BOLLETTINO GOEL OTTOBRE

Page 1

PROGETTO GO’EL “

IN EVIDENZA Editoriale di Giovanni Paolo Ramonda

Palestina: L’educazione è in pericolo.

Pag. 12

ONU: Diritto all’educazione per i bambini Pag. 4 più vulnerabili.

Campagna contro gli F35: Leggi, firma e fai firmare l’appello.

Pag. 14

Italia: La scuola italiana oggi alla luce delle riforme.

Pag. 6

Zambia: A contatto con l’educazione dei bambini disabili.

Pag. 16

Cile: La grande rivoluzione per l’educazione pubblica.

Pag. 10

Diritti in Contro-Luce

Pag. 18

Pag. 3


PAGINA

2

Immaginiamo una situazione di massimo sovrappopolamento, in cui molti popoli vivono insieme senza conoscere niente l'uno dell'altro, in cui tutti, quotidianamente si nutrono di aggressività che non si riesce ad appagare. Si aggiunga a questo che chi dovrebbe governare la situazione non abbia strumenti e non sia preparato a gestire la situazione. Uno scenario simile potrebbe essere quella di un luogo di guerra o almeno di una realtà così tesa da essere prossima all’esplosione… Spesso, purtroppo questa è la situazione che si vive dentro le nostre scuole . Classi spesso sovraffollate, spesso caratterizzate dalla presenza di alunni con situazioni familiari o sociali difficili, magari stranieri… senza adeguati sostegni per una scuola che deve accompagnare gli alunni in un percorso di integrazione formazione e crescita contemporaneo alla storia che vive il loro Paese. Per questo, anziché andare a parlare della "Pace" nelle scuole bisognerebbe agire la Pace, perché le diversità e le difficoltà che gli alunni vivono possano diventare opportunità necessarie a gettare le basi per una crescita oltre che didattica anche civica , sociale e culturale. In questo numero del Bollettino percorreremo le “strade” dell’educazione e della scuola attraverso molte iniziative volte a promuovere la conoscenza delle problematiche e al tentativo di dar loro delle risposte. Proponiamo un breve percorso di quanto accade in Zambia, Palestina, Cile e anche in Italia, attraverso lo sguardo critico di persone che cercano di stare al fianco di coloro che sono più oppressi, accompagnandoli nel loro cammino di liberazione. Infine, presentiamo la Campagna NO-F35 promossa dalla Comunità Papa Giovanni XXIII in collaborazione con altre Reti e Coordinamenti Italiani per smantellare gli investimenti nelle armi e reinvestire quegli stessi fondi in politiche di sviluppo sociale. Domenico e Nicola SERVIZIO OBIEZIONE E PACE “ASSOCIAZIONE COMUNITÀ PAPA GIOVANNI XXIII”

PROGETTO

GO’EL


OTTOBRE

2011

PAGINA

3

DI GIOVANNI PAOLO RAMONDA Osservando migliaia di bambini che faticano nel potere accedere nelle varie parti del mondo al normale percorso scolastico e come questo poi va ad influire sulle loro possibilità di potere avere un lavoro dignitoso privo di sfruttamento, ci mette subito in evidenza come l’Educazione e l’esercizio del suo diritto sia una delle realtà più importanti da sostenere e da impiantare nelle varie culture e nei vari stati nazionali. Una quota irrisoria rispetto ad esempio ad altri investimenti, vedi acquisto di armamenti, è riservata in molti paesi dell’Africa, dell’America Latina, dell’Asia e anche in alcune parti dell’Europa dell’Est. Non c’è vero sviluppo senza scelta prioritaria dell’educazione, della possibilità per tutti, uomini e soprattutto donne di potere scrivere, leggere, fare di conto e soprattutto, conoscere la propria storia, le proprie origini. Il maestro, l’educatore, l’insegnante, il precettore, sono una risorsa per tutti i bambini del mondo. Quanti di loro ho visto sorridenti nelle scuole gestite da molti missionari, o anche scuole locali sufficientemente adeguate. Veramente l’educazione è cosa del cuore e dell’intelligenza, è una scelta politica strategica, che dà valore alle risorse fresche e vive di un paese che sono i giovani. Non c’è futuro senza educazione, non c’è speranza senza arte dell’educare, perché uomini liberi e responsabili nascono in quanto si appassionano alla cultura che diventa vita e cambia la storia. Una cultura della condivisione che mette la vita con la vita e garantisce la società del gratuito, dove le capacità vengono messe al servizio del bene comune. Lanciamo una campagna perché ogni bambino possa crescere in una scuola che è vita e possa accedere a tutti i corsi necessari allo sviluppo della sua personalità. Questo anche e soprattutto per i portatori di handicap, perché là dove il diverso è integrato, la società è più se stessa, più a misura di uomo e nasce la civiltà dell’amore.

Giovanni Paolo Ramonda è il Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII dal 2008. E' colui che ha raccolto la faticosa e bella eredità di don Benzi, il fondatore. Laureato in pedagogia e con un magistero in scienze religiose, Paolo dal 1984 è sposato con Tiziana e con lei "condivide" una casa famiglia di 15 persone.


PAGINA

4

Il Diritto all'Educazione e i Bambini più vulnerabili DI

MARIA MERCEDES ROSSI

La Comunità Papa Giovanni XXIII, accreditata come ONG alle Nazioni Unite dal 2006 e presente con una delegata permanente, la Dott.ssa Maria Mercedes Rossi, a Ginevra dal 2009, fa parte della Piattaforma delle ONG sul Diritto all' Educazione e ha co-firmato diversi interventi scritti ed orali della piattaforma al Consiglio dei Diritti Umani.

Il diritto all'Educazione è un diritto umano fondamentale ed essenziale per l'esercizio di tutti gli altri diritti. E’ sancito in maniera inequivocabile nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani nell'articolo 26 dove si dice che l'educazione deve essere gratuita e obbligatoria, almeno nella scuola primaria e mirare al pieno sviluppo della persona. L'educazione deve promuovere comprensione, tolleranza ed amicizia fra le Nazioni, gruppi razziali, etnici e religiosi e contribuire alle attività delle Nazioni Unite nel mantenimento della pace. Il Diritto alla Educazione è ribadito anche nella Convenzione sui Diritti Economici, Sociali e Culturali (art. 13), nella Convenzione sui Diritti del Fanciullo (art.28), nella Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne, nella Convenzione sui Diritti delle Persone con Disabilità e in tanti altri strumenti legislativi (Statuti, Dichiarazioni, Risoluzioni etc.) internazionali, regionali (continentali) e nazionali.

Nonostante la disponibilità di questa legislazione internazionale, i bambini in età scolare che non hanno accesso all'educazione nel mondo secondo i dati del rapporto UNESCO 2008, sono ancora 72 milioni, (corrispondenti al 10% della popolazione mondiale in età scolare primaria), un numero davvero esorbitante. Per la maggior parte (70%), questi bambini vivono nell'Africa Sub-Sahariana e nell' Asia Meridionale e Occidentale. Indagini condotte a livello locale evidenziano come questa cifra in realtà sottostimi il fenomeno, non considerando il numero di bambini che, pur regolarmente iscritti, non frequentano la scuola: Unicef stima che la cifra salirebbe a 93 milioni di bambini. Nei Paesi in guerra o in situazioni di post conflitto i dati non sono disponibili o affidabili. Non parliamo poi dei tanti adulti, uomini e donne, nel mondo che sono illetterati. Povertà e marginalizzazione rappresentano le principali cause di esclusione. I bambini più esposti al rischio di dispersione o abbandono scolastico sono quelli che provengono da famiglie molto povere, soprattutto in comunità rurali o remote e nelle zone più degradate delle città. In molti Paesi in Via di Sviluppo il prezzo della scolarizzazione rappresenta infatti la barriera che impedisce di mandare i bambini a scuola. Altri gruppi vulnerabili e soggetti ad esclusione sono quelli composti dai bambini lavoratori, dai bambini appartenenti a minoranze etniche e linguistiche, dai bambini di strada, nomadi, orfani, disabili o affetti da HIV/AIDS. La disuguaglianza di genere rappresenta un ulteriore ostacolo all’universalità dell’accesso

dott.ssa Maria Mercedes Rossi, medico missionario, rappresentante della Comunità Papa Giovanni XXIII alle Nazioni Unite.

Per Saperne di più: h t t p: / / w w w. a p g 2 3 . o r g / la comunita/onu http://youtu.be/X5Yk7YnALGM

all’istruzione: se a livello globale le bambine rappresentano il 57% degli esclusi, in alcune regioni la percentuale raggiunge cifre ancora più elevate, soprattutto in Asia meridionale e occidentale (66%). L' accesso universale all'Educazione Primaria è il secondo degli otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio che gli Stati Membri delle Nazioni Unite hanno promesso di raggiungere entro il 2015. Finora, ci sono stati numerosi progressi in una buona parte dei Paesi in Via di Sviluppo sia in termini di aumentato accesso alla scolarità e sia in termini di uguaglianza di iscrizione alla scuola di maschi e femmine, ma rimane ancora da vedere se l'obiettivo verrà davvero raggiunto per il 2015 e da chiedersi, soprattutto, se all'aumento della accessibilità all'istruzione avrà corrisposto anche un aumento della qualità dell'educazione che, in molti paesi del cosiddetto terzo mondo, è davvero scarsa. Proiezioni numeriche basate sul trend degli ultimi anni rivelano che, senza un’ulteriore accelerazione, ben 58 degli 86 Paesi che non hanno ancora raggiunto l’istruzione primaria universale non riusciranno a conseguirla entro il 2015.

PROGETTO

GO’EL


OTTOBRE

2011

PAGINA

5

Da un punto di vista di aiuto economico la cifra necessaria per garantire l’educazione di base ad ogni bambino entro il 2015 è stata quantificata in 11 miliardi di dollari l’anno, molto lontana dagli importi attualmente elargiti.

Oltretutto, il raggiungimento degli Obiettivi del Millennio, incluso quello dell'Educazione, si basa sulla Cooperazione Internazionale e la promessa fatta dagli Stati Membri di devolvere lo 0,7% del Prodotto Interno Lordo all' Aiuto Ufficiale per lo Sviluppo (ODA), e fino ad ora solo 5 Paesi (Norvegia, Svezia, Danimarca, Olanda e Lussemburgo) su 192 hanno adempiuto gli impegni presi. Con la crisi economica in corso, molti Paesi stanno purtroppo tagliando ulteriormente gli aiuti per la Cooperazione. In occasione del Segmento ad Alto Livello dell'ECOSOC, tenutosi a Ginevra dal 4 al 7 Luglio 2011, la Comunità Papa Giovanni XXIII ha fatto un intervento scritto intitolato “Right to Education and Most Vulnerable Children” (il Diritto all' Educazione e i Bambini più' Vulnerabili), coll'intento di essere voce dei tanti bambini più vulnerabili e socialmente esclusi che i i nostri fratelli di comunità in missione in Africa, Asia e America Latina incontrano e assistono ogni giorno. Si tratta di bambini che vivono nell'estrema povertà, bambini malnutriti, orfani, bambini sieropositivi e coll'AIDS e/o Tubercolosi, bambini che vivono e lavorano sulle strada, bambini che vivono in situazione di guerre e conflitti, bambini soldato, bambini rifugiati, bambini Rom, bambini con disabilità fisiche e mentali.

Si è fatto presente come molti di questi bambini, hanno diritto al cibo oltre che all'educazione, perché tanti di loro, anche se accedono alla scuola, non hanno una alimentazione quantitativamente e qualitativamente adeguata che permetta loro di apprendere alla stessa stregua dei bambini sufficientemente nutriti. Si è insistito sul bisogno di formulare indicatori per la qualità dell'educazione e richiesto che gli Stati Membri nei loro rapporti ai diversi meccanismi di controllo (Revisione Periodica degli Stati , Comitati sui Diritti Umani etc.) rendano conto anche su questo punto. Si e' inoltre raccomandato l'integrazione dei bambini disabili nella scuola primaria con adeguato supporto tecnico e finanziario e di combattere lo stigma, la discriminazione e le violenze che tanti bambini subiscono nel mondo. Durante lo stesso Segmento ad Alto Livello dell'ECOSOC, la Missione Permanente dell' Uruguay e la piattaforma delle ONG sull'Educazione, in collaborazione con le Missioni Permanenti del Portogallo e del Marocco, ha organizzato il 6 Luglio un evento parallelo, sottoscritto anche dalla nostra associazione sul tema “Right to Education: key to the MDGs” (Diritto all'Educazione: chiave per raggiungere gli Obiettivi del Millennio). Fra i relatori è intervenuto lo Special Rapporteur

sul Diritto all'Educazione, Mr. Singh. Per la Revisione periodica degli Stati (UPR), la Comunità Papa Giovanni i XXIII ha poi passato quest'anno un rapporto ombra alla Congregazione dei Maristi per denunciare la situazione delle punizioni corporali a scuola in Tanzania. Per la nostra Comunità, l'impegno alle Nazioni Unite per il diritto all'Educazione è trasversale alle quattro priorità che stiamo portando avanti: lotta alla povertà estrema, diritto alla salute ed accesso ai farmaci, diritti dei bambini e in particolare quello di avere una famiglia, e il riconoscimento del diritto di solidarietà internazionale. Secondo la nostra vocazione e fedeli alla profezia lanciata da Don Oreste e diventata patrimonio e responsabilità di tutta la comunità, dobbiamo non solo reclamare il diritto all'educazione per tutti, ma proporre anche l'intuizione della scuola del gratuito. Don Milani, ai suoi alunni della scuola di Barbiana, diceva: “L'Istruzione e' il primo passo verso la libertà”. ed e' estremamente vero. Don Oreste ci ha ricordato che “I titoli di merito devono diventare titoli di servizio e di condivisione”. E' la sfida e la speranza che il mondo attende...


PAGINA

6

La Scuola in Italia A CURA DEL SERVIZIO SCUOLA — APG23 Pubblichiamo una sintesi del documento con cui il Servizio Scuola della Comunità Papa Giovanni XXIII vuole contribuire alla riflessione sulla situazione attuale della scuola pubblica italiana dopo i numerosi cambiamenti introdotti dal Ministro Gelmini.

La riforma Gelmini La riforma Gelmini è costituita dalla Legge n. 169 del 2008 e da successivi regolamenti e decreti attuativi. Scorrendola velocemente si capisce che prevede un insieme di tagli alle risorse economiche nei più svariati ambiti e dove non si parla di tagli ma di innovazioni queste devono avvenire sempre "senza oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica"; tra gli ambiti coinvolti, all'art. 64, è compresa anche l'organizzazione scolastica per la quale sono previsti: interventi che aumentino gradualmente di un punto il rapporto alunni/ docente una riduzione complessiva del personale ATA ( addetti alle segreterie e bidelli ) del 17% una economia lorda di spesa per il bilancio dello Stato che deve essere non inferiore a 456 milioni di euro per il 2009, a 1.650 milioni di euro per il 2010, a 2.538 milioni di euro per il 2011 e a 3.188 milioni di euro per il 2012, il totale dei risparmi dello stato e dunque dei tagli al servizio scolastico è pari a € 7.832.000.000 A questo punto non rimane che analizzare leggi e regolamenti e vedere nel concreto come sia cambiata l'organizzazione scolastica, come sia stata realizzata la citata “economia di spesa” e quali ricadute didattiche tutto ciò abbia provocato. I cambiamenti nei vari ordini di scuola Scuola dell'Infanzia: il numero massimo dei bambini per sezione viene portato da 26 a 29. Scuola Primaria: il tempo scuola della primaria è svolto secondo il modello dell’insegnante unico o prevalente su 24 ore settimanali, che supera il precedente assetto del modulo e delle compresenze; le diffePROGETTO

GO’EL

renti articolazioni dell’orario scolastico settimanale a 27, a 30 ore e a 40 ore (tempo pieno) sono previste nei limiti delle risorse dell’organico assegnato. L'attribuzione dei voti avviene in decimi, i libri di testo devono rimanere invariati per un quinquennio, l’insegnamento della lingua inglese è svolto dall’insegnante di classe previa formazione e non più da un insegnante specifico. Scuola Secondaria di primo grado: il numero degli alunni è elevabile fino a 28, ma si procede alla formazione di un'unica classe prima se il numero non supera i 30 alunni. Il tempo prolungato è autorizzato ma solo nei limiti della dotazione organica e sulla base delle economie realizzate. I libri di testo devono rimanere invariati per sei anni. Vengono introdotte prove nazionali di verifica sotto forma di test (prove INVALSI, Istituto Nazionale di Valutazione). Sono cancellate le ore opzionali (da 33 a 30 settimanali) spesso dedicate a progetti per alunni in difficoltà . Il voto di condotta espresso in decimi concorre alla valutazione complessiva dell’alunno, cioè torna a fare media, e se insufficiente determina la non ammissione alla successiva classe o all’esame. Scuola Secondaria di secondo grado: il numero degli alunni per classe può arrivare fino a 30. I libri di testo devono rimanere invariati per un quinquennio. Nei Licei gli indirizzi sono ridotti a sei: Scientifico, Classico, Scienze Umane, Artistico, Linguistico, Musicale e Coreutico, le sperimentazioni sono fortemente ridotte ed è anche diminuito il tempo scuola. Negli Istituti Professionali e Tecnici è fortemente diminuito il tempo scuola soprattutto quello dei laboratori (su tale aspetto c’è stata una recente sentenza contraria del TAR del Lazio). Il valore legale del diploma di alcuni istituti tecnici è stato sminuito. Vengono introdotte prove nazionali di verifica sotto forma di test (prove INVALSI). Anche qui il voto di condotta è tornato a fare media e se insufficiente determina la non ammissione alla successiva classe o all’esame.


OTTOBRE

2011

PAGINA

7

“TAGLI” ULTERIORI ALLA SCUOLA

Il giudizio dell’equipe scuola dell’APG23 Con il termine riforma s'intende "il cambiare uno stato di cose con lo scopo di migliorarlo". Alla luce di quanto sopra esposto si può affermare che non siamo davanti ad una riforma, in quanto la proposta formativa è assolutamente inferiore rispetto a quella precedente, soprattutto rispetto alla scuola primaria che era considerata fra le migliori al mondo; siamo invece davanti ad una serie di tagli, di “economie di spesa”, con vincoli molto precisi e con pesanti

Durante l’estate il governo ha varato diversi provvedimenti riguardanti le istituzioni scolastiche, alcuni rivolti solamente al corpo docente ( pensioni, buonuscita, graduatorie… ), mentre il Decreto Legge n° 98 del 6 luglio 2011 convertito nella Legge 111 del 15 luglio 2011 tocca tutti coloro che hanno a che fare con la scuola. In particolare l’articolo 19, intitolato “Razionalizzazione della spesa relativa all’organizzazione scolastica”, prevede quan-

ricadute didattiche.

 La scuola dell’infanzia, la scuola primaria e la secondaria di 1° grado cesseranno di esiste-

to segue:

 Viene abrogata la norma che permetteva alle scuole di grandi dimensioni di avere un docente con funzioni di vicepreside esonerato perciò dall’insegnamento. Rimane solo la possibilità di un esonero parziale ( cioè per alcune ore ) re separatamente ma saranno tutte aggregate in istituti comprensivi che potranno essere autonomi solo se supereranno i mille alunni ( 500 per le piccole isole e le montagne )

 Le istituzioni scolastiche esistenti già autonome ma con un numero di alunni inferiore a 500 ( 300 per le piccole isole e le montagne ) non potranno più avere un dirigente scolastico titolare ma solo un reggente in comune con altre istituzioni scolastiche

 L’organico dei docenti di sostegno è assegnato complessivamente alla scuola o a reti di scuole in base alla media di un docente ogni due alunni disabili

 Le commissione per la certificazione della disabilità e l’assegnazione di un sostegno scolastico sono obbligatoriamente integrate da un rappresentante dell’INPS

Quali saranno le conseguenze di tali norme? Avremo soppressioni e accorpamenti di istituzioni scolastiche, cioè di presidenze e segreterie, ma non di sedi fisiche e così le scuole rimanenti risulteranno sempre più grandi, complesse, eterogenee ( gli istituti comprensivi che già esistono ma che ora vengono generalizzati accoglieranno alunni dai 3 ai 13 anni ) e con un numero elevato di sedi distaccate fra loro.

 l’aumento del numero di alunni per classe,

la riduzione del tempo scuola, la difficoltà di continuare a fare progetti e laboratori, la diminuzione delle ore di sostegno e l’aumento del numero di alunni disabili anche nella stessa non potranno che pesare negativamente sul lavoro scolastico e sull’apprendimento

 riguardo alle prove INVALSI riteniamo che snaturino la valutazione che deve sempre tener conto delle realtà personali e che non può essere disgiunta dalla metodologia didattica utilizzata, cioè inevitabilmente i docenti tenderanno ad appiattirsi su determinate metodologie didattiche per evitare che i propri alunni siano sfavoriti nelle prove a test; ma questo sarà un bene per gli alunni stessi? come si potrà tener conto della specificità di ciascun alunno, di ciascuna classe? Inoltre tali prove valutano solo le conoscenze e le competenze logicoanalitiche senza considerare la gamma più ampia di competenze necessarie, soprattutto quelle di relazione interpersonale che sono fondamentali per la crescita di un individuo. Infine tali prove valutano il lavoro delle scuole sulle prestazioni raggiunte e non, ad esempio, sull’impegno profuso verso gli alunni con disagi o disabilità.

 nella scuola primaria l’abolizione del maestro unico e l’introduzione dei “moduli” (tre insegnanti su due classi) ha ormai più di vent’anni, ed è stata fatta non per motivi occupazionali ma didattici e pedagogici cioè per far fronte alla pluralità dei saperi e

Inoltre avranno sempre più il dirigente scolastico in comune, perché reggente anche di altre scuole, che non potrà neppure contare sull’aiuto di un docente vicepreside sollevato dagli impegni di insegnamento nelle classi. I genitori non dovranno quindi stupirsi se nei prossimi anni le scuole assomiglieranno sempre più a “carrozzoni senza guida”! La norma riguardante la media di un docente di sostegno ogni due alunni disabili applicata ad ogni singola scuola o a reti di scuole ( e non più, come ora, solo su base regionale e provinciale ) è veramente inaccettabile in quanto impedisce di soddisfare le vere esigenze di ciascun alunno e contrasta con le recenti sentenze della magistratura, in effetti lo stesso decreto deve poi recitare “è possibile istituire posti in deroga allorchè si renda necessario per assicurare la piena tutela dell’integrazione scolastica”. Perché allora non dare subito questi posti invece di attendere le successive deroghe? La norma finale riguardante le commissioni finirà per rallentarne i lavori e a nostro parere mostra ancora una volta l’atteggiamento “persecutorio” nei confronti dei disabili.

alle esigenze di un apprendimento più articolato da parte degli alunni. In questo lasso di tempo gli insegnanti si sono progressivamente specializzati, chi in materie scientifiche, chi in quelle letterarie. Ripristinare di colpo lo schema “un insegnante per classe” costringe insegnanti che hanno passato anni ad affinare le proprie tecniche didattiche su una materia ad insegnarle di colpo tutte. In più la perdita delle compresenze nella scuola primaria è grave perché

non solo riduce l'offerta formativa, in quanto non si è più in grado di fare laboratori ed altre forme di attività, ma non permette agli insegnanti di seguire in modo adeguato gli alunni in difficoltà, gli immigrati, i disabili: il modulo permetteva anche una collaborazione progettuale fra i vari docenti spesso indispensabile per rispondere alle esigenze degli alunni che sono sempre più molteplici.


PAGINA

8

 l’utilizzo indiscriminato del voto in numeri sia per le discipline che

per il comportamento in tutti gli ordini di scuola provoca una sempre più accentuata competizione, ansia per i ragazzi, difficoltà degli insegnanti ad aggiustare situazioni difficili soprattutto alle medie inferiori. La valutazione è l’ultimo passo di un percorso più lungo che inizia col chiedersi come si riesce ad insegnare e a costruire l’apprendimento e la socializzazione nelle classi. Purtroppo l’odore di selezione scolastica immesso dalla riforma ha subito generato una ben percettibile adesione tra diversi insegnanti e genitori; ciò rende il lavoro per la scuola del gratuito più difficile, perché ora si è meno coperti nell’usare criteri di gratuità e di giustizia (intesa in senso milaniano del dare a ciascuno secondo il bisogno soggettivo). Non si può fare selezione senza preoccuparsi di sostenere ed aiutare quelli che partono da situazioni di svantaggio: invece si

Se la legge Gelmini arriverà a compimento la scuola risulterà del tutto destrutturata, con grave danno per tutti gli studenti, questo non è un problema solo di alcuni (professori, insegnanti, genitori, studenti), ma di tutta la comunità civile, in quanto rischiamo di ritrovarci fra vent'anni poveri culturalmente. La scuola non serve solo per insegnare le materie ma è, insieme alla famiglia, il luogo dove le giovani generazioni crescono e si formano, dove apprendono i principi fondanti di una buona società, quali la competenza professionale, il gusto del conoscere, l'accoglienza del diverso. E’ solo attraverso la conoscenza e l’esperienza che la paura, le

richiede più rigore ma con meno mezzi.

 manca la carta da fotocopie, il materiale didattico è razionato, non ci sono le risorse per le pulizie dei locali scolastici. Alle superiori i corsi di recupero per gli alunni con i “debiti” rischiano di diventare una farsa ( molti alunni di classi diverse e poche ore )

 i sempre più frequenti smembramenti delle classi piccole con ricol-

locazione dei vari gruppi di alunni in altre classi, al fine di mantenere elevata la media del numero di alunni per classe, sono distruttivi della continuità didattica e della socializzazione

Se la legge Gelmini arriverà a compimento la scuola risulterà del tutto destrutturata, con grave danno per tutti gli studenti, questo non è un problema solo di alcuni (professori, insegnanti, genitori, studenti), ma di tutta la comunità civile, in quanto rischiamo di ritrovarci fra vent'anni poveri culturalmente.

PROGETTO

GO’EL


PROGETTO "SKILLS FOR EUROPE SKILLS FOR LIFE" finanziato dalla Commissione Europea nell'ambito del PROGRAMMA LEONARDO L'Associazione ComunitĂ Papa Giovanni XXIII rende noto il bando per la selezione di n. 13 giovani di etĂ compresa fra i 23 ed i 35 anni per l'assegnazione di Borse di studio per la formazione professionale a Bruxelles (BE) e Plymouth (UK) per operatori del terzo settore. Scadenza del bando per la presentazione delle domande: 3 novembre 2011 ore 14.00 (non fa fede il timbro postale).

Maggiori info: www.odcpace.org


PAGINA

10

La grande rivoluzione cilena per una scuola pubblica Da diversi mesi il progetto Go’El segue da vicino il conflitto sull’educazione in Cile informando l’opinione pubblica in Italia su quanto sta accadendo dall’altra parte del mondo. Questa volta vi proponiamo un articolo trovato in rete (www.fusiorari.org - Mario Pagano) che illustra in modo chiaro e lineare quello che sta succedendo. Da più di cinque mesi proseguono in Cile le proteste degli studenti contro il sistema della pubblica istruzione. Di pubblico a dire il vero c'è ben poco, visto che il governo locale sembra non voler investire più di tanto nell'istruzione dei giovani cileni. Tutto ha avuto inizio il 9 maggio 2011, quando 30.000 ambientalisti sono scesi in piazza per protestare contro la costruzione delle cinque mega-dighe del progetto ibericocileno HidroAysén. Quella manifestazione ha motivato, tre giorni dopo, 15.000 studenti per le strade, accorsi per dire di no all'intero sistema educativo statale sostenuto dal Presidente Sebastián Piñera. Da quel momento l'onda di proteste non si è più fermata.

COSA NON FUNZIONA – Il sistema della pubblica istruzione in Cile presenta profonde contraddizioni. Il livello di scolarizzazione del Paese, secondo l'ultimo rapporto OCSE del 2011, è il più alto di tutto il Sud America. Questo dato non deve però trarre in inganno poiché la qualità dell'istruzione pubblica in Cile resta molto bassa e, riporta l'Economist, su 65 paesi analizzati, il Cile è il secondo al mondo con la disparità maggiore tra educazione privata e pubblica. La prima, di buon livello, è per i ricchi, la seconda, di gran lunga inferiore, solo per i poveri. L'anomalia di fondo sta nel fatto che le scuole cilene finanziate dallo Stato sono molto care, seconde solo ai prestigiosi atenei degli Stati Uniti. Le rette delle Università pubbliche inoltre sono quasi identiche a quelle degli istituti privati nazionali, i quali forniscono un servizio educativo migliore. L'organizzazione data da Pinochet, tutt'ora vigente, prevede un'istruzione municipalizzata: non è quindi lo Stato a doversi occupare dell'educazione ma i municipi, assimilabili ai nostri comuni. Questi però coprono solo il 25% della spesa scolastica, il resto deve essere versato dalla famiglia dello studente. Pur di mantenere i propri figli negli studi quindi, ogni famiglia cilena è disposta ad indebitarsi, accendendo mutui onerosissimi che ogni laureato si ritrova a dover pagare per i successivi 15/20 anni, non appena terminati gli studi. Per queste ragioni, molti studenti cileni sono costretti ad abbandonare anzitempo la carriera universitaria, impossibilitati a far fronte alle spese. LE RICHIESTE – Una prima protesta c'era già stata nel 2006, contro il governo socialista dell'epoca, a dimostrazione del fatto che questi giovani non si sentono minimamente rappresentati né dall'attuale maggioranza di centro-destra, né tanto meno dall'opposizione. I giornali cileni, cinque anni fa, chiamavano quelle contestazioni “la protesta pinguina”, e “pinguini” erano i manifestanti, per via delle uniformi che gli studenti medi cileni indossano nelle scuole. Ma oggi i ribelli nelle piazze, di gran lunga più numerosi di prima, chiedono con forza la cancellazione dei buoni scolastici nella scuola d'infanzia, in quella primaria e in quella secondaria e la fine della municipalizzazione dell'istruzione mediante un piano di prestiti garantiti dallo Stato che permetta a banche private di finanziare le alte rette universitarie. I giovani pretendono di fatto un sistema educativo autenticamente pubblico, sia nella

PROGETTO

GO’EL

gestione che nel finanziamento, il quale consenta il pieno esercizio del diritto allo studio anche per le famiglie più disagiate. LE PROTESTE – Dopo la protesta del 12 maggio, l'onda di studenti ha cominciato ad ingrossare le sue fila: a Santiago del Cile sono in 20.000 il primo giugno, in marcia per lo sciopero generale, insieme ai rappresentanti dei professori e dei lavoratori. In 100.000 invece, due settimane dopo, sempre nella capitale, dopo aver occupato, pochi giorni prima, la sede del Partito Democratico Cristiano, all'opposizione. Il 30 giugno in 400.000 occupano le sedi del Partito Socialista e dell'Unione Democratica Indipendente, partito di governo. Il 5 luglio Piñera, messo sotto scacco, annuncia sostanziali riforme del sistema educativo. Durante le contestazioni, non mancano gli scontri tra le forze dell'ordine cilene (i carabineros) e gli universitari. IL PROGETTO “GANE” – Il Presidente cileno nel suo discorso televisivo afferma di voler venire incontro alle richieste degli studenti. Il progetto del Premier è denominato GANE (Grande Accordo Nazionale per l'Educazione) e prevede un costo di 4 miliardi di dollari. Il programma sarà finanziato dal FEES (Fondo de Estabilización Económica y Social) e dal Fondo por L'Educaciòn, i cui dividendi e interessi saranno impiegati per finanziare l'educazione pubblica. Piñera annuncia anche un nuovo quadro giuridico che permetterà a chi opera nell'educazione superiore di impegnarsi in attività di lucro, cercando di soddisfare le esigenze del mondo dell'Università. Il Primo Ministro però, nel suo discorso, respinge il controllo statale del sistema dell'istruzione arrivando a definire, circa venti giorni dopo, il concetto di “educazione” come un “bene di consumo” e parlando del “profitto” come “compenso per il lavoro duro (nel settore educativo)”. LE REAZIONI DEGLI STUDENTI – Pronta la risposta di Camila Vallejo Dowling, portavoce del movimento studentesco e presidentessa della FECh (Federación de Estudiantes de la Universidad de Chile): “una grande delusione ed un passo indietro” dichiara la Dowling, la quale definisce “contraria ai principi di uno Stato di diritto” la proposta di legalizzare le attività di lucro nella pubblica istruzione. La giovane leader ribadisce a gran voce le richieste degli studenti, a favore di un passaggio alla gestione dello Stato delle scuole primarie e secondarie, per porre definitivamente fine alla municipalizzazione dell'educazione cilena.


OTTOBRE

2011

PAGINA

CAMBIO AL MINISTERO – Il 14 luglio gli studenti marciano insieme ai lavoratori scioperanti delle ditte in appalto della miniera di rame detta “El Teniente”, in una manifestazione memorabile. Quattro giorni dopo Piñera opta per un rimpasto di governo e decide di sostituire il ministro dell'educazione, Joaquin Lavín, con l'avvocato Felipe Bulnes, il quale lascia il Ministero della Giustizia. E' il sintomo di un governo in evidente difficoltà nel fronteggiare le proteste. La Dowling definisce l'avvicendamento al ministero come “un successo della mobilitazione”. Intanto le occupazioni e le rivolte crescono: il 19 luglio il quotidiano “La Tercera” riporta che sono 148 i licei occupati nella nazione. Il primo agosto, il governo fa una nuova proposta agli studenti, strutturata in 21 punti, che va dal pre-scuola all'educazione superiore, promettendo in particolare borse di studio. L'offerta viene rifiutata dagli universitari, i quali annunciano la prosecuzione della mobilitazione ed indicono, per il 4 agosto, una marcia di protesta ed uno sciopero generale.

11

LA MORTE DI MANUEL – In un susseguirsi di contestazioni, ulteriori offerte governative rifiutate e numerosi scontri, la notte del 25 agosto muore il sedicenne Manuel Eliseo Gutiérrez Reinoso. Il giovane viene colpito da una pallottola mentre cammina su un marciapiede assieme ad un fratello disabile e ad un amico. Un sottoufficiale dei carabineros, accusato del delitto, viene licenziato e il generale è costretto a dare le dimissioni per aver escluso ogni responsabilità dei suoi uomini. Il 2 settembre scorso Eduardo Gordon, comandante dei carabineros, rassegna le dimissioni. IN CERCA DI UN ACCORDO – Negli ultimi giorni, i rappresentanti degli studenti (inclusa anche la Vallejo Dowling) sono stati ricevuti in udienza nei palazzi istituzionali per cercare di trovare un accordo che possa soddisfare entrambe le parti. Il Ministro Bulnes si è impegnato a consegnare una precisa agenda di lavoro per attuare le riforme richieste, che sarà poi valutata dagli studenti. Intanto gli indici di gradimento danno il Presidente Piñera al 26%, una percentuale precipitata rispetto a pochi mesi fa. Non è tuttavia da escludere che il raggiungimento di una soluzione concreta potrebbe far risalire le quotazioni dell'attuale Primo Ministro cileno e stimolare una distensione del clima politico, evitando così nuovi disordini e ulteriori scontri.

GLI SCONTRI E GLI ARRESTI – Durante la protesta avvengono nuovi scontri con i carabineros, 874 persone vengono arrestate. Il “cacerolazo” (particolare forma di protesta che consiste nel battere in maniera rumorosa le pentole) evidentemente ha dato parecchio fastidio alle forze dell'ordine. Il 7 agosto scendono in piazza anche i genitori assieme agli studenti ma due giorni dopo, durante una marcia di 150.000 persone a Santiago, la situazione degenera a causa dell'arrivo di alcuni manifestanti incappucciati: 55 poliziotti feriti, 396 detenuti, 75 milioni di pesos di danni. Una settimana dopo viene formulata una nuova proposta da parte del ministero dell'educazione ma la riposta dei contestatori è sempre la stessa: nuova manifestazione, che raduna oltre 100.000 persone in varie città del Cile, denominata “la marcia degli ombrelli” a causa della pioggia battente che quel giorno bagna la folla.

IL REFERENDUM - Un referendum non vincolante per dire basta alla discriminazione e al classismo, piaghe che in Cile sono codificate e strutturate in un sistema educativo escludente pensato dalla dittatura di Augusto Pinochet. Si è svolto sabato e domenica e il risultato non lascia adito a dubbi: il 90 percento dei votanti ha chiesto una riforma strutturale della formazione scolastica, rafforzando così quanto vanno chiedendo da anni con manifestazioni e scioperi tutti gli studenti cileni. In particolare, le domande a cui i cittadini erano chiamati a rispondere erano: sei a favore di una educazione gratuita per tutti? Sei d’accordo che collegi e istituti debbano tornare a dipendere dall’amministrazione centrale? Vuoi proibire ogni forma di lucro sull’educazione? Tutti quesiti che hanno ricevuto fra l’89,8 e il 95,5 percento di sì. Per non contare il record di consensi raccolto dall’ultima domanda, che andava ben oltre la questione educazione, arrivando a chiedere ai cittadini: pensi ci sia necessità di creare la forma del plebiscito vincolante per risolvere i problemi fondamentali del Cile? Un sì corale, che ha detto al governo quanto i cileni abbiano voglia e bisogno di democrazia. Secondo i primi dati, infatti, oltre un milione di persone hanno partecipato alla consultazione, tanto da superare le aspettative di chi lo ha voluto.

Se non ci lasciano sognare, noi non li lasciamo dormire!


PAGINA

12

In Palestina l’educazione è in pericolo. A CURA DI

CHIARA CRUCIATI E ANNA CLEMENTI

Operazioni militari, spostamento forzato dei palestinesi, sovraffollamento e mancanza di materiale didattico sono solo alcuni dei motivi che impediscono l’accesso e la qualità della formazione sia nei Territori Palestinesi Occupati che in Israele.

Beit Sahour (Cisgiordania) - L’articolo 50 della IV Convenzione di Ginevra delinea gli obblighi di Israele nei confronti dei Territori Occupati: “La Potenza Occupante, in collaborazione con le autorità locali e nazionali, faciliterà l’ade-

materiale per ricostruire le strutture. Gli insegnanti fanno lezione in container di plastica, caldi d’estate e freddi d’inverno, in aule sovraffollate che accolgono fino a 50 alunni. Anche l’accessibilità alle scuole non viene garantita: a causa del percorso del Muro di Separazione, che taglia a metà villaggi e comunità, in molte zone della Cisgiordania gli alunni sono costretti a percorrere anche 20 km al giorno per raggiungere le scuole. Proprio per la mancanza di spazio ogni anno a Gerusalemme Est molti bambini non vengono accettati nelle scuole pubbliche e sono costretti ad iscriversi in strutture private o a rinunciare all’educazione. Sono 5.300 i ragazzi che non hanno potuto accedere a nessun tipo di educazione a Gerusalemme Est, in violazione della Legge di Educazione Obbligatoria del 1949, secondo la quale tutti i giovani palestinesi tra i 5 e i 18 anni che hanno una carta d’identità di Gerusalemme hanno diritto ad avere un’educazione gratuita.

continueranno i loro studi, potranno andare molto avanti”. Sono circa 12mila i beduini cittadini d’Israele che vivono nell’area di Abu Tulul. Attualmente, 2.600 studenti frequentano le tre scuole della zona, dalle elementari alle medie. Prima gli studenti di Abu Tutul frequentavano la scuola superiore nella vicina città beduina di Segev Shalom, ma ora non sono più i benvenuti a causa della mancanza di spazio. Non ci sono scuole superiore a Abu Tutul e molti minori – soprattutto ragazze, spesso scoraggiate dal compiere viaggi così lontani per arrivare a scuola – sono costretti ad abbandonare gli studi dopo il nono grado (ovvero tra i 13 e i 14 anni). Il problema è legale: Abu Tutul è uno degli otto villaggi beduini che sono stati “riconosciuti” dal governo israeliano nel 2003 come parte del Con-

2011 sono costantemente minacciati dall’ag-

Situazione simile nello Stato di Israele dove a subire gli effetti delle politiche israeliane sono i bambini dei villaggi beduini. Le storie si assomigliano tutte. Per Shimaa al-Aasam, madre di cinque figli, la priorità è garantire ai suoi bambini la possibilità di completare gli studi nonostante la grave mancanza di classi nella sua comunità beduina.

gressiva politica israeliana di demolizione

“Imparare è la cosa più importante del mondo

Si stima che il 55% degli studenti beduini

delle case e dalle incursioni dell’esercito in

– dice al-Aasam, residente nel villaggio bedui-

abbandona la scuola prima del diploma di

villaggi e scuole. Le aree più colpite sono

no di Abu Tutul, nel deserto del Negev – Se

scuola superiore, quando la media nazionale

guato funzionamento di tutte le istituzioni dedicate all’assistenza e all’istruzione dei giovani”. Eppure quasi un milione di bambini palestinesi iscritti alla scuola primaria nell’anno 2010-

quelle dell’Area C, più del 60% della Cisgiordania: queste zone, sotto il totale controllo israeliano sia militare che amministrativo, sono quotidianamente vittima di attacchi israeliani. Le frequenti demolizioni di case e il trasferimento forzato di molti palestinesi hanno effetti disastrosi sul sistema educativo palestinese. Molte famiglie non hanno più soldi per mandare i figli a scuola e la qualità dell’insegnamento peggiora perché spesso sono gli stessi professori ad essere costretti a lasciare il villaggio di residenza. Spesso gli ordini di demolizione colpiscono direttamente gli edifici scolastici: dal 1998 ad oggi sono state distrutte 15 scuole. A Gaza la situazione è ancora più drammatica: durante gli attacchi israeliani sulla Striscia 73 strutture sono state danneggiate e l’assedio totale rende impossibile l’importazione di qualsiasi

PROGETTO

GO’EL

siglio Regionale di Abu Basma. Nonostante il riconoscimento su carta, però, Abu Tutul continua a soffrire gli stessi problemi dei villaggi beduini non riconosciuti del resto del Negev: mancanza di acqua corrente, elettricità, strade, strutture sanitarie e educative.


OTTOBRE

2011

PAGINA

13

israeliana è del 4,6%. Il tasso di abbandono è più allarmante tra le ragazze: 77%. Secondo Hanan Alsanah, manager dei programma di educazione di Sidreh, organizzazione che lavora per rafforzare il sistema scolastico in Negev, a influenzare l’accesso alla scuola sono sia fattori culturali che pratici: “Non ci sono autobus pubblici nei villaggi non riconosciuti e non ci sono scuole superiori per la gente di questi villaggi. E se ci sono scuole, non c’è abbastanza spazio per tutti i ragazzi”. E infine, la Striscia di Gaza dove l’estrema povertà costringe spesso i bambini a scegliere tra scuola e lavoro. È il caso di Ayman, 15 anni: vive a Khuza’a, un villaggio poverissimo a Sud di Gaza, dove la miseria si è drammaticamente impennata a causa dell’embargo. Ogni giorno per Ayman la scelta di andare o meno a scuola è determinata da quanto

Chiara Cruciati e Anna Clementi, svolgono il loro servizio civile nazionale presso l’Alternative Information Center, organizzazione mista israelopalestinese che dal 1984 opera nei Territori Occupati e in Israele per porre fine dell’occupazione militare. Il Progetto Go’El collabora con l’Alternative Information Center dal 2002.

www.alternativenews.org/italiano

cibo è rimasto nella credenza. “Ogni mattina, la prima cosa che faccio è andare in cucina – racconta – Se c’è cibo, vado a scuola. Se non c’è, vado a lavorare”. Il caso di Ayman non è affatto raro. Lo scorso anno, oltre 50 bambini tra i 13 e i 16 anni hanno abbandonato la scuola per aiutare la famiglia a portare a casa denaro. Molti di questi bambini lavorano nelle pericolose buffer

zone (zone cuscinetto ad accesso limitato), aree militari che corrono lungo la barriera di separazione tra Gaza e Israele.

studiare, fare sport e seguire percorsi di supporto psico-sociale. Il re-

I bambini entrano in queste aree per raccogliere ghiaia, plastica o pezzi

sponsabile del centro, Sabah Al-Qarra, ha spesso provato a parlare con

di metallo tra le macerie delle case distrutte due anni e mezzo fa du-

Ayman per convincerlo a seguire le lezioni di recupero e ad andare più

rante l’Operazione Piombo Fuso. Lavorare in una buffer zone è un’attività estremamente pericolosa: le forze di sicurezza israeliane sparano sistematicamente a tutti quelli che entrano nell’area, giustificando gli attacchi con “ragioni di sicurezza”. Per ridurre i tassi di abbandono della scuola, l’UNICEF segue 38 centri per adolescenti a Gaza, centri che offrono aree sicure in cui giocare,

frequentemente a scuola. “Mi chiedo cosa potranno diventare questi ragazzi una volta adulti, senza alcuna qualifica. Spezza il cuore vederli divisi tra l’urgenza di aiutare le proprie famiglie a sopravvivere e il sogno di andare a scuola e costruirsi un futuro”.


PAGINA

14

Perchè dire Fighter?

NO

al cacciabombardiere F-35 Joint Strike

Anche se il Governo tiene bloccata da tempo (almeno dalla fine 2009) la decisione definitiva, l’Italia a breve potrebbe perfezionare l’acquisto di oltre 130 cacciabombardieri d’attacco Joint Strike Fighter F-35: un programma che ad oggi ci è costato già 1,5 miliardi di euro ne costerà almeno altri 15, solo per l’acquisto dei velivoli, arrivando ad un impatto di 20 miliardi nei prossimi anni. Senza contare il mantenimento successivo di tali velivoli. Siamo quindi in gioco, come partner privilegiato, nel più grande progetto aeronautico militare della storia, costellato di problemi, sprechi e budget sempre in crescita, mentre diversi altri paesi partecipanti - tra cui Gran Bretagna, Norvegia, Olanda, Danimarca e gli stessi Stati Uniti capofila! - hanno sollevato dubbi e rivisto la propria partecipazione. In questo periodo di crisi e di mancanza di risorse per tutti i settori della nostra società, diviene perciò importante effettuare pressione sul Governo italiano affinché decida di rivedere la propria intenzione verso l’acquisto degli F-35, scegliendo altre strade più necessarie ed efficaci sia nell’utilizzo dei fondi (verso investimenti sociali) sia nella costruzione di un nuovo modello di difesa. L'esempio del programma Joint Strike Fighter deve quindi servire come emblema degli alti sprechi legati alle spese militari e della necessità di un forte taglio delle stesse verso nuovi investimenti più giusti, sensati, produttivi. Per questo noi diciamo: NO allo spreco di risorse per aerei da guerra sovradimensionati e contrari allo spirito della nostra Costituzione SI all’utilizzo di questi ingenti risorse per le necessità vere del paese: rilancio dell’economia, ricostruzione dei luoghi colpiti da disastri naturali, sostegno all’occupazione NO alla partecipazione ad un programma fallimentare anche nell’efficienza: il costo per velivolo è già passato (prima della produzione definitiva) da 80 milioni di dollari a 130 milioni di dollari (dati medi sulle tre tipologie) SI all’investimento delle stesse risorse per nuove scuole, nuovi asili, un sostegno vero all’occupazione, l’investimento per la ricerca e l’Università, il miglioramento delle condizioni di cura sanitaria nel nostro Paese NO al programmi militari pluriennali e mastodontici, pensati per contesti diversi (in questo caso la guerra fredda) ed incapaci garantire Pace e sicurezza SI all’utilizzo delle risorse umane del nostro Governo e delle nostre Forze Armate non per il vantaggio commerciale dell’industria bellica, ma per la costruzione di vera sicurezza per l’Italia NO al soggiacere delle scelte politiche agli interessi economici particolari dell’industria a produzione militare e dei vantaggi che essa crea per pochi strati di privilegiati SI al ripensamento della nostra difesa nazionale come strumento a servizio di tutta la società e non come sacca di privilegi e potere

Firma anche tu l'appello proposto dalla nostra mobilitazione o scarica il modulo da far firmare Aderisci: Come persona - Come organizzazione PROGETTO

GO’EL


OTTOBRE

2011

PAGINA

15

www.antennedipace.org

La comunicazione come parte del mandato del Casco Bianco All’interno del mandato del Casco Bianco, che si articola in modo differente in base alle varie sedi del progetto, un’importanza particolare è rivestita dal ruolo, trasversale a tutti i progetti e a tutte le sedi di attuazione, di “antenna di pace”. In quanto antenna, il Casco Bianco è ricevente e trasmettitore, soggetto in grado di sensibilizzare il territorio di appartenenza, tramite la condivisione e diffusione di un’informazione di qualità differente rispetto a quella ufficiale. Poter svolgere un’azione di sensibilizzazione significa per il giovane innanzitutto aver sviluppato individualmente la capacità di osservazione e di incontro verso la comunità del paese estero che lo ospita. Il ruolo di antenna nasce quindi in primo luogo dalla responsabilità di raccontare, da un impegno a domandare, che per tutto l’anno di servizio civile rappresenta un costante allenamento ad allargare lo sguardo, ad andare al di là di facili interpretazioni delle realtà incontrate, cercando prima di tutto di ascoltare quelle realtà, quei corpi e quella terra, per prendere coscienza delle motivazioni profonde e complesse che contribuiscono a radicare processi di squilibrio, disuguaglianza, violenza.

Il sito Il sito www.antennedipace.org è solo uno degli strumenti di sensibilizzazione sul territorio che il Casco Bianco utilizza, al di là degli incontri personali al rientro e dei continui contatti con i media della sua comunità di appartenenza. Tra i vari mezzi a disposizione per diffondere gli scritti dei Caschi Bianchi, è stato scelto principalmente internet: è un modo per inserirsi nell’attuale mondo della telematica sociale, quello che cerca di spingere verso il basso i contenuti, utilizzando tecnologie sostenibili, con meno effetti speciali ma aperte a più persone, nonostante l’esistenza di pesanti “barriere architettoniche”, quali l’analfabetismo e la diseguale distribuzione delle risorse energetiche. Tali limiti non sono ostacoli oggettivi, ma il risultato della scelta politica di sfruttare le comunicazioni elettroniche seguendo le leggi di mercato. Il contributo dei Caschi Bianchi si propone di traghettare nel circuito dell’informazione, in questo caso sulle pagine web, quelli che ne sono esclusi, e che non godono di una loro forza intrinseca per entrare in rete, o per realizzare programmi televisivi, riviste o libri. Il continuo contatto con la redazione in Italia permette al sito di sviluppare una delle sue potenzialità: quella di diventare una sorta di agenzia di informazione dal basso, richiamando l’interesse dei media tradizionali su tematiche poco approfondite o su voci non ascoltate.


PAGINA

16

In punta di piedi: uno sguardo all’educazione dei disabili in Zambia DI ROSA SPALATRO

Nonostante la politica adottata nel 1996 “Educating our Future” e la ratificazione della “Convenzione dei Diritti sulle persone con disabilità” risalente al 1998 promuovessero un’idea di integrazione del disabile nei percorsi educativi “ordinari”, il sistema delle classi differenziali rappresenta una vera e propria ghettizzazione del bambino con disabilità. guatezza dell’istruzione ai disabili possano essere garantiti, alcuni grossi ostacoli devono essere superati. Innanzitutto una revisione dell’intero sistema scolastico. In questi mesi quotidianamente mi sono chiesta (e a volte continuo ancora a farlo) come sia anche solo immaginabile l’idea di integrare studenti con “special needs” (bisogni speciali) in classi che vanno da un minimo di 40 ad un massimo di 70 allievi e per di più con un solo insegnante. In che modo quest’ultimo potrebbe seguire e rispondere ai particolari bisogni dei bambini con disabilità? A livello internazionale sono state emanate molte dichiarazioni volte a promuovere i diritti delle persone con disabilità tra cui un’appropriata e specifica educazione. In ordine temporale, l’ultima politica che attualmente regola l’istruzione in Zambia è la “Educating our future” risalente al 1996 e contenente una specifica sezione per l’istruzione ai disabili.

La precarietà delle condizioni economiche (basti pensare che i 2/3 dei 13 milioni di abitanti vive con meno di 2 dollari al giorno) costringe spesso i bambini a sospendere la frequentazione della scuola innescando così una serie di eventi a catena quali vagabondaggio nei compound, “street kids” (bambini di strada) fino purtroppo a sfociare spesso nella violenza e negli abusi.

Sicuramente “sulla carta” è la più innovativa perché presuppone una reale integrazione dei disabili nei programmi e nelle classi ordinarie. Spesso però la teoria è ben lontana della pratica e il caso di questo Paese purtroppo né è un chiaro esempio. La comunità nella quale sono quotidianamente immersa durante il mio percorso di servizio civile all’estero mi testimonia che rispetto al passato sono stati realizzati dei progressi per quanto riguarda l’integrazione dei disabili. Purtroppo però molti ne restano ancora esclusi o seppure inseriti non ricevono un’istruzione adeguata. Affinché gli obiettivi d’integrazione e ade-

Altro ostacolo spesso è l’incapacità fisica di raggiungere la sede scolastica viste le condizioni dei compound. Chiamarle barriere architettoniche sarebbe solo un complimento, qui è impresa molto ardua attraversare un compound sulla sedia a rotelle. Ultimo ma anche più radicato ostacolo è proprio la concezione, l’idea di irreversibilità totale della disabilità che la popolazione locale ripone nei confronti di questa categoria di persone. La questione è che qui in Zambia, come anche in altri Paesi del sud del mondo, si è aderito a dichiarazioni, convenzioni guardando e ispirandosi ai cambiamenti del

Special Unit di Nkwazi , Ndola, Zambia.

PROGETTO

GO’EL

Rosa Spalatro, Volontaria in Servizio Civile Nazionale in Zambia tramite il progetto “Caschi Bianchi—Corpo civile di pace” .

Nord del Mondo, o meglio dell’Occidente. Si è cercato di stare al passo con quella parte di mondo proponendo gli stessi programmi educativi, la stessa idea di inclusione senza però intervenire sulla concezione di irreversibilità della disabilità, senza riconoscere nel profondo, concretamente i diritti di questi bambini, tra i quali quello all’istruzione. Il messaggio di “diversamente abile ma comunque abile” qui, nella maggior parte dei casi non è neanche preso in considerazione. Ancora oggi molte famiglie si vergognano di avere figli disabili a tal punto da tenerli segregati in casa. In Zambia, attualmente l’educazione ai disabili esiste ma come sistema separato ovvero attraverso delle classi fisicamente separate dalla scuola. A volte capita che esse siano nello stesso complesso scolastico mentre in altri casi si tratta proprio di strutture a se stanti. Il mio percorso di servizio civile mi sta dando l’opportunità di vivere esattamente la realtà fin ora illustrata. Tra i vari progetti attivi su questo territorio, la Comunità Papa Giovanni XXIII si è impegnata in favore dei disabili proprio con un offerta didattica realizzata attraverso la gestione di due “special unit” (classi speciali per bambini con disabilità). Esse rappresentano chiaramente quello di cui parlavo sopra poiché l’Holy Family School è una sezione speciale, distaccata da qualsiasi scuola, la cui gestio-


OTTOBRE

P A G I N A

2011

ne privata è affidata alla Papa Giovanni XXIII; mentre la Special Unit di Nkwazi è una classe differenziale inserita nella scuola governativa di Nkwazi Basic School il cui stabile è stato costruito dalla Papa Giovanni XXIII che continua ad occuparsi della sua gestione. Nonostante le classi speciali siano seguite dalla Comunità, in entrambi i casi le maestre sono fornite dal ministero. Nonostante la politica adottata nel 1996 “Educating our Future” e la ratificazione della “Convenzione dei Diritti sulle persone con disabilità” risalente al 1998 promuovessero un’idea di integrazione del disabile nei percorsi educativi “ordinari”, il sistema delle classi differenziali rappresenta una vera e propria ghettizzazione del bambino con disabilità. Questa sensazione è emersa chiaramente soprattutto nella classe differenziale di Nkwazi perché lì è più evidente il distaccamento di quei bambini con bisogni particolari dal resto degli alunni della scuola governativa. Quello che ho notato in questi mesi è proprio una mancanza di vicinanza, di lavoro comune per un contatto, un coinvolgimento reciproco degli studenti. Non c’è niente di tutto ciò, anzi se capita che i bambini “normali” si avvicinano incuriositi alla classe l’insegnante non perde occasione per cacciarli anche in malo modo ... e allora dov’è l’integrazione? Ecco le conseguenze di aver scelto una politica che poco si adatta alle concezioni culturali locali. Il comportamento di Kajela (un ragazzino di 19 anni con ritardo mentale, ormai veterano della special unit) che esce fuori dalla classe a spaventare gli altri alunni della scuola potrebbe essere visto come un gioco perché entrambe le parti si divertono ma a mio parere non fa che acutizzare il distaccamento. Qualche giorno fa, in seguito ad un altro episodio simile ho chiesto a Donald (un altro studente ma con ritardo lieve) di seguirmi perché volevo mostrargli qualcosa.

È il caso di Emmanuel, un ragazzino di 15 anni segnalato alla classe speciale perché si addormentava in classe e non riusciva a stare al passo degli altri; Emma (è questo il suo diminutivo) viene da una situazione familiare pessima e non ricevendo un’alimentazione sufficiente non riusciva a concentrarsi e spesso neanche a pagare le tasse scolastiche. Entrando a far parte del progetto della Comunità poteva così ricevere gratuitamente la colazione ed un pasto al giorno ma sicuramente non è riuscito a sviluppare in maniera appropriata le sue competenze cognitive. È un ragazzo sveglio, attivo, furbo. È orfano di entrambi i genitori e da molti anni vive con i nonni e alcuni fratelli e sorelle in una precarietà abitativa e alimentare da far spavento.

Lo osservavo e mi chiedevo se esistesse un modo per accettare che un ragazzo come lui fosse ancorato ad un programma educativo inferiore alle sue competenze a causa della situazione familiare talmente precaria da non potersi permettere neanche un pasto al giorno. Il cerchio si chiude sempre allo stesso punto: i disabili o anche solo coloro che hanno disturbi di apprendimento sono considerati un’entità unica, è difficile che in loro si riescano a cogliere delle differenze ed è ancora ferma l’ipotesi di percorsi individualizzati che invece permetterebbero a ciascuno di emergere là dove sono più competenti. Non posso negare che le loro faccine sono sempre allegre, sorridenti, che l’alternativa sarebbe la strada la quale sicuramente non fornirebbe loro opportunità di socializzazione e tutto ciò è apprezzabile ma fino a che punto vale il discorso “questo è meglio di niente”? Cooperare vuol dire operare insieme per un bene comune e spesso sento le organizzazioni internazionali interrogarsi sul fatto se sia giusto o meno invitare l’Africa a recuperare il gap seguendo il nostro modello, le nostre categorie culturali ma siamo sicuri che per questo continente sia quello giusto? Spesso in questi mesi mi sono trovata allibita davanti a certi modelli educativi ma il mio giudizio ha dovuto sospendersi perché solo così avrei potuto entrare più a contatto con la realtà locale; non giudicare per aprire la strada alla comprensione.

“Do not discriminate children with special education needs. Let’s go to play together” (Non discriminare bambini con bisogni educativi speciali. Andiamo a giocare insieme). Questo è quello che è scritto sulla facciata esterna della classe. Dopo circa dieci minuti, mentre eravamo in classe Donald mi ha chiesto scusa per il comportamento avuto prima, avrei voluto scomparire. Sembrava avesse colto il messaggio che volevo passargli ed io ero amareggiata, triste perché forse quello che ho voluto fargli capire io sarebbe dovuto arrivare dai suoi educatori. Visto il sovraffollamento delle classi ordinarie succede che nelle classi differenziali ci finisce anche chi non ha proprio disturbi mentali ma semplicemente delle difficoltà di apprendimento. Effettivamente è quasi impossibile seguire questi casi in una classe con decine di bambini ed un solo insegnante.

Tutto questo ragionamento critico va però a scontrarsi con dei diritti, obiettivi e universali come in questo caso il diritto all’educazione. Emmanuel è stato inserito in un altro progetto della Comunità che gli garantisce un pasto, un insegnamento educativo più consono alle sue competenze, uno spazio ricreativo e, inshalla, tutto ciò gli permetterà di recuperare le mancanze scolastiche e di essere reinserito nella scuola governativa. Continuo il mio percorso in punta di piedi cercando di capire fino a che punto spingermi per far valere dei diritti che a mio parere sono indiscutibili ma che a quanto pare non sono riconosciuti universalmente da tutti gli abitanti di questa terra così variegata e piena di contraddizioni.

1 7


PAGINA

18

Diritti in Contro-Luce A CURA DI FRANCESCA CIARALLO

Contro Il 7 ottobre la guerra all’Afghanistan ha compiuto dieci anni. Dieci anni di guerra “umanitaria”. Che risultati ha prodotto? Missione di pace e di progresso. Doveva portare benessere, scuole, sanità. Eppure l’analfabetismo e la povertà sono saliti, l’aspettativa di vita è scesa, i bambini e le donne muoiono di parto più di dieci anni fa. (fonte: Emergency-Peacereporter). Dieci anni fa, in Afghanistan stavano decisamente meglio. Anche noi in Italia stavamo decisamente meglio. Forse questa è la vera novità. Questa guerra non è servita davvero a niente. Nemmeno a far ripartire le economie di un occidente che più decaduto di così non si può. Soldi ne son girati tanti: quasi duemila miliardi di dollari solo in Afghanistan. Poi c’è stato l’Iraq, e poi ci sono stati tutti i soldi girati per produrre armi, logistica, attrezzature. Miliardi di miliardi di dollari. Che non sono serviti a nulla. Perché a nulla serve la guerra. E persino in Afghanistan, dopo aver speso duemila miliardi di dollari (con questa cifra lo si poteva foderare d’oro e trasformare nella Svizzera d’Asia), adesso a Kabul la gente muore di fame.


OTTOBRE

2011

PAGINA

Luce Un giovane tedesco “inventa” la mappa dei luoghi senza barriere architettoniche. 75mila i posti censiti finora in tutto il mondo. Raul Krathausen è un trentunenne di Berlino affetto da una grave malattia alle ossa. Costretto a vivere su una sedia a rotelle, finora ha sempre frequentato gli stessi luoghi, dove sapeva che nessuna barriera architettonica gli avrebbe impedito l'accesso. Finché non ha inventato Wheelmap.org, un sito sostenuto da Google in cui si trova la mappatura di tutti i luoghi dove si può andare in sedia a rotelle senza incontrare ostacoli. "Prima riuscivo a frequentare solo i soliti posti - ha raccontato Raul Krathausen al quotidiano Bild -. Solo in Germania esistono 1,6 milioni di disabili. Quindi 1,6 milioni di possibili utenti di questo servizio". Il sito, interamente programmato dall'inventore berlinese, ha registrati 75mila luoghi in tutto il mondo, catalogati in alimenti, alloggio, shopping, tempo libero, sport e molto altro. Il sito è in grado di segnalare anche se il locale ha disponibilità o meno di servizi per disabili o se il gradino d'ingresso supera i 7 cm. Esiste anche un'applicazione per iPhone scaricabile gratuitamente da AppStore.

www.wheelmap.org

19


’ Nel 1998 da una intuizione profetica di don Oreste Benzi, nasce il Da questa consapevolezza e da queste intuizioni si sono sviluppate Progetto Go’El, all’interno della Comunità Papa Giovanni XXIII.

nel tempo diverse azioni di intervento :

L’anima del Progetto Go’El è garantire il sostegno diretto a persone Al fine di sostenere gruppi e associazioni locali nello sviluppo di e gruppi che, dal basso e sempre optando per la scelta assoluta di strategie di promozione dei diritti umani abbiamo promosso l’avvio nonviolenza, lottano nelle proprie società, per la tutela e afferma- di microprogetti di cooperazione decentrata in campo educativo, formativo ed informativo. La forza della consapevolezza dei propri zione dei diritti umani. diritti violati e la capacità di intuire nuove strade di crescita, possoCome nella tradizione biblica, il Go’El era al fianco dell’oppresso e camminava con lui verso la liberazione, così il Go’El odierno condi- no aprire strade di liberazione inaspettate! vide le battaglie, le fatiche, a volte la disperazione degli ultimi. Sempre con la forza della nonviolenza per rimuovere le cause generatrici di ingiustizia.

Abbiamo inviato giovani volontari opportunamente formati presso i partner locali delle azioni progettuali nella consapevolezza che come la loro presenza può contribuire positivamente con il proprio lavoro, al miglioramento delle attività del progetto, così la loro esperienza di condivisione diretta con chi lotta per affermare i propri diritti, può formare ed educare positivamente il giovane ai valori della solidarietà e giustizia. Nulla è più determinante di una testi-

Nella visione della costruzione di una società più giusta per tutti e soprattutto per i più deboli, quella che don Oreste Benzi definiva come “la società del gratuito” – dove non esistono più oppressi e oppressori, poveri e ricchi, ma tutti possono godere dei beni della monianza diretta, nell’operare il cambiamento! Terra, secondo il proprio bisogno - ogni persona ha diritto a eserciAbbiamo promosso azioni di informazione dal basso ed autoprotare pienamente i suoi diritti. dotta nella consapevolezza che la testimonianza, il racconto diano La strada assegnata al Progetto Go’El è di supportare quelle parti valore e coerenza all’esperienza di condivisione diretta nel fare una della società civile che nei diversi contesti e aree si impegnano per informazione che parli al cuore delle persone e porti l’opinione pubblica ad aprirsi ad una analisi approfondita sulla realtà i fatti. costruire la “società del gratuito”. Vedendo non si può far finta di non sapere, e non si può fare a meLa peculiarità del Progetto Go’El si basa sulla consapevolezza che no di denunciare. E’ una responsabilità ! un cambiamento radicale di questo sistema sociale vessatorio possa avvenire solo partendo dalla costruzione di relazioni umane pro- E questo, nell’impegno del Progetto Go’El, il nostro dare voce a chi fonde, tra chi è oppresso, chi lotta per l’affermazione dei diritti non ha voce. negati, e chi si mette in suo ascolto e decide di sostenerlo. Da relazioni umane importanti che hanno al centro la liberazione dei deboli ed oppressi nascono le intuizioni e le azioni nonviolente di lotta.

Servizio Obiezione e Pace Progetto Go’El “Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII”

goel@apg23.org


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.