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Giovedì 22 ottobre 2009 – Anno 1 – n° 26 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230
Governati dal malaffare
MAFIA, CAMORRA & MAZZETTE l Esclusivo: Spatuzza e il papello2 di Marcello Dell’Utri l Cosentino, dalla richiesta di arresto alla Regione Campania l Il Consiglio d’Europa: troppe prescrizioni e immunità in Italia di Antonio
Padellaro
dc
ggi, cari lettori, troverete sul Fatto Quotidiano molte notizie su uomini (e donne) della politica accusati di gravi reati. Troppe notizie e troppi reati anche secondo noi. Ma non è colpa nostra se il probabile candidato del Pdl alla guida della Regione Campania (Nicola Cosentino) è coinvolto in inchieste su camorra e rifiuti, da quando una serie di pentiti hanno parlato dei suoi legami con il clan dei casalesi (quelli, per intenderci, di Gomorra). Non è colpa nostra se lady Mastella risulta indagata,con alcuni consanguinei, per reati contro la pubblica amministrazione: non proprio una sciocchezza se con provvedimento della magistratura le viene impedito di risiedere in Campania dove ricopre importanti incarichi istituzionali ( la presidenza del Consiglio regionale). Non è colpa nostra se dalla carte troppo a lungo tenute nei cassetti della giustizia emerge un'altra trattativa con Cosa Nostra, questa volta assai contigua alla fondazione di Forza Italia. Non è colpa nostra se a Milano finiscono in cella l'industriale re delle bonifiche e la moglie di un esponente Pdl per una serie di ipotesi di reato tra cui l'associazione per delinquere. E non dove sorprenderci, infine, se l'Europa ci considera un paese ad altissimo rischio corruzione. Di fronte a una tale grandinata di accuse e di illegalità sono possibili due reazioni. Avremo i cosiddetti garantisti che ricominceranno a stracciarsi le vesti e a intonare la solita litania che attribuisce al partito delle procure (o delle toghe rosse, fate voi) il solito golpe giudiziario teso a ricattare la politica e a sovvertire il voto degli italiani. Altri invece si porranno alcune semplici domande. E' così assurdo pensare che in almeno tre regioni (Campania, Calabria e Sicilia) una certa politica abbia rapporti frequenti e vicendevolmente vantaggiosi con il crimine organizzato? E' così pazzesco pensare che esiste una vasta porzione di economia reale che prospera tra mazzette bustarelle e fondi neri? E infine: corruzione e malaffare sono un'invenzione dei giustizialisti o stanno davvero soffocando l'Italia?
O
Raffica di inchieste su criminalità organizzata, affari e politica. Colpo a lady Mastella: per lei quattro capi Gomez, Lillo, Iurillo, pag. 2-3-4-5 z d’accusa e divieto di dimora
Udi Gianni Barbacetto ABELLI CHE VISSE TRE VOLTE inchiesta milanese che ha L’le bonifiche portato in carcere il re delambientali Giuseppe Grossi ha messo a fuoco finora il reato di riciclaggio e i 22 milioni di euro di fondi neri costituiti dall’imprenditore. pag. 18 z
Udi Lucia Annunziata LA CONSULTA E GLI ANTICORPI aro direttore, la bocciatura del Cné –Lodo Alfano non era scontata fino all’ultimo, ammettiamolo - probabile. Il suo materializzarsi a dispetto delle previsioni, è un canovaccio che racconta molto del detto (ancor più del non detto) della politica attuale. pag. 18 z
Sandra Lonardo (
VELENI x Il Cocer: 250 marinai morti, centinaia i malati
nmesiano
“Uccisi dall’amianto a bordo delle navi”
Napolitano e il Csm condannano l’aggressione
di Silvia
D’Onghia
bordo delle nostre navi militari, fino al 2005, macchinari, tubature, cabine erano ricoperti dall’amianto. Secondo il Cocer, i morti accertati tra i marinai sono almeno 250, centinaia i malati di asbestosi. A gennaio otto alti ufficiali saranno processati a Padova. La Marina ha già risarcito due famiglie, ma la legge non prevede indennizzi. pag. 7 z
A
Mascali e Vasile pag. 6z
npd Le mie dieci risposte a Parisi Franceschini pag. 9z
CATTIVERIE Berlusconi è favorevole al posto fisso. L’ennesimo conflitto di interessi (teofilatto)
L’autocomplotto di Littorio Feltri di Marco Travaglio
è un complotto contro Vittorio Feltri. E, quel che è peggio, è una cospirazione dall’interno: il popolare Littorio si sta allevando qualche serpe in seno. Solo un perfido agente del nemico può avere avuto l’idea della campagna promozionale annunciata da Il Giornale, che farà dono ai suoi lettori delle prime pagine del Giornale delle origini, quello vero, fondato da Indro Montanelli nel 1974. E, per giunta, di presentarla con lo slogan “Come eravamo. E come siamo diventati”. Appena i lettori più giovani o più smemorati vedranno com’era Il Giornale, si renderanno conto dell’involuzione della specie. E forse comprenderanno per quale strano motivo, nel gennaio ‘94, vent’anni dopo averlo fondato, Montanelli lasciò il suo Giornale mentre Berlusconi scendeva in campo: come disse lui stesso, “per non ridurmi a megafono e trombetta di un editore in fregola di avventure politiche”. Cioè per non diventare, a 85 anni, un Feltri qualunque. Appena uscì da via Negri per fondare la Voce, sul fu Giornale che aveva ospitato negli anni le migliori firme della cultura liberaldemocratica europea, da Aron a Fejto, da Revel a Ionesco, da Abbagnano a De Felice a Romeo, cominciarono a scrivere intellettuali del calibro di Pomicino, De Lorenzo, Frigerio, con ficcanti rubriche dell’ex fidanzata di Paolo B.. Oggi della vecchia guardia sopravvivono Granzotto e Cervi, che continuano a scrivere a un prezzo modico: dire l’esatto contrario di quel che diceva Montanelli. Il quale, quando gli chiedevano della sua creatura ormai dannata, allargava le braccia: “Il Giornale lo guardo nemmeno, per non avere dispiaceri. Mi sento come un padre che ha un figlio drogato e preferisce non vedere. Feltri asseconda il peggio della borghesia italiana. Sfido che trova i clienti”. Intanto il fu Giornale inanellava scoop memorabili: “Alluvione: colpa dei Verdi”, “P2, il golpe se l’è inventato la Anselmi”, “Berlusconi cede la Fininvest”, “Su Mani pulite intervenga Amnesty International”, “La lebbra sbarca in Sicilia”, “L’Arno è pronto ad allagare Firenze per la cattiva gestione del Pds”. Accusava Piercamillo Davigo di aver ricattato un collega (falso), Ilda Boccassini di aver “rapito i bambini di una somala” (balle), Di Pietro di aver preso tangenti (“Raggio dice che Pacini Battaglia ha dato una valigetta con 5 miliardi per Di Pietro”), salvo poi dovergli chiedere scusa in prima pagina (“Caro Di Pietro, ti stimavo e non ho cambiato idea”, firmato Vittorio Feltri; “Di Pietro è immacolato”, era una “bufala”, una “ciofeca”, una “smarronata”). Berlusconi non gradì le scuse al suo arcinemico e Feltri fu accompagnato alla porta. Ora però è tornato sul luogo del delitto, anzi del relitto. Portandosi dietro l’agente Betulla, al secolo Renato Farina. E producendosi in altre memorabili campagne: Dino Boffo è gay, Fini è “un compagno”, Augias una spia cecoslovacca, Bobbio era “fuori dalla storia” e produceva “banali luoghi comuni”, il conte Cavour era un bel mascalzone, mentre Brachino è un gran figo. E il papello “è una bufala”. E “vogliono uccidere Berlusconi”. Basta accostare le prime pagine di oggi con quelle delle origini per notare una lieve differenza. L’anonimo congiurato voleva intitolare la promozione “Come eravamo e come ci siamo ridotti”, ma poi ha soprasseduto: è tutto fin troppo chiaro. L’agente Betulla, intanto, indaga.
C’
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Insieme a Cesaro sono il “duo forte” dei berluscones campani
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MAFIA E POLITICA
ono praticamente una “ditta”. L’uno, Cosentino, in rampa di lancio per la poltrona di presidente della Regione. L’altro, Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli. Di Casal di Principe il primo, di Sant’Antimo il secondo. “Pesantissimi” sui rispettivi territori. Di fatto adesso rappresentano la coppia d’oro - meglio, azzurra -
del Pdl in Campania dopo l’era dei fratelli Martusciello, ormai passati nelle grazie del premier. E se su Cosentino si allungano le ombre pesanti di collegamento con i casalesi, sul sistema-Cesaro v’è altro da dire. I fatti, per cominciare: la sua famiglia ha costruito praticamente dovunque a Sant’Antimo. Uno dei
primi provvedimenti di Cesaro presidente è stato quello di aumentare le prebende per assistenti e portaborse. I maligni però fanno risalire l’inizio della sua ascesa politica nelle grazie del premier a una cospicua e costante fornitura di mozzarelle di bufala per le feste di Berlusconi, perfino per quelle in Sardegna.
ARRESTATO O CANDIDATO La camorra e le relazioni pericolose di Cosentino
di Marco Lillo
e ne parla ovunque, nelle redazioni dei giornali e nei convegni politici. Tranne che nel posto giusto, in Tribunale. Eppure la notizia è dirompente: la Procura di Napoli ha chiesto l’arresto dell’onorevole Nicola Cosentino. Stiamo parlando del sottosegretario con delega sul dipartimento del tesoro, sulle provvidenze radiotelevisive e sul Comitato interministeriale per la programmazione economica. Nonostante le accuse gravissime (concorso in associazione camorristica), Cosentino punta alla presidenza della Campania, dove potrà sedersi senza lasciare la poltrona di onorevole. La notizia è nascosta nei pastoni dei giornalisti politici e nei discorsi oziosi sulla sua candidatura, al pari dell’appoggio di un Mastella qualsiasi. Così come un intercalare. Si dice: Cosentino ha la benedizione di Berlusconi ma è osteggiato da Bocchino e dalla Carfagna e poi si aggiunge distrattamente, ah e poi c’è anche quella richiesta di arresto.... A innescare questo dibattito surreale è stato un pezzo di Guido Ruotolo su “La Stampa”. Un anno fa scriveva: “un parlamentare di destra dice che la procura ha chiesto l’arresto di Cosentino”. Era quello il periodo nel quale “L’espresso” con una serie di inchieste aveva raccontato agli italiani i segreti del sottosegretario. Ne seguì una stiracchiata mozione di sfiducia del centrosinistra non fu approvata perché molti nel Pd non votarono. Forte di questo clima lassista il sottosegretario non solo non ha lasciato Roma ma ha rilanciato in Campania. Pochi giorni fa “La Stampa” ha ripubblicato la no-
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tizia. Per i duri d’orecchi stavolta l’ha presentata come fatto certo. Nessunasmentita. La richiesta effettivamente c’è e sarebbe stata firmata più di un anno fa dai pm Giuseppe Narducci e Alessandro Milita. Da allora pende davanti al gip di Napoli Raffaele Piccirillo, che non ha ancora deciso nonostante l’importanza della questione e le fughe di notizie anche perché, alcuni mesi fa, ricevuto alcune integrazioni che hanno rallentato il suo lavoro. Così la politica della seconda regione italiana, un territorio paragonabile al Belgio, resta sospesa. In questa bolla nessuno si comporta come ac-
La procura ha chiesto la misura cautelare: l’investitura del premier per la Campania lo salverà?
cadrebbe a Bruxelles. L’accusato non si dimette. Il suo leader lo candida, e la Procura? Il capo supremo dell’accusa, il procuratore generale di Napoli, Vincenzo Galgano, rilascia un’intervista al Corriere sulle accuse a Cosentino: “non ho elementi dai quali mi risultino queste circostanze. E, per quel che mi riguarda allo stato è una persona nei cui confronti non ho nulla da ridire”. Perfetto. La dichiarazione diventa uno spot pronto per essere pubblicato a caratteri cubitali sulla home page del sito dell’onorevole come un certificato di buona condotta. Solo dopo un paio di telefonate dal palazzo di giustizia, è stata rimossa. Di fronte a questo ribaltamento dei ruoli e della realtà, è il caso di mettere in fila due dati. Nicola Cosentino nasce nel 1959 da papà Silvio e mamma Olga a Casale di Principe. Casale non è Sacramento e i Cosentino non sono i Bradford della serie tv. Il casellario di papà è composto di tre pagine fitte: dal danneggiamento di edifici militari alle lesioni personali, dalla tentata truffa al sequestro di persona (semplice e ri-
salente a due anni prima della nascita di Nicola). Papà Silvio poi mette la testa a posto e si mette in affari nei petroli. Grazie alla “capacità di penetrazione nel territorio” della ditta di famiglia oggi il gruppo Aversana Petroli, diretto dal fratello Giovanni, fattura 200 milioni di euro e controlla una rete di distributori sparsi per l’Italia. In famiglia i due fratelli, Giovanni e Nicola, si dividono i compiti. Il più giovane si mette in politica, dove per rispetto al padre, in molti lo chiamano con il suo stesso soprannome, dovuto ai rapporti con gli alleati nel dopoguerra: “O mericano”. Cosentino durante la prima repubblica entra nel Psdi e poi, dopo qualche tentennamento nella lista civica si schiera con Berlusconi. Ben cinque pentiti hanno raccontato i le-
gami di Cosentino con la criminalità. Sono parole da prendere con le molle perchè necessitano di riscontri e Cosentino è innocente fino a prova contraria ma è utile riportarle. Carmine Schiavone, cugino e complice di Sandokan, cioé Francesco Schiavone, il boss dei casalesi, ha raccontato nel 2000 i rapporti del politico con l’altro clan casalese, i Bidognetti: “Alle elezioni del 1982 il gruppo Bidognetti appoggiò ‘o Americano', Nicola Cosentino che stava nel Partito socialdemocratico”.
Dopo la fine della prima repubblica, il politico entra in una lista civica e poi sale sul carro di Forza Italia. Intanto a Casale gli Schiavone la fanno da padrone e in alcuni casi le strade delle due famiglie si incrociano. Nel 1993 Cosentino e i suoi fratelli comprano un terreno dai familiari del boss Sandokan, alcuni dei quali saranno poi arrestati per camorra. Una coincidenza per il sottosegretario. Anche se un altro pentito, Domenico Frascogna, nel 1998 racconterà: “quando Sandokan intendeva farci avere notizie utilizzava Natale (un avvocato poi arrestato nel 2008 perché ritenuto un prestanome dei casalesi, ndr) che peraltro svolgeva questo suo compito unitamente a un politico di Casal di Principe. Non ricordo il nome ma viene soprannominato 'o Americano'. Se non sbaglio questo politico non opera a livello locale di Casal di Principe ma a un livello superiore”. E, da allora, il livello è salito. Di molto.
LO SCHIAFFO DEI FINIANI: NÉ LUI NÉ BASSOLINO Farefuturo, la fondazione legata al presidente della Camera, rilancia la questione morale legata alle scelte del centrodestra di Luca
Telese
stupire è abituata, se non altro perché Avampare, fu proprio un suo commento a far diinsieme alle dichiarazioni di Veronica Lario il cosiddetto scandalo delle Veline. Oggi Sofia Ventura, “cer vello” della fondazione “Farefuturo”, torna ad esprimere opinioni controcorrente sul caso Cosentino. La giovane punta di lancia della galassia finiana medita le sue parole con cura, ma prende una posizione molto chiara: “Bisognerebbe che i leader nazionali - osserva per cominciare - iniziassero a pensare e a riflettere sulla possibilità di mettere in campo dei gesti di coraggio e di discontinuità. Il primo che mi viene in mente, è la capacità di rinunciare agli ‘Acchiappavoti’, soprattutto - aggiunge la Ventura - quando si trovano in una posizione giudiziaria non chiara. Purtroppo, di questi tempi, accade molto spesso il contrario”. Si parla ovviamente della candidatura a
presidente della regione Campania, che in queste ore ha preso corpo per il sottosegretario azzurro, colpito dalle rivelazioni dei pentiti e lambito da una inchiesta sulla camorra, eppure, malgrado questo, designato dalla sua coalizione a sfidare il centrosinistra sotto le bandiere del Pdl. La Ventura su questo punto non ha dubbi: “Io, ovviamente, non posso conoscere le carte di queste inchieste, i dettagli processuali di una indagine che non è ancora formalmente conclusa. Credo però che il principio guida da rispettare dovrebbe essere - osserva la giovane ricercatrice di Farefuturo - quello di tenere fuori, coloro che sono coinvolti in procedimenti giudiziari. Possono esserci eccezioni, certo, ma solo quando si tratta di reati veniali o di equivoci accertati. Altrimenti - aggiunge poniamo proprio il caso del possibile candidato presidente della Campania, eventuali sviluppi delle indagini, se il sottosegretario venisse eletto, produrrebbero delle gravi conseguenze istituzionali”.
La Ventura si fa da sola la prima obiezione possibile al suo ragionamento: “So che qualcuno dirà: ma applicare questo principio non significa consegnare alla magistratura, di fatto, un potere di veto sulle candidature, dal momento che basta iscrivere qualcuno nel registro dagli indagati per escluderlo da una competizione?”. E cosa si risponde? “In primo luogo che l’alternativa, quella di trasferire un problema giudiziario sul piano politico, può essere anche molto peggiore. E poi, anche se io penso che esista una parte della magistratura che è politicizzata, che non si può delegittimare un corpo dello stato nel suo insieme”. Un tempo la destra missina faceva della questione morale un fiore all’occhiello e rivendicava il merito di essere rimasta fuori dalle in-
chieste di tangentopoli... “Lo so bene, ma per la mia storia personale e per la mia indole non posso essere nostalgica di un passato che non ho conosciuto: all’epoca delle inchieste di Mani pulite ero poco più che un bambina. Di sicuro - aggiunge penso che sarebbe necessario marcare una differenza netta da quella sinistra che predica bene e razzola male, e non riesce a prendere le distanze dai suoi leader implicati in procedimenti giudiziari”. A chi pensa? Risposta nettissima: “In primo luogo a Bassolino. Anzi, se mi concede una rima sorride la Ventura - non candidare nè Cosentino, e né Bassolino mi sembra una ottima parola d’ordine. Meriterebbe di essere adottata, non crede?”.
“I nuovi leader? Comincino a dire no agli acchiappavoti Oggi però succede l’opposto”
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Gli arresti dell’anno scorso, l’Udeur e la fine del governo Prodi
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MAFIA E POLITICA
ioveva, la mattina del 16 gennaio 2008. I carabinieri bussarono alla villa di Ceppaloni con qualche ora di ritardo. Sandra Lonardo Mastella sapeva già dell’arresto. Lo avevano anticipato le agenzie. In 392 pagine di ordinanza, il Gip di Santa Maria Capua Vetere tracciò il sistema di nomine e appalti pilotati attraverso il peso
politico-elettorale dell’Udeur e della famiglia Mastella nel beneventano. Pochi giorni dopo Mastella si dimise da Guardasigilli e fece cadere il governo Prodi. Tentata concussione, il capo di imputazione della signora Mastella: la vicenda è quella ultranota di aver definito ‘un uomo morto’ il manager dell’ospedale di Caserta che rifiutava di piegarsi ai voleri del partito. Qualche
OLTRE LA CASTA
accusa in più per il marito, tra cui la concussione ad Antonio Bassolino per aver imposto una nomina all’Asl di Benevento minacciando l’uscita dalla giunta regionale e la crisi politica. Reato commesso a Napoli. Di qui il trasferimento dell’inchiesta presso la Procura partenopea: lunedì il Gup di Napoli deciderà su 22 richieste di rinvio a giudizio.
diMarco Lillo
IL PORSCHE CAYENNE COMPRATO DAL CLAN a Porsche Cayenne di Pellegrino Mastella, figlio del ras di Ceppaloni, è uno dei simboli del Mastellismo. Chi scrive, su “L’espresso”, aveva raccontato nel 2007 che la benzina per il motore 4 mila turbo era messa in conto spesso al Campanile, un giornale di partito pagato dai contribuenti. Ora si scopre che nemmeno per l’acquisto i Mastella hanno tirato fuori un euro. La storia della Porsche è inquietante per i pm per due ragioni: è stata acquistata dal cognato di un boss e non è stata pagata dai Mastella. L’auto, che vale 90 mila euro è stata venduta da Tommaso Buttone, cognato dello spietato boss Domenico Belforte, già condannato per gravissimi delitti. Buttone, per i pm, aveva il ruolo di riciclare i soldi sporchi del clan ma non è lui a fare il dono ai Mastella. L’auto, secondo i pentiti, ritenuti credibili dai pm, era un dono di Nicola Ferraro, un consigliere regionale (legato al clan secondo i pentiti) che poi fu candidato con l’Udeur.
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Insieme per tutto: l’ex ministro Mastella con la moglie Sandra Lonardo
LA CUPOLA DI CEPPALONI
650 raccomandati, lady Mastella via dalla regione di Vincenzo Iurillo
Arpac, Agenzia Regionale per l’Ambiente della Campania, tramutata in una macchina di ricerca del consenso per l’Udeur e la famiglia Mastella. Una catalogazione scientifica degli incarichi: per ognuno dei 655 nominativi raccomandati, lo sponsor politico di riferimento. L’appalto Arpac per l’acquisto di un immobile, poi costato 18 milioni di euro di fondi europei e regionali, cucito addosso all’offerta della Vigliena Nuova srl, società controllata da esponenti del Campanile. Leggi, regolamenti e procedure calpestate con lo scopo di beneficiare amici e clientele. Asl e aziende ospedaliere controllate con metodi militari. Chi non si piegava al potere udeurrino, veniva intimidito. Sullo sfondo, l’ombra inquie-
L’
tante della camorra casertana: la Procura di Napoli afferma ufficialmente che un clan ha sostenuto elettoralmente il Campanile alle regionali del 2005. È il ‘sistema Mastella’, già falcidiato dagli arresti del gennaio 2008, causa del crollo del governo Prodi. Ma ancora in piedi: gli ultimi reati contestati risalgono
L’Arpac locale trasformata in macchina del consenso, Asl e aziende lottizzate
PD A NAPOLI
a giugno 2009. Anche stavolta fa rumore la misura cautelare nei confronti di Sandra Mastella, presidente del consiglio regionale. Allora furono arresti domiciliari, adesso è il divieto di dimora in Campania. Allora Lady Mastella si barricò in casa assediata dai cronisti, ieri la signora ha fatto le valigie per ricongiungersi a Roma con il marito, tornato in tutta fretta dall’Europarlamento. Prima però ha inoltrato una lunga lettera aperta: “Non sono nemmeno riuscita a capire di cosa mi accusano. Mi hanno consegnato pagine e pagine… Stavolta con mio marito sarei a capo di una cupola affaristica… Senza spiegarci quali affari avremmo fatto... “. Il ‘sistema’ made in Ceppaloni è tornato alla ribalta nei 915 fogli dell’ordinanza firmata dal Gip Anna Laura Alfano su richiesta del pm Francesco Curcio e del
di Gianmaria Roberti
IL GOVERNATORE E LA “TERZA VIA”: PATTO COL PDL F
ranceschini sfoggia calzini turchese e si iscrive al “partito delle toghe”? Male. Il Pd, col Pdl deve invece “fare un patto”, obietta Bassolino. “Altrimenti, se nei 10 anni in cui realizzano l’Alta velocità Napoli-Bari cambia la maggioranza – s’interroga il governatore -, fermiamo i lavori?”. Al teatro “Sannazzaro” c’è la kermesse locale della mozione Bersani (senza la presenza dell’ex ministro). “La battaglia politica non deve portare con sé una reciproca delegittimazione”, ammonisce Bassolino. Che del “lider Massimo” è alleato di ferro. D’Alema sbarcò a Napoli un anno fa, aprendo una sede della fondazione “Italianieuropei”. E si schierò col governatore in disgrazia. Assieme, fecero lega per sfiancare il leader Veltroni. Walter voleva pensionare l’inquilino di Santa Lucia, dopo il disastro-rifiuti. Ma fallì, e a casa finì lui. Ora,
l’asse Bassolino-D’Alema si rinnova alle Primarie, sotto le insegne bersaniane. L’idea, si sa, è di affossare il “partito liquido”, per tornare al “partito degli iscritti”. Lo ripete il dalemiano Enzo Amendola, lanciato alla segreteria regionale dall’ancora influente governatore. Quindi Bassolino indica la via: ispirarsi alla “Prima Repubblica, quando le forze politiche si rispettavano tra loro, e non spezzavano mai il filo della storia d'Italia”. Oggi no. Anzi, “bisogna fare attenzione che alla lotta tra partiti – avvisa don Antonionon si aggiunga quella tra giornali-partito”. Parole urticanti, per i circa 9mila napoletani, alcuni ex tesserati Pd, del gruppo Facebook “Cacciamo via Iervolino e Bassolino”. Una delegazione contesta il governatore all’entrata. E annuncia: “Il 25 ottobre voteremo in massa contro Bersani e Bassolino”.
procuratore aggiunto Francesco Greco, frutto di uno stralcio della vecchia inchiesta condotta dai pm di S. Maria Capua Vetere. Una misura di arresti domiciliari, diciotto divieti di dimora in Campania, sei divieti di esercizio della professione, sessantatre indagati per reati che vanno dall’associazione a delinquere alla concussione, truffa, falso ideologico, abuso d’ufficio. Tra gli indagati c’è Clemente Mastella. Anche per lui il pm aveva chiesto il divieto di dimora. Il Gip ha preferito separare la sua posizione, appesa all’utilizzo di intercettazioni indirette per le quali è necessario attendere le decisioni del Senato e della Consulta. Domiciliari per Luciano Capobianco, direttore fino a qualche mese fa dell’Arpac. I segnalati In un computer della segreteria di Capobianco sequestrato dalla Guardia di Finanza è stato rinvenuto un file di 655 nomi beneficiari di incarichi con affianco il nome del politico ‘segnalatore’. Si tratta di esponenti dell’Udeur, ma non solo. Ci sono anche nomi affiancati da esponenti del Pd, dei Verdi, del Pdl. Il campione delle presunte segnalazioni è l’ex assessore all’Ambiente, Luigi Nocera, con 100 sponsorizzazioni. Tommaso Barbato, l’ex senatore dello sputo a Nuccio Cusumano, segue con 43. I coniugi Mastella ne collezionerebbero 42. Bassolino si fermerebbe a 2, Pecoraro Scanio (ministro dell’Ambiente all’epoca) uno solo. Lo psichiatra mobbizzato Si chiama Giuseppe De Lorenzo ed è dirigente di Psichiatria dell’Asl Benevento, il cui manager, Bruno De Stefano, è il primo dei non eletti in consiglio regionale per l’Udeur. Secondo gli inquirenti, i coniugi Mastella, in concorso con De Stefano e con il capogruppo campano Fernando Errico, avrebbero ordito una campagna di discredito e di intimidazioni nei confronti del-
lo psichiatra, fino a mettere in moto un procedimento disciplinare nei suoi confronti, culminato con la destituzione. La colpa di De Lorenzo? Essersi candidato nel 1996 in una lista civica avversaria ai Mastella ed essersi apposto, da assessore alla Mobilità a Benevento, all’affida-
63 indagati tra i quali l’ex ministro Il sistema è sopravvissuto all’indagine del 2008 mento dell’appalto dei photored “che la signora Mastella voleva imporre”. De Lorenzo ha consegnato agli inquirenti i nastri di alcuni colloqui. Consulenze e super parcelle Tra i capi d’imputazione contestati alla Mastella in concorso con alcuni dirigenti dell’Asl beneventana, tre incarichi di 6000 euro ciascuno per attività “di budgeting e valutazione, a supporto dei servizi di staff del direttore generale…” ad altrettante persone di fiducia che in realtà non avrebbero svolto alcun lavoro. Tra i beneficiari l’ex segretario del Tar Campania Vincenzo Lucariello, già implicato nella prima inchiesta sammaritana. Ammonterebbe poi a 1 milione e 300 euro la somma percepita da uno degli indagati, l’ingegner Carlo Camilleri, consuocero di Mastella. Parcelle 'gonfiate' per un incarico ottenuto in violazione delle norme, secondo la Procura, nell'ambito dei lavori di ristrutturazione dell'impianto irriguo di Cellole (Ce).
De Gregorio ancora guai: scontro sull’arresto per riciclaggio di Antonio Massari
li aveva girato assegni per 410mila euro ma non sapeva chi fosse. “Sapevo soltanto che Cafiero era stato un contrabbandiere. Non ho mai saputo che fosse stato arrestato anche per traffico di droga”. Si difende così, interrogato nel luglio 2007, il senatore del Pdl Sergio De Gregorio, leader del movimento “Italiani nel mondo”. Il punto è che Rocco Cafiero è un uomo ritenuto molto vicino alla camorra, e che De Gregorio, oggi, è indagato dalla procura di Napoli con l’accusa di riciclaggio. Con quest’accusa, i pm Luigi Cannavale, Raffaello Falcone e Alessandro Milita, hanno chiesto l’arresto del senatore. Il gip ha però bocciato la richiesta. E ha ipotizzato, al contrario, che De Gregorio sia vittima di usura. Tutto incomincia nel 2005, quando la Finanza, durante un sequestro nell’appartamento di Cafiero, trova 39 assegni, per un importo di circa 410mila euro, rilasciati proprio da De Gregorio. O - comunque - a lui riconducibili. Dieci erano riconducibili ai conti correnti della sua associazione, “Italiani nel mondo”, altri due alla “BVP Broadcast Video”, con sede a Hong Kong, da dove partivano ulteriori otto assegni, intestati alla “Aria Nagel & Associati”. Tra i firmatari degli assegni c’è chi, addirittura, non riconosce la propria firma. Ma a cosa servivano questi soldi? Secondo l’accusa, al riciclaggio, secondo De Gregorio, a ben altro. La versione di De Gregorio, interrogato nel luglio 2007, punta su un appartamento da acquistare per risolvere problemi di liquidità: “Sono stato in affanno di liquidità e ho cercato di acquisire immobili da dare in garanzia per la concessione di mutui…”. Decide così di acquistare un appartamento da Cafiero: ”Mi disse che doveva vendere una casa (…) poteva cedermela a un ottimo prezzo, consentendomi di darla in garanzia per le banche. Io dissi che potevo pagare solo con assegni postdatati(…). Non sapevo che Cafiero fosse partecipe di una associazione mafiosa (…). L’immobile “Villa Giovanna”, però, di lì a poco sarebbe stato sottoposto a sequestro. E per la procura, la versione fornita da De Gregorio, proprio non quadra. E non quadra neanche alla Finanza che, nel 2008, dopo aver analizzato i flussi finanziari di De Gregorio, registra l’esistenza di parecchie transazioni per contanti ritenute “equivoche”.
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La testimonianza di Spatuzza e le novità al processo sul senatore
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PIOVRE
ra il reggente del quartiere palermitano di Brancaccio. È stato condannato per strage e per l’omicidio di don Pino Puglisi. Per molti anni in carcere ha pensato di pentirsi. Per questo più volte in passato aveva parlato con i magistrati della procura nazionale antimafia. Poi, nel 2009, la vera collaborazione che ha portato a scoprire come l’inchiesta
sull’attentato di via D’Amelio in cui morì Paolo Borsellino fosse stata depistata da un falso pentito: Vincenzo Scarantino. L’autobomba usata per la strage era infatti stata rubata da Spatuzza e non da Scarantino. E l’ex boss di Brancaccio lo ha potuto dimostrare fornendo agli investigatori particolari che non erano noti al pubblico. Ma Spatuzza sa anche dell’altro. Da una parte è convinto che gli
autori materiali dell’attentato a Borsellino siano i fratelli Graviano, nel 1992-93, capimafia di Brancaccio, poi arrestati a Milano nel 1994. Dall’altra rivela che i Graviano, registi anche delle stragi del ‘93, erano in ottimi rapporti con l’ex fattore di Arcore, Vittorio Mangano e soprattutto con Bernardo Provenzano, il boss terminale ultimo della trattativa con lo Stato.
LE BOMBE E DELL’UTRI: LA PISTA DELLA SECONDA TRATTATIVA Nel ‘93 Graviano insisteva: altri attentati. Poi tutto si bloccò
La strage di via dei Georgofili a Firenze nel 1993: perdono la vita 5 persone (FOTO ANSA) di Peter Gomez
a voi ne capite qualcosa di politica?”. Giuseppe Graviano, il boss del quartiere palermitano di Brancaccio, quella frase l’aveva quasi urlata. Così Gaspare Spatuzza e Cosimo Lo Nigro, due dei suoi uomini che avevano partecipato con lui alla campagna stragistra del ‘93, si erano zittiti all’improvviso. I loro dubbi, le loro perplessità “stiamo uccidendo degli innocenti, a Firenze è morta pure una bambina”, continuava a ripetere Spatuzza - lo avevano innervosito. Per questo, quando i due avevano dovuto ammettere che loro di politica non sa-
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pevano nulla, Graviano aveva buttato lì un paio di frasi nemmeno troppo sibilline “No, noi non ci fermiamo. Perchè c’è una cosa in piedi. Se va in porto sarà un bene per tutti. Dobbiamo continuare con le bombe, dobbiamo far saltare anche lo Stadio Olimpico”. Parte da qui, dalla ricostruzione di questo incontro di ottobre-novembre 1993 offerta ai magistrati di Firenze e di Palermo dal nuovo pentito Gaspare Spatuzza, l’indagine sulla seconda trattativa tra la mafia e lo Stato. Una trattativa che, proprio come raccontato da Massimo Ciancimino, il figlio di don Vito, l’ex sindaco democristiano di Palermo, avrebbe avuto come protagonista il se-
natore di Forza Italia, Marcello Dell’Utri. Di lui Spatuzza parla a lungo. Nelle mani dei magistrati c’è infatti un intero verbale dedicato ai presunti rapporti tra Dell’Utri e i fratelli Graviano. Legami pericolosi, già certificati dalla sentenza di primo grado contro il braccio destro di Silvio Berlusconi, di cui si tornerà forse a discutere nel processo d’appello contro l’ ideatore di Forza Italia. Il procuratore generale Nino Gatto, da due settimane impegnato nella requisitoria, potrebbe tentare di depositare il documento in extremis chiedendo la riapertura del dibattimento. Cosa accadrà, quindi, lo sapremo con tutta probabilità già
domani quando Gatto a Palermo riprenderà a parlare. Già oggi è invece chiaro che le dichiarazioni di Spatuzza stanno sconvolgendo una parte importante della ricostruzione dei mesi delle stragi. Il pentito, che divenne reggente del mandamento mafioso del Brancaccio dopo l’arresto di Giuseppe Graviano e di suo fratello Filippo, offre agli investigatori un quadro inedito dei rapporti interni ed esterni di Cosa Nostra in quel periodo. E spiega che secondo lui la trattativa tra mafia e Stato è proseguita “almeno fino al 2002-2003”. Punto di partenza è la datazione esatta della fallita strage dell’Olimpico. Un’attentato che Spatuzza doveva eseguire con una Lancia Thema carica di esplosivo e tondino di ferro, in modo da fare centinaia di vittime tra i carabinieri in servizio allo stadio per garantire l’ordine pubblico. L’auto, per un difetto al telecomando, però non esplose e, sorprendentemente, l’azione non fu poi portata a termine la domenica successiva. Il pm fiorentino Gabriele Chelazzi, oggi scomparso, si era convinto che il tentato raid dinamitardo fosse avvenuto il 31 ottobre del ‘93. E si era scervellato per capire come mai la mafia non avesse ritentato il colpo. Aver bloccato tutto poteva infatti significare che un accordo con qualcuno era stato raggiunto. Datare con esattezza la mancata strage è insomma importante. Anche perchè in quel periodo accadono molte cose. I Graviano sono latitanti a Milano, dove verranno arrestati il 28 gennaio del 94. E proprio nella capitale morale d’Italia, secondo le riflessioni di Spatuzza, i fratelli coltivano “i loro contatti politici”. Ma
“MILLANTERIE”
Mancino scarica Mori
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na bordata arrivata all’indomani dell’interrogatorio di Mario Mori a Palermo. La “firma” Nicola Mancino, ministro dell’Interno nel periodo della trattativa tra mafia e stato di cui proprio Mori - secondo il “papello” - sarebbe stato interlocutore. In una lettera pubblicata ieri sul “Corriere” l’attuale vicepresidente del Csm spiegava: “Se poi qualcuno che aveva il compito istituzionale di combattere la mafia con tutti gli strumenti a disposizione dell'attività investigativa, si è mascherato da Stato o ha millantato di agire per conto dello Stato, questa è materia sulla quale la magistratura farà chiarezza con tutto il rigore necessario”. Ma ieri Mancino ha anche risposto a Brusca, che secondo quanto riporta “L’espresso” disse “Riina mi parlò di lui”: “L’unico messaggio che mandai a Riina fu il suo arresto”.
Il boss: c’è una cosa in piedi, se va in porto bene per tutti. E l’autobomba all’Olimpico non esplose
non basta. Nel novembre del ‘93 succede pure dell’altro. Vittorio Mangano, l’ex fattore di Arcore che Spatuzza oggi descrive come particolarmente vicino ai Graviano, arriva a Segrate dove, secondo le agende sequestrate all’ex numero uno di Publitalia, incontra Dell’Utri. Di cosa parlano? Il senatore, in quel periodo impegnato negli ultimi preparativi in vista della nascita ufficiale di Forza Italia, non lo dice. Spiega solo che “di tanto in tanto” Mangano lo andava
L’ASSOCIAZIONE VIA DEI GEORGOFILI
“SULLA VERITÀ OGGI È IL PARLAMENTO A REMARE CONTRO” di Giuseppe Lo Bianco
all'esplosione di via dei Georgofili, a Firenze, la sua vita è cambiata: Giovanna Maggiani Chelli, 65 anni, la vice-presidente dell’associazione dei familiari delle vittime è la prima vittima indiretta di strage. Il Tribunale le ha riconosciuto un'invalidità del 20% per gli eventi che ha dovuto subire (un genero morto, una figlia ferita). Signora, il procuratore Grasso dice che la trattativa è servita a salvare la vita di alcuni politici. “È una cosa che nessuno ci farà mai ingoiare per il quieto vivere di certi uomini dello Stato, i quali dovrebbero non solo cambiare mestiere, ma vergognarsi di indossare una divisa, una toga, di nascondersi dietro a un simbolo politico, una carica istituzionale. Vogliono giustificare quello che è successo, ma i nostri figli sono morti. Le con-
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seguenze di cui parla Grasso, noi le abbiamo pagate tutte e senza sconti. Voglio fidarmi del procuratore nazionale, ma con quelle parole uno scossone lo abbiamo preso tutti”. Il generale Mori afferma invece che la trattativa non c’è stata, perchè sarebbe stata una resa dello Stato ad una banda di volgari assassini… “Credo che seduto a quel tavolo davanti a Ciancimino il generale non ci sarebbe dovuto andare. Se non ci fosse andato forse i nostri figli sarebbero ancora vivi. Come ha fatto la mafia a diventare così forte?” Adesso in molti, come Martelli e Violante, ritrovano i ricordi su fatti di 17 anni fa. Che impressione le fa la memoria ad orologeria? “Si dimettano da qualunque incarico pubblico e politico, quanti hanno messo a punto una trattativa più che ignobile, e quanti erano a conoscenza della trattativa con Cosa nostra già dal ’92.
Dovrebbero vergognarsi di aver nascosto a delle madri i nomi di chi ha ucciso i loro figli, ma soprattutto i nomi di chi li ha lasciati uccidere”. Mori ha detto che dopo Capaci le altre forze di polizia erano “poco consistenti e qualificate’’. E che non aveva punti di riferimento giudiziari. Martelli ad Anno Zero ha rivelato che nessun funzionario ministeriale voleva firmare i provvedimenti di trasferimento dei mafiosi nelle isole. È l’immagine di uno Stato allo sbando. La trattativa era una strada obbligata? “Quella sbagliata e vigliacca trattativa giocata tutta sulla pelle dei nostri figli, non solo ha avuto conseguenze dolorosissime, ma è stata la dimostrazione della totale impotenza dello Stato. Impotenza che dura ancora oggi”. La consegna del papello riaccende le speranze per le indagini? “La vicenda del papello compare nelle
carte del processo di Firenze, è tutto scritto lì da dieci anni. Perchè non hanno indagato sui mandanti? Perchè ci hanno risposto con il silenzio? Perchè si è cercato di dimenticare tutto?”. Ma la trattativa è andata in porto? “Qualcosa alla mafia hanno dato, quattro stragisti di Firenze sono fuori dal 41 bis. E probabilmente altri esterni a Cosa nostra, hanno ottenuto ciò che volevano. Se dopo Capaci e via D’Amelio hanno dato altri colpetti, questo deve pesare sulla coscienza di molti”. Perchè è contraria ad una commissione parlamentare d’inchiesta? “Non hanno mai risolto nulla, l’Italia è il paese delle stragi impunite. I condizionamenti della mafia in Parlamento sono fortissimi. Crediamo che la verità sia scritta nelle carte dell’inchiesta condotta dal pm Chelazzi noi abbiamo fiducia nei magistrati di Firenze. In questa vicenda è il Parlamento a remare contro”.
a trovare “per motivi personali”. Fatto sta che altri collaboratori di giustizia ricordano come, dopo poco Bernardo Provenzano in persona affronti gli altri capo mafia per dire di aver trovato nel manager un nuovo referente “affidabile”. Un terminale politico che ha garantito di sistemare i problemi di “Cosa Nostra nel giro di 10 anni”. Cioè di intervenire per alleggerire la pressione dello Stato. Così anche la stagione delle bombe si chiude all’improvviso. I carabinieri, che attraverso due loro ufficiali erano stati protagonisti dei primi incontri con Vito Ciancimino (una trattativa che non ha portato benefici immediati alla mafia), non vedono saltare per aria decine di loro colleghi allo stadio Olimpico. Spatuzza capisce che davvero qualcosa si è mosso. E ne ha la conferma quando incontra un altro boss, protagonista della stagione delle stragi: Francesco Giuliano. I Graviano sono in carcere e il futuro pentito quasi si lamenta. Le bombe pensa non sono servite a niente. Giuliano lo contraddice: “Ti sbagli. Una cosa buona c’è stata. Abbiamo agganciato un nuovo referente”. Cioè, spiega a verbale Spatuzza: “Forza Italia e quindi Silvio Berlusconi”.
Giovedì 22 ottobre 2009
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Ciancimino sr.: il deus ex machina corleonese
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PIOVRE
ito Calogero Ciancimino, nato a Corleone nel 1924, è stato un politico della Democrazia cristiana. Assessore ai lavori pubblici del comune di Palermo dal 1959 al 1964, non si oppose al cosiddetto "Sacco di Palermo". Eletto sindaco del capoluogo siciliano nel 1970, era insieme al suo predecessore Salvo Lima, il leader
siciliano della corrente politica "Primavera", guidata a livello nazionale da Giulio Andreotti. Sotto la sua guida venne assegnato il numero record di licenze edilizie. Nel 1984 il pentito Tommaso Buscetta lo definisce "organico" alla cosca dei corleonesi: nello stesso anno viene arrestato, e nel 2001 condannato a tredici anni
di reclusione per favoreggiamento e concorso esterno in associazione mafiosa. Nel 1985 la Dc lo espulse dal partito, e pochi giorni prima che morisse, il comune di Palermo gli presentò un'ingente richiesta di risarcimento, pari a 150 milioni di euro, per danni arrecati all'amministrazione comunale: di questi l'ex politico ne consegnò solo sette.
VIOLANTE, DON VITO E L’ANTIMAFIA
Sopra, il papello
Perché Ciancimino non è mai stato ascoltato. Eppure lui lo chiedeva di Marco Travaglio
uel che si sa, dal racconto per altri versi contraddittorio, del generale Mario Mori e di Luciano Violante, è che dopo il delitto Lima e le stragi di Capaci e via d’Amelio, Vito Ciancimino voleva parlare alla commissione Antimafia. Mori chiese tre volte a Violante di incontrare Ciancimino. Violante dice di avere rifiutato perché l’incontro proposto era “riservato”, a tu per tu, e lui voleva sentirlo pubblicamente, in Antimafia. Il fatto è che il 26 ottobre ’92, appena s’insediò la commissione presieduta da Violante, Ciancimino chiese con una lettera aperta di esservi ascoltato per parlare del delitto Lima, che lui definiva “un avvertimento” che “va oltre la persona della vittima” e “punta in alto” perché “fa parte di un disegno più vasto… che potrebbe spiegare molte altre cose”. Un avvertimento a chi? Ovviamente al referente nazionale di Lima: Giulio Andreotti. Ma a quanto risulta al Fatto Quotidiano – dalle carte riservate dell’Antimafia, desecretate due giorni fa – la commissione fece di tutto per non sentire Ciancimino. Come se s’intuisse e si temesse quel che poteva rivelare: o sulla mafiosità della corrente andreottiana, o sulla trattativa avviata a giugno con i vertici del Ros, o su entrambe le cose. Occhio alle date. Il 26 ottobre ’92 Ciancimino scrive a Violante per essere sentito in Antimafia. Il 27 ottobre si riunisce l’ufficio di presidenza: Violante propone accertamenti sul delitto Lima e “ricorda che l’on. Ciancimino (sic!, ndr) ha chiesto di essere ascoltato dalla Commissione, rinunciando alla presenza delle televisioni”. I rappresentanti dell’opposizione (Rete, Lega, Pds, Msi) chie-
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dono di sentire “i politici coinvolti”, tra cui Andreotti; il missino Altero Matteoli “per Ciancimino è favorevole a procedere all’audizione in una fase successiva”. Il 10 novembre, altro ufficio di presidenza: si parla di nuovo di Ciancimino, ma non per decidere quando ascoltarlo, bensì per aggredirlo con un colpo assolutamente dovuto (le misure di prevenzione), ma che inferto in quel momento non sembra fatto apposta per scioglierli la lingua, anzi: “Viene auspicato un intervento del Csm perché sia finalmente portato a compimento il procedimento di applicazione delle misure di prevenzione nei confronti di Vito Ciancimino”. Non contento, “il presidente Violante ribadisce la necessità di seguire con attenzione gli sviluppi del processo di appello su Ciancimino, ricordando che la questione è stata segnalata al Ministro di grazie a giustizia ed al Vice Presidente del Csm”. Il 26 novembre sembra finalmente il gran giorno: l’An-
Desecretate le carte sulle varie richieste dell’ex sindaco di Palermo nel dopo le stragi sa informa che l’ufficio di presidenza ha “fatto il punto sul lavoro svolto e sono state tracciate le scadenze future: entro metà dicembre terminerà la fase istruttoria dell’inchiesta sui rapporti tra mafia e politica. Per quella data sarà ascoltato Vito Ciancimino”. Invece non se ne fa nulla. La melina dell’Antimafia continua, sempre più imbarazzante, di pari passo con la trattativa fra Ciancimino e il Ros. Finchè il 19 dicembre i giudici di Palermo le-
(FOTO ANSA)
Nella foto grande, Luciano Violante. A fianco, Don Vito Ciancimino (FOTO ANSA)
vano le castagne dal fuoco ai politici e arrestano improvvisamente Ciancimino. Il quale, nel frattempo, ha potuto ben comprendere che nessuno lo vuole sentire. Almeno i politici. Lo sentirà Gian Carlo Caselli, poco dopo essersi insediato alla Procura di Palermo il 15 gennaio ’93 (lo stesso giorno dell’arresto di Totò Riina e della mancata perquisizione del covo da parte del Ros, forse nel timore di trovare carte inerenti la trattativa del papello). Ma Ciancimino, a quel punto, si ritrarrà a guscio e dirà ben poco sul delitto Lima e sul caso Andreotti. Anche perché sia Violante sia Mori si sono ben guardati dal rivelare a Caselli quel che sanno sui colloqui top secret fra il Ros e Ciancimino. Intanto, in Antimafia, la manfrina prosegue: il 25 marzo ’93,
in ufficio di presidenza, il senatore pds Guido Calvi “chiede di acquisire informazioni su Ciancimino, sui latitanti e sui sequestri di persona. L’Ufficio di Presidenza su Ciancimino non reputa, per il momento, opportuno richiedere notizie in merito alle presunte voci di collaborazione”. Passano altri due mesi e mezzo. L’8 giugno “il senatore Brutti (Pds, ndr) ritiene utile che la Commissione ascolti Ciancimino”. Ma nel mese successivo non accade nulla. Finchè il 6 luglio l’ufficio di presidenza dell’ Antimafia “approva la proposta… di procedere all’audizione di Vito Ciancimino… con le stesse modalità seguite nelle audizioni dei pentiti”. Proposta puramente virtuale: Ciancimino non verrà sentito né allora nè mai.
Prescrizioni e immunità: l’Europa contro l’Italia L’organismo anticorruzione: allarme per i troppi casi su politici, dirigenti e uomini business di Leo Sisti
nale avrebbe cancellato in ottobre il lodo che proteggeva il premier, cioé Silue bacchettate, pesanti, pesantissi- vio Berlusconi, dai processi insieme ad me. Le manda “il Greco”, l'organi- altre tre cariche istituzionali. Però la smo anticorruzione del Consiglio d'Eu- bacchettata fa male. ropa, a cui l'Italia aderisce solo dal È curioso il destino della relazione del 2007, al governo Berlusconi in materia Greco sull'Italia, rimasta “confidenziagiudiziaria. Nel mirino il regime delle le” per vari mesi, perlomeno fino al 12 prescrizioni, perché è troppo labile e ottobre quando “Il Fatto Quotidiano” consente agli imputati di farla franca ha controllato sul sito, per diventare quando i procedimenti sono troppo “pubblico” almeno otto giorni dopo, il lunghi, e il ”lodo Alfano”, perché “am- 20. La differenza non è da poco: infatti plia il regime delle immunità”. Certo, la confidenzialità del rapporto cessa gli estensori del dossier di 66 pagine, solo quando le autorità del paese intedatato 2 luglio 2009, definito GET ressato danno il loro ok, insomma ne (Gruppo di valutazione) non potevano autorizzano la pubblicazione, un comancora sapere che la Corte Costituzio- pendio di verità imbarazzanti per Palazzo Chigi e il suo inquilino. Leggiamola allora di Silvia D’Onghia RADIOATTIVITÀ questa antologia di rimproveri che fanno dell'Italia, l'ultimo arrivato, su 46 membri che fanno enza sapere cosa contengono i fusti, prelievi di materiale eseguiti dal robot parte del Greco, a toè solo allarmismo ingiustificato”. subacqueo. Poi tutti potremo stare più gliere il timbro “conFinalmente una parola di chiarezza tranquilli. E semmai quei resti dovessero fidential”. Il preludio è un assaggino niensulla nave dei veleni al largo della costa risultare radioattivi, si farà in tempo ad te male: “La corruziodi Cetraro, nel cosentino, arriva dal aprire una decennale inchiesta ne è un fenomeno gesottosegretario all’Ambiente, Roberto parlamentare. E poco importa se alcuni neralizzato che tocMenia. Non si capisce proprio perchè i abitanti hanno testimoniato di aver ca la societò italiana calabresi abbiano tanta paura di essere visto fusti sotterrati dopo lo nel suo insieme...L'Istati avvelenati da quei fusti sospetti. O spiaggiamento, nel 1990, della talia ha conosciuto perchè abbiano smesso di mangiare il motonave Jolly Rosso (come riportato un numero elevato di pesce (i calabresi!), costringendo i da L’Espresso). Da qualche parte casi di corruzione che ha coinvolto perpescatori a contestare pubblicamente il dovevano pur metterli! Il Pd ha aderito sonaggi poltici di prisottosegretario perchè vicini al collasso. alla manifestazione in programma mo piano, alti diriIn fondo basteranno solo pochi minuti sabato ad Amantea. Meglio tardi che genti e uomini del alla nave Mare Oceano per analizzare i mai. business”. L'affondo arriva quando si par-
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NAVI DEI VELENI, PER FORTUNA C’È MENIA S
la della prescrizione: “Il gruppo di valutazione è profondamente preoccupato nell'apprendere dai suoi interlocutori (tra gli altri, magistrati, poliziotti, carabinieri, rappresentati di ministeri e del governo, ndr) che una inquietante proporzione delle inchieste sulla corruzione non arrivi a conclusione a causa della prescrizione”. Sul “lodo Alfano”, mai citato, ma nascosto dietro la legge che lo ha approvato, la 124 del 2008, i cinque “rapporteurs” di Greco, scrivono di “nutrire serie preoccupazioni sull'estensione del regime delle immunità, perché la sospensione delle indagini criminali (riguardanti le quattro personalità istituzionali, ndr) costituisce un'immunità procedurale per le persone che esercitano gli uffici in questione, e, sebbene provvisoria, deroga al principio di eguaglianza davanti alla legge”. Insomma, quasi un'anticipazione di quanto affermerà la Consulta. La conclusione si traduce in formali “raccomandazioni”, a cui devono seguire comportamenti atti a rimuovere le cause che le hanno provocate entro il genaio 2011, pena dure sanzioni. Eccole. Prima raccomandazione: “Studiare i casi di corruzione interessati alla prescrizione per determinarne ampiezza e cause; adottare un piano speciale per risolvere i problemi indicati da questi studi”. Seconda raccomandazione (sul “lodo Alfano”): “Integrare la legge 124/2008 con delle norme per assicurare che la sospensione non sia di ostacolo alle inchieste sulla corruzione”. Ma questa “aggiunta” non servirà. La Corte Costituzionale ha già provveduto per conto suo.
L’OSSESSIONE DI B.
BAVAGLIO SULLE INTERCETTAZIONI AVANTI TUTTA campagna d’autunno è Lvioapronta e consegnerà a SilBerlusconi due graditi regali per Natale: riforma dell’ordine forense e approvazione del disegno di legge sulle intercettazioni (limitazioni per gli inquirenti, pene per gli editori dei giornali). L’offensiva è scattata all’indomani della bocciatura del lodo Alfano. Proprio il Guardasigilli, per rimediare in fretta alla sentenza della Consulta, s’è speso in prima persona per trattare con Filippo Berselli (commissione Giustizia) l’agenda del Senato che ora, nonostante mesi di appiattimento, dovrà correre in scioltezza. Berlusconi non vuole intoppi, stavolta. “Per metà dicembre siamo pronti”, conferma Berselli. Angelino Alfano spinge tra le proteste dell’opposizione: “Dobbiamo accelerare. Noi abbiamo votato un testo alla Camera, c’è stata una discussione travagliata e laboriosa, ma ha avuto un buon esito e dobbiamo andare avanti”. Anna Finocchiaro (Pd) è preoccupata: “La questione delle intercettazioni è molto più seria di quanto si pensi. Spero che sia assolutamente lontana l'idea della maggioranza di imporre anche qui al Senato il testo della Camera, che è un testo sbagliato, perché limita di fatto molto seriamente il potere degli investigatori. Basti pensare alla fondamentale importanza che hanno per il reato di estorsione. Ora i reati di mafia e reati comuni vengono di fatto equiparati”. E qui si riapre la diatriba sugli “evidenti indizi di colpevolezza” per utilizzare il prezioso strumento delle intercettazioni. Massimo Donadi (Idv) parla di “resa dello Stato verso la criminalità”. Ma la maggioranza procede senza esitazioni: “In questa legislatura – dice Roberto Cota della Lega - vogliamo completare le riforme. C’è anche la giustizia, lavoreremo su questo. Ci sono già dei provvedimenti del governo in discussione in Parlamento e dopo il congresso del Pd vedremo se l'opposizione si confronterà sul merito o se continuerà a dire dei no strumentali”.
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Giovedì 22 ottobre 2009
Il Colle rompe il silenzio: una vicenda con inquietanti connotazioni
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GIUSTIZIA
i solito funziona, anzi funzionava, così: il presidente della Repubblica (che presiede formalmente e quasi mai di persona il Csm) ha da far sapere quel che ne pensa su cose di giustizia. È il vicepresidente (che al Csm ha un ruolo vicario del capo dello Stato) a prendere la parola, e gli addetti ai lavori sono generalmente autorizzati
ad attribuire quelle posizioni al Colle. Così faceva Rognoni al posto di Ciampi, così Mancino con Napolitano. Ma ieri è andata diversamente, senza precedenti: Mancino ha detto papale papale ai consiglieri che Napolitano “è consapevole delle inquietanti connotazioni della vicenda” del giudice Mesiano. Ha riferito esplicitamente il pensiero
“INTIMIDITA LA MAGISTRATURA”
Mancino parla di clima invivibile, ma la maggioranza prepara le leggi bavaglio di Antonella Mascali
magistrati del Csm non hanno avuto dubbi e neppure contrasti sulla gravità del linciaggio mediatico nei confronti del giudice Raimondo Mesiano, scattato dopo una raffica di dichiarazioni infamanti di Silvio Berlusconi, infuriato per la sentenza di condanna della Fininvest. Ieri mattina, dopo neppure un’ora di riunione, la Prima commissione aveva già approvato un documento che - come avevamo anticipato martedì - rimarca la natura intimidatoria, nei confronti di tutta la magistratura, dell’attacco a Mesiano. E ieri sera, in via urgente, è arrivato il voto del Plenum. Accompagnato da dichiarazioni del vice presidente Mancino, che ha espresso “preoccupazione per il clima invivibile che si è creato nel paese”. Rimarcando: “più il potere è forte, più può intimidire”. Unica polemica, quella del consigliere Anedda che ha accusato Mancino di “un lento decadimento della sua imparzialità”. I consiglieri del Csm, nel documento hanno rilevato che c’è stata “un’incisiva delegittimazione della funzione giudiziaria nel suo complesso e dei singoli magistrati”. Con condotte che “possono produrre oggettivamente una forma di condizionamento per ciascun magistrato in particolare quando si tratta di decidere controversie nelle quali siano parti, soggetti di rilevanza istituzionale ed economica”. Come Berlusconi, ad esempio. Il documento, a riprova della gravità di quanto accaduto, ha riportato sia le dichiarazioni del Premier sia il conte-
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LA GAFFE
nuto del servizio di Mattino 5. Ha ricordato che Berlusconi, a Matrix, ha definito Mesiano un giudice di “estrema sinistra, fortemente condizionato dall’esterno” e che la sentenza di condanna alla Finvest “ha le impronte digitali della Cir”. Inoltre, il Csm ha citato un’affermazione di Berlusconi alla festa del Pdl di Benevento, quando fece una specie di promessa minacciosa: “su quel giudice ne verranno fuori delle belle”. Poco dopo, Mattino 5 ha trasmesso il pedina-
Il Csm approva la delibera, ma il Governo attacca le pratiche di tutela e l’autonomia del consiglio mento nei confronti di Mesiano. Definito inoltre ‘bizzarro’ perché fumava davanti al negozio del barbiere e indossava calzini turchesi. Il Csm ha messo in rilievo una coincidenza temporale tra le dichiarazioni di Berlusconi e “l'illecita intrusione nella sfera privata del magistrato”, riferendosi evidentemente al servizio televisivo. Dure critiche anche per Maurizio Gasparri e Fabrizio Cicchitto, capigruppo del Pdl in Parlamento, che dopo la sentenza civile sul lodo Mondadori hanno parlato di “disegno eversivo”. Ha scritto la Prima commissione: “l'assunto di una magistratura giudicante che persegue finalità diverse da quelle sue pro-
di Enrico Di Giacomo
Ridere sulle disgrazie (altrui)
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prie e, per di più, volte a sovvertire l'assetto istituzionale democraticamente voluto dai cittadini, oltre ad essere privo di fondamento costituisce la più grave delle accuse”. E ancora, l’interpretazione in chiave politica dell’operato dei magistrati, senza elementi di fatto, “costituisce elemento di discredito della funzione e dei singoli magistrati”. Soprattutto quando, come nel caso specifico, si tratta di un procedimento civile dove il giudice è “designato sulla base di criteri predeterminati”. Insomma la causa non è stata assegnata “all’estremista di sinistra” Mesiano dal Tribunale, ma dal puro caso, perché così avviene per la giustizia civile. La pronta risposta della maggioranza politica è stata quella di mettere un bavaglio al Csm. Maurizo Gasparri e Gaetano Quagliarello, capo e vice capogruppo al Senato del Pdl hanno infatti presentato due disegni di legge per
na valanga di indignazione sta sommergendo internet. Reazione spontanea davanti alla fotografia pubblicata ieri sulla prima pagina de “Il Fatto Quotidiano”. Lo scatto ritraeva il sindaco di Messina Buzzanca e il governatore della Sicilia Lombardo mentre ridevano davanti alle macerie di Giampilieri Superiore, paese franato durante l’alluvione. I volontari scavano ancora nel fango e loro ridono. In tanti si sono sentiti offesi e hanno fatto sentire il loro sdegno. La foto è stata scattata domenica, quando Lombardo, accompagnato dai vertici della Protezione Civile e da Buzzanca aveva visitato i villaggi più colpiti. In attesa di rilasciare un’intervista, il Governatore si è lasciato andare a una battuta che ha provocato la risata. Ma la situazione non era proprio quella giusta.
del Presidente, si capisce: d’intesa con lui. Non è una sottigliezza, ma una rottura di convenzioni protocollari sintomatica: dopo le aggressioni subite da parte di palazzo Chigi, sul Colle si sta forse pensando di correggere prassi felpate, toni soft e tentativi di accomodamento. Non è più tempo di moral suasion? (v. va.)
Calzino turchese
SIAMO TUTTI MESIANO: CI PIACE LA STRAVAGANZA
Raimondo Mesiano (FOTO ANSA)
assicurare ai cittadini “processi sereni”. Il primo prevede che il Csm esprima pareri sulle leggi se il ministro glielo chiede espressamente, altrimenti deve tacere. Il secondo riguarda le pratiche a tutela. In questo caso il Csm “non può assumere iniziative che rechino nocumento alla riservatezza, alla serenità e all’imparzialità della funzione giudiziaria e soprattutto che condizionino il regolare svolgimento di procedimenti pendenti”. Proprio come - coincidenza vuole - il procedimento civile Lodo Mondadori o l’appello del processo Mills o il processo Mediaset. Per il consigliere del Csm, Livio Pepino vuol dire la fine della tutela dei magistrati: “oppure è una banalità - ci dice - perché la tutela serve a ridare serenità al giudice. Ma siccome non credo sia tale, è un modo per mettere fine alle pratiche a tutela che servono a controbilanciare gli attacchi ingiustificati ai magistrati, che possono pregiudicare il loro lavoro”. Quanto al silenzio del Csm, salvo via libera del ministro, Pepino è lapidario: “il Csm non è un organo di consulenza del Guardasigilli. È una proposta incostituzionale”.
Prosegue la campagna di solidarietà al giudice Mesiano e i lettori del “Fatto Quotidiano” continuano a indossare calzini turchesi. Pubblichiamo alcune foto che ci avete inviato.
La scuola Falcone tra furti, raid e malavita La vita impossibile dell’istituto nel quartiere Zen di Palermo di Alessio Gervasi
è una scuola a Palermo, nel difficile C’ quartiere Zen, che si vorrebbe ergere a vessillo di una città che reagisce alla criminalità. Ma non ci riesce. Lo Zen, acronimo di “zona espansione nord” dove negli anni sono stati realizzati anche i fatiscenti casermoni dello “Zen 2” - un vero quartiere ghetto nel ghetto - è un posto in cui la maggior parte degli allacci all’Enel è ‘fatta in casa’ e in cui la Polizia ha paura a entrare. Ma è anche un posto davanti al quale hanno finito di costruire residence con ville dalle alte cancellate, che nessuno sguardo lasciano entrare, da cui in due minuti di automobile si arriva al borgo marinaro di Mondello, ‘buen retiro’ della borghesia palermitana e non solo. La scuola (materna, elementare e media) sotto assedio, borderline anche fisicamente, si trova proprio lì. Intrappolata fra due mondi vicini ma lontani, con i professionisti della città ‘bene’ che ogni giorno sfrecciano in macchina per andare e venire dalla città. La scuola si chiama “Giovanni Falcone”. Ed è sempre stata nel mirino dei malavitosi che vogliono difendere il “loro”
territorio dalle ingerenze della società civile e dello Stato. Ma è negli ultimi mesi che la situazione è precipitata, con numerosi atti vandalici e raid notturni che mettono a repentaglio la stessa vita della scuola Falcone. Monché di tutti i palermitani onesti, a cominciare da una parte della società di domani, ossia quei bambini che oggi frequentano la scuola dello Zen che li dovrebbe preparare al futuro. Tra furti, finestre e vetri spaccati, aule imbrattate e persino incendi appiccati alle aule del plesso materno. L’ultimo raid è avvenuto mercoledì 14 ottobre. Anche se più volte e da molti era già stato chiesto aiuto alle Istituzioni con pattugliamenti e sorveglianza da parte delle forze dell’ordine: nessun segnale di ordine e legalità è stato inviato. E più di un mese fa - era il 14 settembre scorso - il responsabile nazionale per la sicurezza del Partito Democratico, Marco Minniti, disse durante una visita alla scuola Falcone: “non è assolutamente ammissibile, degno di una democrazia e di un paese civile, il fatto che la scuola Falcone dello Zen di Palermo sia sottoposta a un assedio quotidiano e a ripetuti atti vandalici che rispondono a una precisa azione criminale per impedire l’educazione e la formazione di tanti giovani che rappresentano il futuro di questa terra. Chiederò al ministro dell’Interno un presidio d’interforze su tutto il territorio per fron-
A parole i politici dicono di voler garantire sicurezza, ma nessuno ha fatto niente
teggiare una grave situazione sul quale si gioca la credibilità del Governo italiano: la lotta alla criminalità organizzata”. Il primo a prendere sul serio l’ex Sottosegretario non è però stato Maroni, ma Gaetano Guarino, coordinatore del movimento Zen (acronimo questa volta di “zona energie nuove”), un comitato di cittadini che, assieme ai volontari di altre associazioni, spendono generosamente il loro tempo venendo allo Zen da ogni parte della città per sostenere la rinascita del quartiere. “Minniti ci ha assicurato che non rimarranno solo belle parole - ha dichiarato Guarino - ma che si farà portavoce con le Istituzioni per migliorare la vivibilità e la sicurezza nell’intero quartiere”. E il Ministro Maroni? E la sua collega Mariastella Gelmini? Il primo, secondo fonti vicine al Pd, avrebbe telefonato a Minniti per manifestargli massima volontà e disponibilità a intervenire in difesa della scuola sotto attacco. Mentre nulla è dato sapere su una posizione della Pubblica Istruzione. In ogni caso, solo parole. Come quelle del prefetto di Palermo Giancarlo Trevisone, sempre di un mese fa: “faremo della scuola Falcone un presidio della legalità, perché la scuola costituisce un momento fondamentale e irrinunciabile di progresso e sviluppo civile; questa è la sfida che perseguiamo insieme e a cui non abbiamo intenzione di rinunciare”. Già. Ma alla scuola Falcone dello Zen servono fatti. Se no, come spesso accade, ci sarà poca speranza per i bambini di domani.
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Il 12 gennaio alla sbarra 8 alti ufficiali
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VELENI
omincerà il 12 gennaio 2010, al Tribunale di Padova, il processo a carico di otto alti ufficiali della Marina militare italiana, sei ammiragli e due generali, coinvolti nell’inchiesta sulle morti, per esposizione all’amianto, di due colleghi. Nell’udienza del 17 settembre scorso, il gup Paola Cameran ha accolto la richiesta di rinvio
a giudizio avanzata dai pubblici ministeri Sergio Dini ed Emma Ferrara. Tra le accuse nei confronti dei militari anche quella di omicidio colposo. Prosciolti invece quattro ex ufficiali, mentre altri quattro sono deceduti durante le indagini. Ancora prima del pronunciamento dei giudici, la Marina ha però indennizzato i famigliari delle vittime, G. B., 50
anni, ex sottufficiale di Lecce morto a Padova, e G. C., ex comandante, morto a Padova all’età di 61 anni. 800 mila euro per il primo, 850 mila per il secondo. Nel processo le loro famiglie, così come le altre dei marinai morti, si erano costituite parte civile. Le indagini erano partite nel 2003 sulla base di alcuni esposti.
AMIANTO SOTTO COPERTA
Fino al 2005 le navi militari erano piene di asbesto Cocer: “250 marinai morti, centinaia i malati” di Silvia D’Onghia
esotelioma: tumore maligno derivato dal tessuto mesoteliale. La localizzazione più importante è a livello pleurico. La sintomatologia può essere assente o rappresentata da dolore toracico e difficoltà respiratorie, con o senza tosse secca”. Questa è la definizione che il dizionario dà di quella forma di tumore ancora incurabile. Un male che uccide in pochi mesi e che siamo abituati ad associare ai minatori e a coloro che hanno avuto a che fare con l’amianto (messo al bando, in Italia, nel 1992). Non tutti sanno che, tra questi ultimi, ci sono anche i marinai. O almeno quelli che hanno prestato servizio sulle navi militari fino al 2005, quando si è compiuto il disarmo definitivo. Negli anni precedenti, all'interno delle navi militari italiane, tutto era coperto dall'amianto, dai macchinari alle tubature alle cabine. Secondo il Cocer Marina, la rappresentanza sindacale interna, 250 sono i morti accertati, ma si stima che almeno 400 persone siano decedute per mesotelioma. Se si pensa che la media nazionale è di uno ogni 40 mila abitanti, quella tra i marinai è di 200 volte superiore. E non sappiamo cosa accadrà nei prossimi anni, considerando che gli effetti dell'esposizione all'amianto si vedono dopo 20 anni. Centinaia sono i malati di asbestosi, una malattia che non uccide ma che colpisce i polmoni fino a rendere impossibile fare una rampa di scale. In difesa delle vittime, il Cocer combatte da dieci anni. Da quando, nel 1999, una prima delibera chiedeva al Capo di Stato maggiore di conoscere quali rischi avesse incontrato il personale imbarcato sulle navi. Anni di richieste, studi, interrogazioni, fino a quando, nel maggio del 2004, lo Stato maggiore risponde al Cocer: “Per quanto attiene all’argomento dell’amianto, non risulta alcuna documentata notizia circa un’incidenza anomala di tumori nella popolazione militare. In merito, comunque, si promuoveranno specifici interventi legislativi finalizzati ad estendere al personale militare i benefici di legge già previsti in materia per i dipendenti privati”. Sembra una contraddizione in termini. Eppure, in quegli anni, di amianto si parla, eccome, la
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La proposta: stabilire per legge, e non nei tribunali, i risarcimenti alle vittime
In alto, una nave militare A sinistra, le tubature coperte da amianto sui letti dei marinai
stessa Marina “disarma” le navi, e i marinai continuano a morire. Ma nessuno li considera vittime o invalidi del dovere. In realtà già dall’anno precedente, il 2003, la Procura di Padova sta indagando su quelle morti sospette. È un fiume in piena. Dal
capoluogo veneto fascicoli, cartelle cliniche e certificati di morte vengono smistati sul tavoli dei procuratori di mezza Italia. Lo scorso 17 settembre il gip di Padova ha rinviato a giudizio sei ammiragli e due generali, con l’accusa di omicidio colposo, il
processo si aprirà il 12 gennaio 2010. “Una notizia che dà speranza a tutte le famiglie -spiega il capitano di fregata Alessio Anselmi, presidente del Cocer Marina- speriamo che questo contribuisca a sbloccare gli otto disegni di legge fermi da anni in Parlamento”. Alla fine di agosto 2009 la Difesa ha risarcito i famigliari di due vittime dell’amianto, elargendo (con la formula delle transazioni) 800 mila euro per un caduto sottufficiale e 850 mila per un capitano di vascello. Una goccia nel mare.
Conservatorio, a L’Aquila buttato il progetto gratuito Per la ricostruzione si era offerto l’architetto giapponese Ban di Sandra Amurri
l progetto era pronto. Ed era gratuito. I soldi per Iplastico realizzarlo c’erano. Berlusconi ha sbandierato il davanti alle telecamere assieme al suo omologo giapponese Taro Aso durante il G8 e alla festa organizzata nella caserma di Coppito. Poi, silenzio. Nessuna spiegazione ufficiale. Tante cose dette poi negate. Stiamo parlando del progetto per la ricostruzione del Conservatorio dell’Aquila dell’architetto giapponese Shigeru Ban, studio a Tokio, New York e Parigi, docente dell'Università Kei, membro del Voluntary Architects Network, famoso nel mondo per le sue ricerche nel campo delle tensostrutture. Progetto, costato all’architetto Ban ben 5 mesi di lavoro, che prevedeva oltre 1000 posti, da realizzare con oltre 500 mila euro messi a disposizione dall’ambasciata giapponese e i restanti 500 mila frutto di fondi raccolti personalmente dall’architetto attraverso fondazioni e gruppi finanziari in Europa e nel mondo. Un progetto definito, anche dal direttore del Conservatorio Bruno Carioti “straordinario, all’avanguardia”. Un progetto, presentato ufficialmente il 7 luglio da Ban assieme al primo ministro giapponese, a Palazzo Chigi, che avrebbe dato all’Aquila una risonanza mondiale, altro che G8. Contrariamente a quanto sostenuto dal capo della Protezione civile, Guido Bertolaso, (“Non abbia-
mo visto una lira dei soldi promessi”) non avrebbe richiesto l’impiego di soldi pubblici. “Un mistero”, esclama il direttore Carioti. “Ho appreso solo oggi che sono iniziati i lavori per la realizzazione di un prefabbricato abitativo modulare scolastico Msp. Pensate che Ban, all’indomani del sisma del 1995 a Kobe, in alternativa alle tendopoli, ideò una soluzione progettando abitazioni di 16 metri quadri con pareti fatte con tubi di cartone e fondazioni di cassette per bottiglie di birra riempite con sabbia. Inoltre è stato uno dei progettisti delle Torri Gemelle”. Tutto sembrava pronto, l’area espropriata. Ma al dunque è stata bandita una gara e l’appalto assegnato ad una ditta di carpenteria metallica, che avrebbe avuto la meglio grazie a un forte ribasso praticato sul prezzo di partenza, a fronte di bassissime garanzie ambientali e acustiche. A Parigi, nello studio dell’architetto Ban, che ora si trova a Tokio, risponde al telefono il suo più stretto collaboratore, il trentaduenne architetto italiano Alessandro Marcello Boldrini, che si dice esterrefatto per il comportamento del premier, dell’onorevole Bertolaso e del sindaco dell’Aquila. “Ban aveva messo a disposizione la sua equipe, il governo giapponese aveva stanziato i fondi, abbiamo lavorato per mesi, venivamo a L’Aquila e i referenti istituzionali non si facevano trovare. An-
LA TESTIMONIANZA
MIO MARITO ABBANDONATO DALLA MARINA
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io marito è morto nel 1988. Tumore al mediastino. Aveva 35 anni”. Si commuove ancora oggi, Tina Leone, vedova di Luigi, uno delle centinaia di marinai morti per l’amianto con cui erano ricoperte le navi militari. Luigi si era imbarcato a 16 anni sul Vittorio Veneto; in tutto aveva sulle spalle 19 anni di servizio, 7 e mezzo dei quali a bordo. Nell’88 il più grande dei suoi tre figli aveva nove anni, la più piccola tre mesi. Tutto cominciò con un dolore alla spalla sinistra. “Io pensai che avesse preso un colpo d’aria -spiega Tina- sei mesi dopo non c’era più. E allora cominciò il vero calvario. Io, madre di tre figli piccoli, che la Marina voleva sfrattare dall’alloggio militare. Pur essendo tarantina, decisi di rimanere a La Spezia per il futuro dei bambini”. All'epoca, tre medici scrissero che il marito morì per cause di servizio, ma di amianto ancora non parlava nessuno . “Se ne cominciò a parlare nel 1992. Chiesi la pensione privilegiata, mi fu negata. Il mio avvocato, che era un ex ufficiale di Marina, mi consigliò di fare causa. Ancora oggi aspetto una risposta dai Tribunali”. Tina si sente abbandonata, ma non perde le speranze: “Ho detto ai miei figli: se io muoio, andare avanti. Lo dovete fare per vostro padre”. (s.d.)
che alle richieste dell’ambasciata giapponese in Italia non sono seguite risposte. Mio padre mi ha detto di aver letto sul Fatto Quotidiano che Bertolaso si è lamentato dei soldi promessi non arrivati, ma non è così. Noi avevamo donato tutto. Una occasione perduta. Peccato”. Per L’Italia, ovviamente. E una pessima figura. Che farebbe il paio con quella della Germania, che lamenta di non essere stata messa nella condizione di devolvere la sua donazione. Ma perché ad un progetto di tale rilevanza e per giunta gratuito si è preferito un prefabbricato Msp da pagare che non offre alcuna garanzia, né in termini ambientali né di acustica? Questa è la domanda a cui il dipartimento della Protezione civile ha tentato di rispondere maldestramente, dicendo che gli unici soldi certi sarebbero stati quelli garantiti dal governo giapponese. Ma così non era, come ha confermato il collaboratore dell’architetto Ban, che con lui ha inviato il progetto alle più importanti fondazioni e gruppi finanziari in Europa e nel Mondo che avevano accettato di finanziarlo.
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Giovedì 22 ottobre 2009
Il “Fatto” invita i precari a scrivere al ministro Tremonti
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POLITICA PRECARIA
l “Fatto Quotidiano” prende sul serio le parole del ministro dell'Economia Giulio Tremonti e lancia un'iniziativa invitando tutti i lavoratori precari che da anni si destreggiano tra contratti a termine (quando si è fortunati), contratti a progetto, co.co.co., lavoro a chiamata e delle partite Iva. Scrivete al ministro Tremonti e per conoscenza al nostro
giornale, raccontate la vostra condizione di lavoratori precari e chiedete a gran voce il vostro posto fisso. Questo l’indirizzo per le lettere: Ministro dell'Economia Giulio Tremonti, Ministero dell'Economia e delle Finanze via XX Settembre, 97 - 00187 Roma. Via mail, invece: ufficio.stampa@tesoro.it . Oppure potete scrivere a Tremonti sul suo sito internet,
http://www.giuliotremonti.it/email/ Mettete in copia alle mail anche il nostro giornale ( postofisso@ilfattoquotidiano.it ). Pubblicheremo una selezione delle vostre lettere su Il Fatto Quotidiano. Per motivi di praticità vi chiediamo di mandare testi brevi. In questo modo riusciremo a dare spazio a più lettere.
IL FATTO POLITICO
LA GELMINI VOLEVA PRECARI A TEMPO INDETERMINATO Ma l’opposizione costringe il governo
dc
La svolta delle primarie di Stefano Feltri
nche il (misterioso) ABerlusconi viaggio privato di Silvio in Russia, da
a fare dietrofront. Almeno in parte di Wanda
Marra
entre Silvio Berlusconi e Giulio Tremonti trovano un’inaspettata convergenza nell’elogio del posto fisso, il ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Mariastella Gelmini prova a trasformare in “precari a tempo indeterminato” i lavoratori della scuola. Solo per fare poi dietrofront rispetto alla chiara enormità della sua stessa proposta e a una battaglia compatta dell’opposizione. Stiamo parlando del cosiddetto decreto legge “salvaprecari” che è stato approvato ieri sera dalla Camera, “recante disposizioni urgenti per garantire la continuità del servizio scolastico ed educativo per l’anno 2009-2010”. Il testo era stato presentato dopo che Consulta e Tar del Lazio avevano considerato illegittime le graduatorie. L’iter sembrava già travagliato alla vigilia: l’opposizione aveva presentato circa 150 emendamenti e correva voce che il governo volesse mettere la fiducia. Doveva trattar-
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si di un provvedimento riguardante circa 16mila precari della scuola (su 230mila). Ovvero coloro che a causa dei tagli della Gelmini per il corrente anno scolastico non sono stati incaricati di una supplenza annuale. Ma in realtà cosa stabilisce il decreto nei confronti di costoro? Da una parte, si offre ai precari la possibilità di fare supplenze brevi (al posto di quelle annuali), dall’altra il governo chiede alle Regioni di intervenire con risorse proprie nella realizzazione di progetti straordinari nelle scuole, per i quali è possibile utilizzare questi docenti. C’era però anche il trucco, contenuto in quello che in origine era il Comma 1: i contratti a tempo determinato per il conferimento di supplenze “non possono in alcun caso trasformarsi in rapporti di lavoro a tempo indeterminato e consentire la maturazione di anzianità utile ai fini restributivi prima dell'immissione in ruolo”, recitava il testo. Insomma, con queste parole il decreto avrebbe reso possibile ai precari lavorare, ma mai es-
sere assunti. In aula la bagarre scoppia martedì sera. Il governo va sotto: i suoi deputati non ci sono, come accade di frequente. Ma poi, grazie alla gestione della presidenza di Maurizio Lupi che prende tempo e fa arrivare i suoi di corsa, la maggioranza riesce in serata comunque a far passare, con due soli voti di vantaggio (271 a 269). Ma l’opposizione sceglie la strada dell’ostruzionismo durissimo, tanto da portare la maggioranza a tornare sui suoi passi. E il governo comincia una trattativa, che porta ieri a un voto bipartisan su questa parte della legge: la Camera approva la nuova formulazione del comma 1 del decreto precari, che riguarda il passaggio dei contratti a termine per supplenza a contratti a tempo indeterminato. Nella nuova formulazione la locuzione “in alcun caso”, che tagliava le gambe a ogni possibile assunzione a tempo indeterminato dei precari è stata soppressa e al suo posto si legge: i contratti a tempo determinato per il conferimen-
RECORD
PIÙ DI OTTANTA CONTRATTI ALL’ANNO PER I SUPERPRECARI A ORE di Gigi Furini Milano
alvatore Billeci ha 60 anni tondi tondi, palermitano, a Milano da una vita e detiene un record poco invidiabile: quello dei contatti di lavoro ottenuti in un anno. Più di 80. “La cifra esatta non me la ricordo perchè le carte le do tutte al commercialista, sennò io divento matto”. Mentre la politica discute le ultime parole di Tremonti sul lavoro sicuro, mentre Berlusconi si associa alle parole del suo ministro e la Confindustria parla di “passo indietro”, Billeci non ha un attimo da perdere. Corre da un tavolo all'altro. O meglio, da un hotel all'altro. Lui lavora, quasi esclusivamente, per i lussuosi alberghi intorno alla Stazione Centrale. E, in base al contratto del turismo, è sottoposto al lavoro a chiamata, che adesso tutti chiamano “job of call”. Si tratta di questo: vieni chiamato quando c'è necessità, lavori un giorno, ma anche mezza giornata, anche due ore, e poi vieni licenziato. Nella busta paga che ti danno a fine giornata ci sono tutte le tue spettanze, dalle paga oraria alle ferie maturate e non godute, a una piccola quota di tredicesima e liquidazione. Billeci fa il cameriere da una vita. Ha sempre fatto quello e non sa fare altro: “Io sarei uno chef de rang, cioè un cameriere esperto, secondo la classificazione della camera di Commercio, perchè parlo francese e inglese e me la cavo con il tedesco e lo spagnolo”. Lo incontriamo in un bar di piazza della Scala. Piove a Milano e Billeci tiene il telefonino sul tavolo. Se suona risponde al primo squillo. “Non si sa mai”. Perchè non si sa mai? “Magari sono loro, quelli dell'albergo. Ho appena finito di lavorare. Stamattina ho fatto dalle 7 alle 10, l'orario della prima colazione.” E poi? “Mi hanno licenziato, come tutti i giorni. E mi hanno dato la busta paga, con dentro tutte le mie spettanze. Per stasera spero di essere richiamato. Se hanno gente di sicuro mi richiamano. E, se vado, faccio dalle 19 alle 22, cioé il turno che copre l'ora di cena”. Poi lo
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to di supplenze “si trasformano in rapporti di lavoro a tempo indeterminato solo nel caso di immissione in ruolo, ai sensi delle disposizioni vigenti e delle graduatorie previste dalla presente legge” e dalla legge 296 del 2006. Per questo, l'opposizione vota il testo insieme alla maggioranza sul singolo articolo. “Mi pare che ci sia una contraddizione tra la rivendicazione della stabilità lavorativa come un valore e la politica che il governo sta portando avanti con il decreto sui precari della scuola", dichiara il capogruppo del Pd alla Camera, Anto-
La protesta di un precario (FOTO ANSA)
nello Soro, interpellato sulle parole di Tremonti sul posto fisso. Soddisfatto Beppe Fioroni (Pd), secondo il quale “con questo emendamento il parlamento rende giustizia ai precari, cui rimane la speranza di uno sbocco”. Il complesso del provvedimento, comunque, secondo l’opposizione non risolve nessuno dei problemi della scuola. E per questo ha deciso di votare contro al decreto nel suo insieme.
Il testo del decreto riguarda solo 16mila insegnanti senza posto fisso su circa 230mila
BANCHE
di Paola Zanca
Solo adesso la rata del mutuo è flessibile
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a sospensione delle rate del mutuo? Arriva con sette mesi di ritardo. E non per merito di Tremonti. “Ho perso il lavoro/sono in cassaintegrazione. Posso sospendere la rata del mutuo?”. Da marzo, sul sito del ministero dell'Economia, la risposta è “Sì”. Peccato non sia vero. Chi aveva creduto ai proclami di Tremonti è corso in banca per capire come tirarsi fuori dai guai. Risposta? “Ci dispiace, il governo non ha emanato il regolamento attuativo del Fondo di solidarietà”. Avrebbe dovuto farlo entro la fine di marzo. Da allora, esclusi pochi fortunati, per chi deve far fronte a una rata impossibile, non c'è scappatoia. Ieri l'Abi ha deciso di fare da sola e propone la sospensione dei mutui da gennaio 2010. La proposta c’è, ma è ancora tutta da realizzare. Chissà se, a differenza di quella di Tremonti, si trasformerà in qualcosa di più delle chiacchiere buone a guadagnarsi un titolo di giornale.
licenziano di nuovo: “Ormai ci sono abituato. Non trovo di meglio. Una volta era diverso. Ero assunto a tutti gli effetti. Facevo le mie ore, i miei turni e a fine mese arrivava la busta paga. Poi ho avuto problemi di salute e il lavoro fisso l'ho perso. Vado avanti così, finché dura. Lo scorso anno Bileci ha realizzato quasi un record: 80 contratti in dodici mesi. Ma lui minimizza: “Non sono tantissimi perchè sono stato poco bene. Sono stato, per così dire, assente per malattia. E ho perso tante occasioni” Ma le assenze per malattia nessuno gliele ha pagate. “Non ho lavorato e non ho preso i soldi - racconta - ho dato fondo ai risparmi che avevo. Ho 60 anni, fra un po' prenderò la pensione dell'Inps. Mi arrangerò”. Billeci, al bar della Scala sotto la pioggia, non è venuto solo. “Ci sono dei miei colleghi che stanno peggio di me, nel senso che sono più giovani e dovranno lavorare così ancora per un pezzo - spiega il cameriere - glieli posso presentare?” Arrivano caffè e brioche per tutti. “Questa è Anna”. Anna racconta la sua storia mentre fruga nella borsa per cercare la busta paga. “Ho 24 anni. Sono sposata e abbiamo una bambina di 3 anni. Mio marito guadagna, con un lavoro fisso, 1.200 euro al mese. Non bastano a Milano, se ne vanno 500 euro solo per l'affitto”. Anche lei lavora a chiamata: “Mi assumono e mi licenziano, in continuazione. Le faccio vedere la busta?” Anna stamattina ha lavorato due ore. La retribuzione base, intesa come paga oraria, è di 3,7932 euro; la contingenza 3,0370 euro. Quindi ci sono 1,1383 euro di ratei, cioè le quote che le spettano di tredicesima e quattordicesima. Sommando queste cifre abbiamo una retribuzione oraria di 7,9685. La cifra va, naturalmente, moltiplicata per le due ore lavorare per ottenere, complessivamente, 15,94 euro. “Ho preso anche 1,35 euro per ferie non godute e 0,80 euro per riposi non goduti. Così il totale, arrotondato, arriva a
18 euro. Ma questa è la cifra lorda. Ci sono trattenute per 1,65 euro e la cifra netta arriva ancora a 16 euro. Ho lavorato due ore, ho preso 16 euro. Tanti salute e grazie”. E questo tira e molla di assunti-licenziati, assunti-licenziati, da quanto dura? “Da un paio d'anni. Venerdì, sabato e domenica lavoro sempre, fra ristoranti, pizzerie o alberghi. Negli altri giorni è un po' più dura, ma se ci sono congressi o convegni allora mi chiamano”. Con Anna c'è Maria Elena. Nello stesso giorno ha lavorato quattro ore e ha preso 32 euro. É lei che fa una domanda: “Ho lavorato il doppio, non dovevo prende il doppio?” Dalla busta paga si scopre che, avendo una retribuzione più alta (36,17 euro), anche le trattenute sono più alte e il netto in busta scende sotto i 32 euro. C'è anche Francesco, di pessimo umore perchè ha preso 31 euro per un pomeriggio di lavoro, ma gliene hanno trattenuti due (di euro) per “bonifico bancario”. “D'altra parte – dice – l'alternativa era un assegno circolare e poi passavo mezza giornata in banca per cambiarlo. Ma vaffanculo”. Il cameriere per un altro giro di brioches. “Conosco persone – dice Francesco – che hanno superato i 150 contratti all'anno. Addirittura c'è chi è arrivato a 200”.
Valdimir Putin, arriva al momento giusto. Tre giorni di lontananza dalla scena italiana. Quando tornerà, domani mattina, il Pd sarà ormai prossimo alle primarie di domenica, che possono essere lo spartiacque dell’autunno politico. Le prime conseguenze saranno interne: dopo quattro mesi di paralisi, il Pd avrà un nuovo capo, si suppone Pierluigi Bersani. La fine dell’acefalia dovrebbe consentire al partito di occuparsi di nuovo del Paese, invece che investire tutte le energie in un dibattito interno privo di ogni ricaduta generale. Soltanto nella giornata di ieri si è registrata una polemica su Twitter tra Dario Franceschini e Ignazio Marino, gli altri due candidati, con reciproche accuse di “dietrologia”; un intervento di Walter Veltroni in tv sul fatto che non serviva votare nelle sezioni ma bastavano le primarie. Una volta votato, soprattutto se i votanti si conteranno a milioni e non a migliaia, tutto questo sarà archviato. punto il Pd dovrà Aloroquel gestire due dossier, tra connessi: le elezioni regionali del 2010 e il rapporto con gli alleati potenziali (Udc, Idv, sinistra radicale) ma soprattutto con Gianfranco Fini. Ci sono almeno due regioni, strutturalemente di destra, in cui il Pd può causare parecchi problemi. Ieri Fabio Granata, deputato finiano, si è spinto a dire che la candidatura di Nicola Cosentino alla guida della Campania “è inopportuna”, anche per i suoi sospetti legami con i clan dei casalesi. In Veneto la situazione sta sfuggendo al controllo di Berlusconi, che ha fatto promesse impossibili da mantenere (ha garantito la candidatura sia all’uscente Giancarlo Galan che alla Lega) e la corsa per il comune di Venezia può avere effetti di portata nazionale. Ieri Massimo Cacciari - che già non aveva grande entusiasmo all’inizio del mandato - ha detto che non “non corro neanche contro il Padre eterno”. Figurarsi contro Renato Brunetta che potrebbe lasciare il ministero per diventare sindaco della sua città (anche se bisogna considerare le ripercussioni nella sfida costante con Giulio Tremonti per l’egemonia economica sull’esecutivo). Poi c’è la Calabria, il destino di Antonio Bassolino da decidere, il futuro dei giornali amici “Europa” e “L’Unità”... Ma prima le primarie.
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Nei circoli ha votato il 5,82% degli elettori totali del Pd
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VERSO LE PRIMARIE
li iscritti che a settembre hanno votato nei circoli i candidati leader del Pd sono il 5,82% degli elettori del partito. E quanto è rappresentativo questo campione rispetto alla più ampia platea del "popolo delle primarie" che deciderà domenica chi guiderà il Partito Democratico è il quesito che fa arrovellare gli esperti di Pier Luigi Bersani,
Dario Franceschini e Ignazio Marino. Molto dipenderà da quante persone andranno ai gazebo; in ogni caso, Bersani crede nella conferma, Franceschini nel ribaltone, Marino attende con fiducia il 25 notte. Gli iscritti del Pd sono 827.259, pari al 10,33% di quegli 8.008.211 cittadini che il 6-7 giugno scorso hanno votato il partito alle elezioni europee. Un numero
il quartier generale comunica "
“BIPOLARISMO E NIENTE PASTICCI” Franceschini risponde alle dieci domande di Parisi sul “Fatto” Dario Franceschini aro Parisi, ho letto con grande attenzione le tue dieci domande e ne ho ben compreso il significato. Risponderò quindi entrando nel merito delle questioni che poni e che – come dici – possono orientare la scelta per le primarie. Nella prima domanda chiedi se puntare ad una coalizione di centrosinistra o ad una alleanza tra le cosiddette forze responsabili. Io dico che sono due ipotesi completamente diverse: un’altra cosa è un’emergenza democratica. Di fronte a una emergenza democratica si giustifica anche un’alleanza tra tutti quelli che vogliono salvare le regole democratiche di un paese, un’altra cosa è le alleanze per governare. E le alleanze per governare non possono che essere dentro il principio del bipolarismo e nel campo alternativo alla destra. Chiedi poi se il governo deve esser fondato sul voto popolare. E torno a dire che, al di là dell’idea di una fase di emergenza ogni governo deve passare, inevitabilmente attraverso nuove elezioni. No a cambi di maggioranza o pasticci nel corso della stessa legislatura. Sulla questione della scelta degli eletti rispondo che bisogna cambiare la legge elettorale restituendo agli elettori il diritto di scegliersi gli eletti. E penso che la strada migliore sia quella dei collegi uninominali che ricostruiscono il rapporto con il territorio fanno scegliere la qualità delle persone senza gli effetti distorsivi delle preferenze. Sul modello elettorale
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chiedi di schierarsi: io dico che dobbiamo assolutamente evitare un sistema che sottragga ai cittadini il diritto di sapere prima delle elezioni quale è la maggioranza che verrà formata e chi la guiderà. Quindi no a tutti i sistemi proporzionali puri che consegnano la scelta della formazione dei governi al dopo, compreso il sistema tedesco. Sulle primarie sostengo da sempre che va difeso il principio che il segretario nazionale e il segretario regionale sono eletti dal popolo delle primarie. Quindi legittimo correggere farraginosità e debolezze dello statuto, ad esempio penso che alle primarie accedano due e non tre candidati, ma tengo fermo il principio delle primarie degli elettori del Pd. E se sarò rieletto segretario difenderò questo principio con tutte le mie forze. Sulla spinosa questione Rai la mia proposta è quella di modificare la legge introducendo un amministratore unico e comunque sottraendo alla politica la nomina del Cda e del pre-
complessivo assai più basso rispetto ai 12.092.998 che misero la croce sul simbolo del Pd poco più di un anno prima, alle politiche dell’aprile 2008. Ma il numero degli iscritti che ha effettivamente partecipato ai congressi è stato poi inferiore: 466.573, pari al 56,40% dei tesserati (in Emilia Romagna la percentuale è stata addirittura del 35%).
Dario Franceschini (FOTO ANSA)
sidente. Ma penso anche che sarebbe autolesionista con le regole di oggi astenersi dal partecipare al Cda chiamato a fare le nomine. Ne gioirebbe solo la destra che trasformerebbe il servizio pubblico in un monocolore e ubbidiente. Sulla Lega non ho dubbi: è un avversario e resterà tale non soltanto per la pretesa secessionista ma perché per i suoi valori di egoismo territoriale, il contrasto alle diversità e alle società multietniche essa è un pezzo della destra, e neanche il pezzo migliore. A proposito della riflessione che tu chiedi sulle nostre sconfitte mi vien da dire che forse ne abbiamo fatte poche e poco approfondite, ma abbiamo riflettuto poco anche sui nostri successi. Per esempio le ultime elezioni politiche sono state una sconfitta perché non siamo riusciti a battere Berlusconi ma sono state insieme una vittoria perché abbiamo costruito un partito del 33,4% . È bene comunque discuterne approfonditamente senza reti-
“Su come fare le alleanze io e Pier Luigi abbiamo idee opposte. Se vinco cambio lo statuto” cenze per il futuro perché gli errori serve analizzarli per non ripeterli. Chiedi poi cosa pensiamo sulle alleanze. Io dico di costruirle sempre nel campo alternativo alla destra. Non ci possono essere deroghe rispetto a questo principio. Alleanze chiare costruite sul territorio attorno a programmi per il governo delle città, delle Regioni ma sempre dentro il campo alternativo alla destra. In alcuni casi ci sarà una coalizione più larga in alcuni casi più ristretta ma sempre nel rispetto del
Ieri la stampa vicina al presidente del Consiglio ci fa sapere che “il posto di Tremonti non è più al sicuro”(Libero) e che “D’Alema aggredisce il Giornale” (Il Giornale)
principio del bipolarismo e dell’alternanza. L’ultima domanda riguarda la collocazione europea. Io credo che abbiamo fatto fare al parlamento europeo un passo che sembrava inimmaginabile qualche mese fa. Abbiamo fatto nascere un gruppo che si chiama Alleanza progressista dei democratici e dei socialisti. Questo riguarda il gruppo parlamentare ed è il segnale che vogliamo e creare anche in Europa una casa in cui ci siano tutte le culture riformiste. È un passo enorme lo abbiamo fatto a li-
vello di parlamento europeo così in fretta perché esistevano delle scadenze temporali per la costituzione dei gruppi adesso deve cominciare il cammino che riguarda i partiti andando anche qui nella direzione della creazione di un campo più largo. Quanto tempo ci vorrà? Noi possiamo determinare i tempi e i modi del processo politico in Italia. In Europa e nel mondo il cammino lo dobbiamo fare insieme agli altri ed è un lavoro che richiederà del tempo. Ma ci riusciremo.
“SONDAGGI ELETTORALI”
I “NEMICI” FANNO IL TIFO PER BERSANI di Caterina Perniconi
e Dario Franceschini spera di vedere ribaltato SPartito con le primarie il risultato del Congresso del Democratico, deve affidarsi totalmente ai
suoi elettori. Perché se a votare ci andassero gli esponenti degli altri partiti, ipotesi possibile per l’apertura della consultazione a tutti i cittadini, il suo sfidante Pierluigi Bersani otterrebbe un plebiscito. Abbiamo fatto un sondaggio sia nella maggioranza che nell’opposizione sul candidato ideale al quale affidare il BATTAGLIA SARDA timone del Partito democratico, scoprendo che l’ex ministro è l’uomo col quale quasi tutti vorrebbero confrontarUnità si schiera “senza pudore” con Francesca si. Apre le danze il ViceBarracciu, candidata alla segreteria regionale ministro Adolfo Urso, del Pd sardo. Lo denuncia con una certa verve che ricopre l’incarico al ministero dello SvilupValentina Sanna, dirigente del Pd locale e capolista po economico che fu di alle primarie in una delle liste regionali del Collegio Bersani: “Sono sicuro – di Cagliari a sostegno di Silvio Lai. Campagna scherza Urso – che per elettorale evidentemente accesa quella sarda, che favorire il mio candidavede la Barracciu in quota Franceschini e Lai in to devo dire che voterei quota Bersani. La Sanna si limita a far notare il fatto per un altro! Ma credo e che il quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha mi auguro che prevalgadedicato un’intervista a tutta pagina alla Barracciu, no i valori di una sinistra disponibile al confronsenza riservare lo stesso trattamento agli altri to europeo, ed è per contendenti. Per di più, Concita De Gregorio sarà a questo motivo che simCagliari sabato per sostenere, “in quanto donna e patizzo per Bersani”. perciò solidale con lei”, Francesca Barracciu. Dello stesso avviso anConclude ironicamente la Sanna: “Sono certa che che Mario Mauro, catutto ciò niente abbia a che vedere con il fatto che podelegazione degli euproprietario del giornale che dirige sia Renato Soru, rodeputati del Pdl: “Se pensassi ad un candidacandidato nel Collegio di Cagliari e il maggior to ideale per il Pd direi sponsor politico della Barracciu”. al più lontano politica-
L’UNITÀ SCEGLIE...SORU L’
mente da me, quindi Ignazio Marino. Ma se devo ipotizzare un confronto, ho un’abitudine al dialogo con Pierluigi Bersani”. Del resto Mario Mauro è uno degli esponenti più in vista del movimento di Comunione e Liberazione, che aveva incoronato Bersani “candidato ideale” alla guida del Pd già quest’estate al meeting di Rimini. Votante atipico sarebbe il deputato del Pdl Benedetto Della Vedova: “Voterei Bersani per la qualità, Franceschini per il programma più convincente e Marino per lo spirito innovativo e le posizioni più vicine alle mie sui diritti civili”. Non andrebbe a votare neanche se appartenesse al Pd il portavoce del Popolo della Libertà, Daniele Capezzone, che propone un ampio ventaglio di clausole: “Sono molto deluso dalla loro campagna elettorale – spiega Capezzone – mi aspettavo da uno dei tre una presa di distanza da 4 realtà: Di Pietro, i settori politicizzati della magistratura, Repubblica e la Cgil”. Più complesso il discorso quando si passa ad interrogare i partiti dell’opposizione. Loro a votare potrebbero andarci davvero, per favorire uno dei candidati. Del resto gli iscritti del Pd sono 827.259, pari al 10,33% di quegli 8.008.211 cittadini che il 6-7 giugno scorso hanno votato il partito alle elezioni europee, e solo 466.573 hanno effettivamente partecipato ai congressi. Quindi, con un bacino così ampio ed un’aspettativa intorno ai 2 milioni di elettori, potrebbe sbucare anche qualche simpatizzante di altre realtà, con il Pd già associate o alleate in pectore. “Queste primarie sono state un atto importante di partecipazione – dice Antonio Di Pietro, presidente dell’Italia dei Valori, che preferisce non sbilanciarsi – e io come parte della coalizione non voglio fare un nome, ci tengo a ribadire che rispetterò la volontà degli elettori del Pd”. Molto meno imparziale Francesco Barbato: “Per me il Pd è uguale al Pdl, almeno in Campania, dove si affida a Bassolino capolista. Voterei Franceschini perché rappresenta il contraltare alle posizioni grigie del bassolinismo del malaffare e candida persone più pulite e credibili
con cui vorrei fare accordi”. Pro Bersani invece il segretario di Rifondazione, Paolo Ferrero: “Colgo delle positività da parte di Bersani – spiega Ferrero – perché sostiene con chiarezza una posizione pluralista e meno bipolare, rappresentando di fatto la fine del veltronismo bipartitico”. Bersaniano anche Bruno Tabacci dell’Udc, ma per tutt’altra ragione: “Voterei Bersani con lo scopo di accentuare la critica della natura del Pd, per consentire di chiarire il rapporto con gli ex democristiani che sono fuori strada dentro quel partito”. Equidistante Gennaro Migliore, di Sinistra e Libertà: “Non ho un candidato preferito perché nessuno dei tre ha sfondato quel muro di impermeabilità politica che li divide dalla realtà, non è emerso nessun tema e avrei grosse difficoltà di scelta. Personalmente li stimo tutti e tre”. Non è convinto nemmeno il neo-segretario dei Verdi Angelo Bonelli: “Non mi piacciono le premesse di Franceschini che non vuole alleanze inclusive. Ma nemmeno Bersani che non si sofferma a sufficienza sulle politiche ambientali. Serve un segretario forte, che non ripeta gli errori di Veltroni e rilanci un centrosinistra diverso dalla destra. Perché - conclude Bonelli che lancia un monito – il centrosinistra non è più un dogma per noi laddove sul territorio firma piani regolatori peggiori di quelli del Pdl e non si distingue come vera alternativa”.
I politici di altri partiti e la loro ipotetica dichiarazione di voto. Solo la sinistra radicale più equidistante
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Giovedì 22 ottobre 2009
La situazione del mercato tv in Italia
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TELEVISIONE
el 2008 Sky ha superato Mediaset per ricavi, piazzandosi al secondo posto dopo la Rai. Rispettivamente hanno incassato 2,7 miliardi (Rai), 2,6 (Sky), 2,5 (Mediaset). Marginale la posizione di La7/Mtv, che si ferma a 152 milioni. La competizione, soprattutto durante la crisi in cui le inserzioni sono in calo, si sta spostando
euro di costi iniziali). La Rai, per ora, è fuori dal mercato della pay-tv. Ma il governo, in particolare il sottosegretario con delega alle telecomunicazioni Paolo Bonaiuti, non ha mai fatto mistero di auspicare che anche la televisione pubblica si muova in quella direzione. Trasformando, magari, il canone - che oggi è di fatto una tassa - nel prezzo di un abbonamento.
dalla pubblicità alle offerte a pagamento. Mediaset Premium offre pacchetti a partire da 18 euro al mese che comprendono il calcio e i film più importante della stagione. Sky risponde con un’offerta da 29 euro al mese per i nuovi abbonati, tra le varie possibilità c’è la più recente chepropone un televisore ad alta definizione a 6 euro al mese pe tre anni (più alcune decine di
LA MOSSA DELLA CHIAVETTA SKY ERA PRONTA DA UN ANNO E MEZZO La Rai ostenta indifferenza ma la reazione di Murdoch rende inutile la piattaforma satellitare Tivù Sat di Beatrice Borromeo
a Rai sapeva da mesi della chiavetta digitale di Sky, risposta al criptaggio dei programmi Rai e Mediaset sul satellite. La digital key, che permette di vedere anche l’offerta gratuita del digitale terrestre, era infatti pronta già da un anno e mezzo. Nonostante questo, la dirigenza di viale Mazzini ha fatto saltare la trattativa con Sky per l’esclusiva sui programmi Rai Sat e la trasmissione satellitare degli altri disponibili anche in chiaro. Il risultato è un mancato incasso per la Rai di 50 milioni di euro all’anno per sette anni. “L’idea della chiavetta è vecchia. Tant’è vero che i decoder sono già predisposti - fanno sapere al “Fatto” i piani alti di Sky - invece la decisione di utilizzarla è più recente”. Tradotto: la digital key non è, come ha detto il direttore generale della Rai Mauro Masi “una bella e intelligente trovata pubblicitaria”. É una reazione tattica, programmata da tempo in vista del possibile fallimento degli accordi per ospitare la Rai sul satellite. Spiega un alto dirigente della tv pubblica: “Masi ha fatto capire di essere a conoscenza già da gennaio della chiavetta. Attenzione ai tempi: all’epoca Masi era segretario di palazzo Chigi e in aprile è passato alla direzione della Rai. Con l’obiet-
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Tom Mockridge, amministratore delegato di Sky Italia (FOTO ANSA)
tivo di far perdere abbonati a Sky, ha rinunciato a 350 milioni di euro in sette anni. Invece gli abbonati crescono, e la Rai continua a perdere soldi”. Anche da Sky confermano l’attendibilità di questa tesi: “La Rai poteva certo supporre l’esistenza della digital key. E, se le era chiaro, stupisce che abbia fatto saltare la trattativa con noi. Non ci sono ragioni economiche che supportino quella scelta. Ma di questo se ne occuperà la Corte
dei Conti”. La Rai cripta, Sky reagisce. Allora perchè, se era così semplice per il gruppo di Rupert Murdoch superare l’ostruzionismo della Rai, Sky era disposto a pagare così tanto per offrire sulla sua piattaforma canali che è in grado di trasmettere lo stesso? “Tra Rai e Sky - spiega un dirigente di viale Mazzini - c’era un rapporto stretto di contrapposizione a Mediaset. La collaborazione non si limitava a singoli
POLTRONE
ENI O AUTHORITY: LA EXIT STRATEGY DEL SOLDATO MASI di Francesco Bonazzi
he la sua stagione in Rai non sia eterna l’ha C“grand già capito da qualche giorno e da vero commis” all’italiana sta già pensando a che poltrona occupare al prossimo giro. Mauro Masi, in questi giorni, ha parlato più volte con i suoi ex colleghi di palazzo Chigi e ha cominciato a spiegare agli uomini di Silvio Berlusconi e a Gianni Letta di che cosa si accontenterebbe nel caso dovesse lasciare la direzione generale della Rai: la presidenza dell’Eni o la guida di qualche authority. Da esperto “mandarino” , Masi sa che la serie di disavventure che l’ha colpito negli ultimi mesi consiglia un passo indietro, per poi farne uno di lato e un paio avanti. Mandato in viale Mazzini anche perché stava facendo ombra al 76enne Gianni Letta, Masi è incappato nella disavventura del “Porta a Porta” celebrativo dell’Abruzzo, nel quale il presidente del Consiglio, più che dalle domande di Bruno Vespa, è stato massacrato nello share dalla Champions League. Poi la guerra con lo “Squalo” Murdoch. La pseudo-trattativa con Sky per scendere dalla piattaforma satellitare e spostarsi sul digitale terrestre insieme al Biscione sarebbe quasi da Corte dei Conti, alla voce “danno erariale”. Poi il colpo di scena dell’altroieri, con Murdoch che piazza il micidiale contropiede della “chiavetta” Sky. Una manovra di mercato che ora rende addirittura anti-economico e rischioso il “switch-over” digitale delle regioni del Centro-Sud. E infine le
accordi ed era nell’interesse di tutti evitare l’inizio una guerra. Ma ora dietro le mosse della Rai si può vedere il tentativo di Mediaset di colpire un concorrente sempre più pericoloso”. La vicenda della chiavetta arriva al termine di una serie di tensioni tra Sky e le televisioni berlusconiane. Lo scorso gennaio il governo ha deciso di alzare l’iva per le tv a pagamento dal 10 al 20 per cento (rispettando, va ricordato, le richieste dell’Europa). Era stato proprio Silvio Berlusconi, però, nel 1991, ad ottenere l’iva agevolata sulla pay tv, settore in cui all’epoca era attivo con Telepiù. Il governo Andreotti concesse il favore alla Fininvest. E a settembre Sky ha denunciato Mediaset, accusandola di non mandare in onda i suoi spot pubblicitari. “Il paradosso - spiega Francesco Siliato, analista dei media del Politecnico di Milano - è che in questa situazione dovrebbero essere tutti soddisfatti. Alla Rai conviene che i suoi programmi vadano in onda anche su Sky. Per due motivi: in quanto servizio pubblico, dovrebbe avere un grande interesse a essere presente su tutte le piattaforme possibili, come avviene in ogni altro Paese del mondo. Dal punto di vista economico, se aumenta il pubblico, sale anche il valore delle pubblicità.” Il giudizio complessivo del professor Siliato è questo: “La Rai è masochista. Perde ascolti e soldi. La Corte dei Conti dovrebbe intervenire su questi sprechi”. Ma sui mancati ricavi Masi minimizza, dimostrando anche in questo una certa identità di vedute con Mediaset: “La chiavetta sarà disponibile solo per i decoder in alta definizione, che costituiscono notoriamente una quota di minoranza dell’utenza Sky
(inferiore al 10%) e riguarderà solo gli abbonati dotati di un televisore Full HD (alta definizione)”. Sull’altra sponda Gina Nieri, consigliere di amministrazione di Mediaset, gli fa eco: “L’operazione riguarda solo 300mila utenti”. Ma secondo Sky i numeri sono ben diversi: “Praticamente tutti gli abbonati possono usare la chiavetta, sia chi ha il televisore Hd , oltre un
La tv pubblica ha rinunciato a 50 milioni di euro all’anno ed è andata alla guerra. E ora sta perdendo
grane personali, come le baruffe in pigiama per strada con la giovane compagna, culminata con l’arrivo dei carabinieri e la notizia finita sui giornali. Così, mentre al settimo piano di viale Mazzini Gianfranco Comanducci e Lorenza Lei affilano le armi in caso di successione, Masi gioca d’anticipo. Certo, se mettesse le mani sulla presidenza dell’Eni, per altro occupata da un Paolo Scaroni che OPPURTUNITÀ forse si muoverebbe solo per le Generali, Masi entrerebbe nel Guinness del embra uno scherzo, invece è una “promoveatur”. pubblicità. La pubblicità di Deutsche Più probabile la Bank. É comparsa su alcuni quotidiani. guida di qualche authority, come Dice così: “Scudo Fiscale. Solidità, quella per la Priaffidabilità, riservatezza sono alla base vacy o l’Energia. di ogni operazione finanziaria”. Ma scadono tutte La banca tedesca ci tiene a ispirare nel 2012 e l’unica fiducia. che si rende vaSceglie un cielo azzurro come sfondo e in cante nella primaprimo piano un ponte, grande e bianco, vera prossima è la che unisce due sponde: immaginiamo Consob. Insomma, non sarà faciquella dei soldi prima e dopo il lavaggio le apparecchiare dello scudo fiscale. una degna (e preIl testo dell’annuncio va all’essenziale: sentabile) “exit “Deutsche Bank è una realtà solida, strategy” per il soldato Masi.
milione di persone, che chi acquista, con 49 euro, il nuovo decoder”. Murdoch ha anche reso più aggressiva l’ offerta sui televisori HD, acquistabili con 6 euro al mese per tre anni. E Sky può permetterselo perché ha i 50 milioni di euro annui che non versa più alla Rai da investire. L’operazione serve soprattutto a incrementare il numero degli abbonati. Effetto collaterale: per gli abbonati Sky diventa di fatto inutile il costoso decoder Tivù Sat, la piattaforma satellitare alternativa creata dalle due televsioni generaliste per emanciparsi da quella di Murdoch. E tutto questo è regolare, business is business, nonostante quello che dice Masi: “Potrebbe essere in conflitto con le disposizioni delle Autorità di garanzia”. Ma l’Agcom, contattata dal “Fatto Quotidiano”, risponde che “la chiavetta consente a tutti di vedere i programmi del digitale terrestre. Da un punto di vista regolamentare non c’è alcun problema. Capiamo il fastidio della Rai, ma giuridicamente questa operazione è lecita”.
di Pino Corrias
TU QUOQUE DEUTSCHE
S
affidabile e riservata, con esperienza internazionale nelle operazioni finanziarie”. La parola chiave è “riser vata”. Il messaggio è asciutto. Niente moralismi. Salvo che la morale, ieri sul “Corriere della Sera”, ce l’ha messa il caso: la pubblicità compariva nella pagina retta da questo bel titolo a nove colonne: “Fondi neri per ventidue milioni. Arrestati imprenditore e assessore”. Si parlava dell’industriale Giuseppe Grossi e di altri cattivi riciclatori. Quelli senza ponte.
Mitrokhin, una replica a Guzzanti di Vincenzo Vasile
aolo Guzzanti nel tentare PQuotidiano di difendere – ieri sul Fatto – la “sua” Mitrokhin, intesa come Commissione, dalla “collezione di falsità imprecisioni luoghi comuni” che le avrei dedicato, ci regala qualche perla. Per esempio: la “scheda di Scaramella su Prodi non fa parte dei lavori ma è la nota personale di un consulente”. E noi che avevamo scritto? Che quel consulente (uomo di fiducia del presidente Guzzanti) era proprio Mario Scaramella, e che questi, sovvenzionato dalla Commissione, era andato a raccogliere in giro per il mondo nel sottobosco degli spioni internazionali incredibili dicerie su Romano Prodi “uomo dell’Urss”. In questa storia di polpette avvelenate, c’è ora un altro gioiello: sostiene Guzzanti nella sua lettera, che quando Litvinenko, poi assassinato a Londra, parlò con il solito Scaramella, registrò su video che, un generale del Kgb (anche lui poi assassinato), gli sconsigliò di fuggire in Italia perché Prodi era “our man”, nostro uomo (uomo dei sovietici, ndr) , “non una spia ma un agente d’inf luenza”, come precisa benevolmente l’esperto Paolo. Che vuol presentarsi, anche come specialista di bon ton politico e istituzionale, se “questa registrazione – rivela – fu secretata in cassaforte affinché non interferisse con le elezioni del 2006 vinte da Prodi”. Che gentiluomini, due delicati pupetti di porcellana bisquit, gente d’altri tempi Paolo e Mario, che cortesemente secretavano, discretamente chiudevano in cassaforte incartamenti e videocassette, non se ne trovano più fatti così. Sarà anche per questo che ha rotto con Guzzanti, Berlusconi uomo che il tatto non sa dove stia di casa – e sarà per questo che ieri sera se ne è andato personalmente nella dacia di Putin, nel tentativo di raccogliere un altro po’ di fango da gettare al ritorno tra le pale del ventilatore in faccia ai pericolosi comunisti 007 sovietici che ancora popolano il paesaggio politico italiano. PS: Ma c’è qualcosa che sfugge alla memoria di Guzzanti. Collegato telefonicamente con “Porta a Porta” il 5 dicembre 2006, Scaramella rivelò a quell’altro tipetto soave di Bruno Vespa di essere in possesso di nuovo materiale, non devoluto alla Commissione. Cioè "le videoregistrazioni di Litvinenko che riguardano politici italiani". Suggerimento per Silvio B.: modifichi al ritorno dalla Russia il piano di volo del suo jet presidenziale, per una capatina da Mario S. Conserva sempre roba buona per gli amici, anche se ha un carattere molto “riservato”.
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RABBIA PADANA
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“CAVALIERE, LASCIACI GALAN
SANATORIA
Scoperte false colf e badanti
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alse colf e badanti sono stati individuati dalla Questura di Firenze. Un pool speciale sta infatti facendo accertamenti sulle regolarizzazioni della sanatoria che si è conclusa il 30 settembre. Risulta che alcuni immigrati si sono avvalsi del supporto di finti datori di lavoro per ottenere i permessi di soggiorno.
Gli imprenditori veneti infuriati con Berlusconi per le regionali 2010 di Erminia
della Frattina Padova
uno scandalo che Bossi e Berlusconi, per la candidatura alle regionali 2010, stiano scatenando una guerra fratricida tra Galan e i candidati della Lega. Siamo la regione più importante d’Italia, e stiamo vivendo un momento di incertezza pesante, anzi di crisi nera. Se a Roma fanno questa melina, vuol dire che a Bossi e Berlusconi non importa niente di noi veneti, siamo merce di scambio e basta. É un’azione scellerata, devastante, che avrà conseguenze gravissime per loro”. Tuona come Gesù nel tempio Mario Pozza, che guida la “pancia” del Veneto, quella Confartigianato della Marca che mette insieme 13mila artigiani (“tutti incazzati parecchio”), quarta in Italia nel sistema Confartigianato per numero di iscritti, con 95 comuni per 33 sedi e oltre 400 dipendenti, e un Centro di formazione professionale riconosciuto a livello europeo. “Siamo il più grande ufficio di terziario di Treviso, contiamo qualcosa” assicura Pozza, che minaccia di comprare pagine di quotidiani nazionali per urlare a Bossi e Berlusconi di decidersi a candidare “un unico cavallo”. Quale, a questo punto, sembra poco importante. “La nostra base è vicina storicamente al Centrodestra, ma poi i consensi sono trasversali, se la giocano Lega e Pdl. Personalmente, penso che Galan abbia lavorato mol-
“È
to bene, soprattutto nel campo della sanità e delle infrastrutture”. Aldilà della nota questione veneta, diventata poi diffuso atteggiamento popolare (i veneti si sentono eredi della Serenissima Repubblica, ombelico economico d’Italia - assieme alla Lombardia - ma nani politici, incapaci di contare nelle stanze dei bottoni), forse proprio Giancarlo Galan, governatore del Veneto da 15 anni, confermato nel 2005 con un plebiscito di voti, con la sua amicizia personale col premier ha accorciato le distanze, dando la sensazione ai veneti - ora già sparita - di contare qualcosa per Roma. Ma Galan è oggi in difficoltà, nonostante Berlusconi a giugno sia stato (con Marcello Dell’Utri) suo testimone di nozze. Per l’occasione il governatore del Veneto aveva persino fatto inserire al volo nel menù nuziale - una volta confermata la presenza di Berlusconi, incerta fino all’ultimo - la famosa pasta e fagioli del pluristellato Celeste di Venegazzù, tanto gradita al premier. Non è bastato. E così, i “galaniani” convinti minacciano anche loro battaglia. Il governatore ha grandi consensi in Veneto, costruiti con la lungimiranza e la capacità di relazione che tutti gli riconoscono (è stato direttore centrale di Pubblitalia fino al 1992, quando Berlusconi lo chiamò a collaborare al progetto di Forza Italia). Sono consensi che provengono da lobby trasversali, ma soprattutto appoggi “istituzionali”
e di vertice. A cominciare dagli imprenditori, che hanno consegnato a Berlusconi un documento di sostegno a Galan, e hanno perorato vis-à-vis col Cavaliere qualche giorno fa la causa veneta, e la necessità di trovare una soluzione. Sono gli “stellati” dell’imprenditoria, Coin, Zoppas, Stefanel, Marzotto, per citarne solo alcuni. Anche i vertici delle Confindustrie provinciali sono schierate da sempre con il governatore (Andrea Riello, Tomat, Vardanega e Peghin) assieme alla “vecchia guardia” confindustriale, da Luigi Rossi Luciani (presidente di Confindustria Veneto dal 2000 al 2005) a Giustina Destro, parlamentare, imprenditrice, ex sindaco di Padova e tessitrice sapiente di relazioni che contano (queste sì) nei salotti buoni del Veneto. Fino ad arrivare a Enrico Marchi, presidente di Save, la società che gestisce l’aeroporto Marco Polo di Venezia, l’uomo che ha guidato il “fuoco amico” di imprenditori che hanno rivolto l’appello pro-Galan a Berlusconi. Marchi, bocconiano di Conegliano, si è iscritto da ragazzo al partito liberale di Venezia assieme ai suoi amici più cari: Giancarlo
Giancarlo Galan secondo Manolo Fucecchi
Galan, Nicolò Ghedini e Fabio Gava, assessore alla sanità nell’era Galan e parlamentare dal 2008. «E’ un governatore che ha lavorato moltissimo – dice la Destro – è concreto, lungimirante, e ha un consenso personale elevatissimo non solo tra gli imprenditori, anche i piccoli, ma anche tra artigiani, professionisti e commercianti». Tra le opere che il pragmatismo di Galan ha prodotto, ci sono sicuramente il Passante e l’ospedale di Mestre, costruito in project financing (metodo gradito a un liberal come Galan, ma assolutamente contestato dalla Lega). E poi il rigassificatore (inaugurato lunedì alla presenza del premier) e via via elencando, dal Mose alla battaglia sulla Tav, alla Romea commerciale appena passata al vaglio del Cipe, alla Pedemontana coi cantieri pronti a partire. “E’ la filosofia di Ga-
VERONA
CHE GUAIO ESSERE UN SIKH di Elisabetta Reguitti Verona
di avere anche ripercussioni diRportoischia plomatiche il fatto avvenuto all’ aeroCatullo di Verona dopo che il console generale indiano a Milano ha espresso pubblicamente in una lettera il suo rammarico per l’accaduto. Protagonista della vicenda, suo malgrado, Sukhdev Singh, 38enne autista di Tir esponente della comunità sikh di Mantova, in Italia dal 1998. L’oggetto del contendere il suo dastar : il turbante che insieme al pugnale, un pettine fissato tra i lunghi capelli, le mutande lunghe fino alle ginocchia e il bracciale di ferro, rappresentano i simboli sacri della sua religione. La scarsa conoscenza dell’ importanza dei segni per una identità religiosa hanno comportato, tra l’altro, anche un ricorso al tribunale di Mantova contro la discriminazione (prevista dal testo unico sull’immigrazione) patrocinato dall’avvocato Chiara Pulica di Verona e una richiesta “di risarcimento simbolico”. Ricostruiamo la vicenda. Sukhdev insieme alla moglie Prabhdeep Kaur e al figlio Jaanzab si presentano, per tempo, all’aeroporto di Verona per imbarcarsi su di un volo Lufthansa destina-
zione Francoforte per poi proseguire per Nuova Delhi. “Era il primo viaggio in India insieme a mio figlio che, dopo pochi giorni avrebbe compiuto 3 anni. Dopo aver effettuato le operazioni di imbarco dei bagagli - racconta - mi sono avvicinato al metal detector per i normali controlli di sicurezza. Sapendo che con oggetti metallici scatta l’allarme ho alzato le braccia. Puntualmente il rilevatore ha suonato. Ripassando con le braccia abbassate e il segnale è scattato in basso. Era evidente, come è successo altre volte in precedenza in altri aeroporti, che l’unico oggetto metallico fosse il mio bracciale”. Uno dei quattro agenti ha comunque preteso che Sukhdev si togliesse il turbante. “Nonostante fossero in possesso dello strumento mobile rilevatore di metalli spiega - mi hanno detto di sbrigarmi. Come se fosse un semplice cappello. Ma non è così. Il dastar (che significa “mano del Signore” ed è composto da otto metri di stoffa ndr) deve essere sciolto e rifatto in un certo modo e non può essere sfilato. Il tutto comporta un po’ di tempo e soprattutto l’essere obbligati a toglierlo in pubblico per noi è un affronto alla persona e alla nostra religione. Ma in ogni
Un Sikh immigrato in Italia (FOTO ANSA)
caso lo avrei fatto se mi fosse stato dato il tempo necessario”. Di fronte all’incalzante richiesta da parte dell’ operatore della sicurezza, ma all’oggettiva impossibilità di farlo in tempo per l’imbarco, la famiglia Singh ha dovuto rinunciare alla partenza. Che è invece avvenuta, senza nessun problema, pochi giorni dopo. Da Bologna, però. Il rinvio è costato alla famiglia 1260 euro di biglietti: l’importo è stato inserito nell’azione civile. “Capiamo la necessità di attuare tutte le procedure di sicurezza – dice Dilbagh, fratello di Sukhdev – e nel caso siano necessari ulteriori controlli oltre a quelli elettronici chiediamo almeno di poter essere messi nella possibilità di sciogliere e poi riavvolgere il dastar in modo adeguato. Accade ovunque in Europa e negli Stati Uniti. Perché non a Verona? Noi non siamo terroristi e non vogliamo essere trattati come tali solo perché indossiamo un turbante”. La comunità sikh, in Italia, al 31 agosto, comprendeva all’incirca 83 mila esponenti. Oltre 30 mila nel Nord-Est e nella Pianura Padana: 4 mila dei quali vivono in provincia di Verona, oltre 6 mila a Mantova. La maggior parte lavora nel settore dell’agricoltura e dell’ allevamento di bestiame.
lan, di sviluppo e di costruzione dell’Euroregione – avverte Vendemiano Sartor, per anni presidente di Confartigianato del Veneto e ora assessore alle politiche economiche – siamo la regione più strategica d’Italia per posizione geografica: sul tracciato del Corridoio V, sulla rotta per i Paesi dell’Est, ma anche in grado di reggere il sistema Cina-India, con una portualità dell’Alto Adriatico indispensabile per gli scambi. E poi abbiamo una capacità di relazioni unica, che ci viene dalla Repubblica Serenissima”. Sartor, galaniano di ferro, ammonisce le categorie, soprattutto gli artigiani che ha guidato per anni, che sono quelli più ‘a rischio Lega’: “La Padania non esiste, le categorie economiche devono aprirsi alle relazioni internazionali. E anche i piccoli, che vedono un futuro nel protezionismo, sbagliano la prospettiva”. Una prospettiva ingarbugliata in questo momento in Veneto. Con il governatore Galan tentato dall’idea di fondare un partito suo (non è una novità, lo aveva ventilato già nel libro-intervista dal titolo significativo: “Io sono il Nordest”) con i piccoli, imprenditori e artigiani, «incazzati» e confusi sul “cavallo” da votare, e i grandi schierati ai vertici, ma con una base fortemente tentata dalla protesta (tendenza Lega). Con lobby trasversali (grandi aziende di costruzioni e infrastrutture, innovazione e nanotech, ambienti della sanità e universitari) a forte tendenza Galan. Si aggiungono i sondaggi, abbondanti in queste ore, che danno tutti più o meno lo stesso risultato: Carroccio vincente se il candidato fosse Luca Zaia o Flavio Tosi, e Pdl svuotato. Intanto, gli altri due “cavalli” mandano a dire: “In 15 anni un governatore dice tutto quello che ha da dire”, firmato Zaia, ex-vicepresidente di Regione e braccio destro di Galan ma da sempre in contrasto con lui, e “Galan, fatti da parte” il più spiccio Flavio Tosi. Auguri fraterni.
I grandi marchi stanno con il governatore uscente, alcuni dei piccoli sono tentati dalla Lega
INCIDENTI STRADALI
Italia, prima per numero di vittime
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Italia, con 4.739 morti nel 2008, è prima in Europa per vittime degli incidenti stradali. Lo affermano i dati del Consiglio europeo per la sicurezza nei trasporti (Etsc). Al secondo posto del triste primato la Germania, che ha contato 4.467 vittime. Ma il nostro paese supera di molto la Germania per numero di morti in proporzione alla popolazione: 79 contro 54. Il terzo paese europeo è la Francia.
VIOLENZE
Altri stupri nel palazzo di Ascoli
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orse ci sono state altre vittime di violenza sessuale, nell'appartamento di Ascoli Piceno dove è stato compiuto lo stupro di una sedicenne, perpetuato da due ragazzi appena maggiorenni. Carlo Maria Santini e Enrico Maria Mazzocchi, che sono stati arrestati, avevano agganciato la ragazzina tramite Facebook, invitata in casa, fatta ubriacare e poi violentata. Secondo il capo della Mobile, Pierfrancesco Muriana, potrebbero essere stati compiuti altri stupri di minorenni, poichè pare siano transitate almeno 40 ragazzine. Tutte conosciute, pare, attraverso Facebook.
GIUSTIZIA
Il Ministero deve pagare
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l ministero della Giustizia è stato condannato al pagamento di 600 mila euro per eccessiva lentezza processuale dalla Corte di Appello di Salerno. Il ricorso era partito da 88 cittadini di Cosenza. La decisione è stata depositata il 23 settembre scorso, dopo che i giudici sono stati chiamati “giudicare l’operato del Tribunale di Catanzaro accusato di aver impiegato dieci anni per ultimare il primo grado di giudizio di un processo civile di risarcimento dann”.
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Nei colloqui russi gas e non solo: ci sarà anche il premier turco
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DAL MONDO
aereo del 31° stormo dell’Aeronautica militare con a bordo Silvio Berlusconi è atterrato a San Pietroburgo poco dopo le 19.30 ora locale (le 17 in Italia). Il premier è stato accolto sulla pista dal premier russo Vladimir Putin e dalla moglie Ludmilla. Cappotto scuro con bavero di velluto per proteggersi dal freddo della città russa, Berlusconi è sceso dalla scaletta accompagnato dal
consigliere per la politica estera, Valentino Valentini, e da uomini della sua scorta. Putin, Berlusconi e la moglie sono saliti su un pullmino dai vetri oscurati: destinazione la dacia sul lago Valdai (a trecento chilometri da San Pietroburgo) o, forse, una residenza subito fuori città. Nella visita in forma strettamente privata si parlerà di energia, come confermato dallo stesso Putin
(non sarà presente l’ex cancelliere tedesco Schroeder, ora superconsulente del colosso Gazprom, ma il premier turco Recep Tayyip Erdogan; ovvero, gli stessi protagonisti che in agosto s’erano incontrati in Turchia in occasione della firma dell’accordo sul passaggio attraverso il Mar Nero del gasdotto South Stream, il cui terminale in Europa occidentale sarebbe a Taranto).
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I “CUGINI” DELLA DACIA
ETIOPIA
Scontri in Ogaden cento morti
I
ribelli del Fronte di liberazione nazionale dell’Ogaden (Onlf), regione dell’Etiopia confinante con la Somalia, hanno affermato di aver sconfitto un contingente dell’esercito etiopico, che avrebbe perso oltre 100 soldati. Lo rendono noto fonti ufficiali della guerriglia.
Berlusconi e Putin, come i monarchi di un secolo fa di Stefano
Citati
erlusconi nella dacia di Putin è l'ennesimo esempio di quanto in questi anni i rapporti internazionali si siano personalizzati. Siamo tornati a un secolo fa, quando le lettere tra i regnanti d'Europa iniziavano invariabilmente con 'Caro cugino', per sottolineare la vicinanza (e spesso un grado di parentela)”. “Ora questa formula è come se fosse tornata in auge, e Berlusconi, Putin, ma anche Blair, Schoreder, Chirac e tutti gli altri quando si incontrano si salutassero come cugini: il tu, le pacche sulle spalle, le battute sono come in famiglia. È una consuetudine, che magari non piace, ma della quale dobbiamo prendere atto”. L'ambasciatore Sergio Romano, a Mosca alla fine degli anni ‘80, e prima tra l’altro alla Nato, saggista ed editorialista del Corriere della Sera non si stupisce più di tanto per i modi della visita del premier italiano al suo omologo russo. “La dacia, già usata nel recente passato per altri incontri privati con anche Chirac e Schroeder, è solo un esempio di questo fenomeno, come lo è diventato il ranch di Bush in Texas, ma anche villa Certosa in Sardegna; e non dimentichiamoci del caso della coppia Schroeder che adottò una bambina russa nel periodo di grande amicizia con Putin”. “Poi ognuno ha il suo stile, ed è evidente che Berlusconi ci metta del suo nel modo di agire ed esprimersi in ogni occasione”. “Certo è che, per quel che riguarda la Russia, anche questa occasione rivela il grande interesse reciproco.
B
E sono certo che questo interesse sarebbe identico anche se fossero protagonisti politici dai colori diversi dagli attuali: del resto il valore della Russia per l'Italia non era minore ai tempi del governo Prodi”. “Per quel che riguarda invece eventuali ripercussioni di questo rapporto privilegiato, ovvero possibili critiche, soprattutto americane, sulla poca diversificazione dell'Italia nell'approvvigionamento energetico non credo abbiamo ragione di esserci: il nostro paese storicamente conduce una politica di diversificazione, è la filosofia dell'Eni dai tempi di Enrico Mattei, e non è mai cambiata; penso ai buoni rapporti con la Libia, con l'Algeria, all'impianto inaugurato lunedì nell'Adriatico che tratta il gas proveniente dal Qatar”. “In fin dei conti un rapporto
Berlusconi, Erdogan e Puntin ad Ankara in agosto (FOTO ANSA)
economico privilegiato Roma lo intrattiene con Mosca fin dai tempi dell'Urss, quando era il terzo partner commerciale d'Europa (ora è il secondo, proprio dopo la Germania, ndr)”. “In questo momento inoltre c'è la crisi economica e ciò, come già accaduto in una situazione simile dieci anni fa, potrebbe portare i giganti russi dell'energia a favorire lo sviluppo del mercato interno. È una fase nella quale è molto importante essere in buona posizione per poter
cogliere le opportunità che si presentano per le nostre aziende”. “Se i colloqui privati tra i due premier saranno poi ancor più personali non ci è dato sapere al momento, comunque in generale se i servizi segreti di due paesi che sono in buoni rapporti si danno una mano, non c'è nulla di strano, può essere uno scambio di favori. E della ventilata richiesta di aiuto rivolta a Putin da Berlusconi per capire se fosse in atto un complotto internazionale contro di lui,
Pressioni ed errori, Strasburgo non boccia Roma Per 3 voti la mozione sulla libertà di stampa ko all’Europarlamento. Polemiche a sinistra di Alessandro Cisilin
rappresentato comunque una sberla per Palazzo Chigi, visto che l’europaron soli tre voti di scarto l’eEuropar- lamento di solito non si occupa dei prolamento ha bloccato una risoluzio- blemi dei singoli Stati. L’assemblea avene di condanna della situazione dell’in- va inoltre respinto più volte le richieste formazione in Italia. E per la verità sem- della destra, seppur maggioritaria, di bra che il centrosinistra si sia fermato levare il punto dall’ordine del giorno. da solo. Il deputato dell’Idv Arlacchi ha All’esame di ieri c’erano poi diverse ridenunciato “pressioni e minacce ad al- soluzioni, alcune partigiane di una tutissimo livello”, accusando tra l’altro tela normativa del pluralismo, altre pardue colleghi del proprio gruppo cen- tigiane di Berlusconi. Tutte sono state trista, gli irlandesi Gallagher e Aylward, bocciate, col risultato ultimo che si ridi aver votato con il Pdl. Ma la polemica conosce il problema del conflitto di innon ha risparmiato proprio l’Italia dei teressi, ma al contempo si decide che Valori con uno scambio di accuse con i l’Europa non debba far nulla di concredeputati di area Pd, scatenate dall’er- to per intervenire. rore, subito riconosciuto, di Vincenzo E nulla di fatto è stato, sicché la plenaria Iovine che ha ammesso di essersi sba- di ieri rimarrà nella storia dell’assemgliato di bottone. blea essenzialmente per le gesta da staLa disamina della situazione italiana ha dio inscenate dai pidiellini con la speranza che qualche telecamera italiana li immordi Alessandro Oppes VISTI DA MADRID talasse agli occhi del premier. Urla di giubilo, strali contro il centrosinistra, volantini l Cavaliere Silvio Berlusconi come il comparazione con l’altro leader mostrati ai cameCavalier Benito Mussolini. Il nuovo carismatico italiano del secolo scorso”. E ramen recitanti Duce che non ha bisogno di ricorrere al allora, ecco il ritorno al linguaggio “basta infangare l’Italia”, cioè Lui. manganello perché “il monopolio della tv dell’era Mussolini “con il grottesco Viva Soprattutto, il balrende innecessari gli squadristi”. Oddìo, l’Italia, Viva Berlusconi!”. Ecco il parallelo zo e la corsa trionci risiamo con i beceri attacchi della tra “le masse” del Duce del fascismo e “il fante tra i banchi stampa estera imbeccata dai soliti popolo italiano” e “gli elettori” del dell’emiciclo da disfattisti e anti-italiani nostrani? No, Cavaliere. Un uomo che, “come il suo parte del capoquesta volta è uno dei politologi più precursore, “non molla””, come dimostra gruppo Mauro, a rispettati di Spagna, Antonio Elorza, che, la minaccia “vedrete di che pasta sono discreta imitazioparticolare curioso, è Cav. pure lui, “al fatto”. E che pretende che manifestiamo ne dell’esultanza di Ronaldinho domerito della Repubblica italiana”. Se la attraverso elezioni/plebisciti la nostra po il gol sul rigore prende con B. dalle colonne di El País, fedele adesione “a Lui, proprio Lui”, fasullo del Milan pericoloso foglio sovversivo, convinto come ironizzava una canzoncina dell’era domenica scorsa com’è che “non risulta inutile la fascista”. contro la Roma. La gioia del cen-
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“A LUI, PROPRIO LUI”
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ciò che può stupire è semmai che il presidente del Consiglio possa pensare di essere vittima di una tale manovra”. “Poi, di incontri anomali, stravaganti, fuori dal protocollo, è piena la storia: anzi, in passato accadeva molto più spesso di ora, e si può dire che ci sia più trasparenza e informazione ora che in passato; almeno di questo viaggio noi abbiamo informazioni in tempo reale e non soltanto dopo che è accaduto”.
trodestra era in parte motivata. Gli emendamenti che argomentavano la sussistenza di una piena libertà di informazione in Italia e l’assenza di conflitti di interessi o di minacce al pluralismo da parte di Berlusconi erano stati sonoramente respinti, e altrettanto lo sono state tutte le proposte di risoluzione presentate dal centrodestra con tali argomentazioni. Temevano il peggio, invece per un soffio sono riusciti a seppellire anche il testo del centrosinistra, che chiedeva alla Commissione una direttiva a tutela del pluralismo. La destra europea, ai voti, ha dunque mostrato di non amare Berlusconi e i suoi adepti ma, quando si è trattato di votare sulle norme, è tornata a fare la destra, decidendo che Bruxelles continui a mettere il naso negli affari interni solo quando si tratta di libera circolazione dei capitali, e non di diritti fondamentali. Nel nulla di fatto rimane la dura condanna espressa contro il conflitto di interessi dalla precedente risoluzione approvata cinque anni fa. E la Commissione, nominata dai governi, potrà proseguire a ignorarla con ulteriore serenità, usando la solita, contestata, giustificazione che non è di sua competenza. Sapendo di poter confidare, nei momenti decisivi, nelle distrazioni del centrosinistra, nonché nella sua gentile disponibilità a cedere alle “pressioni”.
Due esponenti irlandesi hanno spiegato di aver scelto il ‘no’ dopo aver subito minacce
LOCKERBIE
Giallo sulle sorti dell’attentatore
L’
’emittente Sky News ha dato la notizia della morte dell’attentatore di Lockerbie, Abdul Baset Ali al-Megrahi; notizia smentita dall’avvocato, Tony Kelly: “È vivo e respira”. L’ex agente dei servizi segreti libici era stato rilasciato da un carcere scozzese il 20 agosto per ragioni umanitarie.
IRAN
Bozza d’accordo sul nucleare
L
a bozza d’accordo sottoposta ai paesi partecipanti (Iran, Usa, Russia e Francia) alla riunione sul programma atomico iraniano nella sede dell’Aiea a Vienna, definisce le modalità per l’arricchimento di uranio all’estero per l’uso, una volta rientrato in Iran, a fini civili.
RUANDA
Genocidio prete agli arresti
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legali di don Emmanuel Uwayezu,47 anni, sacerdote ruandese di etnia hutu accusato di genocidio e raggiunto da un mandato di cattura internazionale per cui è stato arrestato a Firenze, chiederanno gli arresti domiciliari.
USA
Mafioso ammette omosessualità
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l codice d’onore della mafia vede cadere un tabù che sembrava incrollabile: un mafioso di New York, Robert Mormando, 44 anni, della famiglia Gambino, ha ammesso in tirbunale d’essere omosessuale: lo ha fatto per ottenere sconti di pena.
Giovedì 22 ottobre 2009
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DAL MONDO
Sul palcoscenico di Parigi la faida Sarkozy-de Villepin Processo Clearstream: chiesti 18 mesi per l’ex premier di Emanuela Mastropietro Parigi
a sala del tribunale di Parigi è quella in cui la regina Maria Antonietta venne condannata a morte. Più di due secoli dopo, è l’aristocratico Dominique de Villepin, 55 anni, già primo ministro di Francia, ex delfino di Jacques Chirac, a rischiare di veder calare la mannaia su quel che resta della sua compromessa carriera politica. Ma l’uomo che voleva essere presidente della Repubblica non cede: no, non ha partecipato alla cospirazione per frenare la corsa all’Eliseo del collega e rivale di partito (Ump), Nicolas Sarkozy. No, non si merita i 18 mesi di carcere - per con la condizionale - e i 45mila euro di multa chiesti martedì dal pubblico ministero in un’aula affollata di spettatori, sgomitanti per la prima fila. Nell’affaire Clearstream, il caso che avvelena dal 2004 la vita politica francese, è una vittima, non un carnefice, e ieri i suoi avvocati hanno tentato di provarlo, smontando il castello accusatorio del procuratore capo di Parigi, Jean-Claude Marin. Per il pm, de Villepin è colpevole di concorso nel reato di calunnia.
L
Perché? Cinque anni fa, mentre era ministro dell’Interno, non ha impedito che una falsa lista di conti esteri della finanziaria lussemburghese Clearstream, sulla quale compariva il nome dell’attuale presidente della Repubblica, arrivasse nelle mani della magistratura. De Villepin, dice l’accusa, era cosciente che Sarkozy non avesse niente a che fare con quei fondi occulti, e tanto meno con presunte bustarelle versate su quei conti per la vendita di 6 fregate francesi a Taiwan. Lo sapeva, ma non ha fatto niente per smascherare il complotto. Ha peccato per omissione, con un “silenzio colpevole”. Ma le prove, dove sono?, tuona uno dei difensori, Olivier Metzner. “Nicolas Sarkozy voleva appendermi a un gancio da macellaio, vedo che ha mantenuto la promessa”, ha scandito l’ex primo ministro alla fine della requisitoria, i tratti del volto contratti in una smorfia di rabbia contenuta. Opinione condivisa da una buona fetta di francesi che considerano Clearstream la messinscena pubblica di una vendetta privata. Il 52%, secondo un sondaggio del settimanale Nouvel-Obs, mette in dubbio l’imparzialità del processo.
Clearstream, in Francia, tocca un tasto sensibile, e particolarmente d’attualità anche in Italia: gli equilibri tra l’esecutivo e la magistratura. La decisione di Nicolas Sarkozy di costituirsi parte civile – caso più unico che raro - è stata giudicata molto inopportuna. Come presidente della Repubblica in carica, infatti, è protetto dall’immunità: e un accusatore che non sia a sua volta accusabile calpesta il principio di uguaglianza davanti alla legge. Inoltre, la presenza dell’avvocato del capo dello Stato in un’aula di giustizia può essere interpretata come una pressione diretta sui giudici (della cui indipendenza, tra l’altro, il presidente della
I toni tra i due delfini di Chirac sono feroci: “Vuole appendermi a un gancio da macellaio”
Repubblica dovrebbe portarsi garante). E poi, a inquinare il clima, contribuiscono i lapsus del presidente, che ha definito “colpevoli” gli imputati davanti al pubblico del tg delle 20. Perché tanta acredine? Quella tra Sarkozy e de Villepin, due galletti nel pollaio dell’Ump, è un’inimicizia di vecchia data. Se li unisce l’appartenenza all’élite dominante, li divide una profonda differenza di stile. Alto, chioma da seduttore, eloquenza un po’ pomposa, l’elegante Dominique de Villepin arriva ai vertici dopo un brillante percorso come diplomatico. Non è mai stato eletto: deve tutto a Jacques Chirac, che l’ha scelto e sostenuto, nonostante la diffidenza della moglie Bernadette; l’ex prima dama di Francia l’aveva soprannominato “Nerone”, e non solo per la sua invidiabile cultura classica. Sarkozy, lui, alle lettere e alla cultura ha sempre contrapposto uno spirito pratico e una netta preferenza per lo show-business. Meno “Nuova Eloisa”, più Johnny Hallyday, l’avvocato di Neuilly, voto su voto, si è imposto con una volontà indefettibile, un’ambizione smisurata, una prosa sen-
De Villepin, Chirac e Sarkozy (FOTO ANSA)
za fioriture, guadagnandosi il diritto di guardare dall’alto in basso anche chi lo sbeffeggiava per la sua statura. È quest’uomo, non il brillante diplomatico, che diventa presidente nel maggio del 2007. De Villepin, che fino a quel momento era implicato solo come testimone nell’affare Clearstream, improvvisamente si ritrova imputato. La conseguenza? Il suo totale isolamento politico e il rinvio a giudizio come complice dell’industriale Jean-Louis Gergorin, considerato l’artefice del complotto (pena richiesta: 3 anni) e dell’ingegnere informatico Imad Lahoud (2 anni), l’uomo che avrebbe falsificato la lista dei conti esteri.
La sentenza è attesa in gennaio: paradossalmente, un’assoluzione potrebbe rilanciare de Villepin come alternativa Ump a Sarkozy, che a metà del suo mandato sta perdendo consensi. L’elettorato di destra manifesta un forte malumore, soprattutto per episodi d’arroganza: come la designazione del figlio Jean, 23 anni, studente di legge fuoricorso, alla guida della ricca City parigina, o le bacchettate alla stampa, giudicata “troppo critica”. Mentre i commentatori denunciano rischi di “berlusconizzazione” della politica, Clearstream, che non ha esaurito i suoi veleni, potrebbe rivelarsi un boomerang per Sarkozy.
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Giovedì 22 ottobre 2009
SECONDOTEMPO SPETTACOLI,SPORT,IDEE in & out
CR OZZA
E B. disse: RIFORMIAMO IL VANGELO
Consoli In arrivo il nuovo cd di Carmen: si chiamerà Elettra
Luxuria Il trans che conduce il tg in Toscana è una presenza uitile
Polanski La Svizzera è intenzionata a estradare Roman negli Stati Uniti
Cinema Ridley Scott a caccia di Angelina Jolie per il film su Gucci
“Buonasera onorevole”: le copertine di Ballarò diventano un libro, manuale di sopravvivenza per i cittadini di un Paese in via di sottosviluppo Un breviario di resistenza umana per sopravvivere ai politici e alle veline, ai terremoti e ai palinsesti: il primo libro di Maurizio Crozza esce in questi giorni e raccoglie le “coper tine” di Ballarò. Eccone in anteprima alcuni brani scelti. di Maurizio Crozza
E’
il 2007. Per quanto possa sembrare incredibile, la Sinistra è al governo. Il governo viene battuto da un ordine del giorno dell’opposizione che approvava l’operato del governo, mentre il governo aveva invitato a votare contro se stesso. Questa bisogna leggerla almeno due volte. La logica e la retorica hanno molti concetti: il paradosso, l’ossimoro, l’antinomia, il sofisma... In questo caso il termine tecnico è «gran troiaio». Il governo Prodi è durato 281 giorni. 281 pagine di programma dell’Unione, 281 giorni di governo. Una pagina al giorno. Con questa media, Proust sarebbe stato al governo vent’anni di fila. Come fa ad andare avanti questo Paese? Come facciamo a essere l’ottava potenza nel mondo? Soffriamo di instabilità politica, la nostra compagnia aerea fa acqua da tutte le parti, i nostri cervelli vanno all’estero, l’evasione fiscale è mostruosa, il Vaticano rema contro e, come se non bastasse, produciamo la Multipla. Ma chi la redige questa classifica? David Copperfield? Il papa ha guardato la situazione politica italiana e ha affermato: «L’inferno esiste». I Ds e la Margherita si fondono. Anche nel Polo adesso si fondono. Fra un po’ nella politica italiana ci sarà solo gente fusa: lo si poteva già immaginare prima, ma così diventa più chiaro per tutti. I partiti si fondono e si fondono anche i nomi. Forza Italia e Alleanza Nazionale faranno un nuovo partito. Si chiamerà «Forza Nazionale». Anche i Comunisti Ita-
liani e Rifondazione Comunista creeranno un nuovo partito. Si chiamerà «Comunisti Comunista». Siccome i militanti sono un po’ anziani, è giusto ripetere bene. Anche l’Udeur e Italia dei Valori si fonderanno. Mastella è già d’accordo con Di Pietro. Si chiamerà «Italia dell’Udeur»: spariscono i Valori, ma con Mastella qualcosa si perde sempre... Nel nostro Parlamento l’unificazione delle forze politiche è irreversibile, è un processo inevitabile. L’unico processo inevitabile: gli altri li hanno evitati tutti. D’Alema lancia l’allarme: la politica soffre di una profonda crisi di credibilità. Il 70 per cento degli italiani non si fida dei politici. Il restante 30 per cento sono politici. Non è che la gente non ami la politica, è che, ragazzi, siete troppi... In Italia ci sono più politici che forni per la pizza. Come mai gli italiani non si fidano più della politica? Come mai? Eppure lavorano, lavorano... La scorsa legislatura il lavoro settimanale di un parlamentare è risultato essere di 13 ore e 25 minuti. Oggi siamo a 20 ore alla settimana. Cosa si pretende? Se va avanti così, tra due secoli, fare il parlamentare non converrà più. VI PARE CHE IL 2007 SIA STATO UN ANNO DIFFICILE? IL 2008 È PURE BISESTILE... Si scioglie il Parlamento e tutti scaricano la responsabilità sugli altri. Secondo Berlusconi si scioglie per colpa di Prodi, secondo Prodi per colpa di Mastella, e secondo Mastella per colpa del riscaldamento globale, come la Groenlandia. Come andrà a finire? Be’, si sa. Dopo Prodi, viene Berlusconi. Prodi e Berlusconi, Berlusconi e Prodi. È iniziata nel 1994. Io ho un nipote, ha quattordici anni, è con-
In teatro e in libreria BUONASERA ONOREVOLE Tre anni di incontri quasi ravvicinati (Rizzoli, pp. 250, 17.50 euro) FENOMENI Crozza è in tour: domani e venerdì a Udine, Teatro Nuovo Giovanni Da Udine. Dal 6 all’8 novembre al Ventaglio Smeraldo di Milano
vinto che in Parlamento ci siano solo Prodi e Berlusconi. Quando gli ho detto che in Parlamento sono quasi in mille, che non ci sono solo Prodi e Berlusconi, lui mi ha risposto: «E perché allora abbiamo sempre tra i maroni quei due?». È giovane, non può capire, non sa che è l’alternanza: ogni tanto è utile togliere dal potere una persona anziana... E mettercene un’altra ancora più anziana. Alemanno batte Rutelli e diventa sindaco di Roma. Gianni Alemanno, uno sportivo, un amante della montagna... Ha scalato sette colli in cinque giorni. Avrà già studiato i provvedimenti per i primi cento giorni? Che so, far passare il raccordo anulare sopra il loft del Pd, liberare Storace dentro un campo nomadi, mandare Totti al confino cinque anni alla Spal... Mi è molto piaciuta l’idea di ripristinare gli spettacoli gladiatori al Colosseo. I primi giochi non me li voglio perdere: «Bersani sbranato dai tassisti» sarà irripetibile. Sotto tutti i punti di vista, non lasceranno nemmeno le ossa. Con lei, sono sicuro, sarà una Roma splendente, come non l’abbiamo mai vista. Cioè, una volta l’abbiamo vista... Ma poi l’hanno bombardata gli Alleati. Mi sono piaciute molto le dichiarazioni soddisfatte nel Pd: «Vabbè, nel Lazio abbiamo perso Roma, però in Liguria abbiamo conquistato Camogli... Non è andata poi così male». Pare che faranno un congresso anticipato. Al primo punto dell’ordine del giorno la domanda: «È rimasto qualcos’altro da perdere?».
ni vuol querelare «Famiglia Cristiana»! Già che c’è perché non manda anche l’esercito in redazione? Buonasera ministro Alfano: ma si può emettere un mandato di comparizione per Dio? Eppure «Famiglia Cristiana» ha citato una fonte al di sopra di ogni sospetto: il Vangelo. Berlusconi non ha ancora commentato ufficialmente, ma sembra che in privato abbia espresso la volontà di cambiare il Vangelo a colpi di maggioranza. Il protagonista si chiamerà PierGesù. Muore a 133 anni. E invece delle parabole preferisce il digitale terrestre. Freedom House, l’istituto di ricerca americano che ha come obiettivo la promozione della democrazia liberale nel mondo, quest’anno ci ha declassato a Paese «parzialmente libero». «Parzialmente libero», come il latte parzialmente scremato: guardando l’età dei nostri politici magari saremmo piuttosto a lunga conservazione: siamo conservatori
Maurizio Crozza (FOTO ANSA)
Maroni vuol querelare Famiglia Cristiana! Gia che c’è perché non manda l’esercito in redazione?
2009: QUEST’ANNO L’OPPOSIZIONE NON LA FA NEMMENO SATURNO L’Italia si incammina «verso il baratro delle leggi razziali». Chi l’ha detto? Agnoletto, Caruso, Turigliatto? No, «Famiglia Cristiana» il settimanale dei paolini, i fedeli di san Paolo di Tarso, noto eversivo. E tra l’altro Tarso è in Turchia... quindi san Paolo era pure extracomunitario. La Russa s’è offeso, Cicchitto s’è incazzato e Maroni ha minacciato querele. Avete capito: Maro-
da almeno cinquant’anni, abbiamo conservato anche Andreotti senza nemmeno il tetrapak. Perché Freedom House ci declassa? Ce l’ha con noi, è prevenuta? Tra l’altro Freedom House vuol dire «Casa della Libertà»: avrei capito si fosse chiamata, non so, «Di Piter House», «Italy of the Valors»... Ci avranno mica declassato per le dichiarazioni di Dell’Utri? Non credo che sia per quello, Dell’Utri ha solo detto che Mussolini è stato un brav’uomo. È giusto: in fondo è stato solo alleato di Hitler, se non fosse stato un brav’uomo, sarebbe stato Hitler. Parzialmente liberi: come sarebbe a dire non siamo liberi? Qui sono liberi tutti... Cuffaro, Dell’Utri, Ricucci... Son tutti liberi: non è una prova? Siamo li-
beri come in America, dove chiunque può diventare presidente, anche un nero. Solo che lì è nero perché il padre è kenyota. Berlusconi ha dichiarato: «Povera Italia, con questa informazione». Con questa informazione? Ma se è tutta sua... Ha fatto una diretta di quattro ore per consegnare dei prefabbricati ai terremotati d’Abruzzo. Ha scelto Porta a Porta: mai titolo fu più azzeccato. La prossima impresa di Vespa sarà una diretta di quattro ore su Berlusconi che trebbia il grano. La sera della consegna delle case in Abruzzo c’era Berlusconi su Rai Uno, una fiction con Gabriel Garko su Canale 5 e su Rai Tre un bel programma su Hitler. Meno male che la guerra degli ascolti l’ha vinta Berlusconi...
Di poco, ma ha vinto su Hitler. Ha perso con Garko, ma ha vinto su Hitler. Entusiasmo tra i partigiani dell’Anpi! «Povera Italia, con questa informazione»... Che faccia; è come se il Duce avesse detto: «Povera Italia, con questi fascisti». Ma non è colpa sua, è confuso, ha i nervi a brandelli, querela chiunque, vive in un mondo suo. Berlusconi: «Ho fatto una telefonata con Fini e abbiamo chiarito tutto». Fini: «Non è vero: non abbiamo chiarito niente». Berlusconi: «No, ci siamo sentiti: c’è stato solo un fraintendimento». Fini: «Fraintendimento un cazzo». Berlusconi ha allargato le braccia sconfortato: «Sto ridisegnando la realtà, ma la realtà si rifiuta di collaborare». Copyright Rcs libri
Giovedì 22 ottobre 2009
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SECONDO TEMPO
EVENTI/ MUSICA
Jazz and wine Festival IN PROGRAMMA FINO AL 25 OTTOBRE Jazz itinerante tra Italia e Slovenia: libri, musica, teatro, concerti, convegni a tema Oggi: Depart + Tomasz Stanko Nordic Quartet Domani: Jack DeJohnette & The Ripple Effect + Ken Vandermark’s Resonance) Sabato: New East Quartet + Bill Frisell 858 Quartet; Dag Arnesen Trio; Conferenza : Jazz e salute mentale Domenica: Vijay Iyer Trio; Arcady Shilkloper e James Carter quintet Sale del ridotto,teatro comunale: Incontro con Pino Saulo Tutte le informazioni su www.controtempo.org.
JAZZ E SOGNI LE NOTE DI BOLLANI In attesa di esibirsi a Cormòns, il pianista italiano si racconta
di Elisabetta
Reguitti
tefano Bollani a 11 anni impazziva per Renato Carosone tanto da inviargli una cassetta con incisa la sua voce. A 36, invece, lo stesso estroso pianista, nato a Milano ma toscano d’ adozione , è orgoglioso del suo alterego Paperefano Bolletta: il protagonista di un’ avventura di Paperino pubblicata ad agosto su “Topolino”. Strani giochi del destino artistico di un maestro del jazz che, molto presto, ha scoperto Charlie Parker e Duke Ellington sui fascicoli della Fabbri editori comprati in edicola. Proseguendo poi con gli studi in conservatorio, prendendo lezioni private da Luca Flores, a 15 anni suonava dal vivo nei locali fiorentini in trio con Antonio Ricusati e Andrea Melani. Fino alla conoscenza con un altro maestro del jazz, Enrico Rava. Stefano Bollani pianista improvvisatore, scrittore, eclettico artista non ha però mai perso il legame con il bambino che c’ è in ognuno di noi. A ricordarglielo forse anche i suoi due figli di 5 e 10 anni. Oppure semplicemente accade che ogni volta che sale sul palco è come se il bambino cominciasse a giocare e nessuno mai gli dirà di smettere. Il jazz per Bollani è fantasia, entusiasmo e allegria. “L’ esibizione è sempre qualcosa di diverso, di elettrizzante. Non è mai routine. La musica è la mia vita. Non è un mestiere”. La musica aiuta a rimanere bambini dentro anche quando non lo si è più. Dei bambini “veri” però Bollani invidia la capacità di concentrarsi su ciò che fanno in quel momento. “Gli adulti spesso al contrario
S
fanno qualcosa e già pensano a ciò che accadrà dopo”. Una concentrazione difficile da mantenere per chi, come lui, non è abituato a comporre al piano: bensì improvvisare. “In questo periodo sto studiando per preparare il concerto in Fa di George Gershwin che mi attende a gennaio - anticipa -. Mi ci sto dedicando con grande piacere anche se devo ammettere è un “lavoro” al quale non sono abituato. Completamente diverso da ciò che faccio normalmente”. Il celebre pianista è sempre alla ricerca di novità espressive. Novità che vanno ricercate ovunque e non solo nel mondo del jazz. “Durante un concerto di fatto io mi esibisco insieme al pubblico e al teatro che mi ospita. Un tutt’ uno che si fonde. Il rammarico piuttosto è quello di non avere quasi mai il tempo per conoscere i luoghi in cui sono chiamato a esibirmi. Spesso in una città ci si arriva poco prima del concerto. Ho solo il tempo di cenare. Ecco quello è anche un contatto con i sapori e le atmosfere di un luogo. Ma ancora troppo poco rispetto a ciò che mi piacerebbe fare”. Bollani e il nord-est d’Italia. Ospite, con una certa con-
Il pianista Stefano Bollani all’opera (FOTO ANSA)
tinuità dal 2005, nel corso di diverse rassegne. A Sacile prima Trieste poi (2007) poi con Enrico Rava, a Cormòns a Jazz and Wine insieme ad Antonello Salis e
UFFICIO RÈCLAME Nuvenia in aria fa una paracadutista equipaggiata Vperent’anni con Nuvenia Pocket si librava nel vuoto significare la sua comodità. Nascevano, di
lì a poco, gli spot degli assorbenti con le ali, quelli che miglioravano l’atterraggio, probabilmente, e l’interesse pubblicitario si estendeva a tutte le varianti del settore, per forme e destinazioni d’uso. Non siamo contro le réclame a pannolini o pannoloni. Imploriamo solo che si evitino inutili torture. Perché costringere innocenti bimbi a un peripato infinito solo perché la nonna ha trovato un assorbente antiincontinenza favoloso e ora ci tiene a bullarsene passeggiando per ore? Perché immaginare escursioni ciclistiche su terreni boscosi accidentati da affrontare a gambe aperte, zigzaTipi originali gando tra alberi secolari, visto che con Tena Pants farsela addosso è quasi un divertimento? Una sequoia in piena fronte tramortisce oann Gourcuff è uno strano ragazzo. Presunta luce fatalmente anche se coglie asciutdel Milan, dove divenne ombra di se stesso, un ti e contenti. O meglio, asciutte e paio di stagioni fa. Stella del Bordeaux, insensibili ai contente, perché per un motivo postumi richiami milanesi, l’anno scorso. Star della che ci sfugge le pubblicità antiapubblicità mancata oggi, dopo aver rifiutato, come frore e/o perdita di qualsivoglia tiha raccontato Didier Poulmaire al giornale Le Quopo vedono massicciamente quasi tidien du Foot. “A dicembre del 2008 Yoann ha detto solo le donne vittime e protagonidi no a un’azienda che gli proponeva 500mila euro ste contemporanemente. Consiper girare uno spot”. La scorsa estate, l’offerta per gliamo una correzione di tiro ai pubblicizzare un profumo è salita a un milione di pubblicitari: una nonna incontieuro. Ma Gourcuff ha opposto un nuovo diniego. nente è una pacifica figura inno“Yoann – spiega Poulmaire che cura anche gli incua. Un operaio olezzante d’estateressi di Laure Manaudou – vuole prima consolidare te può uccidere! Roberto Corradi la carriera. Ha sfide importanti e molta pressione da affrontare e vuole rimanere concentrato sul calcio”.
GOURCUFF E L’ARTE DEL RIFIUTO
Y
ancora, martedì 10 novembre, al Rossetti Teatro Stabile del Friuli Venezia Giulia per un concerto co-organizzato dal Circolo Controtempo di Cormòns e da Azalea Promotion. “Ritorno con piacere a Trieste” spiega - . Città che ho potuto apprezzare grazie a una serie di concerti che ho tenuto nel suo Conservatorio. E nel corso dei tre giorni in cui mi sono trattenuto mi sono davvero stupito di quanto sia straordinaria questa città. E ancora mi domando perché così poco conosciuta in genere dagli italiani.
Nel senso che molti visitano Venezia ma a pochi viene in mente di proseguire per Trieste. Che invece lo meriterebbe”. Proprio al Politeama Rossetti Bollani presenterà “Stone in the Water”, registrato a New York lo scorso ottobre. Si tratta della prima incisione del maestro per la Ecm. Bollani nel capoluogo giuliano ospiterà il “Danish Trio”, formazione con sei anni di esperienza musicale alle spalle. Accanto al pianista italiano si esibiranno quindi i danesi Jesper Bodilsen al contrabbasso e Morten Lund alla batteria che conosce dal 2002, anno in cui Enrico Rava vinse il premio Jazz Par. Invitato a creare un gruppo con cui suonare durante la cerimonia di premiazione e per il breve tour successivo, Rava scelse Bollani come solista mentre gli organizzatori del premio proposero i due musicisti danesi per la sezione ritmica. Bollani ricorda di essere entrato immediatamente in sintonia con Bodilsen e Lund: “Fu un bellissimo momento e pensammo che sarebbe stato bello continuare a suonare in trio, cosa che facemmo l’ anno successivo. All’inizio andammo in tournee in Danimarca, poi nel resto della Scandinavia e poi dappertutto”. Con un unico obiettivo: fare musica divertendosi.
Memoria
UN PREMIO PER LA CUTULI n memoria di Maria Icorso Grazia Cutuli. Un congiornalistico bandìto da chi del giornalismo (Il Festival di Perugia) si occupa annualmente. La quarta edizione di “Una storia ancora da raccontare” intitolato all’inviata caduta sul lavoro de “Il Corriere della Sera” consiste in un premio di 2.500 euro lordi. Cutuli fu uccisa in un agguato il 19 novembre 2001 mentre si trovava nei pressi di Sorobi, sulla strada che da Jalalabad porta a Kabul a circa 40 chilometri dalla capitale afghana. Nell´at-
tentato, forse teso da una banda di predoni, sono morti anche l´inviato di El Mundo Julio Fuentes e due corrispondenti dell´agenzia Reuters, l´australiano Harry Burton e l´operatore afgano Azizullah Haidari. Il concorso intende premiare i lavori che meglio avranno raccontato la storia di Maria Grazia Cutuli ed è riservato agli studenti universitari iscritti a qualsiasi facoltà, ai giornalisti e praticanti al di sotto dei 30 anni di età e agli allievi delle scuole di giornalismo.
Calcio greco, storia di truffe davanti all’Egeo Sul Mar Egeo c’è una piccola città che domina le acque da una collina rocciosa, poco più di 60.000 abitanti e un unico grande orgoglio: l’AO Kavala, la squadra di calcio neopromossa nella Super League greca che a sorpresa, dopo le prime giornate, è a ridosso della zona Uefa. Soldi sicuri, poca pressione da parte di pubblico e media, aspettative ridotte all’osso, sole, mare e buona cucina, l’ideale per chi ha voglia di rimettersi in gioco o per chi non ne può più dello stress di altri palcoscenici. Un miraggio che ha sedotto anche Guillaume Rippert. Passato dalle giovanili del Nantes, esplode nel Valenciennes e si afferma al Metz, società con la quale rescinde consensualmente il rapporto per potersi trasferire all’AO Kavala, come da questa richiesto, in cambio di un contratto triennale con cifre a quattro zeri, una casa, una macchina e un bonus alla firma che, però, tarda ad arrivare. Rippert chiede spiegazioni e si scontra con il padre del presidente, il quale gli urla che se non è contento può anche andarsene. Il miraggio si sbiadisce e i muri dorati si trasformano in una gabbia dalla quale Guillaume cerca di uscire mettendosi in contatto con la Federazione francese e con il sindacato transalpino dei calciatori, UNFP. Il difensore decide di contattare anche la Federazione greca e scopre che il suo contratto non è mai stato registrato. Controlla meglio e si accorge che nella copia in suo possesso non c’è la firma dell’AO Kavala. Il miraggio è evaporato. Assistito dall’UNFP e dalla Federazione greca Guillaume decide di lasciare la squadra, nonostante le insistenze della dirigenza, insistenze che si fanno sempre più pressanti e minacciose. Il presidente Stavros Psomiadis offre 10.000 euro al giocatore per iniziare la stagione e per fermarsi nella sua azione legale. Il tutto avviene in una stanza alla presenza di altri dirigenti e delle loro guardie del corpo con tanto di minacce assai poco velate: “Ci saranno delle rappresaglie se non accetti la nostra proposta”. Messaggio che, però, non intimorisce Rippert deciso a riprendersi la sua vita e il suo sogno di bambino, riuscendo a tornare in Francia di corsa, tra mille peripezie, silenzi e timore per la sua incolumità. Il ritorno a Parigi, città in cui è nato, è l’inizio della sua seconda carriera calcistica e, forse, di una nuova vita. I primi passi sono fatti di avvocati, burocrazia e preparazione di un dossier per dimostrare il comportamento scellerato dell’AO Kavala e per liberarsi definitivamente di un incubo. Il caso di Guillaume Rippert è così finito davanti all’Uefa che ha liberato il calciatore da ogni dovere nei confronti della squadra greca. Nel frattempo si è accasato all’Evian Thonon Gaillard FC che milita nel National, simile alla nostra Lega Pro, a cavallo tra professionismo e dilettantismo, ritornando alle origini del football, lui che, tra le altre cose, è presidente onorario dell’Athletic Club Paris 15. Il calcio si è fermato a Kavala, ma Guillaume ha continuato per la sua strada, fatta di corse e di cross, di fango e di cuoio, e l’ha fatto da uoFrancesco Caremani mo.
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SECONDO TEMPO
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TELE COMANDO TG PAPI
Di Benito ce n’è uno solo di Paolo
Ojetti
g1 T Paginone per la coppia Mastella-Lonardo e l’inchiesta sulla corruzione campana che si allarga a fisarmonica. Bè, tanto tutto avvenne ai tempi del centrosinistra, non ci sono problemi. Problemi ce ne sarebbero per l’altra inchiesta, quella lombarda, che è tutta del centrodestra, ma di questo filone si sono perse le tracce. Seguono figurine da collezione (collezionista Simona Sala) sul caso Mesiano, ovviamente pescate dalla maggioranza e dall’opposizione. Nulla ci viene risparmiato né Gasparri né Quagliarello. L’unica cosa che rimane nell’ombra è se è lecito pedinare e mettere alla berlina un cittadino (che sia magistrato è irrilevante) quando non esiste la notizia, ovvero quando non vi sia alcun interesse pubblico sul fatto che anche i
giudici vanno dal barbiere. Chi tenta di assimilare, quanto a interesse pubblico, Mesiano a Berlusconi spara solo scemenze, ma non sarà certo Simona Sala quella in grado di chiarire la differenza. g2 T Dopo averlo introdotto perché ritiene “chiuso il caso Mesiano con le scuse di Canale 5”, ecco che irrompe nel Tg2 il ministro Angelino Alfano che si dice “molto turbato” dalle notizie apparse “sul Giornale” a proposito dei siti di Facebook (da tempo Emilio Fede vorrebbe chiudere il social network dove scrivono anche Veronica Lario e la regina di Giordania) dove si invita qualche volontario a far fuori Berlusconi. Certo, pur essendo la fonte alquanto berlusconiana, dunque molto cointeressata, la cosa non è propriamente elegante e nemmeno apprezzabile, ma il
ministro Alfano che pochi giorni fa voleva abolire l’obbligatorietà dell’azione penale, (nel futuro la deciderebbe il governo), ieri sera la invocava affinché si scoprano subito i perfidi istigatori (morali) che si nascondono nella rete. Il Tg2 non si sbilancia e va avanti con le vacanze in Thailandia “che tirano forte”. g3 T Le banche generose sono in primo piano. Notizia “sociale”, nel target del Tg3. Unico neo: non c’è alcuna indicazione sugli “aventi diritto” alla moratoria dei mutui immobiliari. Forse non gli gioveranno i nostri apprezzamenti, ma Terzulli li merita: pensate che ha avuto il coraggio di dire che Berlusconi sta studiando un pacchetto di provvedimenti da varare prima delle Regionali in modo da aumentare voti e consensi e in questo senso vanno lette le conversioni di Tremonti e di Berlusconi a favore del “posto fisso”. Qualche altra perla del Tg3: il viaggio di Berlusconi nella dacia di Putin è “un mistero” (andranno a caccia?); in Parlamento, Barbato dell’Idv ha dato del “dittatore” a Berlusconi e Alessandra Mussolini voleva picchiarlo. Si capisce, suo nonno aveva il copyright.
di Fulvio Abbate
IL PEGGIO DELLA DIRETTA
Teppisti a Ballarò
altra sera, scorgendo i ghigno-muniti ScaL’gredire jola e Cicchitto intenti a canzonare e agun basito Alberto Asor Rosa a “Ballarò”, c’è stato modo di finalmente intuire qual è la materia obbligatoria, la più curata, la più richiesta, la più ambita presso l’altrimenti invisibile scuola-quadri del Popolo della libertà, il particolare genio militare (più zappatori che pontieri) di cui Silvio Berlusconi si serve all’occorrenza per dimostrare d’avere sempre (e comunque) ragione, come già quell’altro. E chi se ne frega se, così facendo, si calpesta l’ovvio rispetto della persona, delle idee, la scaletta stessa. Si tratta, sembrerebbe, di una disciplina semplice ed essenziale, la stessa che altrove, cioè in letteratura, materia notoriamente più familiare ad Asor, prende il nome di tracotanza. Ottima e abbondante, come un certo rancio fetido. Da infliggere senza troppi scrupoli al malcapitato. Tracotanza come capacità di dissuasione, nel senso che in certi momenti si tratta soltanto di annientare l’interlocutore, l’avversario, l’altro tout court, in pochi istanti, soprattutto se la controparte, arGiovanni Floris conduce mata soltanto di arBallarò, il martedì gomenti e naturale su RaiTre dialettica, non intuisce dov’è il trucco. Intendiamoci, stiamo parlando di una forma particolare di tracotanza che, almeno all’apparenza, vira verso il semplice sfregio, la provocazione, la goccia dispettosa che serve a far traboccare il vaso
della pazienza dell’altro, nella speranza, molto tecnica, e qui sta il brevetto professionale tutto berlusconiano, di mettere immediatamente al tappeto l’interlocutore prim’ancora che questi riesca a dimostrare lo spessore morale delle singole forze in campo. Per farla breve, è insomma una ben dissimulata modalità di censura preventiva. In realtà, nel caso dell’altra sera, con Scajola e Cicchitto che ironizzavano sul “professor” Asor Rosa – “non vorrà mica bacchettarci tutti?”, e giù con le risatine sadiche – c’era molto di più, c’era anche un fondo di razzismo, un fare da mazzieri: dove ogni ghigno corrispondeva a sottotesto dispregiativo. Quasi in linea con il vecchio adagio nazista attribuito a Hermann Goering: “Quando sento parlare di cultura, metto mano alla pistola”. Assodata la sufficienza da comprimario di Scajola nel brandire la spranga sulla testa dell’autore di “Scrittori e popolo”, lo stesso che da ministro della repubblica seppe definire Marco Biagi, assassinato dalle Brigate rosse, “un rompicoglioni”, non meno bravo ci è apparso l’eroico Fabrizio Cicchitto, per lunghi anni ritenuto invece il pupillo della sinistra socialista di Riccardo Lombardi, una risorsa della democrazia progressiva, prima di conquistare la palma di acclarato, orgoglioso piduista. Dimenticavo, il remake dei maestri riconosciuti di simili tecniche mostra l’Elio Vito di un decennio fa, e forse anche, sia pure in veste di compagno di strada, il non meno temprato Marco Taradash. Furono proprio loro i pionieri. I Capezzone, i Belpietro, sono, infatti, materiale recente. Così come gli Scajola e i Cicchitto. Dopo i gattopardi, direbbe Tomasi di Lampedusa, le jene e gli sciacalli. www.teledurruti.it
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SECONDO TEMPO
MONDO Uccidere B.? I cretini del web un articolo del Giornale ha I“sueriscatenato accese polemiche: Internet 11mila aspiranti killer del premier” titolava la gazzetta della famiglia Berlusconi. La denuncia riguarda un gruppo Facebook: “Uccidiamo Berlusconi”, il gruppo è ancora online e, tra qualche dissociazione e qualche insulto, gli iscritti continuano a pubblicare messaggi. La violenza verbale della pagina è esplicita e ingiustificabile. Ma va detto anche che il livello di minaccia appare piuttosto virtuale: su Facebook ognuno firma con il suo nome e cognome e, chi usa uno pseudonimo, è rintracciabile tramite il suo indirizzo IP. Ciònonostante si è scatenata una ridda di dichiarazioni allarmate: “C'é un tema grande di sicurezza che riguarda la persona del Presidente del Consigli" la dichiarazione di Alfano. “L'intelligence protegga il premier,” segue a ruota il Pdl Briguglio. Col passare delle ore la vicenda diventa però grottesca. Nel pomeriggio di ieri, sempre su Facebook, compare un contro-gruppo pro Berlusconi con
oltre 700 membri: “Uccidiamo tutti quelli che vogliono uccidere Berlusconi”. “Non è cattiveria, è giustizia” la loro giustificazione. E poi aggiungono: “Questo è un gruppo nato in risposta ad un gruppo intitolato 'Uccidiamo Berlusconi'. Per risposta ad un gruppo così squallidamente antidemocratico, abbiamo fondato un gruppo per dare voce a tutti quelli offesi da una minoranza antidemocratica ed illiberale che si permette da quindici anni di delegittimare e calunniare sui giornali nelle televisioni e ora anche su internet un uomo politico che è sempre stato votato e sostenuto dalla maggioranza del popolo italiano”. Insomma, gruppo e contro-gruppo. Minacce e contro-minacce. Come potrà mai l’intelligence riuscire a difenderci dai cretini?
WEB
di Federico
è GOOGOLARE ATTIVA IL CERVELLO UNA RICERCA DELL’UNIVERITÀ DI LOS ANGELES
Mello
è IL TWITTER DI BONDI? UN FAKE LO STAFF NE IGNORA L’ESISTENZA
388 utenti Twitter credevano che fosse proprio lui: il ministro della cultura Sandro Bondi. Su twitter.com/SandroBondi ci sono perfetti estratti del Bondi-pensiero. Alcuni utenti ieri si era preoccupati: “Occorre regolarizzare il pluralismo del web” recitava un Twitt by Bondi. Dallo staff del ministro però smentiscono: quell’account non è gestito dal ministro. Anzi, ne ignoravano anche l’esistenza.
I risultati di una ricerca della Ucla University faranno sicuramente piacere ai Geek, gli smanettoni di Internet. Secondo questo studio, le le ricerche su Internet migliorano le attività del cervello. Dopo aver monitorato l'attività neurologica di alcuni volontari tra i 55 e i 78 anni, si è scoperto che nei volontari con poca esperienza di ricerche sul web, l'attività celebrale aumentava in sette giorni durante i quali almeno un'ora al giorno era dedicata a “googolare”.
sarx88
feedback$ è ANTEFATTO.IT Commenti al post “Eletto dal popolo, chi?” di Bruno Tinti
Credo che forse Mr B. potrebbe iniziare a utilizzare un'altro sinonimo per la carica che ricopre, e che non sento usare da molto molto tempo: "capo di gabinetto". Anche in questo caso sarebbe un formalismo, ma sicuramente la fantasia degli elettori e dei cittadini italiani sarebbe portata verso più ravvicinate e realistiche similitudini... (Luigi) Capite adesso perchè Berlusconi ha ORDINATO che il suo nome fosse capolista in tutte le liste in ogni parte d'Italia? La strategia popolar/mediatica era già impostata allora, se non prima. Ora tocca instillarla goccia dopo goccia, giorno dopo giorno negli italiani. Basta ripetere il ritornello. A suon di sentirlo dire poi c'è chi ci crede per davvero. E' semplicemente pazzesco, lascia senza forze. (Friend26)
L'account YouTube degli U2, il falso Twitter di Bondi, il gruppo proBerlusconi, il nuovo Magic Mouse
GRILLO DOCET LA ROTAIA CHE UCCIDE
Translorh è la rotaia padovana che uccide. Un nome da film dell'orrore, al pari del Mostro della Laguna Verde e dell'Uomo Lupo. A Padova, dove si è sempre circolato in bicicletta senza rischi, ora c'è Translhor la monorotaia killer. I tram si costruiscono in Italia da più di un secolo, sono stati esportati anche a San Francisco. L'amministrazione padovana si è superata, ha creato i tram da guerra. Translhor è il tram amico, un po' come il fuoco amico. Cattura il ciclista come una mantide e gli trancia qualche arto o lo uccide definitivamente. 250 feriti e un morto. Il blog ha intervistato Gino De Pauli, presidente del comitato vittime del metrobus di Padova. “Lanciamo un appello al blog - dice De Pauli nell’intervista - a tutti gli amici di Beppe Grillo e Beppe Grillo stesso, perché contatti i maggiori luminari delle università italiane ed estere dei trasporti perché trovino una soluzione. Perché non succeda a altri quello che è successo a noi: non ci siano altri feriti, non ci scappi qualche altro morto. La rotaia è lì 24 ore al giorno, 356 giorni all’anno e colpirà ancora. Abbiamo bisogno assoluto di trovare una soluzione perché non succeda a altri quello che è capitato a noi. Lancio un appello anche per la famiglia del povero Franco Zambon che è morto a 41 anni su questa maledetta rotaia, se qualcuno può darci una mano per aiutarli. Sono è GLI U2 IN DIRETTA SU YOUTUBE dei pensionati e DOMENICA IL CONCERTO IN STREAMING sono disperati perché Sarà davvero un evento imperdibile il non riescono a concerto degli U2 di domenica prossima. I venirne fuori!". Gino biglietti per la data al Pasadena Rose Bowl, è LE NOVITÀ APPLE De Pauli, presidente in California sono introvabili, ma i fan di C’È ANCHE “MAGIC MOUSE” del comitato vittime tutto il mondo potranno comunque La Apple ha lanciato ieri la del metrobus di assistere all'evento in diretta: andrà in nuova linea di prodotti. Tra le Padova onda in diretta streaming sul canale novità, un nuovo Imac molto YouTube della band youtube.com/u2. Il potente (c'è anche un manager degli U2 Paul McGuinness ha modello da 27 pollici con spiegato che "la band voleva fare qualcosa processore quad-core), un nuovo Mini e le ultime del genere da molto tempo e visto che versioni di Mac Book con retroilluminazione Led filmeremo il concerto, questa e' che garantisce un'ottima visione sullo schermo. Farà l'occasione perfetta per estendere la festa probabilmente impazzire i patiti della Mela, il nuovo oltre lo stadio". Entusiasta il commento di “Magic Mouse”. Il mouse si collega al computer via Chris Maxcy, direttore dello sviluppo Bluetooth (si potrà utilizzare anche ad alcuni metri delle partnership di YouTube: “Siamo di distanza dal computer), ha la parte superiore sempre in cerca di nuovi modi per completamente multi-touch: l'intero mouse è un mettere in contatto i fan di tutto il mondo pulsante. Con Magic Mouse basterà un dito per con i loro artisti preferiti e questa e' scorrere con i documenti, sfogliare pagine web e un'occasione imperdibile". Il concerto in foto, tutto sarà regolato da un chip che “intuisce” e diretta-YouTube sarà anche occasione per accompagna i comandi dell'utente. Costerà 69 euro. sperimentare nuovi modelli di business a cominciare dagli spot che si rivolgeranno ad un audience globale.
Ma cosa mai ci si può aspettare da qualcuno che ha scelto come Guardasigilli una persona che parla di "riforma manageriale" della giustizia? Nessuno chge dice nienete? Forse il problema del codice penale e di procedura penale è un problema di "fatturazione" dei reati o dei colpevoli? (Gianluca) Quello che emerge è il disprezzo delle norme, in particolare di quelle costituzionali, che dovrebbero essere la base della convivenza civile. La nostra è una repubblica parlamentare e, piaccia o no, questo sistema prevede il controllo politico del Parlamento sul Governo e la nomina del Capo del Governo da parte del Presidente della Repubblica. (Antonio) Volendo completare il puntuale ragionamento si potrebbe aggiungere che anche sul concetto di popolo ci sarebbe da discutere. Non ci si riferisce certamente ad un insieme di individui (tutti i cittadini o solo i cittadini aventi diritti politici) ma semmai ad un preciso ed esclusivo atto giuridico (il voto)compiuto da una parte dei cittadini aventi diritti politici (quelli che hanno votato). Solo dai voti validamente espressi è stato possibile individuare una maggioranza ed una minoranza. Tra i voti riportati dalla maggioranza ci sono anche quelli, determinanti, della Lega che,detto per inciso, non aveva inserito nel suo simbolo l'espressione "Berlusconi presidente" e che, facendo pesare tali voti, ha dimostrato, indirettamente come non sia affatto vero che il popolo lo ha eletto. (Rosaria di Mauro) ...Tutti coloro che hanno fatto la croce sulla coalizione sapevano chi avrebbe fatto il presidente del consiglio. Poi possiamo dire che per gli elettori della lega ad es. berlusconi è stato un second best rispetto ad un candidato dello stesso partito, ma insomma tutti erano coscienti dell'esito delle cose. (Filippo)
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Giovedì 22 ottobre 2009
SECONDO TEMPO
nordisti
PIAZZA GRANDE
É
ABELLI DETTO IL FARAONE L’
Anticorpi costituzionali di Lucia Annunziata
aro direttore, la bocciatura del Lodo Alfano non era scontata nè – fino all’ultimo, ammettiamolo - probabile. Il suo materializzarsi a dispetto di ogni previsione, è, di conseguenza, una sorta di canovaccio che racconta molto del detto, e ancor più del non detto, della politica attuale. Partirei proprio da qui: dalla sorpresa. Alla vigilia della decisione, era opinione comune di cronisti ed editorialisti, anche in ambienti di provata buona fede costituzionale, che una bocciatura avrebbe causato tale strappo dentro il sistema da essere impossibile, anzi sconsigliabile. Si immaginava così, alla meglio, un “compromesso”. Col senno del poi questa idea fa ridere: quale compromesso e’ possibile? La uguaglianza di fronte alla legge, c’è o non c’è. Proprio per questo oggi dobbiamo ricordarci la assuefazione al “meno peggio” di quelle ore: e’ la migliore indicazione di quanto in basso si sia assestata la nostra attesa nei confronti del rispetto dei principi costituzionali. Questo è dunque il risultato numero uno della sentenza della Consulta: il rifiuto del Lodo Alfano raggiunto sulla base di un richiamo, netto e ripetuto, ai principi, ha rotto una pratica cui purtroppo cominciavamo tutti ad abituarci: la convinzione che persino sulla Costituzione si può mediare. Ci hanno abituato a questa idea anni di “aggiustatine”, il lavoro di una casta di mandarini, esperti in servizio permanente e effettivo della concordia istituzionale, funzionari delle ricuciture, nata e ingrassata all’ombra di “taglia e cuci” istituzionali, che ha operato ai bordi del significato letterale dei principi, in nome di salvarne lo spirito. Anni di leggi discutibili. Ricordate la Gasparri e tutte le sue “modifiche tecniche”? Non intendo riferirmi qui a persone specifiche, ma a un settore fra stato e politica, che in nome dell’equilibrio istituzionale, ha provato – e anche qui preferisco parlare di buona fede - a convincerci che nell’impossibilità di violarla, la Costituzione può però essere almeno circumnavigata. Su queste pagine pochi giorni fa Barbara Spinelli rifletteva giustamente sullo scarso senso dello Stato di questa nostra nazione. La decisione recente della Corte, come confermano le motivazioni depositate, ci dimostra però che lo Stato anche in Italia esiste quando, e se, si vuole. Il che ci porta alla conseguenza numero due. La Corte, respingendo in quanto incostituzionale una legge fatta dal Governo, mette il governo stesso in sospetto o in condizione - almeno su un punto - di incostituzionalità. Per un esecutivo è la posizione più grave in cui trovarsi. A fronte, ogni critica precedente, dal conflitto di interesse, ai sospetti di collusioni, agli scandali privati, impallidisce.
C
questa è una novità. DoAfanoponche la bocciatura del Lodo Alil governo Berlusconi è entrato in una crisi strutturale, in cui lo Stato custode della Costituzione è da una parte e lo stato elettivo, quello del governo, dall’altra. In questo senso, la distanza attuale fra il Presidente della Repubblica e il presidente del Consiglio non è certo la misura di un dissenso, nè di opinio-
La Spinelli riflette sul nostro scarso senso dello Stato La decisione della Consulta sul Lodo Alfano dimostra però che lo Stato esiste: quando, e se, si vuole ni o sentimenti personali. Considerando che tutti i corpi che compongono lo Stato e la vita pubblica – dalle strutture di sicurezza agli ordini professionali – sono definiti dalla lealtà alla Costituzione, fra i due il più isolato è certo il presidente del Consiglio. Per la prima volta, così, il rapporto di forze non sembra più essere a favore dell’esecutivo. Nel momento in cui lo scontro si è istituzionalizzato, è uscito infatti anche dalla sfera tradizionale dei partiti. Togliendo al premier la possibilità di giocare la sua base elettorale come un maglio. Per questo l’area di governo tende a politicizzare il verdetto della Corte, e il ruolo del Presidente della Repubblica: sarebbe meno grave infatti per la attuale maggioranza dire di essere vittima di una congiura partitica piuttosto che ammettere di essere stata colta in flagrante violazione della Costituzione.
montate. Personaggi di buon senso della coalizione di governo, come Pisanu, o Fini, e in fondo lo stesso Bossi – chiedono di rilanciare le Riforme. In questo schema, si ragiona, in cambio di una riforma della giustizia che possa rassicurare il premier, si potrebbero fare riforme di interesse piu generale, come il federalismo e il presidenzialismo. Ma interventi di questo tipo, che modificano la Costituzione, anche ammesso che si arrivi a un accordo, richiedono anni. Il premier invece sembra tentato da “riformine” sulla giustizia, magari con lo spregiudicato uso (già se ne parla) di emendamenti dentro progetti di legge in discussione. O con un intervento ad hoc su un tema carissimo alla prima repubblica, il ritorno della immunità parlamentare. Ma sono anche queste forzature delle regole, che invece che risolvere aggraverebbero la lontananza del governo dai suoi critici istituzionali. Che dire poi della dichiarazione di mobilitare il popolo per fare le riforme? Mobilitare chi, su cosa, dove, solo per contare e contarsi? Per un
siamo al punto tre. Il disallieElorinamento fra il governo e i va(almeno uno di essi ) della Costituzione è crisi di tale gravità da bruciare tutte le soluzioni fin qui usate dal premier Berlusconi per ricucire molti strappi. Le soluzioni per il dopo-Lodo che ci vengono presentate sono infatti pannicelli caldi o rodo-
governo già sospetto di voler forzare la Costituzione, sarebbe una decisione molto pericolosa da prendere. Rimane la carta del tutto per tutto, la più semplice: azzerare tutto andando a elezioni anticipate. Ma la riluttanza della coalizione di governo a prendere questa strada è da sola una condanna di questa ipotesi. Insomma. Silvio Berlusconi non è forse mai stato vulnerabile come in questo momento. E mai come in questo momento ha poche strade ordinarie da percorrere. Cosa farà dunque? Il luogo più inquietante della nostra vita pubblicaè oggi proprio dentro questo interrogativo.
LA STECCA di INDRO
di Gianni Barbacetto
l
Per me il liberalismo non è più, da un pezzo, un partito. È una scuola e una morale Corriere della sera, 12 settembre 1996
Il ministro Angelino Alfano (FOTO ANSA)
inchiesta milanese che ha portato in carcere il re delle bonifiche ambientali Giuseppe Grossi ha messo a fuoco finora il reato di riciclaggio e i 22 milioni di euro di fondi neri costituiti dall’imprenditore. Ma questo è soltanto il primo fondale del palcoscenico su cui si muoveva Grossi. I magistrati stanno cercando di mettere in luce il secondo fondale, quello della corruzione. A chi sono andati i 2,5 milioni di euro pagati in contanti da Grossi nel solo 2008? Chi ha al polso gli orologi da collezione che gli sono costati altri 6,4 milioni? In attesa della risposta, sul palcoscenico già s’intravvede un politico potente e temuto, non indagato ma strettamente legato a Grossi: è Gianfranco Abelli, l’uomo che visse tre volte. A lui, oggi capo della segreteria politica del coordinatore Pdl Sandro Bondi, Grossi aveva messo a disposizione il suo jet privato, una Porsche 911 e un appartamento in centro a Milano. A sua moglie, Rosanna Gariboldi, ha gentilmente lasciato 1,2 milioni di euro, forse come ringraziamento per la gestione del suo denaro sul conto “Associati” a Montecarlo (di cui lo stesso Abelli è procuratore). Ma la storia di Abelli detto il Faraone nasce a Broni, sulle colline dell’Oltrepò pavese. In politica dagli anni Settanta, democristiano doc, si costruisce una carriera in quel ricco settore in cui la politica confina con la sanità. Nel 1974 è gia presidente del Policlinico San Matteo di Pavia. Nella sua prima vita, viene arrestato per peculato, processato e assolto. Dopo la dissoluzione della Dc, si lega a Roberto Formigoni, di cui diventa il plenipotenziario per la sanità. ontemporaneamente è anche amico e consulente del professor Giuseppe Poggi Longostrevi, organizzatore di una colossale truffa che ha sottratto almeno 60 miliardi di lire alla Regione Lombardia. Poggi Longostrevi ringrazia Abelli scarrozzandolo sul suo aereo privato (proprio come Grossi). L’idillio viene interrotto nel 1998 da un’inchiesta della procura di Milano, che riesce anche a individuare almeno un versamento (72 milioni di lire) fatto da Poggi Longostrevi ad Abelli. Il pagamento di una consulenza, spiega senza imbarazzo Abelli, che pure era nello stesso tempo il braccio sanitario di Formigoni. «Per me pagare Abelli era come stipulare un’assicurazione», replica invece Longostrevi, prima di togliersi la vita. «Dovevo tenermi buono un personaggio politico che nel settore contava molto... Alcuni sono stati costretti alle dimissioni solo per un sospetto, altri sono stati premiati con la nomina ad assessore». Il premiato è proprio Abelli che, dopo lo scandalo delle ricette d’oro, da consulente diventa assessore di Formigoni. Il Faraone, per quei 70 milioni, viene poi processato per false fatture. La sentenza, nel 2003, lo assolve dall’accusa di frode fiscale, perché la nuova legge fiscale stabilisce che le fatture false siano punite solo nel caso vi sia «il dolo specifico di far evadere le tasse»: e Abelli non pensava certo alle tasse, quando intascava i soldi di Poggi Longostrevi. Le motivazioni della sentenza ribadiscono però che Abelli ha certamente intascato «72.800.000 lire per una consulenza non effettiva». Dunque per chiudere gli occhi sulla corruzione: «La consulenza mascherava un versamento in denaro al politico per guadagnarne i favori». Oggi, il Faraone è alla sua terza vita: a Roma, parlamentare Pdl, ma sempre con ufficio a Milano messo a disposizione dall’amico Formigoni.
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Cinema, il censimento dei senza terra di Roberto Faenza
ensiAnimaCorto, è il primo censimento nazionale sul cinema di domani. In realtà il titolo più appropriato dovrebbe essere “censimento di un popolo senza terra”. A fronte di un’evidente crisi del cinema, specie al box office, cresce invece la domanda di fare e vedere un cinema che nel prossimo futuro sarà sempre meno esclusiva della sala cinematografica e sempre più appannaggio di nuovi veicoli di trasmissione. Vedi il discorso della scorsa settimana di Steve Jobs, che ha investito gli utili Apple per diventare il maggiore azionista della Disney, al fine di trasformare il cinema in una nuova forma di entertainment, fruibile ovunque, in primis internet, meno in sala (salvo le grandi imprese 3D) e ancora meno nei dvd (il cui fatturato è calato in Usa del 20 % in pochi mesi). Tutto ciò è segno non della morte del cinema, di cui sentiamo periodicamente parlare, ma semmai della sua mutazione in qualcosa di più trasportabile, di più personalizzabile, di più fruibile fuori dai canali tradizionali. Scomparsi quasi del tutto i videostore, si apre al mondo un nuovo grande territorio, che è quello del computer, della tv digitale, tra pochissimo tridimensionale, e persino dei telefonini. Resta aperto il problema del downloading illegale, per cui si parla di provvedimenti che non arrivano mai e nessuno, nemmeno la nuova legge francese, ha sinora mostrato il coraggio di responsabilizzare i veri autori del reato, che non sono i ragazzini, i quali scaricano da internet tutto ciò che trovano accessibile, ignavi della questione dei diritti, bensì i provider, gli unici a guadagnare cifre enormi ai danni di produttori e autori. Proprio perché vogliamo indagare la crescita di quest’altro modo di fare e vedere cinema, abbiamo deciso con Cinemonitor–Osservatorio Cinema della Sapienza di Roma, da me diretto, con la collaborazione di Radio Sapienza, della Dire-
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zione Generale Cinema del Mibac, dell’Assessorato Cultura, Spettacolo e Sport della Regione Lazio e della Roma Lazio Film Commission, di avviare il primo censimento nazionale di queste nuove forme di spettacolo, che nascono dal cinema ma già vanno oltre. Potremo ancora parlare di cinema, visto che formati, durata e fruizione saranno sempre meno diretti alla sala? Forse no. Ma del resto il cinema è sempre stato un “mutante”, sin dai tempi di Melies, di Griffith, di Chaplin, per parlare dei soli pionieri. Certo stupisce che l’industria tradizionale del cinema italiano sia così poco attenta a quello che gli americani chiamano research & development, mentre proprio l’industria nazionale dovrebbe essere la promotrice più sensibile a investire nell’innovazione. dati più interessanti rilevati ancor prima di lanImente ciare in rete il nostro Censimento sono principalquattro. In primo luogo, si tratta di un’industria sommersa che ha però le caratteristiche di un’industria vera e propria, i cui numeri finali sorprenderanno per peso economico e quantità. Secondo: si tratta di una produzione tipicamente giovanile, che rappresenta una palestra per la crescita di talenti e nuove professionalità ed evidenzia l’urgenza di fare quella ricerca e quella sperimentazione sia produttiva che creativa, il cui valore l’industria tradizionale stenta a comprendere. E che siano proprio i giovani a mettersi in gioco e lanciare una sfida tutta in salita, è forse il dato più bello e incoraggiante. Terzo: in questo genere di produzione cambiano le tecniche di ripresa e di montaggio, la visionarietà, senza parlare del prossimo passo: l’uso intensivo della interattività. Quarto: le tecnologie, dall’editing agli effetti speciali, saranno sempre più alla portata di tutti, per cui è ipotizzabile che un semplice giocattolo come IMovie diventerà presto uno strumento quasi professionale. Sappiamo benissimo che non tutti i prodotti supe-
rano lo standard amatoriale, basta vedere le quantità di video inutili su YouTube, ma è innegabile che la qualità sta crescendo di prova in prova, così pure i budget e le professionalità impiegate. Chi fa il cinema dalla parte dell’industria si lamenta che mancano finanziamenti adeguati, chi fa quest’altro tipo di cinema non ha finanziamenti, eppure lo fa ugualmente, investendo i pochi mezzi che trova. In realtà, questi giovani scommettono sulla speranza di costruire il loro domani. Questi (tantissimi) giovani produttori, registi, attori, sceneggiatori e tecnici, rappresentano un popolo senza terra, nel senso che non trova sbocco alla diffusione dei propri prodotti, se non negli angusti spazi di Festival e rassegne, anche se sempre più numerosi. Ma questo popolo senza terra è un popolo di dimensioni straordinariamente crescenti, che proprio perché in cerca di una terra dove esprimersi e vivere, prima o poi entrerà in conflitto con chi la terra già la possiede. Penso più che al cinema alla televisione, soprattutto alla tv pubblica, che invece di deprimerci con decine di programmi decerebranti, potrebbe benissimo aprire spazi e canali a centinaia di godibilissimi documentari, cortometraggi, animazioni 3d e chissà quanto altro ancora. Pensiamo per un attimo a chi lavora per la memoria del paese: qualcuno è disposto a credere che un buon documentario, realizzato da professionisti indipendenti, sia meno valido di un intero telegiornale realizzato da personale per lo più agli ordini dei partiti, quale sia il loro colore? Il nostro compito, una volta concluso il censimento, sarà anche quello di aiutare questo popolo a trovare una terra dove poter essere visibile, magari aprendo vertenze con le reti generaliste, spesso inadempienti nelle quote di investimento e trasmissione dei documentari, oppure stimolando l’apertura di nuovi canali tematici, oppure ancora sviluppando portali capaci di andare oltre i limiti del sempre più stressato YouTube.
Giovedì 22 ottobre 2009
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SECONDO TEMPO
MAIL La grande stima per Agnese Borsellino Gentile Signora Borsellino, sono passati tanti anni da quelle stragi ma io continuo a commuovermi nel rivedere le foto di suo marito e del suo amico Giovanni Falcone, nel rileggere le loro parole, nel ripercorrere le loro vicende. Gentile Sig.ra Agnese, di tutto questo parlo spesso anche a mio figlio Francesco di 12 anni, per far capire come dice Lei "che non è il ruolo che fa grandi gli uomini ma la grandezza degli uomini che fa grande il ruolo". E racconto a Francesco di Paolo, di Giovanni, delle vostre famiglie, perchè non si perda la memoria di quello che è successo ma soprattutto perchè mio figlio capisca che bisogna vivere la vita sino in fondo, scegliendo con coraggio la verità e la giustizia. Grazie per la sua testimonianza di donna e grazie anche per la speranza che da a ciascuno di noi. Le sono vicina con stima e con riconoscenza e continuo a pregare per Lei e per la sua famiglia così come ho sempre fatto dal giorno in cui prima Giovanni e poi suo marito Paolo sono stati assassinati. Patrizia Mazzobel
La volontà popolare e il signor B. Il suo nome ormai è talmente usato che non lo prenderebbe indietro neppure il 'robivecchi', ma non si riesce a non par-
Furio Colombo
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BOX A DOMANDA RISPONDO IL PADRONE E IL POLITICO
aro Colombo, sbaglio o lei chiama sempre in causa Barack Obama per dire quanto sia esemplare il suo comportamento? E adesso che, con piglio berlusconiano, Obama accusa la Fox–tv di essere “un partito” (come “Repubblica”) ed esclude quella rete televisiva da incontri e interviste solo perché è di destra, come la mettiamo? Ludovica
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LA LETTERA sembra descrivere
una simmetria rovesciata. Di qua, in Italia, il primo ministro denigra, rifiuta e respinge tutto ciò che, nei media, gli appare di sinistra o “nemico”. Di là (negli Usa) il presidente, irato per le critiche di una tv di destra, la esclude da ogni rapporto e implicitamente ma pesantemente ammonisce (noi, in Italia, diciamo: intimidisce) le altre reti tv da un giornalismo troppo critico o sospetto di essere troppo a destra. Non sono entusiasta della dichiarazione di ostilità di Obama verso Fox News benché la Fox News di Murdoch (come il quotidiano del Rev. Moon ,“Washington Times”) esistono solo per attaccare Obama. Non lo sono perché il potere di un personaggio politico come il presidente degli Stati Uniti è troppo più grande. E il carisma di un Premio Nobel per la pace è troppo lontano dalle cattiverie della Fox . Però il caso, e l’apparente affinità, ci servono per chiarire o ripetere alcuni punti. Non tanto per la nostra lettrice, che offre una intelligente provocazione ma sembra sapere come stanno le cose; quanto per i tanti politici ed editorialisti e corsivisti che ad ogni
La vignetta
scontro fra il potere di Berlusconi e i pochi giornalisti che ancora gli tengono testa, levano il consueto salomonico ammonimento “diamoci tutti una calmata”. Provo a mettere un po’ d’ordine nella questione. Obama forse fa male a indicare nella Fox un nemico da tenere a distanza. Ma Obama non possiede nulla, meno che mai giornali e tv. Dunque lo scontro è tra il politico e il giornalista, alla pari, non fra il padrone e l’impiegato, come quando Berlusconi chiama “farabutti” i giornalisti italiani, molti di essi. Direttamente o indirettamente suoi dipendenti. La Fox è molto più di una rete televisiva avversa al presidente. E’ fatta di programmi che, uno dopo l’altro, in tutte le ore di ascolto, attaccano direttamente e personalmente il presidente. Ma neppure questo è tutto. Alla Fox si affiancano piogge di spot, pagati come pubblicità e dunque costosissime, violentemente avversi a Obama, su tutte le reti tv americane. Si tenga conto che Obama non sta annunciando il Ponte di Messina o la museruola ai suoi giudici. Sta tentando di creare una copertura sanitaria garantita per tutti gli americani; di fare pace nel Medio Oriente; di finire la guerra in Afghanistan; di impedire la guerra con l’Iran. Dunque tutta questa vicenda merita una cornice. La destra del mondo si mobilita, con immensa disponibilità di denaro, contro il nuovo presidente americano. E’ forse la vera ragione che ha indotto il comitato Nobel a dare, adesso, il premio per la Pace al leader assediato. Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 lettere@ilfattoquotidiano.it
soldi ?) per non parlare della Banca del Sud: è possibile che gli italiani non si accorgano che questo governo è dannoso? E soprattutto, come fanno a non capire che l'opposizione non porta alternative e non fa proposte concrete? Stiamo per perdere l’attimo in cui è ancora possibile reagire, in cui ancora c’è qualcosa da proteggere. Non voglio pensare a cosa succederà altrimenti. Nicola Castiglioni
Ora di religione tra dottrina e teologia
lare di lui (la sua tattica propagandistica funziona perfettamente)...Il punto è questo, pare che la motivazione delle non dimissioni di Berlusconi sia unicamente la ‘sovranità’ del voto dei cittadini, bene, quand'anche fosse vero che la percentuale di gradimento nei suoi confronti fosse tanto alta (per chi vuol crederlo), che motivo c'è di farla passare per una scelta così definitiva? Il voto ha un grande valore, ma si può rimanere inesorabilmente delusi e cambiare idea...Anche la signora Veronica Lario lo
aveva scelto per la vita, ma ad un certo punto ha usufruito del diritto di ripensamento...e gli elettori non lo hanno neppure sposato! Paola Battisti
Questo governo dannoso non è più sostenibile Il debito pubblico è drasticamente aumentato: 1750 miliardi di euro e passa (procedura di infrazione dell'Unione Europea). Si perdono posti di lavoro mentre ovviamente in campagna elettorale si prometteva il contrario. Si approva una legge per evasori fiscali che non farà che peggiorare l'economia del paese, allargando sempre più la forbice fra poveri e ricchi e facendo rientrare in Italia i capitali della criminalità organizzata. Ora si parla di nuovo di fare il ponte sullo stretto (con quali
Sulla questione dell'ora di religione, vorrei solo mettere la pulce nell'orecchio a qualcuno che ha più voce di noi piccoli cittadini. Invece di Islam e/o cristianesimo, fare un'ora di teologia in generis, cioè spiegare ai bimbi che cosa è la religione e non inculcare idee di questa o di quella religione. Per l'insegnamento della singola fede ci sono le lezioni di dottrina al pomeriggio che preparano la persona alla comunione o Cresima. Ps: è solo una mia idea ho è un pensiero che coinvolge altre persone? Daniele Trinari
Le trattative Stato-mafia Dopo le pietose e contrastanti "confessioni "di Grasso viene da chiedersi:
IL FATTO QUOTIDIANO via Orazio n. 10 - 00193 Roma lettere@ilfattoquotidiano.it
1) se lo Stato non abbia condannato a morte Borsellino 2) quali settori della I Repubblica marcia e collusa abbia diretto attraverso Ros e servizi segreti deviati o meno tutto lo stragismo 3) se i "silenzi" non impongano (Grasso compreso) una dimissione di massa 4) quanti processi siano stati deviati, quante verità siano state sommerse, quanta giustizia sia stata calpestata 5) se sotto sotto, la vecchia P2 (attraverso Camea e Iside2) non abbia avuto un ruolo di traino e di direzione in tutte le operazioni 6) se l'amico che aveva tradito Borsellino non fosse lo stesso Grasso, visto che era consigliere al tempo del collettore di voti mafiosi: Martelli Cordiali saluti
IL FATTO di ieri22 Ottobre 1964 Del gran rifiuto di Sartre al Nobel, si sa quasi tutto, comprese le celebri dichiarazioni inviate all’Accademia svedese (...lo scrittore deve rifiutarsi di lasciarsi trasformare in istituzione…) e quelle dettate al “Nouvel Obser vateur”(…se avessi accettato il Nobel, anche se a Stoccolma avessi fatto un discorso insolente, sarei stato recuperato e io non voglio che si dica, è uno dei nostri, finalmente l’abbiamo recuperato…). Più intriganti i retroscena narrati da Simone De Beauvoir nel libro “Tout compte fait”. Scrive il Castor “…quando seppe del Nobel, Sartre decise di rifiutarlo…aveva un orgoglioso orrore degli onori e non aveva intenzione di andare a fare lo scimmiotto a Stoccolma… i reporter assediavano il suo portone, tant’è che si rifugiò a casa mia …quando uscì, ai giornalisti disse solo “non ho voglia di essere sotterrato”... la salumaia che gli abitava vicino, mormorò “Povero signor Sartre! Due anni fa l’OAS, adesso il Nobel, non la lasciano mai tranquillo…”. “La stampa poi accusò Sartre di volersi fare pubblicità, insinuò che aveva rifiutato il premio perché Camus l’aveva preso prima di lui, che io ne sarei stata invidiosa, che bisognava essere ben ricchi per sputare su 26 milioni…fu uno scandalo”. Giovanna Gabrielli
L’abbonato del giorno
docente universitario siano liquidate così è segno inequivocabile di degrado. La ringrazio in anticipo per aver condiviso il mio punto di vista. Massimiliano
UMBERTO DE LUCA Umberto è un pensionato di 60 anni e vive in Sicilia. Ci scrive: “Sì, voglio essere io l'abbonato del giorno, me lo ‘dovete’. Ho pagato l'abbonamento nel mese di maggio, ero in Australia e vi ho fatto un bonifico bancario da lì. Sono contento di poter contribuire all'uscita di un giornale veramente libero. Grazie per quello che fate e buon lavoro!”. Raccontati e manda una foto a: abbonatodelgiorno@ ilfattoquotidiano.it
Comportamenti privati di uomini pubblici A tutti coloro che giustificano i comportamenti "privati" di Silvio Berlusconi, qualificandoli semplicemente come gossip, vorrei chiedere: se, per pura ipotesi, il Presidente del Consiglio fosse stato una donna e se questa stessa donna avesse organizzato reiterati festini con una trentina di gigolò, successivamente gratificati con candidature elettorali, avrebbero costoro parimenti sostenuto, fino a lacerasi le corde vocali, che i comportamenti tenuti nella vita privata sono del tutto ininfluenti rispetto alla credibilità politica (nazionale e internazionale) del Presidente del Consiglio ? Ho i miei seri dubbi. Alberto Tettamanzi
I Migranti e gli italiani di ieri Nucleare: un’interessante trasmissione in tv Scrivo sull'onda dell'indignazione provocata dalla vista dell'intervento odierno di Uno mattina sul nucleare. Possibile che ogni intervento "contro" fosse seguito da una chiosa che suonava così "Questa è la sua opinione" (Michele Cucuzza), mentre i commenti positivi non risultavano minimamente commentati? La parzialità sulla Rai è diventata proprio di casa in ogni programma? Potrei mal tollerare le perplessità di un conduttore di fronte al parere di Dario Fo sul destino delle scorie, ma che le parole di un
Oltre alle fatiche quotidiane degli italiani, c’è un mondo vasto e sommerso che mai, neanche per sbaglio, trova spazio nei telegiornali: quello degli stranieri. Eravamo noi, i migranti, solo pochi anni fa. E chiedevamo aiuto, senza pudori o vergogna. Bussando alle porte, senza ricevere dinieghi. Mi struggo nell’osservare l’assoluta indifferenza dei miei concittadini nei confronti di chi oltre alla patria, ha perso quasi tutto. Mi pare il riflesso di una memoria cancellata, di una volgarità gratuita, qualcosa di terribile, da qualunque punto di vista lo si osservi. Alberto Fontana
Leopoldo Nicli
Se non avessi 70 anni me ne andrei Sono un abbonato che ogni giorno, quando legge Il Fatto diventa triste e pieno d'angoscia. Come si può vivere in questo paese? Ho 70 anni e non posso più andarmene anche perchè ho un figlio ancora giovane che ha ancora bisogno di me. Cosa aspettiamo a mobilitarci tutti, perchè non scioperiamo ad oltranza tutti? In tempi non sospetti ho pronosticato che prima o poi ci scappa il morto in piazza: credo che purtroppo siamo vicini. Non possiamo più sopportare, B. ci sta distruggendo. Chiedo a tutti i partiti di sinistra di mettere da parte tutti i personalismi e unirsi per rovesciare la situazione, l'esperienza Prodi non ha insegnato nulla? Mi dia un segnale di speranza La prego. Paolo Gaudimundo
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