Moro per Amore: commedia dell’arcadico Flavio Orsini Grande mecenate collaborò con Scarlatti e Stradella. Nel 1696 vendette il Ducato di Bracciano agli Odescalchi
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lavio Orsini nasce a Roma nel novembre 1620, secondogenito di Ferdinando, e di Giustiniana di Giovannantonio Orsini, duca di Sangemini. Nel corso della sua vita, oltre ad occuparsi di politica in un’opera continua di mediazione tra le varie corti europee e la Santa Sede, indirizza i suoi interessi per la scienza e il collezionismo, in particolare per la matematica, per le belle arti, per l’epigrafia, per le medaglie. Nel suo palazzo custodisce una collezione prestigiosa di quadri, oltre che di gemme e cammei antichi. La ricca biblioteca conserva una sezione notevole di libretti e di spartiti. Fedele alla lunga tradizione mecenatizia familiare, grande appassionato di musica, nel suo palazzo in Roma, mantiene alcuni musicisti, come Alessandro Stradella, Anna Caruso, Ercole Bernabei, Alessandro Scarlatti, Paolo Lorenzani, Bernardino Pasquini e altri. Egli stesso scrive dei testi destinati a essere musicati, in particolare due, sui quali tra poco ci soffermeremo. Lo storico Mario Crescimbeni nel terzo tomo della sua opera in tre volumi “Notizie istoriche degli Arcadi morti”, pubblicato a Roma, nella stamperia di Antonio de Rossi tra il 1720 e il 1722, così ci parla della inclinazione artistica di Flavio Orsini: “Ma spezialmente mostrossi egli affezionato alla nostra Poesia, nella quale produsse varj Drammi Musicali, de’ quali fece rappresentarne nel suo Teatro dimestico, e ne diede anche alle stampe co’ nomi anagrammatici di Filosinavoro, Sì fino lavorò, che comprendono il nome di Flavio Orsino”. Nel 1683 Flavio Orsini dà alle stampe “La dama di spirito geloso e La guerriera costante”, comedia in comedia di Filosinauro. Recitata nelle feste per la nascita dell’altezza reale del duca di Borgogna nel palazzo Pasquino, pubblicata a Bracciano nella Ducale Stamperia. Le copie si vendono in piazza Nauona in bottega di Carlo Giannini libraro, 1683, come riporta la scheda catalografica del Servizio Bibliotecario Nazionale. La partitura musicale de La guerriera costante, conservata senza nome di compositore nella Biblioteca Vaticana, è stata attribuita ad Alessandro Scarlatti da Gloria Rose mediante il confronto con quattro opere scarlattiane della Marciana di Venezia, che risultano tratte da quest’opera, come riporta il musicologo Saverio Franchi in “Drammaturgia Romana. Reper-torio bibliografico cronologico dei testi pubblicati a Roma e nel Lazio. Secolo XVII. 1280 testi drammatici ricercati e trascritti in schede con la collaborazione di Orietta Sartori”, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 1988. A pagina 5 sotto la figura di un Orso seduto xilografato nell’atto di scrivere, chiaro riferimento al Casato, troviamo il Prologo che recita: Io, che con dolci note, d’armoniosi accenti… A pagina 112 riappare l’Orso, ma stavolta in piedi, che se ne va, a opera conclusa. La commedia, rappresentata a Palazzo Orsini nel febbraio 1683, è ambientata tra Bologna e Lisbona. Nel 1681 Flavio aveva scritto il libretto di “Moro per amore”, poi come vedremo stampato solo nel 1696, un libretto in 3 atti messo in musica, su sua richiesta, da Alessandro Stradella, quando il compositore nepesino era a Genova. Narra la storia di Floridoro, principe di Cipro, che travestito come Feraspe, un moro, si fa portare come schiavo in catene alla corte di Eurinda, regina di Sicilia. I due paesi sono in guerra e Cipro intende invadere la Sicilia, il travestimento consente al principe di introdursi nell’isola per corteggiare Eurinda, la cui meravigliosa bellezza ha conquistato il suo cuore. Di qui il titolo Moro per amore, gioco di parole che significa ‘Un moro per amore’ o ‘Io moro per amore’. Dopo varie complicazioni amorose e politiche, tutto si conclude felicemente con il matrimonio
reale tra i due eredi e Sicilia e Cipro. A seguire alcuni versi di Flavio Orsini, il primo tratta dalla seconda scena, protagoniste Eurinda a Lindora, sua nutrice Un cor ch’è libero da lacci asprissimi del crudo Amor, di guardi amabili e lucidissimi fugga i splendor: ch’io sugl’albor di mia gradita età vuo’ pur troppo goder la libertà. qui è Floridoro principe di Cipro, nell’ultima scena, a svelare Eurinda la sua vera identità Non inarcar le ciglia, o regnante sicana, se appena riconosci quel che supposto hai per Feraspe un tempo, con tarda, inaspettata stravaganza prender di Floridoro oggi sembianza. Io - dal grido sonoro di fama stimolante, spinto di tue bellezze ad adorare i pregi lascio il mio sangue e il trono, patria e fasti abbandono mentre guerra crudel fra le nostr’armi i miei desir, le mie speranze oscura… Nel 1696 Flavio Orsini fa stampare il libretto, con il titolo: Moro per amore opera per musica composta da Filosinauoro Accademico degli Arcadi. Dell’anno 1696. In Roma: per il Bernabò, 1697. Flavio Orsini è già membro dell’accademia dell’Arcadia dal 1692, con lo pseudonimo di Clearco Simbolio. Seguendo il Catalogo del Servizio Bibliotecario Nazionale apprendiamo che l’unica copia conservata, purtroppo mutila, è disponibile presso la Biblioteca Centrale Nazionale di Roma che ne ha previsto anche la digitalizzazione. A pagina 4 vediamo una nota dell’autore, che si rivolge direttamente al lettore: “Ho voluto dare alle stampe quest’opera intitolata Moro per Amore, fatta per Musica, e composta di note da quel riguardevole grand’ingegno di Alesandro Stradella… Quest’Opera non è mai comparsa su le scene, & essendosi mutato il gusto di componere dal buon stile di prima, ho solo voluto stampare le parole, perché non portasse tedio agli Vditori la Composizione in music”. Nella pagina precedente, la numero 3 ritroviamo l’immagine xilografata dell’Orso seduto nell’atto di scrivere. A pagina 7 scorgiamo un’altra curiosa nota di Flavio Orsini, la riportiamo integralmente: Protesta dell’Avtore - Le parole fato, destino, numi, adorare, idolo, & altre simili piacciati considerare, come sfoghi di penna poetica, non come sensi veraci di un cuore, che nacque, vive, e vuol morire buon Cattolico. Sono tempi difficili, i rapporti con la Chiesa si reggono su delicati equilibri che è meglio non alterare, sapendo che la Chiesa, quando vuole, sa essere molto incisiva. Animo sensibile e appassionato, Flavio Orsini muore a Roma, senza eredi, nel 1698. Solo due anni prima per gravi difficoltà finanziarie ha venduto il ducato di Bracciano a Livio Odescalchi. Fabercross
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Gente Bracciano Aprile 2017 - numero 14
di
Achille Grandi: il maestro del sindacalismo cristiano
Gente Bracciano
Aprile 2017- Numero 14
Nel 1944 siglo il Patto di Roma con comunisti e socialisti
Dedicato a Giampi
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aro Giampi, per te la vita è stata breve, avevi tanta gioia di vivere della tua arte che ti dava tanta serenità per affrontare con molto coraggio la malattia. Rimarrai sempre vivo nei nostri ricordi e negli amici che ti hanno conosciuto. Nella tua breve esistenza hai dato con la tua simpatia e il tuo dolce sorriso un motivo importante per apprezzare di più il dono della vita. Grazie Mena e Claudio
Editore: Associazione Gente di Bracciano Presidente: Claudio Calcaterra Direttore responsabile: Graziarosa Villani Redazione: Francesco Mancuso, Vittoria Casotti, Biancamaria Alberi, Luigi Di Giampaolo Collaboratori: Massimo Giribono Fabercross, Pierluigi Grossi, Mena Maisano Registrato al Tribunale di Civitavecchia n. 1388/2014 Stampa e impaginazione: FEDE 2011 srl Via dei Vignali, 60 - Anguillara Sabazia su carta riciclata Foto di controcopertina di Vinicio Ferri foto di copertina a cura di
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L’Europa e la Carta di Roma
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Europa dei popoli o dei mercati? A 60 anni dai Trattati di Roma il dilemma resta. Il continente è in crisi ma il processo sempre ormai inarrestabile. Sei decenni di pace valgono cessioni di sovranità alla ricerca continua di un nuovo modo di vivere insieme la Vecchia Europa. E a Roma il 25 marzo 2017 si è scritta una nuova pagina della storia, tra mille perplessità e mille interrogativi. Tutto con la Brexit alle porte. La Carta di Roma è timida ma allo stesso tempo ribadisce i valori fondanti che furono di Altiero Spinelli e del Manifesto di Ventotene. “Noi, i leader dei 27 Stati membri e delle istituzioni dell'UE - declama la Carta - siamo orgogliosi dei risultati raggiunti dall'Unione europea: la costruzione dell'unità europea è un'impresa coraggiosa e lungimirante. Sessanta anni fa, superando la tragedia di due conflitti mondiali, abbiamo deciso di unirci e di ricostruire il continente dalle sue ceneri. Abbiamo creato un'Unione unica, dotata di istituzioni comuni e di forti valori, una comunità di pace, libertà, democrazia, fondata sui diritti umani e lo stato di diritto, una grande potenza economica che può vantare livelli senza pari di protezione sociale e welfare”. La generazione Erasmus è ormai una realtà che si tocca per mano e che ha plasmato moltissimi giovani in tutto il continente. L’euro, non c’è dubbio, ha sottratto potere d’acquisto anche a causa dei mancati controlli. Ma la sfida europea prosegue. Per nostro conto non possiamo non dirci europeisti indicando allo stesso tempo una via che veda sempre meno una Europa dei burocrati e sempre più un’Europa delle comunità. Claudio Calcaterra
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u lui il gene cattolico nella costituenda Confederazione Generale Italiana del Lavoro (Cgil), il sindacato unitario fondato nel 1944. Achille Grandi, formatosi nel sindacato e nel mondo cattolico, con Giuseppe Di Vittorio e Bruno Buozzi, elaborò il nuovo patto sindacale che metteva insieme le tre componenti politiche del sindacato, quella comunista, quella socialista e quella cattolica appunto. Un momento che per Grandi arriva dopo decenni di esilio dall’agone politico e sindacale. Nei periodi bui del Fascismo aprì una sua tipografia, passando poi a lavorare alle dipendenze, sempre con mansioni di tipografo, presso il Pontificio Istituto delle Missioni Estere. Il suo faro, la sua fonte di ispirazione fu, sin da giovanissimo, l’enciclica Rerum Novarum di papa Leone XIII. In quel di Como, dove era nato nel 1883, in un ambiente di piccoli industrialotti tessili, si fece le prime ossa nelle organizzazioni sindacali cattoliche. Nel 1918 entrò nell’esecutivo della Confederazione Italiana dei Lavoratori (CIL). Nel 1919 fu tra i fondatori del Partito Popolare di Luigi Sturzo per il quale, concorrendo nel Comasco, divenne deputato. Ma il Fascismo è alle porte. Grandi è un Aventiniano. Dal 1922 al 1926 sarà lui a guidare la Confederazione Italiana Lavoratori (CIL) e nel 1926 ne decise l’autoscioglimento prima della pubblicazione ufficiale del decreto del governo fascista. Dopo l’8 settembre, Grandi tornò in prima linea e lavorò alla stesura del Patto di Roma. “Mentre al Sud rinascevano le Camere del Lavoro e mentre al nord si intensificava il movimento resistenziale, i principali esponenti del sindacalismo italiano - scrive la stessa CGIL ricostruendo la sua storia - proseguirono il lavoro di dialogo unitario, avviato già negli anni ’30, che culminò il 3 giugno 1944, poche ore prima della Liberazione della capitale da parte degli Alleati, nella firma del Patto di Roma che decretava la rinascita del sindacato libero. La CGIL (Confederazione Generale Italiana del Lavoro) unitaria nasceva dal compromesso tra le tre principali forze politiche italiane: infatti, il Patto di Roma fu siglato da Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani ed Emilio Canevari per i socialisti. In quelle stesse ore uno dei principali protagonisti dell’intesa, Bruno Buozzi, veniva barbaramente ucciso dai nazisti”. Nell’agosto del 1944, Achille Grandi fondò le Associazioni Cristiane Lavoratori Italiane (ACLI) e ne divenne il primo presidente. Così lo stesso Grandi ne ebbe a parlare: “quell’organismo che poi prese il nome di Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani sorse nel pensiero dei vecchi sindacalisti cristiani fin dal periodo clandestino, quando andavano concretandosi le trattative con i vecchi esponenti della Confederazione rossa per ottenere l’unità sindacale. Era convincimento di noi tutti che i lavoratori cristiani,
Achille Grandi
pur entrando in una organizzazione sindacale che affermava solennemente di rispettare tutte le opinioni politiche e religiose, avessero bisogno di una organizzazione che li formasse solidamente nella dottrina sociale cristiana. Noi volevamo che rivivessero nelle Acli le nobili tradizioni della dottrina leoniana e di quelle mirabili opere che sorsero in Italia in seguito all’importante Enciclica, e che raggiunsero il massimo della loro efficienza dopo l’altra guerra”. Grandi fu eletto all’Assemblea Costituente nelle liste della Democrazia Cristiana. Ma questa volta la sua esperienza parlamentare fu molto breve. Morì a Desio il 28 settembre 1946. La stampa cattolica lo ricordò come il “maestro del sindacalismo cristiano”. A cura di Claudio Calcaterra
Adesione alla Associazione “Gente di Bracciano”
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re verso un più sostanziale impegno a costruire la “Casa della Memoria” per tutti gli abitanti di questa meravigliosa cittadina, per la storia che la riguarda, per il suo castello, il suo lago dove personaggi di tutto il mondo ne hanno decantato le lodi e ne hanno ammirato il panorama che non ha eguali. Vi aspetto per la vostra adesione. Grazie il Presidente Claudio Calcaterra
Associazione “Gente di Bracciano” è nata, (grazie a Mena e Claudio), per stare dentro la memoria e dentro la vita reale dei cittadini doc di Bracciano; dentro la realtà di chi braccianese non è. È ora di fare un passo avanti, è ora di allargare scrivendosi alla nostra Associazione, di tutti gli amici e gli appassionati del nostro giornale con un contributo intellettuale, generoso, poetico, culturale e di semplicità umana, per decolla-
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Gente di Bracciano
Roland: un indio a bracciano Musicista, attore, educatore. Suona gli strumenti della Natura...col compianto Giampi sempre nel cuore
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on Claudio e Mena stiamo andando a trovare Roland Ricaurte per arricchire l’album di storie della gente di Bracciano, camminiamo per via Cavour e all’altezza del cinema Virgilio mi trovo davanti a un negozio di giocattoli tutti in legno, niente plastica, insieme un tripudio di colori che scombina l’aria austera del borgo medievale di Bracciano. Entriamo e ci viene incontro Roland, stretta di mano poderosa, un largo sorriso benaugurante e ci fa scendere per una scaletta che ci introduce in un luogo che mi ha subito ispirato curiosità e allegria, condite con un “frizzico” di magia. Il locale non è grande, quasi non ci si capacita di come possa contenere tanta ricchezza. Su una parete centinaia di oggetti musicali, raccolti nei miei viaggi in Sudamerica, ci dice Roland: bombo, comgas, calimba, marimbula, sonagli, didjeridoù, sheker, sikus, rondador, charango, tanti flauti di Pan, chitarre e chi più può più ne metta. Ai lati due sale insonorizzate per futuri batteristi, pannelli di sciarpe colorate comprate ai mercatini domenicali e assemblate per farne dei separeè necessari durante le attività che qui si svolgono, sembrano tessuti al telaio da mani antiche, alle pareti quadri che ispirano gioia insieme a sciami di pensieri sul senso di sé e della vita, sembrano frattali che invitano a pensare alla natura, alle profondità dell’universo: sono di Giampi, mio figlio, ci dice con la sua voce densa di energia, appena sfiorata da un refolo di dolore. Al centro quattro sedie ci stanno aspettando, un invito amicale per la nostra chiacchierata. Ma prima di sederci Roland comincia a parlarci dei quadri, che percepisco nascondano un messaggio per i nostri sguardi incuriositi. Roland è un indio dotato di un’energia contagiosa, ci siamo appena conosciuti e già lo sento come un vecchio amico di strada, è un indio Muisca - un popolo che viaggia nella storia da migliaia di anni -, nato a Bogotà, uno sguardo che vede lontano, ironico passionale, i capelli chiusi in un codino impertinente, braccialetti della pace ai polsi, gesti di un attore che recita la sua vita. I quadri sono di mio figlio Giampi, e avverto di nuovo quel tono di voce che mi racconta di storie di vita allegre e doloranti. Tira giù un quadro, sembra una stella collassata nell’universo, e ci fa vedere la tecnica con cui sono stati lavorati: controluce si vede distintamente che sono tratti
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Roland Ricaurte nel suo studio musicale orizzontali di comuni biro a tracciare i sogni di Giampi. Gli chiedo, un po’ stordito, se i colori che animano il quadro fossero acrilici e Roland, divertito, racconta che sono frutto, anche loro, delle vecchie penne biro colorate… una volta entrai in una cartoleria per vedere se riuscivo a trovarne, non se ne fabbricavano più, e con sorpresa la proprietaria mi fece vedere uno scatolone di quelle penne che non riusciva più a vendere e con sua sorpresa e mio divertimento comprai tutto lo scatolone. Giampi doveva continuare a dipingere le sue sfide alla vita. Mi vede attento ad un quadro… “è un Yanomami che si scaglia contro gli spagnoli, lo ha dipinto Giampi seguendo le tracce degli studi anatomici di Leonardo da Vinci”…mi giro e vedo Mena e Claudio come sospesi, in uno stato di commozione contenuta, ci sediamo e Roland comincia a raccontare di Giampi. Roland è come un fiume delle foreste della sua terra, non ho dovuto chiedergli nulla come spesso mi capita negli incontri delle storie braccianesi, anzi ho dovuto sommessamente ricordargli che la mia penna non possedeva la velocità del suo racconto, ha sorriso e ha continuato a viaggiare con l’energia dei suoi fiumi amazzonici. Sono nato il ventisette dicembre 1959, a Bogotà studiavo musicologia, m’innamorai
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di Nubia e il ventidue gennaio del 1981 nacque Giampi. A tre anni si manifestò la malattia che lo ha accompagnato nella sua vita: una fibrosi cistica al pancreas, poche speranze di vita. Nubia aveva uno zio in Francia, andò a trovarlo per cercare strade che permettessero a suo figlio di vivere, fu così che partì per Roma dove c’era un centro specializzato per la cura della fibrosi cistica. Ma la vita è densa di imprevisti, a volte tragici. Ero al Conservatorio quando vidi una macchina eguale a quella di mio padre posteggiare davanti al portone, fu una sorpresa vedermelo davanti, fu così che seppi che Nubia era morta in uno scontro automobilistico sulla Torino-Savona, due giorni dopo sarei dovuto partire per Torino… e lo dice con un tono di voce che mi colpisce, emana dolore oserei dire sereno, frutto, forse, di una profonda consapevolezza del mistero della vita e della morte…poi andai in Perù a studiare etnomusicologia, qui incontrai Roberta, un’antropologa italiana con la quale nacque un amore. Il padre di Roberta volle subito bene a me e a Giampi, prese lui a cuore la mia storia e mi aiutò a permettere a mio figlio di curarsi nell’ospedale Policlinico di Roma. Era un ferroviere e mi aiutò a prendere il giusto risarcimento per la morte di Nubia. A Giampi avevano dato pochi anni di vita ma grazie a quell’intervento e al suo
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straordinario carattere visse fino a 36 anni, partecipando al mio lavoro, consigliandomi, sempre con uno spirito aperto, gioioso, quasi avesse deciso di non parlare con il suo male, ma di parlare solo con le ricchezze che la vita poteva offrirgli, i suoi quadri sono lì a parlare di questo… mentre si dipana il suo racconto ho percepito che quel particolare tono di voce di Roland, mentre parla di Giampi e di Nubia, parla della vita e della morte, del modo con cui la sua cultura parla a Madre Natura e in quel tono ho sentito che Giampi non è un ricordo, Giampi vive nelle sue parole e nelle storie che ha vissuto. Poi ha cominciato a parlarmi di sua nonna Rosa Elvira, un nome colorato, profumato. Rosa Elvira era una sciamana, guaritrice e mediatrice tra il mondo reale e quello spirituale di Madre Natura. È venuta fuori perché gli ho chiesto di darmi del tu, non del lei. Mi ha guardato dritto negli occhi e mi ha raccontato che sua nonna gli ha insegnato che alle persone che più sanno, che più hanno vissuto, bisogna portare rispetto, ecco il lei. Sono stato felice di continuare a sentirmi dare del “lei”…di Roberta ricordo ancora del nostro appuntamento a Plaza de Armas de Cusco, anticamente chiamata Awqaypata (piazza del guerriero), una piazza bellissima sia di giorno che di sera, basta sedersi sulle sue panchine e godersi con calma ogni suo scorcio INCA, io arrivai puntuale, come mi insegnò mia nonna, lei con un po’ di ritardo, devo molto a Roberta e in quella piazza le detti un appuntamento in Italia. L’11 gennaio 1986 senza dirle nulla, arrivai a Fiumicino e la chiamai al telefono, mi chiese da dove parlassi dato che sentiva forte e chiara la mia voce, apprese con stupore che avevo mantenuto la mia promessa…approfitto di un sospiro di pausa di Roland per chiedergli cosa sia Suamox, che ho visto scritto in alcune locandine del negozio…Suamox vuol dire città del sole ed è un centro della culcura “Muiska” vicino a Bogotà, ma è anche il nome dell’associazione che io e Karoline, la mia attuale compagna di vita, abbiamo creato per sostenere la nostra idea di promuovere l’interculturalità: l’associazione organizza
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I quadri di Giampi spettacoli ed incontri interculturali, laboratori didattici, percorsi formativi sull’intercultura per docenti ed operatori socio-culturali, concerti, rassegne, mostre d’arte, seminari, eventi culturali e altro ancora. Le attività vengono realizzate nelle scuole, biblioteche, teatri, centri culturali, festival, ecc…non nascondo che per un attimo ho pensato al “Museo del oro” di Bogotà pieno degli antichi gioielli Muiska e Chibcha, una meraviglia che stordisce il viaggiatore, e a come spesso, nel raccontarci, amiamo far brillare le nostre storie…l’associazione ha promosso centinaia di spettacoli in tutto il mondo, spesso porto in tournèe il mio “museo” di strumenti musicali, li suono e racconto le loro storie, l’intensità delle loro vibrazioni, come e da chi sono stati creati…gli chiedo quale concerto ricordi con maggiore intensità…quello in Thailandia alla presenza del Dalai Lama, cinquemila persone stese in terra, sotto un albero millenario, dieci persone non riuscivano ad abbracciarlo, a bere thè e ascoltare musica andina…ho avuto un soprassalto e mi sono un po’ vergognato di aver pensato in quel modo al Museo del oro…poi quello con papa Wojtila nella sala Nervi…sai non si sapeva mai quando avremmo dovuto suonare e cantare, l’organizzazione era un po’ carente, così me ne andai a fare una passeggiata, gira qua, gira là, mi ritrovai nei giardini del papa dove due enormi e torve guardie del corpo mi prelevarono poco amichevolmente riportandomi nella sala Nervi, ma non finisce qui…tira fuori un sorriso tanto divertito quanto malizioso…mi sono anche seduto sulla sedia del papa…e poi quel concerto ad Alatri, era l’ultima posta di un giro che mi aveva portato in pochi giorni a Bari, Venezia, Palermo, Firenze, Ancona, ero stanco quando arrivai ad Alatri e quando salii sul palco cominciai a sudare, sudare, ero collassato, chiamai i miei musicisti e dissi loro di andare avanti, mi ripresi un po’ e alla fine riuscii a salire di nuovo sul palco, non scorderò mai l’affetto dell’applauso che mi accolse, avevano capito… a questo punto, un po’ stordito mi sono rintanato un attimo nei miei pensieri, quando
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sono rientrato l’ho sentito dire…il vento che suona…mi sono perso le altre parole ma improvvisa mi è venuta in mente la scultura alta tre metri a Burnley, nel Lancashire, fatta di tubi forati che suonano arie diverse secondo l’estro e la forza del vento, un enorme flauto di Pan, curiose assonanze di un mondo che Suamox ha deciso di far vivere e incontrare, intanto lo sento dire che la musica regolata su 432 Hz si propaga nel corpo e nella natura, donando energia e senso di pace. Mentre sto scrivendo, sempre più affascinato da questa storia, vado su internet alla ricerca di Suamox e trovo un evento svoltosi in occasione della giornata mondiale dei Diritti umani, svoltasi con il patrocinio della Provincia di Roma il dieci dicembre del 2012. Il titolo dell’evento era “I diritti alla ribalta”, dove esperti, mediatori culturali, associazioni di venti collettività raccontarono le loro esperienze: in prima fila c’era uomini in movimento di Roland Ricaute e poi intermezzi con la kora - uno strumento cordofono - del griot senegalese Pape Canoute…un menestrello andino e un raccoglitore di memorie senegalese, uno sballo, e poi interventi dal Pakistan, Nigeria, Italia, Romania, Germania, Messico, Camerun, Moldavia, Brasile, Ungheria, Sri Lanka, Colombia, Perù, Eritrea, Ecuador, Croazia, comunità araba a Roma, uno straordinario patchwork multietnico…e poi Giampi, quando poteva, mi accompagnava nelle mie tournèe, sempre sereno, sempre una parola che aiutava a vivere, poi, quando facevo tour massacranti come quello narrato, guidavo sempre io, spesso anche la notte, lui mi chiamava al telefono e mi raccontava le sue giornate, i suoi quadri, per non farmi addormentare, diceva, quando sentiva la mia voce che s’impastava mi sollecitava a fermarmi, a prendere un caffè, anche due se necessario…sto per chiedere a Roland di aggiungere un’altra sedia per Giampi, lo sento tra noi, vivo, con la sua voglia di fare, di vivere, avverso alla sua fibrosi maligna, poi gli chiedo di raccontare come lui, cittadino del mondo, sia arrivato a Bracciano, e come viva la sua storia in questa piccola cittadina del Lazio…sai
Gente di Bracciano
Solitudine nemica dell’Auser Uno straordinario esercito di volontari per l’invecchiamento attivo
sono arrivato a Bracciano perché nel 1990 mi sono innamorato di Anna, una braccianese doc, abbiamo vissuto insieme per sette anni, densi, nacque Daniele, poi ci siamo lasciati…intanto continuavo le mie tournèe, le mie attività didattiche, poi mi sono innamorato di Karoline, una mediatrice culturale croata, così abbiamo deciso di mettere insieme le nostre energie per dare sempre più forza al progetto interculturale di Suamox, e questo insieme al figlio che ci siamo donati. Il rapporto con Bracciano è però stato sempre complesso, con diversi assessori non siamo proprio riusciti a capirci, solo nel 94 e 95 siamo riusciti a fare delle performance a Bracciano ma grazie a fondi europei, fu un successo indimenticabile…si interrompe per il secondo che gli occorre per afferrare un ricordo malandrino che gli brilla negli oc-chi…ricordo quella volta che eravamo impegnati, qui a Bracciano, in un’iniziativa interculturale che coinvolgeva alunni delle scuole elementari e medie, durante i lavori arrivò l’assessore alla cultura, io credevo per partecipare all’attività dei ragazzi, lui si avvicinò a me e Karoline e - ahòòò”!!! ma qui ‘un c’è er rinfresco? - Karoline s’infuriò e lo trattò come meritava, solo con Elena Carone siamo riusciti a intenderci e a promuovere attività con il patrocinio del Comune, il negozio lo abbiamo aperto con Karoline sette anni fa, ma vendo poco a Bracciano, molto al-l’estero…sento di non dover insistere, è un tema delicato e con troppe sfaccettature, così mi sono ritirato per un attimo nelle mie stanze segrete, ma con Roland non c’è pausa, da lontano ho sentito che parlava di Spaccanapoli, rientro e gli chiedo di cosa parli…sono anche un attore, ho lavorato nelle fiction del commissario Rex, quello del cane poliziotto che ama i panini, in Spaccanapoli dove faccio quasi sempre la parte del boss colombiano del cartello della droga ma lavoro anche per il cinema e qualche volta mi riesce anche di fare parti da “buono”…si alza e prende uno spartito…sai ho anche lavorato con Maria Rosaria Omaggio, grande amica di Gabriel Garcia Marquez, che gli fece dono di una poesia, Maria Rosaria me la portò e mi chiese di musicarla, diceva che solo io avrei potuto farlo… a questo punto riappare Rosa Elvira, succede quando gli chiedo da dove venga un flauto che mi affascina, lui si alza, lo prende e comincia a raccontarci il significato del suono di quel flauto particolare, chiude gli occhi,
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cerca ispirazione e lo fa suonare, è un suono lungo, che entra nel sangue, poi prende due oggetti musicali che mi lasciano senza parole, uno è fatto di noci spaccate a metà, tenute insieme da spaghi a formare un insieme che scosso dalle sue mani esperte produce vibrazioni insolite, l’altro è fatto nello stesso modo, ma sono frutti tropicali sempre spaccati a metà, sembrano castagne…questi sono strumenti musicali creati con materiale di scarto, strumenti della Natura, qui facciamo attività per recuperare l’idea di una relazione non compulsiva con la Natura, ascoltate le vibrazioni, le usano gli sciamani quando arriva una persona che ha bisogno di loro, prima di chiedere per quali motivi siano venuti a chiedere il loro aiuto invocano, con suoni e vibrazioni musicali, la Natura perché li sostenga a incontrare la persona, perché li aiuti a capire i loro disagi, le loro fatiche, fu nonna Rosa Elvira che mi guidò alla scoperta della Natura…una pausa, l’occhio birbo che annuncia piroette e…sai un giorno, scoprì che avevo rubato venti centesimi, mi afferrò la mano e l’avvicinò ad un braciere acceso “oggi te la cavi così, pensa cosa ti saresti meritato se avessi rubato di più e ricorda, oggi venti centesimi, se non ti fermi chissà dove finisci”…sono parole dense di rispetto e riconoscenza quelle di Roland, si alza un attimo e prende un cd che titola “Canto a las estrellas”, è un suo lavoro che ha vinto il premio Background 2010, la giuria era composta da Moricone, Piovani, Trovajoli e Bacharach, ce lo dona…ci alziamo, sgranchiamo le gambe e
gli chiedo le attività che svolge nella saletta…qui offriamo una scuola di musica usando un nostro particolare metodo, ce n’è uno dove genitori e bambini, genitori e ragazzi, insieme, imparano a suonare il tamburo, insegno a classi di studenti a “fare cinema” così, con la cinepresa, li invito a filmare storie e luoghi di Bracciano, è aperta una scuola di canto, impariamo ai nostri allievi a costruire strumenti musicali con materiale di scarto, cerchiamo di riflettere sulla forza dell’inteculturalità, la pelle può avere colori diversi, ma il sangue è rosso per tutti…è l’ora che volge al desio, il mio quaderno acchiappaparole è zeppo di storie, suggestioni, sarà un piacere costruirci un possibile patchwork per restituire a Roland la sua testimonianza ma prima di andar via ci fa sentire i suoni di alcuni strumenti, vedo Mena e Claudio vibrare con loro, poi Claudio tira fuori un foglio e legge parole di Giampi, siamo tutti, ciascuno a modo suo, in uno stato gassoso e anche qualche lacrima s’affaccia curiosa e partecipe della magia vissuta in queste due ore. Saliamo i gradini e incontriamo Karoline che ci saluta come se fossimo amici di lunga data. Oggi i miei nipoti sono in campagna con me e Vittoria, la mia compagna, vedo una rana-nacchera e decido di portarla ad Anna, l’ultima arrivata, due anni. Karoline me la dona. Mentre sto scrivendo le piroette di Roland, la rana-nacchera è qui vicina a me e ogni tanto “nacchero” per far affluire le storie che Roland ha voluto narrarci. Grazie Roland. Grazie Karoline. Francesco Mancuso
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Auser, una associazione di volontariato del cosiddetto Terzo Settore, impegnata nell’autogestione dei servizi a persone anziane e alla solidarietà, nata nel 1989, è presente su tutto il territorio nazionale, promuove una serie di iniziative che riguardano e coinvolgono, in particolar modo, i pensionati e gli anziani. Collabora con le istituzioni pubbliche e con organizzazioni private e opera nel campo sanitario, sociale e nella cultura. Gli anziani non sono destinatari passivi, ma protagonisti e promotori di tutte le attività. Conoscere le problematiche e le necessità della terza età è il motto: “Conoscere per vivere meglio”, che contraddistingue un programma di educazione sanitaria interamente dedicato agli anziani. Nei seminari ed attraverso discussioni vengono affrontate ed approfondite numerose tematiche riguardanti la sana alimentazione, l’automedicazione ed il corretto uso dei farmaci e la sicurezza domestica. L’accento viene posto sull’informazione e sulla prevenzione per una più alta qualità della vita. Spesso, dove è possibile e accessibile, presso i centri anziani vengono organizzati incontri con gli specialisti che illustrano tematiche di grande attualità in maniera professionale. Nel corso degli anni, si sono realizzati cicli di incontri su alcuni malesseri tra i più diffusi, tra cui l’ipertensione arteriosa e l’insufficienza prostatica, ma anche la sessualità nell’età avanzata. Per aiutare gli anziani a liberarsi della paura di lunga degenza esiste una rete di assistenza domiciliare integrata, un modello di sinergia tra le cooperative specializzate in assistenze domiciliari e l’intervento dei volontari che organizzano ed affiancano gli interventi medico-infermieristici. L’obiettivo è creare un servizio economico ed altamente qualificato che possa proporsi ad integrazione del sistema socio-sanitario e favorire così l’uscita dal ricovero ospedaliero attraverso “dimissioni protette”. Questo metodo porta vantaggi al sistema di cure ospedaliere, di cure primarie e di servizi sociali ma soprattutto ai pazienti e alle loro famiglie, poiché è stato dimostrato che, definiti gli standard di qualità e coperte le esigenze di continuità terapeutica, le cure domiciliari presentano maggiore efficacia nel trattamento dei malati cronici e di convalescenti post chirurgici/post traumatici. A livello nazionale sono numerosi i centri
dove l’Auser da anni gestisce un servizio di assistenza domiciliare destinato a persone anziane in tutto o in parte non autosufficienti. È svolto e gestito interamente da altri cittadini anziani. Due idee motrici convergono in questa iniziativa. Da un lato la necessità nasce da un sempre più grande numero di anziani lasciati prevalentemente a se stessi. Sono innumerevoli i piccoli servizi che né le istituzioni né le famiglie riescono a sbrigare. Dall’altro canto cresce anche il numero dei pensionati ancora giovani e in buona salute, insieme alla loro voglia di partecipare attivamente alla vita sociale. Promuovendo una connessione tra queste due realtà l’iniziativa crea nuovi spazi per l’amicizia e gli affetti e colma quel grande vuoto che troppo spesso si crea intorno all’anziano: la solitudine. Claudio Calcaterra
Cristalli d’acqua Mulinando con grazia, l’acqua pura mi parla, muta, quieta e profetica, con frequenze diverse. Comprendo il suo linguaggio melodioso e sincero, che risveglia, gradito, la mia coscienza assopita. Cristallizza i miei sogni in disegni mutanti, goccioline rapprese in un mare di eventi, liberando i pensieri da prigioni emotive, che incatenano al nascere i miei fervidi slanci. Sulla cresta dell’onda, cadenzata e increspata, fiduciosa, ricamo, corpo d’acqua nell’acqua, il messaggio alla vita, che mi attende sfocata, e lo affido con cura, aspettando paziente, la risposta puntuale alla mia anima accesa. Mariagrazia Garbarino
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Giulio Volpi: a fianco delle lotte contadine contro latifondi e squadrismo Sindaco di Bracciano, avvocato, aventiniano. Ha additato il “tittonismo che ha impeciato tutta la Provincia Romana”. Confinato ad Ustica con Antonio Gramsci
U
na via centrale di Bracciano, ma un po’ defilata, ricorda un nativo e combattivo cittadino: Giulio Volpi, classe 1877. Figlio di Antonio e di Lotoconda Bonetti, mosse i suoi primi passi nell’impegno sociale e politico fin da giovanissimo, ricoprendo dapprima la carica di consigliere e assessore comunale di Bracciano, per poi arrivare ad essere eletto nel Consiglio di Roma ed alla Camera dei Deputati per la prima volta nel 1919, poi confermato per le successive due legislature, nel 1921 e 1924. Partecipò alla lotta politica decisamente schierato a “sinistra”, militando nel partito socialista per passare poi, nel 1924, a quello comunista con la corrente terzinternazionalista. Avvocato di professione, si impegnò molto nella difesa delle classi sociali più deboli, soprattutto quelle contadine, fortemente svantaggiate nei confronti della proprietà terriera a prevalenza latifondista. Questa sua posizione lo portò allo scontro con un altro politico locale più navigato e più presente nelle stanze del potere, quel Tommaso Tittoni che rappresentava proprio i latifondisti ed il cui “modus operandi” viene da Volpi definito come il “tittonismo che ha impeciato tutta la Provincia Romana”. Già nel 1909 fu candidato alla Camera, ma non fu eletto, presentando un programma fortemente sbilanciato a tutela della classe contadina e che prevedeva la costruzione di case coloniche e di scuole con istruzione gratuita nonché la concessione di crediti agrari. Con lo scoppio del primo conflitto mondiale il problema della redditività dei terreni, soprattutto in riferimento alla produzione del grano, divenne sempre più vitale per una nazione in guerra e l’avvocato Volpi, non ancora deputato, intervenne sull’argomento con un pamphlet intitolato “Il grano del Governo”, edito dalla società editrice “Avanti” e reperibile presso la Fondazione Gramsci, dove descrive la situazione verificatasi nel 1914 con la resistenza dei latifondisti a difesa delle loro proprietà e contro la messa a disposizione dei loro terreni per la produzione del grano. Un altro pamphlet relativo a quel periodo intitolato l’Eccidio di Caprarola, anch’esso reperibile presso la Fondazione Gramsci, descrive e stigmatizza la situazione provocatoria e di sfida, ascrivibile alle autorità preposte, venutasi a creare in quel paese del Viterbese a seguito di una tornata elettorale, situazione che provocò l’uccisione di 3 per-
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Giulio Volpi
sone, tra cui un giovane di 15 anni, da parte delle forze dell’ordine. In precedenza, nel 1913, in qualità di avvocato, aveva assunto la difesa degli agricoltori, parte lesa in un analogo episodio avvenuto a Roccagorga, in provincia di Latina, dove i morti furono 7, causati sempre dalle forze dell’ordine per fermare un tumulto di contadini. Viene eletto deputato nel 1919 e questa è la scheda biografica che appare nell’opuscolo dedicato ai parlamentari socialisti di quella legislatura. “È nato a Bracciano (prov. di Roma) il primo giugno 1877. Si è iscritto al partito nella sezione del suo paese nel 1901. Si è laureato in legge ed è una delle più belle menti deI foro Romano. Fu sindaco di Bracciano e nel 1913 venne destituito per offesa alle istituzioni regie. È consulente legale della Federazione lavoratori della terra (ufficio dell’Italia Centrale) e consigliere della Sezione agricola delle Cooperative italiane. Ha avuto molti processi. Nel 1909 e 1913 fu portato candidato nel collegio di Civitavecchia contro l’on. Calisse, ma fu lasciato a terra. Entra per la prima volta in Parlamento a rappresentare la circoscrizione di Roma, con 16.500 voti
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di preferenza, capolista degli eletti”. Pochi giorni dopo la proclamazione a deputato presenta la sua prima interrogazione così formulata: “Il sottoscritto chiede d’interrogare il ministro dell’interno, sulle troppo facili revolverate tirate e fatte tirare il 16 corrente dal maresciallo di Manziana contro inermi e non riluttanti cittadini di quel paese”. Successivamente presenta molte interrogazioni di varia natura dalle quali se ne estrapolano alcune, utili per comprendere meglio la sua azione politica. Seduta del 3/2/1920: “Il sottoscritto chiede d’interrogare il ministro dell’interno, per sapere se intenda di tollerare oltre, nel suo ufficio, il Regio commissario del comune di Bracciano che - richiesto da una onesta stipendiata di un ragionevole aumento - ebbe, in cambio, a farle insistenti proposte oscene. E poiché la giovane ebbe a respingere sdegnosamente le roventi audacie del commissario, egli si rifiutò, a sua volta, di aumentare lo stipendio”. Seduta del 30/3/1920: “Il sottoscritto chiede d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’interno, per conoscere se e come intenda tutelare il diritto di riunione e di organizzazione, leso, recentemente, perfino dall’impedimento del Congresso nazionale dei funzionari di prefettura e da provvedimenti di rappresaglie contro i dirigenti di quell’Associazione, fra i quali è degno di speciale rilievo il trasferimento telegrafico del segretario di quell’Associazione, dottor Luigi Buccioni”. Seduta del 5/5/1920: “... A Viterbo e nel Viterbese ci troviamo in una situazione speciale. Da un certo tempo infuria la reazione nel modo più forte. A capo di questa reazione vi sono uomini che sono noti certamente al Governo: noi siamo qui e non abbiamo nessun timore di dire dei nomi, anche se questi nomi siano grati al Governo. Nel Viterbese vi è un uomo, il senatore Alberto Cencelli, il quale è il padrone vero della Procura Regia del tribunale di Viterbo. Tra il procuratore del Re, Ronca, e il senatore Cencelli avvengono spesso colloqui, ed è stato sorpreso il senatore Cencelli in ufficio col procuratore del Re senza che vi fossero ragioni di ufficio, poiché, che io sappia, il senatore Cencelli non risulta che si sia mai costituito parte civile in nessun processo, né risulta che sia stato imputato. Non si capisce quindi la ragione di quei colloqui col procuratore del Re di Viterbo. Vi sono episo-
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di precedenti, poiché, per il movimento socialista nel Viterbese, questo signore deve difendere i propri beni, e si occupa molto, e troppo spesso, degli affari altrui, e di quelli della giustizia. In seguito a questa reazione noi avemmo l’arresto di Luigi Pulcini, che, per due conferenze di propaganda socialista, è in carcere dal 7 settembre 1919. Il procuratore del Re di Viterbo non conosce nel codice se non quegli articoli per cui i nostri compagni sono rinviati innanzi alla Corte di assise, e poiché la Corte di assise di Viterbo ancora si deve aprire, il nostro compagno Luigi Pulcini continua a giacere e a soffrire nel carcere”. Seduta del 23/3/1920: “Il sottoscritto chiede d’interrogare i ministri dell’interno e dell’agricoltura, per sapere se non creda finalmente giunto il momento di procedere alla smobilitazione dei commissari delle Università agrarie, ridonando a queste il pieno diritto di eleggersi le loro rappresentanze e di gestire i loro beni”. Seduta del 24/6/1920 - Richiesta a firma anche dell’On. Marzi: “I sottoscritti chiedono d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, per sapere se creda compatibile, ai fini epuratori dell’inchiesta sulle Banche testé ordinata con decreto-legge, la permanenza nei Consigli delle Banche sotto inchiesta di amministratori deputati e senatori del Regno”. Seduta del 23/7/1921 - richiesta a firma anche dell’On.le De Angelis: «I sottoscritti chiedono d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell'interno, e il ministro della giustizia e degli affari di culto, per sapere se non credano giunto il momento di proporre - per ragioni di un superiore interesse di ordine pubblico e di vera giustizia - un atto che sia di pronta riparazione a gravi e numerose sentenze che colpirono penalmente la classe dei contadini, rea solo di avere occupato violentemente quelle terre che le furono promesse durante i maggiori pericoli della guerra da essa più delle altre classi sostenuta, e di aver in tal modo procurato alla Nazione il beneficio della tanto desiderata maggior produzione di cereali atta a fronteggiare le peculiari esigenze del momento e a fortemente ridurne le importazioni dall’estero”. Seduta del 23/7/1921: “Il sottoscritto chiede d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’interno, sulla vile aggressione alla città di Viterbo fatta partire dalle Autorità preposte a mezzo
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di bande armate, che hanno potuto, con la palese connivenza di quelle Autorità, pienamente consapevoli (e a cui disposizione erano ingentissime forze), bastonare, ferire, uccidere, e svaligiare perfino case e valori, impunemente, per un'intera giornata (10 luglio 1921) e quindi tranquillamente ripartire. Per essere informato sui provvedimenti presi a carico di quelle Autorità, le quali hanno mancato ai più elementari e più civili doveri”. Seduta del 25/11/1921 – richiesta a firma anche dell’On.le De Angelis: “I sottoscritti chiedono d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’interno, per sapere come apprezzi l'atteggiamento del prefetto ai Roma il quale, in spregio alla funzione parlamentare, ed al fine evidente di sfuggire al vigile controllo sulla sua faziosa opera in danno del movimento agricolo e delle amministrazioni socialiste del Lazio (scioglimento del comune di Sezze Romano informi!), ha assunto l’arrogante proposito di non rispondere e non risponde più effettivamente, da certo tempo, a lettere e solleciti di deputati del collegio, con danno indiscutibile delle pubbliche cose”. Seduta del 20/6/1922: “Il sottoscritto chiede d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’interno, per sapere se anche dopo i nuovi fatti di Fabbrica di Roma e di Vitorchiano e tenuta presente l’anormale situazione di tutto il circondario, non si sia, finalmente, persuaso ch'è necessario ed urgente prendere radicali provvedimenti a carico del sottoprefetto di Viterbo, ed esaminare l’azione svolta da quel comando dei carabinieri apertamente e precisamente accusati, da tempo, dalla pubblica opinione di manovre maldestre incitatrici e suscitatrici delle lotte incivili”. Seduta del 10/7/1923: “Il sottoscritto chiede d’interrogare il presidente del Consiglio dei ministri, ministro dell’interno, e il ministro della giustizia e degli affari di culto, per sapere se siano stati informati del concentramento di numerose squadre fasciste e della spedizione relativa, liberamente svolta contro la città di Tarquinia, avvenuta domenica 1° luglio 1923 (ossia in pieno regime fascista), dei numerosi ferimenti compiuti e anche della distruzione della Cooperativa proletaria di consumo; e per sapere altresì se le autorità preposte di Civitavecchia e Grosseto ne sapessero qualche cosa, e quale fu la loro opera di prevenzione e di repressione; ed infine per sapere
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se la magistratura abbia avuto modo di intervenire e d’interessarsene come la legge rigorosamente impone”. L’avvento del regime fascista aveva creato ulteriori problemi all’onorevole Volpi, soprattutto dopo le limitazioni alle libertà individuali messe in atto dal Governo verso la fine del 1926 e la proclamata legge che faceva decadere dalle loro funzioni i deputati che si erano ritirati sull’Aventino per protesta, tra cui era da annoverare anche lui. Fu così che Volpi, non più deputato, fu arrestato insieme ad altri parlamentari del PCd’I, tra cui Antonio Gramsci. Ecco come viene descritta la sua reazione in una ricostruzione degli avvenimenti presente nei quaderni del Consiglio regionale delle Marche: “...I parlamentari del PCd’I, usciti da Montecitorio e rientrati nelle rispettive abitazioni, furono arrestati senza alcun riguardo all’immunità parlamentare, che loro ignoravano di avere, di fatto, perduta: in manette finirono Antonio Gramsci, Giulio Volpi ...ed altri. La reazione degli altri deputati comunisti fu di relativa rassegnazione, tranne che nel caso di Volpi, di professione avvocato, il quale in un primo tempo non volle aprire la porta ai poliziotti che si erano presentati a casa sua, poi, dopo aver preteso di vedere il mandato di arresto, pur protestando vivacemente, li seguì”. La sua destinazione era ormai il confino politico ed il 7 dicembre fu deportato a Ustica in compagnia di Gramsci ed altri tre. “Scendere dal traghetto «Lampedusa» non fu facile, visto che i cinque, con le manette ai polsi, erano sempre legati tra loro da una catena”. Lo aspettavano anni di peripezie tra Ustica, Favignana, Lipari e Ponza dove trascorse il tempo maggiore. L’Archivio di Stato relativo alla Questura di Latina (fascicolo 137/7) lo segnala confinato a Ponza dal 31 gennaio 1927 al 7 novembre 1931. Il lungo soggiorno in queste isole, appositamente adibite ad isolamento ed a fini detentivi sicuramente poco piacevoli, determinò in lui un certo tipo di scoraggiamento e di rassegnazione. Scontate le pene detentive e l’isolamento, al suo ritorno lo aspettava però un altro periodo di confinamento ad Amelia, vicino a Terni, dove soggiornò in via del Crocifisso 4, come lo ricorda una lapide apposta nella casa. Ormai fuori dall’agone politico militante, morì nel 1947. Pierluigi Grossi
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La Riforma Fondiaria a Castel Giuliano Negli anni Cinquanta con l’Ente Maremma decretati gli spropri ai marchesi Patrizi Montoro
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ei primi anni Cinquanta, anche a Bracciano, muta il paesaggio agrario. Alle grandi distese di terreno, spesso appannaggio di famiglie nobiliari, si sostituisce la piccola proprietà contadina. Con la Riforma Fondiaria decisa dal governo democristiano si diedero finalmente parziali risposte alle rivendicazioni dei braccianti che proseguivano almeno da inizio secolo anche in questi territori. E a Bracciano venne aggredita, tra le altre, la vasta proprietà dei marchesi Patrizi Montoro. Proprio a Castel Giuliano, fanno riferimento queste immagini dell’epoca tratte dall’archivio Arsial. La terra al popolo fu una realtà anche qui. Le immagini sono un affresco dell’epoca. Donne che firmano il decreto di assegnazione, gli spazi collettivi, il lavoro. La vicenda sollevò allora anche un contenzioso che arrivò fino alla Corte Costituzionale. L’Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, in esecuzione delle leggi di riforma fondiaria, in data 29 maggio 1951pubblicò il piano particolareggiato di esproprio relativo alla tenuta di Castel Giuliano, sita nel Comune di Braciano, di proprietà dei Patrizi Montoro, compilato in base ai dati del vecchio catasto ancora vigente in Bracciano, ma i marchesi impugnarono, successivamente, i decreti di espropriazione adducendo vizi nel procedimento preparatorio dei decreti presidenziali, e precisamente sulla divergenza tra i dati posti a base delle norme legislative delegate e quelli che, a norma della legge delegante, avrebbero dovuto essere presi in considerazione. Ma il loro ricorso, con sentenza del 10 giugno 1966, non venne accolto dai giudice della Consulta. Il resto è storia di questi giorni tra aziende agricole in crisi ed altre che, per continuare a trarre reddito dalla nuda terra, si votano alla qualità e alla tipicità. Graziarosa Villani
Assegnazione dei terreni
Un momento della trebbiatura
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“Gente di Bracciano” la presentazione del libro Ampia partecipazione all’incontro
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abato 1° aprile, presso il teatro del liceo scientifico Ignazio Vian, è stato presentato il libro “Storie della gente di Bracciano”, che raccoglie tredici microstorie di cittadine/i che qui vivono. Graziarosa Villani, direttrice dell’omonimo giornale ha aperto l’incontro con i/le cittadini/e di Bracciano affluiti numerosi all’iniziativa, ricordando il primo incontro per il lancio del giornale al bar Grand’Italia…una scommessa vinta…ha detto, disegnando le mappe della crescita d’interesse del giornale nella cittadina di Bracciano. Subito dopo è intervenuto Claudio Calcaterra, il presidente dell’associazione “Gente di Bracciano” che ha promosso l’iniziativa. Calcaterra ha raccolto l’orgoglio di Graziarosa per il successo del libro e ha rilanciato, proponendo ai presenti una nuova sfida: creare a Bracciano un “museo della memoria” dove le/i cittadine/i braccianesi possano portare un ricordo di sé: un oggetto, una lettera, un documento, una foto, un tema bambino, per tessere i lineamenti dell’identità comunitaria della cittadina. Prima di Francesco Mancuso, il biografo di strada che ha raccolto e scritto le storie della gente di Bracciano, c’è stato il ricordo commosso dell’ideatrice del giornale e del libro, Mena Maisano, di Giampi, lo straordinario figlio di Ronald Ricaurte, la cui storia arricchisce questo numero del giornale. Francesco Mancuso ha raccontato come è nata in lui la voglia e la passione di scrivere le storie delle persone. Tutto nacque frequentando la Libera Università dell’autobiografia di Anghiari dove si impara a “raccontarsi”, a estrarre dal profondo di noi le nostre parole silenziose, ricordando che Duccio Demetrio, direttore scientifico dell’Università dell’autobiografia, nella sua prefazione, che ha voluto donare al libro, scrive che il lavoro fatto merita di continuare creando una casa della memoria a Bracciano. Il libro pensato e realizzato da una band di musicanti di parole - Mena, Claudio, Graziarosa, Francesco - ha incontrato e sollecitato dodici persone, per Gallerana è stato necessario un bis, a raccontare di sé e del proprio paese: questo è il loro libro. La presentazione del libro si è conclusa con le parole dell’assessora alla cultura di Bracciano Elena Felluca, che ha caldamente apprezzato il libro e ha offerto la possibilità di un comune lavoro per la creazione del museo della memoria, a cui il Comune sta già lavorando. Ma il momento più caldo e più vivo dell’iniziativa è stato
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quando Claudio Calcaterra ha preso il microfono e ha invitato i presenti, in primis quelli raccontati nel libro, a dire la loro. Gallerana, la partigiana cenerentola, Vecchiotti e le sue iniziative solidali con il ricordo commosso di fra Filippo, le vacanze rimino-hawaiane di Gaudenzio, la spericolata gioventù del monticiano Pierini, la famiglia Canini hanno dato voce e sentimento all’esperienza vissuta. Parole commosse anche quelle di Roland Ricaute, che sarà la prima storia del prossimo libro. Poi qui e là, nei tanti interventi sollecitati da Claudio, sono aleggiate parole di apprezzamento per le storie narrate, e, insieme, proposte e disponibilità per migliorare l’impegno della band di musicanti di parole. È poi intervenuto Luigi Di Giampaolo della reda-
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zione del giornale che, con la sua penna acuta e ironica, racconta di fatti e microstorie braccianesi. Si è così creata un’atmosfera amicale, un clima di fiducia, tutti consapevoli di aver vissuto un bel pomeriggio. Ma, come non sempre accade, i momenti più densi e più ricchi sono stati quelli del dopo-incontro. Pochi sono andati via, tanti sono rimasti a discutere, a commentare, con il loro libro in mano, che l’associazione ha voluto donare ai partecipanti. E quante dediche richieste: Mena era al tavolo a firmare i libri, felice, commossa, ma quasi senza respiro, così come Francesco. Salutandoci ci siamo dati appuntamento all’inaugurazione della casa della memoria. La Redazione
Gente di Bracciano
Recente l’istituzione del Museo dell’Opera del Duomo
Per informazioni sull’Associazione Forum Clodii si può visitare il sito www.forumclodii.org oppure scrivere a info@forumclodii.org
“Cani e gatti”: favole a quattro zampe
Lidio Gasperini
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ituata lungo la via che dal centro della cittadina di Bracciano discende verso il lago sorge la Chiesa di Santa Maria del Riposo, un luogo da dove si può ammirare uno dei più spettacolari panorami del lago di Bracciano. È questa la sede storica dell’Associazione Forum Clodii sin dal 1972, quando gli fu concessa in uso dalla Parrocchia di Santo Stefano Protomartire di Bracciano. Proprio questa chiesa, uno dei monumenti storici più significativi della cittadina lacustre, è stata tra le prime operazioni di recupero del patrimonio culturale del territorio effettuate dalla Forum Clodii: abbandonata al degrado del tempo e degli elementi, utilizzata impropriamente nello scorrere degli anni in vari modi, grazie all’impegno dell’associazione, che ne promosse il restauro, è oggi un piccolo scrigno d’arte e architettura cinquecentesca. Ma nel corso dei quarantacinque anni dalla sua fondazione, dal 1972 a oggi, innumerevoli sono stati gli interventi che l’Associazione ha promosso e/o direttamente svolto a favore del territorio Braccianese, un’area vasta che, come recita il suo Statuto, comprende i comuni di Bracciano, Anguillara Sabazia, Trevignano Romano, Manziana, Canale Monterano e Oriolo Romano. Tra i più significativi interventi in ambito archeo-
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ne con una precisa connotazione che raccoglie al suo interno archeologi, storici dell’arte, restauratori, archivisti, appassionati di storia, semplici cittadini che hanno un comune denominatore: l’amore per il proprio territorio e la salvaguardia dei suoi beni. Massimo Mondini
alla nascita dello Stato Unitario. Il museo, istituito con Decreto Vescovile è dedicato alla persona che più fortemente lo volle e ne fu ideatore e primo artefice, Bruno Panunzi, uno dei fondatori dell’associazione ed eminente studioso di storia dell’arte, conoscitore profondo del nostro territorio e delle sue tradizioni. A queste attività operative “sul campo” di conservazione e valorizzazione dei beni culturali locali, l’Associazione, sin dalla sua nascita è impegnata nell’attività di ricerca, studio e divulgazione con l’edizione dei suoi ormai famosi “Quaderni delle Forum Clodii” e la pubblicazione di monografie dedicate a argomenti d’interesse storico riferibili al territorio sabatino, nonché con l’organizzazione di eventi, convegni e conferenze non soltanto destinati ai propri soci ma aperte ad un pubblico più vasto possibile. Un fiore all’occhiello è, inoltre, la Biblioteca Storica della Forum Clodii, con sede nella Sacrestia della Chiesa del Riposo, dove giovani studenti e ricercatori possono consultare testi non facili da reperire altrove. Un’associazione la Forum Clodii, nata in quel lontano 1972 e voluta da persone di rilevante spessore culturale, amanti della propria terra, appassionati di storia e di archeologia: tra i tanti non si può non ricordare Lidio Gasperini, socio fondatore della Forum Clodii, che ha ricoperto la carica di presidente dalla sua costituzione sino al 2009, anno della sua morte. Eminente studioso e professore universitario, Gasperini fu uno dei massimi epigrafisti mondiali e ancora oggi punto di riferimento insostituibile per il cammino dell’associazione. Dalla sua nascita l’associazione interloquisce con i referenti territoriali della Soprintendenza e nel 2013 è stata inserita tra le associazioni culturali d’eccellenza della Regione Lazio. Persa volutamente quell’aurea un po’ elitaria dei primi anni, oggi la Forum Clodii è un’associazio-
Forum Clodii: 45 anni di attività culturale nel Braccianese
logico sono stati gli scavi effettuati nelle Acque Apollinares (Terme) di Stigliano e nella villa romana di San Celso; per le opere storico-artistiche ricordiamo i restauri del “Doppio trittico del SS. Salvatore” datato 1315 di Gregorio e Donato d’Arezzo (veneratissimo dalla comunità Braccianese), della “Assunzione della Vergine” dello Pseudo Bramantino, della “Madonna del Rosario” sino ad arrivare ai giorni nostri con il restauro in corso del “Battesimo di Cristo” di Carlo Maratta che sarà presto collocato nuovamente in Duomo. Da ricordare, inoltre, il recupero degli antichi paramenti sacri (databili dal Seicento a tutto l’Ottocento) e degli altri oggetti liturgici di gran pregio facenti parte del corredo della Chiesa Collegiata. Un patrimonio culturale, quello salvato, che ora è possibile ammirare nell’opera forse più importante portata a compimento dall’Associazione Forum Clodii, grazie anche alla fiducia accordata dall’allora parroco monsignor Nicola Fiorentini e dall’odierno parroco don Piero Rongoni: La realizzazione del Museo dell’Opera del Duomo, inaugurato nel 2011 e gestito dai volontari dell’Associazione a cui è associato l’Archivio Storico Parrocchiale, fonte inesauribile di storia della comunità dal Cinquecento
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Gente di Bracciano
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quassù tenendoli per il collo?”. “Certo come no”. Le gatte madri si misero in prima fila e continuarono a parlare. “Ma... ma a quest’ora non dovrebbero essere sazi?” “E non riprendono fiato?”. “Dovrebbe pensarci Lei, la nutrice... ehm, volevo dire la belva. I lattanti sono tutti uguali. A quest’ora anche un ruttino ci vorrebbe”, “ormai sono due ore che mangiano”, “quella è’ fame arretrata, chissà da quanto tempo i due piccini non consumano un pasto regolare. Forse sono due trovatelli”. “È triste che esista l’infanzia abbandonata, senza una casa…”. “Pero’, ehm, a parte la provenienza, quel latte deve essere veramente buono. Ormai sono tre ore che quei due sono là sotto”. “Forse dormono”, “in piedi?”. “A proposito, che belle gambette paffute hanno”. “È un latte speciale quello, fa diventare subito grassottelli”. “Sto pensando, ehm, la nutrice, ehm, la madre, allatta ormai da quattro ore, così rigida si sarà indolenzita”. “Chissà quanto desidera sdraiarsi un po’”. “Teme per i piccoli, come noi, per questo motivo è così tesa”. “Forse è meglio lasciarla riposare”. “Domani ritorneremo con tutte le nostre compagne che hanno i piccoli e che risiedono specialmente alla Piramide di Caio Cestio e al Colosseo, quei due mangiano come due lupetti”. “Bisogna aiutarla quella famigliola” “Sì, ci vorrebbe un monumento a quel cane”. Ettore De Santis
erano una volta alcuni gatti romani i quali, una notte, gironzolando sopra i tetti di Roma, s’imbatterono nella lupa che allattava Romolo e Remo. “Sssssshhh” fece uno, “c’è un cane” “un cane? Quassù?” “Sshhh”, ripeté il gatto alpha dominante, “se quello ha le nostre abitudini è ancora più pericoloso. Se ci dovesse inseguire stiamo pronti ad arrampicarci sulle antenne televisive, avanti”. “Non si vede bene ma comunque è enorme”. “In tal caso”, riprese il maschio alpha “è anche pesante e, correndo sopra i tetti, li sfonderebbe”. “Hai ragione”, “allora avanti”. L’avvicinamento silenzioso proseguì finché il maschio dominante disse: “fermi e ascoltate, da quando mi conoscete avete mai avuto l’impressione che io sia un visionario?”. “Mai”, risposero tutti. “Allora vi dico che sotto la pancia ...” “la capra canta” dissero tutti insieme i gatti. “Volevo dirvi che la belva è femmina e sta allattando due bambini”. Tutti i gatti rimasero senza fiato, poi uno disse: “allora si è rifugiata quassù per allattare al sicuro, lontana dal traffico”, nessuno parlò. Tutti erano presi dalla scena incredibile. “Ma, ma come andrà a finire? I bambini sono piccoli, non si rendono conto della situazione, dobbiamo salvarli”, disse una gatta madre. “Li allatteremo noi”. “Ci vorrebbe una mucca per quelli, non vedete come mangiano?” “Forse i piccoli sono amici della belva”, “amici di un cane?” “Pensate che li abbia portati
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Per un nuovo patto di convivenza sociale tra uomini e donne Grande movimento mondiale per l’8 marzo ma modesta partecipazione nei piccoli centri
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uest’ultimo 8 marzo, promosso con il brand “Lotto Marzo”, ha stupito l’intera platea mondiale con la mobilitazione globale delle donne che ha registrato una partecipazione importante. Più di cinquanta paesi hanno vissuto una giornata “senza donne”, una giornata in cui le donne si sono sottratte alla società e ad una rappresentazione del mondo che non vuole allargare il proprio orizzonte al punto di vista femminile, uno sciopero del e dal genere. Grande partecipazione si è avuta in tredici città della Turchia, a Nuoro (donne vestite in costume bianco e nero), a Zagabria, Varsavia, Barcellona, Roma, negli Stati Uniti e in tanti altri luoghi dove le strade, le piazze, le scuole e i musei si sono popolati di donne di tutte le età. Altrettanto grande confusione è emersa dai contenuti delle rivendicazioni esplose nelle manifestazioni: contro il femminicidio; contro la presenza femminile nelle filiere lavorative meno qualificate (nelle pulizie, nei servizi alla persona); contro le minacce di Donald Trump; per il welfare e l’eguaglianza di salari e di carriere; per l’autonomia di avere o non avere figli. Una molteplicità di temi diversi che, se da una parte rivelano la grande energia con cui le donne chiedono attenzione alle proprie esigenze, dall’altra denunciano una mancanza di strutturazione nella riflessione collettiva vistosamente frammentata. Volendo metterla al positivo, resta il fatto che in tutto il mondo migliaia e migliaia di donne hanno deciso di manifestare il proprio disagio e far sentire la propria voce attraverso l’assenza, come dire “provate per un giorno la vita senza le donne”. Una scelta che ricorda la commedia greca di Lisistrata che aveva convinto tutte le donne a fare lo sciopero del sesso finché gli uomini non avessero messo fine alle loro guerre continue. Aristofane diede un lieto fine alla sua commedia che, purtroppo, appare meno facile ottenere ai nostri giorni. Rispetto alla valenza delle celebrazioni dell’8 marzo, ciò che è emerso a livello globale è l’esistenza di un movimento (di donne ma anche di uomini) che si oppone ad una deriva culturale pericolosa consistente nei proclami per la costruzione di muri, nella tentazione di tornare al passato, nel masochismo della crisi.
Aprile 2017
Così va il mondo
E È un buon punto di partenza per trasformare la soggettività femminile, che ha mostrato al mondo intero la propria forza, in un potente strumento di lotta. La difficoltà a dare un corpo alle rivendicazioni sulle esigenze e i bisogni fondamentali delle donne è stata particolarmente evidente nei piccoli centri, tra cui Bracciano, in cui le iniziative sono state poche e soprattutto poco diffuse. Eppure il tema del posizionamento delle donne nella società riguarda ogni livello dell’organizzazione sociale, dal piano mondiale, a quello nazionale, a quello locale dove, anche se a livelli più moderati rispetto alle grandi città, i problemi della povertà, della violenza, del disagio sono all’ordine del giorno e le donne rappresentano la maggioranza dei casi. Questo protagonismo negativo del femminile, sempre vittima di violenze inflitte da uomini diversi, è indicativo del livello di accettazione e di integrazione raggiunto dalle donne nell’attuale tessuto sociale ed è importante individuare i motivi per cui il sentire femminile viene recepito come trasgressivo nei confronti delle regole sociali, percezione che è l’origine della discriminazione sottile contro le donne, ancora presente nella cultura e nella società contemporanea e con radici molto antiche nel tempo. Nel saggio “L’Estremismo del Femminile”, che ho scritto nel 2013, affrontavo il tema della natura estrema delle donne in opposizione alle regole del mondo maschile che riconoscono una netta predominanza della ragione sui sentimenti. Date queste
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premesse il contrasto tra donne e uomini appare inevitabile e questo è ben illustrato dalle tragedie greche in cui ogni personaggio segue la propria ragione fino alle estreme conseguenze. Sulla base di questa suggestione ho proposto un’analisi del femminicidio alla luce dell’archetipo del sacrificio, Antigone, ed ho proseguito con altri temi legati all’universo femminile ed altri archetipi. L’idea che vorrei affermare è che capire i fenomeni più in profondità, andando oltre le contingenze particolari di ogni storia, aiuta ad individuare un percorso adeguato verso la soluzione del problema. Per questo motivo ho ripreso in mano il mio saggio, perché purtroppo i temi trattati sono ancora drammaticamente attuali e perché negli anni nuove riflessioni si aggiungono a convalidare ed approfondire quelle originarie e, infine, perché contribuire a sensibilizzare un pubblico sempre più ampio su temi fondanti del vivere civile è un dovere di ognuno di noi. Mentre il mondo si agita tra una crisi e l’altra, le donne continuano ad essere uccise e la triste trama dell’ex partner respinto che impazzisce e uccide, si ripete in modo ossessivo. È necessario diffondere la cultura del rispetto e sancire un nuovo patto di convivenza sociale in cui uomini e donne possano vedersi riconosciuti pari diritti e pari opportunità senza che frustrazione e violenza prevalgano sulla capacità di vivere serenamente la propria emotività. Biancamaria Alberi
Gente di Bracciano
Il signore spiritoso, spingendo il carrello “Signo’ siete una miracolata, me pare che co’ tutte ste fratture e sti spostamenti correte come na' lepre!”. Ormai il supermercato è tutta una “malattia”. “Io ‘nu so caduto, ma cio’ er fegato che me s'è spostato”. Una voce “Si ha preso la circolare!!”. Naturalmente c’è sempre qualcuno che ha di più. “Ed io”, dice un altro, “ho fatto cinque o sei operazioni”. La solita voce “ma chisto non è un supermercato: è ‘nu lazzaretto!!”. Una signora con un cappellino “fateme spazio, me sento soffoca’, ho le palpitazioni, povero cuore mio!”. Qualcuno sbirciando da dietro uno scaffale “Signo’ er core sta a sinistra” di rimando, “che siete un dottore?”, “no, faccio il falegname”, “e allora pensate alle tavole vostre!”. Intanto la fila è arrivata alla cassa. Ho una piccola busta, la cassiera mi guarda e mi fa: “Lei sta bene?”, mi tocco la testa, le gambe, faccio qualche saltello poi rispondo “sì”… un mormorio “Venga” e sorridendo “si dovesse ammalare pure lei”… Arriva Simonetta, con la mano libera porta due buste piuttosto pesanti, “certo pesano, eh!” dice la miracolata, un’altra “poverina!”, un signore “come è coraggiosa!”. Esco dal supermercato, dietro di me Simonetta. Mi affretto a prenderle le buste. Esce il “lazzaretto”, “che bravo giovanotto”, “che simpatico!” e giù belle parole. Passa la signora dalle dieci o venti vertebre spezzate o spostate, va come un fulmine; l’altra con la gamba rotta va come un razzo. Simonetta mi guarda, alza gli occhi al cielo e... scoppiamo a ridere. Eh, sì! “Così va il mondo!!!”. Luigi Di Giampaolo
h, sì! Cambiano i tempi, ma il mondo gira che ti rigira è sempre lo stesso. Il mio povero nonno me lo ripeteva spesso “Lui’, st’ attento c'è sempre quaccuno che te vo’ frega’” ed io: “a nonno ieri ho visto “lu’ cumpare” che girava intorno al mucchio del fieno, oggi sto mucchio me sembra “calato”, “nipote mio, lu’ cumpare ha chiu’ vacche e chiu’ pecore, dovemo fa finta de gnente”. Caro nipote: “cosi’ va lu’ monno!!”. Poi, però, levatosi il cappellaccio, si grattava la testa e strillava agitando il forcone: “se ce lu chiappo, pe la coccia de Santo Donato, je facesse vede’”. “Ahhh”. “A nonno che è successo?”. “Mannaggia Lui’, me so’ dato lu’ forcone su li pi’”, “nipo’ ho fatto pure la rima!!”, “aiaaa”. “A nonno ‘nu t’agita’: così va il mondo!!”. Oggi si parla tanto di solidarietà: si è solidali con questo, con quello, con quell’altro e con quell’altro ancora. Ieri mi trovavo al supermercato: vociare, carrelli, gente alle prese con pomodori, carciofi, melanzane, mortadelle, qualche signora, inforcati gli occhiali, alle prese con etichette. “Dunque...due icchese, sette numeri...scadenza 2055, boh!!, Speriamo che sta braciola nu me faccia mori’. Morta pe’ na braciola!! Ve possino ammazzavve...”. Da dietro un signore “Eh! Signo’ comme siete tragica!” “A bellomo, nu’ fa lo spiritoso. Pensa alle braciole tue”. “Signo’ scherzavo!”. Tra gli scaffali incontro Simonetta, una signora che conosco da tempo, ha un braccio ingessato “Simone’ che ti e’ successo?”, “una buca, sono caduta e mi sono spezzata il polso”, “mannaggia”, dico “ti fa male?”, “molto” mi risponde. Una signora lì vicino “Eh! Per così poco! E io che dovrei dire allora? Quando sono caduta mi sono rotta il braccio, una gamba e mi si sono spostate pure sette, otto, no forse una decina di vertebre”.
Gelateria Pasticceria Enoteca Aprile 2017
Bracciano Via Principe di Napoli, 9/11 Tel./Fax 06 90804194 www.caffegranditalia.com 15
Gente di Bracciano