Gente di Bracciano Febbraio 2019 - numero 23
Bracciano e il genio michelangiolesco: collegamenti diretti tramite i disegni
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ichelangelo e Bracciano, una liaison finora non troppo nota. Eppure ci sono ben due casi in cui il vissuto del grande artista del Rinascimento si viene ad intersecare con alcuni personaggi di Bracciano. E tutto questo passa per i disegni michelangioleschi, spesso bozzetti per gli affreschi ma anche fogli sui quali il Buonarroti annotava in modo casuale dei versi da musicare poi in madrigale. Non è noto a tutti infatti che Michelangelo scrisse vari madrigali tra i quali alcuni, in particolare “Deh dimmi amor se l’alma di costei”, musicati dal contemporaneo Giacomo Archadelt uno dei più apprezzati musicisti dell’epoca. Cronologicamente il primo collegamento si ha tra Michelangelo e Cristoforo Stati, lo scultore braccianese del quale Bracciano conserva la statua di Venere e Adone nel Museo Civico, apprezzato nella sua epoca ma non solo tanto che il suo Orfeo nell’atto di suonare il violino fa bella mostra di sé al Metropolitan Museum of Art di New York. Da una recente pubblicazione in lingua inglese - The Drawings of Michelangelo and His Followers in the Ashmolean Museum di Paul Joannides - che analizza il mare magnum dei disegni michelangioleschi, in una nota si indica con chiarezza il possesso da parte di Stati di scritti del Buonarroti. “The sculptor Cristoforo Stati da Bracciano (1556-1619) owned two sheets of drawings by Michelangelo, now lost, that also contained poems (and perhaps others that did not). Guasti, 1863, p XI, cites the following notes by Michelangelo in mano di Cristoforo da Bracciano scultore eravi scritti questi Madrigale, anzi ballata, pareva di mano di Michelangelo
stesso “Quanto sare men doglia di morire presto”. Nel rovescio di una carta dove son certe modanature di Michelangelo, in mano al medesimo scultore da Bracciano “Com’arò dunque ardire”. Si tratta di versi semplici, diretti e molto ispirati in cui probabilmente Michelangelo si è lasciato andare a pensieri che guardano al futuro. La stessa fonte tuttavia sottolinea che tali disegni che sarebbero stati in possesso dello scultore sono andati persi. Un secondo collegamento, suffragato da numerose fonti, mette in collegamento Michelangelo Buonarroti con Livio Odescalchi. Al nobile braccianese, secondo quanto riportato, sono appartenuti numerosi disegni poi nel tempo passati di mano. Tra questi si definisce certa la proprietà di Livio Odescalchi di un disegno (nella foto) raffigurante probabilmente il bozzetto di una Vittoria. “No doubt - scrive Paul Joannides - the present sheet shared a provenance with those now in Haarlem until the partial dispersal of the Odescalchi Collection in the early sevententh century. It is interesting to note that the placing both of the Bona Rota inscription and of Reynolds’ stamp indicates that the right edge of the sheet was believe to be its base, despite the fact that this would entail the drawing having been made by a left-handed draughtsman. It was probably then thought to be a study for a standing Victory”.
Questi collegamenti tra il maestro del Rinascimento e Bracciano potrebbero non essere gli unici. Ma al riguardo c’è ancora molto da indagare. Graziarosa Villani
Gente diBracciano
Febbraio 2019 - Numero 23 Dedicato al Dott. Vincenzo Arista
Editore: Associazione Gente di Bracciano Presidente: Claudio Calcaterra Direttore responsabile: Graziarosa Villani
Redazione: Biancamaria Alberi, Luigi Di Giampaolo.
Collaboratori: Massimo Giribono, Fabercross, Pierluigi Grossi, Mena Maisano.
Registrato al Tribunale di Civitavecchia n. 1388/2014
Stampa e impaginazione: FEDE 2011 srl Via dei Vignali, 60 - Anguillara Sabazia su carta riciclata al 100%
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Aldo Moro: ancora nessuna verità
Orgoglio comunista senza ipocrisia
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na voce concorde risuona oggi nel gran mondo della politica e della cultura nostrana: sinistra e destra sono inconciliabili, comunismo e nazismo sono “la stessa cosa”, Stalin e Hitler “sono uguali”. C’è forse qualcosa di più ovvio di questi aforismi politici subculturali attuali? Le accoppiate di oggi, e cioè, cattolici di centrodestra e cattolici di centrosinistra, conservatori e progressisti e, innanzi tutto, post-comunisti (PD), post-democristiani (DC), post-fascisti (M.S.I.) e uomini e donne di cultura di varia natura. Cioè, per non fare nomi, Berlusconi, Renzi, D’Alema, Meloni, Di Maio, Salvini e via elencando, le ripetono quotidianamente da ogni pulpito e seggio. Senza timore di apparire banali, usano (quasi) tutti le stesse parole e poi con libri, rotocalchi, TV e attraverso il Web, infondono al popolo “sovrano”, e di fronte a tante autorevoli voci, che altro possono fare i milioni di uomini e donne che poco sanno e niente ricordano, se non convincersi che le cose stanno davvero così, e passarsele di bocca in bocca, persuasi e beati. D’altronde, che altra verità, può esserci tra gli uomini, se non le opinioni degli uomini? Intendo, per essere chiaro, quelli che detengono il potere oggi di confezionarle e diffonderle. A questo punto mi pongo delle domande e spero anche delle risposte. Poco mi preoccupa se appariranno blasfeme alla massa dei benpensanti, né so prevedere quanto troveranno corrispondenza in altri, anche se la cosa non mi dispiacerebbe. Preferisco la solitudine che “portare il cervello all’ammasso”, cosa di cui con comicità ci hanno (a noi del Partito Comunista Italiano) accusato per anni i benpensanti che, essendo (loro) maggioranza oggi all’ammasso, il loro cervello l’anno già portato. Nella “presunzione” di queste mie riflessioni, mi lascerò andare a personalissime divagazioni, dalle quali, credo, risulterà che ognuno a modo suo preferisce le informazioni che gli vengono propinate, secondo la cultura che ha. Quindi tenterò quella che io chiamo una lettura umanistica della tradizione democratica, cercando di chiarire la profonda bellezza del pensiero di Gramsci, assolutamente difforme dalla banale lettura che ne danno i paladini del Populismo e del Sovranismo. Ancora oggi, nonostante l’oscuramento, e la quasi improponibilità del nome, non posso non dichiararmi comunista, anche perché, riterrei disonesto e ipocrita fingere di essere stato altro, oppure dichiarare un pentimento, cosa oggi molto di moda, che potrebbe sembrare opportunismo. Buona lettura, dunque, al benevolo o malevolo lettore, se ce ne sarà qualcuno. Claudio Calcaterra
La Commissione di inchiesta parla non solo di eversione di sinistra ma di rilevante dimensione internazionale
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na biografia alla rovescia, quella di Aldo Moro che più che dalla nascita parte dalla morte. Da quella storica foto della salma nel cofano della Renault 4 in via Caetani. Lo si è definito un martire laico. A oltre 40 anni dai tragici fatti si è ancora alla ricerca della verità vera e non di quella manipolata dalle tante variabili che interagirono nei 55 giorni della prigionia. Quarant’anni non sono bastati per fare chiarezza. Ci hanno provato in molti ma permangono pagine oscure. E così che allora le verità sulla sua morte, sulle responsabilità sono molteplici. Quello che è certo è che i suoi funerali, secondo gli stessi voleri di Moro che non voleva delle esequie di Stato, sono stati privati anche se il gotha scudocrociato di allora si fece protagonista di una cerimonia funebre farsa, senza salma, “celebrata” il 13 maggio 1978 nella basilica di San Giovanni in Laterano officiata dal cardinale Ugo Poletti e alla presenza di Papa Paolo VI. Si moltiplicano testimonianze e riletture dei fatti. Chi ha vissuto quei giorni, il 16 marzo, giorno del rapimento in via Fani e il 9 maggio, giorno della consegna della salma, tornano a vivere le emozioni di allora, una ferita sempre aperta che torna a sanguinare. Nuovi contributi arrivano da più parti. Ed anche l’ultima commissione d’inchiesta che si è occupata del caso Moro deve alzare le mani e concludere affermando “di aver fatto significativi passi in direzione della verità” e di aver condotto “un lavoro che non è esaustivo”. Certo è che Moro voleva vivere,
che sia pure in prigionia non era pazzo, che Zaccagnini e gli altri lo hanno abbandonato a sé stesso. Dal film Il professore con l’interpretazione di Sergio Castellitto e tratto dal libro scritto dal giornalista Giorgio Balzoni che ne è stato studente a Scienze Politiche emergono chiare le minacce dirette di morte che lo stesso Moro avrebbe subìto dagli Stati Uniti per le sue politiche. Politiche scomode le sue sia a livello interno in vista di un “compromesso storico” con il Partito Comunista Italiano, sia in politica internazionale. Al riguardo la commissione d’inchiesta sottolinea un suo piccolo traguardo. “Ancora - si legge - più importante è il riconoscimento del ruolo di quell’area grigia e invisibile costituita dai rapporti fra varie entità, anche criminali o terroristiche, e i vari servizi segreti. In questo ambito una delle principali acquisizioni - di selle ancora nella relazione della Commissione - è giunta dagli approfondimenti sulla dimensione “mediterranea” della vicenda Moro, con particolare riferimento agli accordi politici e di intelligence che fondavano la politica italiana, in particolare nei riguardi del Medio Oriente, della Libia e della questione israelo-palestinese”. La verità non c’è e va ricercata ancora. “Alla luce delle indagini compiute, dunque, scrive ancora la Commissione d’inchiesta - il rapimento e l’omicidio di Aldo Moro non appaiono affatto come una pagina puramente interna dell’eversione di sinistra, ma acquisiscono una rilevante dimensione internazionale. Al di là dell’accertamento materiale dei nomi e dei ruoli dei brigatisti impegnati nell’azione di fuoco di via Fani e poi nel seque-
Aldo Moro
stro e nell’omicidio di Moro, emerge infatti un più vasto tessuto di forze che, a seconda dei casi, operarono per una conclusione felice o tragica del sequestro, talora interagendo direttamente con i brigatisti, più spesso condizionando la dinamica degli eventi, anche grazie alla presenza di molteplici aree grigie, permeabili alle influenze più diverse”. L’intera vicenda, come si vede, è avvolta in un colore grigio. Il tempo trascorso non ha finora portato a delle verità che possano chiamarsi tali ed è difficile che se ne trovi una in futuro. C’è chi come lo scrittore giornalista Italo Arcuri nel suo Il corpo di Matteotti ha voluto porre dei parallelismi tra la vicenda del 1924 e quella del 1978. Tra le poche certezze il “tradimento democristiano” che ha scelto la linea della fermezza decidendo di non scendere a patti - ma in altri situazioni analoghe tutto ciò era stato fatto con i terroristi. Le generazioni presenti e future continueranno ad interrogarsi sul caso Moro fino a ché tutto questo finirà nell’oblio. Il mistero è servito. Graziarosa Villani
Il potere è sempre autoritario. Anche nelle forme di liberalismo e democrazia. Parafrasando un noto slogan del secolo scorso, si può dire, attualmente, che il potere rincretinisce e corrompe chi ce l’ha.
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Rosa ed Aristide fratelli inseparabili
Monticini nel cuore entrambi attivissimi a Bracciano nel solco del padre Aurelio Appolloni
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guardarli bene non si direbbe che siano fratelli ma per Rosa e Aristide la fratellanza è qualcosa di speciale. Lo si capisce come si guardano. Come Rosa chiede al fratello se desidera il caffè. Un legame molto forte dal quale trapela subito chiara per entrambi la centralità della famiglia di origine. Dopo anni sono di nuovo vicini, l’uno in una casa, l’altro in quella vicina. Li incontriamo in un uggioso pomeriggio di gennaio nella casa di Rosa in località Ponte Nuovo a Bracciano, in un’area di campagna non molto distante dal lago. È lì che i due hanno voluto rimettere insieme le loro vite, ricreando in qualche modo quello speciale feeling che parte da lontano, dalla loro infanzia, in via Fioravanti in pieno centro storico di Bracciano. Come tanti portano nel Dna il segno dei monticiani, di coloro che sono nati all’ombra delle torri del castello e del campanile del duomo. Papà Aurelio e mamma Caterina, legati da un amore profondo, figli di contadini e di allevatori sono le figure di riferimento per tutti e due. Insostituibili, sempre attenti alla famiglia, amorosi nei confronti dei figli, dei nipoti e pronipoti. Vigile urbano capitolino Aurelio, appassionato monticiano e presidente del glorioso Rione Monti, attenta casalinga Caterina. Quella di Rosa è stata una infanzia di una donna di altri tempi. È ancora una delle poche che può raccontare, avendole vissute sulle propria pelle, quelle interminabili ore alla scuola di ricamo al Convento del Divino Amore dal quale uscivano splendidi corredi, non solo per le giovani donne del popolo braccianese ma anche per signore di più alto rango le cui madri venivano a scegliere e selezionare con cura quelle lenzuola, quelle tovaglie ricamate dalle delicate mani di ragazzine adolescenti come Rosa. “Vedete - racconta Rosa - il ricamo di quelle tende l’ho fatto io, c’è il giglio ed il giglietto che erano alcuni dei punti base che ci insegnavano in quella scuola. Mi piaceva la manualità per cui alla scuola di ricamo ci andavo volentieri. I miei genitori mi portavano alle 9, poi alle 12 mi venivano a prendere, andavamo a casa a pranzo e alle 15 si riandava a scuola fino alle 17 circa. Ad insegnarci l’arte del ricamo c’erano le suore. Suor Andreina e Madre Elvira”.
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Una giovanissima Rosa
Aristide
Ore e ore a testa china con i panni e l’ago in mano per tirare fuori dei capolavori da mettere sul letto o per adornare al meglio le tavole nei giorni di festa. “Si lavorava, si chiacchierava tra di noi. A volte venivano delle signore a scegliere il corredo per le figlie”. Si lavorava a pancia vuota. All’epoca la merenda non esisteva. Si usava fare solo colazione, il pranzo e la cena. Nessuna pausa di metà mattina quindi. E così anche alle piccole ricamatrici non toccava in sorte nemmeno un tozzo di pane. “Ci davano al massimo dei fogli di ostia che le suore preparavano per la messa. Noi ne staccavamo un pezzetto e poi lo passavamo di mano in mano alla compagna vicina”. Così l’adolescenza di Rosa prosegue in questo modo per almeno tre anni. Un apprendistato in piena regola per il quale non era previsto alcun compenso se non quello di imparare l’arte, e non é poco. E a seguire il detto “impara l’arte e mettila da parte” in quegli anni era impegnato anche Aristide, otto anni più giovane di Rosa. “Mio padre mi portò a lavorare in una società di impianti elettrici e filodiffu-
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“Giocavamo spesso - racconta Aristide - con le vetrole, biglie di terracotta che poi divennero di vetro, ed altri giochi poveri dell’epoca”. Per Aristide, dopo il lavoro per il quale il padre investiva pagando, arrivò, con una
La sorridente Rosa
sione”. Disse al titolare: “Mio figlio lo pago io. L’importante è che impari il mestiere e a lavorare”. L’infanzia di Aristide come quella di Rosa era trascorsa nella fervente atmosfera monticiana dove “imperavano” le bande. In pochi metri quadri ce n’erano almeno quattro: quella della Sentinella, quella della Collegiata, quella della piazza del Castello e quella di via del Pescino. Il Fossaccio per i bambini dell’epoca era davvero lontano. Quando parla di queste scorribande da bambino, di queste scaramucce tra l’una e l’altra banda ad Aristide gli occhi si illuminano. I ricordi affondano in quel mondo che è l’infanzia di ognuno di noi e che segna poi l’esistenza che verrà. E in quelli dei due fratelli vive un centro storico di una volta. Quello di cantine e di vino fatto in casa. “In autunno - racconta Rosa - quando tornavo dalla scuola di ricamo ci facevano lavare i piedi e poi con altri bambini schiacciavamo, cantando e ballando, nelle pistarole, i grappoli d’uva”. Sono scene che non si vedono più. C’erano poi i giochi per i vicoli specie per i ragazzi.
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Rosa cavalca un’elefantino
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maturità scientifica in tasca, il tempo di lavorare a Roma dopo aver passato con successo il concorso come vigile sanitario alla Provincia di Roma. Nel frattempo Rosa era cresciuta e si era sposata. “Qualche sera si usciva con le amiche racconta - andavamo in un locale. Avevo notato che un ragazzo più grande di me mi guardava e mi faceva domande. Si sedeva sulla sedia accanto alla mia ed io, schiva, la spostavo un poco. Lui si avvicinava. Una sera la scena si ripeté, lui si sedette vicino a me ed io stavo per spostare la sedia quando mi sono accorta che aveva legato con una corda la sua sedia alla mia”. Quel gesto fu galeotto. Rosa lo interpretò come un segno di vero amore e acconsentì alle lusinghe di Cesare divenendone poi la sposa. Da allora Rosa e Cesare Faraoni sono una coppia consolidata che ha superato la soglia delle nozze d’oro. “Per il viaggio di nozze - racconta Rosa - partimmo in macchina con la 1100 familiare Fiat. Risalimmo l’Italia, partendo dalla parte tirrenica. Ci fermammo a La Spezia, poi andammo in Svizzera e riscendemmo per la parte Adriatica”. Cesare è un uomo impegnato, gestisce una propria attività di materiali edili. Ma nella loro casa c’è il suo tocco. Sculture intagliate dal legno, cornici ricavate con rami d’albero e anche un alto ceppo dove sono infilzati almeno una decina di coltelli, evidentemente la passione di Cesare. Rosa è stata una attivissima esponente del centro anziani di Bracciano, oggi chiuso. La sua è stata in qualche modo una lunghissima gavetta che è partita quando la mamma Caterina Bonetti (figlia di Paolo Bonetti e Vincenza Magagnini di Canale Monterano) ricopriva l’incarico di vicepresidente. A tenere allora le fila del centro anziani era il compianto Massimo Tardella. “Io spesso - racconta Rosa - accompagnavo mia madre al centro. Facevo quello che c’era da fare. Sistemavo i tavoli, allestivo le sale, davo una mano in giro”. Il centro è intitolato al padre Aurelio Appolloni. Rosa ha ricoperto negli ultimi anni l’incarico di vicepresidente sia durante la lunga presidenza della compianta Luciana Iadicicco sia con l’ultima presidente Rossana Negretti. Un’attività nella quale Rosa si è dedicata con passione e professionalità unendo il ruolo di moglie, madre e nonna a quello di dirigente di una struttura che è stata punto di riferimento per molti cittadini di Bracciano favorendo, tra un ballo, un caffè ed una partita a carte, la socializzazione, l’integrazione e soprattutto il contrasto alla solitudine. La passione per la manualità, in Rosa, dopo le tante ore passate da bambina con l’ago in mano, non è scemata. Negli ultimi anni infatti è riaffiorata in lei la passione d’un tempo che si traduce
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nella creazione di oggetti di bigiotteria (Peyote e Brik Stich) confezionati con maestria con perline miyuki. Sono lavori di grande pazienza e fantasia. Anche per Aristide arrivò il tempo dell’amore. Si unisce presto in matrimonio con Monica, compagna della sua vita. Dal loro matrimonio nasce Valentina che regalerà poi ai genitori la soddisfazione di diventare nonni di due splendide gemelline. Per Aristide il lavoro da ispettore, intanto, lo porta a conoscere Roma e moltissime località.”Nei primi giorni, quando mi recavo al lavoro, non avrei mai immaginato che dalla sede mi sarei recato dai monti al mare. Le temperature potevano essere calde o fredde e le prime volte l'abbigliamento troppo leggero risultava inadeguato per andare in posti dove si poteva trovare anche la neve”. Dopo Roma, con la nascita delle USL, Aristide si trasferisce a Bracciano svolgendo le stesse mansioni. Nel frattempo sulla scia del padre Aurelio, che ne era stato presidente, divenne anche lui un assiduo attivista del Rione Monti. Negli anni che precedettero il suo ingresso nel Rione nacque la Passione di Cristo. “In una delle prime edizioni - racconta Aristide - per allestire la copertura del palco in piazza del Castello (Mazzini) ricordo che utilizzammo materiali non propri ma donati da più imprenditori. In una delle prime edizioni ricoprii contemporaneamente il ruolo di apostolo nell'ultima cena di legionario durante il percorso che con-
Rosa e Cesare in viaggio di nozze
Gente di Bracciano
Aurelio e Caterina sposi
duceva al Golgota, cambiando il costume in tutta fretta tra una scena e l'altra”. C’era poi il Carnevale braccianese al quale Aristide collaborava con altri soci e consiglieri del Rione Monti per la realizzazione dei carri allegorici e delle mascherate. Agli inizi gli spazi per gli allestimenti furono messi a disposizione dal commerciante Domenico Nori e dall’allevatore Giuseppe Pierangelini fino ad approdare alla struttura costruita con fondi regionali dal Comitato per il Carnevale Braccianese. “Negli anni realizzammo - spiega Aristide - vari carri: il Petrolio, Zuppa di mare, L'Inferno, Parole parole, il Pavone. I carri sfilavano per le vie cittadine ed una commissione provvedeva alle valutazioni per premiare il più interessante, il più originale”.
Perline di Rosa
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E poi furono organizzate tante altre manifestazioni tra cui il Torneo dei Rioni in cui ci si confrontava in varie discipline - calcio, tennis e pallacanestro, gare di tiro alla fune, corse podistiche - per l'assegnazione del Trofeo O. Onori. Importanti furono poi anche il Torneo di Calcio alla memoria di Aurelio Appolloni, il Palio della Ranocchia, Riviviamo il centro storico, Arti e Mestieri, la Sagra della Carne Locale. E poi tutte le altre manifestazioni, non ultima il riuscito presepe vivente organizzato a dicembre scorso con le altre associazioni con la collaborazione del parroco don Piero Rongoni. Ma oggi la vera passione di Aristide sono i funghi. Aristide li raccoglie nei boschi di Bracciano: a San Liberato, nella tenuta Odescalchi, nella piantata di Santo Celso e anche alla Macchia del Comune. Oggi Aristide è infatti un esperto micologo, organizza con la associazione che presiede, la Gemal, ogni anno la seguitissima Mostra del Fungo, giunta alla sua diciottesima edizione. Insieme ad altri professionisti realizza censimenti di specie arboree e fungine di particolari ambienti. Ha contribuito inoltre alla realizzazione del volume “Funghi e non solo”. La Gemal promuove poi escursioni in habitat, lezioni e corsi validi per il rilascio del patentino di raccoglitore. Finalmente lo scorso luglio per Aristide arriva il pensionamento ed oggi può dedicarsi interamente alla famiglia e all'associazionismo. Non è mancato poi, negli anni, il suo impegno in Consiglio comunale di Bracciano nelle liste dello scudo crociato collaborando prima con l’assessore ai Servizi Sociali e successivamente rivestendo la carica di assessore ai Lavori Pubblici. E mentre chiacchieriamo gli sguardi di Rosa ed Aristide si incrociano di nuovo. Insieme raccontano l’ultimo giorno di vita della loro mamma Caterina. “Si stava avvicinando il Natale e lei una sera volle che tutta la famiglia si riunisse con il pretesto di organizzare i preparativi per le festività natalizie. Si percepiva che non stesse bene. Ad un tratto decise di ritirarsi e con molta naturalezza ci lasciò”. Ma l’umore torna di nuovo allegro quando alla mente affiora una delle tradizioni più sentite della Bracciano della loro infanzia, quella dei fuochi di Sant’Antonio. La vera festa popolare d’inverno. “Alla vigilia della Festa di Sant’Antonio, la sera del 16 gennaio, tutta Bracciano era mobilitata per i fuochi. Se ne accendevano tre contemporaneamente - racconta Aristide - uno a piazza del Castello, l’altro alla Caciara, dove si trova oggi la Trattoria da Regina e l’altro alle Cartiere. Si facevano grosse cataste di rami, canne e legna che poi venivano dati alle fiamme. Quella sera racconta Rosa - era tradizione riunirsi tra famiglie e cenare attorno al fuoco. Si to-
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Raddoppia ferrovia: Vigna di Valle nuova importante centralità di Bracciano Treni ogni 15 minuti. Fine lavori secondo cronoprogramma dicembre 2023
Aurelio Appolloni in divisa da vigile urbano capitolino
glievano le foglie da un rametto di ulivo e vi si infilzavano le salsicce facendole abbrustolire sul grande fuoco tenendosi ad una certa distanza. Poi le salsicce che tiravano fuori il grasso venivano messe in mezzo al pane tagliato, la mollica si ungeva con quel grasso abbrustolito. Si trovavano in mano così la panonta, una leccornia d’altri tempi dagli ingredienti semplici”. Lasciamo ormai a Rosa ed Aristide, con in bocca il gusto della panonta e negli occhi la luce di quei grandi fuochi di Sant’Antonio che segnano non solo l’infanzia dei due inseparabili fratelli, ma anche un’epoca oggi remota di tradizioni, convivialità e comunità. Graziarosa Villani con la collaborazione di Mena Maisano
Perline di Rosa
Gente di Bracciano
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igna di Valle destinata a divenire una nuova centralità a Bracciano. A circa 700 metri da quella attuale e per la precisione al km 38,500 della linea ferroviaria fl 3 Roma-Bracciano-Viterbo attesterà una nuova stazione dalla quale, grazie al doppio binario, si potranno prendere treni da e per Roma ogni 15 minuti. Una vera e propria rivoluzione nel mondo della mobilità attesa da anni dopo che Bracciano, è il caso di dire, ha perso il treno passato per il Giubileo del 2000 per il doppio binario. Stanziati per il raddoppio nella tratta Cesano-Vigna di Valle 250 milioni di euro. La zona oggi denominata lago Morto è destinata a trasformarsi divenendo una grande stazione servita da un parcheggio di 12mila metri quadri. Il complessivo progetto che interesserà un tratto lungo 16,4 chilometri circa, è diviso in due fasi: la prima prevede il raddoppio nella tratta Cesano-Vigna di Valle, la seconda nella tratta Vigna di Valle-Bracciano. Le tempistiche per la prima fase sono: febbraio 2019-dicembre 2019 completamento dell’iter autorizzativo, gennaio 2020-dicembre 2020 progettazione esecutiva e gara d’appalto, gennaio 2021-dicembre 2023 lavori. Per la tratta Vigna di Valle-Bracciano la documentazione di Rete Ferroviaria Italiana presentata alla Regione Lazio riporta: “in corso di adeguamento la progettazione preliminare”. L’attuale stazione di Vigna di Valle al chilometro 39,280 verrà sop-
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pressa e sostituita con la nuova stazione che verrà realizzata al chilometro 38,500 sul lato Roma. La prima fase prevede anche l’adeguamento della stazione di Anguillara, la soppressione di 6 passaggi a livello lungo la linea tra i quali quello di Crocicchie e, parallelamente con altri fondi la realizzazione di un cavalcavia ad Anguillara per eliminare il passaggio a livello su via Anguillarese. I treni a regime viaggeranno ad una velocità massima di 115 chilometri all’ora rispetto ai 95 attuali. Tutto questo muta di molto i futuri scenari urbanistici dell’area interessata, specie se si pensa alla nuova centralità che si è venuta a creare alla Rinascente per le nuove attività commerciali aperte e per l’ampliamento della zona urbana decisa di recente. Vigna di Valle, un quartiere che ha sempre sofferto di marginalità diverrà in qualche modo centrale e non solo per Bracciano. Tutto da fare il dibattito della fase 2 che richiede una ampia condivisione per l’impatto che creerà al centro di Bracciano e per via Principe di Napoli oggi tagliata in due dal passaggio a livello. Il Comitato Pendolari fl3 Lago di Bracciano presente agli incontri regionali ha già annunciato che con il presidente Fabio Giuliani seguirà passo passo l’iter dei lavori. Il Comune di Bracciano nella stessa sede è stato rappresentato dal presidente del Consiglio comunale Enzo Picone. Graziarosa Villani
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Dichiarazione Universale dei Diritti Umani
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onsiderato che il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali e inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; Considerato che il disconoscimento e il disprezzo dei diritti umani hanno portato ad atti di barbarie che offendono la coscienza dell’umanità, e che l’avvento di un mondo in cui esseri umani godano della libertà di parola e di credo e della libertà dal timore e dal bisogno è stato proclamato come la più alta aspirazione dell’uomo; Considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, alla ribellione contro la tirannia e l’oppressione; Considerato che è indispensabile promuovere lo sviluppo dei rapporti amichevoli tra le nazioni; Considerato che i popoli delle Nazioni Unite hanno riaffermato nello statuto la loro fede nei diritti umani fondamentali, nella dignità e nel valore della persona umana, nell’uguaglianza dei diritti dell’uomo e della donna, e hanno deciso di promuovere il progresso sociale e un miglior tenore di vita in una maggiore libertà; Considerato che gli Stati membri si sono impegnati a perseguire, in cooperazione con le Nazioni Unite, il rispetto e l’osservanza universale dei diritti umani e delle libertà fondamentali; Considerato che una concezione comune di questi diritti e di questa libertà è della massima importanza per la piena realizzazione di questi impegni;
Articolo 5 Nessun individuo potrà essere sottoposto a tortura o a trattamento o a punizione crudeli, inumani o degradanti. Articolo 6 Ogni individuo ha diritto, in ogni luogo, al riconoscimento della sua personalità giuridica. Articolo 7 Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, a una eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto a una eguale tutela contro ogni discriminazione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione. Articolo 8 Ogni individuo ha diritto a un’effettiva possibilità di ricorso a competenti tribunali contro atti che violino i diritti fondamentali a lui riconosciuti dalla Costituzione o dalla Legge. Articolo 9 Nessun individuo potrà essere arbitrariamente arrestato, detenuto o esiliato. Articolo 10 Ogni individuo ha diritto, in posizione di piena uguaglianza, a una equa e pubblica udienza davanti a un tribunale indipendente e imparziale, al fine della determinazione dei suoi diritti e dei suoi doveri, nonché della fondatezza di ogni accusa penale che gli venga rivolta. Articolo 11 Ogni individuo accusato di un reato è presunto innocente sino a che la sua colpevolezza non sia stata approvata legalmente in un pubblico processo nel quale egli abbia avuto tutte le garanzie necessarie per la sua difesa. Nessun individuo sarà condannato per un comportamento commissivo od omissivo che, al momento in cui sia stato perpetuato, non costituisse reato secondo il diritto interno o secondo il diritto internazionale. Non potrà del pari essere inflitta alcuna pena superiore a quella applicabile al momento in cui il reato sia stato commesso. Articolo 12 Nessun individuo potrà essere sottoposto a interferenze arbitrarie della sua vita privata, della sua famiglia, della sua casa, della sua corrispondenza, né a lesione del suo onore e della sua reputazione. Ogni individuo ha diritto a essere tutelato dalla legge contro tali interferenze o lesioni. Articolo 13 Ogni individuo ha diritto alla libertà di movimento e di residenza entro i confini di ogni Stato. Ogni individuo ha diritto di lasciare qualsiasi Paese, incluso il proprio, e di ritornare nel proprio Paese. Articolo 14 Ogni individuo ha il diritto di cercare e di godere in altri Paesi asilo dalle persecuzioni. Questo diritto non potrà essere invocato qualora l’individuo sia realmente ricercato per reati non politici o per azioni contrarie ai fini e ai principi delle Nazioni Unite.
L’ASSEMBLEA GENERALE Proclama
la presente Dichiarazione Universale dei Diritti Umani come ideale comune da raggiungersi da tutti i Popoli e da tutte le Nazioni, al fine che ogni individuo e ogni organo della società, avendo costantemente presente questa Dichiarazione, si sforzi di promuovere, con l’insegnamento e l’educazione, il rispetto di questi diritti e di queste libertà e di garantirne, mediante misure progressive di carattere nazionale e internazionale, l’universale ed effettivo riconoscimento e il rispetto tanto fra i popoli degli stessi Stati membri, quanto fra quelli dei territori sottoposti alla loro giurisdizione. Articolo 1 Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza. Articolo 2 A ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciate nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o di altro genere, di origine nazionale o sociale, di ricchezza, di nascita o di altra convinzione. Nessuna distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese o del territorio cui una persona appartiene, sia indipendente, o sottoposto ad amministrazione fiduciaria o non autonomo o soggetto a qualsiasi limitazione di sovranità. Articolo 3 Ogni individuo ha diritto alla vita, alla libertà e alla sicurezza della propria persona. Articolo 4 Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma.
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Articolo 23 Ogni individuo ha diritto al lavoro, alla libera scelta dell’impiego, a giuste e soddisfacenti condizioni di lavoro e alla protezione contro la disoccupazione. Ogni individuo, senza discriminazione, ha diritto a eguale retribuzione per eguale lavoro. Ogni individuo che lavora ha diritto a una remunerazione equa e soddisfacente che assicuri a lui stesso e alla sua famiglia una esistenza conforme alla dignità umana e integrata, se necessario, da altri mezzi di protezione sociale. Ogni individuo ha diritto di fondare dei sindacati e di aderirvi per la difesa dei propri interessi. Articolo 24 Ogni individuo ha diritto al riposo e allo svago, comprendendo in ciò una ragionevole limitazione delle ore di lavoro e ferie periodiche retribuite. Articolo 25 Ogni individuo ha diritto a un tenore di vita sufficiente a garantire la salute e il benessere proprio e della sua famiglia, con particolare riguardo all’alimentazione, al vestiario, all’abitazione, e alle cure mediche e ai servizi sociali necessari; e ha diritto alla sicurezza in caso di disoccupazione, malattia, invalidità, vedovanza, vecchiaia o in altro caso di perdita di mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà. La maternità e l’infanzia hanno diritto a speciali cure e assistenza. Tutti i bambini, nati nel matrimonio o fuori di esso, devono godere della stessa protezione sociale. Articolo 26 Ogni individuo ha diritto all’istruzione. L’istruzione deve essere gratuita almeno per quanto riguarda le classi elementari e fondamentali. L’istruzione elementare deve essere obbligatoria. L’istruzione tecnica e professionale deve essere messa alla portata di tutti e l’istruzione superiore deve essere egualmente accessibile a tutti sulla base del merito. L’istruzione deve essere indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana e al rafforzamento del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza, l’amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l’opera delle Nazioni Unite per il mantenimento della pace. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro figli. Articolo 27 Ogni individuo ha diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, di godere delle arti e di partecipare al progresso scientifico e ai suoi benefici. Ogni individuo ha diritto alla protezione degli interessi morali e materiali derivanti da ogni produzione scientifica, letteraria e artistica di cui egli sia autore. Articolo 28 Ogni individuo ha diritto a un ordine sociale e internazionale nel quale i diritti e le libertà enunciati in questa Dichiarazione possono essere pienamente realizzati. Articolo 29 Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e pieno sviluppo della sua personalità. Nell’esercizio dei suoi diritti e delle sue libertà, ognuno deve essere sottoposto soltanto a quelle limitazioni che sono stabilite dalla legge per assicurare il riconoscimento e il rispetto dei diritti e della libertà degli altri e per soddi-
Articolo 15 Ogni individuo ha diritto a una cittadinanza. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua cittadinanza, né del diritto di mutare cittadinanza. Articolo 16 Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al matrimonio, durante il matrimonio e all’atto del suo scioglimento. Il matrimonio potrà essere concluso soltanto con il libero e pieno consenso dei futuri coniugi. La famiglia è il nucleo naturale e fondamentale della società e ha diritto a essere protetta dalla società e dallo Stato. Articolo 17 Ogni individuo ha il diritto ad avere una proprietà sua personale o in comune con altri. Nessun individuo potrà essere arbitrariamente privato della sua proprietà. Articolo 18 Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare di religione o di credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, e sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, delle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti. Articolo 19 Ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere. Articolo 20 Ogni individuo ha diritto alla libertà di riunione e di associazione pacifica. Nessuno può essere costretto a far parte di una associazione. Articolo 21 Ogni individuo ha diritto di partecipare al governo del proprio Paese, sia direttamente, sia attraverso rappresentanti liberamente scelti. Ogni individuo ha diritto di accedere in condizioni di eguaglianza ai pubblici impieghi del proprio Paese. La volontà popolare è il fondamento dell’autorità del governo; tale volontà deve essere espressa attraverso periodiche e veritiere elezioni, effettuate a suffragio universale ed eguale, e a voto segreto, o secondo una procedura equivalente di libera votazione. Articolo 22 Ogni individuo, in quanto membro della società, ha diritto alla sicurezza sociale, nonché alla realizzazione attraverso lo sforzo nazionale e la cooperazione internazionale e il rapporto con l’organizzazione e le risorse di ogni Stato, dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua dignità e al libero sviluppo della sua personalità.
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sfare le giuste esigenze della morale, dell’ordine pubblico e del benessere generale in una società democratica. Questi diritti e queste libertà non possono in nessun caso essere esercitati in contrasto con i fini e i principi delle Nazioni Unite. Articolo 30 Nulla nella presente Dichiarazione può essere interpretato nel senso di implicare un diritto di un qualsiasi Stato, gruppo o persona di esercitare un’attività o di compiere un atto mirante alla distruzione di alcuno dei diritti e delle libertà in essa enunciate. A cura di Claudio Calcaterra
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La Francigena nel territorio sabatino
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i moltiplicano le iniziative di valorizzazione dell’antica Francigena, la via dei pellegrini che da Canterbury portava alla Città Eterna. Tra iniziative legislative, sentieri ed iniziative, l’antica via pezzo dopo pezzo sta riassumendo gli antichi fasti. Finora scarse sono state le ipotesi di presenza di diverticoli della Francigena nel territorio del lago di Bracciano. Alcuni studi tuttavia offrono spunti per andare ad indagare sul campo allo scopo anche di inserire il territorio sabatino nei progetti di valorizzazione. Uno studioso in poche righe fornisce interessanti osservazioni. “Lasciata Sutri - scrive - che leggenda e cenni storici vogliono ce vi siano nati il paladino Orlando e, famoso per un suo gesto, Ponzio Pilato, l’itinerario della Francigena si dirigeva verso Roma. Ma intorno al 1580 circa, la temutissima peste, infuriò dalla zona dell’odierna Monterosi diffondendosi verso Sud (nella carta la parte rigata ne indica l’area di diffusione). Pur con grande timore di contagio ma spinti dalla fede i viandanti trovarono una strada alternativa (tratteggio sulla carta), scendendo verso il lago di Bracciano e costeggiando le sue sponde arrivando alle fonti dell’Acqua Claudia ad Anguillara. Continuavano poi il cammino prendendo la via Trionfale dove ancora era presente l’eco delle legioni romane, quindi proseguivano verso la meta di piazza San Pietro (sulla carta presunte aree di sosta). Partendo dalla località Querce d’Orlando (ancora visibili resti romani e medievali) è possibile pur con impegno e competenza rintracciare il vecchio e suggestivo percorso. E utile evidenziare il potenziale turistico-culturale che scaturirebbe da un ripristino di questa variante della Francigena.
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Vicarello e le Acque Apollinaris
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Vicarello, albergo termale. Archivio Storico del Collegio Germanico Ungarico Vicarello, albergo termale.
Marco Aurelio la costruzione di una grande villa a cui si arrivava percorrendo una via consolare che all’epoca si supponeva fosse la via Aurelia, ma tale interpretazione non viene argomentata, inoltre i resti della strada basolata visibili in alcuni punti della tenuta appartengono, in realtà, all’antica via Clodia. Secondo Antonio Maria Colini, invece, la parola Vicarello indicava il piccolo vico di epoca medievale sorto accanto al castello. L’intera tenuta è appartenuta al Collegio Germanico Ungarico a partire dal 1573, a seguito di una donazione elargita da Gregorio XIII, fino agli anni Ottanta del secolo scorso. Nel 1852 il Collegio fece modificare e ampliare l’impianto termale ristrutturato circa un secolo prima, facendo costruire un grande edificio ancora oggi esistente. In quell’occasione venne restaurato anche il nucleo dei bagni per la cura termale portando alla luce una stipe votiva: la spaccatura della roccia dalla quale sgorgava l’acqua alla temperatura di circa 40-45° era totalmente intasata di vasi in metallo, monete e altri oggetti gettati in antichità dai malati fiduciosi o riconoscenti. Vi era una notevole quantità di aes rude, un quadrilatero, aes grave e migliaia di monete coniate di epoca romana, oltre a piccoli oggetti, vasi e bicchieri in bronzo e in argento, alcuni dei quali recavano l’incisione dell’itinerario a tappe dalla città spagnola Cadice a Roma, con le distanze tra le 104 località che sorgevano lungo il percorso. La forma del recipiente ricorda quella delle pietre miliari che indicavano il cammino lungo le strade romane.
icarello è un’area piuttosto vasta che si estende nella zona nord-orientale del Comune di Bracciano, spesso decantata nelle epoche passate per le sue caratteristiche ambientali favorevoli allo stanziamento umano. Varie testimonianze antiche hanno permesso di rintracciare una sua frequentazione sin dalla preistoria: di particolare interesse sono gli oggetti trovati all’interno della sorgente di acqua termale sfruttata sin da tempi antichissimi per via delle sue proprietà curative e per il significato ideologico-religioso che rivestiva. Inoltre, le abbondanti sorgenti di acqua devono aver giocato un ruolo determinante per la formazione di insediamenti stabili in epoca etrusca. A tutt’oggi risulta sconosciuta l’origine del nome di Vicarello, sebbene in passato venne proposta una interpretazione basata su una lettura delle vestigia di epoca romana visibili nei dintorni del borgo: nel Catasto delli beni del Collegio Germanico in Roma del 1750, custodito nell’archivio storico del Collegio Germanico Ungarico, Vicarello viene interpretato come la corruzione di Vicus Aurelii derivante da Marco Aurelio, al quale venne attribuita la costruzione degli edifici e una particolare attenzione alla zona, ma ad oggi ciò non è stato provato dai dati archeologici e sembra che tale associazione all’imperatore sia avvenuta in un momento imprecisato senza un riscontro reso noto nelle fonti storiche. Addirittura Paolo Bondi, nella sua opera, adottò la denominazione Aureliane per le terme presenti nella tenuta attribuendo a
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Il percorso iniziava a Cadice sulla via Augusta la quale, a Narbona, si univa alla via Domiziana, passava attraverso Valencia e Barcellona, fino a giungere ad Arles. Da lì la via Julia Augusta arrivava a Piacenza passando per la riviera ligure di ponente, percorreva la via Aemilia che arriva a Rimini e si congiungeva alla via Flaminia passando per Narnia e Ocriculum e giungendo, infine, a Roma. Le acque Apollinari non sono menzionate e non erano interessate dal percorso. Tutto il materiale era stratificato in ordine cronologico e, in fondo a tutto, vi erano strumenti litici dei quali non è stato possibile stabilire una datazione, mentre sembra che con l’aes rude possiamo risalire almeno fino all’VIII secolo a.C. e con le monete più recenti possiamo arrivare agli inizi del IV secolo d.C.. Sulla base degli oggetti che riportavano l’iscrizione del nome di Apollo, i bagni di Vicarello vennero identificati con le terme Apollinari citate nell’Itinerario Antonino e dal 1857, quando il Collegio avviò l'esercizio a carattere pubblico di dette acque, venne utilizzato l’appellativo Apollinari per indicare l’impianto termale. Nel 1878, il Collegio vendette all’asta l’utile dominio delle terme restando Direttario della tenuta di Vicarello e dei bagni omonimi. A distanza di oltre settant'anni, nel 1928, la Società Acqua e Terme, proprietaria ed esercente delle antiche terme Apollinari di Stigliano, presentò un atto di diffida contro il Collegio accusandolo di utilizzare in modo improprio tale appellativo poiché sosteneva che, su basi storiche, solo i bagni di Stigliano potevano essere identificate con le antiche terme Apollinari, quindi rivendicò tale denominazione a titolo esclusivo, e pretese che il Collegio lo togliesse evitando di adoperarlo ulteriormente. Ma il Collegio declinò ogni responsabilità, sottolineando i fondamenti storici e archeologici per la scelta del nome. Sulla Tabula Peutingeriana è indicato un solo sito come Aquae Apollinaris e accanto a tale vignetta appare la scritta ad novas: la vicinanza geografica dei due stabilimenti provoca incertezza nell’esatta identificazione del nome antico. Raffaele Garrucci aveva argomentato tale dibattito supponendo che la denominazione potesse riguardare entrambi gli impianti: […] non dovrà sembrar
strano se anche le acque di Vicarello portarono anticamente il nome di Apollinari: perocchè se io ho vendicato ai bagni di Stigliano l’antico nome, non ho inteso perciò di negarlo almeno possibile alle acque di Vicarello […]. Per 1’opposto il nome ad novas dato nella Peutingeriana alla stazione, che dalle acque di Stigliano distava sole due miglia, può dare fondato sospetto, anche perché seguita dall’accusativo Aquas Apollinares, che le acque di Vicarello prima di denominarsi domiziane, ovvero in pari tempo, avessero portato il nome di aquae Apollinares veteres; ma di ciò è miglior consiglio rimettersi al tempo […]. La devozione in antichità alla medesima divinità, ossia Apollo, è testimoniata in entrambe i siti, quindi la denominazione Aquae Apollinares può identificare sia i bagni di Vicarello, sia quelli di Stigliano. Lidio Gasperini, dopo una serie di studi e indagini, è arrivato a sostenere che le terme di Vicarello sono da identificarsi nell’espressione Ad novas della Tabula come ad indicare un rinnovamento architettonico avvenuto in età medio-imperiale, quindi ridenominate Aquae Apollinares Novae, mentre i bagni di Stigliano vennero identificate con il toponimo Aquae Apollinares della Tabula con l’aggiunta, in epoca moderna, di veteres. Attiva fino agli anni Settanta, la tenuta venne venduta ad una società inglobata, in un secondo momento, alla Vicarello spa oggi acquisita da un imprenditore cinese. I resti di alcuni edifici di epoca romana sono stati, col tempo, incorporati in costruzioni più recenti: il Casino di caccia costruito dagli Orsini venne impiantato su sostruzioni di epoca romana che Antonio Nibby, insieme ai resti nei pressi del casale e nel piazzale antistante il borgo, attribuì a Traiano o ad Adriano, mentre sembrerebbe certo sia stato edificato sotto Domiziano. I bagni termali facevano parte di un ampio complesso di edifici complementari costruiti in un momento ancora imprecisato dell’epoca romana, ciò è testimoniato dai resti murari presso l’ex lavanderia, ossia la Casa di Ledo, e dal cosiddetto ninfeo di Apollo, dove fu rinvenuto il busto della statua di Apollo, in esposizione attualmente al Museo Civico di Bracciano. Elena Felluca
Le tue rughe
All’albergiar di tua età t’incontrai, quando il tuo viso di verginal bellezza splendeva, e il tuo sorriso il cuor m’assicurava. Nobiltà di modi, d’aspetto e di pensieri, nel dolce etereo corpo primeggiava. Dotta la mente e saggia la parola, incedere superbo e misurato, movenze semplici e garbate. Dopo tante primavere sempre giovane m’appari. Anche se qualche segno ti ruga la fronte, e qualche dolor le membra ti lambisce, compagna ideale sei della mia vita. Dedicata a Mena Claudio Febbraio 2019
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Claudio e Mena a Parigi
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Lo spirito dei tempi
Tra incertezza e opacità
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recente la nota dell’Istat che documenta lo stato di recessione tecnica del nostro Paese dovuto al secondo calo consecutivo del Pil dopo quello del terzo trimestre. Singolare il fatto che a precedere di poco la notizia della recessione ci sia stato il trionfante annuncio del ministro per lo sviluppo economico Luigi Di Maio che preconizzava un nuovo boom economico per l’Italia. Viceversa assolutamente normale e ormai consueto l’intervento del presidente del Consiglio Conte nel suo ruolo di “normalizzatore” alla ricerca di un’interpretazione che renda compatibile il boom economico con lo stato di recessione. Il risultato finale è che nessuno sa più veramente cosa aspettarsi, sommersi da interpretazioni dei fatti opposte ed inconciliabili tra di loro, la gente resta come minimo interdetta, a prescindere dalla rispettiva appartenenza politica. Perché c’è da dire che nonostante la politica contemporanea spinga ad un clima da tifoseria dove tutti urlano contro tutti, quando si passa al tema di wellfare che tocca gli aspetti quotidiani della vita, allora l’atteggiamento che si registra è un altro, è una sorta di fatalismo all’insegna dello “staremo a vedere”, insomma in questo caso l’incertezza regna sovrana. Non si capisce bene che sta succedendo e soprattutto quello che potrà succedere e i proclami cui la nuova politica ci ha abituato aumentano la confusione. Nell’era della trasparenza, quello che regna nei rapporti delle istituzioni con la cittadinanza è l’opacità più assoluta. Nei fatti viene negato un principio affermato sul piano del diritto e costantemente proclamato dai politici. Il governo interventista, “che fa quello che promette”, perde la sua credibilità quando parla della ricaduta sociale della crisi economica in corso e invece di prospettare soluzioni possibili, se la continua a prendere con i governi passati, cosa del tutto superflua in quanto quegli stessi governi sono già stati sfiduciati dai cittadini alle elezioni chiudendo con ciò la propria esperienza. Spetterebbe adesso al nuovo governo illustrare il percorso che intende intraprendere per superare le difficoltà e sarebbe interessante capire finalmente che tipo di società si vuole costruire. Invece, ad un’idea di futuro viene preferita l’ennesima requisitoria contro il governo precedente seguita dalle solite polemiche con scambi di insulti sui social tra sostenitori e detrattori di tutte le parti in gioco. Ognuno dice la sua, commenta, condivide, alla fine si perde il senso stesso della notizia originaria, ammesso che un senso lo avesse. La stessa modalità di relazione con l’elettorato messa in
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atto dalla politica nazionale si rispecchia fedelmente nella politica degli Enti Locali, dove il rapporto con la cittadinanza è molto più diretto e l’impatto della regolazione sulla vita quotidiana è immediato, quindi il livello di coinvolgimento del cittadino/utente è altissimo. Nonostante la vicinanza, tuttavia, la chiarezza delle informazioni non migliora. In stretta analogia con quanto già visto a livello nazionale, anche nei Comuni spesso ci si trova di fronte a dichiarazioni che addebitano tutte le colpe del presente alle amministrazioni passate, senza indicare soluzioni possibili. Bracciano è un chiaro esempio di come a livello locale vengano riprodotti i comportamenti della politica del governo: abbondano i proclami, si reiterano le accuse ai propri predecessori, si tace sui disservizi che gravano sulla comunità (a partire dalle buche diventate crateri, fino agli allagamenti di varie zone del paese ad ogni pioggia). Di programmi e progetti per il futuro non è dato sapere. Resta il clamore della tifoseria che si scatena sui social pro o contro qualcosa o qualcuno presente sulla scena politica. In mezzo a tutto questo chiasso mediatico, la reazione della gente è di incertezza totale. Si assiste ogni giorno a scene di trionfo, di protesta, di guerra, di povertà, ma poi ci si sente dire che va tutto bene e andrà sempre meglio e che il 2019 sarà un anno splendido. Nando Pagnoncelli, presidente di Ipsos Italia alla domanda del giornalista Sir su una possibile nota dominante nell’opinione pubblica italiana alla fine del 2018, risponde che
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“il clima del Paese sembra essere dominato da una sensazione di incertezza e di precarietà. Da un lato le attese del consolidarsi della ripresa sembrano essere frustrate, dall’altro ci si attendono cambiamenti positivi dal nuovo governo. Insomma una situazione confusa, altalenante, con continui passaggi da un debole ottimismo a visioni più cupe”. La sensazione di Incertezza e precarietà rilevata da Pagnoncelli è il frutto della poca credibilità della politica e la conseguente sfiducia nei confronti di tutte le istituzioni deputate a decidere e gestire la vita pubblica, sempre meno comprensibile e sempre più opaca, proprio nel momento in cui si inneggia alla democrazia diretta. Non è un buon segnale e, di fronte a tanti messaggi trionfalistici che annunciano la fine di tutti i problemi, seguiti da altrettanti messaggi catastrofisti che dipingono un futuro di stenti, compresi tutti i commenti intermedi ed i loro inevitabili strascichi, quello che viene da dire è, per l’appunto, “staremo a vedere”. Del resto l’elettorato si è espresso e adesso si aspettano i primi risultati del rinnovamento che, ad oggi, a guardare le esperienze dei Comuni che hanno avuto esperienze simili, non appaiono esaltanti. Il prossimo futuro appare quanto mai incerto e il sentimento più diffuso che si respira in questo periodo di opacità dell’azione di governo, è una sorta di sospensione del giudizio in attesa dei prossimi eventi che potrebbero cambiare il panorama attuale o, viceversa, rafforzarlo. Biancamaria Alberi .
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NON CI TROVERETE Il disperato appello dell’Associazione Commercianti Bracciano
Il cinema...una volta!!!
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ualche giorno fa ho accettato l’invito di un amico e, dopo anni sono tornato al cinema. Mi sono lasciato convincere perché mi aveva assicurato che quello che avremmo visto sarebbe stato un film straordinario, con una colonna sonora fantastica. Entrato al cinema mi sono attardato ad osservare il look: moquette di vari colori, luci al neon, gialle, rosse, verdi, alle pareti, manifesti di film di prossima programmazione ben incorniciati. A dire la verità i volti di quegli attori, a me sconosciuti, mostravano uno sguardo con una espressione, a voler essere buoni, poco intelligente. Certo quando osservavamo le facce di Aldo Fabrizi, di Totò o di Peppino De filippo ci strappavano risate e ci mettevano di buon umore. Altri tempi... In sala. Poltrone comodissime, schermo davvero grande, altoparlanti disposti in ogni angolo. “Ma - ho chiesto - la ragazza che ci accompagnava e illuminava la poltrona e ci faceva accomodare che fine ha fatto?”. “Altri tempi”, mi ha risposto il mio amico. Già altri tempi...Iniziato il film una musica fortissima mi ha fatto fare un salto sulla sedia. L’amico ridendo: “questo è il sourraund”, “che è?”, “è un suono che si sente di qua, di là, di sopra, di sotto”. “Ah”, rispondo. Mi alzo e guardo sotto la poltrona, i vicini meravigliati, “scusi ha perso qualcosa?”. Ed io serio serio, “cerco sto sourraund” e alzo il sedile. Qualcuno, più sveglio degli altri, capita la battuta scoppia in una risata che, contagiosa, si propaga in tutta la sala. Parte il film: inseguimenti, scazzottate, sparatorie. Spettatori presi dalla storia. Grande silenzio. Mi guardo intorno, si accendono le luci: è finito il primo tempo. “E il bibitaro?” chiedo. “E chi è?” mi risponde l’amico. “È” - continuo - quel ragazzo che passava tra le poltrone gridando: aranciata, birra, coca, gelatiii, mostac-
uando cercherete un piccolo panettiere, non lo troverete. Un calzolaio, o un piccolo artigiano a cui chiedere un favore. Non lo troverete. Vorrete una torta, un mobile su misura, l’aggiustamento di una persiana, o un consiglio su un nuovo elettrodomestico che duri qualche anno, non lo avrete. Non è una richiesta, e neanche una protesta. Non è una rivendicazione politica e neanche una minaccia. Non ci troverete. Vorrete un negoziante con cui consigliarvi per un trapano, un chiodo o una vernice. Vorrete saper come usare un oggetto o quale flauto è meglio per vostro figlio. Vorrete una pasticceria come una volta, o la pasta fatta in casa. Un formaggio vero. Un piccolo bar, un caffè come si deve. Non ci troverete. Vorrete riparare un vecchio lume, o rifare il tessuto. Vorrete aggiustare un triciclo a cui siete affezionati, o il seggiolone. Vorrete un consiglio su un pavimento, un dottore che ascolti le vostre paure. Non ci troverete. Non ci saremo più. Spazzati via da grandissimi centri commerciali dove altri poveretti sottopagati a tutto saranno attenti tranne che a voi. Che non sapranno nulla di quello che chiederete loro. Centri commerciali illuminatissimi in città buie. Circondati da lunghe sequele di negozi chiusi in vie un po’ sporche e poco sicure. Forse allora chiederete aiuto, forse vorrete trovare un amico, una luce, un consiglio, una bettola, una chiacchiera, una comunità. Sarà tardi. Non ci troverete. Alcune cose vanno fatte per tempo. Il tempo di un risveglio e di un ritorno alla comunità, all’impegno e alla lotta è arrivato. È ora. Se aspetterete, Non ci troverete.
La Redazione di Gente di Bracciano si unisce all’appello lanciato dall’Associazione Commercianti Bracciano. Invita i propri lettori a fare acquisti nei tanti negozi che ancora resistono a Bracciano, a servirsi delle molte professionalità degli artigiani locali. La Redazione inoltre si rivolge alle istituzioni affinché promuovano politiche che agevolino il piccolo commercio locale e rimuovano allo stesso tempo gli ostacoli che ne minacciano l’esistenza tra cui il sistema dei parcheggi a pagamento.
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Marcello Mastroianni
cioliii”. Preso dalla foga ho fatto l’imitazione del bibitaro. Dalla sala: “a me, a me, a me”. L’amico è rimasto a bocca aperta. Io, in piedi: “Signori scherzavo”. “Mannaggia” rispondono alcuni. L’amico: “se vuoi prendere da bere c’è la macchinetta”. Il secondo tempo, come il primo: spettatori presi dall’azione, nessuna partecipazione attiva, nessun commento. Eppure...Eppure...quel “daje Tarzan, ammazza er coccodrillo!” o “A Cesare faje vedé a stì barbari chi semo!”, ti “immetteva” nel film. Quei “Siuxe” che cavalcavano nella prateria e scagliavano frecce, ricevevano bordate di fischi e all’arrivo della cavalleria giù applausi e si udiva dalle ultime file un “carica pé e peppé”, “nun ciò la briscola”. Qualcun altro “augh, augh”. Qualcuno dei pittoreschi personaggi che popolavano allora la platea in piedi strillava “morammazzati” e si beccava un “bravo!”, e qualche applauso. Luigi Di Giampaolo
La mia esperienza è speculare a quella della Società Libica. Questa va verso Babele, io ne esco, questa prende il cammino della speranza in un mondo libero e migliore, io son certo che non cè nessun mondo libero e migliore. ALESSANDRO SPINA Premio Bagutta 2007
Veniamo da molto lontano e andiamo molto lontano! Senza dubbio! Il nostro obiettivo è la creazione nel nostro Paese di una società di liberi e di eguali, nella quale non ci sia sfruttamento da parte di uomini su altri uomini. 26 settembre 1947 PALMIRO TOGLIATTI
La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità. ANTONIO TABUCCHI scrittore
La non violenza è una cosa dell’anima; è un valore, è come la musica, la poesia. ALDO CAPITINI filosofo e pedagogista
CARLO TA IS EVANGEL
Vieni a trovarci, potrai trovare una vasta gamma di articoli rigorosamente di grandi marche. A pochi passi dal centro storico di Bracciano, Carlo Evangelista vi aspetta per illustrarvi la vasta gamma di capi ed aiutarvi al meglio per la vostra scelta migliore, per uno stile dinamico, raffinato mai banale!
Via Traversini, 13-15 - Tel. 06 99803008 - BRACCIANO (RM) 14
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