ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale Libera e Privata UniversitĂ Telematica a Distanza di Diritto Internazionale Ente di Ricerca Senza Scopo di Lucro e di Interesse Generale
Stefania Spiridon Nicolaescu
Il bene culturale: valore di vita, di societĂ e di lavoro TESI in
Economia e Gestione dei Beni Culturali 16 Novembre 2019 Relatore : Ch.mo professor Vincenzo Mallamaci
ISFOA Edizioni Accademiche Scientifiche Internazionali Digitali
Stefania Spiridon Nicolaescu Laurea Magistrale ISFOA Libera e Privata UniversitĂ di Diritto Internazionale in Economia e Gestione dei Beni Culturali con specializzazione in Tecnologia per la Conservazione ed il Restauro dei Beni Culturali .
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Indice Prefazione Capitolo I Il Valore dei Beni Culturali 1.1 La cultura del bene 1.2 La protezione dei beni culturali 1.3 Il valore culturale 1.4 Il restauro virtuale Capitolo II Il Bene Culturale in Chiave Economica 2.1
L’economia del dono
2.2
L’economia della conoscenza
2.3
Cultura ed Economia
2.4
Cultura e Innovazione
Capitolo III I Beni come PatrimonioCulturale 3.1
Il premio del Patrimonio Culturale dell’Unione Europea
3.2 Valorizzazione del Patrimonio CulturaleStatale 3.2.a Progetti ed interventi 3.2.b Ricerca e sperimentazione 3.2.c Relazioni internazionali Conclusioni Bibliografia Sitografia
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Prefazione “Arte. Non si rivolge all’avvenire, ma al passato. Come l’istinto è retrograda. Vive-anche là dove non sembra- del proibito. Senza scoprire il proprio giuoco-che allora sarebbe perduta- offre un illusorio, ma appropriato compenso a tutte quelle «tendenze» che l’uomo, dalla sua più tenera infanzia (preistoria) in poi, ha dovuto abbandonare per camminare su due, invece che su quattro gambe; per diventare giorno per giorno (secolo per secolo) una persona civile.” -Umberto Saba Viviamo in una società in cui la maggior parte della popolazione da per scontato ormai troppi aspetti della vita stessa per non parlare di ciò che comprende tutto il resto. Alcuni, nei casi più estremi non hanno più la capacità di distinguere il bene dal male, hanno fatto sì che la loro mente si plasmasse, a seconda, solo degli avvenimenti negativi, cadendo in un baratro talmente profondo che risalirne per loro risulta impossibile. Ma siamo davvero certi che questa parola riesca totalmente a prendere il sopravvento su tutto ciò che ci circonda, su tutto il bene, le meraviglie che questa vita ci offre? A parer mio no, e penso che il cambiamento debba partire da noi stessi. Se si desidera che cambi qualcosa, se si desidera essere felici, se si desidera che le cose vadano per il verso che noi riteniamo sia più importante allora bisogna cambiare da dentro. Cambiando stile ed approccio alla vita, ciò che la circonda assume un valore notevolmente elevato. Si possiedono innumerevoli doni intorno a noi, oltre la vita stessa, che penso sia il dono più prezioso di tutti, e se ognuno di noi porgesse più attenzione a ciò che lo circonda avremmo così tutti la possibilità di poter gettare delle basi per un mondo che può soltanto andare migliorando. In questa mia tesi si affronta l’argomento dei beni culturali, in chiave sia artistica spiegandone alcuni stralci di storia, che in chiave economica districandone alcuni aspetti rilevanti.
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Capitolo I Il Valore dei Beni Culturali
“La cultura è l’unico bene dell’umanità che, diviso fra tutti, anziché diminuire diventa più grande.” Hans Georg Gadamer
1.1 La Cultura del Bene Quando si parla di cultura del bene, è giusto porgere attenzione non solo al presente o al futuro, ed a quello che esso ci riserva, bensì anche e soprattutto, a parer mio, al passato. Se ad oggi possediamo “tesori” da valore inestimabile, culturalmente parlando, lo dobbiamo in gran parte al passato stesso. Tutto il mondo, l’Italia in particolar modo, vanta una straordinaria eredità artistica, culturale e naturalistica. Quest’eredità è dovuta alle circostanze paesaggistiche della nostra penisola ed alle molte civiltà che hanno caratterizzato la nostra storia. È lecito chiedersi se la popolazione ha piena coscienza del luogo in cui vive. Conosce la vera importanza di ciò che giace sopra e sotto il suolo? Ha appreso e rispetta i valori, i beni, la preziosità di quello che la circonda? Il meccanismo sociale informativo dà il giusto peso al passato, e fa sì che la cultura di ogni singolo individuo sia pienamente colma e variopinta di informazioni? È bene riflettere su alcuni aspetti che per troppo tempo e nel tempo tendono ad eclissarsi. Se si guarda con attenzione questi aspetti sono parte integrante di noi, della nostra esistenza, ci appartengono. Per avere una visione più chiara di ciò che ci circonda è bene porgereattenzione alla storia che ci insegna a definire ciò che siamo ad oggi,a come ci siamo arrivati. Per Beni Culturali si intendono tutti quei beni designatida ciascuno Stato come importanti per l’archeologia, la letteratura, l’arte, la scienza, la demologia, l’etnologia o l’antropologia. I Beni Culturali si
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contrappongono, per definizione, ai “Beni Naturali”. Quest’ultimi ci sono offerti dalla natura, a differenza dei primi i quali sono il prodotto della cultura dell’essere umano. Come si può ricordare il primo riconoscimento ufficiale di “bene culturale” in campo internazionale si ebbe durante la Convenzione dell’Aia1, dove ben quaranta Stati di tutto il mondo firmarono e sottoscrissero la loro partecipazione ed approvazione. Questa convenzione fu confermata in Italia con la legge del 7 febbraio 1958. Le norme applicate sui beni culturali erano accordi per la salvaguardia di questi patrimoni in occasioni di invasioni belliche, e sostenevano che gli attentati ai beni culturali di qualsiasi popolo costituivano una violenza al patrimonio dell’intera comunità internazionale. In Italia la definizione di “bene culturale” venne via via modellata da alcune commissioni parlamentari tra gli anni sessanta e settanta. Nel frattempo a Parigi, il 17 novembre 1970, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura, firmava una convenzione internazionale per stabilire le misure da adottareal fine di bloccare esportazione, importazione e trasferimento di proprietà in illecito, di beni culturali. Vennero definiti in tale ambito come beni culturali: «Tutti i beni che [...] sono designati da ciascuno Stato come importanti per l’archeologia, la preistoria, la letteratura, l’arte o la scienza»2 Nel 1974 venne decisa l’istituzione di un Ministero per i Beni Culturali e Ambientali. Quest’ultimo subì diverse modifiche di carattere sia organizzativo, sia relativo ai propri ambiti di competenza, fino a giungere alla denominazione di Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Fu inoltre promulgato il Testo Unico delle Disposizioni Legislative,
1 La Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato. È un trattato internazionale finalizzato a tutelare i beni artistici di un paese in caso di conflitto armato; 14 maggio 1954 2 Convenzione di Parigi, art. 1
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in materia di beni culturali e ambientali3. Al suo interno si raggrupparono tutte le norme sulla materia, ponendo particolare attenzione alla tutela dei beni, in attuazione dell’articolo 9 della Costituzione della Repubblica Italiana, sostituito successivamente dal codice dal Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio4. I Beni Culturali si dividono in beni materiali e beni immateriali; un bene culturale si definisce materiale quando è fisicamente tangibile, come un’opera architettonica, un dipinto, una scultura. Si definisce immateriale quando non è fisicamente tangibile, come una lingua, un dialetto, una manifestazione del folklore o persino una ricetta culinaria. 1.2 La protezione dei Beni Culturali Per protezione dei beni culturali si intende quella branca del Diritto Pubblico che si occupa delle convenzioni internazionali e delle leggi dello Stato, intente a proteggere i beni stessi, da danni nel corso di un conflitto armato. Analizzando il concetto da un punto di vista storico, si ricorda una massiccia distruzione di molti beni, avvenuta durante la Seconda Guerra Mondiale. Nel 1945 l’Organizzazione delle Nazioni Unite, conosciuta come ONU, creò un’organizzazione a livello nazionale incentrata ad occuparsi di questioni concernenti l’educazione, la scienza e la cultura. Quest’ultima prese il nome di UNESCO. Come suggerisce la Convenzione dell’Aia del 14 maggio 1954, il patrimonio culturale appartiene all’intera umanità, ogni popolo contribuisce alla cultura del mondo, ed è nell’interesse di tutti assicurarne la protezione. Il rispetto e la tutela dei beni culturali sono anch’essi alla base delle regole da rispettare, persino nell’eventualità che quest’ultimi non facciano parte del proprio territorio. Il concetto di protezione deve
3 Dlgs. N. 490, del 29 ottobre 1999 4 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio: decreto legislativo n. 42, 22 gennaio 2004/ Ministeroper i beni e attività culturali.
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comprendere un’adeguata marcatura dei beni, un’ottima informazione da parte delle truppe riguardo la loro protezione e il possesso di personale specializzato ed adeguatamente formato. Nel 1954 si scelse un simbolo come contrassegno dei beni culturali: lo “scudo blu”5. La convenzione istituisce due modelli di protezione: la protezione generale e la protezione speciale. La protezione generale è concessa a tutti i beni culturali, e per poter usufruire di essa il bene non deve essere obiettivo militare, né essere utilizzato a scopi militari. A differenza della prima, la protezione speciale è concessa ad un numero limitato di beni di grande importanza, ed a rifugi destinati all’accoglienza degli stessi, durante conflitti. Una condizione necessaria della protezione, è quella dell’apposizione del simbolo della convenzione, più precisamente ripetuto tre volte. La procedura d’iscrizione per codesta protezione è lunga e complessa. All’interno del registro sono iscritti soltanto La Città del Vaticano ed un limitatissimo numero di rifugi antinucleari per beni mobili. In seguito all’aggiunta di un secondo protocollo nel 1999, preceduto da un primo protocollo e da un regolamento che accompagnano la convenzione, venne creata un’ulteriore protezione, chiamata: protezione rinforzata. Anch’essa possedente di un registro, differisce in materia di procedure, esse risultano più semplici, e basate sul silenzio-assenso, ovvero un silenzio amministrativo, il quale ai sensi della legge italiana, indica genericamente una omissione.
5 Articolo 16 della Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954. Uno scudo, appuntato in basso, inquadrato in croce di S. Andrea, tonalità d’azzurro e di bianco, è composto di un quadrato turchino con un angolo iscritto nella punta dello stesso, e sormontato da un triangolo azzurro.
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1.3 Il Valore Culturale L’elemento di separazione tra i Beni Culturali ed i tradizionali Beni Economici è la natura del valore. In economia per valore intrinseco si intende un numero o una misura applicabile a un’unità di un bene, e questa misura resta invariata nel tempo e nello spazio, indipendentemente dalle attività di scambio che possono svilupparsi intorno a quel bene. I criteri per la determinazione del valore in ambito culturale sono molto diversi da quelli utilizzati in ambito economico, citando Throsby6 si potrebbe sintetizzare che: «Chi accetta il concetto di valore intrinseco crede che il valore culturale sia in qualche modo incorporato in un’opera d’arte, come il vino in una bottiglia: lo si beve di tanto in tanto, ma la bottiglia viene costantemente riempita, così che nel tempo la sua quantità può anche aumentare.» Il valore intrinseco dei beni culturali consiste nella loro capacità di generare altro valore culturale, trasmettendo in un processo continuo nel tempo e nello spazio, messaggi, informazioni, costruendo significati e stimolando il senso di condivisione dei lavori. Se si ritiene che il valore culturale sia elemento fondante della civiltà dell’uomo, nasce così allora un problema di responsabilità etica per la generazione presente: tramandare in buono stato, il patrimonio culturale, ai nostri eredi. Come dice l’articolo 9 della nostra Costituzione, il patrimonio artistico va tutelato, perché appartiene alla collettività, e in quest’ultima è riflessa la storia e l’identità. Questa tutela del patrimonio culturale come bene
6 David Throsby è un economista australiano. È particolarmente noto come economista culturale. Il suo libro Economics and Culture (2001) è diventato un lavoro di riferimento standard nel settore. Oltre alle arti dello spettacolo, la ricerca e la scrittura Throsby, parlò anche del ruolo economico degli artisti, dell’economia dell’intervento pubblico nei mercati delle arti, dello sviluppo e della politica culturale. Affrontò questioni relative al patrimonio e la sostenibilità dei processi culturali. Ha anche scritto ampiamente sulla teoria dei beni pubblici e sull’economia dell’istruzione superiore.
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pubblico ha ispirato decenni di legislazione a partire dalle leggi Bottai7. Le risorse culturali vanno conservate e tutelate con lo stesso principio applicato alle risorse naturali, poiché trascurando il capitale culturale si andrebbe in contro agli stessi problemi che sorgerebbero se si lasciasse andare in rovina “l’ecosistema naturale”. Si può affermare dunque l’esistenza di un “ecosistema culturale”, alimentato da idee, creatività, prassi e valori condivisi. Ne fanno parte anche istituzioni culturali e della memoria, beni mobili e immobili, chiese, teatri e soprattutto quelle persone che forniscono servizi culturali e di valore economico. Queste persone rafforzano la coesione e l’identità sociale, dando supporto e senso alla comunità locale. 1.4 Il Restauro Virtuale Come ben sappiamo nel corso degli anni la tecnologia ha preso e continua a prendere il sopravvento sulla tradizione. Così come è riuscita ad addentrarsi in altri ambiti, anche nell’ambito artistico ha fatto il suo ingresso. Attraverso l’uso di apparecchiature elettroniche e digitali, il mondo del restauro ha in parte subito modifiche, e/o migliorazioni. Il restauro virtuale è l’insieme di elaborazioni svolte attraverso una computer grafica bidimensionale o tridimensionale. Questa procedura permette di effettuare una ricostruzione di beni artistici sia mobili che immobili, o archivistici, i quali a causa di un livello di degrado particolarmente notevole non possono essere lavorati attraverso la procedura tradizionale. Strumento di studio e analisi, il restauro virtuale, non svolge la funzione di oscurare il metodo tradizionale, ma bensì è come una sorta di aggiunta 7 Il 1º giugno 1939 venne emanata dal ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai la legge n. 1089/1939 “per la tutela delle cose di interesse artistico e storico”, la prima legge organica volta a disciplinare la tutela dei beni culturali, e il 29 giugno quella “per la tutela della bellezze paesistiche” (l. n. 1497/1939).
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a quest’ultimo, agendo in situazioni le quali necessitano di una particolare diagnosi tecnica. Tuttavia questa tecnica non può definirsi completamente un restauro vero e proprio. Questo a causa del fatto che non attua un intervento sulla materia costitutiva dell’opera d’arte. La definizione di restauro virtuale va attribuita a Gianfranco Fiaccadori8, contestata sin da subito da Carlo Federici9allora direttore dell’Istituto Centrale per la Patologia del Libro. Secondo Federici il restauro virtuale sembra essere un vero e proprio ossimoro, dal momento in cui, non si può considerare restauro senza un intervento diretto sull’opera d’arte. L’ articolo di C. Federici nasce come considerazione critica a seguito della sua partecipazione al Convegno Oltre il Visibile: «“restauro fisico” per conservare e “restauro virtuale” per valorizzare: una metodologia in evoluzione»10. Nel 1984, Giuseppina Perusini, nel suo volume “Il restauro dei dipinti e delle sculture lignee”11, richiama l’utilità del computer per la catalogazione dei beni culturali, e la determinazione dello stato di conservazione delle opere d’arte. Perusini sosteneva inoltre che, l’impegno del calcola-
8 Gianfranco Fiaccadori è nato a Parma nel 1958. Dopo essersi laureato in Lettere Classiche presso la Normale di Pisa è divenuto professore ordinario di Civiltà Bizantina e Cultura artistica della tarda antichità e del medioevo presso l’Università degli Studi di Milano. Ha inoltre ricoperto per diverso tempo il ruolo di direttore del Dipartimento di Storia delle Arti, della Musica e dello Spettacolo presso il medesimo ateneo. Oltre a numerose pubblicazioni relative all’iconologia e all’arte bizantina ha curato numerosi eventi culturali in sede nazionale e internazionale sulla cultura bizantina e tardo antica. 9 Carlo Federici, Restauro tradizionale e restauro virtuale come “divergenze parallele”, Gazettedulivremédiéval n.34/1999 pp.49-52 10 Tenutosi a Roma presso il Teatro dei Dioscuri il 19 aprile 1999 nell’ambito della Prima settimana della Cultura del Ministero per i Beni e le Attività Culturali – Ufficio Centrale per i Beni Librari, le Istituzioni Culturali e l’Editoria 11 Il restauro dei dipinti e delle sculture lignee, Udine, Del Bianco editore 1989
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tore fosse utile per operazioni ritenute generalmente legate alla sensibilità artistica del restauratore. La discussione sulla definizione di restauro virtuale fu intensa e varia, c’è chi addirittura la analizza in chiave digitale. In ambito fotografico, e più in generale delle immagini antiche, esso rappresenta una vera e propria tecnica di restauro effettivo, contribuendo a preservare l’immagine rappresentata e la sua valenza storico-documentale. Fin dalla fine del XX secolo nella cinematografia e in alcuni tra i più importanti archivi storico-fotografici italiani, vengono praticati interventi di restauro di tipo digitale.
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Capitolo II Il Bene Culturale in Chiave Economica “È sapiente solo chi sa di non sapere, non chi s’illude di sapere e ignora così perfino la sua stessa ignoranza.” Socrate 2.1
L’economia del dono
In precedenza si è parlato di quanto importante è avere coscienza e cultura di ciò che si è, e di ciò che si possiede. Siamo circondati da innumerevoli doni, ed abbiamo il compito di valorizzarli al meglio delle nostre possibilità. Ma che cos’è il dono? Vivendo ad oggi in un mondo economicamente attivo, sappiamo decifrarne il vero significato? In questa società di informazione e formazione, quanto ne sappiamo a riguardo? Per rispondere a questi quesiti è adeguato affrontare la questione “step by step”. La cultura del dono denota un sistema economico fondato sul valore d’uso degli oggetti e dei beni. Per valore d’uso si intende la capacità di un bene o di un servizio di soddisfare un dato fabbisogno. L’economia del dono è basata sull’analisi di società, nei tempi passati viste come “primitive”, ovvero di quelle comunità economicamente autosufficienti. Il dono in per sé è uno scambio reciproco il quale ha alcune caratteristiche definite: l’obbligo di dare, di ricevere e di restituire più di quanto si è ricevuto. L’espressione “economia del bene” fu usata per la prima volta dall’etnologo francese Marcel Mauss, in uno studio sull’economia di scambio e distribuzione dei doni tra le tribù indiane del Nord America12. Per l’umanità, il dono, ha sempre avuto, l’importante funzione di creare dei legami sia a livello sociale, che attraverso il sacrificio, sul piano tra-
12 Marcel Mauss, “Saggio sul dono”-forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Francia, 1923-24
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scendentale. Nel corso degli anni, si sono sviluppati tre paradigmi che aiutano ad analizzare il concetto di dono. Dal punto di vista economico, si ha l’uomo che ha causa delle utilità dei beni presenti in ambiente, tende a massimizzare il proprio interesse personale, ed a ridurre lo spreco delle proprie risorse. Come teorizzava il sociologo, antropologo e storico delle religioni francese, Durkheim, l’individuo, opera comunque all’interno di un sistema culturale predefinito dalla collettività. Secondo Caillè, il dono consente la creazione di legami sociali, che solo sulla base dei primi due paradigmi, non potrebbero trovare realizzazione13. La società modernaha sviluppato, grazie alla crescita del sentimento di sostegno e supporto alle popolazioni più svantaggiate, il concetto di “dono agli sconosciuti”. Questo concetto diventa il vettore positivo per diffondere all’interno della comunità delle persone uno spirito solidaristico. A partire dall’inizio del XXI secolo sono stati evidenti i primi cenni di cedimento del nostro sistema economico. Una risposta alla crisi è arrivata una decina di anni fa dalla Sharing Economy con la proposta di un consumo collaborativo, per risparmiare ma anche per una sostenibilità ambientale e sociale. Negli anni si sono moltiplicate le piattaforme volte a fornire il consumo collaborativo. Se si prova a pensare una necessità, sicuramente in rete si trova il modo per soddisfarla in modo “servizievole”. Il dono non dovrebbe essere percepito come tale né dal ricevente, né dal donatore, per non rischiare che diventi un dovere. Gran parte di queste piattaforme permettono di ridurre la circolazione di denaro, in alcuni casi addirittura di bypassarla completamente grazie al baratto, o alle banche del tempo, in cui ognuno mette a disposizione le proprie competenze accumulando un credito in ore da poter riscuotere con le prestazioni di altri associati. In generale possiamo dire che alla base di ogni sistema c’è un “do ut des”, in quanto è difficile pensare che qualcuno possa fare qualcosa per l’altro senza avere niente in cambio. Anche quando si parla di economia del dono, esiste comunque una forma
13 Caillè A., “Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono”, Bollati Boringhieri, Torino 1998
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di reciprocità, perché nella sua definizione, come si è detto in precedenza esso si compone di tre parti: dare, ricevere, ricambiare. Le forme di economia alternativa che stanno nascendo, di certo non potranno sostituire l’economia portante sulla quale si basa la nostra società, però sia la Sharing Economy, che le varie esperienze le quali hanno alla base il dono possono dare il proprio contributo culturale affinché le persone e le future generazioni riescano ad approcciarsi in modo diverso alla realtà che ci circonda. 2.2
L’economia della conoscenza
Non è certo facile dare un’efficace definizione sintetica della conoscenza. Gli economisti Bengt-ÅkeLundvall e Björn Johnson, nel 1994, ne evidenziarono quattro dimensioni: -know what (sapere cosa): riguarda il possesso delle informazioni, ovvero la conoscenza dei fatti; è l’informazione che può essere trasmessa con i dati e diffusa con l’ausilio delle banche dati; -know why (sapere perché): riguarda i principi e le leggi che governano la natura, la mente umana e la società; è la conoscenza teorica che si trova alla base della ricerca scientifica e tecnologica. -know how (sapere come): è legato soprattuttoall’esperienza operativa individuale e condivisa dei lavoratori, in particolare nei diversi gruppi accomunati da pratiche omogenee. Costituisce il capitale umano di una impresa e delle diverse reti sociali; -know who (sapere chi): permette di individuare le persone che sanno fare determinate cose e che sanno trovare soluzioni a problemi inediti e complessi. Richiede di avere abilità relazionale, di cooperazione, di comunicazione con soggetti diversi e con esperti di varie aree. Queste quattro forme di conoscenza possono essere apprese in modalità diverse: know what e know why si acquisiscono con la lettura di libri, frequentando corsi, lezioni, seminari; know how eknow whosi apprendono con l’esperienza operativa e sono difficilmente trasferibili agli altri seguendo i tradizionali canali di diffusione della conoscenza.
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L’individuazione degli elementi che compongono la conoscenza mostra come l’informazione non coincida con essa, pur essendone una delle componenti. L’informazione è un insieme di dati strutturati e formalizzati, e diventa conoscenza solo dopo l’essere stata processata dalla mente di un individuo. La conoscenza è infatti capacità di apprendere e capacità cognitiva. Secondo il rapporto UNESCO 2005, Towards knowledge societies(verso le società della conoscenza), la conoscenza è la capacità di utilizzare le informazioni per uno scopo di portata economica, sociale etica e politica. L’incremento della conoscenza segue processi diversi da quelli dell’informazione. Nel caso della prima, lo sviluppo avviene con la pratica, con l’apprendimento; nel caso della seconda la riproduzione avviene con la pura duplicazione. L’innovazione è produzione di nuova conoscenza che ha valore economico, perché è utilizzata nei processi di produzione. Un processo innovativo incorpora quindi forme diverse di conoscenza e di apprendimento che accrescono la produttività dei fattori di produzione, alimentano la crescita economica e pongono condizioni favorevoli per realizzare sviluppo economico. La nuova fase storica è caratterizzata da processi di innovazione che richiedono più alti livelli di formazione, capacità di apprendimento continuo, competenze particolari, e procedure di coordinamento complesse, tanto per la ricerca e sviluppo quanto per la progettazione, la fabbricazione e la commercializzazione dei prodotti. Vi è un massiccio ricorso al “capitale immateriale”, a differenza del I˚ periodo della rivoluzione industriale in cui la crescita economica poggiava piuttosto sull’accumulo di “capitale materiale” come le macchine. Nuovi strumenti e modelli di analisi economica si impongono quindi per spiegare e gestire i mutamenti, che sempre più seguono la nostra realtà. L’economia della conoscenza include anche il sapere, ma non fissa la sua attenzione esclusivamente sulla «conoscenza certificata». Gli economisti sostengono che ogni attività che implichi la produzione o l’utilizzo di un
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bene o di un servizio, può generare apprendimento e quindi produzione di conoscenza. Le economie largamente, o quasi esclusivamente fondate sulla conoscenza, pongono in termini stringenti, il problema della condizione delle persone prive di buona formazione di base. Si creano così le condizioni di nuove e diffuse forme di disuguaglianza ed esclusione sociale. Le comunità locali sono caratterizzate da risorse materiali e immateriali, e ciascuna possiede abilità esclusive per convertire tali risorse in benessere individuale e collettivo. Lo stock di conoscenza accumulato nel corso del tempo, la capacità di apprendere dagli individui di ciascuna comunità, utilizzatoin modo appropriato, creano necessariamente sviluppo economico. La capacità di convertire i beni in benessere, generando una continua possibilità di apprendere, dipende dall’azione degli individui, dalle azioni delle istituzioni pubbliche volte a creare opportunità reali per i singoli individui e dalle caratteristiche del territorio. 2.3
Cultura ed Economia
La cultura sta diventando uno dei temi di maggior interesse per gli economisti, a causa della maturata consapevolezza circa il ruolo assunto dal settore ai fini dello sviluppo e della circostanza, che nonostante gli sforzi negli ultimi anni, si tratta di un campo tuttora statisticamente poco esplorato. Ciò è dovuto soprattutto a seguito di alcune importanti tappe percorse dal pensiero filosofico in generale e da quello socioeconomico in particolare. Come è avvenuto ad esempio nel ’500 in pieno Rinascimento, qui il fenomeno culturale ha dato un forte impulso allo sviluppo della società europea. Inoltre anche pensando alla stessa Rivoluzione Industriale, è facile comprendere come la cultura, alimentata dalle nuove conoscenze scientifiche, abbia impresso alla società un progresso senza precedenti. L’osservazione empirica dei dati, suggerisce l’ipotesi che lo standard culturale di un paese sia anche funzione del grado di sviluppo della popolazione, nel senso che, al crescere del reddito medio per abitante si accresca e si diffonda in misura corrispondente anche l’informazione socio-economica dei cittadini. Questa ipotesi trae spunto dall’osservazione storica di
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Galbraith. Egli sostenne che; «l’economia divenne oggetto di profondi studi, non per caso, in un momento che coincideva con una svolta decisiva del mondo occidentale. Fu quando la ricchezza delle comunità statuali cominciò a registrare un regolare e costante incremento. Questo fatto nuovo, che in alcuni paesi progrediti come l’Inghilterra e l’Olanda si verificò in un momento qualsiasi del 19˚ secolo, deve essere considerato come uno degli eventi fondamentali della storia umana».14 Tuttavia fino a qualche anno passato la cultura non è entrata a pieno titolo nell’ambito della disciplina economica; ciò perché, mentre l’economia è stata vista come un insieme di regole necessarie allo sviluppo della produzione materiale, la cultura si è qualificata come un qualcosa di intangibile, una grandezza produttiva di identità e di valori collettivi e, soprattutto un’entità non facilmente misurabile in termini quantitativi. In ordine a quest’ ultimo aspetto, significativo sembra essere il pensiero di David Thorsby, il quale, facendo cenno ai valori culturali di un popolo, evidenzia come la cultura sia un concetto che: «non può essere calcolato secondo un’unità comune ed è pluridimensionale, mutevole e probabilmente comprende alcune componenti esprimibili soltanto in termini non quantitativi»15 Verso la metà del ‘900 il termine cultura venne accostato a quello dei processi economici. Nel 1944 due illustri esponenti della Scuola di Francoforte (Adorno e Horkheimer) coniarono per la prima volta il termine “industria culturale”, con l’intento di porre in evidenza l’irruzione nella società delle produzioni culturali di massa (i cosiddetti mass-media), che soppiantavano le arti e la cultura tradizionali, rendendo per altro la società sicuramente più piatta e trasformando il consumatore in un numero.
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Cfr. Galbraith J.K., La società opulenta, Boringhieri, Torino, 1972, pag.50. Thorsby D., Economics an Culture, Cambridge University Press, 2001
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A partire dagli anni ’60 la cultura ha ampliato i propri orizzonti, soprattutto attraverso le trasmissioni radiofoniche, la televisione e la pubblicità. E sono proprio gli anni ’60 il periodo al quale risale la nascita della disciplina “economia della cultura”. A cominciare dai primi anni ’70, i sociologi francesi, seguiti da quelli americani, lanciarono il termine “industrie culturali”, con lo scopo di sottolineare come le attività culturali si manifestassero per mezzo di un processo economico fortemente radicato nella società. La realtà si incaricava di dimostrare come lo sviluppo della società tendesse a respingere l’idea di un’industria culturale come un singolare e indipendente ambito dell’economia, per approdare all’idea che si trattasse di un fenomeno dai risvolti positivi, fortemente radicato nel sistema economico. La cultura, inserendosi tra le teorie dello sviluppo, diventò una delle principali variabili esplicative del ritmo di espansione del sistema, ed iniziò ad imprimere ai prodotti un preciso significato simbolico, che si riallaccia alla tradizione e alla peculiarità del territorio. Ciò è chiaramente dimostrato dai prodotti del “Made in Italy”, segno tangibile dell’estro e della fantasia degli operatori del Bel Paese. 2.4
Cultura e Innovazione
Le varie scuole di pensiero economico si stanno concentrando su di un tema il quale, risiede nel ruolo che, l’innovazione tecnologica sia in grado di esercitare per ridare slancio all’economia, dopo che a diversi anni essa si trova bloccata in un periodo di recessione. Innovazione significa, dal lato dell’imput, immissione di conoscenze, scientificità di elevata formazione, mentre dal lato dell’output riversa i propri risultai nello sviluppo della produttività e della qualità dei beni, servizi e prodotti. In generale circa sei imprese su dieci (59,5%) riconoscono nell’innovazione tecnologica un ruolo di particolare rilievo nella crescita delle attività collegate alla valorizzazione del patrimonio culturale; anche se, quando si pensa al contributo che le tecnologie forniscono
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direttamente all’interno dell’azienda, l’aliquota corrispondente a coloro che ritengono che esso sia rilevante, si abbassa al 46,3%. Tale discrepanza, potrebbe derivare dalla naturale propensione di rispondere in modo maggiormente positivo di fronte ad una domanda generica rispetto ad una specificamente rivolta alla propria azienda. L’importanza della tecnologia interessa anche il campo culturale. In particolar modo, tale aspetto è fortemente sentito nel settore dei beni e delle attività culturali, dove oltre il 70% delle imprese, attribuisce allo sviluppo tecnologico un grande valore, così come in quello dell’industria culturale (63,3%). I valori risultano così elevati grazie al fatto che le tecnologie stanno via via assumendo sempre più rilevanza attraverso lo sviluppo di canali comunicativi continuamente più avanzati (internet, TV digitale).
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Capitolo III I Beni come Patrimonio Culturale “La storia non si ripete mai identica, ma il passato è dentro di noi, ed è con le esperienze, le conquiste ed anche le ferite, che il nostro patrimonio concettuale si arricchisce.” Emmanuel Anati
3.1
Il Premio del Patrimonio Culturale dell’Unione Europea
Il patrimonio culturale è una risorsa strategica per lo sviluppo sociale ed economico di un paese. Esso è l’insieme dei beni i quali costituiscono la ricchezza di un luogo e della relativa popolazione. Le attività di ricerca sui beni culturali e paesaggistici, di tipo materiale e immateriale, si sviluppano su tre fasce di intervento, distinte nelle azioni ma strettamente collegate tra loro: la conoscenza, la tutela e la valorizzazione. Senza un livello approfondito di conoscenza, infatti, è impossibile svolere le necessarie attività di tutela e valorizzazione, compiti che in Italia competono rispettivamente al Ministero per i Beni e le Attività culturali e gli enti locali. L’Italia dispone del più grande patrimonio culturale del mondo ammirato ed invidiato da tutti, con le sue città d’arte, il paesaggio, i musei, i siti archeologici, le biblioteche e gli archivi. Il premio dell’Unione Europea per il Patrimonio Culturale/Premio Europa Nostra, evidenzia alcuni dei migliori risultati ottenuti a livello europeo nella conservazione del patrimonio culturale. Quest’ultimo inoltre mette in risalto azioni di sensibilizzazione rilevanti in questo ambito. I premi sono co-finanziati dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Creative Europe, e precedentemente dal programma Cultura Europa Nostra, il quale è anche responsabile della selezione e orga-
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nizzazione della cerimonia di premiazione.16 I premi riconoscono e promuovono le migliori pratiche di conservazione del patrimonio a livello europeo. Il premio comprende il Premio Europa Nostra con le sue medaglie e i diplomi, nato nel 197817, ed il Premio per il Patrimonio Culturale Unione Europea, che grazie a ciò ha guadagnato in influenza e premi in denaro.18/19 I risultati esemplari conseguiti in Europa nella tutela del patrimonio culturale, ricevono premi in quattro categorie principali: • Progetti di conservazione • Ricerca • Servizi dedicati alla conservazione del patrimonio culturale • Istruzione, formazione e sensibilizzazione nel settore del patrimonio culturale europeo L’iniziativa si prefigge di promuovere e ricompensare il successo e l’altruismo nell’ambito del patrimonio culturale. Il premio serve ad aumentare la consapevolezza circa le problematiche inerenti al settore, dare un riconoscimento ai risultati ottenuti e promuovere un maggiore apprezzamento di ciò che ci circonda. 3.2 Valorizzazione del Patrimonio Culturale Statale “Art. 9della Costituzione della Repubblica Italiana: La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.”
16 Voula P. Mega, Sustainable Cities for the Third Millennium: The Odyssey of Urban Excellence, Springer, 2010, p.148 17 Marijnke de Jong, Marcel van Jole, The Power of Example, 20 years of Europa Nostra Awards, Europa Nostra, 1999, p.20,21 18 John H. Stubbs, Emily G. Makaš, ArchitecturalConservation in Europe and the Americans, John Wiley&Sons, 2011, p.5 19 Brian J. Graham, Peter Howard, Heritage and Identity, Ashgate Publishing. Ltd, 2008, pp. 183-184
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La valorizzazione del patrimonio culturale statale consiste nell’esercizio delle funzioni e nella disciplina di tutte quelle attività a cura dell’Amministrazione dei Beni Culturali, volte a promuovere la conoscenza del patrimonio nazionale ed assicurarne le migliori condizioni di utilizzo. In riferimento al paesaggio, la valorizzazione riguarda la riqualificazione degli immobili e delle aree sottoposti a tutela, come pure la realizzazione dei nuovi valori paesaggistici. Questi interventi devono essere effettuati in forme compatibili con la tutela, ed in modo tale da non pregiudicare le fondamentali esigenze. La valorizzazione dei beni culturali si consegue mediante la costruzione e l’organizzazione di strutture o reti di comunicazione, nonché nella messa a disposizione di competenze tecniche, unite all’impiego di risorse finanziarie o strumentali. La partecipazione e la centralità dei cittadini, nell’ambito dell’azione generale dello Stato, sono obbiettivi di grande rilievo nel più ampio concetto di valorizzazione. Grande attenzione è rivolta anche nei confronti del patrimonio di natura immateriale, legato alle tradizioni, al sapere e alle creatività nazionali, che nel corso dei secoli hanno caratterizzato la cultura italiana nelle sue infinite declinazioni, costituendone un significativo valore aggiunto. I processi di valorizzazione si compongono di aspetti riguardanti la rilevanza economica del patrimonio culturale, per gli impatti che determina in relazione alle sue attività ed ai suoi servizi, così come per la realizzazione e l’uso dei suoi prodotti. Nel corso degli anni si è riconosciuto che il processo di conservazione e valorizzazione dei beni, se sostenuto da strategie di “sistema”, e rivolto quindi non solo ai beni culturali ma a tutte le altre risorse che caratterizzano e rappresentano i segni distintivi che la storia ha sedimentato in un territorio, può svolgere un’importante funzione sia ai fini della preservazione che a sostegno dello sviluppo economico delle comunità locali. Il coinvolgimento delle comunità locali, innalza la sensibilizzazione verso il patrimonio, intesa come capacità dei cittadini di riconoscere la loro identità in esso, di riconoscerlo come proprio e, di conseguenza di cooperare per la sua conservazione.
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Nell’ottica della valorizzazione integrata è necessario attivare politiche di gestione tali da estendere la fruizione ai luoghi della cultura attualmente meno noti e visitati. Le modalità dell’integrazione consentono non solo una migliore conoscenza dei nostri territori, ma sono anche maggiormente sostenibili dal punto di vista turistico. Delocalizzando e distribuendo i flussi di visitatori su aree più ampie, da un lato si riduce la pressione sui siti normalmente più visitati, dall’altro si valorizzano le realtà cosiddette “minori”, conferendo alle stesse una maggiore sostenibilità economica. 3.2.a Progetti ed interventi Il Servizio Ⅰ della Direzione Generale per la valorizzazione del Patrimonio Culturale, tra le attività ad esso afferenti, ha il compito di garantire al Direttore Generale il sostegno nello svolgimento delle funzioni di indirizzo e controllo in materia di valorizzazione, provvedendo all’incremento delle qualità dei servizi resi all’Amministrazione, con particolare riguardo per il pubblico, in tutti gli istituti ed i luoghi della cultura dipendenti dal Ministero. Nell’ambito della programmazione 2010/2011 una speciale rilevanza è stata data a progetti e interventi relativi all’accessibilità, sia fisica che culturale, dei luoghi e della cultura statali italiani. Dal Febbraio 2010, è stato avviato, a cura della Direzione Generale, il progetto “D.D Arte- L’informazione. Un sistema informativo per la qualità della fruizione dei beni culturali da parte di persone con esigenze specifiche”, volto a fornire informazioni sulle reali condizioni di accessibilità dei siti della cultura statali aperti al pubblico, consentendo agli utenti un’adeguata profilazione delle proprie esigenze e aspettative. La Direzione Generale ha inteso altresì partecipare al finanziamento di alcune iniziative che si pongono come progetti pilota sempre in materia di accessibilità ampliata. In particolare, il progetto “un ascensore per Michelangelo”curato dalla Soprintendenza per i Beni Architettonici, paesaggistici, storici, artistici ed etnoantropologici, affronta attraverso il monitoraggio delle strutture, il tema dell’abbattimento delle barriere architettoniche nel complesso monumentale delle Cappelle Medicee di Firenze.
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Attraverso l’utilizzo di un ascensore vetrato, sarà possibile e agevole l’acceso al monumento laurenziano. Un altro studio di fattibilità si inserisce nell’ambito degli interventi volti a valorizzare i beni che ci circondano. Si parla del “percorso di accessibilità ampliata nell’area archeologica di Tarquinia”, condotto dalla Soprintendenza per i Beni Archeologici dell’Etruria Meridionale, volto a consentire di visitare senza barriere architettoniche, alcune tombe a Dromos, della celebre necropoli etrusca. Di notevole interesse è inoltre un progetto multimediale dal titolo “Hendrick Andersen e Olivia Cushing. Tra utopia e realtà”. Il progetto si propone di valorizzare la vita e le opere di Hendrick Christian Andersen, scultore, pittore e urbanista americano di origine norvegese. Il progetto prevede, oltre la presentazione di circa tremila immagini digitalizzate dell’epoca, frutto di una accurata ricerca d’archivio, anche la realizzazione di un libro parlante virtuale, che ripercorre le fasi salienti della movimentata esistenza del celebre artista. Inoltre è prevista anche una visita virtuale della casa museo, alla scoperta delle sue opere più importanti. Grande rilievo ha anche l’evento dedicato al pubblico con esigenze specifiche, dal nome “cultura senza ostacoli”, presentato per la Giornata Internazionale dei Diritti delle persone con disabilità, tenutasi nel 2002 presso il Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo alle Terre.
3.2.b Ricerca e sperimentazione Anche la valorizzazione, come tutte le azioni che riguardano un patrimonio culturale prezioso come quello italiano, deve essere fondata su una base di conoscenza che supporti i tecnici dell’amministrazione, nell’orientare le scelte strategiche e ponderare accuratamente le decisioni operative. Lo spirito guida che accompagna i ricercatori non è di condurre ricerche fini a sé stesse, ma di sperimentare e testare, anche attraverso “progetti pilota”,
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come tradurre i risultati delle analisi in miglioramenti tangibili. L’attività di ricerca, che si svolge attraverso analisi, studi comparativi, benchmarking qualitativo e quantitativo, si apre al confronto con le esperienze già realizzate, in Italia e all’estero, per imparare dalle buone pratiche e trarre ispirazione dalle politiche di valorizzazione più innovative. Per conseguire gli obiettivi e per conferire maggiore efficacia ai progetti ed alle azioni da mettere in atto, la Direzione Generale per la Valorizzazione del Patrimonio Culturale ha approntato un’attività di ricognizione preliminare per definire lo stato dell’arte, raccogliendo e rielaborando le informazioni, gli studi, le ricerche prodotte dal Ministero negli ultimi anni; durate i quali si sono evidenziate le principali carenze e criticità delle strutture, dei servizi e delle iniziative destinate ai visitatori effettivi e potenziali dei luoghi della cultura. Così facendo è possibile in prima battuta individuare le principali necessità ed esigenze di miglioramento nel settore museale. 3.2.c Relazioni internazionali Promuovere e valorizzare il patrimonio culturale in ambito internazionale è un obiettivo strategico della Direzione Generale Educazione Ricerca che, attraverso un’attenta politica di promozione, persegue alcune importanti finalità che vedono coinvolti, grazie ad accordi e iniziative multilaterali, Organismi internazionali, Unione Europea, Istituzioni Straniere. In ambito europeo ed internazionale la Direzione, promuove iniziative formative e di ricerca in materia di beni e attività culturali, anche attraverso la collaborazione con enti pubblici e privati, econ istituzioni di ricerca. Favorisce e promuove la partecipazione, anche in partenariato con le altre istituzioni pubbliche e private, e bandi per l’accesso a fondi europei e internazionali. Cura la promozione della conoscenza del patrimonio culturale, anche mediante apposite compagnie integrate di informazione, con riferimento a realtà territoriali definite, o, a percorsi culturali determinati, le cui definizioni e contenuti sono elaborati d’intesa con le direzioni generali competenti. Collabora con Istituti Italiani di Cultura situati all’estero, al fine di
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promuovere la conoscenza del patrimonio culturale nazionale. La Direzione coordina il progetto International Training Projects, un’offerta formativa di alto livello a cura degli istituti del MiBACT che si occupano di ricerca, alta formazione e catalogazione rivolta ai paesi che ne facciano richiesta; inoltre coordina il progetto pilota cofinanziato dal Ministero per gli Affari Esteri e la Cooperazione Internazionale, indirizzato ai paesi della Comunità Caraibica (Caricom).
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Conclusioni Come si denota da questa tesi, ad oggi, il Bene Culturale ed il Patrimonio Culturale sono di notevole importanza. È bene conoscerne i vari aspetti e sfaccettature, ed è soprattutto bene andare fieri di ciò che si possiede. La storia prima di noi ci ha insegnato e ci insegna ancora oggi ciò che eravamo, ciò che siamo e ciò che saremo destinati ad essere, ma noi abbiamo il compito più importante, ovvero quello di preservare tutto questo, di valorizzarlo e di mantenerlo in vita. Questo mio lavoro ha voluto dare rilievo sia al lato artistico che economico della materia, ed ha voluto analizzarla soffermandosi talvolta su delle particolarità. Come abbiamo potuto notare è bene essere muniti di una buona preparazione e conoscenza per poter affrontare determinate tematiche, si è parlato di come la tecnologia abbia in parte preso in sopravvento, ma anche che la tradizione è dura a morire e rimane ancora per molto tempo uno dei capisaldi della nostra vita. Il mio amore per questa materia mi ha portato ad affrontare il discorso con ampia apprensione e dedizione. Sentendomi da sempre affascinata dal mondo dell’arte, poterne scrivere è stato un immenso piacere per me, e altrettanto lo è stato il supporto emotivo delle persone che tengono a me e che mi hanno moralmente accompagnato lungo questo percorso.
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Bibliografia/Sitografia La Convenzione per la protezione dei Beni Culturali in caso di conflitto armato;14 maggio 1954 Convenzione di Parigi, art. 1 Dlgs. N. 490, del 29 ottobre 1999 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio: decreto legislativo n. 42, 22 gennaio 2004/ Ministero per i beni e attività culturali. Articolo 16 della Convenzione dell’Aja del 14 maggio 1954 David Throsby,Economics and Culture (2001) 1º giugno 1939 il ministro dell’educazione nazionale Giuseppe Bottai emana la legge n. 1089/1939 “per la tutela delle cose di interesse artistico e storico”, la prima legge organica volta a disciplinare la tutela dei beni culturali, e il 29 giugno quella “per la tutela della bellezze paesistiche” (l. n. 1497/1939) Carlo Federici, Restauro tradizionale e restauro virtuale come “divergenze parallele”, Gazettedulivremédiéval n.34/1999 pp.49-52 Marcel Mauss, “Saggio sul dono”-forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche, Francia, 1923-24 Caillè A., “Il terzo paradigma. Antropologia filosofica del dono”, Bollati Boringhieri, Torino 1998 Cfr. Galbraith J.K., La società opulenta, Boringhieri, Torino, 1972, pag.50. Thorsby D., Economics an Culture, Cambridge University Press, 2001 Voula P. Mega, Sustainable Cities for the Third Millennium: The Odyssey of Urban Excellence, Springer, 2010, p.148 Marijnke de Jong, Marcel van Jole, The Power of Example, 20 years of Europa Nostra Awards, Europa Nostra, 1999, p.20,21 John H. Stubbs, Emily G. Makaš, ArchitecturalConservation in Europe
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and the Americans, John Wiley&Sons, 2011, p.5 Brian J. Graham, Peter Howard, Heritage and Identity, Ashgate Publishing. Ltd, 2008, pp. 183-184
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STEFANO MASULLO Classe 1964, laurea in Scienze Economiche e Master in Comunicazione, Marketing e Finanza, Cavaliere dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme e dell’Ordine Costiniano di San Giorgio, Custode delle Insegne e Componente del Collegio Magistrale dell’Ordine dei Santi Contardo e Giuliano l’Ospitaliere, attivo nel settore finanziario dal 1984, già Rappresentante alle Grida alla Borsa Valori di Milano, autorizzato CONSOB, e Broker registrato al NASD a New York, è specializzato nella consulenza e gestione di patrimoni mobiliari ed immobiliari, nella finanza di impresa, nella pianificazione fiscale, nella comunicazione finanziaria e nella formazione. Ha iniziato a lavorare nella società Consulenti Finanziari SpA, creata da Pompeo Locatelli, in seguito, ha collaborato, per oltre un lustro, nello Studio di Agenti di Cambio Leonzio Combi, costituito a Milano nel 1907, uno dei più importanti in Italia. Dal 1995 fino alla vendita, avvenuta nel 2006, fondatore, presidente e azionista di riferimento, del gruppo di consulenza ed intermediario finanziario ex articolo 106 T.U.B., autorizzato Ufficio Italiano Cambi, Opus Consulting S.p.A., capitale sociale 625.000 euro. Socio fondatore, nel 1996, e tuttora segretario generale ASSOCONSULENZA Associazione Italiana Consulenti di Investimento la prima ed unica associazione di categoria riconosciuta a livello istituzionale in Italia; è inoltre socio fondatore, nel 2008, e segretario generale ASSOCREDITO Associazione Italiana Consulenti di Credito Bancario e Finanziario di cui è presidente Luigi Pagliuca, già presidente del Collegio di Milano e Lodi dei Ragionieri Commercialisti. Rettore Università ISFOA, autore di oltre 300 pubblicazioni e di 23 best sellers aziendali, di cui uno, nel 1999, adottato dall’Università Bocconi di Milano; opinionista presso i più importanti media di settore, quali CNBC Class Financial Network e Bloomberg Television, è stato chiamato come relatore, in Italia ed all’estero, da prestigiose istituzioni quali Marcus Evans, Istituto di Studi Bancari, ISTUD, IUAV Università di Venezia, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano; nel 2002 ha realizzato il primo libro dedicato al Consulente di Investimento. Autore nell’ottobre del 2001, del primo testo dedicato al Bahrein, è direttore editoriale delle prima rivista svizzera di finanza islamica, Shirkah Finance, risultando uno dei principali esperti italiani del settore. Socio fondatore e direttore responsabile della testata internet di finanza www.trend-online.com, con oltre 80.000 I Like su Facebook e 2,5 milioni di visitatori annui, risulta essere la più importante ed influente testata giornalistica on line di finanza operativa, ranking Alexa in Italia pari a 1.669 ed a livello mondiale pari a 16.069, fondata nel 2000. Socio fondatore e direttore responsabile di Golf People Club Magazine, rivista leader assoluta ed incontrastata nel proprio segmento di riferimento, Golf-Business & Lifestyle, con oltre 250.000 copie diffuse tra la versione cartacea e quella digitale, destinata agli appartenenti alla specifica classe sociale degli high net worth individuals, cioè individui che possiedono un patrimonio netto globale personale, immobile di residenza escluso, superiore al milione di dollari; in passato vice direttore del magazine dedicato al lusso World & Pleasure Magazine e direttore editoriale Family Office: Patrimoni di Famiglia, la prima rivista italiana multimediale, internet e cartacea, specializzata nella tutela e conservazione dei patrimoni di famiglia. Ha svolto incarichi direttivi o consulenziali in gruppi bancari, assicurativi, finanziari, industriali quali: Norwich Union, CIM Banque, Broggi Izar, Henderson Investor, Fleming, Corner Bank, Lemanik, Nationale Nederland, Banca Popolare Commercio Industria, 81 SIM Family Office SpA, Prudential Vita, Banca Popolare di Milano, Cassa di Risparmio di Cento, Cassa di Risparmio di Perugia, Société Bancarie Privée, Liberty Financial, FMG Fund Marketing Group, Credito Italiano, IW Bank, ING Group, Colomba Invest SIM, MPS Banca Personale.
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LIBERA E PRIVATA UNIVERSITÀ DI DIRITTO INTERNAZIONALE INTERNATIONAL OPEN UNIVERSITY UNIVERSITÀ TELEMATICA A DISTANZA ENTE DI RICERCA SENZA SCOPO DI LUCRO E DI INTERESSE GENERALE
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ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale Libera e Privata Università Telematica a Distanza di Diritto Internazionale Ente di Ricerca Senza Scopo di Lucro e di Interesse Generale
APPENDICE AL VOLUME E PRESENTAZIONE ISTITUZIONALE
ISFOA Edizioni Accademiche Scientifiche Internazionali Digitali 33
Persona Giuridica Legalmente Autorizzata e Riconosciuta tramite Certificato di Incorporazione, Decreto, Registrazione Ufficiale, Provvedimento e Delibera nelle seguenti nazioni: Stati Uniti, Repubblica di San Marino, Belize, Albania, Confederazione Elvetica. Persona Giuridica Legalmente Costituita ed Autorizzata ai sensi degli articoli 60 e seguenti del Codice Civile Svizzero ed in conformità agli articoli 20 e 27 della Costituzione Federale Svizzera e delle Leggi Cantonali. Ente Morale Autorizzato ai sensi della Legge 13 Giugno 1990 n. 68 della Repubblica di San Marino Fondazione Internazionale Autorizzata ai sensi della Legge 7 Maggio 2011 n. 8788 della Repubblica di Albania. Istituzione Autorizzata ai sensi della Section 108 of the General Corporation Law of Delaware Istituzione Autorizzata ai sensi dell’International Business Companies Registry Act Republic of Belize member British Commonwealth 31 December 2000. ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale è una Università libera, apolitica, aconfessionale di Diritto Internazionale, Riconosciuta ai Sensi dell’Art.60 del Codice Civile Svizzero in conformità degli Articoli 20 e 27 della Costituzione Federale Svizzera, è riconosciuta dall’ordinamento Giuridico Nazionale come Appartenente al settore Universitario Svizzero regolato dalla Legge Federale sulla promozione e sul coordinamento del settore Universitario Svizzero (LPSU entrata in vigore il 1 Gennaio 2015) ed è legittimata ad organizzare ed erogare attività di insegnamento di livello universitario, ricerca accademica ed alta formazione specialistica in ossequio alle prescrizioni ed alla legislazione vigente rilasciando a titolo libero e privato e su basi assolutamente legali, le relative attestazioni. Svolge attività di insegnamento a livello terziario ed attribuisce titoli di studio in virtù del diritto di libertà di insegnamento e della ricerca scientifica e della libera attività economica in conformità agli articoli (art.20) - (art.27) garantiti dalla Costituzione Federale Svizzera, essi sono conformi alle Direttive della Conferenza universitaria svizzera nell’ambito del processo di Bologna (Direttive di Bologna) del 4 dicembre 2003. I titoli conferiti sono validi ai fini del riconoscimento, secondo la Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002. ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale, riconosciuta dall’ordinamento giuridico nazionale come appartenente al settore universitario svizzero regolato dalla Legge Federale sulla Promozione e sul Coordinamento del Settore Universitario Svizzero (LPSU), utilizza le tre lingue ufficiali Elvetiche, italiano, francese, tedesco, unitamente all’inglese ed opera a tutti gli effetti quale Università, offrendo corsi che portano al conseguimento di Bachelor Degree (Lauree Triennali), Master Degree (Lauree Specialistiche), Executive Master e Master of Advanced Studies, oltre che Dottorati di Ricerca - PhD, corrispondenti ai livelli 6, 7, e, 8 del sistema europeo E.Q.F.European Qualification Framework. Il Consiglio di Stato del Cantone Ticino con Delibera numero 706 del 14 febbraio 2006, ha autorizzato ISFOA ad utilizzare la denominazione “ ISFOA Libera e Privata Internazionale ” ai sensi dell’art. 14 cpv. 2 della legge sull’Università della Svizzera Italiana, sulla Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana e sugli Istituti di ricerca del 03 ottobre 1995 (LUSI).
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ISFOA Istituto Superiore di Finanza e di Organizzazione Aziendale ISFOA Libera e Privata Università Internazionale a partire dall’anno accademico 2010 ha inaugurato una rinnovata struttura organizzativa e dirigenziale attiva nelle città di Ginevra e di Zurigo presso una importante rappresentanza consolare diplomatica, messa a disposizione da un autorevole componente interno del proprio Senato Accademico, trasferendosi così dalla città di Lugano e dal Cantone Ticino. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale, fondata nel 1999, con i suoi oltre 3.500 allievi formati nei vari percorsi, diplomi di perfezionamento, lauree breve, lauree magistrali, master di specializzazione, dottorati di ricerca, ha assunto tale importante decisione strategica in funzione del fatto che Ginevra, oltre 180.000 abitanti, capitale dell’omonimo Cantone, contro i 35.000 di Lugano, è la seconda città della Svizzera dopo Zurigo ed è considerata una piazza internazionale e cosmopolita a livello finanziario, industriale ed istituzionale, sede delle maggiori banche private nazionali ed estere e delle maggiori organizzazioni internazionali quali Croce Rossa, Nazioni Unite, Organizzazione Mondiale della Sanità, Organizzazione Internazionale del Lavoro, Alto Commissariato Nazioni Unite per i Rifugiati, Organizzazione Mondiale del Commercio, Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare, World Economic Forum, di conseguenza rappresenta la naturale ubicazione per un ente accademico di prestigio e caratterizzato da una innata propensione allo sviluppo ed al relativo consolidamento di relazioni sociali, istituzionali e professionali. I diplomi conferiti, per la propria peculiare natura privata, risultano essere diversamente equipollenti a quelli di analoghe istituzioni statali e non garantiscono automaticamente alcuna equivalenza con altri, sono però legittimamente considerati titoli accademici e possono, singolarmente, e nei casi e nelle modalità di specie, autonomamente previste dai vari ordinamenti universitari nazionali, essere valutati come ammissibili al riconoscimento in tutti i paesi d’Europa ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale, in virtù del suo stato normativo e per l’interpretazione del Trattato di Lisbona, non può garantire l’accettazione del titolo rilasciato, per bandi e concorsi pubblici, albi e il riconoscimento di titolo da parte di istituzioni, enti pubblici o privati, enti universitari o altro. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale è considerata una delle più prestigiose, selettive, ambite e rinomate università a distanza.
ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale vanta i seguenti record: ñ ñ ñ ñ
il 100% dei propri iscritti conclude nei tempi previsti il percorso accademico programmato ; il 100% dei propri laureati risulta essere un imprenditore, un professionista o un dirigente di conclamato successo; il 100% dei propri laureati appartiene alla classe sociale degli high net worth individuals; lo 0% è il tasso di abbandono dei propri iscritti.
ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, gode a livello internazionale, di un acclarato prestigio e di una riconosciuta reputazione in funzione del proprio corpo docente
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composto da banchieri, industriali, editori, giornalisti, diplomatici, accademici, prelati, militari, giuristi, economisti di chiara fama, provenienti dalle maggiori e più note istituzioni italiane ed estere, sia per le proprie importanti attività di lobbyng e di sviluppo di affari che per l’impegno profuso a livello sociale, avendo concesso numerose borse di studio a parziale e/o totale copertura delle rette previste a favore di discenti non particolarmente abbienti ma meritevoli e organizzando e/o finanziando innumerevoli opere filantropiche e caritatevoli. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, attraverso l’opera indefessa e volontaria del pro rettore Vincenzo Mallamaci, ha perfezionato, proprio grazie alle generose donazioni ricevute durante le varie cerimonie di consegna dei titoli accademici, in stretta collaborazione con l’Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS, l’acquisto di numerosi ettari di terra in Costa d’ Avorio, destinati alla coltivazione di piantagioni di Cacao, da donare ad un folto gruppo di famiglie povere che potranno con il loro lavoro ed il relativo insegnamento di Tecniche Agricole, Aziendali, Finanziarie e Commerciali, sopravvivere e prosperare per almeno 30 anni. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale agirà nella realizzazione di tale importante opera umanitaria, sempre sotto la diretta supervisione di Monsignor Giulio Cerchietti, Officiale della Congregazione per i Vescovi della Santa Sede, responsabile Ufficio Internazionale Ordinariati Militari e Presidente Associazione Amici del Benin e di Padre Constant Atta Kouadio, cittadino della Costa d’Avorio, Assistente Spirituale e Presidente Vicario per l’Africa dell’Associazione E Ti Porto in Africa ONLUS. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, da sempre, progetta e sviluppa operazioni di livello internazionale a beneficio del progresso sociale, culturale ed economico, procedendo sempre nello spirito cristiano, in maniera concreta e reale, in silenzio ed umiltà, in evidente contrapposizione alle chiacchiere generali, poiché questo è uno degli insegnamenti fondamentali ereditati dal Maestro Gesù Cristo per risolvere, ad esempio, il problema dei profughi alla radice. Se dai del pesce ad un uomo, Egli si ciberà una volta. Ma se tu gli insegni a pescare, Egli si nutrirà per tutta la vita. Se fai progetti per un anno, Semina del grano. Se i tuoi progetti si estendono a dieci anni, Pianta un albero. Se essi abbracciano cento anni, Istruisci il popolo. Seminando grano una volta, Ti assicuri un raccolto. Se pianti un albero, Tu farai dieci raccolti. Istruendo il popolo, Tu raccoglierai cento volte.
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Sua Santità Papa Francesco, per tale importante impegno sociale, professionale ed accademico, ha voluto impartire, facendo consegnare direttamente nelle mani di Stefano Masullo, magnifico rettore ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, la propria Benedizione Apostolica, invocando speciale effusione di grazie celesti e la materna protezione della Beata vergine Maria per una costante crescita nella fede e nell’amore.
Oggi l’esperienza professionale può essere riconosciuta dalle Università italiane o straniere come credito formativo: significa che è possibile abbreviare il percorso che porta al conseguimento della laurea.
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La partecipazione a stage e seminari, l’iscrizione a ordini professionali, la conoscenza delle lingue e dell’informatica, la frequenza a corsi di formazione e attività culturali, lo svolgimento di volontariato ed impegno sociale nel corso della propria vita lavorativa si traducono in crediti formativi e accelerano il raggiungimento della laurea. E’ possibile ottenere il Diploma di Laurea e il relativo titolo di Dottore, senza dover abbandonare la propria attività, senza alcun obbligo di frequenza e in alcuni casi senza dover sostenere nessun esame secondo un percorso accademico personalizzato strutturato attraverso un processo denominato CEVA Certificazione e Verifica Esperienza Acquisita. Un qualificato professionista, iscritto e certificato quale docente Assoconsulenza Associazione Italiana Consulenti di Investimento, la prima ed unica associazione di categoria dei consulenti di investimento riconosciuta ed accreditata in Italia, sarà in grado di offrire una consulenza assolutamente libera e gratuita in merito alla valutazione del proprio curriculum vitae. info@assoconsulenza.eu In Svizzera le università private non hanno alcun obbligo di sottoporsi ad una procedura di accreditamento, che è al contrario una semplice facoltà di ogni istituto universitario, teso ad aumentarne il prestigio ed ad ottenere i sussidi finanziari erogati dalla Conferenza universitaria svizzera; né ad offrire cicli di studio che soddisfino le condizioni per l’accreditamento, né tanto meno obbligata a menzionare la circostanza che non sia accreditata. In Svizzera non esiste il valore legale dei titoli (salvo per quelle formazioni che si concludono con un esame di stato es. medicina), le università private possono decidere volontariamente di sottoporre i loro corsi di studio al cosiddetto “accreditamento”, certificazione di qualità. Ne consegue che i titoli conferiti, in quanto rilasciati da una università riconducibile al sistema di insegnamento superiore, sono validi ai fini dell’ammissione al riconoscimento in tutti i paesi d’Europa, Italia compresa, ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie, ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002. ISFOA Libera e Privata Università Internazionale rilascia titoli accademici, perciò, validi ai fini dell’ammissione al riconoscimento in Italia anche per finalità diverse da quelle precedenti ai sensi del DECRETO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA 30 luglio 2009, n. 189 - Regolamento concernente il riconoscimento dei titoli di studio accademici, a norma dell’articolo 5 della legge 11 luglio 2002, n. 148. (09G0197) (GU n. 300 del 28-12-2009) note. Entrata in vigore del provvedimento: 12/01/2010. Il Cantone Ticino, come confermato da comunicazioni e delibere ufficiali del Consiglio di Stato e del Dipartimento dell’Educazione, della Cultura e dello Sport e dalla Legge del 3 Ottobre 1995 sull’Università della Svizzera Italiana, sulla Scuola Universitaria Professionale della Svizzera Italiana e sugli Istituti di Ricerca, regola all’articolo 14, unicamente l’uso del nome Università con il duplice scopo di evitare confusione con le istituzioni accreditate ed enti autonomi di diritto pubblico quali appunto USI Università Svizzera Italiana e SUPSI Scuola Universitaria Professionale Svizzera Italiana, e che le informazioni date agli studenti siano conformi all’effettivo valore dei titoli conseguiti, conferma inoltre che l’attività di formazione universitaria non richiede una autorizzazione specifica poiché si basa sulla libertà di scienza e sulla libertà economica dei sopra richiamati articoli 20 e 27
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Costituzione Federale Svizzera. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale ha insignito nel corso degli anni del titolo accademico honoris causa innumerevoli personalità di spicco universalmente rinomate ed in particolare ben quattro Ministri in forza 2001 - 2006 al Governo presieduto dall’Onorevole Silvio Berlusconi svolgendo le relative cerimonie ufficiali di consegna presso esclusive sedi istituzionali quali Camera dei Deputati, Senato della Repubblica, Ambasciate. I titoli accademici rilasciati da ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale sono perciò validi titoli universitari in Svizzera e in tutti i paesi d’Europa. Quadro Normativo Generale ed Utilizzo Legale e Legittimo del Titolo Universitario Privato Svizzero in Italia I titoli rilasciati da ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale non conferiscono in alcun modo il privilegio di accedere all’esame di Stato per l’abilitazione professionale e, per di più, chi è in possesso legittimo di quest’ultimo titolo dottrinale, deve sempre darne atto, indicando obbligatoriamente l’origine e la natura, possono però essere legalmente fruibili in Svizzera, nella lingua originale nella quale sono stati conferiti, in base all’articolo 27 della Costituzione Federale Elvetica, il tutto, rispettando i dettami dell’articolo 14 della Legge Cantonale sull’Università della Svizzera Italiana del 3 ottobre 1995; ed in Europa ai sensi dell’articolo 3 della Convenzione di Parigi del Consiglio d’Europa del 14 dicembre 1959. Il titolo di studio conseguito all’estero non ha generalmente riconoscimento professionale in Italia, salvo il disposto della Legge 1940 del 31/12/1962 che stabilisce il principio secondo il quale “chiunque ha diritto di portare un titolo accademico conferito da università estere, purché ne precisi l’origine.” Si richiama a questo proposito l’attenzione su di un importante adempimento, obbligatorio per i possessori di titoli appartenenti alla fattispecie in oggetto, sia ordinari che onorari, sul biglietto da visita, sulla carta da lettera, sul cartoncino e su tutti gli altri documenti, dovrà sempre citarne la fonte, appaiata al proprio nome e cognome. Per completezza si riporta un esempio di pura fantasia: Pinco Pallino Dottore in Economia e Finanza honoris causa ISFOA USA Il proponente potrà di conseguenza avvalersi del titolo, dr. o dr. ing., a lui conferito legalmente, nei biglietti da visita e nella carta intestata commerciale, professionale o personale, e nei rapporti con i terzi, ma, come già descritto in precedenza, trattasi di titolo, generalmente, non valido ad esercitare una professione riservata, né ad iscriversi ad Albi Professionali ed Ordini regolamentati a livello pubblico, né a partecipare a concorsi; in base al disposto normativo della Legge 262 del 13/3/1958, infatti, ci si può solo fregiare del titolo emesso da un “soggetto non residente”, quale è ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale, e non farne uso. ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale non ha l’obbligo di venire registrata in Italia in quanto il suo stato giuridico è già di per sé completo e compiuto, comprovato all’origine; accadrebbe
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l’inverso qualora i diplomi rilasciati possedessero titolo valido per l’avviamento agli Esami di Stato al fine dell’abilitazione professionale. I titoli conferiti impegnano solo l’istituzione stessa che li rilascia a livello libero e privato su basi assolutamente legali, non essendo in alcun modo responsabile in merito all’uso del titolo ed all’ottenimento del diritto all’esercizio della libera professione in quanto regolati dalle norme dei singoli Paesi. Ai fini del valore legale del titolo rilasciato esso non può essere paragonabile con quelli rilasciati da Università Statali della Repubblica Italiana, né con quelle considerate equipollenti, né con quelli di Università Statali dell’Unione Europea e/o della Confederazione Elvetica, per quanto, nel Regno Unito – Gran Bretagna il British Parliament 1988 Education Act reciti che “The awards made by overseas educational establishments should be recognized, and the assessment and recognition of such qualifications would be a matter for the individual employer and professional bodies”. L’Accordo tra la Confederazione Svizzera, da un parte, e la Comunità Europea ed i suoi Stati membri, dall’altra, sulla libera circolazione delle persone, concluso il 21 giugno 1999, approvato dall’Assemblea Federale l’8 ottobre 1999, ratificato con strumenti depositati il 16 ottobre 2000, entrato in vigore il 1° giugno 2002 - 1° giugno 2004, all’articolo 5, prevede, per le istituzioni accademiche quale è ISFOA, il diritto di fornire sul territorio dell’altra parte contraente, programmi di insegnamento e di formazione di durata non superiore a 90 giorni per anno civile. Riconoscimento titoli esteri in Italia legge 148/2002 circolare MIUR equipollenza cancellata Tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno conseguito un titolo accademico all’estero possono esercitare tutti i diritti connessi al possesso del titolo senza dover richiedere l’equipollenza e rivolgersi ad una università italiana per il conferimento del corrispondente titolo italiano. La prassi dell’equipollenza, già prevista negli articoli 170 e 332 del RD 1592/1933 ora abrogati, è stata cancellata, con l’introduzione della procedura del riconoscimento finalizzato prevista dalla legge 148/2002, propria di una concezione più moderna e coerente con gli obiettivi attuali dell’insegnamento superiore a livello internazionale. Il MIUR Ministero Istruzione Università e Ricerca, in una circolare (Protocollo: n. 3600/Segr/Afam del 10 febbraio 2004), conferma l’applicazione della legge 148/2002 per il riconoscimento in Italia dei titoli esteri, e invita tutti i destinatari ad osservare ed attuare le norme sul riconoscimento dei titoli di studio effettuati all’estero. Confermata la spendibilità dei Titoli Accademici Svizzeri in Europa · Spagna. Il Ministero competente spagnolo ha riconosciuto la laurea triennale in Scienze Aziendali conferita da una università privata elvetica con indirizzo Consulenza del Lavoro come qualifica professionale abilitante ai sensi della direttiva 2005/36/CE, all’esercizio della professione di consulente del lavoro, dopo il superamento della prova attitudinale in diritto positivo spagnolo del lavoro e della
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sicurezza sociale. · Germania. La Procura del Baden Wuttemberg ha riconosciuto la spendibilità in Germania del Master in Business Administration rilasciato da una università privata elvetica con ordinanza N.123js 2193809 del 3 giugno 2011. Il Tribunale Civile di Stoccarda Atto nr. 25 O 92/11 del 22.03.2012 ha dichiarato legittimo in Germania l’uso del titolo con l’indicazione delle sue origini. · Italia. Le università di Catania, Padova, Chieti, Unisu, Guglielmo Marconi, E Campus, hanno riconosciuto la spendibilità accademica con il riconoscimento totale e/o parziale degli esami sostenuti presso una università privata elvetica. Il Ministero della Difesa Italiano ha autorizzato l’annotazione matricolare del diploma di laurea in Scienze della Comunicazione conferito da una università privata elvetica. Ammissione e conseguimento di numerosi laureati presso una università privata elvetica dell’attestato di MEDIATORE CIVILE E COMMERCIALE (Decreto Legislativo n. 28 del 20 Marzo 2010 e Decreto Interministeriale n. 180 del 18 Ottobre 2010).
La laurea triennale in Scienze Aziendali riconosciuta in Europa come qualifica professionale ai sensi della direttiva 2005/36/CE Il Ministero competente spagnolo ha riconosciuto la laurea triennale in scienze aziendali con indirizzo consulenza del lavoro come qualifica professionale abilitante ai sensi della direttiva 2005/36/CE, all’esercizio della professione di consulente del lavoro, dopo il superamento della prova attitudinale in diritto positivo spagnolo del lavoro e della sicurezza sociale. Valore dei titoli di studio universitari conferiti da università private in Svizzera In Svizzera la formazione universitaria è prevalentemente pubblica e di competenza dei Cantoni, salvo i politecnici federali e altre scuole universitarie federali (SUP) scuole universitarie professionali direttamente regolate e controllate dal Governo federale, esiste però anche una rilevante presenza di università private. In Svizzera non è richiesta preventiva autorizzazione e /o riconoscimento statale per offrire formazione nel settore universitario, organizzare esami o rilasciare titoli di studio. Non esiste il valore legale dei titoli. Autorità federali o cantonali, secondo le rispettive competenze, vigilano nei casi previsti dalla legge sull’attività delle università private. In Svizzera, all’infuori dei casi specialmente regolamentati dalla legge, giudice della qualità e del valore di una formazione è l’utente o il mercato del lavoro prima che lo Stato. Conformemente alle tendenze internazionali, sono state introdotte in Svizzera procedure di accreditamento facoltative (certificazione di qualità e/o marchi di qualità) non discriminanti tra offerta pubblica e privata. L’accreditamento è facoltativo e attesta solamente un controllo esterno della qualità e non implica alcun riconoscimento della validità di questa o di quella formazione da parte dello Stato.
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Il settore universitario in Svizzera è complesso e conseguente all’assetto federale del paese (terziario A secondo la classificazione internazionale): · la Confederazione regola e controlla i Politecnici federali e le Scuole universitarie professionali (SUP) pubbliche o private. · I Cantoni, secondo la Costituzione Federale Svizzera, hanno la sovranità sulle università cantonali pubbliche e su quelle private operanti sul proprio territorio. In ciascun Cantone quindi vi sono leggi cantonali universitarie che regolano in modo differente la materia. · La Confederazione e i Cantoni hanno competenze comuni riguardanti il coordinamento e lo sviluppo della qualità, tramite la Conferenza universitaria svizzera (CUS), organo comune della politica universitaria accademica pubblica. A livello nazionale svizzero una Agenzia nazionale di accreditamento (OAQ), accredita facoltativamente le università pubbliche e quelle private o loro singoli curricula, cioè concede loro un marchio di qualità, che comunque non conferisce di per sé alcun riconoscimento e/o la validità statale dei titoli conferiti. Un’istituzione può richiedere un accreditamento come università oppure puo’ richiedere l’accreditamento per certi cicli di studio soltanto secondo quanto stabilito dalla legge federale sull’Aiuto universitario (LAU, RS 414.20). Per quanto concerne il valore dei titoli universitari accademici rilasciati in Svizzera: · ai fini dell’ammissione all’esercizio di una professione regolamentata (p.e. medicina, avvocatura, ecc.), sono le leggi federali o cantonali regolanti la professione che stabiliscono quali titoli sono riconosciuti. · Per le professioni non regolamentate (p.e. management, giornalismo, ecc.) spetta di fatto al datore di lavoro “riconoscere” o meno il valore di un titolo di studio; significativo può essere l’accreditamento o comunque una certificazione di qualità rilasciata da enti privati generalmente riconosciuti. · Ai fini del proseguimento degli studi, è l’università dove si intende proseguirli che riconosce il valore di un titolo precedente. Analogamente a quanto avviene per l’equivalenza dei titoli, le università si basano sulle norme nazionali. Università private riconosciute appartenere al sistema d’insegnamento con sede in Svizzera, anche se non accreditate (cioè che non hanno richiesto la certificazione di qualità facoltativa), hanno comunque il diritto costituzionalmente garantito di rilasciare titoli di studio universitari che, senza alcuna differenza rispetto a quelli rilasciati dalle università pubbliche, sono validi per: · il diritto d’accesso ai fini del proseguimento degli studi nel sistema universitario (pubblico) svizzero e
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all’estero, ai sensi delle leggi nazionali e della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sulla reciproca riconoscibilità dei titoli; · ai fini dell’esercizio in Svizzera di professioni regolamentate ai sensi della direttiva della Unione europea CE/ 2005/36 in vigore anche in Svizzera dal 1 novembre 2011; · ai fini dell’esercizio in Svizzera di professioni non regolamentate, vale il libero apprezzamento del datore di lavoro.
RICONOSCIMENTO ACCADEMICO PER LA PROSECUZIONE DEGLI STUDI IN ALTRA UNIVERSITA’ I titoli conferiti, in quanto legalmente rilasciati da una università riconosciuta dall’ordinamento giuridico come appartenente allo spazio universitario svizzero, sono idonei ai fini del riconoscimento ai sensi della Convenzione di Lisbona del 1997 del Consiglio d’Europa sul reciproco riconoscimento delle qualifiche universitarie, ratificata dalla Svizzera il 1 febbraio 1999 e dall’Italia con la legge n.148 del 11 luglio 2002.
USO DEI TITOLI NEI PAESI MEMBRI DELL’UNIONE EUROPEA Tutti i cittadini italiani residenti in Italia che hanno conseguito un titolo accademico all’estero possono esercitare tutti i diritti connessi al possesso del titolo. Ai sensi dell’art. 54 della direttiva 2005/36/CE della Unione Europea lo Stato membro ospitante fa sì che gli interessati abbiano il diritto di usare il titolo di studio dello Stato membro d’origine, ed eventualmente la sua abbreviazione, nella lingua dello Stato membro d’origine. Lo Stato membro ospitante può prescrivere che il titolo sia seguito da nome e luogo dell’istituto o della giuria che l’ha rilasciato. A settembre 2011 il Comitato misto Svizzera-UE per l’Accordo sulla libera circolazione delle persone ha deciso l’applicazione in Svizzera a partire dal 1° novembre 2011 della direttiva 2005/36/CE. Di conseguenza l’Italia come stato membro ospitante deve garantire agli interessati l’uso nel proprio territorio del titolo di studio conseguito in Svizzera nella lingua dello Stato di origine.
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Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera, considerato uno dei più ambiti, selettivi, prestigiosi ed esclusivi riconoscimenti, volto a valorizzare le rinomate eccellenze italiane ed estere, attive nel settore culturale, industriale, accademico, istituzionale e professionale, che si inquadra in un più ampio manifesto programmatico, realizzato con successo fin dall’autunno del 1996, è stato inaugurato nel Maggio del 2004 con una cerimonia ufficiale, trasmessa in prima serata dalla televisione nazionale ungherese, ed avvenuta all’interno dell’Istituto Italiano di Cultura di Budapest, alla presenza di oltre 250 ospiti, del Ministro per gli Italiani nel Mondo, dell’Ambasciatore d’Italia in Ungheria, con il saluto ufficiale del Segretario Generale della Presidenza della Repubblica Italiana vantando i seguenti patrocini ufficiali: Provincia di Milano; Provincia di Lecce; Ministero Infrastrutture e Trasporti; Ministero Affari Esteri; ICE Istituto Commercio Estero; Ministero per gli Italiani all’Estero; ANC Associazione Nazionale Carabinieri; AIDDA Associazione Imprenditrici e Donne Dirigenti di Azienda; Comune di Milano; Regione Lombardia; Comune di Lecce; Camera di Commercio, Industria, Artigianato e Agricoltura di Bari.
Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera ha come scopo il perseguimento dei seguenti obiettivi: Internazionalizzazione delle aziende italiane nel mondo; sviluppo della cooperazione multinazionale; valorizzazione delle Piccole e Medie Imprese; affermazione dell’immagine del marchio e dello stile italiani nel mondo; salvaguardia e riqualifica del Made in Italy attraverso supporti e contenuti culturali che contrastino il dumping cinese; ñ consolidamento delle responsabilità sociali, etiche e morali nelle attività produttive e professionali. ñ ñ ñ ñ ñ
Il Premio Internazionale ISFOA alla Carriera, nel corso della serata di gala inaugurale della prima edizione, conclusasi con un eclatante successo, ha potuto vantare il saluto istituzionale, in nome e per conto di Carlo Azeglio Ciampi, presidente della Repubblica Italiana, portato personalmente da Paolo Guido Spinelli, ambasciatore della Repubblica Italiana in Ungheria, e tra gli illustri premiati, presente alla serata in qualità di ospite d’onore ed istituzionale, il ministro per gli Italiani nel Mondo, onorevole Mirko Tremaglia, destinatario anche di una Laurea Honoris Causa conferita dal Senato Accademico della Facoltà di Scienze Aziendali ed Economiche di ISFOA Libera e Privata Università di Diritto Internazionale.
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