Gente di bracciano gennaio 2014

Page 1

Novo-Cine: nasce l’associazione Amici del teatro comunale Galeazzo Benti

U

n’associazione per un teatro. È stata costituita a Bracciano l’“Associazione Amici del Teatro Comunale Galeazzo Benti” con l’obiettivo primario di contribuire alla ristrutturazione del glorioso Novo-Cine di via Trento a Bracciano. Una struttura teatrale di tutto rispetto in grado di ospitare piéce di prosa, concerti, eventi ma anche spettacoli che hanno necessità di particolari caratteristiche logistiche come l’opera lirica. Tra i tanti che vi si esibirono anche il grandissimo Renato Carosone, che a Bracciano era di casa. Il 2014, dopo il definitivo sblocco dei finanziamenti concessi dalla Regione Lazio, a seguito di uno specifico bando presentato dal Comune di Bracciano, si apre all’insegna dell’ottimismo per quanto riguarda questo intervento di recupero di un bene culturale, a buon diritto patrimonio della città di Bracciano. La “rimodulazione” del finanziamento concesso, sceso del 20 per cento passando da 598mila a 490.360 euro, richiede tuttavia un impegno aggiuntivo. Ed è proprio per colmare questo gap che nasce l’associazione. Ed in questi giorni chi abbia a cuore la valorizzazione di questa struttura, affittata dal Comune con un contratto ventennale con la società A.C.E.A.S.A., può chiedere di aderire a questa nuova realtà associativa. Si va da soci cadetti e giovani, fino ai soci sostenitori da iscrivere negli albi amici, d’argento, d’onore e d’oro con quote che vanno dai 5 ai 200 euro. Tra gli obiettivi dell’associazione, presieduta da Marcella Mariani, anche l’organizzazione a carattere culturale con particolare attenzione alla formazione musicale e teatrale dei giovani.

Galeazzo Benti (nome d’arte di Galeazzo Bentivoglio) al quale verrà dedicato il teatro fu un attore impareggiabile che visse a Bracciano, “spalla” assidua di Totò in sei film e creatore di personaggi indimenticabili come il gagà Dodo della Baggina de L’imperatore di Capri. È noto anche per una vasta filmografia e per le sue performance teatrali. Fu anche stimato sceneggiatore.

di

Gente Bracciano Gennaio 2014 numero 0


di

Gente Bracciano

Riflessioni di un comunista non pentito La questione morale: ancora prioritaria

Gennaio 2014 Numero 0

D Dedicato a Mariella

Uno zibaldone di riflessione

Ideazione: Claudio Calcaterra Direzione: Graziarosa Villani Si ringrazia per la collaborazione: Francesco Mancuso, Mena Maisano, Davide Antonini, Vesna Ilieska. Pubblicazione autoprodotta

Contatti: gentedibracciano@tiscali.it Stampato in proprio su carta riciclata

Riflessioni in libertà, fuori dagli schemi, per il piacere di dare un contributo al dibattito, recuperare saperi, ampliare le conoscenze, valorizzare il territorio. Un po’ uno zibaldone, un quaderno per le annotazioni in una ottica di scrittura collettiva che interessi e coinvolga il più ampio numero di cittadini al di là delle barriere d’età all’insegna dell’integrazione e della multiculturalità. Tutto questo è Gente di Bracciano che esordisce oggi con questo numero 0 proponendosi al più ampio pubblico di Bracciano, ma non solo, quale strumento di condivisione e di discussione. Un progetto ideato in nuce quale frutto del laboratorio di giornalismo che ha coinvolto nei primi mesi del 2013 i frequentatori dei centri anziani di Bracciano ma che si è poi sviluppato in un prodotto editoriale nuovo che vuole essere dinamico e in continuo divenire aprendosi all’apporto di quanti abbiano il desiderio di aggiungere spunti di riflessione ma anche di riscoperta dell’identità del territorio e pagine di vissuto quotidiano. Gente di Bracciano perché la popolazione che oggi vive a Bracciano è eterogenea, riunisce i braccianesi doc, ma anche i nuovi arrivati, non solo italiani. C’è bisogno di creare condivisione, di creare integrazione, di lavorare insieme a nuovi modi di fare relazione e di ampliare la socialità. Graziarosa Villani

opo i fatti e gli infortuni che hanno sconvolto il Partito Democratico negli ultimi tempi, mi è sorta spontanea una domanda. Perché nell’Ottantanove (1989) – Novantuno (1991), dopo la caduta del Muro, il P.C.I., non ha potuto continuare ad essere un partito identitario e coerente con i propri ideali? La principale funzione del P.C.I. era proprio quella di cercare di interpretare e rappresentare politicamente i diritti e le aspirazioni delle grandi masse lavoratrici popolari. Erede della rivoluzione democratica e popolare, che fu la lotta di Liberazione, resistendo alle barbarie nazifasciste, con la quale anche i Comunisti hanno contribuito alla liberazione in Italia, ma anche, poi, alla crescita e alla maturazione democratica del popolo italiano e alla dura ma innegabile avanzata delle classi lavoratrici. Oggi, senza nessuna nostalgia esterna, ritengo che quel P.C.I. saprebbe liberarsi dalla stretta della crisi economica e dalla cattiva politica. Oggi più che mai, sarebbe necessario, lo diceva Enrico Berlinguer nel 1976, la moralizzazione della vita politica e il risanamento del mondo del lavoro e dell’economia del Paese. Oggi “grazie” al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, ci ritroviamo di fronte ad un Governo composto da ex-democristiani, ex-socialisti, ex-fascisti ed ex di tutto quello che di più brutto e corrotto c’è in questo Paese. La cosiddetta Sinistra (ex-comunista ) del P.D. è stata sconfitta al proprio interno, il Centro Destra si è ringalluzzito e adagiato sulle posizioni populiste proprie della maggioranza del suo elettorato. L’ispirazione che guiderebbe oggi il P.C.I., con un leader degno del passato storico italiano, sarebbe affrontare con le altre forze democratiche, i problemi istituzionali secondo lo spirito della

Enrico Berlinguer

Costituzione democratica, con misure appropriate che ripristinino un corretto rapporto tra Governo e Parlamento, tra forze politiche e Stato, tra Politica e Società e sotto l’aspetto istituzionale, la Questione Morale, altro che Presidenzialismo e Premierato… Siamo di fronte ad un decadimento politico e morale grave e di conseguenza, siamo di fronte al rischio che in qualche misura si stia offuscando quel cardine di democrazia che la sopravvivenza dei partiti ha garantito fino ad oggi, la democrazia nel nostro Paese.

Ci ritroviamo, oggi nel nostro Paese, uno sviluppo economico basato sulle ingiustizie, distorsioni, squilibri, razzismo di ogni genere, privilegi di pochi, ignoranza, clientelismi, sprechi in barba ai bisogni della gente, di fronte a una crisi economica che produce perdite enormi di posti di lavoro e perdita del potere d’acquisto di salari e pensioni, per non parlare dei precari, cassaintegrati e disoccupati. Al vertice di questa piramide sociale vi è l’egoismo di “pochi” di fronte alla moltitudine di sfruttati, di diseredati, di cittadini che non hanno nemmeno uno straccio di lavoro. Una gestione del potere economico e politico che ha portato al primato dei particolarismi sull’interesse generale, al prevalere delle convenienze private su quelle pubbliche, di quelle di categoria su quelle di classe, di quelle di gruppi di pressione e delle clientele sugli interessi dello Stato. E allora perché, perché, perché è stato cancellato dalla Storia il più grande Partito Comunista europeo? Sono consapevole che quanto scrivo è frutto di una rabbia e una amarezza profonda, sarei contento di poterne discutere con i/le lettori/trici, in ogni caso, AI POSTERI L’ARDUA SENTENZA. Claudio Calcaterra

L’albero di Cartesio La filosofia è paragonabile ad un albero. Le radici sono la metafisica: il tronco rappresenta la fisica; i rami sono le altre scienze, tra cui emergono per importanza la Morale, la Medicina e la Meccanica. La Morale, in quanto ultimo ramo dell’albero, avrebbe sotto di sé l’intera costruzione delle scienze, per cui la Morale diviene, tra le umane concezioni, la più alta e la più sicura. Cartesio

3


Caro Pier Paolo… Un ricordo di Pasolini

H

o incontrato spesso Pasolini. Pure scariche di adrenalina. Con lui ho imparato a rendere libero il mio pensiero, a liberarlo dagli orpelli dei pregiudizi e dalle “scatole” che hanno già pronte le risposte ai quesiti della vita, la libertà, la giustizia sociale, l’incontro con le differenze, di genere, di razza, la relazione con gli altri. Ricordo quando, nelle Lettere corsare, avvisava i “naviganti” che occorreva riflettere tra ciò che si dice e ciò che si fa, che non bastano le parole per autodefinirsi, che il mondo consumistico livella gli ideali e i valori. Ma i miei incontri più fecondi li ho avuti “inseguendo” i suoi film. Ho un ricordo vivido di ogni suo film e mi sono sempre consegnato il bisogno di scrivere su quegli incontri. Accattone e Sodoma, uno dei primi e l’ultimo mi hanno intrigato oltre ogni misura. Riporto alcuni brani delle lettere che gli scrissi o che avrei desiderato scrivergli. Caro Pier Paolo oggi sono dell’umore del tempo, nuvole nere cariche di pioggia inespressa, fulmini freddi e vento gelato. Come sai, quando sono di questo umore mi lascio trascinare dai tuoi film, insieme al poeta il regista è il te che prediligo. Ricordo quando andasti a scegliere il posto per girare Accattone. Viaggiasti tra Subiaco e Olevano, ma dicevi che era in quest’ultimo paese che puntavi per le riprese, eri rimasto colpito dai quadri di Corot. Guardavi le sue montagne leggere e sfumate, campite come tanti riquadri di sublime, aerea garza contro il cielo del suo stesso colore, stavi scegliendo una vallata che in un sogno di Accattone, poco prima della sua morte, raffigurasse un rozzo e corposo paradiso. Insomma Accattone non solo muore, ma va in paradiso. Ti ho

Una scena di Accattone

Il regista durante le riprese di Accattone

inseguito incredulo, incapace di tenere dietro ai tuoi sguardi, ma sentivo, laggiù, in fondo al cuore e al pensiero, quanta ricchezza mi stava sfiorando. Ricordo quando, camminando per quelle vallate, narravi che la storia di Accattone doveva avere la durata di un’estate, quella del governo Tambroni. Ho annaspato nella disperata ricerca del filo che disegnava la trama di questo tuo film. Un lungo silenzio seguì il mistero delle tue parole. Poi, in quella radura emersa dal bosco, quasi intuendo lo stato intriso di rabbia dei tuoi accompagnatori per non riuscire a capirti, li guardasti con quei tuoi occhi accesi e narrasti loro che fu in quel periodo che ti affacciasti a guardare quello che succedeva nell’animo di un sottoproletario della periferia romana, intuendo in esso tutti gli antichi mali e tutto l’antico bene della pura vita e insieme il suo portato di miseria materiale e morale, la sua feroce e inutile ironia, la sua ansia sbandata e ossessa, 4

la sua pigrizia sprezzante, la sua sensualità senza ideali e, insieme a tutto ciò, il suo atavico, superstizioso cattolicesimo di pagano, perciò Accattone sognerà di morire e di andare in paradiso, sussurrasti, con un refolo di voce. Aggiungesti che Accattone sarebbe stato anche un laboratorio per indagare un modo di vita, cioè una cultura, lavoro interessante per un ricercatore, tragico per l’autore che avrebbe dovuto affondare le mani in quella querelle. I tuoi accompagnatori bevvero le tue parole in un silenzio furibondo, si stava loro svelando un paesaggio e se ne presentava subito dopo un altro, dove le parole non riuscivano ad arrivare. Sono qui, accoccolato nella mia poltrona in una posizione fetale, lascio scorrere le immagini di Accattone e ripenso a quella valle. Il film mi ha donato parole per capire, non so affatto se essertene grato o se odiarti, capire mi porta sull’orlo del precipizio, senza precipizio non potrei vivere e tu hai

affondato il tuo coltello nel burro della mia ignoranza. Fuori si è affacciato un pallido sole poetico, pieno di memorie e di rimpianti, intanto piove sul mio umore nero mentre sfilano le ultime immagini di Accattone… Caro Pier Paolo oggi ho caricato Salò, mi sono rifornito di Chocolat, un rito propiziatorio che mi quieta nei momenti di fatica, ho chiuso ermeticamente le finestre per impedire a un sole caldo d’illuminare la mia stanza e nel buio mi sono accoccolato nella mia poltrona, pigramente, con le antenne tese, il cuore in subbuglio e il pensiero in agguato. Ma prima di spingere il tasto di avvio ho riletto una tua auto intervista in merito al film, riporto integralmente alcuni passaggi, a futura memoria: …è vero, Salò sarà un film crudele, talmente crudele che dovrò per forza distanziarmene, fingere di non crederci e giuocare un po’ in modo agghiacciante…un film crudele sarebbe direttamente politico, eversivo e anarchico in questo momento, quindi insincero…ho sentito profeticamente che la cosa più sincera dentro di me è fare un film su un sesso la cui gioiosità sia un compenso alla repressione, la

tolleranza di qui a poco renderà il sesso triste e ossessivo…la nostra memoria è sempre cattiva, viviamo distratti ciò che succede, dalla repressione del potere tollerante, che, di tutte le repressioni, è la più atroce…verso la fine della guerra assistetti, dall’alto di un campanile a un rastrellamento compiuto dai tedeschi, finì con quattro giovani uncinati, un gancio da macellaio nel mento e lì a morire dissanguati, la mia giovinezza è trascorsa nell’incubo di essere

Franco Citti e Pasolini

5

uncinato o impiccato, ho sempre avuto il terrore di una morte violenta…quelle piazze vuote con i camion dei fascisti, eia eia alalà, quell’angoscia di morte, sono tra i motivi ispiratori di Salò…. Carissimo fratello ci ho messo quattro giorni a vedere il tuo film, uno per ogni girone. Sono stato tanto male che la cioccolata è finita in breve. Non scorderò mai, nel passaggio da un girone all'altro, la perversione dei supplizi subiti dai giovani sequestrati, maschi e femmine, inflitti da parte dei quattro gerarchi di Salò, tra cui il monsignore, fino al preannuncio della loro morte. Temo che per arrivare alla tua densità dovrò compiere scelte estreme e non so se ne sarò capace, non so se riuscirò a strappare le camicie che imprigionano i miei pensieri, ma io so che da domani non sarò più lo stesso, io so che da domani sarò più trasgressivo, più corrosivo, io so che dovrò rubare un tir di chocolat, io so che questo viaggio doloroso è stato la mia salvezza, dal precipizio, io so che da domani seguirò tutto ciò che succede, conoscerò tutto ciò che si scrive, immaginerò tutto ciò che non si sa o che si tace. Francesco Mancuso


Una veduta di Bracciano di Paul Brill (1615)

Bracciano nel 1864 Da Descrizione Topografica di Roma e Comarca – Loro monumenti commercio industria agricoltura Istituti di Pubblica Beneficienza Santuari Acque Potabili e Minerali Popolazione Uomini Illustri Nelle Scienze Lettere ed Arti con molte altre nozioni utili ad ogni ceto di persone etc. etc.

S

ortendo da Porta del Popolo per la via Flaminia, selciata di lava pirosennica, dopo metri 3019, o miglia 2,03, passato cioè ponte Milvio costruito di pietra albana e tiburtina, percorrendo prima una pianura sul sinistro margine del Tevere, la strada si biparte. La Flaminia diviene provinciale, e prendendo a destra va a Castel Nuovo di Porto, Rignano ecc.; mentre l'altro ramo nazionale acquista il nome di Via Cassia e ascende, e discende, e quasi sempre è sino al miglio 12 ondulata. Dopo un miglio, o poco innanzi dal ponte Milvio, v'è il rivo influente nel Tevere detto Acqua Traversa (Tutia), incontrandosi in alto a sinistra il casale e cappelletta Mazzetti, ed il sepolcro ricordato alla ridetta pagina. A circa 6 miglia a ponente della Capitale si vede il sito detto le Capannaccie, ch'era un castello fortificato nei tempi di mezzo. Si tragitta quindi a 7 miglia da Roma l'acquedotto Paolo (Trajano) da sinistra a destra; e viene indi la Giustiniana, che è altro casale e piccola Chiesa a destra; e circa l'ottavo miglio il casale la Spizzichina a destra, con antica quadra isolata torre sopra

picciol colle a sinistra poco lontano. Dopo il miglio 9.° pure a destra giungesi alla Storta, ch'è una campestre ben fornita Osteria. È dei RR. PP. Gesuiti, con chiesetta di S. Ignazio; l'acqua è non buona; e vi sono oltre la postale stazione, due o tre case ove stanziano sovente anche diversi Pontificii Dragoni. Passata la Storta, vedonsi due vie; la retta o Cassia adduce innanzi a Monterosi; l'altra a sinistra è la Clodia che va a Bracciano. A 10 miglia prima di giungere a questa città, s'incontra un casale con Chiesetta chiamato Santa Maria di Galera, e v'è osteria; sopra un ponte a due archi si passa il fiumicello Arrone (da Aruns, voce etrusca) ed ivi mossa dall'acqua v'è una macchina da triturare il grano. Poco avanti fra cipressi a sinistra alquanto lontano dalla strada si scorge la chiesa di Santa Maria di Galera, ed un castello abbandonato, e mezzo diroccato che è Galeria istessa. Poi sulla strada a destra v'è l'osteria del Fossetto, mezzo miglio più avanti. Poco oltre il 15.° miglio v'è a destra la via che conduce all'Anguillara, di qua 5 miglia distante; e dopo il miglio 16.° scorgi la strada che guida 6

all'antica Cere, oggi Cerveteri. Vengono quindi le Crocicchie pure a destra 6 miglia circa da Bracciano, percorrendosi sempre una strada bella piuttosto ed in aperto orizzonte. Furon dette Crocic-chie dal quadrivio formato dalla via Claudia attraversata dalla strada che dalla romana villa di Santo Stefano va all'antica Cere, passando per Ceri moderno. A sinistra fra le Crocicchie e Bracciano si scorge un verde prato detto Lago morto, che fu il cratere d'un vulcano antico, messo poi a coltivazione. È situato Bracciano, Diocesi di Nepi e Sutri, 25 miglia o poco più distante dalla Metropoli, per ove sono ogni giorno Diligenze, Carrozze, Vitture. Amena, ed al Sud è la sua posizione, contornata da feraci campi, e da vigneti. Il nome di questa Città vuolsi derivato dalla gente Braccia, che vi possedeva un fondo, come ricorda anche il Cluverio. Rimane precisamente Bracciano nell'alto di una rupe sporgente al S-O sul Lago Sabazio, le cui estreme falde van giù fino ad esso, dal quale la Città in retta linea è distante un solo quarto di miglio. Belle, allineate sono le interne vie, e quella più ampia

s'appella Borgo Flavio (ed ha in fondo piccola piazza), da Flavio, ultimo della Casa Orsini che ne fu Signore. Le altre belle strade sono dette di Santa Maria Novella, dei Cappuccini, e della Ferriera. Primo Duca di Bracciano fu Orsini Paolo Giordano, nel 1502 fatto strangolare da Cesare Borgia, e della cui stessa morte già egli uvea ucciso Isabella sua consorte prima Duchessa di Bracciano. Gli Orsini potenti nel 1242, divennero più forti sotto il Pontefice Niccolò III eletto Papa in Viterbo nel 1277, dia morì tre anni dopo in Soriano. Dagli Orsini passò Bracciano istesso ai Principi Odesca-lchi che tuttora il possedono, e pe' quali fu comprato dal di loro zio Innocenzo XI nel 1679 che gli elesse Duchi di tale città, la quale già ebbe il proprio Statuto fin dal 1552. S'ignora tuttora chi verso il 500 costruisse l'imponente Rocca di Bracciano, che gigantesca s'innalza sull'apice del colle, ed ha grosse mura fondate sopra grandi rettangolari pietre. La sua forma è parallelogramma, e vi si conservano gli antichi suoi merli, ed i cinque torrioni, quattro de' quali semicircolari si elevano più alto delle mura istesse; il quinto a destra della porta principale rimane mozzo pareggiando le mura. Entro tale Rocca evvi una vastissima Sala detta la Castellana adorna nelle pareti di nicchie, ed in grande numero sono le camere, i sotterranei; al pian terreno vi capivano sino a 3.000 soldati, e si gira pure attorno l'alto delle mura dietro ai merli, da cui godasi la veduta di un sorprendente panorama. Unica nel suo genere è questa Rocca in Europa, ed abbellisce la città che signoreggia. Il Duomo consacrato a S. Stefano Protomartire, è la sola Parrocchia, ed ha il suo Arciprete, il Capitolo di 18 Canonici, e s'eleva sopra tutte le case di Bracciano, che sono 416, contenenti 488 famiglie, formate da 2290 persone, dedite molte alla agricoltura, ed al commercio colla Metropoli, talune altre occupate nelle 5 Ferriere che vi sono, e nelle due Mole da grano, che rimangono ove era prima una Cartiera.

Feste solenni della città si celebrano per il SS. Salvatore la prima Domenica dopo l'Assunta, e per San Sebastiano Protettore della città al primo Maggio. Il giorno 2 di questo mese v'è Fiera, ed altra al 13 Dicembre. Le famiglie primarie; sono il Principe Odescalchi, Traversini, Floridi, Monsignor Castellaci, Gandini, ed i Padri Agostiniani ricchissimi, che oggi sono 22. Di Bracciano è pure il chiarissimo D. Tommaso Mazzani Canonico Lateranense, e Professore di Meccanica ed Idraulica nell'Archiginnasio Romano. Dietro la Rocca vi sono piccole abitazioni, alberi, giardini, e ciò è detto Bracciano vecchio, che mediante un ponte si unisce a Bracciano nuovo, ove in generale sono buone le fabbriche, e ben tenute, e vi si scorge il bel Convento dei RR. PP. Agostiniani e Chiesa intitolata a Santa Maria Novella. Dalla piazza, altra bella e grande via che va dolcemente salendo, è detta dei Cappuccini, perché tali Religiosi ritengono un quarto di miglio distante dalla città, in alto e a sinistra, un Convento, e Chiesa di S. Lucia, costruiti dal Duca Virgilio Orsini, e quei Padri vi preser possesso fin dal 1580. Essa Chiesa fu restaurata nel 1840 a spese di Sua eccellenza Don Marino Torlonia, in allora Duca di Bracciano che l'ebbe dagli Odescalchi col patto redimendi. La facciata si rinnovò con architettura d'Antonio Sarti. Nel colle ove sono i Cappuccini, oggi in numero 12, vi si vede piccola, ma amena macchia d'annose quercie; è detto di S. Lucia, ma in antico il chiamavano sacro, o sacrano. È di natura del tutto vulcanica, ed un piccolo rio che corre a suoi piedi, viene appellato dal volgo Fosso del diavolo. Entro la città vi sono buone botteghe con ogni sorta di commestibili, due Locande, Caffè, decente e ben fornita unica Farmacia Casetti; e in altra bella, e grande piazza con vaga fonte nello mezzo, evvi in un lato il comodo Palazzo del Comune con grazioso Teatro 7

assai ben dipinto, ma oggi tenuto quasi in non curanza. Il territorio di Bracciano in piano e in colle, segna rubbia romane 7961. Attivissima vi si scorge l'agricoltura, ed orticoltura non meno, tantoché a non pochi vicini paesi vengono forniti in copia gli erbaggi, e frutta di Bracciano, ove sono buone anche le acque potabili; ed una acidula ferruginosa ve ne ha 3 miglia distante nella Castagneta del Duca, contenendo 3 grani di ferro per ogni bicchiere di fluido. Vi sono pure in Bracciano il Preposto del Bollo e Registro, il Cancelliere del Censo, l'Ispettore de' sali e tabacchi, la Caserma di Gendarmeria. È Governo, e sono ad esso soggette le Comuni di Trevignano, e di Oriolo. Temperato è il suo clima, piuttosto umido, sebbene vi spiri il vento Nord, di raro Sud-Est. Vi regnano le febbri accessionali, le pleuritidi, la rachitide in molti; e in ambo i sessi, ed in qualsiasi età la verminazione. Il Medico ha scudi 240, e 180 il Chirurgo, ed entrambi una buona casa, che pure si accorda dal Comune. L'educazione delle Fanciulle è affidata alle Monache del Sacro Cuore: per la scuola dei maschi vi sono i RR. PP. Agostiniani indicati. Manziana 5 miglia distante, è il paese più vicino a Bracciano, se tener calcolo non si voglia dell'Appodiato o Frazione di questa città chiamata Pisciarelli, 3 miglia lungi, la quale consiste nella Chiesa Parrocchiale e poche case fra mezzo a boschi, con pessime strade nel verno. V'è un Medico con annui scudi 216, che deve percorrere una moltitudine di sparpagliate abitazioni, onde curare nel verno mali infiammatori, ed in estate una infinità di febbri accessionali, ed anche perniciose. Da Bracciano si corrono 5 miglia affine d'arrivare per carrozzabile strada ai Bagni di Vicarello, e 10 per quelli di Stigliano. – Cens. Rust. 349,965. – Urb. 52482. Direzione postale: Bracciano


Bracciano: centro storico passo passo

Idea per un progetto di valorizzazione del borgo accompagnando responsabilmente il turista

I nuovi braccianesi Kyenge: “ciò che è più temibile non è il pluralismo delle culture, ma l’assenza di cultura”

C

on l’assessorato alle Politiche Culturali, un gruppo di cittadini sta lavorando al progetto “Vie Rione Monti”, ideato da Claudio Calcaterra, per valorizzare il percorso delle vie attorno al castello di Bracciano. Ogni via dovrebbe essere “presentata” da una stele che ne indichi la “ragion di stato” la storia, l’etimologia, il detto popolare, il significante. Insieme si pensa di affiggere sui muri delle frasi, celebri e meno, che ricordino la specificità della via. Per rendere l’idea riportiamo alcuni esempi: Via del Pescino Dai un pesce a un uomo e lo nutrirai per un giorno. Insegnagli a pescare e lo nutrirai per tutta la vita. Proverbio cinese. Via dell’ Osteria Il vino mi spinge,/ il vino folle, che fa cantare anche l'uomo più saggio,/ e lo fa ridere mollemente e lo costringe a danzare,/ e gli tira fuori parole che sarebbe meglio tacere. Omero, Odissea, ca. IX sec. a.C. Piazza Padella Avere un occhio alla gatta e uno alla padella. Via della Collegiata “La chiesa, pur essendo certamente anche una istituzione umana, storica, con tutto quello che comporta non ha natura politica, ma essenzialmente spirituale: è il popolo di Dio, il santo popolo di Dio, che cammina verso l’incontro con Gesù Cristo”. Jorge Mario Bergoglio (Papa Francesco). Via del Moretto Alessandro Bonvicino detto “Moretto”, pittore nato a Brescia (1498-1554). Lavorò per Flavio Orsini al restauro del castello. “Si dipinge col cervello e non con le mani”. Michelangelo Buonarroti. Attraverso questo percorso si possono

Foto di Socrate Pontanari

così valorizzare le attività che si svolgono nel centro storico, portando a conoscenza del turista le tante offerte locali che Bracciano è in grado di offrire. Le steli dovrebbero indicare un percorso per il “turista per caso”, in grado di offrire suggestioni e qualche idea sulla storia di Bracciano, il tutto accompagnato da un “opuscolo” da offrire ai turisti, su cui formare “guide” di accompagnamento, in grado di far gustare l’aria antica del borgo e far scoprire le sue curiosità, si potrebbe pensare a una cooperativa di giovani a cui affidare “l’incarico”, chissà che non ne esca un lavoro. Il progetto prevede una partecipazione attiva della proloco, delle associazioni e delle agenzie di viaggio di Bracciano, dei mestieri e delle professioni che vivono nel centro e che sono, spesso, formidabili fonti d’informazione orale sulla storia del borgo. L’idea è nata osservando alcuni centri storici di città italiane che hanno già realizzato il progetto. A Nuoro, per esempio, le vie del centro sono accompagnate da frasi di Grazia Deledda scritte su ardesie che hanno le forme di una nuvola, quelle che riportano le frasi dei fumetti, per capirci. Per le frasi da inserire nelle “ardesie” si potrebbe pensare al coinvolgimento delle scuole superiori, magari con un concorso che premi le idee più originali, insomma l’ 8

idea è quella di un progetto sociale, vissuto dai cittadini e che valorizzi l’ enorme bene pubblico che rappresenta il castello, uno dei più belli e meglio mantenuti d’Europa. Si tratta di provare a incrementare l’idea di turismo responsabile che il Comune sta cercando di promuovere. Insomma, un approccio al turismo caratterizzato da una duplice preoccupazione per il luogo in cui ci si reca. La prima preoccupazione riguarda l'ambiente, il turista responsabile infatti deve evitare di danneggiarlo, mentre l'altro fattore di attenzione riguarda le popolazioni che abitano nella località visitata, il turista responsabile in questo caso deve avere un atteggiamento rispettoso della cultura locale e deve garantire anche il benessere della popolazione, capita infatti spesso che i ricavi dell'industria turistica rimangano in mano all'imprenditore o al gestore, senza vero vantaggio per la gente locale. Un piccolo tassello, un piccolo fare per promuovere Bracciano. Il progetto “Le vie del Rione Monti” vede coinvolti oltre all’ideatore Claudio Calcaterra anche la ricercatrice Mena Maisano, l’archivista di Bracciano Massimo Giribono, il presidente della Pro Loco Bracciano Salvatore Pierini, lo scrittore Francesco Mancuso ed è stato portato all’attenzione, per la sua approvazione da parte dell’amministrazione comunale, del vicesindaco di Bracciano con delega alle Politiche Culturali Gianpiero Nardelli.

Non sono ancora italiani ma sono già braccianesi, i bimbi di tante nazionalità diverse che a Bracciano giocano e studiano gomito a gomito con i bimbi italiani. Qui il messaggio (tratto dal sito del Comune di Bracciano) della ministra Kyenge ai nuovi cives ad honorem di Bracciano in occasione del riconoscimento della cittadinanza ius soli. Tutto mentre l’Italia dà scandalo nel mondo per i trattamenti che riserva ai migranti, di fronte alle tragedie del Mediterraneo, agli orrori dei Centri di “detenzione” di tanti cittadini del mondo in fuga dalla guerra e dalla fame.

G

entile sindaco, in tante città italiane si stanno svolgendo iniziative per conferire la cittadinanza onoraria a migliaia di bambini e ragazzi di origine straniera. Non posso che salutare con gioia questa iniziativa Sua e di tanti Comuni sparsi in tutto il Paese. Sui documenti di questi giovani che diverranno cives ad honorem non verrà ancora scritto “nazionalità italiana”, né potranno godere dei diritti che competono ai cittadini, malgrado stia crescendo su questa Terra, qui stiano studiando, nonostante parlino la lingua di Dante e respirino l’aria del Bel Paese. Tuttavia, tale atto simbolico è il modo con il quale i Comuni, che sono le istituzioni più prossime alla popolazione, desiderano dire alle seconde generazioni: “Siamo felici che voi siete qui. Voi appartenete a questa comunità e questo Paese vi appartiene”. Permettetemi, ora di indirizzare qualche parola alla vostra cittadinanza che credo condivida, in gran numero la festosità di questo giorno. A chi nutre perplessità verso la società meticcia vorrei ricordare che l’Italia è una terra multiculturale fin dalle sue origini: la ricchezza

del suo patrimonio artistico, la dolcezza dei suoi paesaggi, l’eloquenza della sua lingua sono anche il lascito di molti popoli che nei secoli l’hanno attraversata, che l’hanno eletta a luogo ove soggiornare e radicarsi. I “nuovi italiani” non sono dunque una novità. L’Italia, cuore del Mediterraneo, è da sempre crocevia di popoli e, se saprà essere crocevia del Mondo, potrà mantenere vitali i suoi saperi, le sue tradizioni ed anche la sua economia. Perché ciò che è più temibile non è il pluralismo delle culture, ma l’assenza di cultura. In ultimo, mi rivolgo a questi giovani che ricevono oggi la cittadinanza onoraria. Cari ragazzi e ragazze, per la mia storia personale posso comprendere i vostri turbamenti: la fatica di far valere un’identità complessa, la difficoltà di stare in bilico tra più mondi, di fronteggiare una burocrazia non sempre amichevole. Intuisco la rabbia che a volte vi prende per non essere considerati italiani, pur sentendovi tali, quando il vostro nome viene stor-

piato, quando la gente si sbalordisce che pur avendo un volto “straniero” parlate bene l’italiano. Ma mi auguro che reagiate fieri delle vostre origini e con responsabilità verso la terra dove vivete. Le istituzioni oggi vi sorridono. Voi siete mediatori naturali fra le vostre famiglie e la società italiana, siete ambasciatori tra il Paese dei vostri avi e l’Italia, conoscete più lingue e frequentate più universi culturali, siete nati per il dialogo e di tale vostro talento questo Paese ha bisogno. La democrazia, infatti, non è ostacolata dalle differenze, ma le differenze sono la linfa della democrazia. Certo, occorre uno sfondo comune di valori e principi inderogabili, che sono, poi, quelli custoditi nella nostra Costituzione. Vi invito, allora, a leggere e innamorarvi della Costituzione italiana, ad apprendere la storia di questa magnifica Terra, affinché essa possa diventare più vostra, vi sprono ad impegnarvi nello studio e nel vostro futuro lavoro per aiutare l’Italia a essere ancora più bella. Cècile Kyenge

A proposito di burocrazia Quando la proverbiale mancanza di elasticità del burocrate si combina con la meschinità del razzismo il risultato può fare vacillare la mente. Nelson Mandela

9


Controcorrente: crescita vò cercando

N

on c’è comunicazione mediatica che non ci avverta che senza crescita non può esistere benessere e occupazione. Proviamo a navigare controcorrente, riflettendo un po’ sui modelli sociali, sui dati economici e i suoi riflessi sul lavoro.

rapporto produzione/consumo si è invertito: non si consuma ciò che si produce, ma si produce ciò che si consuma. Si tratta degli esiti ultimi del processo iniziato con il taylor-fordismo e la creazione del “mercato di massa”, che potremmo descrivere come "slittamenti progressivi nel piacere del consumo", produttore inesausto di egoismo sociale.

La morte non è niente di Sant’ Agostino La morte non è niente. Sono solamente passata dall’altra parte: è come fossi nascosta nella stanza accanto. Io sono sempre io e tu sei sempre tu. Quello che eravamo prima l’uno per l’altro lo siamo ancora. Chiamami con il nome che mi hai sempre dato, che ti è familiare; parlami nello stesso modo affettuoso che hai sempre usato. Non cambiare tono di voce, non assumere un’aria solenne o triste. Continua a ridere di quello che ci faceva ridere, di quelle piccole cose che tanto ci piacevano quando eravamo insieme. Prega, sorridi, pensami! Il mio nome sia sempre la parola familiare di prima: pronuncialo senza la minima traccia d’ombra o di tristezza. La nostra vita conserva tutto il significato che ha sempre avuto: è la stessa di prima, c’è una continuità che non si spezza. Perché dovrei essere fuori dai tuoi pensieri e dalla tua mente, solo perché sono fuori dalla tua vista? Non sono lontana, sono dall’altra parte, proprio dietro all’angolo. Rassicurati, va tutto bene. Ritroverai il mio cuore, ne ritroverai la tenerezza purificata. Asciuga le tue lacrime e non piangere, se mi ami: il tuo sorriso è la mia pace.

Dati economici e riflessi sul lavoro La vulgata economica ci propina ogni giorno l’andamento delle borse e l’aumento della disoccupazione. Unica ricetta, produrre di più, diminuire il rapporto PIL, debito pubblico, crescere, crescere, crescere è l’ imperativo categorico.

Modelli sociali Dominique Meda, una sociologa francese, nel suo libro “Società senza lavoro”, nota due “curiosità”. La parola lavoro deriva dal francese “travail”, ossia sacrificio, pena. Scrive anche che le repubbliche e le società contemporanee si dichiarano fondate sul lavoro, presentando questo dato come naturale, certo e immutabile, sino a fare del diritto al lavoro il diritto per il cittadino di realizzare la propria piena umanità, su questo mito, vero e proprio incantesimo dei tempi moderni, si sono costruite ideologie e teorie, riflessioni e azioni politiche, tutte crollate di fronte al rarefarsi del lavoro, alla crisi dell'occupazione in un mondo dove solo l’economia detta le leggi, dove solo il consumo è il parametro del successo delle persone, desertificando irrimediabilmente i nostri sogni, i nostri desideri, la voglia di stare insieme guardando il cielo, impedendo alle persone, di respirare lente… Scrive Aris Accornero nel “Secolo del lavoro”…il secolo XX sarà ricordato come il secolo del lavoro, e dei lavoratori. Un secolo possente e arcigno, dovizioso e drammatico; un secolo penetrato dal benessere e toccato dall’angoscia, dilacerato fino a ieri tra l’avere e l’essere, e oggi tra l’essere e l’apparire. Un secolo di promozione sociale e di riscatto dal bisogno, di incivilimento materiale e di anomia spirituale, di raffinatezza per cani e gatti e di stragi per uomini e donne…. Insomma, siamo passati da un secolo pesantissimo, ferro e acciaio a raccontare di sé, a un secolo leggero, il silicio a ingoiare professioni e mestieri. Il secolo pesantissimo garantiva, a fronte di “pene e sacrifici”, un lavoro “fisso”, per riuscire a progettare un po’ di futuro e per potersi chiamare: sono un operaio meccanico, un impiegato alle poste, un saldatore di navi, un tecnico addetto al montaggio e così via. Oggi siamo in un secolo dove per una grande maggioranza dei cittadini è difficile chiamarsi stante la precarietà e frammentazione dei lavori, impedendo così qualsivoglia fiducia nel futuro. Insieme si è allargato il fosso con i lavori ad alta professionalità e le grandi ricchezze nate in questo tempo grigio e acre. Si può ben dire che la rivoluzione informatica ha trasformato (e ancora più radicalmente è destinata a trasformare) il nostro modo di vivere (dagli stili di vita ai modelli di comportamento), ma solo perché ha trovato l'ambiente mediatico già predisposto come "brodo di coltura" per il suo linguaggio. Il fatto è che, da almeno mezzo secolo, il

Brevi annotazioni Gran parte del debito pubblico consiste nel salvataggio delle banche, con la caratteristica del debito privato italiano che, a differenza di altri paesi, non esiste, esiste risparmio privato, fermo lo stock, in diminuzione la sua propensione. Per il PIL vorrei raccontarvi una “favola”. Il PIL è l’indicatore che i paesi più industrializzati si sono dati per leggere le loro performances produttive, qualcuno dice essere un indicatore di “felicità”. Ieri ero sulla Tiburtina, fila chilometrica e motori accesi. Siccome il PIL cresce quando si consuma (e lì si sono consumati barili di petrolio) sono rimasto “felice” per le ore di fila che mi sono regalato per andare a trovare un caro amico. Consumare di più significa creare trash, ossia spazzatura, quella che non sappiamo più dove mettere, terra di conquista delle mafie organizzate e danno permanente della nostra salute. Produrre di più ci confina nel limbo delle nostre pulsioni al possedere, al godere senza limiti, a noi che siamo “terreni”, finiti. Produrre di più significa forse far sognare tutti, ma accontentare pochi, lasciando sulla strada disillusioni e macerie. Qualche riflessione finale Le evidenze che ho provato a narrare parlano di una società bloccata per molti, troppi e di ricchezza inaudita per pochi, insieme ad un avvelenamento dell’ ambiente e a lavori che nessuno può pensare con serietà di riconquistare perché sono dentro le macchine e i bit, spesso anche per fortuna, un vecchio verniciatore di auto soggetto a cancro ai polmoni oggi è salvo, il suo lavoro è fatto da sofisticati robot. La vulgata di sostegno all’idea che il mondo è più bello se ognuno pensa a sé sta dimostrando limiti formidabili. Perché non provare a modificare l’assunto di una società tesa solo al progressivo slittamento verso il consumo? Perché non riattivare solidarietà e lentezza? Credo che già porsi queste domande sia un passo avanti. Francesco Mancuso

Aurelio Agostino D’Ippona (latino: Aurelius Augustinus Hipponensis, Tagaste, 13 novembre 354 – Ippona, 28 agosto 430) è stato un filosofo, vescovo cattolico e teologo latino. Padre, dottore e santo della Chiesa cattolica, è conosciuto semplicemente come Sant’Agostino,detto anche Doctor Gratiae (“Dottore della Grazia”). Secondo Antonio Livi, filosofo, editore e saggista italiano di orientamento cattolico, è stato “ il massimo pensatore cristiano del primo millennio e certamente anche uno dei più grandi geni dell’umanità in assoluto “. Le Confessioni sono la sua opera più celebre.

N.B. Sono consapevole di aver scritto cose complicate nello spazio di una sola pagina, ma sentivo urgente il bisogno di scambiare queste riflessioni con qualcuno, intanto con voi lettori. Mi piacerebbe interloquire con voi su questi spunti di riflessione, per scavare, approfondire…

10

11


Antatest per scoprire chi sono oggi i “vecchi” di Bracciano

Età: tutto è relativo

Nell’ambito del laboratorio di giornalismo che si è tenuto da gennaio a marzo 2013 ai centri anziani Aurelio Appolloni e Mariella Giammona, grazie alla collaborazione del consiglio direttivo presieduto da Rossana Negretti, è stato somministrato, in forma anonima, ai frequentatori un questionario (a risposta multipla) mirato a far emergere alcuni aspetti del loro vissuto quotidiano e il loro rapporto con la politica, il sociale, la conoscenza, il sentimento. Sono stati raccolti 26 questionari. Ecco i risultati

Indagine sul campo Benessere e quarta età Il benessere non è solo assenza di malattia. Significa anche diritto alla salute, alla casa, al reddito (pensione) e quindi alla prevenzione delle malattie. È sicuramente un interessante volano di sviluppo se legato alla capacità ed alla libertà di scegliere in autonomia quale orientamento dare alla propria vita, a scelte che sappiano rimettere al centro la persona, alla capacità di mantenere in relazione mentalità, umanità, culture diverse, per non mancare al diritto di una vita buona e piena, senza togliere il gusto a svolgere un ruolo anche sulle piccole cose. Come mantenere la memoria sulle scelte che si sono fatte lungo il corso della vita. Essere vigili sul problema della sicurezza, incentivando l’intervento ai bisogni degli anziani/e. Sulla raccolta della memoria con interviste ed autobiografie, foto antiche, poesie ed aneddoti, al fine di evitare il disperdersi del vissuto e di interi pezzi di storia.

Anziani, radici e memoria storica di vita Gli anziani/e sono portatori/trici di valori sociali e costituiscono una risorsa “attiva” preziosa e insostituibile per la comunità. La senilità non rappresenta più una barriera di comunicazione culturale: consente, invece, di realizzare un vero e proprio scambio di saperi, di competenze, di storie ecc.. Tutelare il patrimonio dei saperi e dei valori significa salvaguardare la nostra identità. Realizzare un giornale scritto e costruito dagli anziani/e equivale a proporre un modello di vita che racchiude in sé valori come la solidarietà, l’inclusione, la condivisione, il senso di comunità ed il rispetto delle tradizioni e delle proprie origini.

Il segreto di rimanere giovani in età avanzata La giovinezza non è soltanto un periodo della vita: è anche una forma mentale, una caratteristica della volontà, una qualità dell’immaginazione, un flusso di emozioni. È una prevalenza del coraggio, sulla timidezza dell’amore per l’avventuroso, sull’amore per il facile. Nessuno invecchia semplicemente col passare degli anni, ma solo disertando i propri ideali. Saremo giovani finché avremo fede, ci troveremo vecchi, quando ci lasceremo assalire dalle incertezze; saremo giovani finché avremo speranza; saremo vecchi quando l’avremo abbandonata. Finchè il nostro cuore resterà sensibile alla Bellezza, alla Verità, al Coraggio, ci conserveremo giovani. Claudio Calcaterra

Indifferenti o quasi alla politica L’identikit In famiglia collaborano, leggono prevalentemente giornali e riviste, prediligono programmi tv di spettacolo, seguiti da quelli di cultura. Fin qui nell’identikit dell’anziano medio di Bracciano nessuna novità. Se si indaga sugli aspetti personali si nota come una grande considerazione sia data all’amicizia, intesa come condivisione. Accanto poi ad una buona soddisfazione personale si vede come gli anziani ammettano come, in effetti, potrebbero fare molto di più per gli altri. Alta la propensione al sentimento. “L’amor mio non muore mai” si potrebbe dire tanto che un rilevante numero di anziani hanno commentato che “l’amore è un sentimento per tutte le età”. Passando al sociale tutti chiedono più 12

attenzione delle istituzioni rispetto alla loro salute. Dal punto di vista politico rilevante è il numero degli astensionisti se si sommano i dati riguardanti coloro ai quali la politica interessa poco o per niente. La vera sorpresa arriva dal dato sull’interesse sulle problematiche ambientali a livello planetario per il quale spicca il numero di coloro per i quali la salvaguardia dell’ambiente è un aspetto rilevante. Con 23 sì si tratta quasi del totale dei 26 anziani che hanno risposto al questionario. Il ritratto che ne esce fuori è quello di un anziano, uomo e donna, con una buona autostima, abbastanza soddisfatto, protagonista in famiglia, aperto alla socializzazione e poco fiducioso della politica. Complessivamente emerge anche la richiesta di una offerta culturale che vada oltre alle tradizionale proposte dei centri anziani. Non solo burraco, ma anche teatro, musica e seminari per conoscere – visto il dato – le dinamiche ambientali del pianeta. Al riguardo esplicita la richiesta di Domenico Vitale, frequentatore del centro Appolloni, dell’organizzazione di convegni di cultura generale, geografia, storia, filosofia e medicina. L’obiettivo resta quello comunque dell’ampliamento delle relazioni a tutti i costi. “Il rapporto con gli altri, il loro riconoscimento e la loro attenzione, l’empatia, la capacità di stare dentro ai circuiti di condivisione di tempo, interessi, attività – scrive il Censis nel dossier “Anziani, una risorsa per il paese”, sono sicuramente, per gli anziani, al centro di un approccio positivo alla vita. Sentirsi impegnati, utili, avere molti e buoni rapporti con gli altri, insomma avere una vita piena, anche di relazioni, può incidere in maniera netta anche sullo stato di salute”. Il futuro è la longevità attiva. Graziarosa Villani 13

1)

Che ruolo svolgi nella tua famiglia? a) Fondamentale b) Collaborativo c) Propositivo

2)

Ami leggere? a) Libri b) Giornali e riviste c) Non leggo

6 16 4

3)

Che genere di programmi vedi in Tv? a) Sport b) Spettacolo c) Cultura d) Giornalistici e) Servizio

6 14 11 9 2

4)

Cosa è per te l’amicizia? a) Condivisione b) Ascolto c) Complicità

17 7 3

5)

Pensi potresti fare di più per gli altri? a) No, già faccio troppo b) Sì c) Forse nel capo del volontariato

6 14 5

6)

Sei soddisfatto della tua situazione personale? a) Sì 15 b) No 2 c) Non Troppo 9

7)

Ti interessi di politica? a) Sì b) No c) Poco

8)

Ti interessano le problematiche ambientali? a) Sì 23 b) No 1 c) Non so 1

9)

Ti senti tutelato dal punto di vista sanitario? a) Sì 7 b) No 7 c) Vorrei maggiori garanzie sulla tutela della salute. 13

10)

L’amore è un sentimento per tutte le età? a) Sì, senz’altro 15 b) No 3 c) Tutto è possibile 7

11 12 2

9 9 8


Cuore e Delitto…I mille elettroni magici L’

ambulanza correva a sirena spiegata lungo la via Cassia, direzione Roma, verso l’ospedale Fatebenefratelli. Così Diego Antinori fu portato al reparto cardiologico e dopo pochi minuti, sotto l’effetto di un sedativo, cominciò a sentirsi meglio, gli sembrava quasi di sognare… Sentì sua madre che lo chiamava dal balcone di casa, forse era ora di pranzo. Si erano trasferiti da poco tempo ad Ostia e Diego, che aveva circa dieci anni, era molto contento di questo cambiamento. Qui non c’erano i pericoli e il caos di Roma, così sua madre si era convinta a farlo scendere in strada per giocare con gli altri bambini, portando con sé la bicicletta. Furono, forse, gli anni più belli della sua vita ed ancora oggi, dopo tanto tempo, ripensava a quei giorni con tanto rimpianto e nostalgia. Due episodi in particolare gli sarebbero rimasti impressi per molto tempo. L’episodio degli elettroni magici, lo perseguitò per tutta la vita. Diego aveva cominciato a leggere libri fin da piccolo. Leggeva tutto quello che gli capitava a tiro, dai romanzi d’autore ai giornaletti, non disdegnando nemmeno i libri gialli, che leggeva di nascosto dal padre perché diceva troppo violenti. I suoi fumetti preferiti erano Sciuscià, il Piccolo Sceriffo, Tex Willer, Pecos Bill, amava meno i giornalini di Walt Disney perché non c’era niente di eccitante. Era tutto scontato, già si sapeva come andava a finire, nulla era demandato all’immaginazione! Eppure, proprio leggendo un fumetto di Paperino sentì parlare per la prima volta degli elettroni. I tre paperini, durante una loro avventura, erano venuti in possesso di una monetina che sfregata mentre veniva detto: “PER MILLE ELETTRONI MAGICI” faceva avverare qualsiasi desiderio. La cosa affascinò così tanto Diego che, pur rendendosi conto che era una sciocchezza bella e buona, non sapeva più resistere alla tentazione di stropicciare tutte le monetine strane che gli capitassero a tiro, dicendo: “Per mille elettroni magici, voglio diventare invisibile!” oppure “ Per mille elettroni magici, voglio diventare l’uomo più ricco del mondo!”. Nulla poteva fermare la sua fervida fantasia. Non faceva in tempo a formulare un desiderio che subito un altro, più elettrizzante, lo solleticava. Tutto questo era andato avanti un bel po’,

Studio Uno - 1961 anzi per anni, ed anche da vecchio si lasciava andare, di tanto in tanto, a questa stramberia, pensando stupidamente che forse una volta nella vita, magari un solo desiderio, si sarebbe potuto avverare. Era ovviamente ben conscio che fosse una sciocchezza, eppure quando era particolarmente giù di corda, quando tutto andava in malora, si ricaricava con questa illusione e seguitava a tirare la carretta, come diceva suo padre, sperando in momenti migliori. L’unica cosa di cui era dannatamente sicuro era che nella vita si doveva fare tutto con le proprie forze, sapeva che non si poteva contare sull’aiuto degli altri, nemmeno del migliore amico o della moglie o dei figli. Nel 1955 Diego tornò a Roma con tutta la famiglia. Abitava in uno dei popolosi rioni a sud della città, che in seguito furono comunemente chiamati quartieri dormitorio. La sua vita cambiò non poco, mise in cantina la bici, compagna di tante avventure. Aveva visto, nel balcone accanto al suo, un ragazzo un po’ più piccolo che suonava la fisarmonica, così cominciarono a parlarsi e nacque una certa amicizia. Michele e Diego iniziarono a vedersi e spesso facevano i compiti insieme, anche se frequentavano scuole di indirizzi diversi. La loro amicizia diventò quasi fraterna e Diego cominciò a confidarsi con l’amico raccontandogli delle ragazze che conosceva a scuola, delle simpatie e dei turbamenti che

14

provava. L’anno dopo le strade dei due amici si divisero, complice la scuola. Uno sarebbe diventato ragioniere, l’altro un tecnico industriale. Diego aveva tante materie e tanto da studiare. Le sue giornate erano faticose, doveva alzarsi molto presto la mattina, tornava a casa tardi nel pomeriggio e spesso era costretto a fare le ore piccole per avere una preparazione sufficiente, ormai vedeva l’amico raramente e solo il sabato pomeriggio c’era il tempo di fare due chiacchiere. La sua esistenza era piatta e tranquilla come un mare calmo, nel suo istituto non c’erano ragazze, perciò niente tentazioni, quindi la sua vita amorosa era solo, teorica e molto fantasiosa, tant’è che se gli capitava la monetina speciale si rivolgeva agli elettroni magici e sperava di incontrare una brava ragazza da amare e dalla quale essere amato. Diego aveva un gran bisogno d’amore ed anche se questa parola gli suonava retorica e più adatta a un romanzetto di Liala, di notte, prima di addormentarsi, fantasticava su questa ragazza bionda che un giorno avrebbe incontrato. Immaginava di farci dei lunghi discorsi: avrebbero parlato di tutto, nessun segreto tra loro! Avrebbero fatto lunghe passeggiate mano nella mano, corse sulla sabbia, si sarebbero dati mille baci sdraiati sulla riva del mare e poi fatto l’amore nascosti dalle

barche dei pescatori, mentre la Luna risplendeva nel cielo! Le avrebbe, infine, carezzato i lunghi capelli e sussurrato le più dolci parole d’amore…Era l’ultimo giorno del Carnevale del Sessantadue, si respirava un’aria di festa e Michele aveva naturalmente voglia di divertirsi. “Sono stato invitato ad una festa” disse Michele “perché non vieni pure tu?”. La casa dove si ballava era a San Giovanni, i partecipanti alla festa erano tutti ragazzi della media borghesia romana e fra di loro c’era pure qualcuno in maschera. Michele era il deus ex machina di questi frangenti, così, avuta l’approvazione della padrona di casa organizzò subito uno dei soliti giochi deficienti per far accoppiare uomini e donne, che tra l’altro non vedevano l’ora di divertirsi un po’. Naturalmente anche Diego fu coinvolto nel gioco e conobbe una ragazza di nome Gemma. Sentì che qualcuno aveva messo la canzone: Legata a un granello di sabbia che andava per la maggiore, così chiese a Gemma se le piacesse. “È molto bella, dolce e romantica! È una di quelle che amo di più”. “A me piace anche: L’amore è una cosa meravigliosa!” aggiunse Diego “Se mi dici dov’è esattamente la scuola, potrei venirti a prendere… se ti fa piacere!” si affrettò ad aggiungere. La mattina si alzò che ormai aveva deciso. Arrivò davanti la scuola a qualche minuto alle cinque, si appoggiò con le spalle al muro dell’edificio di fronte all’uscita e si preparò pazientemente all’attesa. Quando furono le diciassette e venticinque le mani gli cominciarono a sudare, un

elemento questo che lo fece pensare, in quanto una cosa del genere non gli era mai capitata prima, così era costretto ad asciugarle spesso passandole lungo il cappotto. Possibile che tutto ciò fosse dovuto a Gemma? Alle diciassette e trentacinque eccola uscire dall’istituto, si guardò intorno e attraversò la strada…Diego la vide e le fece un cenno, lei lo guardò e non mostrò meraviglia, gli fece un bel sorriso e si avvicinò: “Ciao, come stai?” e gli porse la mano. Cominciarono così a risalire la Nomentana verso il Centro. Ad un certo momento gli sembrò che lei stringesse il braccio, come per trattenerlo, così la prese per l’incavo del gomito e non la lasciò più. Sull’autobus Gemma si sorreggeva al braccio di Diego e quel contatto le piaceva molto. Lui la guardava di sottecchi e osservava i

Poesia del prigioniero O Vergine Maria tu fosti madre prima di noi subisti il dolore dal caro figlio da le tristi squadre ti fu rapito dal tuo sangue al cuore. Io sto parlando dinanzi a una madre unita al suo sposo genitore, che attendeva il ritorno del suo figlio che si venne a salvar dal grande periglio. Genitori. Noi notte e giorno si bagnava il ciglio pensando che la morte ti rapiva e al Signore chiedevano consiglio che quella triste porta non s’apriva. Figlio. Questi tuoi preghi ti risparmia sentire la tua voce ciò gran noia, tutti i momenti prenderei una traccia ma sono circondato da sti boia, nulla il vestire e ne mangiar ci spaccia, noi ci nutrimmo sol di qualche foglia ma se il destino mi Vorà aiutare a tornare in mezzo a Voi e a Voi abbracciare Fortuna o sia Destino preparato a rendere questi tali sai felici avere un figlio perso e poi tornato e pur c’è ancor che qualche mamma dice, qui finirà la sorte del Soldato di quella schiavitù dominatrice. Oggi rinasce qui la mia persona piatti e bicchieri ogni strumento suona. Scritta al ritorno dalla prigionia

30 Settembre 1945 Bracciano Luigi Piergentili 15

suoi occhi, il lungo collo, i capelli neri, il nasino un po’ all’insù, non sapeva decidersi a togliere lo sguardo. Anche Gemma lo guardava con la coda dell’occhio, non lo trovava proprio bello ma era in compenso molto educato e gentile, quando parlava diceva sempre l’essenziale, non si dava delle arie e poi era proprio tenero… si vedeva che era un bravo ragazzo. Quando capì che Gemma era quasi arrivata, Diego le chiese il numero di telefono per poterla chiamare. “Allora ti vengo a prendere a scuola, dimmi quando!”. “Tu telefonami, poi vedremo!”. Lei gli strinse la mano forte, la trattenne per un po’, poi gli fece un sorriso un po’ triste, come per dire, che ci vuoi fare? Infine gli strizzò l’occhio in un modo buffo che Diego non scordò più. Scesero dall’autobus insieme, lei non si girò nemmeno a guardarlo, e dopo un attimo era già scomparsa. Mentre tornava a casa in automobile Diego pensò e ripensò a tutto quello che si erano detti durante il tragitto, cercava di interpretare le parole di lei e dava loro il senso che più gli faceva comodo. “La prossima volta che la sento devo sapere cosa volesse esattamente dire con quelle parole e poi le chiederò questo e quest’altro…” pensava e non vedeva l’ora di stare con lei. Quella sera andò a letto col pensiero di Gemma, gli piaceva così tanto…! Dopo averci pensato un bel po’ Diego capì che quello, forse era amore. Ma non sapeva che la sua storia, come la vita sarebbe stata un tormento. da un racconto di Domenico Venturi


Turn static files into dynamic content formats.

Create a flipbook
Issuu converts static files into: digital portfolios, online yearbooks, online catalogs, digital photo albums and more. Sign up and create your flipbook.