Gente di Bracciano n. 8 Maggio 2016

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Gente diBracciano Maggio 2016 - numero 8

Francois Keiserman


Gente diBracciano

Il Monumento più bello: La Costituzione Italiana

Maggio 2016 - Numero 8

Dedicato a Gianni Editore: Associazione Gente di Bracciano Presidente: Claudio Calcaterra Direttore responsabile: Graziarosa Villani

Pensiero unico

Redazione: Francesco Mancuso, Vittoria Casotti, Mena Maisano, Biancamaria Alberi, Luigi Di Giampaolo

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Collaboratori: Massimo Giribono Fabercross, Pierluigi Grossi Registrato al Tribunale di Civitavecchia n. 1388/2014 Stampa e impaginazione: FEDE 2011 srl Via dei Vignali, 60 - Anguillara Sabazia su carta riciclata

e due correnti di pensiero (destra e sinistra) che si scontrano oggi nel nostro Paese, vedono in modo diametralmente opposto “l’influenza esercitata” dalla cattiva politica. L’una (la destra) considera che sia precipitata nell’utopia e condotta ai peggiori eccessi da idee vaghe quali concetti di uguaglianza, umanità, diritto, sovranità popolare, progresso, che questa scuola di pensiero considera quasi vani, e comunque astratti. Lo «spirito? classico» avrebbe quindi tolto il senso della realtà. L’altra, (la sinistra), ispirata dagli ideali «quasi vani» sopra descritti sarebbe incapace di comprendere i veri bisogni e le aspettative dei cittadini. In questo giudizio è implicito il fastidio per le ideologie, che caratterizza il pensiero unico dei giorni nostri. Constatando che l’opera politica della sinistra “illuminata”, si presenta perfettamente coerente con gli indirizzi generali contro lo sfruttamento, sottraendo l’uomo e la sua azione alla sfera teologica, istituisce un diritto naturale indipendente da ogni fede religiosa, costruisce la società su basi puramente umane e affida a chi governa l’ispirazione della ragione. Claudio Calcaterra

Dietro ogni articolo della Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi che hanno dato la vita perché la libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa Carta... Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un Italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì, o giovani, col pensiero, perché lì è nata la nostra Costituzione. Piero Calamandrei Le lapidi sono importanti, i monumenti sono importanti, ma il più grande monumento, il maggiore, il più straordinario che si è costruito in Italia, alla Libertà, alla Giustizia, alla Resistenza, all’Antifascismo, al Pacifismo, è la nostra Costituzione. Teresa Mattei Dietro ogni articolo della Carta Costituzionale stanno centinaia di giovani morti nella Resistenza. Quindi la Repubblica è una conquista nostra e dobbiamo difenderla, costi quel che costi. Sandro Pertini

foto di copertina a cura di

La Costituzione è il fondamento della Repubblica. Se cade dal cuore del popolo, se non è rispettata dalle autorità politiche, se non è difesa dal governo e dal Parlamento, se è manomessa dai partiti verrà a mancare il terreno sodo sul quale sono fabbricate le nostre istituzioni e ancorate le nostre libertà. Luigi Sturzo L’Assemblea ha pensato e redatto la Costituzione come un patto di amicizia e fraternità di tutto il popolo italiano, cui essa la affida perché se ne faccia custode severo e disciplinato realizzatore. Umberto Terracini

Se vuoi contribuire al progetto contatta la Redazione:

Quali sono le vostre armi? Non le vedete? Ci sono! Sono in quel libretto che i vostri padri chiamarono Costituzione, dopo aver conquistato il diritto di scriverlo con la Resistenza. La forza del pacifismo è la legalità, che è in contrasto con l’illegalità di chi fa la guerra, pratica ingiustizia, affama nel bisogno. Pietro Ingrao

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Gallerana e il diario che verrà Prosegue il racconto sulla partigiana cenerentola. Memoria e scritti di mille vite vissute in una Bracciano di una volta

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ono passati quasi due mesi dall’incontro con Gallerana, classe 1937. Ci incontriamo nuovamente in casa di Claudio insieme a Mena, cugina di Gallerana. Io ho portato il mio solito quaderno “Mnemosine”, dea della memoria figlia di Urano e Gea, rigorosamente in carta riciclata per tracciare altri ricordi di Gallerana. Ma m’attende una sorpresa. Gallerana, in pantaloni attillati, una blusa leggera, i capelli appena usciti da una messa in piega, si presenta con due block notes pieni di scrittura delle sue memorie…sai, dopo il primo incontro i ricordi hanno cominciato a zampillare nella mia testa, ho sentito il bisogno di scriverli, mi è anche venuto il desiderio di scrivere un libro sulla mia vita, da lasciare a figli e nipoti, è incredibile ma ho come sentito viaggiare in me una nuova energia, un entusiasmo che mi ha portato a scrivere queste note…si ferma un attimo, arrossisce un po’, me li porge, quasi fosse l’adempimento di un’antica promessa, e quasi sussurrando mi dice…sai ho fatto poca scuola, non so scrivere bene, non so se riuscirai a decifrare le parole scritte che ho buttato giù, tanto più che ho scritto la sera, tardi, dopo essere tornata dall’orto….sai ho piantato 150 piantine di pomodoro, 350 in tutto, e poi zappa, rimbocca, annaffia, estirpa le erbacce, la sera arrivi tardi, ma ero felice perché sapevo che quel quaderno mi stava aspettando…mi trovo spiazzato, chiudo Menmosine e mi caccio nella lettura dei suoi scritti, anche per nascondere la gioia e l’imbarazzo che mi hanno assalito, gioia perché so che l’entusiasmo di Gallerana è anche frutto del lavoro di “scavo” compiuto nel primo incontro, imbarazzo perché non so bene come proseguire l’incontro. Così mi ficco nelle pagine ordinate delle sue parole scritte e ritrovo fatti narrati nel primo incontro e fatti nuovi, curiosi, così come lo sono gli accadimenti che tracciano le rotte delle nostre vite. Improvviso mi si affaccia alla mente un pensiero di Jorge Luis Borges sulla memoria, sulla sua forza evocativa, sulla necessità che abbiamo di ricordare chi siamo per progettare futuro, sulla sua azione benefica quando non è solo rimpianto dei bei tempi andati, un modo, insomma, per far rimanere fresca la mente, anche

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Un amico, sorella Angela, un amico, papà Rolando, Gallerana (compiva 21 anni) un amico, zzzzzzzzz, fratello Modesto.

quando il corpo ci ricorda che non siamo più giovincelli di primo pelo: Una donna si propone di disegnare il mondo. Trascorrendo gli anni popola uno spazio con immagini di province, di regni, di montagne, di baie, di navi, di isole, di pesci, di dimore, di strumenti, di astri, di cavalli e di persone. Poco prima di morire scopre che quel paziente labirinto di linee traccia l’immagine del suo volto. Esco dalla mia immersione e chiedo a Gallerana se può lasciarmi i due quaderni…sai, vorrei leggerli con calma e provare a restituire ai nostri lettori, alle nostre lettrici, gli episodi che possano meglio rappresentare al meglio l’immagine del tuo volto…mi guarda con gratitudine e me li porge, amorevolmente. Claudio ci ha preparato una tisana alla mente, la sorseggiamo golosamente, intanto Mena e Gallerana chiacchierano di sé, dei loro ricordi, del proprio futuro, s’è creato un clima sorridente, un po’ intrigante, quel clima che permette di parlarsi fuori dell’ufficialità, quel clima

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che permette di esternare anche qualche sentimento profondo. Il mio quaderno rimane chiuso, ho deciso che mi lascerò guidare dal momento, a casa proverò a riordinare idee e parole. Chiedo a Gallerana, l’ho appena letto, se ricorda qualche episodio particolare di quando faceva la bidella…come ti trattavano gli alunni, e le maestre?....all’inizio si schernisce…nulla di particolare, sai, avevo talmente da fare, la scuola era sempre sporca ed io ero lì, con i miei secchi, la scopa e lo straccio, a riportarla pulita, che non c’era tempo per guardare quello che accadeva intorno a me, tanto più che gli altri bidelli non è che mi aiutassero molto, ma io non potevo vederla sporca…insisto un po’ e vedo un sorriso camminarle sul volto…beh! un episodio te lo voglio raccontare, una volta andai dalla maestra di mia figlia e le dissi che forse era meglio utilizzare più tempo per lo studio e non per preparare il saggio di fine anno che stava assorbendo quasi per intero le energie dei bambini, beh! non ci crederai, ma mi diede retta e mi ringraziò per il consiglio…si ferma e sento nelle sue parole viaggiare un senso di dolce

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orgoglio, una bidella che consiglia una maestra, ahò! L’atmosfera è rilassata, ispira fiducia, così le manifesto la percezione che ho avuto…ma no, che dici?...insisto un po’, arrosisce, il suo volto traccia un disegno d’orgoglio e…sì, un po’ ero felice, una bidella che consiglia una maestra! Io che trovai il coraggio di consigliare una maestra, quella notte feci sogni felici! Gallerana sta strapazzando da tempo un piccolo album di fotografie, allora le chiedo di vederle, lo apre all’istante e dentro ci sono una decina di fotografie di uno splendido montone…tirai su quel montone come un figlio, arrivò a pesare 80 chili e divenne pericoloso, ogni tanto caricava la palizzata e la scuoteva, s’inalberava un po’ anche alla vista di persone a lui sconosciute, fu la sua condanna, i miei fratelli lo presero e lo macellarono…si ferma un istante, poi con voce leggera parla del suo futuro…sai quando avrò cent’anni e sarò ferma in una poltrona mi piacerà rileggere la mia storia e tuffarmi negli album di fotografie, ne ho tantissimi, con figli, nipoti, viaggi, lavori, sarà il mio modo di arrivare al mio ultimo giorno sorridendo…e parla di un argomento difficile come quello della morte con una Gallerana e il montone consapevolezza solo lievemente venata dal pensiero del distacco, ne rimango col- derni. Riporterò qualche episodio pito e penso al mio modo di pensare quel lasciando, alla fine, una pagina autografa giorno, un po’ guascone e un po’ scara- che vale più di mille commenti. mantico, seppure lo sento come un privi● …chi si mette in commercio non legio per l’età raggiunta! Non faccio a deve aver paura di essere franca ottimista tempo a riordinare le idee e a rientrare mi dicevano le persone che facevano la nell’arena del giuoco sottile che sta ani- spesa da me, Gallerana mi incarti 5 uova mando questo secondo incontro che io ne approfittavo che mi volevano un Gallerana lancia un nuovo assist che mi coglie di sorpresa...per un periodo ho aperto un negozio di frutta e verdura… e mi fa vedere una fotografia del negozio con lei in grembiule d’ordinanza…e sono stata la prima commerciante che chiuse il negozio per ferie, decisi di andarmene una settimana al mare, a Rimini e non sentii tutti i cari consigli che mi fecero gli amici…guarda che se chiudi perderei i clienti che se ne andranno a far spesa da altre parti…invece li mantenni tutti, anche con molti calorosi apprezzamenti per il mio comportamento…e questa volta non nasconde l’orgoglio, quel sano senso di autostima e fiducia nelle proprie capacità, per la sua scelta…e passai una settimana di sogno tra mare, canti e balli. Tornato a casa mi sono riletto con attenzione i suoi qua- Gallerana nel suo negozio di frutta e verdura

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bene matto cosa? Gallerana meno di 20 uova non l’incarta giù la risata e così facevo su tutta la merce però qualunque favore mi chiedevano potevano contare su di me…allora i negozi non è come adesso che non sanno mai dire grazie al cliente, non ci si ferma a fare due parole io nel mio negozio avevo due sedie per le vecchiette per passare un po’ del tempo a chiacchierare, insomma ero per loro mamma, figlia, nipote… ● …c’erano le mogli degli ufficiali che avevano l’attendente, cioè tipo servetto, le signore li comandavano a bacchetta, pulivano la casa lucidavano gli stivali del comandante li mandavano a fare la spesa… ● …papà diceva Gallerana vai tu a portare le mucche al pascolo però mi raccomando non fargli passare il recinto perché di là c’è un altro tipo di foraggio che se lo mangiano possono anche morire io ad un certo momento mi assentai per andare a casa a prendere un altro libro da leggere… mi sono trattenuta abbastanza per combinare un grosso danno le mucche passarono il confine mangiarono l’erba che fa male e si gonfiarono tutte io corsi urlando da papà che chiamò il veterinario e si salvarono, le presi di santa ragione ma meno male che tutto finì bene… ● …zio Peppe stette qualche giorno da noi papà era contento perché anche a zio Peppe piaceva il vino che papà produceva…quando si mettevano a bere papà mi chiamava e mi diceva vai a prendere il vino della sesta botte, quello invecchiato ma noi ne avevamo una sola da 3 quintali era per fare lo spaccone poi zio scoprì l’inganno e rise di gusto… All’inizio del suo scritto Gallerana si chiede da dove sia venuto il suo nome…scrive: a scuola me lo stroppiavano sempre, Gallinara, Galleria, Gallera, Gaetana io non mi arrabbiavo perché mi piaceva…quando mi chiedevano da dove venisse il mio nome dicevo che papà faceva il tombarolo e lo aveva trovato scritto su una pietra…Wikipedia non lo riporta come nome, racconta però che Gallinara è un isolotto davanti ad Albenga, in Liguria, ma a me piace pensare ad un'altra vicinanza, quella con Cecilia Gallinari, la nobildonna che posa per Leonardo da Vinci nel famoso quadro della dama con l’ermellino. D’altronde in famiglia leggevano molto! Ciao Gallerana e auguri per il libro delle tue memorie!!!! Francesco Mancuso

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Urne aperte a Bracciano: opportunità da non mancare

Elezioni comunali: arrivano le quote rosa

In lizza sei candidati (in ordine alfabetico) Gentili, Mangoni, Mauro, Tellaroli, Testini, Tondinelli

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orsa a sei a Bracciano per la carica di sindaco in una contesa elettorale a doppio turno. La campagna elettorale è agli sgoccioli ma c’è ancora margine per gli elettori per informarsi, per capire quale sindaco veramente saprà traghettare Bracciano ad una nuova fase che sani le lacerazioni degli ultimi mesi e la fase di commissariamento che anziché normalizzare la situazione ha di fatto travalicato l’ordinaria amministrazione aprendo le porte al passaggio all’Acea per quanto riguarda la gestione del servizio idrico con l’approvazione di uno schema di convenzione e indetto un nuovo bando per un Ecodistretto a Cupinoro dopo che le due precedenti gare per un impianto di TMB e Forsu erano andate deserte. Ancora una volta bisogna registrare che il futuro della discarica accende gli animi legato com’è a dritto filo con la vicenda della Bracciano Ambiente, la multiservizi a totale capitale pubblico. Nell’agone politico braccianese esordiscono nuovi personaggi (Tellaroli per i 5Stelle e l’ex funzionario dei servizi segreti Mauro). Tondinelli corre in solitaria con due liste mentre il suo ex compagno d’opposizione Testini si mette in gioco correndo anche lui per la poltrona di primo cittadino. C’è poi il sempiterno Mangoni che stavolta sfodera un simbolo forte come quello di Fratelli d’Italia e l’avvocato Claudio Gentili che torna, da indipendente senza alcuna tessera di partito in tasca, ad impegnarsi per la città, dopo essere stato già assessore in passato, sostenuto dal Partito Democratico e da una lista civica. Moltissimi i volti nuovi in tutte le liste, molte le donne, molti i giovanissimi, ma anche i meno giovani. La tornata elettorale appare comunque decisiva. Il paese, che chiede a gran voce serenità, appare ad una svolta. Si percepisce netta la volontà di porre fine alle sterili diatribe che hanno ingessato il paese, annichilito i dipendenti comunali, aggravato la già grave crisi economica. La campagna elettorale si fa social e mediatica. C’è chi come Tondinelli, forse perché legato a vecchie logiche personalistiche si ostina ad alimentare una macchina del fango. Ma solo tre gradi di giudizio potranno davvero segnare un punto fermo. C’è chi, come Gentili, guarda avanti con fiducia ed ottimismo puntando sulla sfida del turismo di qualità, di una “riappacificazione” necessaria. Il generale Mauro, che mette in campo

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Permettere alle donne di vivere la propria normalità sarebbe la vera rivoluzione culturale e quindi anche sociale e politica

uno squadrone di candidati con ben quattro liste, sembra voler militarizzare Bracciano che invece, proprio in questi ultimi, anni si sta affrancando dalla servitù militare che troppo ha segnato la sua economia. Appare poi blanda, ma le urne restano sempre una incognita, l’incarnazione locale dei grillini che rimasti orfani di Casaleggio si dipanano tra assenza di democrazia interna, espulsioni e diktat direttoriali sciorinando come un mantra la parola partecipazione. Coerenti, ognuno a proprio modo, Testini e Mangoni, il primo fedele alla sua idea di cosa pubblica più orientata a destra e l’altro costantemente deciso di restare a tutti i costi protagonista della politica locale. Sullo sfondo della competizione resta il grande mostro dell’astensionismo, cittadini che stanno a guardare, che non partecipano, non votano, non ci mettono la faccia. Ignavi direbbe Dante. Eppure il girone si ingrossa di elezione in elezione anche a Bracciano. Il calo dell’astensionismo a Bracciano è vertiginoso. Si è passati

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dall’87,34 per cento del 1994 all’84,45 per cento nel 1998, per poi risalire di poco a 8, 2,80 per cento nel 2002, calando ancora al 77,57 per cento nel 2007 al 68,80 per cento nel 2012. Sapranno i magnifici sei vincere prima di tutto la sfida della lotta all’astensionismo? Ma come dovrebbe essere il sindaco ideale? Una recentissima indagine del Censis resa nota il 13 maggio scorso ne delinea alcune caratteristiche. “Per il 69,5 per cento degli italiani - si sottolinea - il profilo ideale del sindaco da votare richiede serietà, credibilità e affidabilità. Per il 35 per cento al primo posto viene la competenza amministrativa e gestionale. Per il 14 per cento l'aver maturato una esperienza professionale fuori dall'ambiente politico”. Noi di Gente di Bracciano abbiamo ben chiaro chi, tra i sei, possiede queste prerogative, chi ha umiltà, capacità e competenze per una pax braccianese sulla quale fondare una città all’avanguardia, moderna e solidale. Graziarosa Villani

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l 5 giugno prossimo 1.370 comuni saranno chiamati al voto. Bracciano è tra questi. La grande novità è l’obbligo imposto dalla legge che nelle liste dei candidati alle comunali nessuno dei due sessi potrà essere rappresentato in misura superiore a due terzi. In altre parole dovrà esserci almeno un terzo di candidature femminili. Come deterrente anti-furbi, la legge prevede una tagliola: se la commissione elettorale verifica che il principio delle quote rosa non viene rispettato, procede d'ufficio a cancellare dalla lista i nomi dei candidati appartenenti al genere più rappresentato (gli uomini, si presume). E se la lista, alla fine dello "sbianchettamento", contiene ancora meno donne di quanto dovrebbe, la lista viene totalmente invalidata. A tutto ciò si aggiunge la doppia preferenza di genere. Cioè quando si vota, nei comuni superiori a 5mila abitanti ci sarà la possibilità di esprimere la doppia preferenza - un voto a una donna e uno a un uomo - per garantire così la presenza delle donne in consiglio comunale. Ma è davvero un modo per garantire la parità dei sessi in politica? La maggior parte dei consigli comunali oggi hanno una rappresentanza scarsa di donne tra i banchi di maggioranza e opposizione. Nelle ultime elezioni comunali a Bracciano è stata eletta solo una donna. La situazione sarà ribaltata con le nuove amministrative? Probabilmente sì, perché l'“accop-

piata” uomo-donna - la doppia preferenza influenzerà il risultato elettorale portando voti alle donne che entreranno quasi di prepotenza tra gli eletti. Resta tuttavia forte l’impressione che l’obbligo della presenza di donne in lista sia sentito più come una imposizione che una reale volontà dei candidati. Inutile dire che una vera partecipazione dell’universo femminile presupporrebbe un desiderio delle donne di far parte della pubblica amministrazione 70 anni dopo aver ottenuto il diritto di voto, cosa che al momento non sembra emergere in modo chiaro, così come non sembrano emergere idee e programmi improntati ai temi da sempre importanti per le donne come il potenziamento dei servizi, la creazione di opportunità che tengano conto della famigerata “differenza di genere” che, detto così, oggi, sembra quasi una parolaccia. Il clima elettorale comincia ad entrare nel vivo e, nel panorama politico braccianese, cominciano ad affacciarsi volti nuovi di

Se fossi sindaco

lavori, promuoverei il territorio, applicherei il protocollo d’intesa con la procura per le demolizioni abusive, farei tornare volumi tecnici i sottotetti abitabili, farei marciapiedi, direi al parco che è ora di aprire l’ecoalbergo, applicherei la legge del 2 per cento affinché ogni nuova opera pubblica abbia opere d’arte, farei mostre, parlerei con la principessa, rivedrei per intero l’organizzazione delle scuole, farei ordinanze per chi non rispetta le regole, monitorerei i fossi, reclamerei una nuova convenzione con l’Acea per i prelievi del lago e per un anello fognario più grande, progetterei una città a misura di bambino, di giovane, di vecchio, innoverei dentro e fuori il palazzo, favorirei l’archeologia (legale), farei dei percorsi turistici-culturali, mi batterei per avere più fondi per il disagio sociale e le disabilità, invecchierei attivamente, canterei nei cori e nelle piazze, chiederei alla Regione Lazio di stanziare fondi per interventi che contribuiscano a ridurre arsenico e floruri e di destinarli a tutti i Comuni in questa situazione e non solo nel Viterbese e tanto altro…e voi cosa fareste?

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i batterei per un ospedale di qualità, vorrei il doppio binario, toglierei le strisce blu, berrei l’acqua del sindaco, non passerei il servizio idrico a Acea Ato 2 manterrei chiusa la discarica e non vorrei nuovi impianti, farei la differenziata spinta, comprerei nei negozi di qualità, metterei i fiori al balcone, aprirei le caserme, vorrei camminare nei vicoli, bere un aperitivo all’aperto, passeggiare in un’ampia isola pedonale, ascolterei concerti all’auditorium, farei volontariato nelle scuole, leggerei un libro sotto uno degli alberi monumentali della città, vorrei un lungolago lungo lungo, bello, fiorito e accogliente, parteciperei ai riti paesani, mangerei buona carne maremmana, la porchetta nostrana, formaggi pecorini, verdura locale, toglierei l’amianto ovunque esso sia, risparmierei energia, vorrei l’aria pulita, andrei il più possibile a piedi, andrei a cinema e a teatro, ascolterei i cittadini e gli addetti ai

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donne più e meno giovani che evidentemente hanno deciso di mettersi in gioco e confrontarsi con il mondo della politica che, al di là dei numeri, è e rimane un prodotto nato dagli uomini e fondato sulle loro leggi che privilegiano un sentire tendenzialmente antitetico a quello delle donne. Le nuove regole mirano ad un arricchimento della politica, ma è inevitabile chiedersi quanto effettivamente riusciranno a farlo o quanto la norma si risolverà nell’ennesima ipocrisia istituzionale che non cambia la sostanza di regole costruite su bisogni e modi di essere tipicamente maschili ignorando la ricchezza contenuta nella differenza ontologica che ogni donna porta in sé e che sistematicamente censura, mutilando la propria natura, per competere “alla pari” con una società in cui l’unica logica imperante è quella degli uomini. Per sfondare davvero il “tetto di cristallo” servono regole diverse che permettano alle donne di esprimere quello che sono, senza dover dimostrare niente a nessuno, senza dover instaurare competizioni muscolari imitando atteggiamenti sociali consolidati. Permettere alle donne di vivere la propria normalità sarebbe la vera rivoluzione culturale e quindi anche sociale e politica. Detto questo, un grande in bocca al lupo alle candidate braccianesi per un’esperienza che sia positiva oltre che per loro anche per la comunità che si propongono di rappresentare. Biancamaria Alberi

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Controcorrente 12 L’utilità dell’inutile S

tasera sono affondato nella lettura di un curioso libro: “L’utilità dell’inutile”, di Nuccio Ordine, studioso di Giordano Bruno. Televisione inguardabile. Talk show dove l’unica attività è quella di azzannarsi, uno sopra l’altro, con accompagnamento di offese, urla e dintorni, reality con il loro campionario di volgarità, filmacci sanguinolenti, niente piaceri di Ulisse, niente passeggiate nei giardini dell’arte con Daverio, niente teatro e concerti a RAI5. Tra una pagina e l’altra mi è venuto da pensare allo strano meccanismo che presiede gli spettacoli televisivi: la dittatura dell’Auditel, società praticamente in mano a Mediaset, in posizione di controllo, e alla RAI con rilevazioni statistiche su un panel di 15.600 famiglie, nessuno sa bene come individuate. L’antico tema dei controllori e dei controllati. Rimane il fatto che un po’ di cittadini determinano il successo o l’insuccesso delle trasmissioni televisive. Per mettere una ciliegia sulla torta: trovo “insopportabile” che i telegiornali, tutti, nessuno escluso, chiudano i loro servizi d’informazione con i numeri delle borse nel mondo, Tokio + 0,03%, Down Jones - 0,05%, Milano affari 0,01%... sarei curioso di sapere quanti auditelini sono lì, in ansia, per conoscere l’andamento delle borse, ma ancor più quanto sia conosciuto il valore di quelle notizie. Quando ero giovane lavoravo e, insieme, studiavo economia politica e non posso scordare la lezione dell’emerito professore Giorgio Fuà …i dati delle borse spiegano alcune tendenze dell’economia solo se studiate nell’arco di un tempo economicamente ragionevole: anni, quelli giornalieri sono inutili e perniciosi”. Ah le borse! Quel bel giocattolino che permette a un manipolo di miliardari di promuovere o affondare, oltre i confini nazionali, governi e sodali di vario genere. Eppure, c’è chi dice, sia pure con qualche fondamento di verità, che questo meccanismo ha permesso a una parte del mondo di vivere nel benessere, inimmaginabile nei secoli scorsi. Insisto: una parte del mondo però, l’altra è piena di guerre e di fame. Questo pensavo scorrendo le pagine del libro di Nuccio Ordine. Sono così

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andato in rete per leggere qualcosa su di lui e sul libro. Ho trovato opinioni, critiche, messaggi alati, ne riporto uno che mi ha aperto la voglia non di leggerlo, ma di studiarlo: “mentre la finanza detta legge e Il “Lupo di Wall Street” di Martin Scorsese inscena l'inferno dei broker, ecco un saggio che ha il coraggio di parlare di cose non monetizzabili come la lettura, lo studio, la bellezza disinteressata. Studiare per il piacere della conoscenza appare sempre più un bene voluttuario ma Nuccio Ordine sembra scommettere su un paradosso, l'utilità di quello che nel nostro tempo è considerato inutile come antidoto all'imbarbarimento dei nostri giorni, avverso a quello che un ministro dell’economia asseriva con qualche altezzosità: “con la cultura non si mangia”. Leggevo e pensavo, spesso smarrito nel labirinto dei miei pensamenti, quando, a pagina 40, sono stato colto da un attacco di sonore risate: ho improvvisamente riconosciuto tante mie parole spese con amici e non nei due giovani pesci che incontrando un vecchio pesce lo salutano rispettosamente, al che il vecchio pesce risponde amichevolmente “salve ragazzi, com’è l’acqua?”, i due si guardano sorpresi, poi uno dice all’altro “simpatico il vecchietto, ma cos’è l’acqua?”. Eh sì! Le realtà più ovvie sono spesso le più difficili da comprendere, perché ci siamo immersi e le diamo per scontate. Così capita di non capire che solo la “cultura” può salvarci dalle barbarie. Anzi può succedere che il benessere raggiunto ci faccia erigere muri contro l’altro, il diverso, il povero, il migrante, in difesa dell’esistente, comportamento legittimo ma che non pensa al dopo, non pensa a quel mondo affaticato che anela

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ai nostri “previlegi” e non sa pensare che nessun muro potrà fermarli: fame e disperazione sono armi invincibili. Ma torniamo a noi. L’acqua in cui nuotiamo è piena solo di economia, di tagli, di vincoli. Pensiamo alle università sollecitate a lavorare come aziende, il rettore manager e gli studenti “clienti da conquistare”. Questa logica ha portato a favorire studi leggeri, attrattivi, in modo che ci siano risultati favorevoli, che gli studenti rispettino i tempi di laurea, evitando gli abbandoni, parametri che consentono alle università “vincenti” di godere di sovvenzioni statali. Più fatica per chi mantiene una serietà d’insegnamento, serietà che richiede al professore studio e preparazione, allo studente fatica e impegno, mentre l’acqua in cui nuotano promette ricchezza facile e soldi a go-go, basta essere competitivi, basta “vincere” e con quale mezzo non è un problema. Certo, tutto questo, nelle università, è stato possibile anche per gli sprechi e le clientele baronali che hanno spadroneggiato nelle nostre università, ma ridurle a un puro soggetto economico sembra un male peggiore di quello che si vorrebbe curare. Nulla di nuovo sotto il Sole. Il 20 novembre 1848, alla Costituente Victor Hugo fece un appassionato discorso avverso alle proposte dei ministri in carica di tagliare gli investimenti per la cultura… ”io dico, signori, che le proposte di riduzioni di spesa delle scienze, delle lettere e delle arti sono economicamente insignificanti e dannose per la crescita sociale, è l’ignoranza che bisogna combattere, solo così potremo vincere la miseria e sperare in un tempo di pace…”. L’uomo di sapere e di scienza non studia perché è utile, studia per passione. Quasi tutte le grandi scoperte che hanno rivoluzionato la nostra vita provengono da ricerche che non avevano come fine l’utile, il guadagno. Tutti ricordano Marconi, nessuno, o quasi, Maxwell e Hertz, i due scienziati che hanno scoperto le onde elettromagnetiche, senza la loro scoperta Marconi sarebbe un signor nessuno. Già Dante e Petrarca asserivano che la letteratura non va asservita al guadagno. Leopardi perorava la causa della scelta dell’ “inutile” contro l’utilitarismo di un secolo “superbo e sciocco”. Copernico,

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Newton, Galileo mettevano a soqquadro la conoscenza dell’universo meritandosi scomuniche e privazioni. Socrate ingerì cicuta pur di tenere alto il pensiero, contro gli sciocchi e i superbi. Anche Shakespeare immaginò, nel “Mercante di Venezia”, un mondo immune da avidità e sete di ricchezze. Scienziati, filosofi, letterati che ricordiamo come doni della vita. A fronte guerre e fame, insieme a mercanti d’oro e di armi. E’ il mondo in cui viviamo. La preoccupazione che muove le riflessioni di Ordine, è che, quando entra nella vita dell’uomo, l’utilitarismo crea danni straordinari e spesso irreversibili: la nostra, dice, non è una crisi economica, è una crisi culturale. Guardate dove decidono di risparmiare i governi: su scuola, università, musei, conservatori, scavi archeologici, biblioteche e compagnia cantando. L’economia ha sussunto la filosofia, l’educazione pubblica e privata hanno dichiarato inutili tutti quei saperi che sono indispensabili a mantenere viva la democrazia. Se questa tendenza si protrarrà, i paesi ricchi del mondo produrranno, o stanno già producendo, solo generazioni di ricchi, obesi e armati cittadini, tesi solo a murare la loro condizione, incapaci di comprendere il significato delle sofferenze e delle esigenze dell’altro, di quello che non è riuscito a salire sul carro vincente. Il futuro delle democrazie di tutto il mondo è appeso a un filo. Come poter pensare che le discipline umanistiche siano inutili, quando solo esse hanno quei contenuti formativi – intessuti di memorie, biografie, valori morali ed etici, riflessioni spirituali e sulla vita, poesia e sentimento estetico – che possono portare a una vera e propria “metamorfosi dello spirito” e quindi ad elevare l’uomo dallo stato di bruto a quello di essere umano pienamente compiuto e realizzato. Vorrei chiudere queste mie affabulazioni con una delle 14 storie che si trovano in uno splendido libro di Roberta Lepri, storica dell’arte, “Il lato oscuro della perfezione”. Quattordici storie di altrettanti capolavori della pittura immaginificamente reinterpretati dall’autrice. Il quadro in questione è la Baigneuse Blonde di Renoir che raffigura la modella che divenne sua moglie, Aline Charigot. La fanciulla è rappresentata come una sensuale Venere al bagno, priva di veli, con i capelli al vento, gli occhi incantati color pervinca, la pelle rosata, sullo sfondo marino, che il pittore rivelerà essere il golfo di Napoli, l’azzurro del mare è immerso in un’armonia di rosa, di malva, di grigi. Renoir dipinse due Baigneuse. Nella Parigi dell’epoca un quadro, l’originale, era in una povera

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casa della periferia di Parigi, ove abitava Blonde, una vecchia e malridotta signora, l’altra era nel negozio di un ricco mercante d’arte, ossessionato dalla brama di possedere l’originale. Venuto a sapere dell’esistenza di questo si precipitò in casa della vecchia Blonde offrendole una cifra da capogiro. Lei la rifiutò e, sommessamente, gli raccontò come fosse venuta in possesso del quadro…ero a ser-

Bagneause Blonde - Renoir

vizio della famiglia Renoir. Una sera mi capitò di sentire il maestro che chiedeva a sua moglie perché io non parlassi mai, “credo si vergogni della sua bruttezza”, le rispose lei laconicamente. Un giorno, entrando nello studio del maestro mi trovai davanti la tela finita della bagnante, di sua moglie, e scoppiai in lacrime, mi prese una rabbia sconosciuta per tanta bellezza… ”tutti dovremmo essere felici”…dissi lentamente al maestro. Allora lui alzò con dolcezza il mio mento verso il dipinto, ricordo che il rosa e il celeste mi accecarono, che i seni perfetti entrarono nella mia carne inadeguata, che i miei occhi scialbi divennero color pervinca. Come in un sogno mi giunsero le parole del maestro…” guarda, questa sei tu, sei tu e tutte le donne del mondo, non esistono donne perfette, solo uomini che le sognano e le bramano”, poi prese la tela e me la donò, dietro scrisse, la baigneuse Blonde, cioè me. Rimasi stordita, balbettai, che dirà la sua signora? E il maestro, di rimando, stai tranquilla, ne farò un altro eguale e non s’ accorgerà di nulla. Alla fine del racconto il mercante capì che non avrebbe mai avuto quel quadro. Blonde si alzò, tirò giù il quadro dalla parete, poi, rivolta al mercante, con lo sguardo rapito, gli occhi color pervinca, con un dolce refolo di voce, gli disse… Lei ce l’ha, per me, un sogno più bello di questo!”.

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Chiosa finale Quando i miei pensieri si tracciano sulla carta mi sorprendo sempre, perché ogni volta mi si aprono nuove domande, nuove incertezze che spingono il viaggio del mio pensiero a ricercare nuove rotte, nuovi lidi, consapevole che il dono del viaggio è il suo remigare, non la sua meta. Così mi sono chiesto che intendevo per CULTURA, parola che s’impone per sé, a cui non dedichiamo quasi mai un’attenzione esplicativa, una cura dimostrativa. Allora via! A navigare su Google per ricercarne le tracce. Riporto la definizione che ne dà Treccani: insieme delle cognizioni intellettuali che una persona ha acquisito attraverso lo studio e l’esperienza, rielaborandole peraltro con un personale e profondo ripensamento così da convertire le nozioni da semplice erudizione in elemento costitutivo della sua personalità morale, della sua spiritualità e del suo gusto estetico, e, in breve, nella consapevolezza di sé e del proprio mondo. Wikipedia riporta che la parola cultura deriva dal verbo latino colere, coltivare, intendendola come un sistema di saperi, opinioni, credenze, costumi e comportamenti che caratterizzano un determinato gruppo umano; un'eredità storica che nel suo insieme definisce i rapporti all'interno di quel gruppo sociale e quelli con il mondo esterno. In breve, per cultura si intende il "sapere" generale di un individuo. Bello!!! Poi ho provato a declinare la parola nell’attuale realtà e sono entrato in una simpatica crisi esistenziale. Per spiegarla faccio un esempio. Il mondo si è sempre diviso su due visioni alternative del suo sviluppo, lascio un attimo da parte i loro innumerevoli adattamenti, quella solidale e quella egoistica. Mi spiego meglio. C’è chi crede che lo sviluppo armonico del mondo sia possibile solo innescando politiche di sostegno ai ceti, alle persone che rimangono tagliate fuori dal benessere, a volte in condizioni estreme di povertà e c’è chi crede che solo lo sfrenato intraprendere del singolo sia motore dello sviluppo. A tal proposito è utile leggere la famosa “favola delle api” di Bernarde de Mandeville, dove l’autore sostiene che è la ricerca della soddisfazione dei propri vizi (come il lusso, lo sperpero, l'invidia, la lussuria, ecc.) che fa sviluppare e prosperare la società, poiché il loro perseguimento mette in moto l'aumento dei consumi dei più ricchi, contribuendo a fare circolare il denaro e ad aumentare il lavoro per le classi più povere. Due “culture”, non la cultura con la C maiuscola, allora ho sentito marosi giganteschi abbattersi sulla mia zattera di navigazione, sostenuto solo dalla speranza che tutto questo sia solo un sogno di una notte di mezza estate! Francesco Mancuso

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Bracciano e la peste

Vade retro Acea

Quando papa Sisto IV riparò a Bracciano. Nel 1631 lo stampatore braccianese Andrea Fei editò un compendio, “opera utile, e necessaria pubblicata a beneficio commune”. Il ducato in quarantena nel 1656

Il nuovo sindaco di Bracciano alla prova dell’acqua pubblica

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racciano, nel passato, ha evidenziato fatti e circostanze in qualche modo legati alla peste, ad iniziare dalla scelta del suo patrono, San Sebastiano, che, come noto, è il santo protettore dalla peste fin dall’antichità. L’effigie del santo, soldato romano martirizzato sotto Diocleziano, è stata tramandata con il corpo trafitto dalle frecce ed essendo la freccia, nella simbologia antica, raffigurazione della peste, conseguentemente San Sebastiano ne era divenuto l’antidoto. La sua figura appare dipinta in un affresco tuttora ben conservato nella cappella del vecchio ospedale e risalente alla fine del 1400. Storica mente la peste più terribile fu quella del 1347, che imperversò su tutta Europa ed è stata la più forte ma che ha coinvolto Bracciano solo marginalmente dal momento che al tempo esisteva solo una piccola rocca con poche case addossate nei dintorni. Roma, invece, fu colpita di nuovo a partire dal 1478 e questa volta Bracciano, dove gli Orsini avevano iniziato la costruzione del nuovo castello, fu rifugio del papa. Ancora in fase di ultimazione, infatti, il castello ospitò, per circa due mesi, Sisto IV che era fuggito da Roma per salvarsi dal contagio della peste. Precisa il cronista del tempo Stefano Infessura nel suo “Diario della città di Roma” che: “…Eodem anno (1478) a dì 12 de iuglio se partì lo papa et tornò ad Bracciano, et a dì 29 dello stesso mese scurì lo sole, et fo la eclisse per un’hora vel circa, et depò a dì 16 de settembre lo papa tornò a Roma”. Come si può notare, alla pestilenza si aggiunse pure una eclisse di Sole che, anche se ormai non incuteva più il timore esercitato nei tempi più antichi, certamente non era considerata un evento favorevole, anzi portatrice di sventure. Già due anni prima, nel 1476, il papa “… se partì de Roma per lo ario infetto, et andossene a Campagnano” come annota sempre lo stesso Infessura nel suo Diario. La scelta di recarsi a Campagnano, anziché a Bracciano, fu dovuta, forse, al fatto che il castello non era ancora pronto per ospitarlo. Ci furono poi due altre pestilenze, entrambe propagatesi nel Nord Italia: la peste del 1576, nota come peste di San Carlo che colpì particolarmente Milano, e quella del 1630, con focolaio sempre Milano, che è stata descritta dal Manzoni nei Promessi Sposi. Quest’ultima peste vede coinvolta Bracciano non come centro colpito, bensì nuovamente come supporto. Questa volta, però, il supporto tangibile è rappresentato non dalla ospitalità offerta a qualcuno ma da un trattato letterario su come difendersi dalla peste. Nel 1631, infatti, dalla tipografia di Bracciano di Andrea Fei, esce un trattato, diviso in

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quattro parti e racchiuso in due volumi. Lo scritto viene posto sotto la protezione dei tre santi venerati come guaritori della peste (San Sebastiano, San Rocco e San Carlo Borromeo) e dedicato a Manuel de Acevedo y Zuniga che aveva assunto la carica di viceré di Napoli in quello stesso anno, nominato dal re di Spagna Filippo IV. Sono noti i legami che intercorrevano tra i re Aragonesi di Spagna e gli Orsini del ramo di Bracciano. Si trascrive il frontespizio del libro: COMPENDIOSO TRATTATO Sopra ‘l Male DELLA PESTE E CONTAGIO SUA PRESERVATIONE E CURA. PARTE PRIMA E SECONDA Opera utile, e necessaria Pubblicata a beneficio commune DA CELLINO PINTO MEDICO Con la Protettione de’ Santi SEBASTIANO, ROCCO, E CARLO Sotto ‘l felice Auspicio Dell’Ill. & Eccell. Signore il Signor DON EMANUELE DEZUNIGA, E FONSECA Conte di Monterrei, e di Fuentes Del Consiglio di Stato per Sua Maestà Cattolica Presidente d’Italia Viceré, e Capitano Generale Del Regno di Napoli In BRACCIANO, Per Andrea Fei Stampator Ducale. 1631 Con licenza de’ Superiori A distanza di pochi anni, nel 1656, una nuova peste colpisce soprattutto il Sud Italia, con propaggini fino a Roma, compresa Bracciano come possibile obiettivo. Onde evitare il propagarsi del morbo e per maggior tutela, Il 24 settembre 1656 viene emanato un decreto, da parte del cardinal Giulio Sacchetti, che mette in quarantena Bracciano per quindici giorni al fine di evitare ogni possibile trasmissione del contagio, vietando perfino i rapporti commerciali. Poiché nei giorni successivi non vennero riscontrate circostanze negative, il 2 ottobre il decreto venne revocato . Si riportano i testi del divieto e della successiva revoca come indicati nel “Tractatus de Avertenda et Profliganda Peste”, di G. Gastaldi stampato a Bologna nel 1684: Sospensione di Bracciano e suo Territorio per quindici giorni Per le notitie havutesi con qualche sospetto, che nella Terra, e Territorio di Bracciano possa essere penetrato il mal Contagioso, s’è risoluto a maggior cautela, e fin che possa haversene maggiori chiarezze

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Papa Sisto IV - Opera attribuita alla Bottega del Ghirlandaio XV secolo – Museo del Corallo di Ravello

di sospendere il Commercio per quindici giorni alla Terra, e Territorio sudetto, si come d’ordine espresso di Nostro Sig. si fa col presente Editto, colle conditioni e pene contenute nel Bando publicato per materia simile fatto li 20.Maggio dell’anno corrente. Dato in Roma 24.Settembre 1656 G. Card. Sacchetti Restitutione Di Commercio a’ Bracciano…. Dè correnti sospetti di mal Contagioso essendo sempre più utile l’abondare in cautela, e prevenire il bisogno, che il commettere le diligenze, e li rimedij dopo la chiarezza del male medesimo, con questa ragione si venne sotto lì 24. Settembre alla sospensione di Bracciano, e suo territorio per 15 giorni. E perché nel corso di questo tempo colle commissioni date per haver fondate notizie della salute di quel luogo, si è giustificato, che questa vi si gode perfettamente, la Sacra Congregatione della sanità d’ordine espresso di Nostro Signore restituisce il Commercio alla Terra, e Territorio suddetto nel modo appunto, che si praticava prima della detta sospensione…. Dato in Roma 2.Ottobre 1656. G. Card. Sacchetti

a battaglia dell’acqua non è una battaglia da poco di retroguardia. E’ forse l’ultimo estremo tentativo di sottrarre davvero al profitto un bene comune come l’acqua, con arsenico o meno che sia. Un referendum storico ha stabilito un principio, ma come spesso accade la volontà popolare, per un popolo che non è più sovrano ma suddito, non conta nulla e in un incredibile gioco delle parti alcune istituzioni, travalicano le proprie competenze e travet ossequiosi mandano diffide che non lasciano scampo agli amministratori. O passi tutto all’Acea oppure ti accusiamo di danno erariale e ci rifacciamo sui tuo soldi personali. Poi arriva un funzionario della prefettura, un commissario, che non tenendo in alcun conto la volontà dei cittadini che si trova ad amministrare, approva una convenzione che fa riferimento a documenti di 20 anni fa. Ma tano basterebbe per porre l’acqua al servizio del profitto. Nel balletto dei rimpalli la Regione Lazio da un lato approva una legge innovativa in materia, dall’altra incalza perché davvero l’Acea, non contenta di trattare un lago come la sua cisterna d’emergenza, faccia l’asso piglia tutto. La legge c’è, è la n. 5 del 2015. Tra le altre cose ridefinisce gli ambiti non più in termini di confini amministrativi, ma in termini di bacini idrografici. I Comuni di ogni bacino idrografico potrebbero organizzarsi per gestire in modo consortile o in altre forme la propria acqua. Ma la legge viene disattesa. Nel divide ed impera di Regione Lazio ed Acea, alcuni comuni capitolano, altri resistono. Lo hanno fatto ricorrendo al Tar. Tra loro il Comune di Canale Monterano. Hanno solidi argomenti a loro favore.

Formulano eccezione di costituzionalità sia per quanto riguarda lo strumento del decreto legge sia sulla ripartizione delle competenze legislative tra Stato e Regione, pongono in evidenza che Acea Ato2 spa, scelto come soggetto gestore senza alcuna procedura ad evidenza pubblica, non può essere considerato quale società in house dei Comuni partecipanti all’Ato n. 2 della Regione Lazio e non possiede i requisiti per poter essere individuato quale futuro possibile gestore unico all’interno degli Ambiti di bacino idrografico. Si battono per mantenere pubblica la gestione dell’acqua. Ma il Tar con una decisione che arriva a pochi giorni dalle elezioni amministrative che interessano oltre Bracciano, anche Anguillara e Canale Monterano, comuni ancora resistenti, rigetta. E lo fa, ancora una volta, non dando un indirizzo chiaro. Anzi adotta due pesi e due misure ed allunga il brodo. Con due sentenze collegate tra loro, una relativa al ricorso Acea contro il Comune di Capena che ha affidato il servizio idrico ad un soggetto diverso da Acea e l’altra degli otto Comuni per chiedere l’annullamento delle diffide, “il Tar- dicono i legali -, afferma una tesi ma anche il suo esatto contrario”. Se con la sentenza relativa a Capena il Tar scrive“la Regione deve adesso in primo luogo dire se vengono effettivamente costituiti nuovi ATO, con perimetro coincidente a bacini idrografici, e soprattutto se essa intende individuare nuovi enti di governo degli ambiti e se, o meno, essi vengono dotati di personalità giuridica (come nella Regione Basilicata) o piuttosto dichiarare coincidenti a tali enti – innovativamente previsti

Negli anni seguenti non si verificarono più le pesti del passato ed i piccoli focolai che si manifestarono furono subito circoscritti per cui i contagi non si trasmisero ed il morbo non si propagò. Bracciano di fatto ha vissuto la peste sempre e solo marginalmente, restando fuori dalle tristi vicende che coinvolsero tante comunità. Pierluigi Grossi

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dal codice dell’ambiente, come modificato dalla legislazione statale – gli ATO formalmente costituiti all’atto dell'approvazione della convenzione di cooperazione, ai sensi dell’art. 6, co. 5, della l.r.n. 6/1996”, nella sentenza di rigetto del ricorso degli otto comuni pubblicata il 18 maggio scrive che “la previsione della regione Lazio di individuare con legge gli ambiti di bacino secondo il criterio idrografico, contenuta nell’art. 5 della l.r. n. 5/2014, non può avere alcuna incidenza sull’esercizio per la stessa del potere di diffidare gli Enti facenti parte degli ATO a suo tempo istituiti in base alla legge regionale n. 6/1996 …”. In questo baillame l’Acea gongola. Ma una fronda di sindaci resta compatta e sta già preparando il ricorso al Consiglio di Stato. Cosa farà il nuovo sindaco di Bracciano. Si chinerà prono ai desiderata dell’Acea o tenterà di opporsi e di far valere la legge regionale salutata dai Comitati dell’Acqua Pubblica come una legge di civiltà? Graziarosa Villani

Bracciano Via Principe di Napoli, 9/11 Tel./Fax 06 90804194 www.caffegranditalia.com

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A Bracciano un “mago pasticcere”

Così muore Salvatore Negretti

Marco Di Pietro tanta passione e tanti segreti

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ome tutti, o come la maggior parte degli italiani, la mattina ho bisogno di una tazzina di caffè e, come tutti o come la maggior parte degli italiani, mi reco al solito bar, mi siedo e la ragazza dietro al bancone mi precede “al vetro”?, “Sì grazie”. I tavoli sono quasi tutti pieni, caffè e cappuccini vanno alla grande. Una signora seduta al tavolo accanto al mio “un cornetto alla crema, no aspetti una treccia alle fragole, no…un cornetto al cioccolato. No ho deciso facciamo uno alla crema, una treccia e un cornetto al cioccolato così non faccio torto a nessun gusto” esclama quasi per giustificarsi. “Subito” rispondono dal bancone. Dopo un attimo ecco i tre cornetti ed il mio caffè. Mi rivolgo alla signora: “un servizio efficientissimo vero?”, mi fa cenno di sì col capo: ha già ingoiato mezzo cornetto al cioccolato, golosona!! Mentre sto per gustare il mio caffè, sento un intenso profumo ma non riesco a capire se sia di vaniglia, di limone, di mandorla o un profumo che li “contiene” tutti, ma ecco arrivare, insieme al profumo, un giovanotto alto, robusto, con gli occhiali che porta una torta che è uno spettacolo: un castello di cioccolato con torri, mura merlate, finestre e persino un ponte levatoio, su una base che, penso, sia di pan di Spagna. Rimango quasi senza fiato poi mi scappa una “battuta cretina”: “la torta è bellissima, ma sarà anche buona?”, il giovanotto mi dà uno sguardo…capisco, chiedo scusa mentre lui sta mettendo la torta in vetrina. “Marco…” la voce viene dal laboratorio, “un momento” risponde…ne approfitto…” Marco” gli domando “quella torta che gusto ha? Ne ha uno solo o più di uno?”. “Beh” mi risponde, non è certo semplice mescolare i vari ingredienti e fare in modo che il “gusto” di uno non soffochi quello dell’altro o degli altri”. Si siede. “Fare il pasticcere è una vera e propria arte, non si può improvvisare”, si ferma un attimo, poi riprende: “quando nel 1993 ho iniziato, qui nel bar di mia nonna Margherita, mi sono accorto di avere una passione per tutto quello che riguarda la gelateria e la pasticceria. Ho iniziato così a frequentare dei “corsi”, a chiedere a pasticceri più esperti, anche se

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ni e delle mitragliatrici s´era ritirato. Non fu fucilato, ma il comandante del II/227° – che aveva il suo Comando in paese – lo aveva rimandato in linea con un crudo ammonimento. Tuttavia durante la notte i tedeschi passarono il Ledra davanti alla fornace di Deveacco. Il Tenente Ferdinando Ferrari della 9a Compagnia del 246° che alle 6 del mattino passò di lì afferma infatti che non trovò nessuno in quel tratto di fronte che era a circa 800 metri a nord di Farla. Era ancora notte fonda quando il Generale Ponzio aveva ordinato al Tenente Colonnello Alfredo Marini, comandante del 246° della Siracusa, di sostituire sul Ledra il II/227° entro le 4 del mattino. Buio pesto, pioggia, strade intasate, luoghi sconosciuti: l´ordine era chiaramente ineseguibile, tuttavia il tenente colonnello avanzò con il III battaglione del l Piave Mormora, l’Italia entra in guerra, i Capitano Giulio Pratesi, ma all´alba, giovani muoiono. E’ la Grande Guerra, la quando tutto il reggimento aveva preso IV guerra di indipendenza. Tra i soldati al posizione sul Ledra tra il 245° e il 227°, fronte, tra i caduti anche molti braccianesi. delle pattuglie che Marini aveva mandato Un ricordo di quegli anni e del tributo di vite in ricognizione portarono la notizia che i umane è arrivato con una mostra organizzatedeschi avevano passato il Ledra a sud di ta dall’Associazione Fotocineamatori Majano e avanzavano con numerose Bracciano che si è tenuta dal 23 aprile al 1° mitragliatrici a spalla. maggio presso il Chiostro degli Agostiniani Si trattava dei fucili mitragliatori Lich nell’ambito del grande progetto culturale Hand Maschinengewehr 08/15 che dopo finanziato dalla Regione Lazio ( legge l´esperienza italiana diventeranno l´arma 6/2013), “Pace o o Guerra: il 1914 I individuale per tutte le compagnie tedeDilemmi del Novecento”. Tra gli scatti comsche, sopperendo con una maggiore pare quello di Salvatore Negretti. La figura potenza di fuoco al minor numero di solè quasi eterea. Una morte sul campo, la sua, dati su cui l´esercito poteva ormai contain una battaglia che viene raccontata con re. Marini e Pratesi non avevano mai visto dovizia di particolari in questo scritto (tratto queste nuove armi automatiche individuada lagrandeguerra.info) che riportiamo. li che potevano sparare 500 colpi al minuto come le mitragliatrici pesanti, di cui La battaglia di Farla il 30 ottobre erano una filiazione. Essi fecero stendere Nella Grande Guerra fu raro il caso che la 9a Compagnia sulla sinistra della strada le stesse truppe che erano state sconfitte fosFarla-Majano e l´8a sulla destra, e partirosero in grado, come le italiane, di far fronte no all´attacco. Sono circa le ore 7 del matal nemico dopo pochi giorni. Le battaglie di tino – racconta Pratesi – raccomando ai retroguardia combattute a Cividale il 27 e a miei soldati sprovvisti di bombe a mano e Udine il 28 ottobre avevano permesso che i muniti delle sole cartucce e di baionetta – resti dei corpi d´armata IV, VII, XXVIII e senza speranza di rifornimento – d´impieXXVII ripiegassero verso i ponti di Pinzano gare bene ogni cartuccia. Appoggiate da e di Cornino; così, la sera del 29 essi avevauna autoblindo mitragliatrice le due comno passato la linea della testa di ponte di pagnie costringono i tedeschi a ritirarsi Pinzano – Ledra-Arcano- Villanova. Si tratfino alle prime case di Majano, catturano tava dei resti delle divisioni coinvolte nei 3 mitragliatrici e fanno parecchi prigiocombattimenti del 24, 25, 26 e 27, esistevanieri. Che si trattò di un combattimento no tuttavia reparti ancora in piena integrità furibondo che i tedeschi non s´aspettavabellica fatti affluire dalla pianura Salvatore Negretti era nato nel 1882 a Bracciano e aveva no è testimoniato dal fatto che il Capitano friulana. La 16a divisione ad esempio era iniziato la sua carriera militare nel 1903 con il grado di Pratesi cade ferito gravemente al bacino caporale. Era poi passato nella guardia di Finanza ove era composta dalle brigate Siracusa e Rovigo rimasto fino al 1911 quando fu riammesso in servizio con il ed è trasportato al posto di medicazione a datele il 26 ottobre dal XXX corpo d´arma- grado di sergente, per passare poi in Tripolitania nel Farla. Intanto la 7a Compagnia s´è schieta. La 16a è comandata dal generale 1913. Divenuto sottotenente nel 1916 era passato nel 40° rata in una cava a 100 metri dal Ledra Giacomo Ponzio, è a lui che alla sera del 29 reggimento della brigata Bologna e assegnato al deposito dove è appostata una mitragliatrice Fiat. Il è affidato il compito di proteggere il ripiega- del reggimento a Reggio Calabria, come istruttore in quan- nemico batte intensamente con numerose mento occupando le alture da San Daniele to aveva la qualifica di tiratore scelto. Era ritornato in terri- mitragliatrici l´appostamento – racconta il alla confluenza del Canale Ledra con il torio di guerra solo nel febbraio 1917. Solo nel 1925 gli ten Fierro - la Fiat è messa fuori combatTagliamento. Più a sud il generale Badoglio, venne conferita la medaglia d´argento al Valor Militare. timento e due capi arma vengono feriti al praticamente con la sola 13a divisione, tiene viso. Sopraggiunge il Tenente Vincenzo la linea verso il ponte di Pinzano. Gli Jäger del Gruppo Stein attaccano Palieri con un´arma Saint´Etienne. Viene anche il Tenente Negretti, mi tra San Daniele e San Tommaso e riescono a creare un varco tra la dice che il 3° plotone è alla mia destra, il 4° nel paese, e torna via. La Rovigo e la Siracusa che prima di mezzogiorno abbandona la linea e mitragliatrice Saint´Etienne s´incanta dopo pochi colpi e viene abbandoripiega verso Cornino, dove difenderà il ponte con i resti della brigata nata. Dal paese giunge intenso crepitio di numerose mitragliatrici. Genova fino al 31 ottobre. La Rovigo rimane e ingaggia una serie di Anche il Tenente Colonnello Carlo Trioli, che per ripararsi un combattimenti, slegati, e si ritira solo intorno alle quattro del pomeriggio po´dalla pioggia, con il II Battaglione complementare era in un gruppo verso il cimitero di Ragogna passando poi il ponte alle 19. Più a sud i di case a sinistra di Farla, si accorge che verso le 9 e mezza aumenta bersaglieri tengono la linea disperatamente e passano il ponte alle undil´intensità del fuoco delle mitragliatrici. Un´ora dopo il suo battaglione è ci di sera, accodandosi ai fanti della Rovigo. In estrema sintesi questa fu quasi circondato: il Tenente Salvatore Negretti di Bracciano è caduto e il la successione dello schieramento sulla testa di ponte di Pinzanocomando viene preso da Fierro. Cornino. A Farla si concentrò la difesa della linea sul Ledra. Furono fatti Racconta: Il combattimento si rinnovò poco dopo le 12 contro forze saltare i numerosi ponticelli in legno e quelli in pietra di Casasola e nemiche non inferiori a due compagnie, vennero respinte anch´esse, Farla, ma il canale era comunque guadabile. Nella sera del 29 alcune patmentre anche sulla sinistra venivano tenuti in rispetto gruppi di mitratuglie tedesche attaccarono e un aspirante ufficiale che inesperto teneva gliatrici che cercavano di aggirarci. La linea del Ledra tenne infatti anche la linea del III/246°, impressionato dalla potenza di fuoco dei cannonciquando Farla era ormai occupata.

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Marco qualcuno…ma lasciamo perdere…dalla sua voce traspare una grande passione. “Sai”, riprende, “questo lavoro è proprio una “vocazione”, c’è sempre da imparare, da inventare, è sempre una sfida contro se stessi e, ti assicuro, è la sfida più difficile da vincere. Seguo ciò che mi dice con molta attenzione. “Poi” gli chiedo “ma gli ingredienti hanno caratteristiche diverse, “punti” di bollitura diversi, come fai a mescolarli senza fare un disastro?”. “Bella domanda” mi risponde, “è qui il segreto”, “e qual è?”, lo incalzo. “Eh, il segreto …è segreto!!”. “Marcoooo, vieniii”, “eccomi arrivo”, “comunque – continua – un altro aspetto importantissimo è la ‘presentazione’, sia

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dei dolci che delle paste, che dei gelati ed è proprio qui che la fantasia entra in gioco: un dolce presentato bene ha già soddisfatto il palato”. “Marcoo, c’è da preparare…”, “un secondo…”, “insomma – conclude – un lavoro riuscito bene mi dà grande soddisfazione”, con la mano mi indica una parete ricoperta di attestati e diplomi. “A proposito di soddisfazioni, una che ricordo con particolare piacere è quella di aver partecipato a Viterbo alla realizzazione della torta di frutta più grande del mondo. Pensa quella torta è entrata nel Guinness dei Primati. E poi, quando alla fine di un pranzo abbondante, come ad un matrimonio o ad un battesimo richiedono altre fette di torta, beh allora sono soddisfatto”. “Marcooo, ti decidi?”, è il laboratorio. “Arrivo subito” si alza, dà un sospiro, “spero proprio che nonna Margherita sia contenta…”. Gli occhi improvvisamente gli sono diventati lucidi, Marco Di Pietro mi saluta con una stretta di mano, ho appena il tempo di dirgli “grazie”. Ah il caffè, accidenti, mi ero dimenticato di berlo, ma strano: non ho mai bevuto un caffè così buono, sarà per qualche segreto? Chissà!! Luigi Di Giampaolo

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Bracciano interculturale, istruita, mobile Continuo trend di crescita demografica sin dall’antichità. La popolazione alla luce dei dati statistici

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opo la distruzione di Forum Clodii, avvenuta da parte dei barbari invasori diretti alla conquista di Roma, per circa 700 anni il lago era rimasto privo di veri centri abitati. I pochi agglomerati urbani cominciarono a insediarsi verso la fine del 1100 intorno alle rocche che stavano sorgendo nei luoghi che sarebbero poi diventati Anguillara, Trevignano e Bracciano. Bracciano assunse il ruolo di centro più importante del comprensorio del lago solo dopo la costruzione del castello Orsini, avvenuta verso la fine del 1400 e, al tempo, gli abitanti assommavano a poche centinaia di unità. Nel 1560, con l’elevazione del territorio a ducato, Bracciano assunse maggiore rilevanza a livello nazionale con relativo incremento demografico, arrivando ad annoverare circa un migliaio di residenti. Oggi può sembrare poca cosa ma la scarsa densità della popolazione era una prerogativa dei tempi. Per fare un raffronto, nello stesso periodo Roma ospitava circa 80.000 abitanti dopo essere scesa sotto i 50.000 all’indomani del “sacco” del 1527. Nel 1656 a Bracciano si contavano circa 1.200 residenti, che salivano a circa 1.300 all’inizio del 1700. Nello stesso secolo sono presenti altre due rilevazioni: anno 1743 con 1.513 abitanti, e anno 1782 con 1.759 residenti. L’incremento della popolazione è stato, quindi, lento ma sempre costante. Il trend positivo di crescita si interrompe però per la prima volta nel 1800, quando, con la conquista napoleonica dell’Italia, la popolazione tende ad abbandonare le città rifugiandosi nelle campagne. Anche Bracciano subisce una drastica diminuzione della popolazione che, nel giro di pochi anni, si

riduce di circa un terzo scendendo a 1.256 abitanti. Ma la parentesi negativa dura poco: già nella statistica pontificia del 1816 gli abitanti risalgono a 1.476, per raggiungere poi le 2.289 unità nel 1853. Con il Regno d’Italia le rilevazioni dei censimenti diventano costanti come da tebella in basso. Al 31 dicembre 2014 i residenti ammontavano a 19.477, con un andamento che si stabilizzato negli ultimi tre anni. Prima di fare alcune osservazioni si riportano i grafici elaborati su dati Istat (Elaborazione Tuttitalia.it) riferiti ai censimenti postunitari. I dati più evidenti, ad una prima analisi, possono essere così sintetizzati: • Fortissimo incremento della popolazione a partire dal 2000, sia in valori assoluti che percentuali (anche in raffronto con l’andamento provinciale e regionale) dovuto ai migliori collegamenti con Roma, realizzati con l’ammodernamento della ferrovia, e ai minor costi delle abitazioni rispetto a Roma. • Trend di crescita sempre positivo e costante ad eccezione degli anni che precedono il secondo conflitto mondiale quando invece si registra un calo (in controtendenza rispetto agli andamenti provinciale e regionale sempre in aumento). • Una buona crescita nel Dopoguerra ma inferiore al trend regionale fino al 1970, con inversione di tendenza a partire dagli anni ‘80 quando la percentuale di sviluppo di Bracciano supera quella regionale. Un aspetto importante riguarda gli stranieri residenti a Bracciano che al 1° gennaio 2015 sono 2.399 e rappresentano il 12,3 per cento della popolazione residente. La comunità straniera più

numerosa proviene dalla Romania col 38,4 per cento di tutti gli stranieri presenti, seguita dall’Albania (10,5 per cento) e dalla Polonia (7,2 per cento). Nel grafico il dettaglio dei Paesi di provenienza dei cittadini stranieri residenti divisi per continente e per numero di residenti. L’incidenza di residenti stranieri a Bracciano, secondo i dati del Censimento 2011, è di

107,5 molto più alta della media italiana. Tra i dati significativi quello della “mobilità fuori comune per studio e lavoro” al 27,6 (dati 2011) rispetto a una media italiana del 24,2 e quello sulla istruzione di adulti con diploma o laurea al 70,5 più alta rispetto alla media italiana del 55,1. A cura di Pierluigi Grossi e Graziarosa Villani

Bracciano vista da Keiserman

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ncora una veduta piuttosto rara di Bracciano. Il torrione della Praterina e il ponte levatoio. E’ datato 1814 l’inchiostro ed acquerello dipinta da Francois Keiserman, artista svizzero, nativo di Yverdon in Svizzera,. L’opera venne probabilmente realizzata su commissione del ministro elvetico George Wagnière. Keiserman (1765 -1833), si trasferì a Roma nel 1789 divenendo collaboratore dello studio di pittura Ducros-Volpato molto attivo nel soddisfare la crescente richiesta di disegni ed acquerelli da parte dei viaggiatori europei del Grand Tour. Dopo un periodo a Napoli nel 1798 Keiserman torno a Roma e aprì uno studio al civico 31 di piazza di Spagna. In poco tempo crebbe la sua fama tanto da essere considerato una delle maggiori personalità artistiche a Roma negli anni tra XVIII e XIX secolo. L’artista entrò in contatto con Bartolomeo Pinelli. I due divennero collaboratori: mentre Keiserman concentrava la sua attenzione sul paesaggio, Pinelli completava le opere con le “figure”. Il sodalizio si interruppe nel 1809. Lo studio di Keiserman vedeva tra i frequentatori molti collezionisti del tempo tra i quali il principe Camillo Borghese, il principe Aldobrandini, il principe Gustavo di Svezia e il principe russo Gregorio Volkonskj. Alla sua morte lo studio e l’ingente eredità passarono al figlio adottivo Charles-Francois Knébel. Si veda immagine di controcopertina

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Gente di Bracciano

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