I binari spaccabracciano Oltre un secolo fa l’attuazione di un tracciato ferroviario che oggi divide il paese
O
ggi, per chi vive a Bracciano, è molto sentito un problema strettamente connesso alla ferrovia, cioé il passaggio a livello che intasa il traffico cittadino in particolari momenti. Coloro, invece, che utilizzano il treno per gli spostamenti, evidenziano un altro fattore strutturale negativo nel mancato raddoppiamento dei binari. Le ragioni di queste difficoltà vanno ricercate all’origine quando, nella seconda metà del 1800, la ferrovia fu concepita non per il trasporto giornaliero delle persone bensì dei materiali o per limitati, specifici eventi. L’intento di realizzare una ferrovia, che in qualche modo avrebbe potuto coinvolgere il territorio di Bracciano, risale a poco dopo gli anni 1870, quando si stava elaborando il progetto del collegamento di Roma con Viterbo. Ma l’idea originaria, pensata intorno al 1850 durante lo Stato Pontificio, poi ripresa ed elaborata dallo Stato italiano, non era quella motivata dalla esigenza di collegare Roma con Viterbo, bensì Civitavecchia con Viterbo e Orte, per poi proseguire fino ad Ancona, cioè per assicurare un collegamento terrestre tra il mare Tirreno e l’Adriatico. Le vicende belliche connesse ai tentativi di annessione di Roma al Regno d’Italia avrebbero reso la linea utile anche per trasportare nei territori interni le truppe francesi che accorrevano in difesa dello Stato Pontificio sbarcando a Civitavecchia. Occorre tener presente che nel 1859 era stata inaugurata la tratta Roma-Civitavecchia e, quindi, la Civitavecchia-Viterbo costituiva il logico proseguimento di quanto già realizzato. Con la conquista di Roma da parte del Regno d’Italia, divennero non più urgenti e attuali le ragioni militari che ne avevano motivato la progettazione e fu così che al percorso originario, che da Civitavecchia raggiungeva Viterbo attraverso Capranica, fu preferito anticipare il collegamento che da Roma portava a Capranica, con una diramazione protratta fino a Ronciglione. La tratta Civitavecchia – Capranica – Orte fu successivamente ripresa e completata nel 1929 sempre con l’intento, poi non realizzato, di proseguirla verso l’Adriatico in modo da collegarla con il porto di Ancona e servire anche le acciaierie di Terni che nel frattempo erano sorte. Nel 1961, invece, causa una frana, la linea Civitavecchia – Capranica è stata chiusa. Successivamente sono stati effettuati importanti lavori di ristrutturazione ma senza mai arrivare al suo ripristino. Per alcuni anni il progetto sembrava fosse stato accantonato definitivamente, ma in questi ultimi tempi si è acceso un nuovo interesse alla riapertura che vede coinvolte anche le strutture comunitarie europee. Ritornando alla ferrovia Roma – Viterbo, nelle intenzioni dei progettisti la linea non doveva passare per Bracciano bensì lungo la direttrice della via Cassia, più lineare e maggiormente popolata. Ci furono intense dispute, sfociate nella petizione presentata al Parlamento nel maggio 1884, per modificare il tracciato inizialmente previsto e alla fine Bracciano prevalse. L’approvazione di questa variante fu dovuta alle forti pressioni esercitate dagli Odescalchi, che puntavano ad un rilancio economico ed a una valorizzazione dei loro possedimenti, nonché da Tommaso Tittoni, che ricopriva la carica di Presidente del Consorzio che doveva realizzare l’opera e la cui famiglia aveva interessi a Manziana. Tommaso Tittoni è stata una personalità politica di rilievo: fu deputato e senatore (fu anche Presidente del Senato per vari anni), ambasciatore e più volte Ministro degli Esteri e, nel 1905, anche Presidente del Consiglio dei Ministri, sia pur per soli 15 giorni. Il progetto fu così variato adducendo motivazioni di carattere economico-sociale e, tra le altre, furono indicate anche ragioni di utilità militare dal momento che a Bracciano cominciavano a stabilizzarsi i primi insediamenti di quella che sarebbe poi diventata la Scuola di Artiglieria. Il percorso definitivo della ferrovia si spostò quindi più ad ovest seguendo, nella parte centrale, proprio il vecchio basolato della via Clodia ed interessando il territorio di Bracciano. Anche il nuovo tracciato della ferrovia era stato concepito e realizzato prevalentemente per ragioni economiche connesse all’agricoltura e silvicoltura (soprattutto taglio dei boschi), non certo per il trasporto umano quotidiano, al tempo inesistente e forse anche difficile da prevedere e ipotizzare negli sviluppi futuri, dati i tempi. La natura prettamente agricola della
ferrovia viene confermata e dimostrata anche dalla ubicazione delle stazioni: Crocicchie, Anguillara, Cesano, La Storta e S. Onofrio (l’odierna Monte Mario) al tempo erano totalmente fuori o distanti da nuclei abitati significativi. Anche il tratto del Viterbese presentava tutte le stazioni fuori dai centri abitati (Capranica, Vico Matrino, Vetralla, S. Martino al Cimino). Perfino il tracciato che attraversava il territorio di Bracciano doveva passare più a nord, oltre i “Cappuccini”, e la stessa stazione di Bracciano era stata inizialmente prevista nella zona degli archi di Mazzasette. La variante è avvenuta solo in corso d’opera per le pressioni locali e per aver gli Odescalchi messo a disposizione il terreno ed il Comune contribuito alla maggiore spesa con propri fondi. Illuminante è invece la circostanza che la stazione di Manziana è ubicata proprio in prossimità dell’abitato, ma nei pressi c’era la casa di Tittoni. Con Regio decreto del 28 aprile 1889 la “Società Italiana per le strade ferrate del Mediterraneo” fu autorizzata a realizzare l’opera. La costruzione iniziò quasi immediatamente e durò esattamente 5 anni. La sua entrata in funzione avvenne il 30 aprile 1894, con un viaggio inaugurale avvenuto il giorno precedente. I treno partiva dalla stazione di Trastevere (al tempo collocata non nell’attuale sede ma in un edificio di piazza Ippolito Nievo) e, fino a Bracciano, contava 8 stazioni: Trastevere, S. Pietro, S. Onofrio, La Storta, Cesano, Anguillara, Crocicchie e Bracciano. Il viaggio inaugurale del 29 aprile 1894, affollato di autorità, partì da Trastevere alle ore 7 e giunse a Bracciano alle ore 8,38 per poi proseguire a Viterbo e con ritorno nel pomeriggio. La ferrovia rimase a binario unico fino al 2000, quando, dopo circa tre anni di lavori, fu realizzato il raddoppiamento dei binari fino a Cesano, in contemporanea con l’elettrificazione della linea. Per quanto riguarda Bracciano rimangono ancora attuali i programmi che contemplano sia la costruzione del secondo binario sia l’eliminazione del passaggio a livello. In pratica, nel futuro, la linea dovrebbe prefigurarsi come servizio metropolitano in direzione di Roma, ma certo è difficile fare previsioni sui tempi e sulle modalità di realizzazione. Il flusso verso Viterbo, ora poco significativo, è stato invece notevole, a partire da circa il 1950, per gli spostamenti degli studenti che frequentavano le scuole superiori, prima che queste fossero istituite a Bracciano. Il potenziamento della ferrovia influì molto sulla crescita della popolazione di Bracciano perché, a seguito dei lavori del 2000, molti ritennero vantaggioso scegliere Bracciano come residenza, in considerazione dell’importanza di disporre di un valido mezzo di trasporto per il collegamento con Roma, e per i prezzi competitivi delle abitazioni, come dimostra il successivo andamento demografico. Il censimento del 2001 conta 13.436 residenti che passano a 18.549 già nel 2011, con una percentuale di incremento storicamente mai avvenuta nell’arco di un solo decennio. Pierluigi Grossi
di
Gente Bracciano Marzo 2016 - numero 7