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e un giorno siamo diventati
GENITORI A TEMPO
Tre anni fa Giampaolo e sua moglie hanno preso in affido Filippo. Poi Michelle e Paola. Ma che significa crescere un bambino e amarlo come tuo, sapendo che andrà via? «Dare senza avere nulla in cambio» rispondono. «Tranne la felicità» di giampaolo cerri scrivigli a attualita@mondadori.it
La chiamerò Paola, così l’avrei chiamata se fosse stata mia figlia. Non lo è, perché è arrivata ad agosto, in affido: abbandonata alla nascita, sottopeso, tutta naso e occhi, pareva la figlia di Homer Simpson, mentre oggi mi sembra più bella dei miei 5 figli naturali.
Per Paola il Tribunale dei minori sta già individuando una famiglia adottiva e da un giorno all’altro la accompagneremo a conoscere i nuovi mamma e papà, affiancheremo i suoi genitori per alcuni finesettimana, solo chiamandoci per nome, evitando di fare domande sulle nostre reciproche vite, perché l’anonimato deve essere custodito. Poi li saluteremo, e con loro Paola, nostra figlia seppure per pochi mesi. Misteriosamente la sua vita si è incrociata con le nostre e altrettanto misteriosamente se ne separerà.
Con mia moglie Grazia, 5 anni fa, dopo 22 di matrimonio e 5 figli, ci siamo trovati, quasi per caso, a entrare in contatto con l’esperienza dell’affidamento familiare. Alcuni cari amici c’erano finiti dentro, mani e piedi, ed erano felici,
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figli del Maghreb, che la fantasia mi fa chiamare Ali e Abel, ci convinse che anche la nostra affollata famiglia e la nostra normalissima casa potevano aprirsi all’accoglienza, così come le nostre vite. Cominciammo il percorso con un’associazione di Como, Cometa, frequentando gli incontri di mutuo-aiuto della quarantina di famiglie affidatarie che ne sono parte.
Facemmo la necessaria formazione perché, anche se si è già genitori sperimentati, accogliere un bambino non è una passeggiata. Incontrammo
gli psicologi dell’associazione che, con delicatezza, vagliarono il nostro desiderio, o meglio ci permisero di andarci a fondo, per capire se non sublimasse altro. Perché
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malgrado sulle loro vite si fosse abbattuto uno tsunami: 2 fratellini problematici che, nel paziente affetto di quei genitori in prestito, avevamo visto rifiorire. Fare da zii a quei 2 splendidi
L’autore di questo articolo Giampaolo Cerri, 50 anni (il secondo da sinistra) e la moglie Grazia, 50 (in piedi a destra) con 4 figli: da sinistra, Antonio, 22, Giancarlo, 11, Francesco, 21, e MariaPia, 13. La primogenita Martina, 25 anni, si è appena sposata.
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Fotogramma / Alberto Bernasconi Mondadori Portfolio
Ogni mattina do il biberon e cambio il pannolino a una bimba di 8 mesi di cui fra un anno, e per tutta la vita, non saprò più niente. E mia moglie con me. Una bambina bellissima, con occhi neri e profondi che si accendono, immensi come fari, su ogni mia mattina. La coccolo, le mordo i piedini, le faccio il solletico, rido con lei, gioisco dei suoi progressi e a sera, di ritorno, mi informo se ha mangiato e se ha fatto la cacca.
5 domande per capire
Fotogramma / Alberto Bernasconi Mondadori Portfolio
✔ Che
cos’è l’affido?
È l’accoglienza, da parte di una famiglia o di un single, di un bambino che non può temporaneamente essere accudito dai genitori. Le legge 149 del 2001 esclude che un piccolo sia dato in affido per la povertà della famiglia. E stabilisce che i bambini siano sempre ascoltati da uno psicologo quando hanno più di 12 anni o sono in grado capire la situazione. Secondo gli ultimi dati del ministero del Welfare, in Italia sono circa 15.000 i piccoli in affido in famiglia. ✔ Chi
lo determina?
I servizi sociali del Comune con il consenso della famiglia di origine. Se i genitori si oppongono o c’è serio pericolo per i bambini (gravi trascuratezze, abusi, violenze), interviene d’autorità il Tribunale dei minori. ✔
Quanto dura?
La legge prevede 24 mesi, rinnovabili se la famiglia
d’origine non ha superato le difficoltà. Durante questo periodo il bambino affidato incontra regolarmente i genitori, in genere una volta alla settimana. Mentre con l’adozione si interrompe ogni tipo di rapporto fra il piccolo e la madre e il padre naturali. ✔
Cosa fanno i genitori affidatari?
Crescono il bambino, si prendono cura della sua salute e provvedono alla sua istruzione. Per questo ricevono un contributo spese mensile che varia da Comune a Comune: si va dai 250 ai 480 euro. Mamme e papà affidatari devono rivolgersi ai servizi sociali per ogni decisione straordinaria, come un ricovero o una vacanza all’estero.
A chi rivolgersi se si vuole prendere un bambino in affido?
✔
Ai “servizi affidi” comunali o a una delle 369 associazioni italiane (www.tavolonazionaleaffido.it). Propongono una serie di incontri formativi, con esperti e psicologi, per prepararsi all’accoglienza. www.donnamoderna.com 61
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dm STILI DI VITA la vita di un piccolo, spesso segnata da esperienze difficili, non può diventare un pretesto, neppure per il più alto e nobile degli scopi.
Poi, un giorno di maggio di 3 anni fa, incontrammo i servizi sociali a Milano e parlammo di Mustafa, altro nome di fantasia, 4 anni e una sfilza di problemi che a noi sarebbero occorse 7 vite. Sembrava fatta: chiamai mia madre per dirle che era di nuovo nonna. Poi, come spesso accade, fu scelta una soluzione diversa e di Mustafa, di cui mi sentivo già padre e che già mi figuravo fin nel taglio degli occhi, non sapemmo più niente. Stavamo imparando l’affido senza averlo ancora sperimentato: dare senza pretendere di avere qualcosa indietro. Di lì a pochi giorni, uno sconosciuto ricciolo biondo di 2 anni faceva volare pezzi di pane nella nostra cucina: era Filippo, chiamiamolo così. Sua mamma aveva vissuto una difficoltà profonda, il padre li aveva lasciati, la vita era andata a rotoli. Lui, a casa nostra, se ne stette zitto per un po’ di giorni, bevendo solo gran biberon di latte, che io di nascosto drogavo abbondantemente di miele d’acero. Parlò all’improvviso, come se fosse sempre vissuto con noi. Oggi che di anni ne ha
5, Filippo ha il nostro accento toscano, pur essendo lombardo al 100%. Dopo i primi incontri, in uno spazio protetto perché la nostra identità doveva rimanere nascosta, abbiamo spento la quinta candelina, tutti insieme con la mamma naturale, in una singolarissima famiglia allargata.
Un flash mob di famiglie affidatarie a Milano.
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La madre di Filippo sta superando i suoi problemi, riordinando la vita. A breve lui tornerà da lei, che ci ha già chiesto di restare, comunque, nella vita del figlio. In quella di Michelle ci siamo da 3 anni. E lei nella nostra. All’inizio pesantemente, sentendosi già una donna a 12 anni. Ovvio che non lo fosse, nonostante la vita le avesse chiesto tanto e non ha ancora terminato. Dopo un anno, Michelle ha smesso la corazza che aveva indossato e accantonato l’ansia di dimostrare d’essere indipendente dal mondo. Ci abbraccia e ci manda a quel paese come fanno gli altri figli della sua età, Mariapia, 13 anni, e Giancarlo, 11. E come hanno fatto, alla loro età, Martina, oggi 25enne e fresca di nozze, e Antonio e Francesco, di 22 e 21 anni. A loro, i figli biologici, non
abbiamo chiesto il permesso di dilatare i confini di una famiglia già così estesa. Sapevamo, per averlo visto altrove, che aprirsi fa crescere e abbiamo scelto anche per loro. Abbiamo tolto quantità al nostro tempo con loro, ma la qualità è aumentata, per tutti.
Sono cresciuti i nostri figli e cresciamo noi, anche a 50 anni. Non manca la fatica, intendiamoci, però la vita – con mia moglie ce lo diciamo spesso – ha da esser vera e non necessariamente facile.
aiutiamo i bimbi speciali a trovare una famiglia
Beatriz, nome di fantasia per indicare una bimba colombiana di 7 anni, soffre della Sindrome di Kabuki, un ritardo dello sviluppo psicomotorio. Un piccolo cambogiano di 5 anni, che chiameremo Cao, ha una retinopatia, essendo nato prematuro. Daremo invece il nome di Tatiana alla piccola di 7 anni che vive in Moldova e fa i conti con un problema cardiaco. Beatriz, Cao e Tatiana sono 3 dei 146 bambini per i quali l’Associazione Amici dei bambini-Ai.Bi. cerca una famiglia adottiva. “Bimbi speciali”, li chiama l’associazione nata nel 1983 a Milano e diffusa in tutta Italia (www.aibi.it): vale a dire con piccoli problemi fisici o psichici, o semplicemente più grandi di età o parte di un gruppo numeroso di fratelli. Per aiutarli a trovare una casa, Stroili Oro e Chicco hanno creato un piccolo gioiello: un braccialetto con un fiocco in argento. In vendita a 15 euro nelle gioiellerie Stroili Oro e nei negozi Chicco, ogni “Chicco della felicità”, così si chiama il bracciale, aiuterà Ai.Bi. nell’attività di informazione, formazione e accompagnamento all’adozione. «I risultati sono straordinari» dice Marco Griffini, presidente Ai.Bi. «Grazie a questo progetto, dal 2011 a oggi è stato possibile contribuire all’adozione di 553 “bambini speciali”: circa il 75% del totale delle nostre adozioni».
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