Giuseppe Geniale - Risarcimento Danni Agenzia Entrate

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GIUSEPPE GENIALE

RISARCIMENTO DANNI AGENZIA ENTRATE

ISFOA Edizioni Accademiche Scientifiche Internazionali Digitali


Giuseppe Geniale , nato a Noto il 25 Luglio 1967 , iscritto in qualità di Ragioniere Commercialista al numero 218 in data 31 Gennaio 1992 all’ Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di Siracusa sta conseguendo presso la Facoltà di Scienze Aziendali ed Economiche di ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale il Diploma di Laurea in Organizzazione e Gestione Aziendale con specializzazione in Tecnica Industriale e Commerciale .


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RISARCIMENTO DANNI PER COMPORTAMENTO SCORRETTO O ILLECITO DEL FISCO

La responsabilità dell’Agenzia delle Entrate per il proprio comportamento La responsabilità precontrattuale della Pubblica Amministrazione è configurabile in tutti i casi in cui l’Amministrazione Finanziaria, nelle trattative con i terzi, abbia compiuto azioni o sia incorso in omissioni contrastanti con i principi della correttezza e della buonafede, alla cui puntuale osservanza anch’essa Amministrazione è tenuta, nell›ambito del rispetto dei doveri primari, garantiti dall’art. 2043 cod.civ. La responsabilità della Pubblica Amministrazione, ai sensi dell’articolo 2043 cod. civ., per l’esercizio illegittimo della funzione pubblica, è configurabile qualora si verifichi un evento dannoso incidente su un interesse rilevante per l’ordinamento ed causalmente connesso ad un comportamento della Pubblica Amministrazione caratterizzato da dolo o colpa, non essendo sufficiente la mera illegittimità dell’atto, ad esempio una cartella di pagamento erronea, a determinarne automaticamente l’illiceità. L’accertamento in concreto della colpa dell’Amministrazione Finanziaria è configurabile se l’esecuzione dell’atto illegittimo sia avvenuta in violazione delle regole proprie dell’azione amministrativa, desumibili sia dai principi costituzionali in punto di imparzialità e buon andamento, sia dalle norme di legge ordinaria in punto di celerità, efficienza, efficacia e trasparenza, sia dai principi generali dell’ordinamento, in punto di ragionevolezza, proporzionalità ed adeguatezza. È un segnale di civiltà, oltre che di applicazione di corretti principi di diritto soprattutto se si considera che risulta espresso nei confronti dell’Agenzia delle Entrate, che è stata spesso, se non sempre, considerata un gradino sopra il contribuente (e ancor oggi per diversi aspetti processuali e sostanziali), riaffermando così il principio che l’attività della Pubblica Amministrazione, anche nel campo della pura discrezionalità, deve svolgersi nei limiti posti dalla legge e dal principio primario del neminem laedere, codificato nell’art. 2043 c.c., per cui è consentito al giudice ordinario accertare se vi sia stato da parte della stessa Pubblica Amministrazione, un comportamento doloso o colposo che, in violazione di tale norma e tale principio, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo del contribuente. Avrebbe anche potuto farsi riferimento, pervenendo alle medesime conclusioni,anche all’art. 10 dello Statuto dei diritti del

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contribuente che impone alle parti del rapporto tributario e, quindi, anche alla Agenzia delle Entrate, di comportarsi con correttezza e buona fede. La Pubblica Amministrazione è responsabile per i danni subiti dai contribuenti che siano causalmente riconducibili alla violazione dei doveri di diligenza e correttezza nell’espletamento dei compiti di ufficio, trattandosi di doveri posti da norme di legge o regolamentari che ne regolano l’attività da interpretarsi alla luce dei valori costituzionali a tutela dei principi di imparzialità e buona amministrazione (artt. 41, commi 2 e 3, 47, comma 1, e 97, comma 1, Cost.) e costituenti limiti esterni alla sua attività discrezionale, che integrano la norma primaria del “neminem laedere” di cui all’art. 2043 cod.civ. L’imputazione della responsabilità può discendere dall’adozione e dall’esecuzione di un atto illegittimo in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede, ma non può avvenire sulla base del mero dato obiettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa in relazione alla normativa applicabile, ovvero sulla base della valutazione della colpa del funzionario agente riferita ai parametri della negligenza e dell’imperizia. In caso di violazioni l’Amministrazione finanziaria è tenuta a subire le conseguenze risarcitorie della propria condotta, la quale assume i connotati dell’illecito e provoca la lesione di diritti patrimoniali quando sia stata, come nella specie, tardiva, avendo costretto il contribuente a presentare un ricorso che avrebbe potuto essere evitato stante la evidenza delle sue ragioni, riconosciute, peraltro, sia pure tardivamente, dall’Ufficio che è stato carente nell’adozione dei provvedimenti e delle iniziative sia pur tardivamente adottate. Peraltro, la stessa Amministrazione Finanziaria si è dimostrata sensibile al rapporto cittadino – fisco con una lettera inviata nel mese di maggio 2011, dal Direttore generale dell’Agenzia delle Entrate, Dott. Attilio Befera, a tutti i dipendenti delle Agenzie Fiscali sottolineando come l’attività della Amministrazione finanziaria debba ispirarsi ai due principi basilari della correttezza ed efficienza, invitando i dipendenti ad operare in modo da guadagnare sempre più il rispetto e la fiducia dei cittadini, richiamandoli alle proprie responsabilità ribadendo come l’azione di controllo può rivelarsi realmente efficace solo se è corretta e non quando, invece, esprime arroganza o sopruso o, comunque, comportamenti non ammissibili nell’ottica di una corretta e civile dialettica tra le parti, dando un segnale forte, unitamente a quello della Corte di cassazione, nella

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sentenza in commento, ribadendo entrambe le diverse conseguenze, sotto il profilo disciplinare e risarcitorio civile, del comportamento negligente o arrogante del dipendente dell’Amministrazione finanziaria (a cui va parificato quello dei dipendenti degli enti locali per le imposte e tasse locali). Vien ribadito non dalla dottrina o dalla giurisprudenza, ma dallo stesso “capo” delle Agenzia delle Entrate, dimostrando una sensibilità istituzionale non comune, che “se un accertamento non ha solido fondamento, non va fatto e e se da una verifica non emergono fatti o elementi concreti da contestare, non è corretto cercare a ogni costo pseudo infrazioni formali da sanzionare solo per evitare che la verifica stessa sembri essersi chiusa negativamente.” Insomma, se il contribuente ha dato prova sostanziale di buona fede e di lealtà nel suo rapporto con il Fisco, ripagarlo con la moneta dell’accanimento formalistico significa venire meno a un obbligo morale di reciprocità, ed essere perciò gravemente scorretti nei suoi confronti. È un vero e proprio codice di comportamento, rivolto ai dipendenti delle Agenzie Fiscali, quello del Dott. Attilio Befera che aggiunge che non è ammissibile pretendere dal contribuente adempimenti inutili, ripetitivi e defatiganti; e costituisce una grave inadempienza ritardare l’esecuzione di sgravi o rimborsi sulla cui spettanza non vi sono dubbi. I funzionari e dipendenti in genere della Pubblica Amministrazione, e in particolare quelli della Amministrazione Finanziaria, devono dare prova di equilibrio, competenza, misura e ragionevolezza, in quanto “ se esigiamo serietà e coerenza dai contribuenti, dobbiamo noi per primi dare prova di serietà e coerenza nel rispetto dei principi cui diciamo di ispirare la nostra azione” in quanto le ragioni dell’etica e quelle della convenienza dimostrano la loro fondatezza solo se alla fine convergono. Raramente era stato pubblicamente sottolineato, in precedenza, dalla stessa Agenzia delle Entrate, parte nel giudizio tributario, (e tale inversione di tendenza va ascritta a merito del Dott. Befera) che “i comportamenti vessatori sono eticamente scorretti e in quanto tali sono anche controproducenti. Come qualunque altra azione immorale, quella di evadere le imposte – continuando però a fruire dei servizi che gli altri concorrono a finanziare pagandole, invece, le imposte - cerca sempre una giustificazione morale, e ama trovarla, se gliene viene offerta l’opportunità, nella scorrettezza di chi avrebbe il compito, con la trasparenza e la linearità della propria condotta, di indurre al rispetto degli obblighi fiscali”

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In un sistema basato sull’autotassazìone, l’attività dì controllo raggiunge effettivamente il suo scopo - la tax compliance - solo se si basa su comportamenti in grado di ispirare fiducia e lealtà. Tali principi, ispirati all’obbligo di correttezza e buona fede, oltre ad essere vincolanti per i dipendenti delle Agenzie fiscali, costituiscono un metro di paragone per individuare l’eventuale illiceità dell’azione dell’Amministrazione finanziaria, che non può trincerarsi dietro il “burocratese” o difficoltà organizzative, quali la mancanza di personale e dotazioni strumentali per evitare la declaratoria di responsabilità. Alla luce di tali principi non trova giustificazione il comportamento della Agenzia delle Entrate che ricorre per Cassazione adducendo che “manca nella specie il carattere dell’ingiustizia del danno, in relazione al fatto che l’annullamento in autotutela non si configura quale obbligo bensì come mera facoltà dell’amministrazione, con le conseguenze che il privato non è titolare di alcuna posizione soggettiva in ordine al ritiro dell’atto in positivo”. Ecco uno dei casi in cui il contribuente viene ripagato, per usare le parole del dott. Befera, con la moneta dell’accanimento formalistico venendo meno l’Ufficio a un obbligo morale di reciprocità, agendo in maniera gravemente scorretta nei suoi confronti, una volta riconosciuta la fondatezza della richiesta del contribuente. È auspicabile che le medesime “autorevoli” raccomandazioni vengano rivolte agli Uffici del contenzioso, evitando di sovraccaricare soprattutto con ricorsi inutili e soventi infondati, (forse per giustificare una “statistica”) la Corte di cassazione, gravata per un terzo del suo carico di lavoro proprio dai ricorsi in materia tributaria.

La liquidazione del danno: danno patrimoniale e danno non patrimoniale Una volta affermata la responsabilità della Pubblica Amministrazione per la violazione del principio del neminem laedere e, quindi, dell’art. 2043 c.c., nessuna limitazione sussiste per la liquidazione del danno patrimoniale, purché provato e connesso, in termini causali con l’illecito commesso dall’Ufficio Finanziario, sussistendo ancora però dubbi e provvedimenti contrastanti circa il risarcimento del danno non patrimoniale.

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Così, la Suprema Corte ha confermato il risarcimento per le spese sostenute dal contribuente per il commercialista, per le varie trasferte verso l’ufficio della Pubblica Amministrazione, nonché le spese accessorie e consequenziali sostenute per conferire con la Pubblica Amministrazione. Trattasi di una sanzione (risarcimento del danno patrimoniale) che, in relazione all’attuale riparto di giurisdizione, può essere richiesta, allo stato, solamente al giudice civile, restando impregiudicato il diritto del contribuente e del giudice tributario di liquidare il danno, in via equitativa, nel processo tributario, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.p. Invece, il danno non patrimoniale assume varie connotazioni, determinate dalla lesione di interessi inerenti la persona non connotate da rilevanza economica, costituisce una categoria unitaria ed deve essere considerato risarcibile. Ad esempio: Il danno alla vita di relazione consiste nel pregiudizio dovuto alla modifica peggiorativa della personalità da cui consegue uno sconvolgimento dell’esistenza e in particolare delle abitudini di vita con alterazione del modo di rapportarsi con gli altri nell’ambito della comune vita di relazione sia all’interno che all’esterno del nucleo familiare (si pensi della privazione del mezzo di locomozione che comporta il mutare di scelte di vita adottate e consolidate nel tempo come recarsi a cinema o teatro, in visita a scavi archeologici e siti di interesse storico ed ambientale, seguire gli incontri di campionato di calcio allo stadio). Il danno alla serenità familiare è una delle manifestazioni caratteristiche di quella categoria di pregiudizio che va sotto il nome di danno esistenziale e che viene definito come pregiudizio consistente nelle ripercussioni negative, anche temporanee, risentite dalla vittima in alcune delle attività in cui si estrinseca la sua personalità. Tale pregiudizio può riguardare, tra l’altro, i rapporti sociali, le attività di carattere culturale, gli svaghi ed il divertimento e, appunto, i rapporti familiari. L’oggetto della tutela del danno esistenziale è quindi non la salute latamente intesa, ed i riflessi che sul bene salute possono avere i danni all’ambiente familiare, bensì un autonomo diritto alla intangibilità della sfera degli affetti e della reciproca solidarietà nell’ambito della famiglia, alla inviolabilità della libera e piena esplicazione delle attività realizzatrici della persona umana. Il danno morale è costituito dalle sofferenze o stress (si pensi alle sofferenze o stress

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per effettuare i trasferimenti a piedi servendosi di mezzi pubblici urbani, ovvero alla fatica del trasporto manuale dei bagagli). Il danno morale soggettivo, ex art. 2059 c.c., ha un referente autosufficiente nella integrità morale e riferimento costituzionale nell’art. 2 della Carta Costituzionale. Il danno morale è rappresentato dalle sofferenze psichiche, dalle ansie e dal patema d’animo conseguenti alle lesioni subite; tale danno è individuabile anche nelle ipotesi di ingiusto turbamento dello stato d’animo del danneggiato in conseguenza dell’illecito. Il danno biologico è inteso come lesione dell’interesse all’integrità psichica e fisica della persona appurata da un accertamento medico. Mentre consolidato è l’orientamento della giurisprudenza circa il risarcimento del danno patrimoniale subito dal contribuente per fatto illecito o scorretto del Fisco, diverso è, invece, l’orientamento della giurisprudenza di legittimità con riguardo al risarcimento del danno non patrimoniale che, generalmente, viene negato ritenendo trattarsi di danno “bagatellare”, conseguente al “disagio”, fastidio”, di doversi recare più volte presso gli Uffici finanziari, perdere tempo che si sarebbe potuto risparmiare ove il dipendente avesse fatto il proprio dovere, trovarsi in situazioni poco piacevoli davanti a un pubblico funzionario che tratta il contribuente “a prescindere” come un evasore e quindi come un “poco di buono”. L’automatismo risarcitorio in tema di risarcimento del danno non patrimoniale, introdotto dalle sentenze di San Martino delle Sezioni Unite del novembre 2008, subordinato, in mancanza di reato, alla violazione di diritti fondamentali della persona caratterizzati da serietà della lesione e gravità del pregiudizio, probabilmente va contemperato con la coscienza sociale che in questo caso ritiene che comportamenti, ancora non infrequenti, comunque caratterizzati da grave negligenza, neghittosità, spocchiosità dei dipendenti dell’Amministrazione finanziaria o degli enti locali debbano rimanere sforniti di tutela risarcitoria sotto il versante non patrimoniale. Di contrario avviso le Commissioni tributarie che, in una caso di illegittima iscrizione di ipoteca hanno riconosciuto il danno non patrimoniale, quale danno morale subito dal contribuente, liquidandolo sub art. 96 c.p.c.. Suscita perplessità l’orientamento della Suprema Corte che in forza del citato automatismo risarcitorio, da rifuggire in tema di risarcimento del danno areddituale, ha negato che sia suscettibile di ristoro la perdita del tempo libero, ingiustificatamente compres-

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so dal comportamento illecito altrui, non trattandosi di “diritto fondamentale dell’uomo e, nella sola prospettiva costituzionale, come diritto costituzionalmente protetto e ciò per la semplice ragione che il suo esercizio è rimesso alla esclusiva autodeterminazione della persona, che è libera di scegliere tra l’impegno instancabile nel lavoro e il dedicarsi, invece, a realizzare il suo tempo libero da lavoro e da ogni occupazione”. Il tempo libero oggi ha una sua dimensione sociale oltre che economica e costituisce in molti casi la maggiore risorsa dell’uomo, in qualche caso anche in alternativa alla ricchezza vera e propria. Il tempo libero rappresenta un valore dell’uomo, costituzionalmente garantito ex art. 2 della Costituzione che nessuno può rapinare o estorcere così come è pacifico per il denaro e costituisce una porzione della nostra vita che non può essere sprecata a causa di comportamenti illeciti altrui che non rispettano (oltre una ragionevole misura) il nostro tempo che nessuno potrà più restituirci. Per giustificare l’orientamento negativo al risarcimento del danno da tempo libero la Cassazione fa riferimento al traffico stradale e autostradale nel caso in cui gli utenti sono costretti a trascorrere ore a stare in coda. Ora non è chi non veda che un conto è trascorrere ore in coda per libera scelta o situazioni del traffico imprevedibili, quindi al di fuori di un fatto illecito, altro è trascorre ore in coda, in auto o agli sportelli dell’Agenzia delle Entrate per comportamento comunque imputabili al gestore del servizio o alla Amministrazione Finanziaria, anche sotto il profilo della carente organizzazione del servizio, non potendo il cittadino o il contribuente essere sottoposti a comportamenti comunque vessatori, prevaricatori o semplicemente dovuti a negligenza, allorché la loro lesione raggiunga una soglia apprezzabile, senza essere obbligatoriamente connotata da gravità, senza poter vantare una qualche tutela risarcitoria, affermandosi, implicitamente da parte della Superma Corte (è questo il corollario delle sentenze di San Martino) che il danno, ove non sia grave, debba restare a carico del danneggiato e non, invece, posto, come logica anche non giuridica imporrebbe, a carico del danneggiante. Oggi il tempo della “vita” è un “valore”, anche se non “non è denaro”, ma la sua perdita può essere monetizzata ove si provi la perdita di una parte del valore dell’uomo dovuto alla forzosa perdita di tempo della vita ragguardevole, cagionata da fatto illecito altrui. La giurisprudenza amministrativa riconosce, invece, il c.d. danno da ritardo, dimostrando sensibilità sociale e riconoscendo valore al tempo trascorso inutilmente. In forza del c.d. “danno conseguenza” tutti i pregiudizi areddituali vanno allegati e provati ed è onere del danneggiato fornire una prova effettiva della privazione di un valore

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dell’uomo quale il tempo libero con conseguente limitazione della attività realizzatrici della persona umana, perché anche le diverse e più disparate attività che si possono svolgere nel tempo libero e pure l’ozio (per un lavoratore instancabile) costituiscono valori dell’uomo che non possono essere impunemente limitati. Irrilevante appare che trattasi di diritto fondamentale o meno, soprattutto nel caso in cui la stessa coscienza sociale qualifica negativamente (e nel caso di specie la valutazione negativa viene proprio dal Direttore Generale dell’Agenzia delle Entrate) il comportamento del pubblico funzionario gravemente inadempiente ai suoi doveri, altrimenti appare chiaro il messaggio contrario e negativo della Corte di cassazione, rispetto a quello positivo e autorevole del Dirigente generale dell’Agenzia delle Entrate. È il comportamento del dipendente pubblico a fungere da metro di paragone per il risarcimento del danno non patrimoniale, non l’entità del danno che in tali casi raramente assurgerà al rango di gravità, soprattutto sotto l’aspetto quantitativo, ma non per questo non sarà suscettibile di ristoro, come, invece, sembra propendere la Cassazione forse preoccupata dal possibile ampliamento delle cause risarcitorie,a cui, tuttavia, potrebbe porsi un freno prevedendo la limitazione a due soli gradi di giudizio di merito per le cause che non superino un certo valore risarcitorio, ma non elidendo alla radice il risarcimento del danno. Nel nostro ordinamento giuridico, dissentendo da quanto affermato al riguardo nelle sentenze di San martino, non sussistono né il diritto alla tolleranza, né il diritto alla solidarietà, ma semmai il diritto di libertà, ovviamente condizionato dall’antieconomicità di un eventuale giudizio, che si traduce nella libera scelta del danneggiato di adire l’autorità giudiziaria per il ristoro del danno patrimoniale e non patrimoniale, quest’ultimo se leso oltre una apprezzabile soglia, in mancanza di fatto reato. In virtù dei principi del giusto processo e della ragionevole durata del processo sono anche maturi i tempi per l’attribuzione al giudice tributario della materia risarcitoria, ove connessa all’annullamento dell’atto impositivo o, comunque, alla pretesa fiscale, con notevole risparmio di tempo e denaro da parte del contribuente che non sarà costretto a intentare due cause, una davanti alle Commissioni tributarie per l’annullamento dell’atto e l’atra davanti al giudice civile per le questioni risarcitorie connesse con l’annullamento dell’atto. Allo stato, tuttavia, è possibile chiedere al giudice tributario il risarcimento del danno,

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anche in via equitativa, ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c., ove si alleghi che l’Amministrazione finanziaria o l’Ente locale ha agito o resistito in giudizio per colpa grava, sussistendo, peraltro, anche da parte della stessa Commissione tributaria il potere di riconoscere d’ufficio tale risarcimento, sganciato dall’onere della prova del danno, trattandosi sostanzialmente di un danno punitivo a carico della parte che con la propria iniziativa infondata ha fatto perdere tempo alla giustizia, gravata di un carico di lavoro oneroso.

La responsabilità in materia di riscossione coattiva e tardata cancellazione di ipoteca In tema di riscossione coattiva dei tributi, nelle ipotesi di cancellazione di ipoteca legale avvenuta con ritardo rispetto alla sentenza di annullamento della cartella esattoriale, l’Agenzia delle Entrate e l’Agente per la Riscossione rispondono in solido dei danni patrimoniali patiti dal contribuente, determinandosi così una situazione di coobbligazione solidale ai sensi dell’art. 2055, comma 1 c.c. nell’adempimento della obbligazione risarcitoria, che onera ciascuna delle parti a rispondere per l’intero. E’ “ritardo colpevole” il periodo di “oltre un mese” con cui l’Agenzia delle Entrate dispone e successivamente comunichi all’Agente della riscossione lo sgravio del debito tributario principale per cui venne indebitamente iscritto il gravame ipotecario. E’ “ritardo colpevole”, ai fini della responsabilità dell’Agente della Riscossione, il pregiudizio arrecato alla società dalla illegittima protrazione della misura ipotecaria sui beni immobili durante il periodo intercorso tra la ricezione della comunicazione di sgravio (31.10.2008) e la cancellazione della ipoteca (18.12.2008). Gli elementi della fattispecie illecita, sono ascrivibile tanto all’Ente impositore che all’Agente della Riscossione, in relazione ai distinti periodi indicati, sia in relazione al nesso causa-effetto tra la condotta e le conseguenze pregiudizievoli derivate al danneggiato, sia in ordine all’elemento soggettivo dell’illecito che, come noto, in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione, non deriva automaticamente dall’illegittimità dell’atto compiuto nell’esercizio dell’attività amministrativa, ma trova titolo nella colpa dell’Amministrazione come apparato – nella specie individuata nell’ingiustificato ritardo con il quale l’Agenzia ha operato e comunicato lo sgravio, e l’Agente della riscossione ha disposto la cancellazione della ipoteca – la quale sussiste quando

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l’atto assunto come lesivo viola le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che il Giudice ordinario valuta come limiti esterni alla discrezionalità. L’Agenzia delle Entrate e l’Agente per la Riscossione devono risarcire in solido, in favore del contribuente, i danni se l’iscrizione ipotecaria è illegittima. In tema di illecito extracontrattuale della Pubblica Amministrazione va riconosciuta la responsabilità concorrente dell’Agente della Riscossione. Nella fattispecie più sotto analizzata si è determinata una situazione di coobbligazione solidale ex art. 2055 comma 1, c.c. nell’adempimento della obbligazione risarcitoria, che onera ciascuna delle partì a rispondere per l’intero. E cioè oltre 35 mila euro per risarcimento del danno, e ben oltre 20 mila euro per spese di giudizio, spese forfettarie ed accessori di legge da pagarsi in solido in favore del difensore distrattario. Tali importanti principi sono stati precisati dalla Cass. civ. Sez. III, con ordinanza del 15/02/2019, n. 4558: “La Corte d’appello ha, infatti, accertato nel caso concreto: a) una condotta della PA “non jure” e “contra ius” (applicazione illegittima – in assenza di un credito riferibile all’ente impositore – di una misura coercitiva – conservativa sui beni immobili della società contribuente, in conseguenza del ritardo nella comunicazione all’Agente della riscossione della disposizione di sgravio); b) la imputazione della condotta illecita in via esclusiva a colpa della Agenzia delle Entrate, non essendo stato ritenuto giustificato – in difetto di elementi ostativi addotti dall’ente impositore – il tempo trascorso tra la pubblicazione della sentenza tributaria (8.9.2008) e la comunicazione dello sgravio pervenuta secondo quanto allegato dall’Agente per la riscossione – il 31 ottobre 2008; c) il pregiudizio di natura patrimoniale derivato quale conseguenza della applicazione della iscrizione ipotecaria. In considerazione di tali elementi l’accertamento compiuto dalla Corte distrettuale appare del tutto conforme alla struttura normativa dell’illecito aquiliano, secondo i principi ormai consolidati elaborati dalla giurisprudenza di questa Corte in tema di illecito extracontrattuale della Pubblica Amministrazione. Ed infatti come è stato statuito dalla storica sentenza di questa Corte cass. Sez. U, Sentenza n. 500 del 22/07/1999 “una domanda risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della Pubblica Amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica, questi dovrà procedere, in ordine successivo, alle seguenti indagini: a) in primo luogo, dovrà accertare la sussistenza di un evento dannoso; b) dovrà, poi, stabilire se l’accertato danno sia qualificabile come ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l’ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo); c) dovrà, inoltre, accertare, sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta della Pubblica Amministrazione; d)infine, se detto evento dannoso sia imputabile a responsabilità della Pubblica Amministrazione Tale imputazione non potrà avvenire sulla base del mero dato obiettivo della illegittimità del provvedimento amministrativo – in relazione al cui accertamento, peraltro, non è ravvisabile la necessaria pregiudizialità del giudizio di annullamento davanti al giudice amministrativo, potendo, al contrario, detto accertamento essere svolto dal giudice ordinario nell’ambito dell’esame della riconducibilità della fattispecie sottoposta al suo esame alla nozione di fatto illecito delineata dall’art. 2043 cod. civ., richiedendo, invece, una più penetrante indagine in ordine alla valutazione della colpa, che, unitamente al dolo, costituisce requisito essenziale della responsabilità aquiliana. La sussistenza di tale elemento sarà riferita non al funzionario agente, ma alla Pubblica Amministrazione come apparato, e sarà configurabile qualora l’atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve ispirarsi l’esercizio della funzione amministrativa, e che il giudice ordinario ha il potere di valutare, in quanto limiti

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esterni alla discrezionalità amministrativa”. (cfr. conformi Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 12282 del 27/05/2009; id. Sez. 3, Sentenza n. 22508 dei 28/10/2011; id. Sez. 1 -, Ordinanza n. 16196 del 20/06/2018). La critica mossa dalla Agenzia delle Entrate è diretta piuttosto ad investire questa Corte di un inammissibile sindacato sul merito dell’accertamento e cioè sulla valutazione della capacità dimostrativa dei fatti costitutivi della pretesa risarcitoria riconosciuta agli elementi probatori acquisiti al giudizio: non attiene evidentemente al controllo di legittimità riesaminare gli elementi istruttori al fine di prevenire ad un difforme giudizio rispetto a quello cui è pervenuto il Giudice del merito nel ritenere “ritardo colpevole” il periodo di “oltre un mese con cui (l’Agenzia delle Entrate) dispose e successivamente comunicò (non si sa esattamente quando ma comunque in situazione di ritardo già maturato) all’esattore lo sgravio del debito tributario principale per cui venne indebitamente iscritto il gravame ipotecario” (cfr. sentenza Corte d’appello, in motivazione), occorrendo osservare ulteriormente che neppure viene indicato dalla ricorrente se e quando sia stato ritualmente prodotto in primo grado il documento (parzialmente fotocopiato alla pag. 9 del ricorso), né il luogo del fascicolo processuale in cui sia dato rinvenire tale documento, con conseguente violazione dell’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6. Con il secondo motivo l’ente pubblico ricorrente deduce la violazione del D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 76 e 77, e degli artt. 1223 e 2043 c.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Sostiene la Agenzia ricorrente che la Corte territoriale avrebbe errato a non ravvisare alcuna “concorrente responsabilità” dell’Agente per la riscossione, atteso che Equitalia avendo ricevuto al più tardi comunicazione dello sgravio in data 31.10.2008, aveva indebitamente protratto il mantenimento della misura ipotecaria – per il residuo importo del credito INPS di Euro 1.329,71 portato dalla cartella – fino alla cancellazione eseguita in data 18.12.2008, sebbene fosse estendibile anche alla misura della ipoteca il limite minimo di importo di Euro 8.000,00 al tempo vigente per procedere ad esecuzione forzata, come statuito dagli arresti delle Sezioni Unite della Corte n. 4077/2010 e n. 5771/2012. Ne seguiva, secondo l’assunto della ricorrente, che i danni patrimoniali lamentati da BIB s.r.l. in liquidazione avrebbero dovuto essere imputati eziologicamente anche alla condotta illecita tenuta da Equitalia Cerit s.p.a., successivamente alla avvenuta ricezione della comunicazione dello sgravio della somma. Il motivo, determinato dall’interesse della Agenzia delle Entrate ad estendere l’accertamento di responsabilità anche ad altri coobbligati, in funzione di un’eventuale azione di regresso da proporre in separato giudizio (non emergendo dagli atti che tale domanda sia stata proposta dalla terza chiamata nel giudizio di merito), è fondato. È rimasto accertato nel giudizio di merito che, dopo aver ricevuto la comunicazione dello sgravio (al più tardi il 31 ottobre 2008), l’Agente per la riscossione (Equitalia Cerit s.p.a.) ha provveduto in data 10 novembre 2008 ad annotare lo sgravio dell’importo di Euro 102.689,78, mantenendo la misura ipotecaria per il solo ridotto ammontare del minor credito riferibile all’INPS (Euro 1.329,71). Il Giudice di appello ha ritenuto di escludere qualsiasi responsabilità dell’Agente della riscossione, sulla affermazione -errata in diritto – della legittimità “in jure” della condotta tenuta da Equitalia, alla stregua di una errata lettura interpretativa delle norme di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 76 e 77, nel testo vigente al tempo, rilevando che il limite minimo di Euro 8.000,00 – introdotto dal D.L. 30 settembre 2005, n. 203, art. 3, convertito in L. 2 dicembre 2005, n. 248 – operava esclusivamente ai fini dell’esercizio della azione esecutiva, e non anche della applicazione della misura coercitiva-conservativa della ipoteca. Diversamente, la giurisprudenza di Corte Cass.

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Sez. U, Sentenza n. 4077 del 22/02/2010 e Sez. U, Sentenza n. 5771 del 12/04/2012 (seguite dalle Sezioni semplici Sez. 5 -, Ordinanza n. 16110 del 28/06/2017) ha statuito che, in tema di riscossione coattiva delle imposte, l’ipoteca prevista dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 77, rappresentando un atto preordinato all’espropriazione immobiliare, soggiace agli stessi limiti per quest’ultima stabiliti dall’art. 76, del medesimo D.P.R., e non può, quindi, essere iscritta se il debito del contribuente non supera gli ottomila Euro. Né a diversa conclusione può indurre il D.L. 25 marzo 2010, n. 40, art. 3, comma 2 ter, convertito nella L. 22 maggio 2010, n. 73, il quale, vietando all’agente della riscossione di iscrivere ipoteca per crediti inferiori ad ottomila Euro a decorrere dalla data di entrata in vigore della legge di conversione, ha così indicato l’autonomo presupposto per le future iscrizioni di ipoteca in un importo coincidente con quello minimo previsto per l’espropriazione, senza per ciò solo poter essere apprezzato come indiretta dimostrazione dell’inesistenza per il periodo pregresso di limiti di valore per la stessa iscrizione. Ne segue che il giudizio formulato dalla Corte d’appello in ordine alla insussistenza della fattispecie di cui all’art. 2043 c.c., arrestatosi in limine nella rilevata inesistenza dell’elemento normativo della illiceità (non jure) della condotta materiale tenuta da Equitalia Cerit s.p.a. per l’intero periodo intercorso tra la pronuncia della sentenza di annullamento della CTP (8.9.2008) e la cancellazione definitiva della ipoteca (18.12.2008), contrastando con il principio di diritto sopra enunciato, determina la cassazione della sentenza impugnata “in parte qua”, venendo in rilievo per il periodo intercorso tra la ricezione della comunicazione di sgravio (al più tardi il 31.10.2008) e la cancellazione della ipoteca (18.12.2008) la responsabilità dell’Agente della riscossione per il pregiudizio arrecato alla società dalla illegittima protrazione della misura ipotecaria sui beni immobili. In relazione tale aspetto non occorre procedere al rinvio della causa avanti il Giudice di appello essendo stati integralmente svolti in primo e secondo grado – sia pure con risultati valutativi opposti – tutti gli accertamenti di merito e potendo quindi ritenersi già accertati tutti gli elementi della fattispecie illecita, ascrivibile tanto all’Ente impositore che all’Agente della riscossione, in relazione ai distinti periodi indicati, sia in relazione al nesso eziologico tra la condotta e le conseguenze pregiudizievoli derivate al danneggiato, sia in ordine all’elemento soggettivo dell’illecito che, come noto, in tema di responsabilità della Pubblica Amministrazione, non deriva automaticamente dall’illegittimità dell’atto compiuto nell’esercizio dell’attività amministrativa, ma trova titolo nella colpa dell’Amministrazione come apparato – nella specie individuata nell’ingiustificato ritardo con il quale l’Agenzia ha operato e comunicato lo sgravio, e l’Agente della riscossione ha disposto la cancellazione della ipoteca – la quale sussiste quando l’atto assunto come lesivo viola le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che il Giudice ordinario valuta come limiti esterni alla discrezionalità (ex pluribus: Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 4326 del 23/02/2010; id. Sez. L, Sentenza n. 5561 del 08/03/2010; id. Sez. 1, Sentenza n. 23496 del 10/11/2011; id. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 4172 del 15/03/2012; id. Sez. 3, Sentenza n. 23170 del 31/10/2014; id. Sez. L -, Ordinanza n. 27800 dei 22/11/2017). Con il terzo motivo la Agenzia delle Entrate censura la sentenza di appello per violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c., nonché dell’art. 2697 c.c., deducendo che la Corte territoriale aveva liquidato il danno patrimoniale, come accertato in primo grado, sul presupposto della errata affermazione della mancata contestazione in ordine al “quantum” da parte della appellata Agenzia delle Entrate, quando al contrario l’Ente impositore, nella comparsa di costituzione in grado di appello, aveva resistito, chiedendone il rigetto, anche alla domanda di condanna riproposta in via subordinata-condizionata da BIB s.r.l.. Risulta dal ricorso (esposizione del fatto, pag. 2) che Equitalia, evocata in giudizio come responsabile da BIB s.r.l., aveva chiamato “in manleva” la Agenzia delle Entrate per essere da questa sollevato dall’onere patrimoniale conseguente ad un’eventuale accoglimento della domanda attorea. In relazione a tale prospettazione (che trova riscontro anche nella sentenza di appello, in motivazione pag. 1) non viene chiarito tuttavia il contenuto della domanda proposta dalla conve-

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nuta – chiamante nei confronti della terza – chiamata. Risulta ancora che BIB s.r.l. aveva però “esteso la domanda risarcitoria” anche nei confronti della terza chiamata, ipotizzando quindi una responsabilità diretta della Agenzia delle Entrate che, giusta la qualificazione giuridica operata dal Giudice di appello – e non contestata dalle parti – doveva intendersi “oggettivamente incompatibile ed alternativa” rispetto alla responsabilità contestata ad Equitalia (dunque non si trattava di domande cumulate fondate su fatti distinti), nel senso che la estensione della domanda aveva ad oggetto gli stessi fatti costitutivi della originaria pretesa, trattandosi di accertare soltanto quale dei due soggetti parti in causa (convenuta; terza chiamata) fosse l’esclusivo responsabile del danno, in tal modo venendo a rivestire la relazione tra le posizioni di Equitalia e di Agenzia delle Entrate carattere di incompatibilità-escludente (l’affermazione della responsabilità dell’una comportava necessariamente la negazione della responsabilità dell’altra). Ciò trova riscontro anche dalla ritenuta – implicitamente – ammissibilità, da parte della Corte territoriale, della mera “riproposizione” ex art. 346 c.p.c., da parte dell’appellata BIB s.r.l., della domanda condizionata (rette alternativa) proposta nei confronti della Agenzia delle Entrate: diversamente, infatti, qualora la estensione della domanda originaria avesse avuto ad oggetto fatti diversi di responsabilità imputabili autonomamente – in concorso o meno – alla terza chiamata Agenzia delle Entrate, BIB s.r.l. non avrebbe potuto limitarsi a riproporre la questione, ma essendo risultata soccombente sulla distinta domanda proposta contro la terza chiamata, avrebbe dovuto allora proporre appello incidentale (cfr. Corte Cass. Sez. 3, Sentenza n. 5444 del 14/03/2006, in motivazione, § 2.1). Premesso, quindi, l’inquadramento della vicenda processuale come definito dalla Corte distrettuale nella sentenza di appello, occorre considerare, quanto allo scrutinio di legittimità in relazione alle norme di diritto asseritamente violate, che: a) la impugnazione principale di Equitalia, involgendo la statuizione su cui era risultata soccombente, devolveva al Giudice del gravame la causa concernente l’accertamento alternativo di responsabilità, onerando le altre parti, entrambe vittoriose, alla mera riproposizione ex art. 346 c.p.c., delle eventuali domande od eccezioni non esaminate dal primo Giudice (riproposizione condizionata all’accoglimento dell’appello principale): ne segue che ai fini della ammissibilità della presente censura la Agenzia ricorrente avrebbe dovuto dimostrare, di avere espressamente contestato fin dal primo grado la quantificazione del danno operata in domanda dalla società attrice e soprattutto di avere riproposto con la comparsa in grado di appello le contestazioni che erano state mosse al “quantum”; b) è bene vero che tra i motivi di gravame dedotti dall’appellante principale Equitalia era stata censurata – per carenza di idonea prova – anche la statuizione della decisione di prime cure che aveva ritenuto provato l’”an” ed il “quantum” del danno patrimoniale oggetto del risarcimento: ma il motivo di gravame non era stato poi esaminato dal Giudice di appello, in quanto ciò si era reso superfluo atteso l’accertamento della inesistenza della stessa condotta illecita colposa imputabile ad Equitalia; c) l’Agenzia delle Entrate afferma di essersi costituita in grado di appello con comparsa di risposta con la quale aveva instato per il rigetto dell’appello principale e per la conferma della decisione di prime cure, sostenendo di aver richiesto anche il rigetto della domanda riproposta da BIB s.r.l.. Orbene questa Corte è impedita ad effettuare qualsiasi verifica in merito alle allegazioni della ricorrente, in quanto il contenuto della comparsa di risposta non è stato riportato dalla Agenzia fiscale, che ha omesso di trascrivere nel ricorso il contenuto di detto atto (art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6), non essendo dato accertare pertanto se, con lo stesso, fossero state effettivamente riproposte ex art. 346 c.p.c., questioni od eccezioni, specificamente riferite alla liquidazione del danno, ritualmente formulate in primo grado e rimaste assorbite nella pronuncia del Tribunale. Ne segue che l’affermazione della Corte distrettuale secondo cui “l’ammontare della liquidazione

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operata dal primo giudice in Euro 35.748,87 oltre interessi legali dalla data della domanda al saldo non viene in alcun modo contestata dall’obbligato”, va esente dalla censura prospettata tenuto conto, peraltro, che la mera richiesta da parte dell’appellata della conferma della decisione di prime cure, non metteva in discussione la liquidazione compiuta dal primo Giudice, mentre la semplice contestazione della domanda riproposta da BIB s.r.l. – in assenza della indicazione degli argomenti svolti a sostegno della comparsa in grado di appello – impedisce di verificare se, oltre alla contestazione della responsabilità nell’”an” fosse stata svolta una specifica critica anche alla liquidazione del danno accertato dal Tribunale. Né tale conclusione contraddice all’accoglimento del secondo motivo, in conseguenza del quale viene in rilievo una responsabilità concorrente dell’Agente per la riscossione e dell’Ente impositore, determinandosi una situazione di coobbligazione solidale ex art. 2055 c.c., comma 1, nell’adempimento della obbligazione risarcitoria, che onera ciascuna delle parti a rispondere per l’intero, e risultando quindi priva di rilievo – in assenza di espressa proposizione di domanda di regresso o di quantificazione delle rispettive colpe – la doglianza svolta dalla ricorrente, nel motivo in esame, in relazione alla indebita attribuzione dell’intero danno alla Agenzia delle Entrate, anziché della sola quota corrispondente alla “durata” – ad essa imputabile – della iscrizione ipotecaria. In conclusione il ricorso trova limitato accoglimento quanto al secondo motivo (inammissibile il primo ed il secondo) e la sentenza impugnata va cassata in parte qua. Non occorrendo procedere ad ulteriori accertamento in fatto la Corte può decidere nel merito ex art. 384 c.p.c., comma 2, con la condanna della Agenzia delle Entrate e di Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a., in solido, al risarcimento del danno in favore di BIB s.r.l. in liquidazione liquidato in complessivi Euro 35.748,87 oltre interessi al tasso legale dal 28 aprile 2009 al saldo. Le spese di lite vanno regolate come segue: Le spese possono dichiararsi interamente compensate tra Agenzia delle Entrate ed Equitalia Servizi Riscossione s.p.a., per entrambi i gradi di merito e per il giudizio di legittimità, atteso l’esito altalenante delle pronunce intervenute nei precedenti gradi e non avendo Equitalia svolto difese nel giudizio di legittimità Agenzia delle Entrate ed Equitalia Servizi di Riscossione s.p.a. in quanto soccombenti rispetto alla domanda proposta da BIB s.r.l. vanno condannate, in solido, alla rifusione in favore di detta società delle spese dei gradi di merito, nella stessa misura liquidata nella sentenza di appello e dunque, quanto al primo grado in complessivi Euro 7.000 oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge (di cui Euro 1.500,00 per fase di studio; Euro 1.000,00 per fase introduttiva; Euro 1.500,00 per fase istruttoria; Euro 3.000,00 per fase decisoria), quanto al secondo grado in complessivi Euro 5.000,00 oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge (di cui Euro 2.000,00 fase di studio; Euro 1.300,00 fase introduttiva; non risulta svolta fase istruttoria; Euro 1.700,00 fase decisoria); per il giudizio di legittimità in Euro 4.000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi oltre spese forfetarie al 15% ed accessori di legge.”

La giurisdizione in materia di risarcimento del danno. Sulla richiesta di risarcimento del danno per l’iscrizione illegittima di ipoteca da parte del concessionario per la riscossione decide il giudice ordinario, in quanto la causa non

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ha ad oggetto il provvedimento d’iscrizione d’ipoteca ma il risarcimento del danno causato da un comportamento colposo del concessionario circa l’ipoteca illegittimamente iscritta. Non è consentito al giudice tributario di accertare se vi sia stato da parte del concessionario o dell’ufficio un comportamento colposo tale che, in violazione della norma primaria del neminem laedere (art 2043 cc), abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo del contribuente. La sola previsione degli altri accessori di cui all’art. 2 del D.lgs. n. 546/1992 non è di per sé sufficiente a radicare la giurisdizione esclusiva del giudice tributario anche alle controversie sul risarcimento del danno per comportamento illecito del Fisco o del concessionario; per accessori, infatti, si intendono gli aggi esattoriali, le spese di notifica, gli interessi moratori, e, al limite, il maggior danno da svalutazione monetaria ex art. 1224 c. 2 c.c. (Cass. SS.UU., sentenza n. 14274 del 4 ottobre 2002). La giurisdizione, in merito alla richiesta di risarcimento del danno (patrimoniale e non) appartiene al Giudice Ordinario. Va ribadita la competenza del Giudice Ordinario per l’azione di risarcimento danni, ex art. 2043 c.c. nei confronti del fisco, fermo restando che la giurisdizione si determina sulla base della domanda e ai fini del suo riparto tra giudice ordinario e giudice speciale, rileva non già la prospettazione delle parti, bensì il cd. petitum sostanziale, il quale va identificato non solo e non tanto in funzione della concreta statuizione che si chiede al giudice, ma anche e soprattutto in funzione della causa petendi ossia dell’intrinseca natura della posizione soggettiva dedotta in giudizio ed individuata dal giudice stesso con riguardo alla sostanziale protezione accordata in astratto a quest’ultima dal diritto positivo. La cognizione della domanda di risarcimento danni, per comportamenti illeciti dell’A.F. o di altri Enti impositori spetta all’autorità giudiziaria ordinaria non potendo tale controversia assumersi in una delle fattispecie tipizzate, di cui all’articolo 2 del D.lgs. n. 546/92, attributive della giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie (Cassazione Ss.Uu. sentenza n. 722/1999). È evidente che l’Amministrazione finanziaria non può essere chiamata a rispondere del danno eventualmente causato al contribuente sulla base del solo dato oggettivo dell’illegittimità dell’azione amministrativa, dal momento che è necessario che la stessa, nell’adottare l’atto illegittimo, abbia anche violato le regole di imparzialità, correttezza e buona amministrazione, che costituiscono il limite esterno della sua azione (Cass. Civ., Sez. I, Sent., 2011-09-23, n. 19458). L’attività della fisco deve

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svolgersi nei limiti posti non solo dalla legge, ma anche dalla norma primaria del nemin laedere, per cui è consentito al giudice ordinario – al quale è pur sempre vietato stabilire se il potere discrezionale sia stato, o meno, opportunamente esercitato – accertare se vi sia stato da parte della stessa amministrazione un comportamento colposo tale che, in violazione della suindicata norma primaria, abbia determinato la violazione di un diritto soggettivo. I principi di legalità, imparzialità e buona amministrazione, dettati dall’art. 97 Cost. il fisco impongono che il fisco è tenuto a subire le conseguenze stabilite dall’art. 2043 cc. atteso che tali principi si pongono come limiti esterni alla sua attività discrezionale, ancorché il sindacato di questa rimanga precluso al giudice ordinario (Cass. sez. un. sentenza n. 722/1999). Se da un lato è vero che successivamente all’entrata in vigore dell’art. 35, c. 26-quinquies, D.L. n. 223/2006 le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione del provvedimento d’iscrizione di ipoteca sugli immobili sono devolute alla giurisdizione tributaria, è anche vero che la domanda promossa dal contribuente nei confronti dell’Agente della riscossione non ha ad oggetto un rapporto tributario, quanto piuttosto l’illecito comportamento del concessionario medesimo, anche se tale comportamento si è manifestato durante lo svolgimento di un contenzioso tributario. L’indagine sulla legittimità o meno di tale comportamento non comporta una causa di natura tributaria ma una mera questione pregiudiziale che deve essere decisa dal giudice competente. Qualora la domanda di risarcimento dei danni sia basata su comportamenti illeciti tenuti dall’Amministrazione finanziaria, la controversia, avendo ad oggetto una posizione sostanziale di diritto soggettivo del tutto indipendente dal rapporto tributario, è devoluta alla cognizione dell’autorità giudiziaria ordinaria. Tale principio è stato statuito dalla Corte di Cassazione, Sezioni Unite civili, sentenza n. 14506 del 10 giugno 2013. La giurisdizione, in merito alla richiesta di risarcimento del danno (patrimoniale e non) per comportamento illecito dell’Agente della riscossione nella procedura esecutiva, appartiene al giudice ordinario. La cognizione della domanda di risarcimento danni per comportamenti illeciti spetta all’autorità giudiziaria ordinaria non potendo tale controversia assumersi in una delle fattispecie tipizzate, di cui all’art. 2 del D.Lgs. n. 546/1992, attributive della giurisdizione esclusiva delle Commissioni Tributarie (Cass., SS.UU., Sent. n. 722/1999). Spetta al giudice ordinario, pronunciarsi sulla domanda risarcitoria, a nulla rilevando il

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previo annullamento dell’atto illegittimo (cd. ripudio del rapporto di pregiudizialità tra annullamento dell’atto impositivo e risarcimento del danno); in particolare, è competente il giudice ordinario e non quello tributario a conoscere, ai sensi dell’art. 2043 c.c. delle richieste di risarcimento dei danni patrimoniali ingiusti provocati al contribuente dal concessionario, a nulla rilevando che la condotta colposa si sia realizzata nell’ambito di vicende, legate da un rapporto tributario ormai esaurito. Il rapporto tributario ormai del tutto esaurito opera solo come sfondo e non assume alcuna connessione determinante rispetto alla richiesta di risarcimento dei danni. Può essere configurato, a causa dell’uso distorto o illegale della procedura esecutiva dell’Agente della Riscossione: • la violazione della sfera di libera autodeterminazione dell’individuo ossia la sfera d’esplicazione personale (cd. danno esistenziale); • la violazione della sfera patrimoniale (es. per mancata acquisizione d’utilità economiche); • la violazione della sfera biologica (danno alla salute ovvero menomazione della integrità psicofisica); • la configurazione del danno morale.

Pertanto, Sussiste la possibilità di chiunque si ritenga leso dall’esecuzione di agire, dopo il compimento dell’esecuzione, per chiedere ex art. 59 del D.P.R. n. 602/1973 nei confronti del concessionario il risarcimento del danno subito; la proponibilità della domanda di risarcimento del danno da chi si ritenga leso dalla procedura esattoriale è condizionata al previo compimento dell’esecuzione stessa (Cassazione, Sez. I, sent. n. 7533 del 23 maggio 2002). In relazione ad una domanda risarcitoria ex art. 2043 cod. civ. nei confronti della Pubblica Amministrazione per illegittimo esercizio di una funzione pubblica il giudice in sintesi deve procedere ad un’indagine: • in primo luogo, circa la sussistenza di un evento dannoso ed ingiusto, in relazione alla sua incidenza su di un interesse rilevante per l’ordinamento (a prescindere dalla qualificazione formale di esso come diritto soggettivo);

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• sotto il profilo causale, facendo applicazione dei criteri generali, se l’evento dannoso sia riferibile ad una condotta della Pubblica Amministrazione; • infine, se l’evento dannoso sia imputabile a responsabilità della Pubblica Amministrazione. All’uopo è bene evidenziare che la sussistenza di tale elemento sarà riferita alla Pubblica Amministrazione come apparato e sarà configurabile qualora l’atto amministrativo sia stato adottato ed eseguito in violazione dei principi di rango costituzionale di imparzialità, correttezza e buona amministrazione alle quali deve sempre ispirarsi l’esercizio della funzione amministrativa. Per ottenere un risarcimento per i danni subiti in sede di riscossione esattoriale è necessario che il provvedimento (i.e. di fermo amministrativo) sia stato posto in esecuzione.

Prescrizione dell’azione di risarcimento del danno Il Codice Civile stabilisce che il diritto al risarcimento del danno derivante da fatto illecito si prescrive in cinque anni dal giorno in cui il fatto si è verificato. Questa norma viene utilizzata in tutti i rapporti tra privati conseguenti a comportamenti illeciti che non abbiano la loro origine in un contratto: ad esempio, una conduttura condominiale rotta che abbia provocato infiltrazioni, un’ingiuria che abbia comportato una lesione nella dignità di una persona, un pavimento scivoloso al supermercato che abbia determinato la caduta a terra di un cliente, lo stress psicofisico di un vicino rumoroso, ecc. Insomma, la prescrizione per il risarcimento del danno da fatto illecito extracontrattuale è sempre di cinque anni. Fa eccezione solo il caso del risarcimento del danno da incidente stradale (in cui la prescrizione per chiedere il risarcimento all’assicurazione è solo di due anni) e contro le delibere di società (ove la prescrizione è solo di 90 giorni, per garantire stabilità nella vita societaria). Conformemente a tale disposto normativo, la suprema Corte di Cassazione, Sez. III civ., con la sentenza del 5 agosto 2005 n. 16589, ha precisato, in tema di illiceità dell’esecuzione forzata coattiva del concessionario e di prescrizione dell’azione risarcitoria, i seguenti principi: • l’esecuzione coattiva a mezzo concessionario può essere fonte di responsabilità aquiliana a carico dell’Amministrazione Finanziaria nell’ipotesi di atti di accertamenti fiscali annullati dalle Commissioni Tributarie; il contribuente può proporre nei confronti dell’Amministrazione finanziaria domanda di risarci-

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mento dei danni personali da lui sofferti per effetto dell’esecuzione coattiva del concessionario, scaturita dagli erronei accertamenti fiscali; • spetta al Giudice Ordinario, in relazione alla procedura esecutiva promossa dal Concessionario, di valutare con riferimento al momento in cui era stata compiuta, se la condotta posta in essere integri o meno gli estremi di un illecito ex art. 2043 del codice civile. La competenza a conoscere della domanda risarcitoria è del Giudice Ordinario; • sono applicabili i criteri di liquidazione ex artt. 1223 e seguenti del codice civile per cui è risarcibile anche il cosiddetto lucro cessante (mancato guadagno) ricorrendone i presupposti di legge (ad esempio è risarcibile non solo il danno emergente per la perdita di arredi ed attrezzature ma anche il lucro cessante per la forzosa cessazione dell’attività della società); • l’azione per il risarcimento del danno causato da attività illegittima del Concessionario della Riscossione è soggetta al termine di prescrizione quinquennale, decorrente dal giorno in cui è stata ultimata la procedura esattiva. L’applicabilità del termine di prescrizione quinquennale all’azione risarcitoria di diritti soggettivi lesi da un provvedimento illegittimo, è la diretta conseguenza del riconoscimento della natura extracontrattuale della responsabilità dell’Amministrazione. Principio generale, è dunque quello per cui l’esistenza del comportamento illegittimo non costituisce più un impedimento all’esercizio dell’azione risarcitoria, pertanto il termine di prescrizione dell’azione di risarcimento contro la Pubblica Amministrazione decorre necessariamente dalla data in cui è stata ultimata l’azione arrecante danno al contribuente.

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STEFANO MASULLO Classe 1964, laurea in Scienze Economiche e Master in Comunicazione, Marketing e Finanza, Cavaliere dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e dell’Ordine Costiniano di San Giorgio, Custode delle Insegne e Componente del Collegio Magistrale dell’Ordine dei Santi Contardo e Giuliano l’Ospitaliere, attivo nel settore finanziario dal 1984, già Rappresentante alle Grida alla Borsa Valori di Milano, autorizzato CONSOB, e Broker registrato al NASD a New York, è specializzato nella consulenza e gestione di patrimoni mobiliari ed immobiliari, nella finanza di impresa, nella pianificazione fiscale, nella comunicazione finanziaria e nella formazione. Ha iniziato a lavorare nella società Consulenti Finanziari SpA, creata da Pompeo Locatelli, in seguito, ha collaborato, per oltre un lustro, nello Studio di Agenti di Cambio Leonzio Combi, costituito a Milano nel 1907, uno dei più importanti in Italia. Dal 1995 fino alla vendita, avvenuta nel 2006, fondatore, presidente e azionista di riferimento, del gruppo di consulenza ed intermediario finanziario ex articolo 106 T.U.B., autorizzato Ufficio Italiano Cambi, Opus Consulting S.p.A., capitale sociale 625.000 euro. Socio fondatore, nel 1996, e tuttora segretario generale ASSOCONSULENZA Associazione Italiana Consulenti di Investimento la prima ed unica associazione di categoria riconosciuta a livello istituzionale in Italia; è inoltre socio fondatore, nel 2008, e segretario generale ASSOCREDITO Associazione Italiana Consulenti di Credito Bancario e Finanziario di cui è presidente Luigi Pagliuca, già presidente del Collegio di Milano e Lodi dei Ragionieri Commercialisti. Rettore Università ISFOA, autore di oltre 300 pubblicazioni e di 23 best sellers aziendali, di cui uno, nel 1999, adottato dall’Università Bocconi di Milano; opinionista presso i più importanti media di settore, quali CNBC Class Financial Network e Bloomberg Television, è stato chiamato come relatore, in Italia ed all’estero, da prestigiose istituzioni quali Marcus Evans, Istituto di Studi Bancari, ISTUD, IUAV Università di Venezia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; nel 2002 ha realizzato il primo libro dedicato al Consulente di Investimento. Autore nell’ottobre del 2001, del primo testo dedicato al Bahrein, è direttore editoriale delle prima rivista svizzera di finanza islamica, Shirkah Finance, risultando uno dei principali esperti italiani del settore. Socio fondatore e direttore responsabile della testata internet di finanza www.trend-online.com, con oltre 80.000 I Like su Facebook e 2,5 milioni di visitatori annui, risulta essere la più importante ed influente testata giornalistica on line di finanza operativa, ranking Alexa in Italia pari a 1.669 ed a livello mondiale pari a 16.069, fondata nel 2000. Socio fondatore e direttore responsabile di Golf People Club Magazine, rivista leader assoluta ed incontrastata nel proprio segmento di riferimento, Golf-Business & Lifestyle, con oltre 250.000 copie diffuse tra la versione cartacea e quella digitale, destinata agli appartenenti alla specifica classe sociale degli high net worth individuals, cioè individui che possiedono un patrimonio netto globale personale, immobile di residenza escluso, superiore al milione di dollari; in passato vice direttore del magazine dedicato al lusso World & Pleasure Magazine e direttore editoriale Family Office: Patrimoni di Famiglia, la prima rivista italiana multimediale, internet e cartacea, specializzata nella tutela e conservazione dei patrimoni di famiglia. Ha svolto incarichi direttivi o consulenziali in gruppi bancari, assicurativi, finanziari, industriali quali: Norwich Union, CIM Banque, Broggi Izar, Henderson Investor, Fleming, Corner Bank, Lemanik, Nationale Nederland, Banca Popolare Commercio Industria, 81 SIM Family Office SpA, Prudential Vita, Banca Popolare di Milano, Cassa di Risparmio di Cento, Cassa di Risparmio di Perugia, Société Bancarie Privée, Liberty Financial, FMG Fund Marketing Group, Credito Italiano, IW Bank, ING Group, Colomba Invest SIM, MPS Banca Personale.

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LIBERA E PRIVATA UNIVERSITÀ DI DIRITTO INTERNAZIONALE INTERNATIONAL OPEN UNIVERSITY UNIVERSITÀ TELEMATICA A DISTANZA ENTE DI RICERCA SENZA SCOPO DI LUCRO E DI INTERESSE GENERALE

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ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale Libera e Privata Università Telematica a Distanza di Diritto Internazionale Ente di Ricerca Senza Scopo di Lucro e di Interesse Generale

APPENDICE AL VOLUME E PRESENTAZIONE ISTITUZIONALE

ISFOA Edizioni Accademiche Scientifiche Internazionali Digitali 24


Persona Giuridica Legalmente Autorizzata e Riconosciuta tramite Certificato di Incorporazione, Decreto, Registrazione Ufficiale, Provvedimento e Delibera nelle seguenti nazioni: Stati Uniti, Repubblica di San Marino, Belize, Albania, Confederazione Elvetica. Persona Giuridica Legalmente Costituita ed Autorizzata ai sensi degli articoli 60 e seguenti del Codice Civile Svizzero ed in conformità agli articoli 20 e 27 della Costituzione Federale Svizzera e delle Leggi Cantonali. Ente Morale Autorizzato ai sensi della Legge 13 Giugno 1990 n. 68 della Repubblica di San Marino Fondazione Internazionale Autorizzata ai sensi della Legge 7 Maggio 2011 n. 8788 della Repubblica di Albania. Istituzione Autorizzata ai sensi della Section 108 of the General Corporation Law of Delaware Istituzione Autorizzata ai sensi dell’International Business Companies Registry Act Republic of Belize member British Commonwealth 31 December 2000. ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale è una Università libera, apolitica, aconfessionale di Diritto Internazionale, Riconosciuta ai Sensi dell’Art.60 del Codice Civile Svizzero in conformità degli Articoli 20 e 27 della Costituzione Federale Svizzera, è riconosciuta dall’ordinamento Giuridico Nazionale come Appartenente al settore Universitario Svizzero regolato dalla Legge Federale sulla promozione e sul coordinamento del settore Universitario Svizzero (LPSU entrata in vigore il 1 Gennaio 2015) ed è legittimata ad organizzare ed erogare attività di insegnamento di livello universitario, ricerca accademica ed alta formazione specialistica in ossequio alle prescrizioni ed alla legislazione vigente rilasciando a titolo libero e privato e su basi assolutamente legali, le relative attestazioni. Svolge attività di insegnamento a livello terziario ed attribuisce titoli di studio in virtù del diritto di libertà di insegnamento e della ricerca scientifica e della libera attività economica in conformità agli articoli (art.20) - (art.27) garantiti dalla Costituzione Federale Svizzera, essi sono conformi alle Direttive della Conferenza universitaria svizzera nell’ambito del processo di Bologna (Direttive di Bologna) del 4 dicembre 2003. I titoli conferiti sono validi ai fini del riconoscimento, secondo la Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002. ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale, riconosciuta dall’ordinamento giuridico nazionale come appartenente al settore universitario svizzero regolato dalla Legge Federale sulla Promozione e sul Coordinamento del Settore Universitario Svizzero (LPSU), utilizza le tre lingue ufficiali Elvetiche, italiano, francese, tedesco, unitamente all’inglese ed opera a tutti gli effetti quale Università, offrendo corsi che portano al conseguimento di Bachelor Degree (Lauree Triennali), Master Degree (Lauree Specialistiche), Executive Master e Master of Advanced Studies, oltre che Dottorati di Ricerca - PhD, corrispondenti ai livelli 6, 7, e, 8 del sistema europeo E.Q.F.European Qualification Framework. Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino con Delibera numero 706 del 14 febbraio 2006, ha autorizzato ISFOA ad utilizzare la denominazione “ ISFOA Libera e Privata Internazionale ” ai sensi dell’art. 14 cpv. 2 della legge sull’Università della Svizzera Italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca del 03 ottobre 1995 (LUSI).

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ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale ISFOA Libera e Privata Università Internazionale a partire dall’anno accademico 2010 ha inaugurato una rinnovata struttura organizzativa e dirigenziale attiva nelle città di Ginevra e di Zurigo presso una importante rappresentanza consolare diplomatica, messa a disposizione da un autorevole componente interno del proprio Senato Accademico, trasferendosi così dalla città di Lugano e dal Cantone Ticino. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale, fondata nel 1999, con i suoi oltre 3.500 allievi formati nei vari percorsi, diplomi di perfezionamento, lauree breve, lauree magistrali, master di specializzazione, dottorati di ricerca, ha assunto tale importante decisione strategica in funzione del fatto che Ginevra, oltre 180.000 abitanti, capitale dell’omonimo Cantone, contro i 35.000 di Lugano, è la seconda città della Svizzera dopo Zurigo ed è considerata una piazza internazionale e cosmopolita a livello finanziario, industriale ed istituzionale, sede delle maggiori banche private nazionali ed estere e delle maggiori organizzazioni internazionali quali Croce Rossa, Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Alto Commissariato Nazioni Unite per i Rifugiati, Organizzazione Mondiale del Commercio, Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare, World Economic Forum, di conseguenza rappresenta la naturale ubicazione per un ente accademico di prestigio e caratterizzato da una innata propensione allo sviluppo ed al relativo consolidamento di relazioni sociali, istituzionali e professionali. I diplomi conferiti, per la propria peculiare natura privata, risultano essere diversamente equipollenti a quelli di analoghe istituzioni statali e non garantiscono automaticamente alcuna equivalenza con altri, sono però legittimamente considerati titoli accademici e possono, singolarmente, e nei casi e nelle modalità di specie, autonomamente previste dai vari ordinamenti universitari nazionali, essere valutati come ammissibili al riconoscimento in tutti i paesi d’Europa ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale, in virtù del suo stato normativo e per l’interpretazione del Trattato di Lisbona, non può garantire l’accettazione del titolo rilasciato, per bandi e concorsi pubblici, albi e il riconoscimento di titolo da parte di istituzioni, enti pubblici o privati, enti universitari o altro. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale è considerata una delle più prestigiose, selettive, ambite e rinomate università a distanza.

ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale vanta i seguenti record: ñ ñ ñ ñ

il 100% dei propri iscritti conclude nei tempi previsti il percorso accademico programmato ; il 100% dei propri laureati risulta essere un imprenditore, un professionista o un dirigente di conclamato successo; il 100% dei propri laureati appartiene alla classe sociale degli high net worth individuals; lo 0% è il tasso di abbandono dei propri iscritti.

ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, gode a livello internazionale, di un acclarato prestigio e di una riconosciuta reputazione in funzione del proprio corpo docente

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composto da banchieri, industriali, editori, giornalisti, diplomatici, accademici, prelati, militari, giuristi, economisti di chiara fama, provenienti dalle maggiori e più note istituzioni italiane ed estere, sia per le proprie importanti attività di lobbyng e di sviluppo di affari che per l’impegno profuso a livello sociale, avendo concesso numerose borse di studio a parziale e/o totale copertura delle rette previste a favore di discenti non particolarmente abbienti ma meritevoli e organizzando e/o finanziando innumerevoli opere filantropiche e caritatevoli. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, attraverso l’opera indefessa e volontaria del pro rettore Vincenzo Mallamaci, ha perfezionato, proprio grazie alle generose donazioni ricevute durante le varie cerimonie di consegna dei titoli accademici, in stretta collaborazione con l’Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS, l’acquisto di numerosi ettari di terra in Costa d’ Avorio, destinati alla coltivazione di piantagioni di Cacao, da donare ad un folto gruppo di famiglie povere che potranno con il loro lavoro ed il relativo insegnamento di Tecniche Agricole, Aziendali, Finanziarie e Commerciali, sopravvivere e prosperare per almeno 30 anni. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale agirà nella realizzazione di tale importante opera umanitaria, sempre sotto la diretta supervisione di Monsignor Giulio Cerchietti, Officiale della Congregazione per i Vescovi della Santa Sede, responsabile Ufficio Internazionale Ordinariati Militari e Presidente Associazione Amici del Benin e di Padre Constant Atta Kouadio, cittadino della Costa d’Avorio, Assistente Spirituale e Presidente Vicario per l’Africa dell’Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, da sempre, progetta e sviluppa operazioni di livello internazionale a beneficio del progresso sociale, culturale ed economico, procedendo sempre nello spirito cristiano, in maniera concreta e reale, in silenzio ed umiltà, in evidente contrapposizione alle chiacchiere generali, poiché questo è uno degli insegnamenti fondamentali ereditati dal Maestro Gesù Cristo per risolvere, ad esempio, il problema dei profughi alla radice. Se dai del pesce ad un uomo, Egli si ciberà una volta. Ma se tu gli insegni a pescare, Egli si nutrirà per tutta la vita. Se fai progetti per un anno, Semina del grano. Se i tuoi progetti si estendono a dieci anni, Pianta un albero. Se essi abbracciano cento anni, Istruisci il popolo. Seminando grano una volta, Ti assicuri un raccolto. Se pianti un albero, Tu farai dieci raccolti. Istruendo il popolo, Tu raccoglierai cento volte.

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Sua Santità Papa Francesco, per tale importante impegno sociale, professionale ed accademico, ha voluto impartire, facendo consegnare direttamente nelle mani di Stefano Masullo, magnifico rettore ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, la propria Benedizione Apostolica, invocando speciale effusione di grazie celesti e la materna protezione della Beata vergine Maria per una costante crescita nella fede e nell’amore.

Oggi l’esperienza professionale può essere riconosciuta dalle Università italiane o straniere come credito formativo: significa che è possibile abbreviare il percorso che porta al conseguimento della laurea.

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La partecipazione a stage e seminari, l’iscrizione a ordini professionali, la conoscenza delle lingue e dell’informatica, la frequenza a corsi di formazione e attività culturali, lo svolgimento di volontariato ed impegno sociale nel corso della propria vita lavorativa si traducono in crediti formativi e accelerano il raggiungimento della laurea. E’ possibile ottenere il Diploma di Laurea e il relativo titolo di Dottore, senza dover abbandonare la propria attività, senza alcun obbligo di frequenza e in alcuni casi senza dover sostenere nessun esame secondo un percorso accademico personalizzato strutturato attraverso un processo denominato CEVA Certificazione e Verifica Esperienza Acquisita. Un qualificato professionista, iscritto e certificato quale docente Assoconsulenza Associazione Italiana Consulenti di Investimento, la prima ed unica associazione di categoria dei consulenti di investimento riconosciuta ed accreditata in Italia, sarà in grado di offrire una consulenza assolutamente libera e gratuita in merito alla valutazione del proprio curriculum vitae. info@assoconsulenza.eu In Svizzera le università private non hanno alcun obbligo di sottoporsi ad una procedura di accreditamento, che è al contrario una semplice facoltà di ogni istituto universitario, teso ad aumentarne il prestigio ed ad ottenere i sussidi finanziari erogati dalla Conferenza universitaria svizzera; né ad offrire cicli di studio che soddisfino le condizioni per l’accreditamento, né tanto meno obbligata a menzionare la circostanza che non sia accreditata. In Svizzera non esiste il valore legale dei titoli (salvo per quelle formazioni che si concludono con un esame di stato es. medicina), le università private possono decidere volontariamente di sottoporre i loro corsi di studio al cosiddetto “accreditamento”, certificazione di qualità. Ne consegue che i titoli conferiti, in quanto rilasciati da una università riconducibile al sistema di insegnamento superiore, sono validi ai fini dell’ammissione al riconoscimento in tutti i paesi d’Europa, Italia compresa, ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie, ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale rilascia titoli accademici, perciò, validi ai fini dell’ammissione al riconoscimento in Italia anche per finalità diverse da quelle precedenti ai sensi del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 luglio 2009, n. 189 - Regolamento concernente il riconoscimento dei titoli di studio accademici, a norma dell’articolo 5 della legge 11 luglio 2002, n. 148. (09G0197) (GU n. 300 del 28-12-2009) note. Entrata in vigore del provvedimento: 12/01/2010. Il Cantone Ticino, come confermato da comunicazioni e delibere ufficiali del Consiglio di Stato e del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport e dalla Legge del 3 Ottobre 1995 sull’Università della Svizzera Italiana, sulla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e sugli Istituti di Ricerca, regola all’articolo 14, unicamente l’uso del nome Università con il duplice scopo di evitare confusione con le istituzioni accreditate ed enti autonomi di diritto pubblico quali appunto USI Università Svizzera Italiana e SUPSI Scuola Universitaria Professionale Svizzera Italiana, e che le informazioni date agli studenti siano conformi all’effettivo valore dei titoli conseguiti, conferma inoltre che l’attività di formazione universitaria non richiede una autorizzazione specifica poiché si basa sulla libertà di scienza e sulla libertà economica dei sopra richiamati articoli 20 e 27

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Costituzione Federale Svizzera. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale ha insignito nel corso degli anni del titolo accademico honoris causa innumerevoli personalità di spicco universalmente rinomate ed in particolare ben quattro Ministri in forza 2001 - 2006 al Governo presieduto dall’Onorevole Silvio Berlusconi svolgendo le relative cerimonie ufficiali di consegna presso esclusive sedi istituzionali quali Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Ambasciate. I titoli accademici rilasciati da ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale sono perciò validi titoli universitari in Svizzera e in tutti i paesi d’Europa. Quadro Normativo Generale ed Utilizzo Legale e Legittimo del Titolo Universitario Privato Svizzero in Italia I titoli rilasciati da ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale non conferiscono in alcun modo il privilegio di accedere all’esame di Stato per l’abilitazione professionale e, per di più, chi è in possesso legittimo di quest’ultimo titolo dottrinale, deve sempre darne atto, indicando obbligatoriamente l’origine e la natura, possono però essere legalmente fruibili in Svizzera, nella lingua originale nella quale sono stati conferiti, in base all’articolo 27 della Costituzione Federale Elvetica, il tutto, rispettando i dettami dell’articolo 14 della Legge Cantonale sull’Università della Svizzera Italiana del 3 ottobre 1995; ed in Europa ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione di Parigi del Consiglio d’Europa del 14 dicembre 1959. Il titolo di studio conseguito all’estero non ha generalmente riconoscimento professionale in Italia, salvo il disposto della Legge 1940 del 31/12/1962 che stabilisce il principio secondo il quale “chiunque ha diritto di portare un titolo accademico conferito da università estere, purché ne precisi l’origine.” Si richiama a questo proposito l’attenzione su di un importante adempimento, obbligatorio per i possessori di titoli appartenenti alla fattispecie in oggetto, sia ordinari che onorari, sul biglietto da visita, sulla carta da lettera, sul cartoncino e su tutti gli altri documenti, dovrà sempre citarne la fonte, appaiata al proprio nome e cognome. Per completezza si riporta un esempio di pura fantasia: Pinco Pallino Dottore in Economia e Finanza honoris causa ISFOA USA Il proponente potrà di conseguenza avvalersi del titolo, dr. o dr. ing., a lui conferito legalmente, nei biglietti da visita e nella carta intestata commerciale, professionale o personale, e nei rapporti con i terzi, ma, come già descritto in precedenza, trattasi di titolo, generalmente, non valido ad esercitare una professione riservata, né ad iscriversi ad Albi Professionali ed Ordini regolamentati a livello pubblico, né a partecipare a concorsi; in base al disposto normativo della Legge 262 del 13/3/1958, infatti, ci si può solo fregiare del titolo emesso da un “soggetto non residente”, quale è ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, e non farne uso. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale non ha l’obbligo di venire registrata in Italia in quanto il suo stato giuridico è già di per sé completo e compiuto, comprovato all’origine; accadrebbe

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l’inverso qualora i diplomi rilasciati possedessero titolo valido per l’avviamento agli Esami di Stato al fine dell’abilitazione professionale. I titoli conferiti impegnano solo l’istituzione stessa che li rilascia a livello libero e privato su basi assolutamente legali, non essendo in alcun modo responsabile in merito all’uso del titolo ed all’ottenimento del diritto all’esercizio della libera professione in quanto regolati dalle norme dei singoli Paesi. Ai fini del valore legale del titolo rilasciato esso non può essere paragonabile con quelli rilasciati da Università Statali della Repubblica Italiana, né con quelle considerate equipollenti, né con quelli di Università Statali dell’Unione Europea e/o della Confederazione Elvetica, per quanto, nel Regno Unito – Gran Bretagna il British Parliament 1988 Education Act reciti che “The awards made by overseas educational establishments should be recognized, and the assessment and recognition of such qualifications would be a matter for the individual employer and professional bodies”. L’Accordo tra la Confederazione Svizzera, da un parte, e la Comunità Europea ed i suoi Stati membri, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, concluso il 21 giugno 1999, approvato dall’Assemblea Federale l’8 ottobre 1999, ratificato con strumenti depositati il 16 ottobre 2000, entrato in vigore il 1° giugno 2002 - 1° giugno 2004, all’articolo 5, prevede, per le istituzioni accademiche quale è ISFOA, il diritto di fornire sul territorio dell’altra parte contraente, programmi di insegnamento e di formazione di durata non superiore a 90 giorni per anno civile. Riconoscimento titoli esteri in Italia legge 148/2002 circolare MIUR equipollenza cancellata Tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno conseguito un titolo accademico all’estero possono esercitare tutti i diritti connessi al possesso del titolo senza dover richiedere l’equipollenza e rivolgersi ad una università italiana per il conferimento del corrispondente titolo italiano. La prassi dell’equipollenza, già prevista negli articoli 170 e 332 del RD 1592/1933 ora abrogati, è stata cancellata, con l’introduzione della procedura del riconoscimento finalizzato prevista dalla legge 148/2002, propria di una concezione più moderna e coerente con gli obiettivi attuali dell’insegnamento superiore a livello internazionale. Il MIUR Ministero Istruzione Università e Ricerca, in una circolare (Protocollo: n. 3600/Segr/Afam del 10 febbraio 2004), conferma l’applicazione della legge 148/2002 per il riconoscimento in Italia dei titoli esteri, e invita tutti i destinatari ad osservare ed attuare le norme sul riconoscimento dei titoli di studio effettuati all’estero. Confermata la spendibilità dei Titoli Accademici Svizzeri in Europa · Spagna. Il Ministero competente spagnolo ha riconosciuto la laurea triennale in Scienze Aziendali conferita da una università privata elvetica con indirizzo Consulenza del Lavoro come qualifica professionale abilitante ai sensi della direttiva 2005/36/CE, all’esercizio della professione di consulente del lavoro, dopo il superamento della prova attitudinale in diritto positivo spagnolo del lavoro e della

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sicurezza sociale. · Germania. La Procura del Baden Wuttemberg ha riconosciuto la spendibilità in Germania del Master in Business Administration rilasciato da una università privata elvetica con ordinanza N.123js 2193809 del 3 giugno 2011. Il Tribunale Civile di Stoccarda Atto nr. 25 O 92/11 del 22.03.2012 ha dichiarato legittimo in Germania l’uso del titolo con l’indicazione delle sue origini. · Italia. Le università di Catania, Padova, Chieti, Unisu, Guglielmo Marconi, E Campus, hanno riconosciuto la spendibilità accademica con il riconoscimento totale e/o parziale degli esami sostenuti presso una università privata elvetica. Il Ministero della Difesa Italiano ha autorizzato l’annotazione matricolare del diploma di laurea in Scienze della Comunicazione conferito da una università privata elvetica. Ammissione e conseguimento di numerosi laureati presso una università privata elvetica dell’attestato di MEDIATORE CIVILE E COMMERCIALE (Decreto Legislativo n. 28 del 20 Marzo 2010 e Decreto Interministeriale n. 180 del 18 Ottobre 2010).

La laurea triennale in Scienze Aziendali riconosciuta in Europa come qualifica professionale ai sensi della direttiva 2005/36/CE Il Ministero competente spagnolo ha riconosciuto la laurea triennale in scienze aziendali con indirizzo consulenza del lavoro come qualifica professionale abilitante ai sensi della direttiva 2005/36/CE, all’esercizio della professione di consulente del lavoro, dopo il superamento della prova attitudinale in diritto positivo spagnolo del lavoro e della sicurezza sociale. Valore dei titoli di studio universitari conferiti da università private in Svizzera In Svizzera la formazione universitaria è prevalentemente pubblica e di competenza dei Cantoni, salvo i politecnici federali e altre scuole universitarie federali (SUP) scuole universitarie professionali direttamente regolate e controllate dal Governo federale, esiste però anche una rilevante presenza di università private. In Svizzera non è richiesta preventiva autorizzazione e /o riconoscimento statale per offrire formazione nel settore universitario, organizzare esami o rilasciare titoli di studio. Non esiste il valore legale dei titoli. Autorità federali o cantonali, secondo le rispettive competenze, vigilano nei casi previsti dalla legge sull’attività delle università private. In Svizzera, all’infuori dei casi specialmente regolamentati dalla legge, giudice della qualità e del valore di una formazione è l’utente o il mercato del lavoro prima che lo Stato. Conformemente alle tendenze internazionali, sono state introdotte in Svizzera procedure di accreditamento facoltative (certificazione di qualità e/o marchi di qualità) non discriminanti tra offerta pubblica e privata. L’accreditamento è facoltativo e attesta solamente un controllo esterno della qualità e non implica alcun riconoscimento della validità di questa o di quella formazione da parte dello Stato.

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Il settore universitario in Svizzera è complesso e conseguente all’assetto federale del paese (terziario A secondo la classificazione internazionale): · la Confederazione regola e controlla i Politecnici federali e le Scuole universitarie professionali (SUP) pubbliche o private. · I Cantoni, secondo la Costituzione Federale Svizzera, hanno la sovranità sulle università cantonali pubbliche e su quelle private operanti sul proprio territorio. In ciascun Cantone quindi vi sono leggi cantonali universitarie che regolano in modo differente la materia. · La Confederazione e i Cantoni hanno competenze comuni riguardanti il coordinamento e lo sviluppo della qualità, tramite la Conferenza universitaria svizzera (CUS), organo comune della politica universitaria accademica pubblica. A livello nazionale svizzero una Agenzia nazionale di accreditamento (OAQ), accredita facoltativamente le università pubbliche e quelle private o loro singoli curricula, cioè concede loro un marchio di qualità, che comunque non conferisce di per sé alcun riconoscimento e/o la validità statale dei titoli conferiti. Un’istituzione può richiedere un accreditamento come università oppure puo’ richiedere l’accreditamento per certi cicli di studio soltanto secondo quanto stabilito dalla legge federale sull’Aiuto universitario (LAU, RS 414.20). Per quanto concerne il valore dei titoli universitari accademici rilasciati in Svizzera: · ai fini dell’ammissione all’esercizio di una professione regolamentata (p.e. medicina, avvocatura, ecc.), sono le leggi federali o cantonali regolanti la professione che stabiliscono quali titoli sono riconosciuti. · Per le professioni non regolamentate (p.e. management, giornalismo, ecc.) spetta di fatto al datore di lavoro “riconoscere” o meno il valore di un titolo di studio; significativo può essere l’accreditamento o comunque una certificazione di qualità rilasciata da enti privati generalmente riconosciuti. · Ai fini del proseguimento degli studi, è l’università dove si intende proseguirli che riconosce il valore di un titolo precedente. Analogamente a quanto avviene per l’equivalenza dei titoli, le università si basano sulle norme nazionali. Università private riconosciute appartenere al sistema d’insegnamento con sede in Svizzera, anche se non accreditate (cioè che non hanno richiesto la certificazione di qualità facoltativa), hanno comunque il diritto costituzionalmente garantito di rilasciare titoli di studio universitari che, senza alcuna differenza rispetto a quelli rilasciati dalle università pubbliche, sono validi per: · il diritto d’accesso ai fini del proseguimento degli studi nel sistema universitario (pubblico) svizzero e

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all’estero, ai sensi delle leggi nazionali e della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sulla reciproca riconoscibilità dei titoli; · ai fini dell’esercizio in Svizzera di professioni regolamentate ai sensi della direttiva della Unione europea CE/ 2005/36 in vigore anche in Svizzera dal 1 novembre 2011; · ai fini dell’esercizio in Svizzera di professioni non regolamentate, vale il libero apprezzamento del datore di lavoro.

RICONOSCIMENTO ACCADEMICO PER LA PROSECUZIONE DEGLI STUDI IN ALTRA UNIVERSITA’ I titoli conferiti, in quanto legalmente rilasciati da una università riconosciuta dall’ordinamento giuridico come appartenente allo spazio universitario svizzero, sono idonei ai fini del riconoscimento ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie, ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002.

USO DEI TITOLI NEI PAESI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA Tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno conseguito un titolo accademico all’estero possono esercitare tutti i diritti connessi al possesso del titolo. Ai sensi dell’art. 54 della direttiva 2005/36/CE della Unione Europea lo Stato membro ospitante fa sì che gli interessati abbiano il diritto di usare il titolo di studio dello Stato membro d’origine, ed eventualmente la sua abbreviazione, nella lingua dello Stato membro d’origine. Lo Stato membro ospitante può prescrivere che il titolo sia seguito da nome e luogo dell’istituto o della giuria che l’ha rilasciato. A settembre 2011 il Comitato misto Svizzera-UE per l’Accordo sulla libera circolazione delle persone ha deciso l’applicazione in Svizzera a partire dal 1° novembre 2011 della direttiva 2005/36/CE. Di conseguenza l’Italia come stato membro ospitante deve garantire agli interessati l’uso nel proprio territorio del titolo di studio conseguito in Svizzera nella lingua dello Stato di origine.

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Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera, considerato uno dei più ambiti, selettivi, prestigiosi ed esclusivi riconoscimenti, volto a valorizzare le rinomate eccellenze italiane ed estere, attive nel settore culturale, industriale, accademico, istituzionale e professionale, che si inquadra in un più ampio manifesto programmatico, realizzato con successo fin dall’autunno del 1996, è stato inaugurato nel Maggio del 2004 con una cerimonia ufficiale, trasmessa in prima serata dalla televisione nazionale ungherese, ed avvenuta all’interno dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, alla presenza di oltre 250 ospiti, del Ministro per gli Italiani nel Mondo, dell’Ambasciatore d’Italia in Ungheria, con il saluto ufficiale del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Italiana vantando i seguenti patrocini ufficiali: Provincia di Milano; Provincia di Lecce; Ministero Infrastrutture e Trasporti; Ministero Affari Esteri; ICE Istituto Commercio Estero; Ministero per gli Italiani all’Estero; ANC Associazione Nazionale Carabinieri; AIDDA Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda; Comune di Milano; Regione Lombardia; Comune di Lecce; Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari.

Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera ha come scopo il perseguimento dei seguenti obiettivi: Internazionalizzazione delle aziende italiane nel mondo; sviluppo della cooperazione multinazionale; valorizzazione delle Piccole e Medie Imprese; affermazione dell’immagine del marchio e dello stile italiani nel mondo; salvaguardia e riqualifica del Made in Italy attraverso supporti e contenuti culturali che contrastino il dumping cinese; ñ consolidamento delle responsabilità sociali, etiche e morali nelle attività produttive e professionali. ñ ñ ñ ñ ñ

Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera, nel corso della serata di gala inaugurale della prima edizione, conclusasi con un eclatante successo, ha potuto vantare il saluto istituzionale, in nome e per conto di Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica Italiana, portato personalmente da Paolo Guido Spinelli, ambasciatore della Repubblica Italiana in Ungheria, e tra gli illustri premiati, presente alla serata in qualità di ospite d’onore ed istituzionale, il ministro per gli Italiani nel Mondo, onorevole Mirko Tremaglia, destinatario anche di una Laurea Honoris Causa conferita dal Senato Accademico della Facoltà di Scienze Aziendali ed Economiche di ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale.

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