Edizione Speciale Bollettino Go'El

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SERVIZIO OBIEZIONE E PACE - ASS. COMUNITA’ PAPA GIOVANNI XXIII

PROGETTO GO’EL “

PAOLO RAMONDA: La scelta della nonviolenza per avere la pace.

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ISRAELE: Il virus dell’educazione razzista.

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USA: Peaceful Tomorrows, per un futuro di pace.

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CILE: l’altro 11 settembre.

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PALESTINA: La lotta per la liberazione e l’indipendenza.

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TESTIMONIANZA: In cammino con il Cristo degli Oppressi.

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Editoriale Dopo l’11 Settembre A dieci anni da quel tragico 11 settembre il mondo è più instabile e meno accogliente per l’umanità, soprattutto per i più poveri e deboli. Gli Stati più ricchi aumentano gli investimenti per la sicurezza militare e allo stesso tempo diminuiscono vertiginosamente i fondi per l’ aiuto allo sviluppo dei Paesi più poveri.

“Dobbiamo scommettere sempre più sulla nonviolenza, sull’ educazione alla pace ed investire sulle scelte positive dei nostri giovani”

Mentre continuano le violenze nel nome delle guerre al terrorismo, mentre continuano le brutalità degli atti di terrorismo da parte di gruppi fanatici, le democrazie abbassano la guardia su diritti ed equità sociale e il mondo si spacca sempre più fra pochi che hanno tantissimo e tantissimi che hanno sempre meno: meno diritti, meno educazione, meno sanità. Ed anche meno accoglienza, come quando cittadini stranieri di Paesi lontani lasciano i propri affetti e le proprie cose, fuggono a causa delle guerre o delle carestie e approdano sulle nostre coste nella speranza di trovare una vita più sicura. Se in seguito agli attacchi dell’ 11 settembre, l’Amministrazione Americana ha promulgato

la “Patriot Act” legge “antiterrorismo” che consente di arrestare, imprigionare qualsiasi persona senza bisogno di processi e senza la presenza di avvocati o difensori dei diritti civili (la legge che ha portato anche all’apertura della famigerata prigione di Guantanamo), nelle democrazie europee i diritti dei più poveri vengono messi a dura prova, come è l’esempio del Governo italiano che ha promulgato la legge razzista del “reato di clandestinità”, con la quale si crimina-

mente anche in Italia e nelle

lizza lo status di migrante.

Dobbiamo scommettere sempre più sulla nonviolenza, sull’ educazione alla pace ed investire sulle scelte positive dei nostri giovani quando fanno esperienze importanti quali il servizio civile o periodi di

Migliaia di cittadini stranieri se non respinti nuovamente nei luoghi di partenza, vengono detenuti in famigerati “Centri di Permanenza” in cui vivono in condizioni inumane e di isolamento. L’accoglienza, l’ospitalità, la solidarietà verso i più poveri ed oppressi i vengono criminalizzate. E questo virus della cultura razzista si diffonde seminando paura e alimentando il sospetto : è l’altro, lo straniero il nuovo nemico, il pericolo da cui difendersi. Una cultura che si diffonde e rischia di attecchire pesante-

democrazie occidentali. Un virus la cui diffusione è favorita anche da un sempre maggiore disincentivo rispetto ai tradizionali diritti sociali e al bene comune. Dieci anni dopo l’ 11 settembre dobbiamo rafforzare il sostegno a tutti coloro che nel mondo si impegnano per la promozione dei diritti umani, e della democrazia.

volontariato missionario. Dobbiamo liberarci dal virus del razzismo e sostituirlo con la grazia della compassione e della fratellanza universale, insostituibili anticorpi della nostra Umanità. Dobbiamo abbattere i tanti Muri dell’ Apartheid (quelli costruiti con mattoni e quelli costruiti con i pregiudizi) che impediscono a tanti popoli di poter costruire e condividere un comune futuro di Pace.

SERVIZIO OBIEZIONE E PACE PROGETTO GO’EL “ASSOCIAZIONE COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII”

Profughi del Mali accolti nella Casa della Pace a Mercatino Conca (PU)

PROGETTO

GO’EL


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La scelta della nonviolenza per avere la pace DI GIOVANNI PAOLO RAMONDA Il dramma dell’11 settembre con le migliaia di persone e famiglie distrutte, con un attacco congegnato fin nei minimi particolari che ha distrutto il sogno americano di una superpotenza in attaccabile, ma che ha anche evidenziato come il terrorismo islamico sia un fatto disu-

Siamo per una pace costruita sulla giustizia distributiva dove i beni vengono condivisi, perché la salvezza dell’umanità sarà nella equa condivisione soprattutto con i

mano e cinico assolutamente da condannare.

La pace parte dall’amore autentico al prossimo che si deve esprimere in ogni settore dell’esistenza e soprattutto deve partire da un’educazione precoce alla nonviolenza, alla cordialità, al rispetto e suprema dignità di

Questo dramma ancora dopo dieci anni si consuma su un mondo da una parte sempre più ricco, comunque fautore di una crisi economica che penalizza i deboli e dall’altra una popolazione immensa nella miseria più estrema come stiamo vedendo nel dramma del corno d’Africa e della Somalia. Sicuramente in una lettura esistenziale e sapienziale cristiana che sa leggere i segni dei tempi e cerca di decodificare i messaggi di un travaglio che tutta l’umanità sta vivendo, possiamo dire che questa malattia non è per la morte , ma per la vita. A cosa siamo chiamati? Dove possiamo sperare affinchè i nostri giovani siano consapevoli di un futuro pieno di responsabilità dove il bene comune prevarrà sulle scelte egocentriche individuali? Noi facciamo l’opzione preferenziale della nonviolenza per una pace duratura non fondata sugli armamenti, non costruita sulle mine antiuomo che fanno saltare migliaia di uomini e anche bambini, non sugli stati che dilapidano i bilanci per gli eserciti. Non possiamo accettare che si chiedano sacrifici alle famiglie togliendo denari all’educazione, al lavoro, alla sanità, alla politica dello sviluppo per la vita sempre tutelata dal concepimento al suo tramonto.

“Siamo per una pace costruita sulla giustizia distributiva dove i beni vengono condivisi”

più poveri.

ogni essere umano di qualsiasi cultura e religione. Nasce da una contemplazione del mistero trinitario di Dio che è Padre, Figlio e Spirito Santo, proprio questa comunione nell’amore è fonte di quella comunione non più prorogabile tra gli uomini e donne di questo mondo. Ma il principe di questo mondo, il divisore, colui che è contro la Verità, padre della menzogna agisce negli strati più oscuri della società. Il male è evidente e pur-

Giovanni Paolo Ramonda è il Responsabile Generale della Comunit{ Papa Giovanni XXIII dal 2008.

troppo lampante sotto i nostri occhi. Ma nulla può contro una umanità che si unisce attorno alla Verità, come ha detto Gesù: la Verità vi farà liberi. Nulla si deve temere, se gli uomini e donne di buona volontà si uniscono per gridare la forza della nonviolenza e per lavorare per il bene comune. I giovani questo attendono: potersi donare per il bene, sempre, ovunque, in ogni momento, a fianco dei più poveri, come richiamava profeticamente don Oreste Benzi, vero testimone di pace.

E' colui che ha raccolto la faticosa e bella eredit{ di don Benzi, il fondatore. Laureato in pedagogia e con un magistero in scienze religiose, Paolo dal 1984 è sposato con Tiziana e con lei "condivide" una casa famiglia di 15 persone.

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Dieci anni dopo l’11 Settembre: per un futuro di pace. DI

VALERIE LUCZNIKOWSKA

Ero andata da sola a raggiungere un gruppo di dimostranti che protestavano per il voto del Congresso che stava per dare al Presidente Bush il diritto di dichiarare unilateralmente la guerra contro l’Irak, saltando il consenso, richiesto, del Congresso Americano.

Valerie Lucznikowska è membro di “Peaceful Tomorrows – associazione dei familiari delle vittime dell’11 settembre per un futuro di pace” (www.peacefultomorrows.org)

Il Progetto Go’El ha incontrato alcuni membri di questa associazione e li ha invitati in Italia in diverse occasioni ( fra cui l’ Assemblea dell’Onu dei Popoli e la Marcia della Pace Perugia Assisi nell’ ottobre 2003) per far conoscere le loro storie e il loro messaggio di pace.. Nel 2004 il Progetto Go’El ha anche tradotto e pubblicato un libro di Peaceful Tomorrows con il titolo : “Non usate il nostro nome” (a cura di Terre di Mezzo).

Era il mese di ottobre 2002 ed ero davanti all’ufficio del Senatore Shumer di New York, ed ero arrabbiata. Avevo stampato dal mio computer una copia del poster delle persone scomparse che avevo fatto il 12 settembre 2001 in cui c’era mio nipote Adam Arias, che lavorava al World Trade Center. Ero furiosa che il senatore per il quale avevo votato facesse franare in guerra la febbre che avrebbe compromesso così tante vite innocenti. Avevo aggiunto sotto la foto di Adam “NON

NEL SUO NOME”. Una donna è venuta da me e mi ha messo un pieghevole in mano. Era su “Peaceful Tomorrows - familiari delle vittime dell’11 settembre per un domani di pace” in cui ciascun membro aveva perso una persona cara l’11 settembre, e che sono di tutte le religioni, razze, e credo. E questo cambiò il corso dei miei successivi nove anni. Subito dopo l’11 settembre avevo pensato che gli Usa non avevano altra scelta che invadere l’Afghanistan e fermare coloro che avevano causato l’11 settembre. Poi ho cominciato a leggere degli errori che là coinvolgevano i civili. Come abbiamo osato uccidere persone innocenti nel nome di coloro che abbiamo perso? Non potevo acconsentire che si creassero altre

Noi vogliamo che la violenza si fermi, e per ottenere ciò, dobbiamo essere i primi ad agire. E questo è tanto vero oggi quanto lo era dieci anni fa. I dieci anni che sono intercorsi hanno visto atti di violenza a Londra, Madrid e altrove e due guerre che hanno spezzato milioni di vite nelle loro aree geopolitiche. Fortunatamente l’influenza di Al Quaeda sembra aver perso il sostegno in Medio Oriente come ha testimoniato la Primavera Araba, oltre che una tendenza alla democrazia. Durante questi anni i nostri membri hanno viaggiato nel nostro Paese e all’estero, raccontando le nostre storie di persona, sui mezzi di comunicazione, e scoraggiando la vendetta, la guerra e la violenza. Abbiamo incontrato e abbiamo condiviso le nostre convinzioni con altre famiglie che sono state vittime del terrorismo. Dopo che questi anni hanno visto dei cambiamenti enormi nell’ amministrazione del nostro Governo per la giustizia e la politica sulle reazioni causate dalla paura del terrorismo. La nostra Costituzione, il marchio di garanzia della nostra società libera, è messa in discussione da leggi come la “Patriot Act” (nota come la “legge antiterrorismo” ndt), detenzione senza imputazione a Guantanamo e altri luoghi, una legislazione anti immigrati, limitazioni dei diritti umani e tentativi di codificare l’intolleranza religiosa. Sfortunatamente la lista è cresciuta.

Dalla fine del 2002 sono stata parte di un gruppo di membri delle famiglie consapevoli e impegnate di vittime di quel fatidico giorno del 2001 nel portare le parole di Martin Luther King Jr al maggior numero di persone possibile. E’ stato lui a darci il nostro nome : “Le

I nostri membri sono andati in Irak e Afganistan per mettersi in contatto con quei popoli e trasmettere il nostro messaggio di pace e riconciliazione. Un membro di Peaceful Tomorrows proprio adesso è in Afghanistan con una delegazione, ad incontrare i gruppi della società civile, funzionari e gruppi locali di pacifisti. I nostri membri hanno creato e si sono inseriti nei gruppi interreligiosi e nei

futuro di pace”. E quale persona razionale non vuole vivere pacificamente? Vivere pacificamente significa prendere la rabbia e i danni e il dolore che ci abbattono e farle entrare nell’ energia per combattere l’ingiustizia e l’intolleranza. Ci sono alcuni, che hanno perso persone care, che coltivano ancora rancore e vendetta.

GO’EL

sando una spirale di violenza senza fine.

famiglie in lutto come la mia.

guerre sono scadenti scalpelli per scolpire un

PROGETTO

Noi capiamo che la vendetta è assai peggio che vana. Essa provoca rabbia e ritorsione in coloro che prendiamo come bersaglio, cau-

forum. Io sono orgogliosa di essere un consigliere del direttivo di Park51, il Centro della Comunità Musulmana di New York, definita in modo così poco accurato come “La Moschea al Ground Zero”.


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L’approssimarsi dell’ anniversario dell’ 11 settembre ha visto molti di noi apparire più frequentemente sui mass media negli Usa e in tutto il mondo, per diffondere il nostro messaggio di comunione pacifica e di perdono sulla stampa e sui servizi radio-televisivi giapponesi, europei, e sudamericani, oltre che in un report speciale su un programma televisivo pakistano sull’11 Settembre. L’ America che avevano conosciuto i nostri cari non era intollerante o bellicosa. Noi lottiamo affinché la loro memoria e affinché il futuro restituiscano ed assicurino un futuro di pace. Con Rispetto, Valerie Lucznikowska

zia di Adam Arias, morto nella Torre 2 del World Trade Center, l’11 Settembre 2001.

Membri di Peaceful Tomorrws ad un Seminario della Tavola della Pace. Maggio 2006

Ogni anno l’Ufficio Nazionale per il Servizio Civile (UNSC) promuove l’uscita del bando di servizio civile nazionale, della durata di 12 mesi, aperto ai ragazzi e alle ragazze di cittadinanza italiana, di età compresa tra i 18 e i 28 anni.

Servizio civile Italia: la comunità Papa Giovanni ha in Italia numerose strutture di accoglienza, centri diurni, progetti sul territorio. È l'occasione per essere cittadini attivi difendendo gli ultimi, educarsi ed educare alla pace, formarsi sotto l'aspetto professionale, civico e sociale. Tutto questo, attraverso la condivisione diretta, Il servizio civile è riconosciuto dallo Stato Italiano e si l'impegno con altri giovani sul territorio, la nonviolenza. svolge, in Italia o all’estero, negli Enti accreditati che presentano progetti finanziati dall’UNSC. Per il servizio Servizio civile estero (Caschi Bianchi): il progetto ha civile l'ufficio nazionale riconosce un rimborso di 433,80 come finalità la costruzione della pace e la difesa dei euro per ogni mese in Italia e 15 euro giornalieri in più diritti umani tramite la condivisione diretta con gli ultiper ogni mese all'estero. mi, la cooperazione internazionale, l'azione nonviolenta, in contesti di conflitto o di impoverimento in diversi paeCondizioni per accedere al bando: si del mondo. Per leggere gli scritti dei caschi bianchi e per conoscere il calendario delle giornate di orienta Essere cittadino o cittadina italiana/o; mento visita il sito www.antennedipace.org  Avere un'età compresa fra i 18 ed i 28 anni (non compiuti al momento di presentazione della domanda);

Non aver riportato condanne penali;

Non aver già svolto il servizio civile nazionale (anche se hai svolto servizio civile in misura alternativa alla leva come obiettore di coscienza o se hai svolto il servizio militare, puoi accedere al bando).

Come scegliere? Dovrai leggere attentamente tutti i progetti a bando, sceglierne uno solo, e presentare la candidatura direttamente all'ente che propone il progetto che hai scelto e solo a quello, pena l'esclusione. Sarai poi chiamata/o a un colloquio di selezione e inserita/o in graduatoria pubblica. Se risulterai idonea/o selezionata/o svolgerai l'anno di servizio civile, che prevede un periodo di formazione.

Numero Verde:

800 91 35 96

Per partecipare ad un progetto di servizio civile con l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, puoi: 

consultare il sito www.odcpace.org;

chiamarci al numero verde 800.913.596;

partecipare alla campagna “Porte aperte al servizio civile”: puoi fare un’esperienza di tre giorni nelle strutture dell’Associazione distribuite sul territorio nazionale;

partecipare alle giornate di orientamento per il servizio civile estero (Caschi Bianchi).

CONTATTACI 0541/972477 - odcpace@apg23.org

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Il virus dell’educazione razzista DI NURIT PELED-ELHANAN Vorrei dedicare queste parole a tutti i ra- generali e la rabbia è uno strumento politigazzi e ragazze palestinesi, e a tutti i ragaz- co. Vivendo sui due lati, quello delle vittime zi e ragazze libanesi, e a tutti i ragazzi e e quello degli assassini, mi sto domandanragazze iracheni e afgani che sono stati do quali sono i mezzi con cui bravi bambini uccisi dall’infezione della mente dei militari israeliani vengono trasformati in mostri israeliani e americani, prima di raggiungere omicidi, quali sono i mezzi con cui le loro la mia piccola figlia nel regno sotterraneo menti sono così infette da uccidere e tortudei bimbi morti, che sta crescendo sotto i rare e umiliare altri bambini, i loro genitori nostri piedi, proprio nel momento in cui e nonni, sacrificando le loro proprie vite scrivo. Vorrei dir loro di non aver paura : “Là sarete ben accolti, bambini, e nessuno

per nulla se non la follia e la megalomania dei loro capi.

vi farà del male solo perché vi allontanate Nel cosiddetto mondo illuminato occidenda casa per andare verso la scuola o per- tale ognuno si sente a suo agio quando si ché avevate un velo sulla vostra testa, o incolpa l’Islam per gli attacchi suicidi e il perché vivevate in un certo posto. Riposate terrore. Ma chi incolperebbe mai l’ebraiin pace, ognuno di voi ha lo stesso valore smo o la Cristianità per i massicci omicidi nel vostro nuovo mondo. Questo è il mon- di bambini palestinesi, iracheni e afgani ? E do in cui i bambini israeliani stanno fianco tuttavia , sono coloro che appartengono a fianco con i bambini palestinesi. Loro alle culture ebraica e cristiana che sostenstanno là, vittime e assassini, il cui sangue è gono i crimini contro l’umanità americani, stato a lungo assorbito dalla terra santa britannici, e israeliani, e in particolare conche è sempre stata indifferente al sangue. tro i musulmani in tutto il mondo, Loro riposano là, vittime dell’ inganno. Tutti voi, bimbi deceduti siete stati ingannati, perché la vostra morte non è servita assolutamente a nulla e il mondo va avanti

che

Nurit Peled, israeliana, è docente di "linguaggio ed educazione" presso la Hebrew University di Gerusalemme, è anche scrittrice, traduttrice, e madre di Smadar, che fu uccisa il 4 settembre 1997 all’età di 13 anni in un attacco suicida a Gerusalemme. Nel 2001 ha ricevuto dal Parlamento europeo il Premio Sakharov per i diritti umani. Ha più volte accompagnato e sostenuto le attivit{ del Progetto Go’El in Israele e Palestina.

mandano i loro figli a combattere queste inutili, guerre crudeli nel nome della democrazia e libertà, che sono pseudonimi per la cupidigia e la megalomania.

paura dell’Islam (…), ha paura di ragazzine con il velo in testa. I politici ed educatori

ebrei israeliani etichettano nei discorsi vivendo come se il vostro sangue non E scusano se stessi con qualche scontro pubblici e sui libri di scuola i cittadini arabi fosse mai stato versato. Perché i leaders immaginario di civilizzazione. di Israele come un incubo demografico e del mondo continuano a giocare i loro giochi criminali, usandovi come un loro gioco e usando la nostra rabbia come benzina per le loro macchine da guerra.

Né l’Ebraismo, né l’ Islam né altre religioni per quel motivo è la causa degli assassini e morte. La causa è l’educazione razzista. (…)

un nemico dall’interno. Come per i rifugiati palestinesi che vivono come uomini primitivi sotto l’occupazione, che sono definiti

nei libri scolastici israeliani di storia come Perché i bambini sono entità astratte per i Il mondo occidentale oggi è infetto dalla “un problema da risolvere”. Non molto tempo fa noi ebrei eravamo un problema da risolvere. Cosa offre come soluzione questo mondo colpito dalla paura, ai palestinesi, iracheni o afgani che sono molestati, abusati, torturati e affamati dai raid e dallo sfruttamento occidentale ? L’ offerta generica che gli da questo mondo sfavillante è :” Siate come noi”. Costituite una democrazia come la nostra, abbracciate i nostri valori che vi disprezzano, che considerano voi come inferiori molto primitivi e come tali siano o soggiogati o scacciati via. Questa, è l’abitudine che permette ai soldati americani di rapire, torturare, e uccidere a migliaia, uomini, donne e bambini musulmani.

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Che permette ai soldati israeliani di ordina- sono infettate dai genitori, insegnanti, e E quando loro perdono un figlio, anche se re alle donne palestinesi di spogliarsi da- leaders, che li convincono che gli altri non di 1 o di 12 anni, il sul dolore è uguale al vanti ai loro figli “per ragioni di sicurezza”, sono umani come siamo noi, e quindi ucci- mio. L’unica differenza fra noi è che loro, ai carcerieri di mantenerle in condizioni derli non è realmente “uccidere”.

oltre a perdere i loro bambini, perdono

inumane, senza le necessarie condizioni

anche le loro case e i loro mezzi di sussi-

igieniche contro l’aids, senza acqua pulita o materassi puliti e di separarle dai loro figli allattati al seno e ai primi passi di vita. Questo è ciò che permette al governo israeliano, senza alcuna obiezione da parte della popolazione israeliana, di bloccare l’ accesso all’ educazione di giovani palestinesi, di confiscare le loro terre, di distrug-

Perché questo “uccidere” è legittimato con altri nomi come “pulizia”, “purificazione”, “punizione”,

“operazione”,

missione”,

“campagna”, e “guerra”. Anche se qui parlo di giovani

israeliani,

questo non è certamente solo un affare israeliano perché, come si sa, questa epidemia è dappertutto.

stenza e il loro futuro, perché il mondo non ascolta le loro sofferenze e non punisce i loro uccisori. Il loro onore come donne e madri è frantumato. La loro identità è distrutta e il loro grido non è ascoltato in nessuna aula di tribunale. La loro fede e le abitudini, i loro

modi di vivere centenari, sono ignorati e gere le loro risorse idriche, di sradicare i Mio nipote Doroni, di 7 anni, che vive negli disprezzati. loro alberi, e di impedirgli di lavorare le Usa, il giorno di Halloween venne e disse Nello Yom Kippur, il giorno più sacro per che voleva esser un soldato, e poi andare loro terre. gli Ebrei, viene richiesto alla gente di doin Irak e salvare l’America. Questo è ciò che permette ai piloti israeliamandare perdono. Di cercare ed essere ni di lanciare centinaia di bombe di una Quanti giovani americani, che, come lui, perdonati. tonnellata al giorno sull’ area più popolata non conoscono l’assurdità di questo stato Vorrei citare una strofa di un poema scritto di cose, sono andati in Irak e sono morti là del mondo, la Striscia di Gaza. da Hanoch Levin, uno dei più grandi dramsenza sapere perchè, ma con le parole Questo è ciò che permette al Governo maturghi, nel 1970 : “salvare l’America” sulle loro labbra ? israeliano di promulgare leggi razziste che Caro Padre quando sarai sulla mia tomba negano la libertà di movimento, di parola, La domanda è: “come sono stati impressi Vecchio e stanco e molto solo, e di separare le madri dai padre e dai figli.

Alcune fra le cause della crudele indifferenza della popolazione israeliana al conflitto palestinese sono che , proprio come quelli americani, i soldati israeliani non possono mai vedere un volto arabo finché

questi falsi valori nelle loro menti e come E vedrai come mi hanno seppellito nella possono essere cancellati ?” (…). I virus terra, della mente sono solo parzialmente inde- Chiedimi di perdonare te mio Padre. boliti da gruppi di giovani che rifiutano di

andare a combattere come in Israele i Noi tutti dobbiamo chiedere il perdono ai nostri bambini perché non stiamo più 'Combatants for Peace.

all’erta, perché non combattiamo in modo gli israeliani non vengono richiamati alle Ma molti dei nostri bambini infettati non abbastanza tenace per mantenere le nostre saranno liberi dalla presa di quei virus fin- promesse di un mondo migliore, perché armi. ché essi non trovano il loro riposo finale non rifiutiamo in anticipo i virus maligni. Ai bambini israeliani viene impedito di nel regno sotterraneo che cresce continuaconoscere i palestinesi a loro così vicini, e E perché lasciamo che i nostri bambini mente dei bimbi morti. (…) idem la loro storia, la loro cultura e i loro siano le vittime della orribile infezione pregi. Essi imparano per 12 lunghi anni a E’ un compito terribile e difficile, per coloro mentale di cui noi tutti stiamo soffrendo, scuola, che il popolo palestinese è primiti- che sono stati educati in Israele o Usa o in nel guardare ai loro volti innocenti, stupiti, altro paese “occidentale”, e disillusi, e chiedere a noi stessi con la vo e di parte, che manda i suoi bambini ogni nelle strade a lanciare le pietre ai nostri “democratico”, ammettere che noi siamo poetessa russa Ana Akhmatova, la quale ha militari “in missione di peace-keeping”, e cresciuti su falsi valori razzisti, sulla eterofo- anch’essa perso suo figlio a causa di un che, visto che non hanno la nostra istruzio- bia (ovvero la generica avversione per regime oppressivo e crudele : “Perché quel ne, sono maleducati, conniventi e sporchi. tutto ciò che è ritenuto diverso da sé n.d.r.,) rivolo di sangue lacera il petalo della loro (…)

I bambini israeliani sono educati a vedere i loro vicini come intrusi, manodopera straniera e pericolosi infiltrati. (…) Altrimenti come ci si può spiegare che, giovani che sono stati educati ad “amare i loro nemici come se stessi”, uccidono i loro vicini, distruggono le loro biblioteche e i loro ospedali, per il solo unico ed apparente motivo che questi sono i loro vicini ? L’unica spiegazione è che le loro menti

ammettere che le donne palestinesi, irake- guancia ?” . ne e afgane sono madri quanto me.

Lavoratori palestinesi in fila al checkpoint di Betlemme x andare a lavorare in Israele .

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La lotta per la liberazione e l’indipendenza del popolo palestinese INTERVISTA A

NASSAR IBRAHIM

A dieci anni dall’11 settembre, il Medio Oriente continua ad essere al centro dell’attenzione del mondo. Dopo l’attacco alle Torri Gemelle nel 2001, la regione è stata additata come culla del terrorismo islamico, brodo di coltura di ideologie estremiste antioccidentali. E il fulcro dell’instabilità del Medio Oriente è da decenni rappresentato dal conflitto arabo-israeliano. La Palestina, popolo senza Stato, ha così finito per essere risucchiata nel vortice della guerra al terrore. Una guerra utilizzata per piegare la schiena della resistenza popolare palestinese e per inasprire le restrizioni contro Cisgiordania e Striscia di Gaza.

In che modo l’11 settembre ha avuto effetti, se ne ha avuti, sul conflitto tra Israele e Palestina? L’11 settembre è arrivato esattamente un anno dopo lo scoppio della Seconda Intifada in Palestina. La seconda grande sollevazione del popolo palestinese è esplosa alla fine di agosto del 2000, come naturale frutto del fallimento del processo di pace avviato con gli accordi di Camp David e gli accordi di Oslo firmati nel 1993. Un processo di pace che è sempre stato definito negoziato, quando in realtà è stato una resa da parte dell’allora leadership palestinese: con Oslo la Cisgiordania è stata divisa in tre aree ed è finita sotto il controllo civile e militare israeliano. L’effetto del processo di pace è stato l’inasprimento dell’occupazione israeliana della Palestina. Il netto peggioramento delle condizioni di vita del popolo palestinese a partire dal 1993, l’espansione selvaggia delle colonie israeliane e le maggiori restrizioni al movimento hanno provocato l’esplosione della Seconda Intifada. Come successe per la Prima, inizialmente anche la Seconda Intifada ha avuto caratteristiche nonviolente: nel primo anno i palestinesi hanno espresso la loro rabbia con manifestazioni pacifiche e il simbolico lancio di sassi contro i soldati israeliani. Ma poi è arrivato l’11 settembre: Israele ha deliberatamente utilizzato quell’evento per reprimere con la violenza una rivolta

Donne palestinesi assistono alla demolizione della propria casa

Israele ha quindi utilizzato a fini politici il terribile evento di dieci anni fa? È successo esattamente questo: Israele ha approfittato dell’opportunità datagli dall’11 settembre e dall’avvio della guerra al terrore da

GO’EL

movimenti estremisti in Palestina, movimenti che in questo modo hanno rafforzato la loro presenza sul terreno: ne è un chiaro esempio la vittoria di Hamas alle elezioni politiche del 2006.

parte del presidente americano Bush per di- Ciò significa che la vita quotidiana dei palestruggere la resistenza palestinese. Tel Aviv ha stinesi è cambiata? capito che poteva inserirsi nella compagine dei Dopo il lancio della guerra al terrore, è decisavolenterosi, di quegli Stati pronti a scendere in mente peggiorata. Dopo l’11 settembre e la campo contro il terrorismo globale, per mo- trasformazione della Seconda Intifada da lotta strare al mondo che la Seconda Intifada altro nonviolenta popolare a lotta violenta di una non era che un’altra faccia dello stesso terrore.

minoranza, Israele ha preso misure dirette a

Israele ha definito se stesso un combattente piegare la resistenza del popolo palestinese. È per la democrazia e ha così deliberatamente cominciata la costruzione del Muro di Separatrasformato l’11 settembre in un’opportunità zione, i residenti in Cisgiordania sono stati politica al fine di imporre il proprio processo di isolati, sono stati creati i checkpoint al fine di pace ai palestinesi. L’esercito israeliano ha da non permettere più ai palestinesi di raggiungeallora avuto le mani libere: è in quel momento re Israele, sono aumentate le misure di restriche, a causa della violenta repressione della zione al movimento, si sono moltiplicati i raid Seconda Intifada (con la distruzione dei campi militari, gli arresti indiscriminati e le demolizioni profughi, i raid indiscriminati nelle città della di case. E se Israele ha spacciato tali iniziative Cisgiordania, l’assedio alla Basilica della Nativi- come necessarie alla sicurezza, tutto ciò ha tà), lo stesso movimento di resistenza si è fatto chiaramente un obiettivo politico ed economiviolento. La grande differenza tra la Prima e la co: l’annessione di terre palestinesi per l’espanSeconda Intifada sta proprio in questo: la prima sione delle colonie israeliane in Cisgiordania e fu un movimento nonviolento e popolare per l’annessione allo Stato di Israele. Un fine visibile l’intera sua durata; la seconda è stata presa in nel percorso che il Muro compie: non si tratta mano da gruppi islamici minoritari che hanno di una barriera che corre lungo il confine tra cominciato a rispondere con la violenza alla Israele e Cisgiordania, ma di una barriera che repressione dell’esercito israeliano. È stato, cioè, lo stesso Israele a fornire linfa ai

pacifica. PROGETTO

a cura di Chiara Cruciati e Anna Clementi, volontarie in servizio civile - Comunità Papa Giovanni XXIII in Israele e Palestina

entra in terra palestinese, annettendo le colonie e confiscando terreni.


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In che modo la guerra al terrore ha modificato l’equilibrio dei poteri in Medio Oriente? Gli Stati Uniti hanno utilizzato la guerra la terrore come strumento per rafforzare la loro egemonia nella regione. Il principale target americano è stato negli anni quello di promuovere la propria politica e i propri interessi, egemonizzando il Medio Oriente, invece di combattere il terrorismo sul terreno. Tanto che i movimenti estremisti islamici si sono rafforzati e hanno trovato nuovi adepti. Qual è stato il ruolo rivestito dagli Stati Uniti nella politica israeliana post 11 settembre? È stato un ruolo centrale. Il conflitto israelo-palestinese è stato integrato nella strategia di controllo del Medio Oriente di cui parlavamo prima. Gli Stati Uniti hanno usato la propria influenza sui Paesi arabi alleati perché tagliassero i ponti con la resistenza palestinese, da decenni al centro dell’attenzione dell’intero mondo arabo. Washington ha così potuto coprire le azioni israeliane e lasciare a Tel Aviv mano libera nella repres-

Nassar Ibrahim, è attivista, scrittore e analista politico palestinese, nonché direttore dell’Alternative Information Center, organizzazione mista israelo-palestinese che dal 1984 opera nei Territori Occupati e in Israele per porre fine dell’occupazione militare. Il Progetto Go’El collabora con l’Alternative Information Center dal 2002.

www.alternativenews.org/italiano

sione violenta della resistenza palestinese. Il mondo ha giustificato le violenze dell’esercito israeliano come necessarie nel quadro della più globale guerra al terrorismo, travisando volontariamente la lotta palestinese e i suoi obiettivi. Che sono esclusivamente la liberazione e l’indipendenza del popolo di Palestina.

È una proposta formativa rivolta ai Giovani tra i 18 e 28 anni. Il progetto prevede l’inserimento in specifici progetti di intervento realizzati all’estero in situazioni di conflitto armato o di violenza strutturale per vivere i seguenti aspetti:  Costruzione della pace  Educazione ai valori della rimozione delle cause dell’ingiustizia e dell’obiezione di coscienza.  Produzione d’informazione dal basso e testimonianza.  Sperimentazione d’iniziative di prevenzione, mediazione, trasformazione dei conflitti e riconciliazione.  Stretto contatto con la popolazione civile con uno stile di vita sobrio e nel massimo rispetto della cultura locale.  Condivisione, per quanto possibile, della realtà delle persone maggiormente svantaggiate.

Maggiori informazioni riguardo al bando del progetto e sui paesi coinvolti li troverai sul sito: www.odcpace.org Contatti: caschibianchi@apg23.org

Numero Verde:

800 91 35 96

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L’altro 11 di Settembre: CON LA RAGIONE O CON LA FORZA?...CON LA FORZA DELLA RAGIONE!* *Nell’emblema nazionale del Cile si legge la frase: “Con la ragione o la forza” .

DI

GABRIEL MUNOZ

No. Questa era la parola che era necessario pronunciare. Con forza e dato convocando le elezioni democratiche per il nuovo presidente del Cile. La vittoria di Patricio Aylwin sei mesi dopo, il candidato di una coaconvinzione: No! lizione di partiti di centro-sinistra, rappresentava un altro passo verso lo Il Cile intravedeva in questa parola la possibilità di svegliarsi da un incu- ristabilimento di una democrazia tanto sperata e sognata dagli adulti, bo da 17 anni. Un incubo iniziato nel 1973, in quello che oggi risulta quanto sconosciuta da noi, i figli della dittatura. essere ironicamente “l’altro 11 di settembre”. Avevo 12 anni quando dopo 17 lunghi anni il dittatore Augusto Pinochet dava la possibilità al popolo cileno di esprimersi rispetto alla continuità del suo governo attraverso un plebiscito, convinto che questa decisione lo avrebbe aiutato a prolungare il suo mandato. Secondo la cronaca politica, per Pinochet era ovvia e sicura la risposta positiva del suo popolo che avrebbe riconosciuto attraverso il voto il suo “amore per la patria” e “l’eroismo” con il quale aveva vinto il comunismo sovietico.

Gabiriel Munoz, psicologo, cileno. Membro dell’ass. Comunità Papa Giovanni XXIII .

La politica si incrociava per la prima volta con la linea della mia vita e dopo tanto tempo, le conversazioni tra la gente, gli incontri casuali, i programmi radiofonici, si popolavano di vita civile, di partecipazione, di opinioni. Io ascoltavo con attenzione, lasciando da parte i giochi dell’infanzia, preoccupato per il futuro di un Paese che iniziavo a conoscere e l’idea di oppormi a un dittatore con un semplice monosillabo cominciava ad entusiasmarmi enormemente: NO!NO! Lo ripetevo. No, no, no! lo cantavo.

Era l’unica parola che popolava ogni conversazione degli adulti e non ricordo di aver Dal 2009 al servizio conosciuto nella mia famiglia, nel vicinato o obiezione pace . tra il gruppo degli amici dei miei genitori qualcuno che difendesse l’idea contraria. Il “No” sembrava essere l’unica opzione possibile e dalla mia infanzia il “No” acquisiva un grande valore simbolico di cambiamento e speranza, mi sembrava un cambiamento d’epoca, qualcosa come quello che rappresentava il “Secolo XXI” nell’immaginario di chi era cresciuto vedendo

1988: No. Fino a vincere!

QUALE DEMOCRAZIA? Il Cile si presentava negli anni ’90 con delle forti carenze. I livelli di povertà e i bisogni della gente erano visibili a tutti. La disuguaglianza sociale era evidente e il fatto di emergere da una situazione sfavorevole era una più una questione di fortuna che non d’impegno. Le parole giustizia, uguaglianza, cultura, dignità, diritti umani erano di nuovo parte del linguaggio popolare. Le iniziative sociali cominciavano ad occupare parchi e piazze e il vento di un grande cambiamento soffiava nella direzione del nostro futuro rinfrescando i nostri desideri di una società più giusta. Assieme ad una gruppo di giovani del quartiere organizzavamo attività ricreative e culturali per i bambini, issando la bandiera dei diritti per l’infanzia. Questa era la nostra forma di partecipare.

In questo contesto i nostri governanti ci proposero le loro idee e noi ci credemmo: educazione per tutti, salute per tutti, sviluppo, crescita, occupazione. Tutte queste proposte ci sembravano coerenti con la nostra “Ritorno al futuro”, “Guerre stellari” o “Terminator”. idea di democrazia e provenivano da rappresentanti di centro-sinistra Allo stesso modo ricordo che la speranza riservava una buona dose di con un passato di attivismo contro la dittatura di Pinochet. Perché non paura: Pinochet non avrebbe accettato facilmente una sconfitta e il po- crederci? polo lo sapeva bene. Ogni affermazione aveva in sé questo dubbio che Educazione per tutti, salute per tutti, sviluppo, occupazione…Il Cile si si sarebbe risolto solo all’ultimo momento: il 5 di ottobre del 1988. trasformò rapidamente nel “giaguaro” dell’America Latina. I governanti Nonostante questo le persone non si lasciarono sottomettere dalla pau- mantenevano le loro promesse. Indici di sviluppo al di sopra della mera di una probabile repressione che per tanti anni aveva caratterizzato la dia, indici di alfabetizzazione elevatissimi, disoccupazione in costante relazione con lo Stato; il “No” si trasformava in un sentimento popolare diminuzione, salute e pensioni garantite. e il plebiscito, si convertiva nell’arma più potente ed efficace per rivendicare la Storia, mentre Pinochet si dimenticava che 20 anni prima il Per chi come me aveva la “fortuna” di avere una famiglia stabile, con la presidente Allende aveva conquistato il palazzo del governo attraverso presenza di un padre lavoratore disposto a sacrificarsi, questi dati risultavano essere reali. Il costo? Un indebitamento senza limiti. Una società lo stesso metodo: la votazione popolare. in debito. Fu una vera festa, la gente per le strade festeggiava con un’allegria e un entusiasmo che almeno io, nato durante la dittatura, non avevo mai Tutto quello che i politici ci offrivano era vero, nonostante il cammino visto prima. Il “No” vinceva e Pinochet annunciava la fine del suo man- attraverso il quale volevano raggiungere i loro obiettivi fosse diverso dal

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nostro. Mentre noi intendevamo costruire un concetto di democrazia basato sull’idea di uguaglianza di opportunità, nella partecipazione popolare, nella rivendicazione dei diritti fondamentali dell’uomo e della donna, loro sostenevano e promulgavano leggi per garantire che il mercato fosse al centro della nostra vita. Per noi la questione era molto semplice: chi può pagare paga, chi non può deve essere sostenuto da tutta la società. I tuoi bisogni sono anche i miei e lo Stato deve promuovere il benessere sociale di tutti e di ciascun suo membro dando la priorità agli aspetti basilari come la salute e l’educazione. Nonostante questo, per i nostri governanti la questione era diversa: tutti pagano allo stesso modo, chi non può pagare subito lo può fare dopo, nel frattempo qualche privato presta i soldi necessari aspettando di ricevere dopo un determinato tempo la stessa somma però includendo “modesti” interessi. Lo stesso meccanismo vale anche per le infrastrutture del Paese. Autostrade? Ospedali? Trasporto pubblico? Energia? La Prendiamo l’esempio della mia facoltà di psicologia dell’Università di risposta: privatizzazione. In altre parole i bisogni minimi del nostro po- Santiago: polo si convertirono in un prodotto di mercato offerto al miglior acquirente.

Durata del corso di laurea: 6 anni

Un esempio: l’educazione

Retta annuale: 2.065.870 pesos (Circa €3.200)

Una dimostrazione lampante di questa concezione di società che si è instaurato in Cile fino ad oggi è senza dubbio l’educazione. Mi soffermo su alcuni dati interessanti che aiutano a capire l’origine delle proteste popolari che si stanno producendo in Cile da più di quattro mesi e che coinvolgono non solo gli studenti ma anche tutta la società (Approfon-

Pagato dallo studente a fine corso di studi: 12.395.220 (circa €19.000)

Se lo studente ottiene il “prestito con avallo dello Stato”, dovrà

dimento): pagare: 28.548.149 pesos. (circa €44.000)

- l Cile è stato l’anno scorso il primo paese sudamericano ad entrare nell’ OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico). Ecco alcuni dati verificati da questo ente: lo Stato cileno investe solo lo 0,3% del PIL per l’educazione universitaria; l’80% dei costi del percorso formativo viene sostenuto dalle famiglie. Mentre nella media OCSE gli Stati concentrano la spesa per l'88,4% al sistema pubblico e l'8,7% a

L’educazione ha cessato di essere un meccanismo di mobilità sociale in Cile e si è trasformato in un sistema di riproduzione di disuguaglianza. Disuguaglianza che si respira nell’aria inquinata di Santiago, nelle strade del centro delle città e nei piccoli sentieri sterrati di provincia, nei villaggi dei pescatori, nelle miniere del deserto, nei vigneti, nelle fattorie, nelle fabbriche: il 10% delle famiglie più ricche hanno un reddito pro capite quello privato, in Cile le percentuali sono del 59,7% e del 40,1%. 78 volte superiore al 10% di quelle più povere; le 7 famiglie più ricche - Questi scarsi finanziamenti hanno provocato l’innalzamento verticale del Paese hanno insieme un patrimonio di 75.000 milioni di dollari, tre delle rette da parte delle università, che superano i 3 milioni di pesos volte il PIL della Bolivia. l’anno (5.360 euro), costringendo gli studenti in molti casi ad contrarre un prestito per poter studiare, sia con lo Stato (sistema del “Credito I nostri governanti hanno portato avanti un altro modello di società, non Solidario”) o con una banca privata (“Credito con l’avallo dello Stato”), quello che sogniamo e nel quale crediamo di avere il diritto. Sono più di oltre a cercare di accedere alle borse di studio che non coprono in ogni 100 anni che il popolo cileno insiste e alza la voce contro il dominio caso la totalità dei costi, ma solo una parte. Quindi bisogna sborsare una oppressivo del mercato. Non è una questione del momento né una gran quantità di denaro, fino ad arrivare a pagare il doppio del valore questione emotiva. Un’altra volta ancora ci siamo trovati a dire di NO! Lo hanno raccontato al mondo in tanti: Neruda attraverso la sua poesia, per il l’intero corso di studi. Isabel Allende e Luis Sepulveda nei loro romanzi, Inti-Illimani nelle loro canzoni… Il popolo cileno è stato coerente e per decenni ha insistito e appoggiato chi avesse offerto ideali di uguaglianza e giustizia. Ancora una volta ci abbiamo creduto e ancora una volta ci hanno tradito. Non c’è dubbio che il movimento studentesco che in questi giorni scuote la società cilena e fa tremare la credibilità del Governo, non è altro che una dimostrazione della stanchezza del popolo cileno. Uno schiaffo alla classe politica di sinistra, di destra, di centro che sostiene come unica via di sviluppo la crescita economica senza considerare i bisogni dei più poveri, degli esclusi. E’ in questo contesto che oggi gli studenti cileni hanno deciso di manifestare con tutte le loro forze e la loro creatività un malessere che si estende a tutta la società. A nessun cileno è stato indifferente ciò che è successo negli ultimi quattro mesi.


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Gli studenti stanno proponendo delle proteste alternative rispetto ai soliti cortei. Diverse e colorite manifestazioni come la danza, l’arte, il canto, il teatro, “flashmobs”, ecc. hanno fatto si che la cittadinanza ponesse attenzione ad un movimento che cresce ogni giorno di più.

Questi giovani ci dimostrano che è possibile, che l’allegria democratica che è rimasta in sospeso l’11 settembre del 1973, mascherata negli anni ’90 e tradita completamente nell’XXI secolo, può abbracciare e accogliere le nostre idee rivoluzionarie di un Paese per tutti.

(Approfondimento)

Forse questi giovani, senza rendersene conto, sono il preludio di qualcoPuò essere questa l’occasione per rivendicare quei diritti tante volte sa di più grande. negati e il movimento studentesco cileno la forma più trasparente per farlo?

Io lo spero.

Quattro mesi di continue manifestazioni e 80 mila alunni disposti a perdere l’anno scolastico mi spingono a crederci di nuovo. Anche perché non è un movimento che cerca di rappresentare solo se stesso. Non cerca più soldi, o più borse di studio, o più prestiti. E’ un movimento che trascende e lotta per le future generazioni attraverso un principio che si riduce a una semplice e allo stesso tempo profonda richiesta: no al lucro nell’educazione. Questi studenti manifestano con grande lucidità concetti basici per la costruzione di una società più giusta. Questi giovani non credono nel capitalismo o nel socialismo. Meno ancora nel comunismo o nel fascismo. Questi giovani accendono le nostre aspirazioni di partecipazione, di vera democrazia, di un’etica sociale che va oltre noi stessi. Questi giovani vanno nella direzione dei più poveri, dei più bisognosi, riconoscendo in loro la chiave per costruire una società sviluppata. Questi giovani si manifestano attraverso la loro creatività, attraverso la scelta di azioni nonviolente che superano gli atti vandalici che purtroppo hanno accompagnato in alcuni momenti il movimento e la repressione violenta della polizia politica sostenuta in modo codardo dal Governo.

  

E’ un progetto di servizio civile che si svolgerà in Albania sul tema delle “Vendette di sangue”. Si lavorerà in stretta collaborazione con gli enti della Rete Caschi Bianchi, su 3 ambiti: Promuovere percorsi di riconciliazione fra famiglie in vendetta Approfondire la conoscenza del fenomeno e studiare l’intervento che realizzeremo per favorirne una modellizzazione ed un conseguente contributo alla cultura ed alle modalità di intervento civile e nonviolento in situazioni di conflitto. Sensibilizzare ed informare società civile ed istituzioni su questo conflitto ed il contributo che la società civile può dare per la sua trasformazione.

Informazioni sul sito:

www.serviziocivile.it www.odcpace.org www.antennedipace.org PROGETTO

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In cammino con il Cristo degli Oppressi DI FRANCESCA

CIARALLO

“Liberare chi? Io dovrei liberare qualcuno? Ma Così pensammo a un viaggio. siamo matti. Il progetto Go’El, nato qualche anno prima da Io voglio solo tornare a casa. Nella mia bella e un intuizione profetica di don Oreste, era già comoda casa, nel mio letto dalle lenzuola puli- “operativo” in Turchia e nel Kurdistan turco, te che sanno di bucato. Al sicuro, ecco, al sicu- dove sosteneva le azioni di disobbedienza dei ro. Ho una famiglia, amici, ho tanto… ma che militari turchi impegnati nelle azioni contro i Kurdi. Proprio grazie al GoEl era stato tradotto diavolo faccio qui?”. in italiano il libro di una giornalista turca che raccoglieva le testimonianze di alcuni giovani che avevano prestato servizio militare in Kurdistan. Un libro che le istituzioni turche avevano addirittura ritirato dal commercio, perché scomodo. Nello stile del Go’El, appunto. Di un progetto senza tante pretese, che umilmente e con piccoli gesti di condivisione vuole stare vicino a chi soffre e chi vede quotidianamente violati i propri diritti. Perché già lo stare vicino, fare sentire alle persone che non sono sole nella lotta è un passo fondamentale. Per la A Ramallah quel giorno piovevano le bombe. nostra vocazione è “mettere la propria spalla Piovevano, nel vero senso della parola. E io sotto la croce del fratello”. Proprio questo, cercavo – assurdamente – rifugio sotto un concretamente, anche quando ti costa una albero. Anche quando le mie gambe erano gran fatica e non vorresti farlo e anche quando paralizzate dalla paura… quella paura così – al contrario – hai la tentazione di prendere cieca, sorda e allo stesso tempo assordante, quella croce in modo solo apparente, e lo fai quel terrore così… mah! Come si può definire per te, per il tuo eroismo, per sentirti grande. il terrore? Tremi, e vuoi solo che questa cosa Sono questi i momenti in cui il Go’el deve esorribile finisca, il prima possibile, e poi pensi sere ancora più forte, perché dobbiamo liberache domani ti sveglierai e tutto questo sarà re per primi noi stessi dalla schiavitù del protapassato e sarai di nuovo viva e il respiro rego- gonismo, del possesso, dell’ego gigante che lare.

abbiamo dentro.

Perché questa violenza è un qualcosa di asso- Sono tornata molte volte con la memoria a lutamente sconosciuto e un qualcosa di asso- quel giorno a Ramallah… E’ passato tanto temlutamente immondo. E ancora io qui che ci sto po, alcune cose sono cambiate. Il conflitto israelo palestinese sembra sempre senza solua fare? zione. Da quella prima volta ho fatto altre missioni in Terrasanta. Le parole sono inadeguate A liberare? per ringraziare i miei compagni di viaggio: Il Go’El, colui che cammina al fianco dell’op- Giovanni Gianvito e Daniele, con i quali ho presso e lo sostiene nel cammino di liberazio- condiviso un sogno ma non solo. Anche tanti ne. Io non sostengo me stessa… come faccio a piccoli e immensi dolori, e in mezzo a tanta sostenere qualcun altro?

sofferenza delle piccole e impalpabili gioie.

Questi erano i miei pensieri. Era un giorno di marzo del 2002. La prima missione del progetto Go’El in Israele e nei Territori palestinesi occupati. Nel settembre precedente l’attentato alle torri gemelle, e la risposta immediata, la “guerra al terrorismo”. E anche noi avevamo bisogno di dare una nostra risposta a quel terribile clima di guerra e morte, cercare di dare il nostro piccolo contributo, una testimonianza che interrompesse la folle logica della reazione a catena della violenza. Così pensammo al Medio Oriente. Un conflitto senza apparente soluzione che durava da più di 60 anni.

Ci sono situazioni, ma soprattutto persone, di fronte alle quale percepisci un senso di tale dignità, che ti senti piccolo, e hai voglia di chiedere al Signore come mai a te quella stessa grandezza d’animo non sia data. Ho incontrato mamme – israeliane e palestinesi – che hanno scelto di dare un senso alla morte dei propri figli unendosi per impedire altre morti. Mamme come Nurit, che ogni volta che la penso mi fa piangere per la commozione. Non parla mai della sua piccola Smadare morta a Gerusalemme a 17 anni mentre stava andando

a scuola, in un attentato palestinese. Quando venne a trovarci a Rimini ci chiese di farle fare dai ragazzi disabili del Biancospino un’icona con la foto di Smadare dai lunghi capelli biondi. Oppure Sergio, che ogni anno puntualmente finiva in carcere per un mese perché si rifiutava di fare il militare per il suo paese – Israele – convinto che non è con la violenza che si può servire la patria. E il sorriso di Coleen – ameri-

Francesca Ciarallo si occupa di informazione e comunicazione presso la Comunità Papa Giovanni XXIII di cui è membro. Sposata, e mamma di Emmanuele, è stata una delle anime e protagonista delle iniziative che il Progetto Go’El ha realizzato dal 2002 al 2009. Particolarmente legata al popolo palestinese, con il progetto Go'El ha pubblicato un libro dal titolo “Un Tè a Ramallah” (ed. Berti).


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cana – che ha perso il fratello in quell’11 settembre e con altri familiari delle vittime ha fondato l’associazione Peaceful Tomorrow. O, ancora, Husam, palestinese, che continua imperterrito a combattere la totale assenza di speranza dei bambini della Striscia di Gaza, e a credere che nonostante tutto l’unica strada sia la nonviolenza. Questo è per me IL Go’El. L’incontro con questi volti, queste voci, queste storie, questi dolori, questa forza. Un incontro impagabile.

libera e, proprio perché libera è impossibile dirle di no. Cristo è libero, libero da interessi, da scopi, da secondi fini, da interessi partitici di breve portata, è totalmente libero… Se dicesse di no non sarebbe più libero perché Egli è l’amore puro e pieno. A questa profondità si risolve la nostra esistenza.” Così scriveva il don e questo è il Go’El, il divorarsi per una causa, il non chiudere gli occhi davanti all’ingiustizia, perché quando hai visto non riesci a fare finta di non sapere. Grazie don per questa tua profezia, e sostienici oggi per darci il coraggio di non spegnerla mai, Anche a costo di rimanere solo una voce che grida nel deserto.

Don Oreste Benzi

Solo la condivisione con le vittime è in grado di farci nascere dentro la sete, l’urgenza di giustizia, Solo vivendo con le vittime e mettendoci in ascolto vero della loro voce è possibile rimuovere le cause. Il resto sono chiacchiere. Questo è il semplice e meraviglioso insegnamento che il Go’El mi ha dato. L’amore per gli altri deve

do di essere del nuovo popolo di Dio che è venuto. E’ in questa profondità che si risolvono i problemi: non sono una serie di problemi che risolvono la vita ma è questa profondità dell’essere che risolve i vari problemi della vita. Anche la vita da poveri se non nascesse da questa passione profonda che prende tutto l’essere sarebbe, forse, come una specie di tattica da applicare in un determinato momento. Questa passione è frutto di una libera scelta “io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo” (Gv 10, 17), e proprio perché è una libera scelta è impossibile che Cristo dica di no a questa scelta, perché la vede nella sua interiorità profonda, nella sua pienezza, nella sua conquista totale dell’essere suo. E’ una scelta

essere concreto. E il pensiero non può che andare a don Oreste. “È la concretezza: questo amore è sempre per qualcuno. Non è un amore astratto, teoretico ma concreto e che si rivolge sempre a qualcuno; qualcuno di esistente, di fisico, che si trova in un determinata situazione; quel qualcuno in fondo è il motore che smuove la passioneamore, quindi è un legame. Qui è la grandiosità della persona di Cristo, che non è un insieme di azioni ma è una proiezione avvolgente e completa di tutto l’essere, di un amore che è interno al soggetto e che brucia nel cuore suo: “Mi divora lo zelo per la tua casa” (Sal 69, 10). “Lo zelo per la tua casa”, cioè per il nuovo mo-

Servizio Obiezione e Pace Progetto Go’El “Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII”

goel@apg23.org


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