZIO ITALIANO
50+ TRENTA di Davide Coero Borga @dcoeroborga
Il 2012 segna il debutto del Vega, lanciatore italiano di nascita ed europeo d’adozione. Porta in orbita il satellite italiano Lares. Crediti Esa.
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Dagli archivi fotografici dell’Asi, con il contributo di Thales Alenia Space Italia, il racconto per immagini delle tappe che hanno reso l’Italia uno dei paesi leader mondiali nelle attività spaziali. Dal lancio del San Marco alla sonda interplanetaria Cassini, passando per Sirio, primo satellite italiano per le telecomunicazioni, i moduli logistici Mplm, il satellite al guinzaglio Tethered, il lanciatore Vega e la costellazione Cosmo-SkyMed, senza dimenticare gli astronauti e le numerose missioni scientifiche che hanno visto il contributo del nostro Paese. In 25 pannelli l’Italia dello spazio si racconta nella Galleria Giovanni Bignami, a partire dal 30 maggio, data che celebra i 30 anni dall’istituzione dell’Agenzia spaziale italiana. Presso la sede Agenzia spaziale italiana, Via del politecnico, Roma.
L’Italia sviluppa i primi satelliti al guinzaglio: Tethered 1 e 2 vanno in orbita con due missioni dello Shuttle nel 1992 e nel 1996, accompagnati da astronauti italiani Malerba, Cheli e Guidoni.
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Il contributo italiano è fondamentale per la realizzazione di Ams-02, un rivelatore di particelle installato fuori dalla Iss nel 2011, il cui scopo è lo studio dei raggi cosmici in cerca di tracce di antimateria e materia oscura. Crediti: Michele Famiglietti Ams-02 Collaboration.
Circa la metà degli ambienti della Iss è realizzato nel nostro Paese, tra questi, la Cupola, la finestra italiana sul pianeta Terra, agganciata alla Stazione dal 2010.
La sonda interplanetaria Cassini frutto della collaborazione tra Asi, Esa e Nasa. Lanciata nel 1997 e arrivata a destinazione nel 2004, ha studiato il sistema di Saturno per 13 anni.
Crediti Nasa.
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PARTE IN AUTUNNO LA PRIMA MISSIONE EUROPEA PER MERCURIO
CONTO ALLA ROVESCIA PER BEPICOLOMBO di Elisa Nichelli @lalalelisa
“Se vogliamo conoscere meglio la Terra dobbiamo imparare a conoscere i nostri fratelli”
Mancano ormai una manciata di mesi alla partenza di BepiColombo, la prima missione dell’Agenzia Spaziale Europea dedicata al pianeta Mercurio. La finestra di lancio è tra ottobre e novembre prossimi, mentre l’arrivo è previsto per dicembre del 2025. La missione è composta da due orbiter, il Mercury Planet Orbiter (MPO) e il Mercury Magnetospheric Orbiter (MMO). Tra gli obiettivi principali ci sono lo studio della superficie, della struttura interna e del campo magnetico del pianeta. Per conoscere un po’ più da vicino questa ambiziosa missione spaziale abbiamo rivolto qualche domanda a Valentina Galluzzi, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica a Roma, e Marilena Amoroso, dell’Unità Esplorazione e Osservazione dell’Universo dell’Agenzia Spaziale Italiana a Matera. Perché è importante studiare Mercurio? Valentina Galluzzi: «Innanzitutto direi che siamo tutti figli dello stesso Sole, noi pianeti terrestri, quindi se vogliamo conoscere meglio la Terra dobbiamo imparare a conoscere un po’ tutti i nostri fratelli. In prima battuta direi che Mercurio è fondamentale in quanto è il più vicino al Sole. Inoltre è un pianeta estremo sotto tutti i punti di vista: è molto piccolo, ma è anche molto denso, in quanto ha un nucleo molto sviluppato; ha un range di temperature estreme, dai -170° C quando è notte ai 430° C quando è giorno». BepiColombo parte tra poco, ma arriverà a destinazione olo tra sette anni. Quali sono le tappe da qui al 2025? Marilena Amoroso: «Attualmente BepiColombo si trova alla base di lancio Kourou, nella Guiana Francese. Tutte le sue parti si trovano in una camera pulita dove nei prossimi sei mesi verrà effettuato un lavoro intensivo per preparare il veicolo all’ambiente spaziale. Dopo il lancio passeranno sette anni per l’arrivo a Mercurio, durante i quali BepiColombo effettuerà numerosi flyby: tra il 2020 e il 2025 ne sono
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previsti uno intorno alla Terra, due a Venere, e poi 6 attorno a Mercurio stesso. Dopodiché MPO e MMO si separeranno inserendosi nelle rispettive orbite». Quali dati verranno raccolti dagli strumenti a bordo dell’MPO? MA: «L’MPO porterà a bordo 10 strumenti, di cui 4 italiani. Tra questi abbiamo SIMBIO-SYS, un sistema integrato di tre sensori, due camere e uno spettrometro, che permetteranno di investigare la superficie di Mercurio con una risoluzione elevata. Poi abbiamo due strumenti che saranno utilizzati congiuntamente per esperimenti di radio scienza: ISA, un accelerometro ad altissima accuratezza, e MORE, un trasponder a onde radio che trasmette in banda Ka. Questi due strumenti permetteranno di effettuare misure sul campo gravitazionale, e di testare la relatività generale di Einstein. Infine c’è lo strumento SERENA, che studierà l’esosfera di Mercurio attraverso lo studio delle particelle che la caratterizzano e la loro interazione con magnetosfera». Valentina, tu fai parte del team SIMBIO-SYS. Puoi spiegarci come funziona lo strumento? VG: «Come diceva Marilena, SIMBIO-SYS è composto di tre canali: la camera ad alta risoluzione, una sorta di “macchina fotografica” molto potente; la stereocamera, che in realtà ha due occhi e quindi funzionerà proprio come l’occhio umano, e otterrà una ricostruzione 3D di Mercurio; chi invece si occuperà della composizione vera e propria del pianeta è la camera iperspettrale, che lavorerà nel visibile e nel vicino infrarosso, e, per ogni immagine che produrrà, ogni singolo pixel conterrà informazioni sulla composizione superficiale. Quello che SIMBIO-SYS ci permetterà di fare è un po’ di sostituire gli strumenti che normalmente il geologo ha sulla Terra».
“SIMBIO-SYS sarà la carta topografica, il martello e la lente Marilena, dicevi che il satellite si trova ora nella fase precedente al lancio. Cosa ci aspetta da qui a ottobre? del geologo MA: «In questi mesi BepiColombo deve essere sottoposto a una serie di test di pre-lancio. Verranno poi mon- planetario” tati i pannelli solari e testati i meccanismi di apertura. Poi sarà montato il Sunshield, inserito il carburante e infine le parti che compongono BepiColombo verranno assemblate insieme. Nel mese di agosto dovremmo conoscere con maggiore precisione la finestra di lancio».
Ci rimane una curiosità: come mai il nome BepiColombo? VG: «Giuseppe Colombo era un matematico italiano, ed è stato il primo a capire come raggiungere Mercurio. Questo perché prima di lui non si era ancora capito quale fosse esattamente il periodo di rotazione e di rivoluzione del pianeta. Grazie ai calcoli sviluppati da questo matematico, Giuseppe Colombo, detto simpaticamente Bepi, la NASA fu in grado di portare la missione Mariner 10 fino a Mercurio. Quindi era ora che una missione di questo tipo portasse il suo nome, soprattutto se pensiamo all’importante contributo che l’Italia sta dando». global science - 25
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a caccia della ‘Terra gemella’, un pianeta simile al nostro nascosto da qualche parte nell’Universo, è uno degli obiettivi principali dell’astronomia moderna. C’è vita oltre il nostro Sistema solare? Questa domanda ha acquistato piena legittimità a partire dal 1995, quando è stata confermata per la prima volta l’esistenza di esopianeti. Da quel momento, gli astronomi hanno trovato migliaia di mondi extrasolari, dando così il via alla ricerca dei migliori candidati per l’abitabilità. Negli ultimi anni, grazie al lavoro incessante dei cacciatori di pianeti – primo tra tutti Kepler – i candidati sono aumentati sempre più. I dati raccolti dalla Nasa parlano di oltre 3.700 esopianeti confermati in quasi 2.800 sistemi planetari. Tra questi, i mondi dichiarati potenzialmente in grado di ospitare la vita sono centinaia. Ma non tutto è oro quel che luccica, e gli astronomi sanno bene che tra potenziale abitabilità ed effettiva capacità di accogliere forme di vita c’è molta differenza. La prima selezione naturale riguarda la posizione del pianeta, che deve trovarsi nella cosiddetta fascia di abitabilità: una zona che varia da un sistema all’altro (nel nostro sistema solare, ad esempio, significa tra Venere e Marte). Altri elementi cruciali sono la dimensione dell’esopianeta, che non deve essere né troppo grande né troppo piccolo, e la vicinanza alla stella madre, che spesso rende la temperatura troppo elevata. Infine, non dobbiamo dimenticarci la distanza da noi: molti mondi potenzialmente abitabili, come il tanto discusso Kepler 452b – considerato il nostro gemello planetario – sono semplice-
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TESS, PARTITA LA MISSIONE EREDE DI KEPLER
ESOPIANETI LA CACCIA CONTINUA di Giulia Bonelli @giulia_bonelli
mente irraggiungibili. Eppure, nonostante queste difficoltà, la caccia agli esopianeti va avanti più accanita che mai. Lo dimostra il grandissimo investimento scientifico e tecnologico fatto su Tess, la nuova missione Nasa destinata a raccogliere l’eredità di Kepler, ormai prossimo
alla pensione. Il nuovo cacciatore di pianeti dell’agenzia spaziale statunitense è decollato da Cape Canaveral, in Florida, la notte del 19 aprile alle 00:51 italiane a bordo del razzo Falcon 9 di SpaceX. Il lancio, che aveva subito qualche rinvio proprio a causa di alcuni controlli tecnici sul vettore, è andato come previsto: circa un’ora dopo la partenza, i pannelli solari gemelli che alimenteranno la navicella si sono aperti correttamente. “Siamo emozionati: Tess ha cominciato un viaggio che lo
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porterà a scoprire mondi che ancora dobbiamo immaginare – ha commentato Thomas Zurbuchen della Nasa – mondi che potrebbero essere abitabili, oppure ospitare la vita. Non siamo mai stati così vicini a scoprire se siamo o meno soli nell’universo.” Tess (sigla per Transiting Exoplanet Survey Satellite) è infatti destinato a cercare, su oltre 200.000 stelle, l’ombra lasciata dai loro pianeti, alla ricerca del-
Il fascino dei mondi lontani in questo rendering grafico di un esopianeta. Crediti: IAU/L. Calçada.
la famosa ‘Terra gemella’ potenzialmente abitabile. Progettato e costruito dal Massachusetts Institute of Technology, Tess sarà in grado di esplorare una porzione di cielo circa 350 volte più ampia di quella studiata dal suo predecessore, fornendo una dettagliata ‘radiografia’ del cielo grazie alle sue quattro fotocamere ad ampio spettro. Immensa la mole di dati attesa dal nuovo cacciatore di mondi: una volta a regime, Tess
invierà sulla Terra una foto ogni 2 minuti. La missione statunitense sarà inoltre raggiunta da due alleati europei, nati con obiettivi simili: si tratta dei programmi Esa Cheops (CHaracterizing ExOPlanet Satellite), in partenza alla fine di quest’anno, e Plato (PLAnetary Transits and Oscillations of stars), prevista nel 2026. Continua dunque la caccia agli esopianeti nella speranza di trovare un nuovo gemello terrestre, abbastanza vicino da poterci un giorno arrivare. global science - 27
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no degli aspetti meno conosciuti nell’esplorazione robotica del sistema solare è che esiste una sorta di tutela “sanitaria”: la Planetary Protection.
ALL’AVANGUARDIA NELLA PLANETARY PROTECTION
METTI AL SICURO IL PIANETA... ALTRO
Il mondo dello spazio, già agli inizi degli anni ’60 grazie al Cospar, si è dato delle regole dettagliate e rigide per tutelare gli altri pianeti del nostro sistema stellare, ma anche il nostro da possibili contaminazioni pericolose per l’ambiente terrestre. L’Italia ha uno dei centri più avanzati per questa tutela al mondo, sicuramente il più avanzato d’Europa. È in Thales Alenia Space (JV Thales 67% e Leonardo 33%) a Torino ed è un team laboratorio di Thales Alenia Space che ha messo in totale sicurezza la missione ExoMars. Ne parliamo con la microbiologa Diana Magheritis ExoMars Contamination and Planetary Protection System di Thales Alenia Space. Cosa si intende per sterilizzazione delle sonde spaziali e cos’è la Planetary Protection? Le sonde che si dirigono verso determinati pianeti devono essere microbiologicamente decontaminate, così da proteggere l’ambiente di destinazione e preservarlo per future missioni scientifiche che andranno ad esplorarlo alla ricerca di tracce di vita presente o passata. Ma la paura qual è, di trovare un batterio o una forma microbiotica di vita proveniente dalla Terra? Esattamente, il rischio è quello di alterare il pianeta con elementi terrestri cosicché una futura missione scientifica alla ricerca di vita invece di trovare vita aliena ne troverebbe di terrestre. Questo ragionamento si applica a tutti i pianeti sui quali potrebbe esistere o essere esistita la vita e dove i microbi terrestri potrebbero quindi svilupparsi. Thales Alenia Space ha sempre considerato l’ambiente in camera pulita un elemento fondamentale della propria attività e ha consolidato una posizione da leader del settore nel panorama industriale europeo. Che ruolo ricopre la vostra azienda nell’ambito della Planetary Protection? In particolar modo durante lo sviluppo delle missioni ExoMars 2016 e 2020 l’azienda ha maturato una grande esperienza nel campo della Planetary Protection avvalendosi di laboratori all’avanguardia che, ad esempio, per la missione ExoMars 2016, in particolare per il lander module Schiaparelli, ha microbiologicamente decontaminato depurato tutti i componenti raggiungendo un numero di spore batteriche inferiore allo stardard richiesto. 28 - global science
di Redazione @ASI_spazio
Esistono quindi dei parametri di sterilizzazione ai quali le missioni interplanetarie devono attenersi prima di essere lanciate? Assolutamente sì. Il COSPAR, che nel 1964 ha definito i criteri della Planetary Protection a seconda della destinazione ed il tipo di navicella spaziale, ha prodotto una classificazione in 5 categorie ordinate per grado crescente di possibilità di contaminazione.
“Può sembrare impossibile ma le norme sono anche più stringenti che in una sala chirurgica”
E quali sono i passaggi necessari al soddisfacimento di tali requisiti? Il procedimento di pulizia e sterilizzazione ha inizio con la misurazione dei livelli di spore batteriche dei componenti di tutti gli equipaggiamenti e sottosistemi e prosegue con il successivo inserimento degli stessi in uno speciale forno impostato su determinate temperature. Direttamente all’uscita del forno gli oggetti sterilizzati approdano in una camera microbiologicamente controllata di classe ISO 7, creata appositamente nello stabilimento Thales Alenia Space di Torino, in cui le spore batteriche delle superfici e dell’aria sono ridotte e costantemente misurate mediante procedure speciali di pulizia e monitoring. Inoltre è fondamentale che le persone che ci lavorano utilizzino materiale sterilizzato. Come se si trovassero in una sala chirurgica quindi? Può sembrare impossibile ma le norme sono anche più stringenti. Come si protegge invece il nostro ambiente da una possibile contaminazione nelle missioni di sample return? Nei casi di sample return occorre predisporre un sistema tale che all’arrivo dell’oggetto non vi sia rischio di contaminazione o danneggiamento (che potrebbe rischiare di rilasciare il contenuto). Nel caso di Mars sample return ad esempio il campione sarà inserito in un contenitore sferico a triplo strato che verrà inserito in un payload, pulito e, una volta tornato a Terra, aperto in una camera dedicata.
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MARTE COLONIZZATO
MANUALE D’USO E DI CONOSCENZA
PIANETA ROSSO IN VERSIONE COMIC
FIRE: ALLA PROVA DEL FUOCO di Francesco Rea @francescorea
di Valeria Guarnieri @ASI_spazio
8 ottobre 2080, una data storica: inizia la colonizzazione di Marte. Così si apre Mars Horizon, fumetto a carattere ludico-didattico realizzato dalla divulgatrice Florence Porcel e dall’illustratore Erwann Surcouf, e appena pubblicato per i tipi di Bao Publishing. L’opera, caratterizzata da disegni essenziali ma vivaci, prende spunto da scenari reali e mostra, in maniera credibile, come potrebbe avvenire la colonizzazione umana del Pianeta Rosso. La storia si concentra su un gruppo di pionieri, tra i quali spicca la protagonista Jeanne; la permanenza della ragazza, che ha alle spalle un lungo training astronautico, sarà duratura e quindi, data la sua condizione peculiare, Jeanne decide di tenere un diario in cui racconta ai terrestri quali sfide si debbono affrontare per creare una colonia su un altro mondo. Vediamo quindi il team impegnato in incombenze quotidiane, ma anche in avventure più adrenaliniche, come il recupero di un prezioso carico di cianobatteri necessari per la vita della piccola colonia. Jeanne racconta lo smarrimento che si prova di fronte ad un ambiente così inusuale e monocromatico, ma anche il suo fascino tanto che finisce per sentirsi cittadina di Marte a pieno titolo. Nonostante qualche passaggio più didascalico che appesantisce un po’ il ritmo, la storia è avvincente ed è adatta sia per il pubblico giovanile che per una per una platea più ampia. 30 - global science
“8 ottobre 2080: inizia la colonizzazione di Marte”
La conquista del sapere, la scienza, e conseguentemente le attività spaziali non sono altro che frutto dell’ingegno umano. E non è forse vero e riconosciuto che tra le più importanti scoperte dell’uomo vi sia il fuoco? E d’altronde la propulsione non è un derivato, sempre più tecnologico, della produzione di energia e calore prodotto dal fuoco? Potete quindi comprendere il fascino che può esercitare il libro di Daniel Hume, dal titolo Fire e dal sottotitolo esemplificativo: Il metodo universale per accendere, alimentare e scaldarsi con il fuoco, edizioni Piemme. Un vero e proprio manuale che riassume l’esperienza di culture diverse. Il clima, la vegetazione, i materiali disponibili e molto altro ancora incide sulla creatività umana per creare, alimentare e dominare il fuoco. Un viaggio affascinante che fa apparire semplice, e deve esserlo se è così da migliaia di anni, accendere un fuoco a seconda delle nostre esigenze. Ma al di là delle abilità manuale, che leggendo il manuale vengono duramente messe alla prova, pensandoci alle prese con il camino pur disponendo di varie tipologie di infiammabili e relative carbonelle pronte ad accendersi, ciò che affascina è la creatività che contraddistingue l’homo sapiens, quella stessa creatività che ha prodotto la misura, pressoché precisa, della circonferenza della Terra da parte di Eratostene circa 2500 anni fa, o l’ipotesi delle onde gravitazionali da parte di Einstein che hanno trovato recentemente conferma.
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