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SETTEMBRE 2018
Per la terza volta in 18 anni all’Europa il ruolo di comando della Stazione spaziale
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Periodico ufficiale dell’Aeronautica Militare dal 1925,
128 pagine di attualità, tecnologia aerospaziale, storia dell’aviazione ed altro ancora. 2 - global science
www.aeronautica.difesa.it
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uca Parmitano è un uomo ispirato che dimostra come le persone possono superare qualsiasi ostacolo e questa seconda opportunità di volo conferma un alto livello di preparazione e l’importanza del ruolo italiano in Esa, l’esplorazione dello spazio e la scienza. Il nome della sua missione, Beyond, Oltre, rappresenta lo spirito che ci vuole nelle attività spaziali. Uno spirito che chi lavora in Asi conosce bene. L’Italia del resto ha una tradizione di eccellenza nel settore spaziale: dopo i primi lanci di Unione Sovietica e Stati Uniti, l’Italia è stata il terzo paese al mondo a mettere in orbita un satellite ed è stata tra i fondatori dell’Agenzia spaziale europea, sostenendo sempre la filiera dello Spazio. Oggi questa filiera è completa e comprende ricerca, attività industriali e si estende a relazioni internazionali con i paesi leader per l’esplorazione spaziale. Questa filiera ha permesso di rendere l’Italia uno dei paesi più avanti al mondo nel settore della space economy. Lo deve all’enorme quantità di dati che arrivano da oltre l’atmosfera, dati utili per tante applicazioni sulla Terra (dall’agricoltura di precisione alla prevenzione di disastri ambientali) a patto che se ne riescano a ricavare informazioni. In Italia abbiamo capacità di formazione, educazione e ricerca incredibili, un’opportunità per mettere all’opera i nostri cervelli. Un altro esempio è l’aver capito quale fosse l’infrastruttura fosse più indicata ad ospitare lo SpaceShipTwo della Virgin Galactic, attualmente unico sistema aereo in grado di raggiungere e superare il fondo dell’atmosfera. Chiuso ai voli civili da una quindicina d’anni, l’aeroporto Marcello Arlotta di Grottaglie è attualmente utilizzato come scalo cargo, gestito da Aeroporti di Puglia, con Enav in qualità di gestore del traffico aereo. La sua trasformazione in spazioporto avverrà con finanziamenti che potrebbero includere anche la partecipazione dei privati, un’eventualità tutt’altro che remota dato il grande interesse che suscita la prospettiva del turismo spaziale. Immaginate di voler provare il brivido di un volo oltre l’atmosfera, e di avere a disposizione i soldi per farlo. L’Italia può davvero diventare un apripista del volo suborbitale in Europa. intraprendere questo tipo di carriera, affiancando così finalità divulgative a quelle scientifiche. Quelle della space economy sono cifre molto importanti. A livello globale si parla oggi di 350 miliardi di dollari, il 70% rappresentato dal
L’EDITORIALE
LO SPAZIO È LA VOGLIA DI ANDARE OLTRE I LIMITI di Roberto Battiston @Rb_Bat
«Beyond, rappresenta lo spirito che ci vuole nelle attività spaziali»
fatturato dei servizi e il 30% dalla manifattura. E l’Italia in questo settore è protagonista ad altissimo livello: 6.300 addetti e un giro d’affari intorno a 1 miliardo e 600 milioni l’anno. E dal primo satellite San Marco, dei primi anni ’60, in orbita grazie alla caparbietà di Luigi Broglio, tanta strada è stata fatta. Infine un consiglio per chi sogna un domani di diventare astronauta o ingegnere spaziale. Ci vuole costanza, interesse e uno studio serio. Non si può essere astronauti senza essere scienziati o piloti e spesso lo si è entrambi. Lo spazio è sempre voler superare i limiti del nostro vivere sulla Terra. Andare oltre, Beyond…
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OMMARIO
N.12 - SETTEMBRE 2018
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“L’editoriale” DI ROBERTO BATTISTON
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“Parmitano va Oltre” DI MANUELA PROIETTI E FRANCESCO REA
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“Acqua marziana: liquida e salata” DI GIULIA BONELLI
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“La sonda che sfiorò il Sole” DI ILARIA MARCIANO
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“Mercurio: una storia di eccellenza italiana” DI REDAZIONE
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“Cinema e festival: lo spazio per tutti” DI MANUELA DI DIO
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“Scoperto in Antartide il neutrino luminoso” DI ELISA NICHELLI
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“Un gate italiano per lo spazio” DI FULVIA CROCI
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“Spazio ai libri” DI VALERIA GUARNERI, FRANCESCO REA
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grafica Davide Coero Borga coordinamento redazionale Manuela Proietti redazione ASI - Globalist pubblicità Paola Nardella +39 335 7263 418
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n o dei primi ricordi importanti per le scelte che ho fatto nella vita, risale, piccolissimo, al mio primo incontro con colei che sarebbe stata la mia prima istruttrice di nuoto. Per rompere il ghiaccio con tutti noi bambini fa la più classica delle domande: cosa vorresti fare da grande? Ricordo benissimo che per la prima volta in quell’occasione ho detto: «io da grande voglio fare l’astronauta». Come sono diventato astronauta Ovviamente avrò risposto con la stessa immaginazione che vi sarebbe stata nel rispondere farò l’uomo ragno. Perché era un sogno, un vero sogno. Vivendo in Sicilia, a Catania, la realtà aeronautica e astronautica è sempre stata lontanissima. E non so dire se c’è un momento preciso nella mia vita in cui questo sogno si è risvegliato. So solo che adolescente quando fui negli Stati Uniti, in uno scambio di ospitalità tra famiglie nell’ambito di attività didattiche, il padre della famiglia che mi ospitava era un navigatore dei Marines sugli F18. Era una persona straordinaria, che grazie all’umanità che lo caratterizzava e alla conoscenza tecnologica che imponeva il suo ruolo, mi affascinò a tal punto che decisi, una volta tornato in Italia, di partecipare al concorso per entrare nell’aeronautica. Ecco, quello fu il primo passo che compii per divenire astronauta. Finita la scuola partecipai, dunque, al concorso vincendolo, poi seguii l’iter formativo fino a divenire un pilota militare. Fui assegnato ad un reparto caccia, ho fatto tutta la mia carriera come pilota di Mx, per poi intraprendere la strada che più si addiceva alla realizzazione del mio sogno, quella di pilota sperimentatore. Fui selezionato come tale ed ebbi l’opportunità di seguire il corso e divenirlo. Proprio in quel periodo l’Agenzia spaziale europea emise un bando per la selezione di nuovi astronauti. Inizialmente non volevo partecipare perché ritenevo non avessi i requisiti: troppo giovane con poca esperienza. Ma sollecitato da amici e superiori alla fine concorsi. La selezione durò un anno circa. La competizione in sé la vivevo bene, divertendomi, e non potrebbe essere altrimenti per
UNA INTERVISTA RILASCIATA TRA HOUSTON E COLONIA
PARMITANO VA OLTRE di Manuele Proietti @unamanus e Francesco Rea @francescorea
«Non volevo partecipare perché ritenevo non avessi i requisiti»
chi fa il mio mestiere. La parte più difficile da vivere, in realtà, era l’attesa tra una prova e l’altra, attendere il risultato per sapere se potevi andare oltre. Dopo circa un anno, passate tutte le prove, fui selezionato come astronauta dell’Agenzia spaziale europea. Oggi, dopo nove anni, mi ritrovo qui a parlare della mia prossima missione. Non lo avrei mai pensato per la prima, figuriamoci per la seconda. La mia vita da astronauta Credo sia ormai convinzione comune considerare l’astronauta una persona come tutti gli altri. Abbiamo una famiglia alle spalle, un lavoro appassionante, viviamo la vita come tutti. Certo, il tempo sembra non bastare mai. global science - 7
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Amo fare sport, amo suonare la mia chitarra, amo passare il tempo con la mia famiglia. Conciliare tutto questo non è facile e per questo cerchiamo di utilizzare al meglio ogni istante che abbiamo. In questa fase sono in addestramento per la mia prossima missione e devo dividermi tra Houston e Mosca. Quando sono negli Usa dedico tutto il mio tempo libero alla famiglia e quando sono lontano, in Russia, cerco di rilassarmi con le mie passioni, leggendo un buon libro o trascorrendo del tempo con gli amici. È molto difficile vedersi da fuori. Non saprei dire come sarebbe stata la mia vita se non avessi vissuto tutte le esperienze che ho vissuto. Amo pensare che ogni esperienza, quale che sia, rappresenti un momento di crescita, un momento della nostra evoluzione, del nostro diventare migliore. Se non fossi diventato astronauta oggi sarei un pilota sperimentatore, dell’aeronautica militare italiana, avrei avuto altre esperienze. Non sarei qui a parlare della mia prossima missione ma del prossimo aereo che devo sperimentare. Spero però che l’esperienza del volo spaziale mi abbia oggettivamente cambiato rendendomi migliore. L’annuncio Mi trovavo in treno, in viaggio per partecipare ad una confe8 - global science
renza, quando ricevetti una telefonata da parte del mio responsabile, il capo del corpo astronauti europeo. Mi informò che il Dg dell’Esa, intervenendo al vertice interministeriale sullo spazio dei paesi aderenti all’Agenzia spaziale europea in corso a Lucerna in Svizzera, aveva annunciato che il prossimo astronauta europeo sulla Stazione spaziale sarei stato io. Fu una gioia immensa che potei, per fortuna, condividere con un collega astronauta in viaggio con me e che aveva da poco concluso la sua missione nello spazio.
Temple atop Shackleton Crater. Un rendering di Jorge Mañes Rubio. Spatial design & visualisation in collaborazione con ditishoe.com. Crediti: Esa.
Il nome che ho scelto per la mia prossima missione Quando ho saputo di essere stato assegnato a una nuova missione ho subito iniziato a pensare a quale nome avrei potuto dargli. Trattandosi della mia prima missione come astronauta europeo in Volare sono stato equipaggio di una missione italiana, nell’ambito dell’agreement tra Nasa e Asi - volevo che fosse forte il senso di Europa e di internazionalità. Da qui la scelta di un termine inglese: Beyond, che in italiano significa oltre. Ho pensato a Beyond come a una tappa successiva del percorso di esplorazione compiuto dai miei due colleghi Thomas Pesquet e Alexander Gerst. Pesquet ha scelto Proxima, che vuol dire vicino, perché in effetti ci troviamo ancora nell’orbita bassa, lavoriamo a 400 km dalla Terra. Ma Proxima è anche il nome di una stella, la più vicina a noi, che rimanda al concetto di esplorazione. La missione di Gerst invece si chiama Horizons: da qualcosa di vicino, di prossimo, siamo passati all’orizzonte che è più lontano ma comunque visibile. In questo contesto, andare Beyond, andare oltre, credo dia un senso di allontanamento. Siamo ancora nell’orbita bassa, ma quello che facciamo è fondamentale per raggiungere nuove destinazioni. Il logo che la rappresenta Nel logo ho scelto di inserire dei simboli che richiamassero molti degli elementi di una missione spaziale. C’è la Terra, che è il luogo da cui veniamo e attorno al quale continuiamo a viaggiare. E c’è la Stazione spaziale internazionale, il nostro avamposto nello spazio. La Terra e la Stazione si vedono riflesse in un casco, che rappresenta l’attività extraveicolare. È un casco generico senza bandiere, potrebbe essere un casco del futuro a indicare che ci stiamo allontanando dalla Terra. È per questo
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Nato per lo Spazio Nato a Paternò il 27 settembre 1976, Parmitano è tenente colonnello dell’Aeronautica italiana. Selezionato come astronauta dell’Esa nel 2009, è stato assegnato nel 2011 come ingegnere di volo alla prima missione di lunga durata dell’Agenzia spaziale italiana (Asi) sulla Stazione spaziale internazionale, nell’ambito di un accordo bilaterale con la Nasa. La missione, Expedition 36/37 secondo la denominazione standard della Nasa, fu chiamata Volare ed ebbe inizio il 28 maggio del 2013, per concludersi dopo 166 giorni di permanenza nello spazio, due attività extraveicolari, di cui una decisamente da brividi (vedi altro box ndr) e testimone dell’attracco di quattro navette. Al suo rientro a Terra, oltre ai colleghi di equipaggio, l’americana Karen Nyberg e il comandante russo Fyodor Yurchikhin, rientrava anche la Torcia Olimpica destinata ai giochi invernali di Sochi. La prossima missione sarà la Expedition 60/61, o anche Beyond, come ha voluto chiamarla lui stesso. Il perché lo riporta l’intervista. Quello che non dice è che anche il logo l’ha curato direttamente, un casco spaziale di un astronauta in attività extraveicolare con riflessa sul vetro l’Europa. Tra i compiti di questa missione assumere anche il ruolo di Comandante della Iss, prima volta per un italiano, terza in diciotto anni per un europeo. global science - 9
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Eva 23 Si intitola così il documentario prodotto e realizzato da Marc Havican della Space City Films di Houston e presentato in anteprima europea all’Auditorium dell’Agenzia spaziale italiana in occasione della presentazione della missione dell’Esa Beyond. I fatti si riferiscono al 16 luglio 2013, quando l’astronauta italiano dell’Esa, Luca Parmitano, impegnato nella missione Nasa-Asi Volare, affrontò la seconda attività extraveicolare nella storia dell’astronautica italiana. Quello che accadde lo raccontò lo stesso Parmitano. Dopo circa 30 minuti l’acqua iniziò a riempire il casco pressurizzato, concentrandosi dapprima sulla nuca e poi su naso e bocca. L’astronauta rischiò letteralmente di affogare nel vuoto cosmico. La spiegazione tecnica dell’accaduto fu inclusa in 222 pagine del rapporto ufficiale, in cui si legge che il problema fu originato da un guasto a una valvola meccanica, che impedì all’acqua di circolare correttamente convogliandola nel circuito dell’aria. Quanto accaduto è narrato con il documentario di Marc Havican attraverso le parole dello stesso Luca Parmitano, sia quelle scambiate con il centro di controllo a Terra che quelle registrate dopo, da sopravvissuto. Luca Parmitano si salvò grazie al suo sangue freddo, alla sua capacità di comprendere la gravità della situazione e di gestirla, ebbe a scrivere la commissione di indagine: «il comportamento lucido e pacato davanti all’allagamento del suo casco gli ha probabilmente salvato la vita». 10 - global science
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che nella seconda parte del logo sono presenti la Luna e Marte. Perché questo casco, questa spinta, ci porterà a tornare un giorno a volare verso la Luna e in futuro verso Marte.
non accadrà mai più. Ci saranno altre avarie, ma non quella che ho vissuto io.
Passeggiate spaziali Non è fatto comune e per me è un privilegio poter essere stato scelto per le attività extraveicolari. È un ruolo importante che segna ulteriormente il contributo che l’Italia dà alle attività spaziali. Essere veterano di questa attività, se mi sarà chiesto di farne ancora, mi darà modo di tramandare la mia esperienza a chi affronterà per la prima volta questa prova. Le attività extraveicolari sono tra le attività più prestigiose per un astronauta. Tutti sperano di poterne fare almeno una volta nella vita. Nella prima missione ho avuto l’opportunità di effettuarne due, anzi possiamo dire una e mezza (ride, riferendosi all’incidente dell’acqua nel casco che ha causato l’interruzione dell’Eva 23, ndr). Nel programma di addestramento per la mia missione attualmente sono previste diverse attività extraveicolari che spero vengano confermate. Alcune uscite dovrebbero essere dedicate alla sostituzione di una serie di batterie esterne che si trovano sul Truss, il traliccio della Stazione spaziale. Ci stiamo addestrando anche a un’altra serie di attività che potrebbero svolgersi durante il mio periodo di permanenza in orbita, alcune di queste estremamente complesse dedicate al ripristino del pieno utilizzo di Ams, l’Alpha magnetic spectrometer, esperimento in buona parte italiano per la ricerca di antimateria e materia oscura nello spazio.
Prepararsi a un’Eva Quando ci si prepara all’uscita extraveicolare si devono seguire delle procedure per evitare possibili embolie. Le condizioni in cui ci si trova a lavorare nello spazio, infatti, sono paragonabili alle condizioni di alta quota sulla Terra. Normalmente il nostro corpo respira un mix di ossigeno e azoto, e quest’ultimo, una volta che si arriva in quota, tende a gonfiarsi in bollicine e a creare delle embolie. Per evitare questo rischio, gli astronauti prima di un’Eva devono passare alcune ore sottoposti a pressurizzazione respirando ossigeno puro e facendo degli esercizi per minimizzare il contenuto di azoto nel corpo. Gli astronauti normalmente utilizzano le ore in cui si trovano nella prima parte della camera stagna, chiamata equipment lock, per rivedere insieme la missione, quelli che saranno i punti più critici e pericolosi, in cui il rischio è maggiore e le operazioni sono più delicate. Sono momenti molto impegnativi, in cui ci si trova come a ripassare scrupolosamente, una per una, le scene del film men-
Eva 23 Fu un’esperienza decisamente diversa, mi ritrovai con un litro e mezzo di acqua che invadeva il mio casco e dovetti rientrare in anticipo. Un’avaria tecnica che spero non ricapiti più. Ma non mi ha condizionato, avessi avuto l’occasione di tornare fuori subito dopo lo avrei fatto. Fa parte del nostro lavoro. Come quando facevo il pilota sperimentatore, capitava di avere delle avarie, eravamo lì per quello, ma dopo quelle esperienze si tornava subito in volo. L’importante è che da queste esperienze se ne tragga insegnamento. Di quanto accadutomi in quell’occasione ciò che conta è che
«Mi ritrovai con un litro e mezzo di acqua che invadeva il mio casco»
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tale di quella che sarà l’attività extraveicolare. Comandante Parmitano Il comandante della Iss è un facilitatore. Mi piace paragonare il suo ruolo a quello del capitano di una squadra sportiva, dove tutti cooperano per un fine comune, incluso il capitano, il cui compito però è quello di mettere ciascuno nelle condizioni di svolgere il proprio ruolo nel miglior modo possibile, interfacciandosi anche con l’arbitro e l’allenatore. Allo stesso modo Il comandante della Iss parla direttamente e costantemente con lo staff a terra, con il Centro di comando e controllo e il direttore di volo e deve sapere assegnare al proprio equipaggio i ruoli più adatti per ognuno in modo da ottimizzare l’andamento della missione. Di fatto le responsabilità formali di un comandante sono il risultato generale della missione e la sicurezza dell’equipaggio della stazione. Avere questo ruolo non cambia il mio approccio, che sarà sempre quello di confrontarmi sia con il resto dell’equipaggio, che con gli addestratori e gli istruttori. Riguardo al fatto di essere il primo italiano, per me non è l’aspetto individuale che conta. 12 - global science
Non ha importanza che l’individuo Luca Parmitano ricopra questo ruolo. Ciò che va sottolineato è che il risultato di un sistema, che è quello italiano ed europeo, fa sì che una commissione assolutamente indipendente, come quella che nomina gli equipaggi, decida di assegnare a un italiano il ruolo di comando.
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A destra il logo della missione. In queste pagine Luca Parmitano. Crediti: Esa.
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La scienza a bordo Mentre sarà in orbita, Luca Parmitano svolgerà un serie di esperimenti scientifici in ambiente di microgravità. Una parte di essi sono italiani, concepiti e realizzati da enti di ricerca, università o imprese del nostro paese. Alcuni riguarderanno il monitoraggio della salute degli astronauti anche in funzione di future missioni di lunga durata, che siano sulla Iss, alla Luna o a Marte. Come Amyloid aggregation, che studierà il ruolo della microgravità nell’insorgenza di depositi proteici in sede extracellulare per valutare i possibili rischi legati alle lunghe permanenze nello spazio. Definire l’apporto calorico ideale per il mantenimento della massa muscolare in orbita sarà invece l’obiettivo di Nutriss, mentre Acoustic diagnostics verificherà se l’ambiente rumoroso della Iss o la microgravità possano influenzare negativamente la funzione uditiva degli astronauti. Lidal, evoluzione del rivelatore
italiano Altea, avrà il compito di indagare sugli effetti dell’esposizione alle radiazioni spaziali, con lo scopo di definire le necessarie contromisure volte a mitigare i possibili danni sull’uomo. A Parmitano, inoltre, verrà affidato il test di un telescopio di nuova generazione: Mini-Euso, dedicato allo studio di emissioni notturne in banda ultravioletta di origine terrestre, atmosferica e cosmica. Uno strumento dalle moltissime applicazioni che vanno dal monitoraggio dei meteoriti allo studio della bioluminescenza marina. Luca si occuperà anche di una colonia di girini Xenopus, protagonisti di un esperimento educational, con l’obiettivo di valutare se in questi animali i processi di accrescimento e rigenerazione sono influenzati dalla forza di gravità. Infine, l’Asi sta lavorando a un ulteriore esperimento da affidare a Luca, Iperdrone, un piccolo sistema di rientro automatico che una volta inserito inserito in orbita, dovrebbe effettuare operazioni ispettive all’esterno della Iss e interagire con l’astronauta.
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LA SCOPERTA GRAZIE AL RADAR ITALIANO MARSIS
ACQUA MARZIANA: LIQUIDA E SALATA di Giulia Bonelli @giulia_bonelli
La sonda Mars Express con le antenne radar di Marsis (Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding) completamente estese.
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C’è acqua salata nascosta sotto la superficie di Marte. Per la prima volta, dopo le tante ipotesi accumulate nel corso negli anni, ne abbiamo la certezza grazie ai dati del radar made in italy Marsis, installato a bordo della sonda europea Mars Express. Lo ha annunciato un attesissimo articolo pubblicato lo scorso 25 luglio sulle pagine di Science, a firma di un team di ricerca tutto italiano. La notizia, rimbalzata per settimane da un sito web all’altro, è di quelle in grado di chiudere un capitolo della scienza e al tempo stesso aprirne uno nuovo. La scoperta risponde infatti una volta per tutte al grande quesito sul passato acquoso del pianeta rosso, ma permette anche agli scienziati di concentrarsi sulla domanda successiva: esistono forme di vita su Marte? Una questione fondamentale in vista della futura colonizzazione del pianeta rosso, obiettivo delle principali agenzie spaziali di tutto il mondo Nasa in testa, che punta a inviare il primo astronauta su Marte en-
tro il 2030. Ma per raggiungere la superficie marziana bisogna prima conoscerla, e la conferma di questo lago sotterraneo liquido e salato aggiunge un tassello fondamentale allo studio del nostro vicino planetario. E grazie ai dati di Marsis ora abbiamo anche un primo identikit del prezioso liquido sotto la superficie del pianeta rosso: questo lago sotterraneo si trova a circa 1,5 chilometri di profondità sotto il ghiaccio, ha un diametro di circa 20 chilometri e contiene almeno alcune centinaia di milioni di metri cubi di acqua salmastra. Il motivo per cui l’acqua è salata è che a quella profondità la temperatura è sicuramente ben al di sotto di 0°C: i sali, che probabilmente sono simili a quelli che la sonda Nasa Phoenix aveva già trovato nel ghiaccio della zona circumpolare nord, agiscono da antigelo, aiutando a mantenere l’acqua allo stato liquido. Acqua, sali, rocce e protezione dalla radiazione cosmica sono gli ingredienti che potrebbero far pensare anche a una nicchia biologica. «La grande differenza rispetto a scoperte
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Programma Viking. La prima conferma della presenza di acqua su Marte è arrivata dalle due sonde Viking 1 e Viking 2, entrate nell’orbita marziana nel 1976.
passate – racconta infatti Roberto Orosei dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, prima firma dello studio – è che questa volta si tratta di acqua stabile, e non di tracce liquide che scorrono ogni tanto per effetto della fusione del ghiaccio del terreno. Il che significa che siamo di fronte a qualcosa che potrebbe essere un habitat». Ecco che si fa sempre più concreta l’ipotesi della presenza di tracce di vita sul pianeta rosso, una possibilità che lo strumento Marsis ha testato per oltre 12 anni. Fin dall’arrivo di Mars Express nell’orbita marziana
dopo un viaggio di 400 milioni di chilometri, il radar ha infatti scandagliato le calotte polari del pianeta rosso in cerca di indizi di acqua liquida. Qualche segnale insolitamente forte era già stato notato dai ricercatori del team di Marsis nel corso degli anni, ma senza ottenere mai un’evidenza sperimentale certa della presenza di acqua allo stato liquido. Qualcosa è cambiato tra maggio 2012 e dicembre 2015, quando gli scienziati si sono concentrati sulla regione del Planum Australe. Qui i profili radar, ottenuti da orbite diverse e acquisite in vari periodi dell’anno marziano – quando global science - 15
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Mro. Il Mars Reconnaissance Orbiter (Mro) è una sonda lanciata dalla Nasa verso il pianeta rosso nel 2005. I suoi principali obiettivi sono la ricerca di acqua,
Phoenix. Il Phoenix Mars Lander è una navicella della Nasa atterrata nel maggio 2008 in prossimità del polo nord marziano.
l’analisi dell’atmosfera e lo studio dettagliato della geologia marziana allo scopo di individuare potenziali luoghi di atterraggio per future missioni su Marte. La missione è ancora in corso.
del terreno ipotizzando la presenza di acqua. La missione si è conclusa nel novembre 2008.
La sonda ha fornito indizi dell’evaporazione di ghiaccio sul sito di atterraggio, e ha eseguito analisi chimiche
nelle regioni polari sud si depositano sottili strati di ghiaccio di anidride carbonica – hanno permesso di identificare un’area di circa 20 chilometri quadrati (centrata a 193°E e 81°S) dove la sottosuperficie è molto riflettente, al contrario delle zone circostanti. A questo punto la parte più complessa del lavoro è stata l’analisi quantitativa dei segnali radar, in modo da determinare la cosiddetta costante dielettrica dello strato riflettente per identificarne la natura. Dopo circa 4 anni di analisi dati, il gruppo è riuscito a calcolate che la permittività dielettri16 - global science
ca dell’area altamente riflettente è maggiore di 15: un parametro in accordo con la presenza di acqua liquida in grandi quantità. «Questi risultati – spiega Elena Pettinelli dell’Università Roma Tre e co-investigatore di Marsis – indicano che ci troviamo probabilmente in presenza di un lago subglaciale, simile ai laghi presenti al di sotto dei ghiacci antartici. Questo lago è relativamente esteso e ha una profondità certamente superiore alla possibilità di penetrazione delle frequenze usate da Marsis. In alternativa potrebbe trattarsi di un acquifero profondo, dove l’ac-
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Mars Express. La sonda Mars Express è stata lanciata dall’Esa nel 2003 per studiare il pianeta rosso e cercare tracce di acqua. Ha impiegato poco più di sei mesi per raggiungere l’orbita marziana – un vero record, da cui il nome Express: era infatti da 60mila anni che Marte e Terra non erano così vicini. Importante il contributo italiano: oltre allo strumento Marsis, l’Asi ha fornito lo spettrometro Pfs per lo studio dell’atmosfera. La missione è ancora in corso.
qua liquida riempie i pori e le fratture della roccia. Non siamo attualmente in grado di stimare con precisione la profondità complessiva del lago, ovvero dove si trova il fondo del lago o la base dell’acquifero, ma possiamo senza dubbio affermare che sia come minimo dell’ordine di qualche metro». Il metodo di analisi messo a punto grazie alle osservazioni di Marsis permetterà adesso di continuare a investigare il passato acquoso del pianeta rosso. Un’ipotesi, quella della presenza di acqua nella storia di Marte, già alla base delle prime missioni marziane alla fine degli anni ’70: grazie alla sonda Viking della Nasa, ad esempio, è diventato evidente il fatto che la superficie di Marte fosse un tempo coperta da mari, laghi e fiumi. Le successive missioni hanno confermato sempre più tale presenza, e quindi il grande dilemma era dove fosse finita tutta quell’acqua. Probabilmente una buona parte è stata portata via dal vento solare, che ha spazzato l’acqua che mano a
Storia di Marsis. Il radar Marsis, da Mars Advanced Radar for Subsurface and Ionosphere Sounding, è uno dei sette strumenti a bordo della sonda europea Mars Express. Si tratta del primo radar sounder progettato per missioni di esplorazione spaziale, 30 anni dopo il primo ed unico esperimento dell’Apollo 17 Lunar Sounder. Marsis è stato ideato da Giovanni Picardi dell’Università Sapienza di Roma, e la sua realizzazione è stata gestita dall’Agenzia Spaziale Italiana e affidata alla Thales Alenia Space – Italia. La Nasa, attraverso il Jet Propulsion Laboratory e l’Università dell’Iowa, ha fornito una parte dell’elettronica e la speciale antenna ben visibile su Mars Express. L’Asi ha poi consegnato Marsis all’Esa per la sua installazione sulla sonda prima del lancio, avvenuto il 2 giugno 2003.
mano si vaporizzava in superficie. Un’altra significativa porzione si è lentamente depositata sotto forma di ghiaccio nelle calotte, soprattutto quella nord, e negli strati prossimi alla superficie, oppure si è legata al terreno nel permafrost. Ma parte dell’antico deposito d’acqua marziana doveva essere rimasta intrappolata nelle profondità: questa teoria, alla base della missione Mars Express annunciata dall’Esa a metà degli anni ’90, è esattamente ciò che il radar Marsis ha finalmente permesso di confermare per la prima volta con dati osservativi. «Marte è stato effettivamente un pianeta bagnato nel suo passato – dice Enrico Flamini, co-autore dello studio e responsabile dello global science - 17
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ExoMars. Il rover europeo ExoMars, parte dell’omonima missione per l’esplorazione di Marte, sarà lanciato nel 2020 per cercare tracce di vita presente o passata.
Un tempo la superficie marziana era ricoperta in gran parte da mari e oceani: che fine ha fatto tutta quest’acqua? Lo strumento Marsis aiuta a rispondere.
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strumento Marsis per l’Agenzia Spaziale Italiana – con tanta acqua che non solo ha avuto vita più o meno lunga sulla sua superficie, ma che ancora oggi ha vita nella sottosuperficie. Questo dice anche che ci sono state delle condizioni abbastanza stabili per eventualmente poter sviluppare forme organiche complesse. Per arrivare a tale risultato è stato necessario acquisire un’enorme quantità di dati: questo è stato possibile grazie all’uso di uno strumento estremamente innovativo, pensato in Italia e realizzato in Italia, che è in grado di penetrare con la tecnologia radar fino a vari chilometri di profondità la superficie marziana ed evidenziare la presenza di acqua». Un risultato storico, come sottolinea il presidente dell’Agenzia Spaziale italiana Roberto Battiston: «Questa scoperta è una delle più importanti degli ultimi anni. Sono decenni che ricercatori italiani sono impegnati nelle ricerche su Marte insieme a Esa e Nasa, spesso in ruoli di leadership. I risul-
tati di Marsis confermano l’eccellenza dei nostri scienziati e della nostra tecnologia. Sono un’ulteriore riprova dell’importanza della missione Esa ExoMars, che nel 2020 arriverà sul pianeta rosso alla ricerca di tracce di vita fino a due metri di profondità sotto la superficie del pianeta». Le future missioni su Marte raccoglieranno dunque l’eredità anche di questa scoperta che parla italiano, per indagare sempre più a fondo la capacità del pianeta rosso di ospitare la vita.
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PARKER SOLAR PROBE
LA SONDA CHE SFIORERÀ IL SOLE di Ilaria Marciano @ASI_spazio
Una sonda che dalla Terra arriverà a sfiorare il Sole. È l’avventura della Parker Solar Probe, missione Nasa partita lo scorso 11 agosto con un viaggio di sola andata verso regioni mai esplorate prima dall’umanità: la corona della nostra stella. Lanciata dalla base di Cape Canaveral, in Florida, a bordo di un razzo Delta IV Heavy, la sonda ha più o meno le dimensioni di un’auto e pesa poco più di 600 chili. Nei 7 anni previsti di missione, la Parker Solar Probe diventerà il primo veicolo a visitare una stella, e quello che si avvicinerà di più in assoluto al Sole. «Andremo dove nessuna navicella ha mai osato arrivare – ha commentato Nicky Fox del Johns Hopkins Applied Physics Lab, che ha contribuito allo sviluppo della sonda – e con ogni orbita vedremo nuove regioni dell’atmosfera del Sole. Questo ci permetterà di comprendere alcuni meccanismi stellari su cui ci interroghiamo da decenni». Parker arriverà a una distanza record di 6,3 milioni di chilometri dal Sole: qui si troverà immersa nella corona solare, dove le temperature raggiungono picchi di 1.377 gradi. Raggiungerà una velocità di circa 629.000 chilometri orari e per resistere al calore della nostra stella sarà protetta da uno scudo termico di carbonio spesso 11 centimetri. Per raddrizzare la traiettoria e avvicinarsi al Sole, sfrutterà l’attrazione gravitazionale di Venere durante 7 passaggi ravvicinati. Dopo la sonda Nasa, sarà poi il turno di Solar Orbiter dell’Agenzia spaziale europea (Esa), il cui lancio, inizialmente previsto a ottobre, è slittato a febbraio 2020: giusto in tempo per rientrare nella finestra prevista di minima attività solare. La sonda europea, a cui l’Agenzia spaziale italiana ha contribuito con il coronografo Metis e lo strumento Swa (Solar wind analyzer), ci darà una visione diretta dei poli, elemento chiave per comprendere le eruzioni e i campi magnetici solari. 20 - global science
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INTERVISTA A WALTER CUGNO, THALES ALENIA SPACE ITALIA
MERCURIO: UNA STORIA DI ECCELLENZA ITALIANA di Redazione @ASI_spazio
BepiColombo, il cui nome è in omaggio a Giuseppe Colombo lo scienziato italiano soprannominato il Meccanico del cielo, è il satellite europeo per l’esplorazione di Mercurio, un progetto frutto della collaborazione tra Europa (Agenzia spaziale europea Esa) e Giappone (Agenzia spaziale giapponese Jaxa). La missione, tra le più ambiziose fra quelle programmate dall’Esa, si pone come obiettivo lo studio dettagliato del pianeta Mercurio e dell’ambiente che lo circonda. Thales alenia space Italia è parte del Core team, guidato da Airbus defence & space, e coordina un team industriale di 35 aziende europee. Del ruolo e delle sfide che ha affrontato ne parliamo con Walter Cugno, responsabile Esplorazione e scienza di Thales alenia space Italia. Innanzitutto trovare le soluzioni tecnologiche per una missione così complessa dal punto di vista ambientale, nel senso dell’ambiente nel quale si troverà ad operare, non è stato facile. Se prendiamo ad esempio il Planetary orbit sviluppato dall’Europa, contrariamente a quello giapponese che modifica la propria esposizione durante la missione, questo mantiene una esposizione fissa per alcune delle sue parti, a temperature che sono costantemente tra i 300 ai 400 gradi. Trovare i materiali adatti e creare le tecnologie per far sopravvivere gli apparati a tali condizioni e farli funzionare a dovere è stata una sfida tecnologica importante. Come per l’antenna che abbiamo sviluppato per la missione, una evoluzione dell’antenna Cassini. A differenza di quella che ha operato per venti anni sulla sonda che ha studiato il sistema di Saturno è un po’ più piccola, un metro di diametro, ma continuamente sottoposta a temperature elevate come quelle già citate cosa non capitata alla sorella maggiore. Ed è stata sicuramente una sfida tecnologica fare meglio di un successo. Per non dimenticare la fase di integrazione dei vari apparati della sonda di cui la nostra società è stata responsabile. Mettere insieme gli apparati e integrarli perché operino tutti al loro meglio in una missione così delicata e importante dal punto di vista tecnologico e scientifico, è stata anche questa una bella sfida. Fermandoci un attimo al sistema di telecomunicazioni, quanto c’è di soddisfazione nel riproporre, con le evoluzioni del caso, un sistema che si è rilevato splendidamente funzionante per venti anni o quasi e pensato oltre trenta anni fa? C’è questo elemento? Assolutamente! È un fiore all’occhiello di un’Italia che ha voluto investire nel settore spaziale e, in particolare, nelle telecomunicazioni deep space. È una grande soddisfazione: grazie a quanto fatto per la sonda Cassini abbiamo acquisito Bepi Colombo, grazie a Bepi Colombo siamo ancora di più competitivi su questi sistemi,
non solo in Europa ma in tutto il mondo. Programmi come ExoMars, di cui Thales alenia space Italia è il primo contraente per entrambe le missioni, Euclid e Juice, per menzionarne alcuni, utilizzano, per il sistema di telecomunicazioni, i nostri prodotti.
«L’Italia coordina un team industriale di 35 aziende europee»
Si può dire che il valore aggiunto di Thales alenia space sia il valore ottenuto sul campo, la sua esperienza? E come è riuscita a raggiungerla? L’esperienza sul campo è fondamentale. Gli investimenti che il nostro paese ha fatto in alcuni settori di alta tecnologia come le telecomunicazioni, i sistemi radar, in particolare i Sar, i moduli abitativi spaziali hanno fatto dell’industria italiana in generale e di Thales alenia space in particolare uno dei maggiori competitor a livello mondiale. Recentemente ricercatori italiani hanno annunciato al mondo la prova certa di acqua salata sotto la superficie del pianeta Marte. Prova provata ottenuta grazie ad un radar, Marsis, realizzato per Asi da Thales alenia space. Esempi di capacità tecnologica che si ritrovano nei satelliti di Osservazione della Terra come la costellazione Cosmo-Skymed, realizzata per conto dell’Agenzia spaziale italiana e del Ministero della Difesa. L’Italia grazie alla sua scienza, alla sua tecnologia e alla sua industria è presente in praticamente ogni sonda che ha esplorato, esplora ed esplorerà il nostro sistema solare. Bepi Colombo è una di questa. global science - 21
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TANTI GLI APPUNTAMENTI ASI PER UNA SCIENZA VICINA DI CASA
CINEMA E FESTIVAL LO SPAZIO PER TUTTI di Manuela Di Dio @ASI_spazio
uno Spazio a portata di mano quello proposto dall’Asi nelle manifestazioni culturali e divulgative dell’autunno. Con numerosi appuntamenti dedicati al grande pubblico, la scienza scende in strada e si avvicina ai cittadini. Il mese di settembre ha visto protagonista il grande cinema e la fantascienza nell’ambito della rassegna cinematografica Avvistamenti a Roma, organizzata dal VI Municipio, dall’Istituzione Biblioteche di Roma e dall’Asi. Nel piazzale del Parco Peppino Impastato emblema dell’attivismo contro le mafie e di fronte alla Biblioteca Collina della Pace, bene confiscato e simbolo della legalità, si sono susseguiti 15 giorni di film e dibattiti. Le rinnovate identità metropolitane e i viaggi nello Spazio hanno offerto spunti divulgativi a cura di scienziati, registi e critici cinematografici. Inaugurata dal film Tito e gli alieni, la sezione fantascientifica della rassegna ha visto la partecipazione degli studiosi Jader Monari, dell’Istituto Nazionale di Astrofisica, Viviana Fafone dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e Gabriele Mascetti dell’Asi e dei critici cinematografici Gianni Cipriani e Paolo di Reda. La rassegna ha fatto tappa all’Auditorium dell’Asi per la proiezione de L’arrivo di Wang e un dibattito con i registi, i Manetti bros., col critico cinematografico Marco Spagnoli del Giornale dello Spettacolo e con l’astrofisico Amedeo Balbi. L’appuntamento con la fantascienza non finisce però con la rassegna Avvistamenti, perchè l’Auditorium dell’Asi accende i proiettori ogni mese per #SpazioCinema, evento gratuitamente aperto al pubblico. Il binomio tra Spazio e cinema è approdato in settembre anche alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia con il documentario Lunar City, nato da una collaborazione Nasa – Asi, per la regia di Alessandra Bonavina. Improvvisazione Jazz e onde gravitazionali risuonano al teatro della Tos-
«La scienza scende in strada e si avvicina ai cittadini»
se il 1° novembre, nel contesto del Festival della Scienza di Genova. Per l’importante appuntamento divulgativo, l’ Asi e l’Infn mettono in scena Lights and Waves Rhapsody, la scoperta delle onde gravitazionali raccontata dagli scienziati, sulle note di un imperdibile trio: Danilo Rea, Paolo Damiani, Martux. Al Festival di Genova, oltre a contributi divulgativi di Roberto Formaro sui nanosatelliti, l’ Asi porterà anche la storia dello Spazio italiano, con una mostra fotografica sui 30 anni di Asi. Pensa alla salute è il tema del Festival dell’Innovazione e della Scienza di Settimo Torinese dal 14 al 21 ottobre a cui l’ Asi partecipa con Alessandro Coletta, mentre Il futuro che ti aspetta attende il pubblico al Festival Focus live a Milano dall’8 all’11 novembre, a cui l’ Asi interviene per incontri e dibattiti.
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oco prima delle undici di sera, il 22 settembre 2017, i rivelatori dell’esperimento IceCube si sono accesi, a indicare il possibile passaggio di un neutrino. Questi eventi sono in genere molto rari, ma quello avvenuto a settembre scorso lo è ancora di più. Gli elementi che lo rendono (per ora) unico sono due: innanzitutto abbiamo a che fare con un neutrino dotato di un’energia molto elevata, circa 290 TeV (tera-elettronvolt, ovvero mille miliardi di volte un elettronvolt), e in secondo luogo è la prima volta che riusciamo a osservare anche la controparte luminosa di un oggetto simile. In poche parole: con questo singolo neutrino, chiamato IceCube 170922A, è nata l’astronomia multimessaggero per sorgenti di neutrini e alte energie. IceCube è - come suggerisce il nome - un cubo di ghiaccio, per la precisione un chilometro cubo di ghiaccio costellato di sensori, e si trova nelle profondità della calotta antartica. La rivelazione di un possibile segnale da parte di IceCube comporta un’immediata allerta per un grande numero di osservatori, sia terrestri che satellitari. In questo caso l’identificazione della regione di spazio da cui sembrava provenire il neutrino è stata molto precisa, e ha permesso agli altri strumenti di concentrare le loro ricerche su un numero limitato di sorgenti cosmiche. Il più veloce ad attivarsi è stato il satellite Fermi, e alle sue osservazioni sono seguite quelle dei telescopi terrestri MAGIC. Entrambi questi osservatori sono dedicati allo studio delle sorgenti ad alte energie, e i loro dati hanno mostrato la presenza di un paio di blazar nella zona di interesse.
ICECUBE E FERMI PORTANO A CASA UN RISULTATO STORICO
SCOPERTO IN ANTARTIDE IL NEUTRINO LUMINOSO
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di Elisa Nichelli @lalalelisa
I blazar sono sorgenti ad alta energia legati alla presenza di buchi neri supermassicci (milioni o miliardi di volte la massa del Sole) al centro di galassie e in piena attività. Queste sorgenti sono tra gli osservati speciali, per chi va in cerca di neutrini cosmici, e sapevamo di poterci aspettare l’emissione di
raggi gamma in concomitanza con quella di neutrini, solo che non li avevamo mai visti prima d’ora. Il blazar più luminoso nella direzione indicata dal neutrino si chiama TXS 0506+056, catalogato come BL Lac, una tipologia di sorgenti priva di forti righe di assorbimento o emissione, per le quali dunque è difficile ricavare una misura di distanza. Nei mesi successivi all’allerta IceCube, però, gli astronomi si sono concentrati su questa sorgente, ottenendo osservazioni molto prolungate e riuscendo a pescare alcune deboli
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righe, da cui hanno estratto l’informazione sulla distanza: circa 4.5 miliardi di anni luce da noi. Grazie alla misura di distanza tutte le informazioni provenienti da TXS 0506+056 assumono un significato più concreto, poiché si traducono in processi fisici specifici, di cui è possibile conoscere l’intensità. Nel caso dell’evento del 22 settembre scorso si è trattato di un flare adronico, vale a dire l’emissione di protoni con energie talmente alte da essere parecchio al di sopra
Illustrazione dell’osservatorio IceCube, costruito in Antartide. Crediti: IceCube/NSF.
di quanto si riesca a fare con gli acceleratori più potenti a nostra disposizione. Questi protoni interagiscono con il getto del blazar producono neutrini e raggi gamma, anche loro molto energetici. Con questo evento si apre quindi una nuova finestra di osservazione dell’universo: quella fatta di neutrini e onde elettromagnetiche. Inoltre, grazie a questo segnale, abbiamo la prima conferma sperimentale che esiste una stretta connessione tra questi due messaggeri
cosmici. Tuttavia, sono anche molte le domande che emergono da questa importante scoperta: cosa ha di speciale TXS 0506+056? Ci sono là fuori altri blazar in grado di accelerare le particelle fino ad energie così estreme? Non ci resta che continuare a studiare e metterci all’ascolto del cosmo.
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l primo spazio porto made in Italy sorgerà nella zona di Taranto-Le Grottaglie frutto di un accordo tra Altec, Sitael e Virgin Galactic. L’eccellenza italiana nel settore spaziale si espande verso un nuovo orizzonte: il volo suborbitale. Già da diversi anni, le opportunità di investimento e sviluppo tecnologico in questo campo non si sono fatte attendere, correlate dalla possibilità di costruire infrastrutture sul territorio nazionale e di sviluppare partnership tra pubblico e privato. A dicembre 2016, Altec, società partecipata da Agenzia Spaziale Italiana e Thales Alenia Space, ha stretto un accordo con la Virgin Galactic di Richard Branson per la sperimentazione dei voli suborbitali sul territorio italiano. Il punto cruciale dell’accordo riguarda la costruzione di uno spazioporto nella nostra penisola: la nuova struttura fungerà da via di accesso allo spazio e promuoverà una serie di altre attività quali il turismo spaziale, il lancio di piccoli satelliti e l’addestramento di astronauti e piloti. La collaborazione si baserà sull’utilizzo del sistema di volo della Virgin, lo spazioplano riutilizzabile Space Ship Two ed il suo velivolo vettore, Whiteknight Two. Al momento Virgin sta sottoponendo il suo spazioplano a una serie di prove cruciali. Il sistema di volo prevede il decollo della Space Knight Two fino a un’altezza di circa 15 chilometri. A quel punto è previsto il rilascio della Spaceship Two, un piccolo razzo che può portare a bordo fino a sei passeggeri più due di equipaggio, in grado di raggiungere e superare la quota di 100 chilometri di altezza. L’esperienza avrà una durata totale di circa 40 minuti e il costo del biglietto si aggira al momento intorno ai 210.000 euro. I turisti spaziali potranno godere del volo in microgravità per circa sei minuti, con la possibilità di osservare la Terra da un punto di vista unico. A seguito dell’incontro di dicembre 2016, a circa un anno e mezzo di distanza, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, ha ricevuto il via libera dall’Enac per la scelta del sito: lo spazioporto sorgerà nell’area di Taranto-Le Grottaglie dove ora si trova l’aeroporto Marcello Arlotta. Nel dettaglio, il progetto prevede la modifica delle strutture già esistenti in loco con l’aggiunta di hangar, spazi
SORGERÀ NELLA ZONA DI TARANTO-LE GROTTAGLIE
UN GATE ITALIANO PER LO SPAZIO di Fulvia Croci @ASI_spazio
«Lo spazioporto diventerà un polo per le eccellenze scientifiche»
per le nuove attività scientifiche e servizi fruibili dai turisti dello spazio. «La scelta dell’area è stata accolta con soddisfazione dall’Agenzia Spaziale Italiana -ricorda il presidente dell’Asi Roberto Battiston - perché dà il via alla seconda fase di un progetto che pone le basi per un nuovo approccio commerciale per la ricerca in microgravità e per l’addestramento degli astronauti. L’Italia è all’avanguardia nella nuova space economy che renderà lo spazio accessibile ad una sempre maggior quantità di persone». Lo spazioporto avrà caratteristiche proprie, che lo distingueranno dalle tradizionali basi di lancio per razzi a decollo verticale. Il decollo e l’atterraggio degli spazioplani infatti, avglobal science - 27
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verrà proprio come quello dei normali aerei. Gli interventi sulle strutture di Taranto, saranno effettuati in tempi piuttosto brevi: si prevede che lo spazioporto - l’unico posseduto da Virgin Galactic al di fuori del territorio americano - possa essere attivato già dal 2020. Negli Stati Uniti la Commercial Space Trasportation è una realtà consolidata che consente ai privati di sfruttare sistematicamente le risorse extra atmosferiche anche a scopi commerciali, un tipo di azione che in passato, era riservata esclusivamente alle agenzie governative. La costruzione dello spazioporto non potrà quindi essere vista solo come un business dedicato alle élite che possono permettersi un costoso viaggio in orbita, ma come un’attività che può produrre diversi ritorni economici: indotto industriale, servizi e turismo locale fino alla creazione di un polo scientifico di eccellenza. «Potrà diventare un centro accumulatore di startup spaziali, piccole aziende dove le università potranno avere laboratori e fare ricerca – commenta Enzo Giorgio, amministratore delegato di Altec – un’opportunità per i nuovi attori che vorranno operare nello spazio. Ci sarà la possibilità di fare informazione per il pubblico e divulgazione per gli studenti. Sarà di ispira28 - global science
La firma dell’accordo Virgin-Sitael. Crediti: Sitael.
zione per i giovani e li farà incontrare con i centri di ricerca per creare interesse e ispirare chi, in un futuro, potrebbe lavorare alla ricerca aerospaziale». Il sito di Taranto Le Grottaglie sarà teatro di un’altra cruciale attività che coinvolge una delle maggiori aziende italiane nel settore spazio. A luglio di quest’anno, SITAEL ha sottoscritto un accordo con Virgin Galactic per la costruzione dei razzi che spediranno i turisti nello spazio decollando dallo spazioporto pugliese. Il rapporto tra l’azienda di Mola di Bari e Branson, ha avuto inizio nel 2017 quando le due parti hanno firmato un accordo per il lancio del microsatellite elettrico μhetsat, sviluppato da Sitael in collaborazione con Esa e Asi. Sarà il primo del suo genere ad andare nello spazio e lo farà a bordo del Launcher One di Virgin, un piccolo vettore che viene portato in quota da un aereo, il Cosmic Girl. Il microsatellite, sarà solo il primo di una serie di dispositivi sviluppati da Sitael che spiccheranno il volo dallo Spaceport America, la facility di Virgin nel deserto del New Mexico. Questa intesa è stata propedeutica a quella firmata quest’anno, che prevede lo sviluppo di un veicolo spaziale costruito dalla Spaceship Company di Branson, appositamente pensato per lo spazioporto italiano. Il veicolo sarà integrato da Sitael e da altre aziende italiane del comparto spaziale e verrà assemblato in Puglia. I tempi di sviluppo del progetto non sono ancora stati dichiarati anche se un business plan è già in fase di definizione. L’intenzione di Sitael insieme con Altec e Asi è quella di mettere a punto un’agenda italiana che possa attirare gli investimenti dall’estero, un passo fondamentale per far sì che l’Italia possa avere un ruolo sempre più di rilievo nella space economy mondiale.
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IL ROMANZO DI GIANFRANCO D’ANNA
ANTOLOGIA SPAZIALE
STORIA DI UN NEUTRINO ANOMALO
GIRO DEL COSMO IN 13 RACCONTI
di Francesco Rea @francescorea
di Valeria Guarnieri @ASI_spazio
Alla conquista di altri mondi con i mezzi più disparati, incluse le mongolfiere: è questo il tema che accomuna i 13 racconti inclusi in “Viaggi nello Spazio”, antologia curata da Fabrizio Farina e pubblicata da Einaudi. L’avventurarsi verso altri corpi celesti, in primo luogo la Luna, è uno dei principali soggetti fantascientifici e continua ad affascinare l’immaginario collettivo anche in un’epoca tecnologica come la nostra, in cui le scoperte scientifiche hanno consentito di tracciare un quadro ben definito del Sistema Solare e di tanti oggetti celesti. Ed è quindi centrandosi sull’anelito verso altre dimensioni e sulla curiosità più forte della paura dell’ignoto che prende le mosse questa raccolta, che annovera autori di altissimo livello - come, ad esempio, Bradbury, Lovecraft, Wells e Dick - cui si aggiunge il tuttora misterioso Mr Vivenair, narratore arguto di una satirica spedizione su Urano. Ogni scrittore declina in maniera originale il tema del viaggio nello spazio, affrontandolo da differenti punti di vista incluso quello dell’esplorazione interiore. Il libro è corredato da un’accurata introduzione, che affronta il tema conduttore partendo dall’antichità e passando per differenti forme d’arte, dalla letteratura, al cinema, al fumetto. La raccolta si legge con piacere ed è adatta anche per un pubblico non strettamente appassionato di fantascienza. 30 - global science
«Alla conquista di altri mondi con i mezzi più disparati»
È il racconto di un avvenimento realmente accaduto. Stiamo parlando del neutrino superluminale, capace di andare oltre la velocità della luce, realtà che, se si fosse rivelata veritiera, avrebbe fatto crollare il solido castello teorico costruito da Einstein per spiegare come funziona l’universo. Ma Il neutrino anomalo di Gianfranco D’Anna (svizzero, laureato in fisica e autore di altri due romanzi) dal punto di vista dell’uso della prosa è un romanzo piuttosto deludente, sia nella descrizione dei protagonisti che nella narrazione dei fatti. Recentemente due autori totalmente diversi tra loro, Andrea Camilleri e Licia Troisi, hanno ricordato in occasioni pubbliche come l’essere un romanziere non è frutto dell’estemporaneità dell’ingegno, o almeno non solo, ma risultato di costante studio e dedizione, di ore e ore di lavoro quotidiano, che alla fine di un semestre vale 150/180 pagine ben scritte. Una al giorno, 8 ore di lavoro, 1800 battute, anche 1500. Chapeau. Resta il lavoro del racconto scientifico, che per una casa editrice come Dedalo è l’aspetto più importante: la storia c’è tutta e resa facilmente comprensibile anche se poi quel che resta è un ambiente che pare più litigioso che competitivo, invidioso, un po’ cattivo e anche superficialmente disattento. In estrema sintesi, se volete ripercorrere un fatto storico importante della scienza, per gli insegnamenti che ne sono derivati, l’autore Gianfranco D’Anna esaurirà le vostre curiosità. Ma non c’è niente di avvincente.
WE BRING A NEW DIMENSION TO YOUR HORIZONS
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S C O P R I T E L’ I M P O S S I B I L E V I A G G I O S U L L A L U N A
RYA N G O S L I N G
CLAIRE FOY
DAL REGISTA PREMIO OSCAR DAMIEN CHAZELLE ®
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SCENEGGIATURA DI JOSH SINGER DIRETTO DA DAMIEN CHAZELLE www.firstman-ilprimouomo.it
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