Tesi CICCIONI

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ISFOA

Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale Libera e Privata Università Telematica a Distanza di Diritto Internazionale Ente di Ricerca Senza Scopo di Lucro e di Interesse Generale

PAOLA CICCIONI

NUOVE METODOLOGIE DIDATTICHE ED AMBIENTI DI APPRENDIMENTO NELL’ERA DIGITALE TESI in

Scienze della Formazione Primaria

ISFOA Edizioni Accademiche Scientifiche Internazionali Digitali


Paola Ciccioni , vanta una rilevante carriera professionale maturata in oltre 15 anni all’ interno di una importante impresa multinazionale italiana , Almaviva , struttura che opera nel settore della tecnologia dell’ informazione e nei servizi in outsourcing di CRM Customer Experience , a livello globale nei seguenti mercati : cyber security , difesa e sicurezza , banche e assicurazioni , trasporti e logistica , agricoltura , sanità , telco , energia & servizi , pubblica amministrazione centrale e locale . Almaviva impiega 45.000 risorse umane , 11.000 delle quali in Italia e 34.000 all’estero , risultando il 5º gruppo privato italiano per numero di occupati , sviluppando un fatturato nel 2018 pari a 823 milioni di euro essendo presente attraverso 40 sedi in Italia e 22 all’estero . Paola Ciccioni , inserita nella divisione direttiva denominata CRM Customer Relationship Managament del gruppo Almaviva , ha gestito , attraverso moderni ed innovativi software gestionali digitali , in particolare per l’ area telefonia , documentale e gestione dati il rapporto in essere con importanti e prestigiosi clienti di rilevanza nazionale rappresentati da : - VODAFONE 190 (Servizio Clienti Telefonia Mobile); - TIM 119 (Servizio Clienti Telefonia Mobile); - SOGEI (Servizio Invio Tessera Sanitarie Elettroniche); - TIM 191 (Servizio Clienti Telefonia Mobile Business); - CONSIP per TIM (Servizio Clienti Telefonia Mobile per Pubbliche Amministrazioni); - ENI GRANDI CLIENTI (Servizio Clienti per Società e Gruppi Industriali); - CONSIP per ENI (Servizio Clienti per Pubbliche Amministrazioni). Paola Ciccioni , attualmente svolge la propria attività professionale nell’ area del supporto specialistico ed integrazione scolastica , infatti , dopo aver lasciato il gruppo Almaviva si è dedicata a tempo pieno a sviluppare un preciso ed intenso percorso di formazione professionale e di studi accademici concluso con il conseguimento dei seguenti titoli ed attestazioni : Attestato di “Esecutore BLSD” ( Rianimazione Cardiopolmonare di Base con uso di Defibrillatori Semi- Automatici Esterni ) ottenuto presso l’Italian Resuscitation Council – Roma ; Attestato di “Esecutore PBLSD” ( Rianimazione Cardiopolmonare di Base con uso di Defibrillatori Semi- Automatici Esterni – Pediatrico ) ottenuto presso l’Italian Resuscitation Council – Roma ; Titolo di “Assistente per l’Autonomia e la Comunicazione”, riconosciuto dalla Regione Lazio ; qualifica abilitante all’assistenza educativa all’interno di istituti scolastici e privati di soggetti adulti e minori svantaggiati mentalmente e fisicamente .


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Indice Capitolo I Le nuove competenze per gli insegnanti 1.1 Insegnamento e apprendimento nell’era del Web 2.0 1.2 DigCompEdu (Digital Competence Framework for Educators) 1.3 Risorse digitali: E-learning

Capitolo II I nuovi metodi formativi: Fad e nuove linee guida per l’istruzione 2.1 Fad ( Formazione a distanza) 2.2 Apprendimento 2.0

Capitolo III Metodologie didattiche 3.1 Web 2.0, apprendimento e nuova scuola 3.2 Piano Nazionale Scuola Digitale e metodologie didattiche attive 3.3 Metodologie innovative e BES 3.4 Metodi e strumenti per gli insegnanti nell’epoca 2.0: formazione , coaching , tutoring ed empatia nella gestione del conflitto

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Capitolo I Le nuove competenze per gli insegnanti

“L’umanità sta acquisendo tutta la tecnologia giusta per tutte le ragioni sbagliate.” (R. Buckminster Fuller)

1.1 Insegnamento e apprendimento nell’era del Web 2.0

La parola istruzione significa essenzialmente formazione scolastica, cultura, competenza e abilità. L’origine è latina ed il termine rimanda al verbo struo/strùere, al quale possiamo assegnare i seguenti significati: 1) Ammucchiare, accatastare, accumulare, ammassare; 2) Fabbricare, costruire, erigere, edificare 3) Porre in ordine, disporre, schierare; 4) Ordinare, comporre. Da questo verbo latino derivano le parole: stru-ctura (Struttura), in-struere (istruire); in-stru-mentum(strumento),con-struere(costruire),de-struere(distruggere). La stessa cosa avviene con la parola educazione, laddove educare(e-duco) significa originariamente «condurre fuori» e dunque quando parliamo dell’istruzione e dell’ istruire facciamo

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riferimento alla conoscenza che «entra» ed in educazione, alla persona formata che «esce». Il termine “ istruzione “ ci consente di comprendere pienamente il valore stesso di questo processo, in quanto si riferisce esattamente a ciò che si mette dentro, a ciò che si insegna ed a tutta la quantità e la qualità dei contenuti. La parola formazione, invece, deriva dal verbo formare e significa dare forma, modellare, sistemare le competenze, produrne padronanza; dunque formare equivale ad insegnare e l’atto dell’insegnamento avviene attraverso la didattica, ovvero l’insieme delle tecniche che il docente adotta in classe, per rendere più efficace l’apprendimento. Secondo Valeria Zagami “Al centro della classe c’è sempre l’insegnante: è l’insegnante che governa i processi e fa da guida e da riferimento per gli allievi, che progressivamente acquisiscono autonomia.” (V.Zagami, https://it.pearson.com) E’ evidente dunque, che gli insegnanti posseggano un ruolo fondamentale durante il percorso evolutivo e formativo dei propri allievi e per questo motivo necessitano formazione ed aggiornamenti continui, atti a garantire sempre nuove forme di didattica in grado di generare innovazione e cambiamenti rispetto all’insegnamento tradizionale. Prosegue Zagami: “Nell’impostazione tradizionale e prima di Internet, la scuola ha rappresentato l’unico ambiente di apprendimento, l’unica istituzione da cui sono dipesi, per unilaterale trasmissione, gli sviluppi mentali, culturali e morali dei ragazzi. I ragazzi di oggi sono “nativi digitali” l’attuale generazione di studenti ha sviluppato una nuova modalità di apprendimento cognitiva, e visiva: gli studenti imparano guardando e facendo e dispongono di una fonte di informazioni on-line pressoché infinita.”(ibidem)

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In questa ottica dunque ogni docente deve necessariamente creare un adeguato ambiente di apprendimento, sia in ambito psico-pedagogico che organizzativo, che didattico, al fine di creare una strategia formativa ed educativa, capace di garantire qualità dell’apprendimento molto elevate. Sempre Zagami afferma: “Nel corso degli anni la figura del docente si è modificata grazie ad innovazioni e nuove tecnologie, dalla figura istituzionale di docenza si è passati ad una figura “incline alle novità” in continuo aggiornamento, aperta a sempre nuove tecnologie, mantenendosi al passo verso una scuola sempre più digitale.” (ibidem) Se l’approccio del vecchio metodo era lineare, sequenziale, strutturato, argomentativo e per lo più deduttivo, oggi quello dei nuovi metodi formativi nell’era del Web.2.0, è invece caratterizzato dalle logiche di ipertestualità, ipermedialità, reticolarità ed esplorazione introdotte da Internet. Le nuove generazioni sono immerse in una quotidianità fortemente contrassegnata dalla presenza delle tecnologie. La scuola tradizionale aveva un pilastro fondamentale: il programma centrale, ministeriale, contenitore di un sapere dato e da trasmettere indiscutibilmente. La scuola di oggi, collocata in un contesto nel quale, attraverso internet, la formazione è continua, di molteplice forma e contenuto, perché proveniente da molteplici fonti, si è adeguata, con strumenti normativi ed operativi, transitando dal programma centrale alla programmazione autonoma. In tal modo essa costituisce un momento di snodo, una bussola regolatrice di un flusso formatore inarrestabile che invade quotidianamente la vita di tutti. In tale contesto la preparazione e la responsabilità dei docenti aumentano notevolmente. In quest’ottica dunque la rete è intesa come “luogo” dove dar vita a un

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processo di insegnamento/apprendimento e non solo come strumento di trasmissione dei materiali didattici. Un “luogo” connotato da un elevato livello di interattività fra tutti gli attori coinvolti nella formazione e quindi tutor, allievi, formatori ed esperti. Il Web certamente, raffigura un astratto spazio d’informazioni all’interno di Internet composto da musica, materiale multimediale, immagini e se internet è un’infrastruttura costituita da una rete fisica composta da cavi e computer, il Web invece è composto da una serie di collegamenti o link che originariamente aveva lo scopo di integrare una grande quantità di documenti di diverso genere e formato tra loro e renderli accessibili attraverso collegamenti incrociati, oggi invece consente un’esperienza d’apprendimento che nei processi formativi deve essere necessariamente tenuta in profonda considerazione. Dunque il Web 2.0 è semplicemente noi, o parte di noi, ovvero tutta quella parte che ha accettato di condividere informazioni, commenti, idee, con altri milioni di utenti, attraverso post sui social network (Linkedin, Twitter, Facebook) o sui blog; fotografie attraverso Flickr o Instagram oppure video su Youtube. Il Web 2.0 quindi, evidenziando la sua duttilità e semplicità d’uso, offre all’utente comune, non esperto, l’opportunità della libera espressione dell’individuo, che può: pubblicizzare la sua persona, la sua professione o attività e/o la sua competenza per un argomento specifico, in maniera semplice, veloce e gratuita ed oggi consente un percorso necessario nei percorsi formativi e d’apprendimento.

1.2 DigCompEdu (Digital Competence Framework for Educators) Oggi una scuola innovativa e consapevole deve avere nel patrimonio delle

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sue esperienze, docenti in grado di possedere competenze altamente qualificate ed adeguate al susseguirsi delle scoperte tecnologiche quotidiane. Secondo Stefania Capogna: “Tra comunicazione ed educazione c’è sempre stata una stretta interdipendenza dal momento che l’atto educativo è un atto relazionale e comunicativo che si svolge tra soggetti che operano nello spazio e nel tempo e qualsiasi mutamento nella struttura spazio-temporale della comunicazione comporta un mutamento nelle modalità di esercizio educativo. La storia stessa è garante del fatto che le innovazioni tecniche nella sfera della comunicazione hanno spesso avuto una ricaduta su quella dell’educazione, vuoi sulle modalità didattiche, vuoi sul versante delle implicazioni cognitive; si pensi, per es., a come la stampa abbia condizionato le forme dell’istruzione e le concrete pratiche di studio.” (Capogna S.,2014 p.89) Siamo quindi giunti al DigComEdu, il primo framework che descrive le competenze che devono essere possedute attualmente da ogni docente. Il Digital Competence Framework for Educators è l’obiettivo principale Piano Nazionale della Scuola Digitale, e si rivolge a tutti i docenti di ordine e grado di istruzione o comunque a chiunque operi in ambito educativo, ed in contesti non formali afferenti. E’ composto (Framework), da sei diverse aree, che a loro volta sono articolate in diverse competenze, per un totale di ventitre. Inoltre sono stati previsti anche sei livelli di acquisizione delle competenze,che vengono identificati attraverse alcune combinazioni di lettere e numeri (da A1 a C2) già utilizzate con successo nel framework europeo delle lingue. Dino Galuppi nel suo interessante articolo: “ Competenze digitali dei docenti, la cassetta degli attrezzi si chiama DigComEdu” individua sei aree specifiche del DigComEdu:

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“ (1 Professional Engagement). La prima Area riguarda l’ambiente professionale e include 5 competenze: ● la creazione, la gestione, il mantenimento e lo sviluppo di sistemi per l’amministrazione delle classi e degli studenti (1. Data Management); ● le modalità e l’uso delle tecnologie per la didattica (2 Organisational communication); ● l’uso degli ambienti virtuali per la collaborazione e la condivisione e la partecipazione a reti di sviluppo professionale (3 Professional collaboration); ● la capacità di riflettere sull’uso delle tecnologie nelle proprie pratiche didattiche (4 Reflective practice); ● le pratiche relative alla formazione continua e allo sviluppo professionale (5 Digital Continuous Professional Development) attraverso risorse e strumenti digitali. (2. Digital Resources). L’area 2 è focalizzata invece sulle risorse e i contenuti digitali con le seguenti tre competenze: ● la ricerca, la selezione e la valutazione di risorse digitali per la didattica, (2.1 Selecting digital resources); ● l’organizzazione, la condivisione e la pubblicazione consapevole di risorse,(2.2 Organising, sharing and publishing digital resources); ● la creazione e la manipolazione di contenuti digitali, specificamente progettati per la didattica (2.3 Creating and modifying digital resources).

(3. Digital Pedagogy).La terza area riguarda gli aspetti pedagogici e di-

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dattici connessi all’uso delle tecnologie e viceversa. Quest’area include altre quattro competenze: ● la capacità di “orchestrazione” delle tecnologie all’interno dell’insegnamento (3.1 Instruction); ● l’uso dei tool digitali per interazione tra docente e studente (3.2 Teacher-learner interaction); ● la capacità di stimolare e supportare attività collaborative tra gli studenti (3.3 Learner collaboration); ● l’uso delle tecnologie per sostenere attività di auto-formazione (3.4 Self-directed learning). (4. Digital Assessment).L’area 4 è invece relativa alla valutazione attraverso le tecnologie digitali e include tre competenze: ● l’uso di strumenti digitali per la valutazione formativa (4.1 Assessment formats); ● le competenze relative alla metodologia della ricerca didattica attraverso la raccolta e l’analisi di dati per valutare l’efficacia stessa degli interventi didattici (4.2 Analysing evidence); ● l’uso delle tecnologie digitali per fornire feedback agli studenti, per adattare rimodulare e personalizzare l’insegnamento (4.3 Feedback and Planning). (5. Digital empowerment). L’area 5 è dedicata alla personalizzazione e individualizzazione, nell’ottica del potenziamento dell’autoefficacia, con le tre competenze relative: ● accessibilità e inclusione, due temi di grande importanza per consentire la fruizione delle risorse digitali a tutti (5.1 Accessibility

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and inclusion); ● l’uso delle tecnologie per facilitare differenziazione, personalizzazione e individualizzazione del processo di apprendimento (5.2 Differentiation and personalisation); ● l’utilizzo dei tool digitali per il coinvolgimento attivo degli studenti nella didattica delle diverse discipline (5.3 Actively engaging learners). (6. Facilitating learners’ digital competence).L’area 6 si occupa, Infine, dello sviluppo della competenza digitale degli studenti. In quest’area sono previste 5 competenze: ● le prime tre riprendono i principali ambiti connessi al tema della competenza digitale, anche in relazione al modello DigComp. ● Si tratta di information literacy (6.1 Information and media literacy), ● di comunicazione e collaborazione digitale (6.2 Digital communication & collaboration), ● di creazione dei contenuti (6.3 Digital content creation); ● si introduce in modo esplicito l’argomento del “benessere”, cioè la capacità di “vivere le tecnologie” in modo sostenibile, dal punto di vista personale e sociale (6.4 Wellbeing); ● Problem solving (6.5 Digital problem solving).” (Galuppi D. 2018, www.tecnicadellascuola.it ) DigCompEdu rappresenta la massima espressione di un documento autorevole e dettagliato creato dalla sintesi di un lavoro complesso, svolto da differenti gruppi di ricerca e che desume la “vision” del lavoro quotidiano

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che ogni docente deve svolgere oggi, in una “ scuola digitale” e innovativa, all’avanguardia e al passo con i tempi. Un framework che consente, di avere una specifica linea guida che consente ad ogni attore che lavora nel mondo della formazione, di essere efficiente e preparato e capace di fornire il proprio contributo per accompagnare tutti in un percorso della “scuola digitale” profondamente complesso. Il DigCompEdu presenta chiaramente aspetti innovativi che passano dal benessere digitale, all’attenzione alle tecniche di ricerca educative e soprattutto rappresenta un interessante strumento per la formazione continua dell’insegnante e “per lo studente” e per lo sviluppo professionale e delle le competenze digitali di tutti gli attori della formazione.

1.3 Risorse digitali: E-learning Le relazioni umane sono state condizionate, per lungo tempo, dal limite fisico dell’udito e della vista, era infatti possibile relazionarsi con l’altro solo nei casi in cui, ci si poteva parlare, e udire fisicamente, solo quindi con coloro con cui si poteva utilizzare l’unico strumento comunicativo a disposizione: la parola. Oggi i media hanno garantito la possibilità di separare la contestualità fisica dalla comunicazione e da questo punto di vista, la scrittura è stata la prima e più importante tecnologia della comunicazione. Il segno, quale è la parola ha certamente la capacità di estendere i suoi effetti oltre i limiti dello spazio-tempo in cui è stata generata. E’ in grado di conservare il suo messaggio, con la speranza recondita e potente di imbattersi in futuri possibili interlocutori, in qualunque luogo essi siano situati. La parola è riuscita ad oltrepassare confini e distanze ed oggi grazie ad Internet ci ritroviamo testimoni di un inarrestabile processo di riaggregazioni reticolari (networking) e di riconfigurazioni. Secondo

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la definizione dal documento COM (2001)172 della Commissione delle Comunità Europee del 28 marzo 2001: “ E-learning s’intende l’uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione a distanza.” (D. Lipari, www.books.google.it) E’ un apprendimento personalizzato ed asincrono, quindi tarato in base alle proprie esigenze ed adattabile ai propri ritmi. Grazie all’E-learning, i metodi educativi si rinnovano ed i sistemi di apprendimento sono resi accessibili in ogni momento ed in ogni luogo; dunque l’interattività rappresenta il nucleo centrale nell’ambiente di apprendimento e l’approccio educativo è focalizzato sulle esigenze di chi deve formarsi e non più sui docenti. In questa nuova era digitale dove tutti siamo interconnessi i processi economici, si son fatti più flessibili, complessi ed interdipendenti. E’ assai evidente però che in ogni ambito professionale e personale, il fattore più significativo rimane sempre la valorizzazione delle risorse umane. Il sapere cambia radicalmente e continuamente e nuove informazioni entrano costantemente nello scenario complesso, della conoscenza. Attualmente la formazione, come sistema che fornisce, produce, accumula nuove conoscenze ha assunto un’importanza fondamentale, diventando la chiave del successo. E’ importante evidenziare che l’impatto di Internet condiziona fortemente i nostri modelli intellettivi e mentali e la cognizione ha perso la tradizionale connotazione di evento privato, per assumere quella di attività allocata anche all’esterno. Nell’epoca del Web 2.0, dove tutti siamo interconnessi, l’intelligenza è

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distribuita e non esiste più in maniera esclusiva nella nostra mente, ma ormai si basa costantemente su ausili, supporti dislocati al di fuori di noi. La conoscenza connettiva vede l’apprendimento come costruzione di network attraverso cui mondi ed esperienze tradizionalmente separati si compenetrano. Il compito delle istituzioni educative, nella società era quello di selezionare le conoscenze, garantendo la rilevanza e l’affidabilità delle stesse, oggi è necessario fornire strumenti critico-culturali necessari anche in un nuovo quadro formativo. L’e-learning deve essere dunque assunto come strumento fondamentale per la somministrazione di una formazione che aspira a fornire strumenti critico-culturali di aggiornamento professionale e valorizzazione, adeguato a rispondere continuamente alle evoluzioni del lavoro e della civiltà in genere. Per Bonaiuti: “L’e-learning incorpora gran parte delle problematiche che all’inizio di questo secolo investono sia il mondo della comunicazione, sia quello dell’educazione; nel mettere in campo il proprio strumentario tecnico e metodologico si coniuga con una riflessione più ampia sulla natura della conoscenza e sulla sua costruzione, spinge a un ripensamento sui formati propri dell’educazione tradizionale, favorisce nuove pratiche e stili di apprendimento/lavoro, si compenetra in nuovi modelli e istituzioni per la formazione continua.” (Bonaiuti G., 2006 p.67) L’educazione a distanza negli anni Novanta, registra un incredibile incremento grazie ad Internet, in grado di fornire un importante ripensamento sui modelli stessi dell’autoformazione e della formazione a distanza, ricollocandoli all’interno di una concezione cooperativa, negoziale e pluricentrica dell’apprendimento, che nessun’altra forma tradizionale d’istruzione a distanza, può mai consentire.

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L’insegnamento nella didattica corrente, è separato dall’apprendimento, come spazio e luogo, invece nell’E-learnig le due funzioni si integrano e anche nel momento in cui accade sono orientate a mettere in evidenza, modi, tempi e caratteristiche di chi apprende, piuttosto, quelli di chi insegna. Il centro, il fulcro, sta all’interno di una logica di rete, nell’apprendimento del gruppo, in cui gli attori sono presenti, integrandosi e collegandosi fra loro e generando una comunità. Si produce in questo modo, una didattica di una comunità che apprende dando spazio all’elemento più interessante, che è la flessibilità sia dei contenuti, che dei ruoli, che delle attività stesse. Secondo David W. Johnson e Roger T. Johnson “ La cooperazione di piccolo gruppo utilizza l’«interdipendenza positiva» per favorire l’apprendimento e la relazione tra gli studenti. L’interdipendenza positiva indica « un rapporto con, un legame con, una dipendenza da.. ». Stabilire interdipendenza significa che per raggiungere uno scopo o svolgere un compito non è possibile agire da soli: gli altri sono necessari e indispensabili. L’interdipendenza positiva è il fattore più rilevante di una didattica cooperativa. Con essa si pongono al centro del processo d’istruzione le risorse degli allievi. Quando gli allievi comprendono che il raggiungimento di uno scopo richiede cooperazione tra loro ed esige impegno da parte di tutto il gruppo, un insegnante può concludere che i suoi alunni stiano vivendo una condizione d’interdipendenza positiva.” (Johnson D.W., Johnson R.T., 2015 p.41) E’ evidente che l’efficacia del metodo è ascrivibile ad un profondo «impegno individuale responsabile» che poi però si sviluppa in una struttura d’interdipendenza. Nell’E-L un’attività viene organizzata secondo una distribuzione di ruoli, compiti, risorse, ma anche associata a scopi misurabili in base a criteri di successo, o a compiti che implicano necessariamente il

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contributo di più soggetti per essere completati, questo fa si che si creino condizioni utili a favorire nei singoli alunni la disponibilità a portare a termine il compito contribuendo direttamente a un risultato condiviso. Inoltre l’e-learning consente ai docenti: ● Superare la costrizione spazio temporale rispetto alla scuola reale ● Interagire, ovvero mettere in comunicazione la comunità di apprendimento ● Integrare i contenuti attraverso l’utilizzazione della rete internet, nella didattica come inesauribile fonte di conoscenze e contenuti. ● E soprattutto usare l’apprendimento informale, un nuovo apprendimento che recenti ricerche hanno dimostrato essere, la fonte preferenziale alla quale gli attori della formazione si riferiscono maggiormente per migliorare la propria conoscenza. Il fine dell’attività formativa è quello di far crescere l’allievo nel modo più completo promuovendo in lui l’acquisizione del sapere, dell’attitudine alle relazioni sociali, del saper fare, delle competenze, delle abilità fondamentali per un proficuo prosieguo nel cammino dell’apprendimento continuo. E’ indubbio che il fattore che fa la differenza, è la predisposizione dei mezzi idonei ad ottenere tali risultati. Oggi, da una parte abbiamo le metodologie didattiche tradizionali, fondate su azioni strategiche di formazione e dunque sull’attività espositiva del formatore stesso: pensiamo alla loro espressione più universale nella lezione, intesa come trasmissione unilaterale di conoscenze da parte di chi insegna a chi ascolta ed apprende, fino ad arrivare ad altri tipi di comunicazione, esclusivamente fondati sull’esposizione dell’oratore, come ad esempio la prolusione, la dissertazione, la conferenza ovvero da

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quella categoria, costituita dalle cosiddette metodologie tive.

didattiche at-

Si tratta delle attività procedurali che rendono l’allievo protagonista attivo del suo stesso apprendimento, impegnandolo e coinvolgendolo in un’azione di costruzione diretta delle sue conoscenze. L’Osservatorio Anee, a seguito di un’indagine di mercato con la finalità di individuare una definizione esauriente dell’E-learning,lo definisce: “ una metodologia di insegnamento e apprendimento che coinvolge sia il prodotto sia il processo formativo. Per prodotto formativo si intende ogni tipologia di materiale o contenuto messo a disposizione in formato digitale attraverso supporti informatici o di rete. Per processo formativo si intende invece la gestione dell’intero iter didattico che coinvolge gli aspetti di erogazione, fruizione, interazione, valutazione. In questa dimensione il vero valore aggiunto dell’e-learning emerge nei servizi di assistenza e tutorship, nelle modalità di interazione sincrona e asincrona, di condivisione e collaborazione a livello di community.” (Liscia R. 2004) Secondo la definizione dal documento COM (2001)172 della Commissione delle Comunità Europee del 28 marzo 2001: “E-learning s’intende l’uso delle tecnologie multimediali e di Internet per migliorare la qualità dell’apprendimento facilitando l’accesso alle risorse e ai servizi, così come anche agli scambi in remoto e alla collaborazione a distanza.” (COM 2001, p.10) E’un apprendimento personalizzato ed asincrono, quindi tarato in base alle proprie esigenze ed adattabile ai propri ritmi. Grazie all’E-learning, i metodi educativi si rinnovano ed i sistemi di apprendimento sono resi accessibili in ogni momento ed in ogni luogo; dunque l’interattività rappresenta il nucleo centrale nell’ambiente di apprendimento e l’approccio

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educativo è focalizzato sulle esigenze di chi deve formarsi e non più sui docenti. In questa nuova era digitale dove tutti siamo interconnessi i processi economici, si son fatti più flessibili, complessi ed interdipendenti. E’ assai evidente però che in ogni ambito professionale e personale, il fattore più significativo rimane sempre la valorizzazione delle risorse umane. Il sapere cambia radicalmente e continuamente e nuove informazioni entrano costantemente nello scenario complesso, della conoscenza. Attualmente la formazione, come sistema che fornisce, produce, accumula nuove conoscenze ha assunto un’importanza fondamentale, diventando la chiave del successo. E’ importante evidenziare che l’impatto di Internet condiziona fortemente i nostri modelli intellettivi e mentali e la cognizione ha perso la tradizionale connotazione di evento privato, per assumere quella di attività allocata anche all’esterno. La conoscenza connettiva vede l’apprendimento come costruzione di network attraverso cui mondi ed esperienze tradizionalmente separati si compenetrano. Il compito delle istituzioni educative, nella società era quello di selezionare le conoscenze, garantendo la rilevanza e l’affidabilità delle stesse, oggi è necessario fornire strumenti critico-culturali necessari anche in un nuovo quadro formativo. L’e-learning deve essere dunque assunto come strumento fondamentale per la somministrazione di una formazione che aspira a fornire strumenti critico-culturali di aggiornamento professionale e valorizzazione adeguati a rispondere continuamente alle evoluzioni del lavoro e della civiltà in genere.

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Bibliografia/sitografia Bonaiuti G. (2006). E-learning 2.0. Evoluzione dell’apprendimento in rete nell’incontro tra formale e informale. Trento Capogna S. (2014). Scuola universita e-learning: Un’analisi sociologica, in Modernità e Società a cura di Roberto Cipriani, Armando Editore, Roma D. Lipari, La comunitá di pratica come contesto sociale di apprendimento e condivisione della conoscenza. Prospettive teoriche e di metodo. https://books.google.it/books?id=OtUnDwAAQBAJ&pg=PT37&lpg=PT37&dq=%E2%80%9C+E-learning+s%27intende+l%27uso+delle+tecnologie+multimediali+e+di+Internet+per+migliorare+la+qualit%C3%A0+dell%27apprendimento+facilitando+l%27accesso+alle+risorse+e+ai+servizi,+cos%C3%AC+come+anche+agli+scambi+in+remoto+e+alla+collaborazione+a+distanza+%E2%80%9D&source=bl&ots=628SPArQHp&sig=ACfU3U3PFA5UMng2X2XyOJvx_ bV-R_MNKw&hl=it&sa=X&ved=2ahUKEwjPr8KVisrgAhVL1hoKHffoAFAQ6AEwAnoECAcQAQ#v=onepage&q=%E2%80%9C%20 E-learning%20s’intende%20l’uso%20delle%20tecnologie%20multimediali%20e%20di%20Internet%20per%20migliorare%20la%20qualit%C3%A0%20dell’apprendimento%20facilitando%20l’accesso%20 alle%20risorse%20e%20ai%20servizi%2C%20cos%C3%AC%20 come%20anche%20agli%20scambi%20in%20remoto%20e%20alla%20 collaborazione%20a%20distanza%20%E2%80%9D&f=false Galuppi D. (2018). Competenze digitali dei docenti, la cassetta degli attrezzi si chiama DigComEdu. https://www.tecnicadellascuola.it/competenze-digitali-dei-docenti-la-cassetta-degli-attrezzi-si-chiama-digcomedu Liscia R. (2004) Osservatorio ANEE, E-learning stato dell’arte e prospettive di sviluppo, Milano, Apogeo

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COMMISSIONE DELLE COMUNITÀ EUROPEE, Comunicazione della commissione Realizzare uno spazio europeo dell’apprendimento, Bruxelles, 21.11.2001 COM(2001) 678 definitivo pag.10 Johnson D.W., Johnson R.T. (2015). Apprendimento cooperativo in classe. Migliorare il clima emotivo e il rendimento, Ed. Erikson V.Zagami: Come cambia il processo di apprendimento grazie alle TIC, https://it.pearson.com/aree-disciplinari/italiano/didattica-digitale/processo-apprendimento-tic.html

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Capitolo II I nuovi metodi formativi : Fad e nuove linee guida per l’istruzione.

“L’istruzione è l’arma più potente che puoi utilizzare per cambiare il mondo.” Nelson Mandela

2.1 Fad Oggi gli studenti imparano in un’infinita varietà di contesti informali al di fuori delle mura scolastiche. L’apprendimento avviene quando qualcosa emoziona, consente di trovare risposte, cattura l’interesse. Il sapere che attualmente si sviluppa in contesti informali ha un valore pratico potentissimo e nasce da emozioni ed interessi che possono sbloccare il potenziale creativo dei più giovani. Inoltre gli studenti che integrano le proprie passioni nel percorso scolastico formale sono solitamente anche più motivati nello studio. Tra i nuovi metodi didattici, certamente riveste molta importanza la formazione a distanza che ritrae un’eccellente opportunità formativa alternativa rispetto ai tradizionali sistemi formativi impartiti in aula. Ci consente infatti di soddisfare una domanda formativa che sarebbe destinata a restare inevasa altrimenti. Non soltanto permette di abbattere una serie di difficoltà dovute alla mancanza di tempo, di denaro e di possibilità concreta di frequentare dei corsi tradizionali, ma offre allo studente la possibilità di avere una maggiore indipendenza, scandendo in modo molto flessibile la sua attività di ap-

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prendimento disegnando così in modo personale ed autonomo il proprio processo di apprendimento. Lo sviluppo rapido delle tecnologie ha prodotto un’accelerazione notevole, nella trasmissione dei messaggi didattici stabilendo nuove forme di interazione mediata, sia tra allievi e allievi che fra allievi e la struttura che assume il ruolo docente. In questi ultimi anni, la FAD si presenta come opportunità di un’ulteriore formazione alternativa a quella offerta dalle università tradizionali per i giovani ed una soluzione privilegiata per ricostituire un proprio repertorio di competenze professionali e culturali nel caso degli adulti. Esistono tre generazioni di formazione a distanza che ci consentono anche di approfondire e capire le nuove forme di didattica digitale e le nuove forme di apprendimento ed istruzione. I sistemi FAD, passano da quelli di prima generazione o semplicemente per corrispondenza, che rintracciamo nella metà dell’Ottocento, per arrivare poi ai primi anni ’60, in cui i cosiddetti sistemi FAD plurimediali/ multimediali o di seconda generazione, furono contraddistinti dall’uso integrato di registrazioni sonore trasmissioni televisive, materiale a stampa, e in alcuni casi software didattico o courseware. Anche in questo caso il processo di interazione, fra studente e docente continua ad essere statico e quasi inesistente, anche se include le attività tutoriali in presenza, l’assistenza telefonica, e più recentemente i collegamenti tramite e-mail e fax. È quindi evidente che la formazione a distanza di prima e seconda generazione furono prevalentemente basate sulla produzione e la estensiva distribuzione di materiali didattici nei confronti dei discenti da formare. La comunicazione con gli studenti è quasi del tutto non organizzata ed inesistente, mantenendo un carattere relativamente marginale questo

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fenomeno è evidente in quanto nei sistemi di prima e seconda generazione, la copertura di distanze geografiche ampie e/o il raggiungimento di vaste popolazioni di utenza, resta il problema principale e più evidente. E’ palese però riconoscere un’inefficienza sul piano dell’apprendimento che non si identifica più in un processo sociale, che generalmente è riscontrabile invece in una metodologia face to face. Nelle FAD di prima e seconda generazione quindi è palese un processo di tipo individuale in grado di creare classi virtuali svuotate quindi di quell’apertura socio-cognitiva tipicamente presente all’interno di una classe tradizionale. Ogni innovazione nella tecnologia della comunicazione, esercita una ricaduta al proprio interno, oltre a suggerire nuovi modelli didattici e ad allargare l’orizzonte di applicazione comunicativa, favorendo una comprensione più analitica delle stesse modalità che l’hanno preceduta e che continuano a essere impiegate nelle forme tradizionali. La multimedialità ha permesso una migliore comprensione della natura stessa del libro, della sua organizzazione interna e della sua “navigabilità’”, così come la didattica a distanza nel suo apparire come ambito metodologico e tecnologico specifico ha facilitato la comprensione della relazione educativa e delle soluzioni didattiche che essa può consentire. Il pedagogista Moore già nel 1938 mise in evidenza il carattere fenomenico della “distanza”: “esiste una distanza nella presenza, una distanza transazionale e, all’opposto, una prossimità virtuale; la distanza si può ridurre attraverso la dialogizzazione della comunicazione educativa (M.G. Moore, 2005 ) .1” Un aspetto che può essere sensibilmente modificato dai nuovi media e che 1 M.G. Moore, K. Shattuck, A. Al-Harthi, Cultures meeting cultures in online distance education, «Journal of e-learning and knowledge society», 2005, 2, pp. 187-203.

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nel suo complesso favorisce personalizzazione ed autonomia e focalizzando l’allievo, la dimensione collaborativa e la flessibilità dei percorsi. L’approccio del vecchio metodo era lineare, sequenziale, strutturato, argomentativo e per lo più deduttivo. Quello dei nuovi metodi è invece caratterizzato dalle logiche di ipertestualità, ipermedialità, reticolarità ed esplorazione introdotte da Internet. Gli studenti di oggi, quando cominciano il loro percorso formativo, non sono più delle tabulae rasae sulle quali scrivere. Essi dispongono di una facilità di accesso all’informazione e di una libertà di esplorazione nel Web tali da essere molto più sicuri ed autonomi. L’irruzione prepotente delle TIC nella vita quotidiana degli studenti ha causato nuove criticità e complessità: maggiore disponibilità di strumenti, supporti e contenuti, differenti modelli di costruzione del proprio sapere, sia come contenuto che come metodologia di studio. Le nuove generazioni sono immerse in una quotidianità fortemente contrassegnata dalla presenza delle tecnologie. La scuola tradizionale aveva un pilastro fondamentale: il programma centrale, ministeriale, contenitore di un sapere dato e da trasmettere indiscutibilmente. La scuola di oggi, collocata in un contesto nel quale, attraverso internet, la formazione è continua, di molteplice forma e contenuto, perché proveniente da molteplici fonti, si è adeguata, con strumenti normativi ed operativi, transitando dal programma centrale alla programmazione autonoma. In tal modo essa costituisce un momento di snodo, una bussola rego-

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latrice di un flusso formatore inarrestabile che invade quotidianamente la vita di tutti. In tale contesto la preparazione e la responsabilità dei docenti aumentano notevolmente. La progressiva e profonda evoluzione delle tecnologie della comunicazione connesse alle telecomunicazioni ed ai mezzi di trasporto, ha costantemente condizionato parallelamente, l’evoluzione dei sistemi FAD. In realtà, il primo corso di per corrispondenza risale ai primi dell’Ottocento, ad opera di Isaac Pitman che fondò una scuola di stenografia, e questo tipo di formazione aveva degli elementi caratteristici, innanzi tutto le lezioni venivano inviate per corrispondenza cartacea. L’interazione tra docente e studente era limitata all’invio degli elaborati e l’interazione tra studenti di fatto non esisteva perché coloro che partecipavano al medisimo corso per corrispondenza, non potevano comunicare tra di loro. Secondo Bolter e Grusin: “ La condivisione spazio-temporale tra educatore e allievo ha rappresentato un riferimento costante nell’educazione e fa ancora parte del sentire comune ritenere che questa, nel senso vero del termine, si debba svolgere attraverso una compresenza fisica anche se, dall’affermarsi della scrittura, la storia della comunicazione ha mostrato come siano possibili dialoghi educativi a distanza (si pensi agli epistolari scritti a scopo di educazione-istruzione come le lettere di Platone a Dionigi di Siracusa o quelle di s. Paolo rivolte alle comunità cristiane) (J.D. Bolter, 2002) .2” Le prime applicazioni significative ed importanti di metodologie di formazione a distanza, è possibile rintracciarle verso la fine del diciannovesimo secolo, epoca in cui quando lo sviluppo del trasporto ferroviario e le nuove tecniche di stampa, permisero la distribuzione estensiva e la

2 J.D. Bolter, R. Grusin, Remediation: understanding new media, Cambridge (Mass.) 1999 (trad. it., Remediation: competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi, Milano 2002).

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produzione, di materiale didattico a gruppi di studenti distribuiti, su aree geografiche molto vaste. All’inizio del ventesimo secolo, nel Vecchio Continente, la didattica per corrispondenza esce, dagli ambiti ristretti, della classe media per essere scoperta come strumento di istruzione e formazione più marcatamente professionale e scolastico e destinato ai giovani invece che dagli adulti, e soprattutto erogata sempre più da soggetti aziendali ed istituzionali o aziendali e sempre meno da singoli individui. Tra gli anni venti e trenta una nuova tecnologia, si diffonde: la radio. Un mezzo innovativo e veloce che consente alla formazione di scoprire le potenzialità di propagazione dell’informazione nell’etere. Si passa così da una modalità di comunicazione impersonale ad una nuova modalità definita diffusionale e quindi “da pochi a molti”. Anche in questo caso però, indispensabili per la fase di verifica, vengono utilizzati supporti cartacei, inviati anche in questo caso per corrispondenza. A partire dagli anni quaranta sarà utilizzato frequentemente come supporto, anche il telefono fino a giungere agli anni cinquanta, complesso periodo di ricostruzione postbellica, in cui forte è il bisogno di richiedere l’ausilio, di strumenti formativi capaci di permettere una ripresa immediata e veloce delle attività scolastiche. Un’ulteriore innovazione tra gli strumenti per apprendere giunge negli anni sessanta, ovvero i supporti audiovisivi come la televisione ad esempio. Questo era il modello di scuola tipico della società industriale, nella quale l’informazione veniva dispensata dai media, secondo uno schema uno-a-molti (televisione e radio). Se si scandaglia la storia materiale della scuola italiana, ci si accorge che gli arredi, i quaderni e i sussidi didattici, erano finalizzati all’omologazione dei metodi di insegnamento e dei processi di apprendimento,

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nonché ad una omogeneizzazione dei contenuti educativi. Il banco scolastico del primo dopoguerra aveva il compito di affrancare il maestro dal governo della disciplina e di contenere la vivacità del fanciullo. Nonostante in America la sperimentazione dell’uso della televisione in ambito formativo fosse ormai iniziata da più di un ventennio, si scoprono le potenzialità anche in Europa. Le televisioni pubbliche europee infatti nei paesi impegnati nella ricostruzione del dopo guerra, si assumono l’arduo ed importante compito di divulgare e diffondere la cultura nazionale. Il mezzo televisivo e le immagini che esso utilizza riescono a raggiungere e quindi istruire e formare anche il pubblico con una bassa scolarizzazione. Inoltre, la nascita e l’utilizzazione del VHS (Video Home System) permisero la personalizzazione dei tempi di fruizione e dell’offerta formativa. Le FAD di seconda generazione furono generalmente sistemi integrati. Tutti gli audiovisivi infatti sono combinati con i supporti tradizionali, come ad esempio dispense cartacee, correlate a strumenti offerti dalla telematica quali fax e telefoni ad esempio. Un’innovazione importante si ebbe negli anni novanta, epoca in cui si sviluppò la teleconferenza, utilizzata essenzialmente in ambito didattico atta inizialmente per risolvere problemi logistici all’interno delle università. Il passaggio ai supporti di nuova generazione ha certamente potenziato una maggiore personalizzazione dei tempi e modi di fruizione ed hanno accresciuto una cultura dell’immagine, meno elitaria rispetto alla scrittura. E’ necessario sottolineare una particolare forma di apprendimento e.learning denominata blended: che può prevedere quindi un percorso di apprendimento misto o combinato, attraverso l’impiego di diversi media o di differenti modelli didattici. Naccamulli sul Blended afferma:

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“un mix sinergico e flessibile di diverse modalità e differenti sistemi di formazione realizzato in modo integrato e customizzato, ove l’online e il face to face si rafforzano reciprocamente (http://www.qtimes.it/flv/Cribari-gen%202014.pdf).” Scrive Trentin nel suo articolo “Formazione a distanza di terza generazione”: “ Con la progressiva evoluzione e diffusione nell’uso delle tecnologie telemediali, la categorizzazione “canonica” dei sistemi Fad necessita di una rivisitazione o, quanto meno, di una più dettagliata definizione riguardo le metodologie d’impiego delle reti nei processi di formazione continua e a distanza. Se all’inizio infatti queste sono state considerate prioritariamente come canali di distribuzione di massa per raggiungere in modo rapido ed economico i potenziali fruitori del prodotto formativo, nel corso degli anni si è andata via via consolidando l’idea che l’efficacia didattica della telematica si concretizzi non tanto nel sostituire il telefono o il servizio postale, quanto piuttosto nella capacità di realizzare nuove forme di interazione a distanza, attraverso l’allestimento di aule virtuali che consentano al singolo un’attiva partecipazione al processo formativo dalla propria residenza, sede di lavoro o di studio (http://www.qtimes.it/flv/Cribari-gen%202014.pdf).” In quest’ottica dunque la rete è intesa come “luogo” dove dar vita a un processo di insegnamento/apprendimento e non solo come strumento di trasmissione dei materiali didattici. Un”luogo” connotato da un elevato livello di interattività fra tutti gli attori coinvolti nella formazione e quindi tutor, allievi, formatori ed esperti. Ed in questo scenario comincia a trasparire una diversa categorizzazione dei modelli di formazione continua e a distanza passando da processi essenzialmente basati su processi si apprendimento altamente

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individualizzati tipicamente caratteristi delle formazioni a distanza tradizionali a quelli invece più basati su processi di apprendimento collaborativo . Trentin sintetizza così il ruolo e le caratteristiche della formazione a distanza di terza generazione: “1. libero della rete per l’accesso a materiali non strutturati secondo un esplicito percorso formativo(si è citata l’analogia con l’andare in un’immensa biblioteca); 2. di materiali didattici strutturati pensati per essere fruiti a distanza in autoistruzione; 3. di materiali didattici strutturati per essere fruiti a distanza, prevalentemente in autoistruzione, ma con un minimo supporto da parte dell’erogatore; 4. di materiali didattici, non necessariamente strutturati in un vero e proprio corso autoistruzionale, con assistenza di tutor e di docenti messi a disposizione dall’erogatore; 5. di approcci misti (presenza/distanza) basati sulla complementarietà fra momenti formativi in presenza e attività a distanza; 6. di approcci “puri” alla formazione in rete basati sulla forte interazione di tutte le componenti del processo (partecipanti, tutor, esperti); 7. delle comunità di pratica, teso alla costituzione di gruppi collaborativi composti, per esempio, da ex-corsisti o professionisti, che condividono esperienze, conoscenze e migliore pratiche nell’ottica di una crescita collettiva dell’intero gruppo. Sintetizzando ulteriormente, gli usi indicati ai punti

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• 1 e 2 sono tipici di un processo di apprendimento individualizzato; • 3 e 4 di un apprendimento assistito; • 5 e 6 di un apprendimento collaborativo basato su un processo formativo strutturato; • 7 di un apprendimento reciproco basato sulla condivisione di esperienze, conoscenze e migliori pratiche. Da sottolineare come il livello di interattività fra gli attori del processo tenda a crescere, passando da approcci basati esclusivamente sullo studio di materiale didattico a quelli che invece adottano strategie di apprendimento collaborativo. È quindi evidente l’importanza della relazione fra livello di interattività implicato da un particolare approccio e condizioni per un’efficace applicabilità dell’approccio stesso. Nella scelta di quest’ultimo si dovranno perciò tener presenti alcuni aspetti chiave, quali: • la reale esigenza di mettere in atto strategie di apprendimento attive e collaborative; • la consistenza numerica dell’utenza, che determina la scelta fra interventi estensivi e interventi intensivi; • il livello qualitativo che si desidera raggiungere, spesso direttamente proporzionale al livello di interattività del processo messo in atto; • i costi che l’interattività comporta e il ritorno d’investimento. E il maggiore o minore livello di interattività, proprio dell’uno o dell’altro approccio, è uno degli elementi chiave che guida nella progettazione dell’intervento, in particolare nella definizione delle attività e delle strategie didattiche da proporre al corsista per il raggiungimento degli obiettivi educativi dichiarati nel piano formativo.Ma non è solo qui che si risente

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della differenza fra la progettazione di un corso basato sull’uso di materiali didattici strutturati (estensivo o poco o nulla interattivo) e uno invece ispirato all’online education (intensivo e molto interattivo). Basti pensare alle questioni che riguardano il tipo di supporto da offrire al corsista, la definizione dei metodi e degli strumenti di valutazione, la realizzazione del kit dei materiali corsuali nonché la scelta dei servizi di rete più idonei per la gestione della comunicazione interpersonale e/o la distribuzione del materiale didattico (http://www.qtimes.it/flv/Cribari-gen%202014. pdf) ”. Nella FAD di terza generazione non si può non tenere conto delle metodologie didattiche attive, ovvero attività procedurali che rendono lo studente protagonista attivo del suo apprendimento, coinvolgendolo e impegnandolo in un’ azione di costruzione diretta delle sue conoscenze.

2.2 Apprendimento 2.0 Oggi si ritiene fondamentale creare connessioni virtuose fra ambienti di apprendimento interni ed esterni alla scuola, l’istruzione attuale ha l’obbligo di dotare gli studenti della capacità di pensare in modo indipendente, rigoroso, di pensare in modo creativo, nella piena consapevolezza di se stessi e del contesto sociale. I sistemi educativi e formativi attuali hanno il compito di evolvere. Nel Summit Equinox: Learning 2030 il “Waterloo Globale Science Initiative” ha raccolto professionisti, ricercatori e politici, i leader in materia di istruzione e di insegnamento, assieme a giovani che hanno innovato i loro percorsi di apprendimento allo scopo di fornire una prospettiva globale e intergenerazionale sull’apprendimento. Gli obiettivi di apprendimento per il 2030 devono essere:

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studenti, in grado di leggere, scrivere e lavorare con i numeri; studenti creativi e pensatori critici; in grado di identificare e sintetizzare, le conoscenze necessarie per affrontare una vasta serie di sfide in un mondo complesso e incerto; di collaborare efficacemente con gli altri, adattabili e resistenti di fronte alle avversità; consapevoli della società in cui vivono e di se stessi, dei propri punti di forza e limiti; etici, desiderosi di affrontare le sfide e le opportunità. Ma è necessaria, per raggiungere questi obiettivi, una diversa struttura dei sistemi scolastici, in cui la tradizionale organizzazione in corsi, orari, gradi classi, sia sostituita da forme di apprendimento più flessibili e creative e gestite direttamente dagli studenti allo scopo di sviluppare una comprensione più approfondita del sapere, che consenta di applicarli in altri contesti. Le relazioni umane sono state condizionate, per lungo tempo, dal limite fisico dell’udito e della vista, era infatti possibile relazionarsi con l’Altro solo nei casi in cui, ci si poteva parlare, e udire fisicamente, solo quindi con coloro con cui si poteva utilizzare l’unico strumento comunicativo a disposizione: la parola. Oggi i media hanno garantito la possibilità di separare la contestualità fisica dalla comunicazione e da questo punto di vista, la scrittura è stata la prima e più importante tecnologia della comunicazione. Il segno, quale è la parola ha certamente la capacità di estendere i suoi effetti oltre i limiti dello spazio-tempo in cui è stata generata. E’ in grado di conservare il suo messaggio, con la speranza recondita e potente di imbattersi in futuri possibili interlocutori, in qualunque luogo essi siano situati. La parola è riuscita ad oltrepassare confini e distanze ed oggi grazie ad Internet ci ritroviamo testimoni di un inarrestabile processo di riaggregazioni reticolari (networking) e di riconfigurazioni. Tim Ber-

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ners-Lee, il principale ideatore del world wide web afferma: “Il Web è più un’innovazione sociale che un’innovazione tecnica. […] Il fine ultimo del Web è migliorare la nostra esistenza reticolare nel mondo (T. Berners-Lee, 1999) ”. Secondo Stefania Capogna: “Tra comunicazione ed educazione c’è sempre stata una stretta interdipendenza dal momento che l’atto educativo è un atto relazionale e comunicativo che si svolge tra soggetti che operano nello spazio e nel tempo e qualsiasi mutamento nella struttura spazio-temporale della comunicazione comporta un mutamento nelle modalità di esercizio educativo. La storia stessa è garante del fatto che le innovazioni tecniche nella sfera della comunicazione hanno spesso avuto una ricaduta su quella dell’educazione, vuoi sulle modalità didattiche, vuoi sul versante delle implicazioni cognitive; si pensi, per es., a come la stampa abbia condizionato le forme dell’istruzione e le concrete pratiche di studio. (Stefania Capogna, 2014)” Oggi, si crea una didattica di una comunità che apprende in cui l’elemento più interessante è la flessibilità sia dei ruoli, che dei contenuti, che delle attività. Nella didattica corrente, la pianificazione può avere delle dimensioni macro, di carattere generale, sui tempi, modi, luoghi, ma molto legato ad una dimensione artigianale, cioè a come di volta, in volta, emergono elementi che fanno muovere al gruppo, di stimolare, l’apprendimento, di sollecitare le attività, tornando ad una logica artigianale in situazione, dell’apprendere insieme all’altro, dell’apprendere insieme, dell’apprendere inventando e costruendo insieme, recuperando quello che una didattica troppo rigidamente calcolato sui tempi dell’insegnamento aveva dimenticato.

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Bibliografia/Sitografia http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout30.10-WEB.pdf. (s.d.). http://www.qtimes.it/flv/Cribari-gen%202014.pdf.

(s.d.).

http://www.

qtimes.it/flv/Cribari-gen%202014.pdf. J.D. Bolter, R. G. (2002). Remediation: understanding new media, Cambridge (Mass.) 1999 (trad. it., Remediation: competizione e integrazione tra media vecchi e nuovi. Milano. M.G. Moore, K. S.-H. (2005 ). Cultures meeting cultures in online distance education. «Journal of e-learning and knowledge society». Stefania Capogna. (2014). Scuola universita e-learning: Un’analisi sociologica, in Modernità e Società a cura di Roberto Cipriani. Roma: Armando Editore. T. Berners-Lee. (1999). Weaving the web: the original design and ultimate destiny of the world wide web, London 1999 (trad. it. L’architettura del nuovo web. Dall’inventore della rete il progetto di una comunicazione democratica, interattiva e intercreativa. Milano. TESSARO, F. (SSIS Veneto). Metodologie dell’insegnamento e tecniche per l’apprendimento attivo in Processi e metodologie dell’insegnamento - SSIS Veneto Mod. 8 (5a lezione on line) . Mod. 8 (5a lezione

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on line) .

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Capitolo III Metodologie didattiche

“Io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare.” Socrate

3.1 Web 2.0, apprendimento e buona scuola Il cervello umano per imparare a leggere, ha dovuto e deve, creare sofisticati collegamenti tra circuiti neuronali e strutture che originariamente erano preposti ad altri processi basici, quali ad esempio il linguaggio parlato e la vista. Dunque il cervello riplasmato, grazie ai processi sottesi dalla lettura ha generato la formazione di un sapere nuovo, non più legato alla ripetitività tipica delle culture orali, ma caratterizzato dall’accumulo vertiginosamente efficace e creativo, di conoscenze alternative e nuove. La lettura consente a livello sia biologico che intellettuale, di oltrepassare l’informazione già acquisita, consentendo la produzione di meravigliosi ed innumerevoli pensieri nuovi. E’ palese dunque affermare che la cultura è semplicemente generata dal cervello che legge e quindi è assai evidente quanto sia una funzione fondamentale e primaria. Queste funzioni primarie devono essere sviluppate all’interno di un continuo processo d’apprendimento. Inoltre Beninger sostiene che le comunità di persone, che si generano e si mantengono sulla rete, virtualmente ed online, in realtà siano delle pseudo-comunità, ovvero il prodotto trasformato, di una comunità tradizionale, in un’associazione impersonale resa tale dalla diffusione di tecnologie comunicative personalizzabili e flessibili in base al destina-

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tario. Oggi in un mondo interconesso e virtuale abbiamo bisogno di una buona scuola che consenta agli studenti una nuova metodologia didattica, che non perda di vista l’innovazione. Un grande editore americano, “O’Reilly Media”, tra il 2004 e il 2005, negli Stati Uniti organizzò una serie di conferenze per divulgare le nuove opportunità che la Rete Internet e il Web in particolare, metteva a disposizione degli utenti, all’interno delle quali venne coniato e ufficializzato il concetto di: Web 2.0. Furono pubblicizzati e descritti gli innovativi servizi di cui potevano usufruire anche gli utenti comuni, “non esperti di informatica” e venne evidenziata l’opportunità dell’innovativa partecipazione attiva dell’utente sia nella fase comunicativa che nella gestione autonoma dei contenuti multimediali, inaugurando così una nuova fase di sviluppo del Web. Attualmente i contenuti del Web 2.0 fanno riferimento a due concetti chiave: 1: la condivisione dei contenuti multimediali 2: la partecipazione attiva dell’utente nella gestione degli stessi. Oggi, la Rete Internet non è solo utilizzata da ricercatori, giornalisti, esperti informatici o editori, ma è alla portata di tutti, grazie allo sviluppo dei browser e delle innumerevoli applicazioni grafiche. Tutta questa serie di servizi innovativi generano strumenti mediatici di una potenzialità unica e soprattutto il loro utilizzo non richiede nessun tipo di competenza specifica, tanto da permettere ad un utente mediamente competente di sviluppare una serie di servizi, senza nozioni molto complesse. Il fine dell’attività educativa, è quello di far crescere l’alunno promuovendo in lui l’attitudine alle relazioni sociali, delle abilità, l’acquisizione del sapere, del saper fare e delle fondamentali competenze per proseguire proficuamente verso un apprendimento continuo. Le attuali metodologie

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didattiche tendono verso questo obiettivo e tendono ad utilizzare metodologie digitali, vicine al bisogno ed alle abitudini dello studente: 1) nelle azioni strategiche di insegnamento le tradizionali metodologie didattiche sono esclusivamente fondate sull’attività espositiva del docente; espresse universalmente nella lezione, intesa come unilaterale trasmissione di conoscenze da parte di colui che insegna verso colui che apprende e ascolta; a queste vanno associate altre tipologie di comunicazione esclusivamente basate sull’esposizione dell’oratore, come ad esempio la prolusione la trattazione, la dissertazione, la conferenza. 2) L’altra tipologia di azioni strategiche di insegnamento è costituita dalle metodologie didattiche attive: l’insieme delle attività procedurali che rendono lo studente protagonista attivo del suo apprendimento, impegnandolo e coinvolgendolo in un’azione di diretta costruzione delle sue conoscenze che garantisce un apprendimento più formativo ed autonomo, in quanto, se il discente non apprende con un metodo, lo può fare con un altro, mantenendo sempre elevato il livello di interesse degli studenti motivandoli ad apprendere.

3.2 Piano Nazionale Scuola digitale e Metodologie didattiche attive

“Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) è il documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale. È un pilastro fondamentale de La Buona Scuola (legge 2015/107), una visione operativa che rispecchia la posizione del Governo rispetto alle più importanti sfide di innovazione del sistema pubblico: al centro di questa

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visione, vi sono l’innovazione del sistema scolastico e le opportunità dell’educazione digitale. Questo Piano risponde alla chiamata per la costruzione di una visione di Educazione nell’era digitale, attraverso un processo che, per la scuola, sia correlato alle sfide che la società tutta affronta nell’interpretare e sostenere l’apprendimento lungo tutto l’arco della vita (life-long) e in tutti contesti della vita, formali e non formali (life-wide (http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf).” Rappresenta un’azione culturale, che nasce da un’idea rinnovata di scuola, intesa come luogo e spazio aperto atto all’apprendimento che consente agli studenti di sviluppare le importanti competenze per la vita. All’interno di questo paradigma, le tecnologie diventano quotidiane, ordinarie, abilitanti, al servizio dell’attività scolastica, alla formazione e all’apprendimento, ricongiungendo tutti gli ambienti scolastici. Le metodologie didattiche attive si suddividono in: - la ricerca-azione: metodo euristico-partecipativo; - il mastery learning: metodo personalizzato e individualizzato inteso come “apprendimento per maestria o per padronanza”; - la ricerca sperimentale: impiega un metodo investigativo; - Il laboratorio: applica un metodo operativo; - modelli esperti di lavoro didattico; - le tecniche per l’apprendimento attivo. Iniziamo ad approfondire le varie metodologie attive, partendo dal laboratorio, ovvero uno spazio attrezzato atto allo svolgimento di un’attività specifica; prima di essere un ambiente didattico o di apprendimento, la scuola rappresenta uno spazio mentale attrezzato, un luogo dotato di

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attrezzature, oggetti, ed arredi in cui esercitare una forma mentis, interagendo con la realtà fino a modificarla. I laboratorio più diffusi sono quelli linguistici, multimediali, informatici, quelli specialistici di fisica, chimica, fino ad arrivare a quelli di ricerca e sperimentali, oppure quelli teatrali, musicali e gli atelier artistici. Nei casi in cui l’allievo è un soggetto con difficoltà di comunicazione, l’azione primaria per aiutarlo nell’apprendimento deve passare per una fase laboratoriale in cui acquisisce operativamente la competenza richiesta. Un laboratorio scolastico dovrebbe consistere in un locale appositamente costruito ed allestito all’interno del quale si possano generare apprendimenti specialistici ed in cui lo studente attraverso lo svolgimento di un’azione, fa suo il senso del suo apprendimento. Sotto il profilo dell’epistemologia operativa, le imprescindibili caratteristiche di un laboratorio, consentono: - di svolgere azioni materiale e concrete, che implicano l’uso delle mani per una manipolazione degli oggetti a fini di conoscenza; - nel laboratorio, l’attività da svolgere deve riguardare le operazioni cruciali di una procedura; - l’azione laboratoriale deve consentire fra più soluzioni, una facoltà di scelta; - l’attività laboratoriale deve mettere in crisi le vecchie conoscenze provocando uno spiazzamento cognitivo aiutando lo studente verso la scoperta di una novità; - la sede del laboratorio deve essere ubicata ad una giusta distanza dalla classe; - in modo da dare la possibilità di scegliere, il lavoro che si svolge nel la-

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boratorio deve favorire la pluralità dei punti di vista; - qualsiasi attività laboratoriale deve avere una valenza metaforica, dunque favorire accostamenti con altre esperienze di vario tipo ed esterne; - lo studente deve attraverso l’azione costruire il proprio sapere in un rapporto diretto e attivo ovvero quando inventa soluzioni ex novo producendo pensiero a partire dall’azione. Un altro metodo importante viene rappresentato da quello investigativo, fondato sulla ricerca di due tipi: quella sperimentale classica, applicata nelle scienze della natura basata sul metodo ipotetico deduttivo, e la ricerca-azione, che deriva dal metodo euristico-partecipativo applicato nelle scienze dell’uomo. Il metodo investigativo fondato sulla ricerca sperimentale viene articolato in questa serie di fasi: -“ Individuazione e definizione del caso: la questione deve suscitare interesse, propensione alla soluzione, conflitto cognitivo. Lo studente, facendo leva sulle sue conoscenze e competenze pregresse, deve entusiasmarsi alla risoluzione della sfida. - analisi e selezione delle ipotesi; - selezione delle fonti, da cui derivare informazioni e dati; - confronto delle ipotesi; - definizione del principio generale (TESSARO, SSIS Veneto)” Abbiamo evidenziato precedentemente che la ricerca azione si applica alle scienze umane e sociali all’interno delle quali la ricerca non può fare a meno dell’azione ed articolandosi in questa serie di fasi: - “Identificazione dei problemi da risolvere, delle cause e dei contesti

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storico-ambientali in cui essi si collocano, tenendo conto che nell’ambito della ricerca-azione, le questioni si presentano aperte a diverse soluzioni e che la soluzione migliore si delinea strada facendo. - formulazione delle ipotesi di cambiamento e dei piani di attuazione, perché lo scopo della ricerca-azione è il cambiamento delle persone, delle relazioni e del contesto, mentre lo scopo della ricerca sperimentale è la comprensione, la costruzione di nuovi modelli di conoscenza della realtà; - applicazione delle ipotesi nel contesto; - valutazione dei cambiamenti intervenuti ed eventuale revisione dei piani.(ibidem).” Attraverso la ricerca azione lo studente comprende l’attuazione di procedimenti euristici di ricerca logici dominati dall’incertezza e legati al probabile, le variabili derivanti dal fattore umano, la complessità delle situazioni e la necessità di comparare i diversi punti di vista e di immergersi nella situazione studiata. Interessante risulta anche il Mastery Learning, una metodologia didattica che rispetta e prende in considerazione le diversità individuali nei tempi e ritmi di apprendimento degli allievi. Le fasi di tale processi sono: - “ l’insegnante stabilisce quali sono le abilità concettuali ed operative alle quali l’alunno deve pervenire alla fine del percorso didattico; - stabilisce anche la successione dei momenti (unità) didattici, nell’ambito della quale fissa degli obiettivi intermedi, tenendo conto delle conoscenze, capacità e abilità iniziali di ciascun allievo; - elabora delle prove che consentono di verificare, per ciascun momento, il raggiungimento del risultato; - predispone delle attività integrative e di recupero da sottoporre agli

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allievi che non avessero raggiunto livelli sufficienti nella verifica degli obiettivi intermedi; - fa in modo che gli allievi non affrontino l’unità successiva se non abbiano conquistato il minimo indispensabile nelle unità precedenti.(ibidem).” Il mastery learning nella scuola può essere utilizzato efficacemente per allievi in con disagi nell’apprendimento o per l’addestramento di specifiche abilità tecniche o professionali. Per aiutare gli studenti a non subire passivamente un insegnamento, vengono adottate tutta una serie di tecniche attive, atte a consentire agli stessi un basato su una partecipazione consapevole dello studente, e si fondano su tre basi: - “ attualizzazione dell’esperienza, perseguita attraverso la costruzione di un ambiente di apprendimento analogo a quello che l’allievo ha esperito nel passato; - integrazione della pluralità dei contesti che è ottenuta attraverso la costruzione di un ambiente di apprendimento analogo a quello che l’allievo vive attualmente; - previsione e virtualità, conseguite mediante un ambiente di apprendimento analogo a quello che l’allievo vivrà in futuro.(ibidem).” Le tecniche attive sono caratterizzate dal diretto coinvolgimento dello studente nella costruzione delle abilità e delle competenze, per il controllo continuo sull’autovalutazione e sull’apprendimento e per la tipologia di formazione in situazione o in gruppo; tali tecniche vengono distinte in quattro gruppi: Le tecniche simulative - il role playng ( gioco dei ruoli ), per l’analisi dei ruoli sociali nelle rela-

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zioni interpersonali; - l’in basket (cestino della posta) per l’assunzione di decisioni in ambito d’ufficio; - l’action maze (azione nel labirinto), per lo sviluppo delle competenze decisionali. Tecniche di analisi della situazione Costituiscono il secondo gruppo, si avvalgono di casi reali e sono: - lo studio di caso, nel quale si analizzano situazioni comuni e frequenti, e con il quale si sviluppano le capacità di analisi; - l’incident che affronta situazioni di emergenza e con il quale si formano le abilità decisionali e predittive. Tecniche di riproduzione operativa Costituiscono il terzo gruppo delle tecniche attive e si distinguono in: - dimostrazioni; - esercitazioni. Tecniche di produzione cooperativa - il brainstorming (cervelli in tempesta), per l’elaborazione di idee creative in gruppo; - il cooperative learning finalizzato a sviluppare in modo integrato competenze cognitive, operative e relazionali.(ibidem).” Il role play permette di giocare nuovi ruoli, di interpretare situazioni, cose e persone che possono far parte della vita lavorativa futura degli studenti, consente un apprendimenti attivo, capace di sviluppare nuovi punti di vita

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e di comprendere pienamente ruoli ed esigenze. L’in basket o cestino della posta consente di apprendere procedure di selezione e processi decisionali. Tecnicamente si consegnano alcuni documenti tipici della vita di un ufficio agli studenti chiedendo loro di gestirli con l’e-mail. Questo tipo di gestione della comunicazione telematica è una competenza altamente formativa, che richiede l’attivazione di processi mentali quali la scelta delle priorità, l’assunzione di decisioni e la comprensione e che tutti devono possedere. L’action maze o azione nel labirinto che prevede la soluzione di situazioni complesse e diversificate attraverso la navigazione in Internet, e dunque un vero e proprio labirinto. La tecnica del labirinto in rete richiede oltre alle competenze decisionali, competenze orientative e valutative. Lo studio di caso invece consiste nell’assegnazione allo studente di un compito di descrizione di una situazione complessa e reale e questo tipo di metodologia intende sviluppare le capacità analitiche, imparando ad affrontare i problemi e ad individuarli nella loro complessità. “L’incident ha per oggetto l’analisi e l’intervento su situazioni reali emergenziali. Questa tecnica serve a rafforzare le capacità analitiche ma anche a formare le abilità decisionali atte a superare l’emergenza. Alle tecniche di riproduzione operativa appartengono le dimostrazioni e le esercitazioni.(ibidem).” Tra le tecniche di produzione cooperativa emerge il brainstorming atta alla creazione in gruppo delle idee risolutive di un problema, sicuramente tale tecnica, migliora il clima e l’affiatamento della classe ed ha delle caratteristiche fondamentali: - la prima è che le idee risolutive da creare devono essere numerose. Tra esse si sceglie, sempre collegialmente, quella che si ritiene più consona.

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La quantità genera la qualità. - Il secondo criterio base del brainstorming è che, all’interno del gruppo non devono sorgere critiche. Anche quando un’idea proposta dovesse sembrare illogica, il compito del gruppo deve rimanere quello di continuare a formulare idee nuove ed inusuali, costruttivamente e senza preclusioni. Alla fine si sceglie l’idea che si ritiene migliore. In tal modo ogni singolo partecipante si sente libero di proporre qualsiasi soluzione, anche la più singolare, e lo spirito del gruppo si rafforza. - La terza fondamentale caratteristica del brainstorming è quella che le idee da rinvenire devono essere preferibilmente inusuali, nuove, rappresentative di un punto di vista originale, tali da aprire la strada ad un nuovo modo di pensare. - La quarta ed ultima caratteristica è che le idee proposte devono essere combinate, associate, in modo da generarne una soltanto ma comprensiva di più aspetti risolutivi. (ibidem).” Questa tecnica alimenta la logica di gruppo, abitua al rispetto di tutte le idee ed alla loro integrazione ed induce alla creatività. L’apprendimento cooperativo o cooperative learning si basa sul principio che allo stesso modo in cui si apprende dall’insegnante è possibile apprendere dagli altri elementi del gruppo quest’ultimo diventa artefice e protagonista di tutte le fasi di organizzazione del lavoro, dalla pianificazione alla valutazione. E’ fondamentale un clima di fiducia e collaborazione reciproca, di intrattenere le relazioni sociali ed una notevole capacità di gestire i conflitti. L’interazione è costruttiva ed è importante che la valutazione del risultato la faccia il gruppo stesso. Un’altra metodologia innovativa è rappresentata dal debate, il dibattito, in cui l’insegnante assegna un argomento, tratto generalmente dalla cronaca

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nera o rosa, dall’attualità, dalla critica sociale o dalla riflessione etica e dopo aver formato due squadre che si schierano una a favore e l’altra contro, devono documentarsi e appena scade il tempo della preparazione, le squadre si confrontano, dibattono, argomentano secondo regole ben precise e nei limiti prefissati. Allo scadere del tempo, il docente valuta le performance, assegna un punteggio e decreta il successo dell’una o dell’altra squadra. Questa metodologia didattica favorisce, l’integrazione degli strumenti digitali con quelli tradizionali, nella consultazione delle fonti ed è indispensabile una collaborazione tra il docente che progetta i contenuti didattici e fornisce indicazioni per la configurazione dello spazio, il Dirigente Scolastico che supporta il processo progettuale ed il personale ATA che si occupa della manutenzione delle attrezzature e degli arredi e della vigilanza. Un’innovativa metodologia didattica allo stato attuale è rappresentata dalla didattica per scenari e prevede un intenso uso delle nuove tecnologie digitali: “Gli scenari sono descrizioni narrative di esperienze di apprendimento che conducono lo studente ad acquisire le cosiddette competenze per il XXI secolo. Gli scenari sono diversi l’uno dall’altro. Ogni scenario fornisce indicazioni diverse sulle attività da svolgere ( le learning activities ). Tutti insieme, questi scenari costituiscono i capitoli di un unico percorso didattico costruito e narrato dal docente: la learning story. (ibidem).” Pur essendo diversi, gli scenari sono applicabili ed adattabili alle scuole di ogni ordine, attraverso questa tecnica gli studenti si organizzano in team, utilizzando ruoli ben determinati e precise responsabilità. Il docente accompagna le esperienze di apprendimento ed ha un ruolo laterale. Dunque sono gli studenti al centro dei processi di apprendimento divenendo una metodologia, che fa succedere i contenuti, esalta la creatività e lo spirito di iniziativa di tutti gli attori.

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Questa tipologia di didattica per scenari soddisfa molti degli obiettivi indicati nella legge 107 sulla Buona Scuola favorendo l’acquisizione di competenze scientifiche, artistiche e logico matematiche insieme a quelle cinematografiche e musicali; abitua inoltre all’esercizio di una cittadinanza democratica ed attiva, fa rispettare e conoscere altre culture attraverso la curiosità ed il dialogo inoltre aderendo alle indicazioni del Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD), sviluppa le competenze digitali degli studenti, sviluppando metodi ed attività laboratoriali. Un’altra nuova metodologia è l’ICT Lab ovvero Laboratorio delle Tecnologie dell’Informazione e della Comunicazione e si si articola in tre azioni principali: 1) Artigianato digitale; complesso di attività che porta alla creazione di un oggetto attraverso la tecnologia, tra queste il CAD o Computer aided design, il disegno in 3D e la stampa 3D. 2) Coding: codice informatico o programmazione attraverso l’acquisizione del pensiero computazionale, la capacità di dominare la macchina istruendola a fare cose. 3) Physical computing: il campo di applicazione è la robotica e si riferisce alla creazione di oggetti programmabili che interagiscono con la realtà. Combinando queste tre azioni si giunge a soluzioni didattiche innovative, note come officine della creatività; spazi e comunità virtuali aperti in cui si crea, si apprende ed inventa. Questa metodologia didattica sviluppa acquisizione di conoscenze, basate sul problem solving e sul problem posing, fortificando la correlazione tra pensiero formale e creatività e favorendo l’uso del laboratorio nella formazione. Inoltre seguendo sempre gli obiettivi del Piano Nazionale attualmente i docenti si occupano della creazione di libri di testo, in forma mista e quin-

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di sia cartacea e digitale, con riferimento solo ad alcune aree disciplinari e tematiche curricolari riducendo le spese destinate all’acquisto dei manuali per lo studio delle materie. La stesura e la creazione dei libri, o di parti di essi, diventa l’occasione straordinaria per dare una nuova fisionomia agli spazi e ai tempi della scuola, per applicare metodi didattici innovativi, e connettere le conoscenze formali con quelle informali. Un altro passo nella direzione della novità didattica fondata sulle opportunità offerte dalle TIC e dai linguaggi digitali, è rappresentato dalla FLIPPED CLASSROOM (la classe capovolta). La lezione si trasforma in compito a casa, mentre il tempo in classe è utilizzato per attività cooperative, laboratori e dibattiti. Il docente diventa un facilitatore che dà suggerimenti, su tutta l’azione didattica e lo studente a casa è occupato dallo studio di nuove tipologie di materiali d’apprendimento: video e altre risorse digitali. Questa tecnica, capovolge spazio e tempo dell’attivita’ educativa dedicata a scuola e a casa, in cui l’insegnamento viene personalizzato Nel 2003 il Massachusetts Institute of Technology di Boston ha ideato una metodologia didattica, denominata TEAL (Technology Enhanced Active Learning) fondata sull’unione tra lezione frontale, simulazioni e attività laboratoriali su computer. La classe attrezzata per l’applicazione di questa didattica rappresenta anche un nuovo ambiente di apprendimento. Nell’aula il docente occupa la postazione centrale intorno ad essa sono collocati dei tavoli rotondi, destinati a gruppi di studenti in numero dispari. Sulle pareti si trovano dei punti di proiezione, ad uso dei gruppi di studenti. Al fine di garantire un processo di apprendimento tra pari, i gruppi sono composti da elementi

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con diversi elementi di competenze e di conoscenze. Il docente fornisce un argomento e lo illustra con rappresentazioni grafiche ed esercizi. Poi, ogni gruppo lavora autonomamente, al proprio interno in maniera collegiale e collaborativa, ma anche con metodo attivo, attraverso l’utilizzazione di un computer per raccogliere dati ed effettuare verifiche. Con il TEAL si applica la pratica laboratoriale, si integrano gli strumenti digitali con quelli tradizionali, si progettano le attività formative, si applicano nuovi metodi di rappresentazione della conoscenza. Anche questa metodologia risponde pienamente alle indicazioni generali della Buona Scuola che a quelle specifiche del Piano Nazionale Scuola Digitale. Altra tipologia del nostro elenco è lo SPACE LEARNING (Apprendimento Intervallato) che prevede una lezione che si articoli in tre Input e due intervalli: 1° Input: l’insegnante fornisce le informazioni; Intervallo: dieci minuti durante i quali non viene fatto alcun riferimento al contenuto della lezione; 2° Input: l’insegnante presenta in modo diverso il contenuto, facendo esempi differenti. Intervallo: altri dieci minuti di assoluta pausa senza alcun riferimento ai contenuti della lezione; 3° Input: i ragazzi sono chiamati a dimostrare di aver appreso il contenuto, attraverso esercitazioni collaborative. Infine, il docente verifica il livello di comprensione dei contenuti (TESSARO, SSIS Veneto). Lo SL è una tecnica che mette gli studenti al centro di un apprendimento attivo e prevede una configurazione flessibile dell’aula e una LIM o superficie interattiva condivisa. Gli insegnanti si impegnano maggiormente nella progettazione e nella gestione della classe, specie nei due intervalli; consente di ottimizzare l’uso del tempo scuola e di associare differenti

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modi di apprendere e studiare, consente di migliorare gli apprendimenti attraverso le prove, tiene conto delle ricerche sul funzionamento del cervello umano. Allo stato attuale: “Sono 326.000 le aule degli oltre 33.000 plessi scolastici “attivi”: il 70% è connessa in Rete in modalità cablata o wireless (ma generalmente con una connessione inadatta alla didattica digitale), il 41,9% è dotata di LIM e il 6,1% di proiettore interattivo. Sono in totale 65.650 i laboratori delle scuole, per una media di 7,8 per istituto. Di questi, l’82,5% è connesso in Rete in modalità cablata o wireless, il 43,6% è dotato di LIM e il 16,9% di proiettore interattivo. Una stima generale, sommando le dotazioni di aule, laboratori e biblioteche scolastiche, indica in circa 1.300.000 unità le dotazioni tecnologiche a disposizione delle scuole (605.000 nei laboratori, 650.000 nelle classi e la cifra restante nelle biblioteche). Un sintetico dato del rapporto tecnologie/alunni ha registrato nell’ultimo anno un passaggio da una media nazionale di 1 device ogni 8,9 alunni ad una di 7,9: seppure il dato non consenta interpretazioni qualitative, si tratta di una dimostrazione che la penetrazione della scuola digitale è fatto concreto. Sono questi i dati contenuti nell’Osservatorio tecnologico gestito dal MIUR e riferiti alle rilevazioni dell’anno scolastico 2014-2015. (http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout-30.10-WEB.pdf)”

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3.3 Metodologie innovative e BES

In questo scenario variegato, innovativo, interconnesso, in cui l’insegnamento deve mantenere lo status di attore principale non possiamo non fare riferimento alla necessaria innovazione anche nell’ambito dell’inclusività. Partendo da quanto sancito dall’art. 3 dalla Costituzione della Repubblica Italiana: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali”. Assistiamo ad un bisogno fondamentale di un’eguaglianza formale, sostenuta da una eguaglianza sostanziale, che prevede il diritto ad una dignità di “persona”, che deve consentire la piena espressione delle proprie attitudini personali; la scuola italiana dunque deve essere una scuola capace di valorizzare ogni allievo indipendentemente dalle condizioni fisiche e sociali che possono contraddistinguere ciascuno. Questo bisogno fondamentale di eguaglianza è rintracciabile anche nell’art. 3 in cui si evince che bisogna: “(…) rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona” Partendo da questi concetti chiarificatori, oggi la normativa scolastica prevede l’inserimento degli alunni con BES nelle classi ai quali è necessario applicare un percorso individualizzato e personalizzato che si avvale dello strumento del Piano Didattico Personalizzato, individuale o riferito a tutti gli alunni della classe con BES che è uno strumento di lavoro flessibile in grado di pianificare e documentare le determinazioni assunte dal Team

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Docente e dal Consiglio di Classe nei confronti dell’alunno con BES e che tende a favorire il successo scolastico. I percorsi didattici e metodologici efficaci sono estesamente descritti nelle Linee Guida allegate al D.M. 5669/2011, ed in particolare all’applicazione degli strumenti compensativi, delle misure dispensative e delle forme di valutazione personalizzata; dimensione che certamente richiede insegnanti formati e competenti. Scrive Dario Ianes: “La diversità è di tutti e di ciascuno: da questo punto di vista potremmo “misurare” la qualità dell’intera scuola a partire dall’efficacia con cui questa riesce a farsi carico delle diverse forme di “diversità”, offrendo risposte adeguate ed efficaci a ciascuno. Creare culture inclusive significa estendere l’intervento a tutte le componenti e a tutta l’organizzazione scolastica, ispirando ogni scelta al principio del credo pedagogico dell’inclusione. Creare culture inclusive significa: costruire comunità; affermare valori inclusivi; produrre pratiche inclusive; organizzare il sostegno alle diversità; sviluppare pratiche inclusive. (D.Ianes, 2008 , p. 56) ” Nelle nostre classi sono presenti molti studenti che presentano difficoltà di diverso tipo, portatori, in diversa misura, di Bisogni Educativi Speciali e solo una piccola parte all’interno della grande categoria delle difficoltà, è costituita da veri e propri disturbi che tecnicamente vengono definiti “disability”, tra questi certamente i DAS o Disturbi Specifici dell’Apprendimento che consistono in significative difficoltà nell’acquisizione e utilizzazione della scrittura, del calcolo e della lettura. E’ la “specificità” la loro caratteristica principale; in quanto interessano un circoscritto e specifico dominio di abilità indispensabile per l’apprendimento, senza intaccare il funzionamento intellettivo generale. R. F. de Lima, C. A. Salgado, S. M. Ciasca, distinguono due grandi gruppi di Difficoltà di Apprendimento: “Difficoltà Scolastiche (DS) , che possono avere come causa, le la-

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cune nel processo di alfabetizzazione, metodo di insegnamento inadeguato agli stili e alle caratteristiche di apprendimento dell’allievo; eccessive variazioni di scuole, problemi scolastici diversi (nella dinamica scolastica), oltre che poter essere dovuti da condizioni neurologiche diverse (epilessia, paralisi cerebrale e altri quadri neurologici),disabilità in generale (fisica , mentale, uditiva, visiva, multipla) e psicosociali (problemi nelle dinamiche familiari, stimolazione inadeguata e altri problemi sociali). E’ evidente che tali condizioni non sono determinanti perché un bambino presenti una difficoltà di apprendimento, ma tuttavia, andranno ad influenzare il processo di apprendimento. Disturbi di apprendimento (DA), caratterizzati da una disfunzione del sistema Nervoso Centrale e causa di una lacuna nella elaborazione delle informazioni. In questo modo il bambino riceve adeguatamente le informazioni dell’ambiente esterno (visive, uditive, e cinestetiche), ma c’è un difetto nell’integrazione , nel processo e archiviazione di queste informazioni risultando problemi nell’ “uscita” delle informazioni sia in forma scritta, che lettura o calcolo. (R. F. de Lima C. A. Salgado, https://www. neuroscienze.net)” Alcuni autori affermano che le difficoltà si manifestano nel bambino fin dalle prime fasi del suo apprendimento, momento in cui deve acquisire nuove abilità partendo da un assetto neuropsicologico che non consente automatismi nell’apprendimento. E’ dunque possibile con strumenti di screening appropriati individuare, particolari indicatori diagnostici e profili capaci di supportare un’adeguata ipotesi diagnostica già a partire dai primi sei anni di vita, e quindi poter attivare interventi di recupero e riabilitativi a supporto del soggetto. Il principale obiettivo degli screening nei disturbi dell’apprendimento è quello preventivo che tutela il soggetto dall’insorgenza del disturbo riducendone gli effetti evitando così l’esordio della condizione patologica e che consentano di effettuare un intervento tempestivo, mirato ed adeguato. Porsi il problema dell’esistenza di un possibile disturbo vuol dire certamente distinguerlo da tutta una gamma variegata di disagi psicologici ed emotivi che interessano la gran parte i nostri bambini, ma tenden-

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zialmente non impediscono gli apprendimenti delle strumentalità di base ed agiscono invece ad un livello successivo, nel momento in cui si tratta di operare sull’integrazione delle conoscenze. L’alunno con difficoltà di apprendimento, lentamente e faticosamente fa dei progressi abbastanza regolari al contrario invece l’alunno con disturbo specifico nel momento in cui fissa un’acquisizione ne perde un’altra. Leggere, ad esempio, non è un’attitudine naturale dell’uomo, ma certamente una delle sue più geniali invenzioni, che risale a 6000 anni fa in Mesopotamia, epoca in cui rintracciamo le prime testimonianze di scrittura, definita cuneiforme, tipica dei Sumeri. L’abilità di lettura è una funzione cerebrale complessa, che coinvolge una serie di aree cerebrali ed è un esempio eccelso di architettura aperta. Il cervello umano infatti per imparare a leggere, ha dovuto e deve, creare sofisticati collegamenti tra circuiti neuronali e strutture che originariamente erano preposti ad altri processi basici, quali ad esempio il linguaggio parlato e la vista. Dunque il cervello riplasmato, grazie ai processi sottesi dalla lettura ha generato la formazione di un sapere nuovo, non più legato alla ripetitività tipica delle culture orali, ma caratterizzato dall’accumulo vertiginosamente efficace e creativo, di conoscenze alternative e nuove. La lettura infatti consente a livello sia biologico che intellettuale, di oltrepassare l’informazione già acquisita, consentendo la produzione di meravigliosi ed innumerevoli pensieri nuovi. E’ palese dunque affermare che la cultura è semplicemente generata dal cervello che legge e quindi è assai evidente quanto sia una funzione fondamentale e primaria. Tra i disturbi specifici dell’apprendimento, quello della lettura è il più consueto. E’ caratterizzato dall’incapacità di imparare a decifrare e comprendere i testi scritti in assenza di danni sensoriali e/o neurologici o di ritardo nello sviluppo intellettivo e viene tecnicamente definito dislessia evolutiva o disturbo specifico di lettura che si manifesta con una difficoltà di decodifica del testo a causa del mancato riconoscimento della corrispondenza fra

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lettera e suono che impedisce ai soggetti, intellettivamente normodotati, di automatizzare la lettura e di renderla sciolta e scorrevole. E’ un disturbo specifico dell’apprendimento di origine neurobiologica, caratterizzata da difficoltà specifiche nella lingua scritta (lettura e scrittura) in cui deficit centrale è nel componente fonologico del linguaggio che interferisce nelle capacità di decodifica e, conseguentemente, nella comprensione della lettura. Solo a partire dal 2004, l’attenzione normativa specifica nei confronti dei DSA si ebbe grazie alle pressanti richieste provenienti dalle famiglie, dalle associazioni e dal mondo della scuola, attraverso l’introduzione da parte del Ministero della Pubblica Istruzione, Dipartimento per l’Istruzione, Direzione Generale per gli Ordinamenti Scolastici della circolare prot. n. 4099/A/4 del 05/10/2004 “Iniziative relative alla Dislessia”; in cui si fa presente che, a seguito dei numerosi esposti prodotti da parte di genitori che lamentavano che i loro figli con difficoltà di apprendimento non ricevevano nessuna personalizzazione della didattica. In questa circolare vengono invitati i docenti ad adottare misure compensative e dispensative per evitare ricadute negative sia di tipo didattico che di tipo emotivo ed elenca gli strumenti compensativi e dispensativi che si ritiene opportuno possano essere utilizzati dalle scuole, tra i quali sono indicati: - la tavola pitagorica; - la tabella delle misure, la tabella delle formule geometriche; - la tabella dei mesi, la tabella dell’alfabeto e dei vari caratteri; - il computer con programmi di video-scrittura con correttore ortografico e sintesi vocale; - la calcolatrice; - il registratore. Mentre per quanto riguarda gli strumenti dispensativi, la circolare fa pre-

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sente che valutando l’entità e il profilo della difficoltà di ogni singolo caso, bisogna tener conto dei seguenti punti: - dispensa, ove necessario, dallo studio della lingua straniera in forma scritta; - programmazione di tempi più lunghi per prove scritte e per lo studio a casa; - dispensa dalla lettura ad alta voce, scrittura veloce sotto dettatura, uso del vocabolario, studio mnemonico delle tabelline; - organizzazione di interrogazioni programmate; - valutazione delle prove scritte e orali con modalità che tengano conto del contenuto e non della forma.

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Il M.I.U.R. inoltre si auspica che le SS.LL. propongano agli insegnanti “iniziative di formazione al fine di offrire risposte positive al diritto allo studio e all’apprendimento dei dislessici, nel rispetto dell’autonomia scolastica”. A questo sono state aggiunte una serie di note ministeriali che vanno ad implementare tutta la serie di interventi che sono stati elencati precedentemente, come ad esempio: - uso del vocabolario; - dispensa, ove necessario, dallo studio della lingua straniera in forma scritta; - programmazione di tempi più lunghi per prove scritte e per lo studio a casa, - studio mnemonico delle tabelline; - dispensa dalla lettura ad alta voce; - scrittura veloce sotto dettatura; - organizzazione di interrogazioni programmate. Perché possa parlarsi di Dislessia va escluso che il problema sia meramente psicologico, connesso a delle difficoltà derivanti da un ambiente culturalmente inadeguato e con un’educazione alla comunicazione ed all’uso del linguaggio carente, perché tali condizioni, purtroppo, soprattutto se fortemente deficitarie, comportano il mancato sviluppo dell’abilità comunicativa e linguistica. Qualora si riscontri la Dislessia Evolutiva la scuola e la famiglia possono attuare delle modalità di istruzione tali da compensare le difficoltà dello scolaro nel gestire i compiti di lettura, attenzione e concentrazione degli scritti e buona elaborazione del linguaggio vergato.

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Certo, il deficit non si cura, ed il soggetto avrà sempre una certa difficoltà a leggere dei lunghi testi ad alta voce, ma tale modalità buon ben essere sostituita da diversi espedienti ed aiutata dalla moderna tecnologia. Il semplice deficit di Dislessia non è di per sé limitante ad una buona ed appagante carriera professionale ed una perfetta socializzazione. Diversamente, un ambiente scolastico deficitario, uno standard di analfabetismo lacunoso, e problemi socio-culturali e familiari compromettenti porteranno ad un soggetto con disturbi non solo linguistici e di lettura, consoni al deficit di base, ma svilupperà problemi cognitivi e comportamentali e di disadattamento sociale, col rischio di sviluppare problemi emotivi come la depressione, l’ansia, ed altri disturbi psichici. Compito della scuola è quello di agevolare e supportare tutti gli studenti con BES, al fine di consentire una perfetta integrazione scolastica prima e all’interno della società adulta in seguito.

3.4 Metodi e strumenti per gli insegnanti nell’epoca 2.0: Formazione, Coaching, Tutoring ed empatia nella gestione del conflitto

Quando si tratta di lavorare all’interno delle istituzioni scolastiche certamente il piano si sposta da quello individuale e a quello gruppale e di rete. In questo contesto innovativo, connesso, e relazionale non bisogna mai perdere di vista l’importanza di una continua formazione della leadership e della costruzione di un team di insegnanti capace di proiettarsi verso il raggiungimento del risultato comune. Certamente è un lavoro certosino e molto impegnativo che va fatto con accuratezza ed attenzione. Oggi, infatti, le moderne istituzioni educative per ottenere migliori risultati derivanti dai talenti collettivi del team, puntano molto sul lavoro di gruppo, come

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strategia. Attraverso una comunicazione empatica, la capacità dei membri di sostenersi l’un l’altro e grazie alla possibilità di moltiplicare le opzioni e le idee che vengono generate da un continuo confronto il gruppo diventa l’ingrediente principe, in un’attività di team-working. Le caratteristiche essenziali per un gruppo di lavoro efficace certamente devono essere: la presenza di ruoli definiti, la condivisione degli obiettivi, il senso di appartenenza al gruppo e l’interdipendenza e la collaborazione fra i membri, ed è necessario, di possedere tutta una serie di competenze più specificatamente comunicativo-relazionali che rendano possibile un’interazione proficua e costruttiva con gli altri membri. In questo senso, gli insegnanti dell’epoca 2.0 sono mentori, coach, sono in stretta relazione tra loro, con la propria istituzione e soprattutto con i loro allievi; nel chiaro obiettivo di sviluppare nell’altro la competenza del saper fare, ma soprattutto del saper essere.

3.4.1 Il Coaching

J.Whitemore nel suo interessante testo “Coaching” afferma: “Il coaching, nel significato moderno, è stato supportato dalla “Teoria dell’apprendimento costruttivo” di Williams & Irwing (2001) la cui credenza centrale è che non esiste una sola vera interpretazione della realtà. Se Socrate invitava a “Conoscere se stessi”; Pindaro era solito salutare i suoi discepoli dicendo: “Diventa ciò che sei”; Parmenide sosteneva che tutto è possibile: “Basta trovare il coraggio di percorrere la via” fino ad Eraclito che affermava: “L’unica cosa permanente è il cambiamento” (J.Whitemore, 2006, p. 71).

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Ancora W.: “Per Coaching non intendiamo semplicemente una tecnica escogitata lì per lì e rigorosamente applicata in determinate circostanze: si tratta piuttosto di un modo di guidare e gestire le persone, un modo di pensare, e quindi anche un modo di essere. un processo di responsabilizzazione degli altri.”(ibidem) Certamente il presupposto principale nel coaching è la consapevolezza e la conoscenza di sé e delle proprie risorse.E’ essenzialmente, la capacità di consapevolizzare e focalizzare mete specifiche per poi trovare le strategie mirate ed adeguate, per raggiungerle. Scrive ancora Whitemore: “E’ un progetto di crescita mirato, con traguardi specifici, che facilita il cambiamento, attraverso un percorso autorigenerativo. Il cliente è responsabile di ogni suo passo, il Coach lo aiuta a diventare consapevole dei suoi obiettivi e a realizzarli al meglio.” (Ibidem) Dunque, il Coaching può essere pensato come ad uno strumento profondamente efficace che, attraverso un processo creativo, stimola la riflessione, ed è in grado di aiutare le persone nei rapporti con gli altri e rispetto alle proprie skills, e che consente loro di scoprire e quindi utilizzare, strategie più adeguate per raggiungere il proprio potenziale personale e professionale. È un “percorso” che permette di conciliare il rispetto delle più profonde caratteristiche della persona con l’esigenza dell’organizzazione di ottenere prestazioni sempre più elevate. Luigi Gentili definisce il coaching come: “una filosofia a cui ispirare la relazione, un modo di trattare le persone che consenta a queste di trovare nella performance il risultato di una scelta, l’espressione e la realizzazione di se stesse. Quindi il coaching è uno stimolo e uno strumento di cambiamento sia a livello culturale, sia individuale che organizzativo (Gentili I, 2009, p. 84).”

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Abbiamo evidenziato le caratteristiche principali del coaching che ci consentono di comprendere quanto sia una tecnica essenzialmente concepita per aiutare i clienti a implementare ed accrescere le loro conoscenze e performance e quindi migliorare la qualità della vita e le competenze professionali. Un bravo coach ha il chiaro compito secondo Whitemore di: “1. scoprire, rendere chiari ed allineare gli obiettivi che il cliente desidera raggiungere; guidare il cliente in una scoperta personale di tali obiettivi; 2. far in modo che le soluzioni e le strategie da seguire emergano dal cliente stesso; 3. lasciare piena autonomia e responsabilità al cliente.” (Ibidem) Il Coach deve essere predisposto all’ascolto ed desiderio di mettersi sempre in discussione, deve possedere una grossa competenza empatica che gli consenta di creare un rapporto, una relazione profonda con i membri del proprio gruppo senza mai sovrastarli ed impedendogli la piena espressione. Deve essere una guida attenta ed efficace in grado di consentire ai propri allievi di raggiungere l’autorealizzazione e la consapevolezza di sé, senza giudizio alcuno. Non deve dare pareri personali o consigli e tantomeno informazioni, ma semmai deve fornire supporto nel raggiungimento di un risultato e soprattutto deve sapere comunicare efficacemente. Alla base del coaching c’è la relazione, caratterizzata da un reciproco e crescente rispetto e apprezzamento come persone e che si instaura lentamente durante tutti gli incontri, nei quali è il cliente stesso a scegliere l’argomento della conversazione, ed il coach lo ascolta ponendo osservazioni e domande. Tutto questo aiuta l’Altro a divenire proattivo consentendogli di concentrarsi sul presente e il futuro. Un percorso di coaching solitamente viene avviato attraverso un colloquio personale in cui vengono valutate le opportunità e sfide del cliente, e con

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il quale si definiscono le finalità della relazione e le priorità di azione che consentano di raggiungere risultati. Tecnicamente la sessione di coaching si divide in tre parti: ● Apertura: nella quale si stabiliscono le regole dell’incontro, si esplicita la metodologia di lavoro e soprattutto si sondano le aspettative dei membri del gruppo necessarie per fare una analisi della domanda. ● Seconda fase: nella quale, si mettono in pratica le dinamiche della sessione, si pongono le basi per la relazione e soprattutto la strategia adeguata per raggiungere gli obiettivi. ● Fase finale: rappresenta il momento della chiusura ed è la fase in cui si puntualizzano gli elementi più importanti emersi dal colloquio e nella quale si stabilisce l’incontro successivo. Generalmente si chiude questa fase affidando un lavoro pratico che il cliente o il gruppo deve svolgere su se stesso. La tecnica di coaching è stata studiata e programmata per consentire all’Altro di produrre risultati e una grande fiducia nelle capacità che gli occorrono. Chiaramente la durata di una relazione di coaching varia in base alle esigenze della persona o del team, può fermarsi ad un minimo di tre sessioni fino ad arrivare ad incontri settimanali che abbracciano i dieci mesi, i fattori che influiscono sulla durata dipendono dal tipo di obiettivi e di risultati che si vogliono raggiungere, le risorse finanziarie disponibili, la frequenza delle sessioni, il modo con cui le persone o i team amano lavorare.

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3.4.2 Il Tutoring

Scrive Bondioli: “L’osservazione ripetuta del comportamento di individui piú esperti nell’esecuzione di un compito sembra essere una condizione necessaria ma non sufficiente per l’acquisizione di abilità complesse. Se l’inesperto non è in grado di padroneggiare le singole parti del compito, la dimostrazione della soluzione non è infatti sufficiente a produrre apprendimento intelligente…(..) In relazione a questo problema alcune teorizzazioni recenti, formulate negli USA, dal gruppo cosiddetto neo-vygotskiano e da studiosi del processo del Tutoring, propongono di considerare la produzione di esempi come una delle diverse e intrecciate strategie che un individuo piú esperto – maestro, adulto, compagno più capace o maturo- utilizza per condurre il meno esperto a riuscire in un compito partecipando direttamente con lui al raggiungimento della soluzione. (Bondioli, 1995, p. 107-2 pp. 433-457 )” In questo processo il maestro guida l’allievo ad una profonda condivisione di presupposti e significati che consentono un mutuo dialogo e che permette al maestro di fungere da guida arricchendo le conoscenze per utilizzarle in contesti nuovi. Il processo di Tutoring dunque consente di agire sulle potenzialità dell’allievo, e quindi guidarlo progressivamente ad estendere le sue competenze. Afferma ancora Bondioli: “L’accento è posto su tre condizioni: L’interscambio tra partner di diversa competenza La condivisione di un compito comune La capacità del partner più esperto di guidare il meno esperto ad utilizza-

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re al meglio le proprie capacità.” (Ibidem) Il Tutoring privilegia una forma di relazione one-to-one, nella quale generalmente il tutor affianca un singolo studente o un intero gruppo formativo o esperienziale. Ha funzioni di facilitazione e di supporto emotivo e cognitivo e svolge una funzione di raccordo con la direzione del corso, osserva comportamenti e processi, offre supporto a docenti e corsisti. Nell’ambito di una formazione in e-Learning, detta i tempi del lavoro, risponde alle domande del gruppo, ha il compito di risolvere i problemi tecnici che i corsisti possono incontrare nell’ambiente on line in cui la formazione si svolge, ed è a disposizione per attività di supporto cognitivo ed emotivo. Un bravo tutor affianca, sostiene, guida (scaffolding) il vero protagonista dell’apprendimento che è appunto l’allievo. Il Tutor si occupa di: “ -preparazione dell’intervento educativo/formativo, dalla definizione del programma alla raccolta delle domande di adesione; -gestione generale, includendo la logistica, i materiali didattici ed amministrativi e l’organizzazione delle trasferte; -promozione e gestione di tirocini aziendali; -ricevimento degli allievi e assistenza ai docenti durante le lezioni, occupandosi di attrezzature e materiali didattici; -monitoraggio costante delle attività e dei risultati conseguiti; -valutazione degli allievi, dei docenti e degli esperti.”(Ibidem) Un bravo Tutor deve avere padronanza delle tecniche di comunicazione e nozioni di psicopedagogia e sociologia, deve conoscere perfettamente la struttura del sistema educativo/formativo, l’organizzazione del lavoro e della formazione all’interno delle agenzie educative. Il cambiamento educativo dipende fondamentalmente, dal modo in cui

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funziona la performance e l’efficacia di un gruppo Ma nonostante il lavoro di squadra sia pratica comune in tutte le istituzioni, non è sempre semplice, raggiungere la performance in un team. Dunque costruire gruppi di lavoro efficaci e performanti è certamente un obiettivo complesso perché il rischio di costruire un team disfunzionale e conflittuale è molto alto. A partire dagli anni ‘80, si è iniziato a pensare alle organizzazioni come a delle vere e proprie “ arene emozionali “, all’interno delle quali si manifestano, si generano, circolano profonde ed intense emozioni che diventano l’oggetto principale delle relazioni interpersonali all’interno di un gruppo. Un’istituzione competente ed efficace deve imparare, sia a sviluppare emozioni strettamente correlate al compito nei propri collaboratori, dei propri allievi e di tutto il personale così come deve imparare a valutare e gestire ansie, emozioni tipicamente insite all’interno del contesto organizzativo. Nella vita organizzativa alcuni fattori inconsci come ad es. meccanismi difensivi, emozioni, fantasie su una cultura organizzativa irreale, plasmano e caratterizzano le relazioni umane ed è sempre necessario non perderli di vista, affinché la gestione del conflitto poi sia efficace. Una cultura organizzativa, è composta appunto dagli elementi inconsci suddetti e da elementi espliciti, come ad es. le regole, la struttura organizzativa gerarchica, la mission, le procedure. Apportare un cambiamento, che permetta la risoluzione dei conflitti, prevede non soltanto fissare tempi, risorse, modalità attuative ecc. ma è necessario non perdere mai di vista gli elementi inconsci, repressi, che possono influenzare i comportamenti dei membri all’interno dell’istituzione stessa. D’Urso e Trentin affermano che è necessaria: “Autoconsapevolezza emozionale: in quanto in occasione di situazioni conflittuali o contesti difficili emerge una dimensione emotiva molto profonda. Distorsione della comunicazione o interruzione della stessa,

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mancanza di riconoscimento reciproco, desiderio di vendetta, rigidità fisica e mentale, violenza e sfiducia, sono esempi riconducibili ad emozioni fondamentali come rabbia, paura, imbarazzo, senso di colpa, vergogna, invidia, disprezzo, gelosia. (V. D’Urso, 2006 , p. 45)” Le emozioni emergono più chiaramente ed intensamente con un linguaggio non verbale, corporeo, che adopera vie digitali ed analogiche, un aspetto, quello emotivo dell’interazione sociale che viene percepito spesso come disturbante, al raggiungimento degli obiettivi o alla costruzione delle relazioni che ci prefiggiamo di raggiungere nelle attività scolastiche e sociali. Sviluppare la capacità di leggere le proprie emozioni aiuta l’individuo a porsi in una posizione di scelta attiva: ogni emozione chiarisce e informa sulla situazione e su di sé, aiutando ad adattarsi di conseguenza a ciò che sta avvenendo o ad usare strategie alternative ed ancora cambiare ottica sulle proprie reazioni, accettandole e comprendendole. Scotto afferma: “l’ansia e il timore, prima e durante il conflitto, sono aspetti fisiologici: l’ansia deriva dal timore che il confronto con l’altro mi destrutturi, cioè metta in crisi, mini le mie basi, la mia fiducia in me, la mia immagine di me; in tal senso, il confronto con l’altro è un’eco del mio confronto con le parti diverse di me stesso/a. (Sclavi, 2003, p. 89) ” L’atto comunicativo esplicita la definizione che ogni individuo ha di sé stesso, una buona leadership ha il compito di cogliere i sottesi di ogni comunicazione e di canalizzarli e ripararli, affinché il clima comunicativo del gruppo ne tragga beneficio, identificando la modalità di comunicazione presente: – “il rifiuto presuppone il riconoscimento di ciò che si rifiuta: “tu hai torto”;

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– la disconferma che nega la realtà del soggetto come emittente della comunicazione e si esemplifica con tutti quei comportamenti non-verbali volti alla trasmissione del messaggio: “tu non esisti”; – la conferma rappresenta il passo iniziale verso nuove soluzioni e verso la possibilità che l’interlocutore si senta “al sicuro.”(Ibidem) Ciò che permette un’efficace interazione comunicativa è, la capacità degli insegnanti di aiutare i membri del gruppo ad ascoltare e rispettare il punto di vista altrui, riconoscendo che in questo processo, vi è l’immagine sottesa e celata, che ogni interlocutore ha di sé. L’Ascolto attivo – empatico è un “ascolto efficace” che permette di entrare nel punto di vista dell’altro, condividendolo, escludendo il giudizio, e l’impellenza di un consiglio, per superare la difficoltà. Ascolto attivo significa “ascoltare con tutto il corpo e con tutti i sensi” stimolando la capacità di cogliere l’interezza della comunicazione dell’altro. Mediare e gestire un conflitto, non è un compito semplice. Necessita di tanta competenza e soprattutto di un bagaglio emotivo esperienziale di un certo spessore. L’empatia, certamente ci consente di “sentire l’Altro”, mettersi al posto dell’Altro e comprenderlo pienamente e profondamente. In questo scenario, tra tutti gli strumenti elettivi che gli insegnanti 2.0 devono possedere è una nuova capacità di comunicazione, nuovi metodi, nuovi strumenti, in un’epoca in cui la virtualità punteggia ogni momento della vita quotidiana e che rende sempre più difficile l’incontro profondo con l’Altro. Siamo certamente tutti esseri comunicanti, in quanto la comunicazione è una dimensione costitutiva di ciascuno di noi, non si può scegliere se comunicare o meno, ma si può scegliere solo il modo in cui comunicare, che è un atto strettamente correlato alla relazione.

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Scrive Anolli: .. si può considerare infatti come la prosecuzione dei modi di sentire, delle esperienze e dei punti vista dei diversi partecipanti che si incontrano e scontrano nell’arena pubblica a tutti i livelli, dalla famiglia alle nazioni e alle culture. L’interazione tra gli individui all’interno di un gruppo o fra più gruppi tra loro influenza, costruisce e norma la concezione del mondo di un dato gruppo. Sotto questo profilo, la comunicazione è anche partecipazione, poiché prevede la condivisione fra individui dei significati e dei sistemi di segnalazione, nonché l’accordo sulle regole sottese a ogni scambio comunicativo”. ( L.Anolli, 2012 p.123) L’etimologia del termine, comunicare rimanda al latino communis (“comune, condiviso”), distinto in cum-munis (“obbligo”, ma anche “dono”). La comunicazione dunque ci riporta a “la parola che sta in mezzo”, ad un profondo atto di cui i partecipanti condividono oneri e onori. Una comunicazione chiara ed efficace, principalmente votata all’ottimizzazione dei legami e dei rapporti con il gruppo, certamente è uno dei pilastri su cui ogni insegnamento dovrebbe basarsi per la costruzione di un apprendimento duraturo e stabile. Paul Watzlawick, insieme a Don D. Jackson e Janet Beavin Bavelas nel Mental Research Institute di Palo Alto, svilupparono la teoria della comunicazione umana, sostenendo ed affermando che la comunicazione non viene applicata come un processo interno, generato dal soggetto, ma è il frutto di uno scambio complesso e complicato, di informazioni che ha origine in una relazione. Come si è evidenziato precedentemente, tutti noi fin dalla nascita, senza rendercene conto, partecipiamo ad un profondo processo quasi inconsapevole, di acquisizione delle regole di comunicazione immerse nella rete relazionale. Dunque, senza la comunicazione, ogni individuo, non avrebbe potuto evolversi.

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Uno degli scopi dell’interazione, in quanto comunicazione autentica, è appunto la creazione di vincoli di coesione e di solidarietà tra le persone, ma senza che questi soffochino la loro indipendenza di giudizio e la loro libertà di azione. Data l’importanza della comunicazione e soprattutto della creazione di buone relazioni capaci di essere pedagogiche ed educative, occorre che all’interno dell’istituzione scolastica affinché il collegamento all’interno della rete si consolidi, si ha bisogno non solo di una certa vicinanza fisica, che può aiutare il rapporto anche se non è indispensabile, ma piuttosto di una vera e propria vicinanza psicologica o meglio ancora emotiva. Le persone con le quali si instaurano legami più forti e duraturi, infatti, sono quelle con le quali si condividono anche i sentimenti e le emozioni. Nessun rapporto, basato esclusivamente sulle componenti cosiddette hard, potrà mai avere lo stesso valore di un rapporto basato invece sulla fiducia, il rispetto, la condivisione del vissuto personale e la comprensione reciproca. La capacità di elevare una relazione a questo livello di intensità, confidenza, vicinanza interiore può essere annoverato tra le competenze soft, come appunto l’intelligenza emotiva, cioè la facoltà di riconoscere, utilizzare, comprendere e gestire in modo consapevole le proprie ed altrui emozioni. D. Goleman (1998), ha ipotizzato che l’intelligenza emotiva possa essere rappresentata attraverso cinque dimensioni fondamentali: consapevolezza e padronanza di sé, motivazione, empatia e abilità nelle relazioni interpersonali.

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Bibliografia

Bondioli, A. (1995). L’esempio tra pedagogia e psicologia : modeling, tutoring, scaffolding in Mélanges de l’école française de Rome Année 1995 107-2 pp. 433-457 . in Mélanges de l’école française de Rome . D.Ianes. (2008 ). La didattica per i Bisogni Educativi Speciali Strategie e buone prassi di sostegno inclusivo. Erikson. GentiliI, L. (2009). Innovare il management. L’arte di dirigere nell’era del caos. . Armando Editore . http://www.istruzione.it/scuola_digitale/allegati/Materiali/pnsd-layout30.10-WEB.pdf. (s.d.). http://www.qtimes.it/flv/Cribari-gen%202014.pdf.

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STEFANO MASULLO Classe 1964, laurea in Scienze Economiche e Master in Comunicazione, Marketing e Finanza, Cavaliere dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e dell’Ordine Costiniano di San Giorgio, Custode delle Insegne e Componente del Collegio Magistrale dell’Ordine dei Santi Contardo e Giuliano l’Ospitaliere, attivo nel settore finanziario dal 1984, già Rappresentante alle Grida alla Borsa Valori di Milano, autorizzato CONSOB, e Broker registrato al NASD a New York, è specializzato nella consulenza e gestione di patrimoni mobiliari ed immobiliari, nella finanza di impresa, nella pianificazione fiscale, nella comunicazione finanziaria e nella formazione. Ha iniziato a lavorare nella società Consulenti Finanziari SpA, creata da Pompeo Locatelli, in seguito, ha collaborato, per oltre un lustro, nello Studio di Agenti di Cambio Leonzio Combi, costituito a Milano nel 1907, uno dei più importanti in Italia. Dal 1995 fino alla vendita, avvenuta nel 2006, fondatore, presidente e azionista di riferimento, del gruppo di consulenza ed intermediario finanziario ex articolo 106 T.U.B., autorizzato Ufficio Italiano Cambi, Opus Consulting S.p.A., capitale sociale 625.000 euro. Socio fondatore, nel 1996, e tuttora segretario generale ASSOCONSULENZA Associazione Italiana Consulenti di Investimento la prima ed unica associazione di categoria riconosciuta a livello istituzionale in Italia; è inoltre socio fondatore, nel 2008, e segretario generale ASSOCREDITO Associazione Italiana Consulenti di Credito Bancario e Finanziario di cui è presidente Luigi Pagliuca, già presidente del Collegio di Milano e Lodi dei Ragionieri Commercialisti. Rettore Università ISFOA, autore di oltre 300 pubblicazioni e di 23 best sellers aziendali, di cui uno, nel 1999, adottato dall’Università Bocconi di Milano; opinionista presso i più importanti media di settore, quali CNBC Class Financial Network e Bloomberg Television, è stato chiamato come relatore, in Italia ed all’estero, da prestigiose istituzioni quali Marcus Evans, Istituto di Studi Bancari, ISTUD, IUAV Università di Venezia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; nel 2002 ha realizzato il primo libro dedicato al Consulente di Investimento. Autore nell’ottobre del 2001, del primo testo dedicato al Bahrein, è direttore editoriale delle prima rivista svizzera di finanza islamica, Shirkah Finance, risultando uno dei principali esperti italiani del settore. Socio fondatore e direttore responsabile della testata internet di finanza www.trend-online.com, con oltre 80.000 I Like su Facebook e 2,5 milioni di visitatori annui, risulta essere la più importante ed influente testata giornalistica on line di finanza operativa, ranking Alexa in Italia pari a 1.669 ed a livello mondiale pari a 16.069, fondata nel 2000. Socio fondatore e direttore responsabile di Golf People Club Magazine, rivista leader assoluta ed incontrastata nel proprio segmento di riferimento, Golf-Business & Lifestyle, con oltre 250.000 copie diffuse tra la versione cartacea e quella digitale, destinata agli appartenenti alla specifica classe sociale degli high net worth individuals, cioè individui che possiedono un patrimonio netto globale personale, immobile di residenza escluso, superiore al milione di dollari; in passato vice direttore del magazine dedicato al lusso World & Pleasure Magazine e direttore editoriale Family Office: Patrimoni di Famiglia, la prima rivista italiana multimediale, internet e cartacea, specializzata nella tutela e conservazione dei patrimoni di famiglia. Ha svolto incarichi direttivi o consulenziali in gruppi bancari, assicurativi, finanziari, industriali quali: Norwich Union, CIM Banque, Broggi Izar, Henderson Investor, Fleming, Corner Bank, Lemanik, Nationale Nederland, Banca Popolare Commercio Industria, 81 SIM Family Office SpA, Prudential Vita, Banca Popolare di Milano, Cassa di Risparmio di Cento, Cassa di Risparmio di Perugia, Société Bancarie Privée, Liberty Financial, FMG Fund Marketing Group, Credito Italiano, IW Bank, ING Group, Colomba Invest SIM, MPS Banca Personale.

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LIBERA E PRIVATA UNIVERSITÀ DI DIRITTO INTERNAZIONALE INTERNATIONAL OPEN UNIVERSITY UNIVERSITÀ TELEMATICA A DISTANZA ENTE DI RICERCA SENZA SCOPO DI LUCRO E DI INTERESSE GENERALE

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ISFOA

Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale Libera e Privata Università Telematica a Distanza di Diritto Internazionale Ente di Ricerca Senza Scopo di Lucro e di Interesse Generale

APPENDICE AL VOLUME E PRESENTAZIONE ISTITUZIONALE

ISFOA Edizioni Accademiche Scientifiche Internazionali Digitali 76


Persona Giuridica Legalmente Autorizzata e Riconosciuta tramite Certificato di Incorporazione, Decreto, Registrazione Ufficiale, Provvedimento e Delibera nelle seguenti nazioni: Stati Uniti, Repubblica di San Marino, Belize, Albania, Confederazione Elvetica. Persona Giuridica Legalmente Costituita ed Autorizzata ai sensi degli articoli 60 e seguenti del Codice Civile Svizzero ed in conformità agli articoli 20 e 27 della Costituzione Federale Svizzera e delle Leggi Cantonali. Ente Morale Autorizzato ai sensi della Legge 13 Giugno 1990 n. 68 della Repubblica di San Marino Fondazione Internazionale Autorizzata ai sensi della Legge 7 Maggio 2011 n. 8788 della Repubblica di Albania. Istituzione Autorizzata ai sensi della Section 108 of the General Corporation Law of Delaware Istituzione Autorizzata ai sensi dell’International Business Companies Registry Act Republic of Belize member British Commonwealth 31 December 2000. ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale è una Università libera, apolitica, aconfessionale di Diritto Internazionale, Riconosciuta ai Sensi dell’Art.60 del Codice Civile Svizzero in conformità degli Articoli 20 e 27 della Costituzione Federale Svizzera, è riconosciuta dall’ordinamento Giuridico Nazionale come Appartenente al settore Universitario Svizzero regolato dalla Legge Federale sulla promozione e sul coordinamento del settore Universitario Svizzero (LPSU entrata in vigore il 1 Gennaio 2015) ed è legittimata ad organizzare ed erogare attività di insegnamento di livello universitario, ricerca accademica ed alta formazione specialistica in ossequio alle prescrizioni ed alla legislazione vigente rilasciando a titolo libero e privato e su basi assolutamente legali, le relative attestazioni. Svolge attività di insegnamento a livello terziario ed attribuisce titoli di studio in virtù del diritto di libertà di insegnamento e della ricerca scientifica e della libera attività economica in conformità agli articoli (art.20) - (art.27) garantiti dalla Costituzione Federale Svizzera, essi sono conformi alle Direttive della Conferenza universitaria svizzera nell’ambito del processo di Bologna (Direttive di Bologna) del 4 dicembre 2003. I titoli conferiti sono validi ai fini del riconoscimento, secondo la Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002. ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale, riconosciuta dall’ordinamento giuridico nazionale come appartenente al settore universitario svizzero regolato dalla Legge Federale sulla Promozione e sul Coordinamento del Settore Universitario Svizzero (LPSU), utilizza le tre lingue ufficiali Elvetiche, italiano, francese, tedesco, unitamente all’inglese ed opera a tutti gli effetti quale Università, offrendo corsi che portano al conseguimento di Bachelor Degree (Lauree Triennali), Master Degree (Lauree Specialistiche), Executive Master e Master of Advanced Studies, oltre che Dottorati di Ricerca - PhD, corrispondenti ai livelli 6, 7, e, 8 del sistema europeo E.Q.F.European Qualification Framework. Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino con Delibera numero 706 del 14 febbraio 2006, ha autorizzato ISFOA ad utilizzare la denominazione “ ISFOA Libera e Privata Internazionale ” ai sensi dell’art. 14 cpv. 2 della legge sull’Università della Svizzera Italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca del 03 ottobre 1995 (LUSI).

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ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale ISFOA Libera e Privata Università Internazionale a partire dall’anno accademico 2010 ha inaugurato una rinnovata struttura organizzativa e dirigenziale attiva nelle città di Ginevra e di Zurigo presso una importante rappresentanza consolare diplomatica, messa a disposizione da un autorevole componente interno del proprio Senato Accademico, trasferendosi così dalla città di Lugano e dal Cantone Ticino. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale, fondata nel 1999, con i suoi oltre 3.500 allievi formati nei vari percorsi, diplomi di perfezionamento, lauree breve, lauree magistrali, master di specializzazione, dottorati di ricerca, ha assunto tale importante decisione strategica in funzione del fatto che Ginevra, oltre 180.000 abitanti, capitale dell’omonimo Cantone, contro i 35.000 di Lugano, è la seconda città della Svizzera dopo Zurigo ed è considerata una piazza internazionale e cosmopolita a livello finanziario, industriale ed istituzionale, sede delle maggiori banche private nazionali ed estere e delle maggiori organizzazioni internazionali quali Croce Rossa, Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Alto Commissariato Nazioni Unite per i Rifugiati, Organizzazione Mondiale del Commercio, Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare, World Economic Forum, di conseguenza rappresenta la naturale ubicazione per un ente accademico di prestigio e caratterizzato da una innata propensione allo sviluppo ed al relativo consolidamento di relazioni sociali, istituzionali e professionali. I diplomi conferiti, per la propria peculiare natura privata, risultano essere diversamente equipollenti a quelli di analoghe istituzioni statali e non garantiscono automaticamente alcuna equivalenza con altri, sono però legittimamente considerati titoli accademici e possono, singolarmente, e nei casi e nelle modalità di specie, autonomamente previste dai vari ordinamenti universitari nazionali, essere valutati come ammissibili al riconoscimento in tutti i paesi d’Europa ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale, in virtù del suo stato normativo e per l’interpretazione del Trattato di Lisbona, non può garantire l’accettazione del titolo rilasciato, per bandi e concorsi pubblici, albi e il riconoscimento di titolo da parte di istituzioni, enti pubblici o privati, enti universitari o altro. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale è considerata una delle più prestigiose, selettive, ambite e rinomate università a distanza.

ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale vanta i seguenti record: ñ ñ ñ ñ

il 100% dei propri iscritti conclude nei tempi previsti il percorso accademico programmato ; il 100% dei propri laureati risulta essere un imprenditore, un professionista o un dirigente di conclamato successo; il 100% dei propri laureati appartiene alla classe sociale degli high net worth individuals; lo 0% è il tasso di abbandono dei propri iscritti.

ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, gode a livello internazionale, di un acclarato prestigio e di una riconosciuta reputazione in funzione del proprio corpo docente

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composto da banchieri, industriali, editori, giornalisti, diplomatici, accademici, prelati, militari, giuristi, economisti di chiara fama, provenienti dalle maggiori e più note istituzioni italiane ed estere, sia per le proprie importanti attività di lobbyng e di sviluppo di affari che per l’impegno profuso a livello sociale, avendo concesso numerose borse di studio a parziale e/o totale copertura delle rette previste a favore di discenti non particolarmente abbienti ma meritevoli e organizzando e/o finanziando innumerevoli opere filantropiche e caritatevoli. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, attraverso l’opera indefessa e volontaria del pro rettore Vincenzo Mallamaci, ha perfezionato, proprio grazie alle generose donazioni ricevute durante le varie cerimonie di consegna dei titoli accademici, in stretta collaborazione con l’Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS, l’acquisto di numerosi ettari di terra in Costa d’ Avorio, destinati alla coltivazione di piantagioni di Cacao, da donare ad un folto gruppo di famiglie povere che potranno con il loro lavoro ed il relativo insegnamento di Tecniche Agricole, Aziendali, Finanziarie e Commerciali, sopravvivere e prosperare per almeno 30 anni. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale agirà nella realizzazione di tale importante opera umanitaria, sempre sotto la diretta supervisione di Monsignor Giulio Cerchietti, Officiale della Congregazione per i Vescovi della Santa Sede, responsabile Ufficio Internazionale Ordinariati Militari e Presidente Associazione Amici del Benin e di Padre Constant Atta Kouadio, cittadino della Costa d’Avorio, Assistente Spirituale e Presidente Vicario per l’Africa dell’Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, da sempre, progetta e sviluppa operazioni di livello internazionale a beneficio del progresso sociale, culturale ed economico, procedendo sempre nello spirito cristiano, in maniera concreta e reale, in silenzio ed umiltà, in evidente contrapposizione alle chiacchiere generali, poiché questo è uno degli insegnamenti fondamentali ereditati dal Maestro Gesù Cristo per risolvere, ad esempio, il problema dei profughi alla radice. Se dai del pesce ad un uomo, Egli si ciberà una volta. Ma se tu gli insegni a pescare, Egli si nutrirà per tutta la vita. Se fai progetti per un anno, Semina del grano. Se i tuoi progetti si estendono a dieci anni, Pianta un albero. Se essi abbracciano cento anni, Istruisci il popolo. Seminando grano una volta, Ti assicuri un raccolto. Se pianti un albero, Tu farai dieci raccolti. Istruendo il popolo, Tu raccoglierai cento volte.

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Sua Santità Papa Francesco, per tale importante impegno sociale, professionale ed accademico, ha voluto impartire, facendo consegnare direttamente nelle mani di Stefano Masullo, magnifico rettore ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, la propria Benedizione Apostolica, invocando speciale effusione di grazie celesti e la materna protezione della Beata vergine Maria per una costante crescita nella fede e nell’amore.

Oggi l’esperienza professionale può essere riconosciuta dalle Università italiane o straniere come credito formativo: significa che è possibile abbreviare il percorso che porta al conseguimento della laurea.

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La partecipazione a stage e seminari, l’iscrizione a ordini professionali, la conoscenza delle lingue e dell’informatica, la frequenza a corsi di formazione e attività culturali, lo svolgimento di volontariato ed impegno sociale nel corso della propria vita lavorativa si traducono in crediti formativi e accelerano il raggiungimento della laurea. E’ possibile ottenere il Diploma di Laurea e il relativo titolo di Dottore, senza dover abbandonare la propria attività, senza alcun obbligo di frequenza e in alcuni casi senza dover sostenere nessun esame secondo un percorso accademico personalizzato strutturato attraverso un processo denominato CEVA Certificazione e Verifica Esperienza Acquisita. Un qualificato professionista, iscritto e certificato quale docente Assoconsulenza Associazione Italiana Consulenti di Investimento, la prima ed unica associazione di categoria dei consulenti di investimento riconosciuta ed accreditata in Italia, sarà in grado di offrire una consulenza assolutamente libera e gratuita in merito alla valutazione del proprio curriculum vitae. info@assoconsulenza.eu In Svizzera le università private non hanno alcun obbligo di sottoporsi ad una procedura di accreditamento, che è al contrario una semplice facoltà di ogni istituto universitario, teso ad aumentarne il prestigio ed ad ottenere i sussidi finanziari erogati dalla Conferenza universitaria svizzera; né ad offrire cicli di studio che soddisfino le condizioni per l’accreditamento, né tanto meno obbligata a menzionare la circostanza che non sia accreditata. In Svizzera non esiste il valore legale dei titoli (salvo per quelle formazioni che si concludono con un esame di stato es. medicina), le università private possono decidere volontariamente di sottoporre i loro corsi di studio al cosiddetto “accreditamento”, certificazione di qualità. Ne consegue che i titoli conferiti, in quanto rilasciati da una università riconducibile al sistema di insegnamento superiore, sono validi ai fini dell’ammissione al riconoscimento in tutti i paesi d’Europa, Italia compresa, ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie, ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale rilascia titoli accademici, perciò, validi ai fini dell’ammissione al riconoscimento in Italia anche per finalità diverse da quelle precedenti ai sensi del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 luglio 2009, n. 189 - Regolamento concernente il riconoscimento dei titoli di studio accademici, a norma dell’articolo 5 della legge 11 luglio 2002, n. 148. (09G0197) (GU n. 300 del 28-12-2009) note. Entrata in vigore del provvedimento: 12/01/2010. Il Cantone Ticino, come confermato da comunicazioni e delibere ufficiali del Consiglio di Stato e del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport e dalla Legge del 3 Ottobre 1995 sull’Università della Svizzera Italiana, sulla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e sugli Istituti di Ricerca, regola all’articolo 14, unicamente l’uso del nome Università con il duplice scopo di evitare confusione con le istituzioni accreditate ed enti autonomi di diritto pubblico quali appunto USI Università Svizzera Italiana e SUPSI Scuola Universitaria Professionale Svizzera Italiana, e che le informazioni date agli studenti siano conformi all’effettivo valore dei titoli conseguiti, conferma inoltre che l’attività di formazione universitaria non richiede una autorizzazione specifica poiché si basa sulla libertà di scienza e sulla libertà economica dei sopra richiamati articoli 20 e 27

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Costituzione Federale Svizzera. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale ha insignito nel corso degli anni del titolo accademico honoris causa innumerevoli personalità di spicco universalmente rinomate ed in particolare ben quattro Ministri in forza 2001 - 2006 al Governo presieduto dall’Onorevole Silvio Berlusconi svolgendo le relative cerimonie ufficiali di consegna presso esclusive sedi istituzionali quali Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Ambasciate. I titoli accademici rilasciati da ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale sono perciò validi titoli universitari in Svizzera e in tutti i paesi d’Europa. Quadro Normativo Generale ed Utilizzo Legale e Legittimo del Titolo Universitario Privato Svizzero in Italia I titoli rilasciati da ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale non conferiscono in alcun modo il privilegio di accedere all’esame di Stato per l’abilitazione professionale e, per di più, chi è in possesso legittimo di quest’ultimo titolo dottrinale, deve sempre darne atto, indicando obbligatoriamente l’origine e la natura, possono però essere legalmente fruibili in Svizzera, nella lingua originale nella quale sono stati conferiti, in base all’articolo 27 della Costituzione Federale Elvetica, il tutto, rispettando i dettami dell’articolo 14 della Legge Cantonale sull’Università della Svizzera Italiana del 3 ottobre 1995; ed in Europa ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione di Parigi del Consiglio d’Europa del 14 dicembre 1959. Il titolo di studio conseguito all’estero non ha generalmente riconoscimento professionale in Italia, salvo il disposto della Legge 1940 del 31/12/1962 che stabilisce il principio secondo il quale “chiunque ha diritto di portare un titolo accademico conferito da università estere, purché ne precisi l’origine.” Si richiama a questo proposito l’attenzione su di un importante adempimento, obbligatorio per i possessori di titoli appartenenti alla fattispecie in oggetto, sia ordinari che onorari, sul biglietto da visita, sulla carta da lettera, sul cartoncino e su tutti gli altri documenti, dovrà sempre citarne la fonte, appaiata al proprio nome e cognome. Per completezza si riporta un esempio di pura fantasia: Pinco Pallino Dottore in Economia e Finanza honoris causa ISFOA USA Il proponente potrà di conseguenza avvalersi del titolo, dr. o dr. ing., a lui conferito legalmente, nei biglietti da visita e nella carta intestata commerciale, professionale o personale, e nei rapporti con i terzi, ma, come già descritto in precedenza, trattasi di titolo, generalmente, non valido ad esercitare una professione riservata, né ad iscriversi ad Albi Professionali ed Ordini regolamentati a livello pubblico, né a partecipare a concorsi; in base al disposto normativo della Legge 262 del 13/3/1958, infatti, ci si può solo fregiare del titolo emesso da un “soggetto non residente”, quale è ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, e non farne uso. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale non ha l’obbligo di venire registrata in Italia in quanto il suo stato giuridico è già di per sé completo e compiuto, comprovato all’origine; accadrebbe

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l’inverso qualora i diplomi rilasciati possedessero titolo valido per l’avviamento agli Esami di Stato al fine dell’abilitazione professionale. I titoli conferiti impegnano solo l’istituzione stessa che li rilascia a livello libero e privato su basi assolutamente legali, non essendo in alcun modo responsabile in merito all’uso del titolo ed all’ottenimento del diritto all’esercizio della libera professione in quanto regolati dalle norme dei singoli Paesi. Ai fini del valore legale del titolo rilasciato esso non può essere paragonabile con quelli rilasciati da Università Statali della Repubblica Italiana, né con quelle considerate equipollenti, né con quelli di Università Statali dell’Unione Europea e/o della Confederazione Elvetica, per quanto, nel Regno Unito – Gran Bretagna il British Parliament 1988 Education Act reciti che “The awards made by overseas educational establishments should be recognized, and the assessment and recognition of such qualifications would be a matter for the individual employer and professional bodies”. L’Accordo tra la Confederazione Svizzera, da un parte, e la Comunità Europea ed i suoi Stati membri, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, concluso il 21 giugno 1999, approvato dall’Assemblea Federale l’8 ottobre 1999, ratificato con strumenti depositati il 16 ottobre 2000, entrato in vigore il 1° giugno 2002 - 1° giugno 2004, all’articolo 5, prevede, per le istituzioni accademiche quale è ISFOA, il diritto di fornire sul territorio dell’altra parte contraente, programmi di insegnamento e di formazione di durata non superiore a 90 giorni per anno civile. Riconoscimento titoli esteri in Italia legge 148/2002 circolare MIUR equipollenza cancellata Tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno conseguito un titolo accademico all’estero possono esercitare tutti i diritti connessi al possesso del titolo senza dover richiedere l’equipollenza e rivolgersi ad una università italiana per il conferimento del corrispondente titolo italiano. La prassi dell’equipollenza, già prevista negli articoli 170 e 332 del RD 1592/1933 ora abrogati, è stata cancellata, con l’introduzione della procedura del riconoscimento finalizzato prevista dalla legge 148/2002, propria di una concezione più moderna e coerente con gli obiettivi attuali dell’insegnamento superiore a livello internazionale. Il MIUR Ministero Istruzione Università e Ricerca, in una circolare (Protocollo: n. 3600/Segr/Afam del 10 febbraio 2004), conferma l’applicazione della legge 148/2002 per il riconoscimento in Italia dei titoli esteri, e invita tutti i destinatari ad osservare ed attuare le norme sul riconoscimento dei titoli di studio effettuati all’estero. Confermata la spendibilità dei Titoli Accademici Svizzeri in Europa · Spagna. Il Ministero competente spagnolo ha riconosciuto la laurea triennale in Scienze Aziendali conferita da una università privata elvetica con indirizzo Consulenza del Lavoro come qualifica professionale abilitante ai sensi della direttiva 2005/36/CE, all’esercizio della professione di consulente del lavoro, dopo il superamento della prova attitudinale in diritto positivo spagnolo del lavoro e della

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sicurezza sociale. · Germania. La Procura del Baden Wuttemberg ha riconosciuto la spendibilità in Germania del Master in Business Administration rilasciato da una università privata elvetica con ordinanza N.123js 2193809 del 3 giugno 2011. Il Tribunale Civile di Stoccarda Atto nr. 25 O 92/11 del 22.03.2012 ha dichiarato legittimo in Germania l’uso del titolo con l’indicazione delle sue origini. · Italia. Le università di Catania, Padova, Chieti, Unisu, Guglielmo Marconi, E Campus, hanno riconosciuto la spendibilità accademica con il riconoscimento totale e/o parziale degli esami sostenuti presso una università privata elvetica. Il Ministero della Difesa Italiano ha autorizzato l’annotazione matricolare del diploma di laurea in Scienze della Comunicazione conferito da una università privata elvetica. Ammissione e conseguimento di numerosi laureati presso una università privata elvetica dell’attestato di MEDIATORE CIVILE E COMMERCIALE (Decreto Legislativo n. 28 del 20 Marzo 2010 e Decreto Interministeriale n. 180 del 18 Ottobre 2010).

La laurea triennale in Scienze Aziendali riconosciuta in Europa come qualifica professionale ai sensi della direttiva 2005/36/CE Il Ministero competente spagnolo ha riconosciuto la laurea triennale in scienze aziendali con indirizzo consulenza del lavoro come qualifica professionale abilitante ai sensi della direttiva 2005/36/CE, all’esercizio della professione di consulente del lavoro, dopo il superamento della prova attitudinale in diritto positivo spagnolo del lavoro e della sicurezza sociale. Valore dei titoli di studio universitari conferiti da università private in Svizzera In Svizzera la formazione universitaria è prevalentemente pubblica e di competenza dei Cantoni, salvo i politecnici federali e altre scuole universitarie federali (SUP) scuole universitarie professionali direttamente regolate e controllate dal Governo federale, esiste però anche una rilevante presenza di università private. In Svizzera non è richiesta preventiva autorizzazione e /o riconoscimento statale per offrire formazione nel settore universitario, organizzare esami o rilasciare titoli di studio. Non esiste il valore legale dei titoli. Autorità federali o cantonali, secondo le rispettive competenze, vigilano nei casi previsti dalla legge sull’attività delle università private. In Svizzera, all’infuori dei casi specialmente regolamentati dalla legge, giudice della qualità e del valore di una formazione è l’utente o il mercato del lavoro prima che lo Stato. Conformemente alle tendenze internazionali, sono state introdotte in Svizzera procedure di accreditamento facoltative (certificazione di qualità e/o marchi di qualità) non discriminanti tra offerta pubblica e privata. L’accreditamento è facoltativo e attesta solamente un controllo esterno della qualità e non implica alcun riconoscimento della validità di questa o di quella formazione da parte dello Stato.

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Il settore universitario in Svizzera è complesso e conseguente all’assetto federale del paese (terziario A secondo la classificazione internazionale): · la Confederazione regola e controlla i Politecnici federali e le Scuole universitarie professionali (SUP) pubbliche o private. · I Cantoni, secondo la Costituzione Federale Svizzera, hanno la sovranità sulle università cantonali pubbliche e su quelle private operanti sul proprio territorio. In ciascun Cantone quindi vi sono leggi cantonali universitarie che regolano in modo differente la materia. · La Confederazione e i Cantoni hanno competenze comuni riguardanti il coordinamento e lo sviluppo della qualità, tramite la Conferenza universitaria svizzera (CUS), organo comune della politica universitaria accademica pubblica. A livello nazionale svizzero una Agenzia nazionale di accreditamento (OAQ), accredita facoltativamente le università pubbliche e quelle private o loro singoli curricula, cioè concede loro un marchio di qualità, che comunque non conferisce di per sé alcun riconoscimento e/o la validità statale dei titoli conferiti. Un’istituzione può richiedere un accreditamento come università oppure puo’ richiedere l’accreditamento per certi cicli di studio soltanto secondo quanto stabilito dalla legge federale sull’Aiuto universitario (LAU, RS 414.20). Per quanto concerne il valore dei titoli universitari accademici rilasciati in Svizzera: · ai fini dell’ammissione all’esercizio di una professione regolamentata (p.e. medicina, avvocatura, ecc.), sono le leggi federali o cantonali regolanti la professione che stabiliscono quali titoli sono riconosciuti. · Per le professioni non regolamentate (p.e. management, giornalismo, ecc.) spetta di fatto al datore di lavoro “riconoscere” o meno il valore di un titolo di studio; significativo può essere l’accreditamento o comunque una certificazione di qualità rilasciata da enti privati generalmente riconosciuti. · Ai fini del proseguimento degli studi, è l’università dove si intende proseguirli che riconosce il valore di un titolo precedente. Analogamente a quanto avviene per l’equivalenza dei titoli, le università si basano sulle norme nazionali. Università private riconosciute appartenere al sistema d’insegnamento con sede in Svizzera, anche se non accreditate (cioè che non hanno richiesto la certificazione di qualità facoltativa), hanno comunque il diritto costituzionalmente garantito di rilasciare titoli di studio universitari che, senza alcuna differenza rispetto a quelli rilasciati dalle università pubbliche, sono validi per: · il diritto d’accesso ai fini del proseguimento degli studi nel sistema universitario (pubblico) svizzero e

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all’estero, ai sensi delle leggi nazionali e della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sulla reciproca riconoscibilità dei titoli; · ai fini dell’esercizio in Svizzera di professioni regolamentate ai sensi della direttiva della Unione europea CE/ 2005/36 in vigore anche in Svizzera dal 1 novembre 2011; · ai fini dell’esercizio in Svizzera di professioni non regolamentate, vale il libero apprezzamento del datore di lavoro.

RICONOSCIMENTO ACCADEMICO PER LA PROSECUZIONE DEGLI STUDI IN ALTRA UNIVERSITA’ I titoli conferiti, in quanto legalmente rilasciati da una università riconosciuta dall’ordinamento giuridico come appartenente allo spazio universitario svizzero, sono idonei ai fini del riconoscimento ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie, ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002.

USO DEI TITOLI NEI PAESI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA Tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno conseguito un titolo accademico all’estero possono esercitare tutti i diritti connessi al possesso del titolo. Ai sensi dell’art. 54 della direttiva 2005/36/CE della Unione Europea lo Stato membro ospitante fa sì che gli interessati abbiano il diritto di usare il titolo di studio dello Stato membro d’origine, ed eventualmente la sua abbreviazione, nella lingua dello Stato membro d’origine. Lo Stato membro ospitante può prescrivere che il titolo sia seguito da nome e luogo dell’istituto o della giuria che l’ha rilasciato. A settembre 2011 il Comitato misto Svizzera-UE per l’Accordo sulla libera circolazione delle persone ha deciso l’applicazione in Svizzera a partire dal 1° novembre 2011 della direttiva 2005/36/CE. Di conseguenza l’Italia come stato membro ospitante deve garantire agli interessati l’uso nel proprio territorio del titolo di studio conseguito in Svizzera nella lingua dello Stato di origine.

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Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera, considerato uno dei più ambiti, selettivi, prestigiosi ed esclusivi riconoscimenti, volto a valorizzare le rinomate eccellenze italiane ed estere, attive nel settore culturale, industriale, accademico, istituzionale e professionale, che si inquadra in un più ampio manifesto programmatico, realizzato con successo fin dall’autunno del 1996, è stato inaugurato nel Maggio del 2004 con una cerimonia ufficiale, trasmessa in prima serata dalla televisione nazionale ungherese, ed avvenuta all’interno dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, alla presenza di oltre 250 ospiti, del Ministro per gli Italiani nel Mondo, dell’Ambasciatore d’Italia in Ungheria, con il saluto ufficiale del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Italiana vantando i seguenti patrocini ufficiali: Provincia di Milano; Provincia di Lecce; Ministero Infrastrutture e Trasporti; Ministero Affari Esteri; ICE Istituto Commercio Estero; Ministero per gli Italiani all’Estero; ANC Associazione Nazionale Carabinieri; AIDDA Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda; Comune di Milano; Regione Lombardia; Comune di Lecce; Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari.

Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera ha come scopo il perseguimento dei seguenti obiettivi: Internazionalizzazione delle aziende italiane nel mondo; sviluppo della cooperazione multinazionale; valorizzazione delle Piccole e Medie Imprese; affermazione dell’immagine del marchio e dello stile italiani nel mondo; salvaguardia e riqualifica del Made in Italy attraverso supporti e contenuti culturali che contrastino il dumping cinese; ñ consolidamento delle responsabilità sociali, etiche e morali nelle attività produttive e professionali. ñ ñ ñ ñ ñ

Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera, nel corso della serata di gala inaugurale della prima edizione, conclusasi con un eclatante successo, ha potuto vantare il saluto istituzionale, in nome e per conto di Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica Italiana, portato personalmente da Paolo Guido Spinelli, ambasciatore della Repubblica Italiana in Ungheria, e tra gli illustri premiati, presente alla serata in qualità di ospite d’onore ed istituzionale, il ministro per gli Italiani nel Mondo, onorevole Mirko Tremaglia, destinatario anche di una Laurea Honoris Causa conferita dal Senato Accademico della Facoltà di Scienze Aziendali ed Economiche di ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale.

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