Il cinema di Guillaume Apollinaire

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Il

Cdiinema

Guillaume Apollinaire



Il

Carole Aurouet

iCdi nema

e m u a l l i u G e r i a n i l l o Ap manoscritti inediti del primo poeta del cinema Postfazioni di

Isabelle DIu sIlvana CIrIllo


Volume pubblicato con la collaborazione della Bibliothèque littéraire Jacques Doucet, di CINÉ08-19 e della Mission du centenaire de la Première Guerre mondiale.

Ringraziamenti Carole Aurouet esprime innanzitutto il suo più sentito ringrazimento a Isabelle Diu (Bibliothèque littéraire Jacques Doucet) per il suo prezioso aiuto nell’elaborazione del volume. È altresì profondamente riconoscente verso tutti coloro senza il cui contributo questo saggio non avrebbe visto la luce, vale a dire Teresa CAstro (CINÉ08-19/Université Sorbonne Nouvelle-Paris 3), Emmanuelle FlAment-GuelFuCCi (CINÉ08-19/Établissement de communication et de production audiovisuelle de la défense), Béatrice De PAstre (CINÉ08-19/Centre national du cinéma et de l’image animée), Christophe GAuthier (CINÉ08-19/École nationale des Chartes), Candice nivette (Bibliothèque littéraire Jacques Doucet), Antoine Prost (Comité de labellisation de la Mission du Centenaire et de la Grande Guerre), Clément PuGet (CINÉ08-19/Université Bordeaux Montaigne), Véronique rossiGnol (CINÉ08-19/ Cinémathèque française), Anne siGAuD (CINÉ08-19/Musée départemental Albert-Kahn), Marianne simon-oikAwA (Università di Tokyo), Quentin tissot (Mission du centenaire et de la Grande Guerre), Laurent vérAy (CINÉ08-19/Université Sorbonne Nouvelle-Paris 3), Laurent veyssière (Mission du centenaire et de la Grande Guerre) e l’Editore Gremese. Copertina e design grafico: Patrizia Marrocco Crediti fotografici: © Bibliothèque littéraire Jacques Doucet: sceneggiature di Guillaume Apollinaire; copertina; pp. 7, 12 (a sinistra), 15, 18 (a destra), 19, 22, 23, 24, 26 e 27. © Carole Aurouet: pp. 12 (a destra) e 30. Per il caso in cui taluna delle altre fotografie pubblicate in questo volume destinato all’università fosse tutelata da copyright, l’Editore si scusa per non averne dato la doverosa segnalazione, dichiarandosi sin d’ora disposto a revisioni in sede di eventuali ristampe e al riconoscimento dei relativi diritti ai sensi dell’art. 70 della legge n. 633 del 1941 e successive modifiche. Traduzione dal francese: Chloé Lafitte (pp. 7 e segg.: «Le relazioni del poeta con il cinema»; pp. 83 e segg.: «Guillaume Apollinaire, l’“incantatore” di Jacques Doucet»), Dominique Taralon (La Bréhatine. Cinema-dramma in quattro parti; È un uccello che viene dalla Francia) Stampa: FP Design – Pavona (RM) Copyright dell’edizione italiana: 2018 © Gremese International s.r.l.s. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo volume può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in alcun modo e con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6692-043-4


Sommario

Introduzione dell’AutriCe Le relazioni del poeta con il cinema ........................................................................................................ 7 La Bréhatine. Cinema-dramma in quattro parti .............................................................. 33 Prologo ................................................................................................................................................................ 35 Prima parte – Il Faro del Paon ...........................................................................................................................39 Seconda parte – Un grande romanzo a puntate ................................................................................................ 43 Terza parte – L’Abisso ........................................................................................................................................ 55 Quarta parte – Il Pellegrinaggio ......................................................................................................................... 59

È un uccello che viene dalla Francia...........................................................................................71 Postfazione di Isabelle Diu Guillaume Apollinaire, l’“incantatore” di Jacques Doucet ............................................................83

Bibliografia selezionata ............................................................................................................................... 95

5 – Il cinema di Guillaume Apollinaire

Postfazione di Silvana Cirillo Guillaume Apollinaire, nume tutelare delle avanguardie europee ............................................ 87


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Le relazioni del poeta con il cinema

Apollinaire è un poeta, nel senso etimologico del termine (poiein in greco significa “azione del fare, creazione”) e nel senso che ne dà lui stesso: «Colui che scopre nuove gioie, seppur difficili da sopportare. Si può essere poeta in tutti i campi: basta essere avventurosi e andare alla scoperta»1. Così, il poeta prova a essere uno sperimentatore intrepido di questo nuovo mezzo di espressione, nato nel 1895, quando lui aveva quindici anni. Nei primi anni del Novecento, epoca in cui il cinema si chiama ancora cinematografo, le proiezioni si svolgono nelle boutiques, nei centri ricreativi, negli hangar o nei rifugi allestiti nelle piazze dei paesi. Poi, le sale dei music-hall e dei caffè-concerto si trasformano per accogliere le proiezioni, portando progressivamente alla nascita di locali appositi. Le sale di proiezione si insediano lungo i grandi boulevards parigini a partire dal 19062. Quando Apollinaire comincia a interessarsi al cinematografo, questo gode di una pessima reputazione: considerato un genere popolare, suscita disdegno e resistenza presso la maggior parte degli ambienti colti e intellettuali. Così la stampa generalista degli anni Dieci sottolinea spesso l’influenza negativa del cinema sul pubblico. Si parla della sua immoralità, del fascino e dell’accessibilità di un’immagine percepita come una regressione e di un divertimento che non merita né attenzione né rispetto. Quando, nel mese di novembre del 1913, ne La Revue de Paris, rivista letteraria destinata alla borghesia illuminata, Henri-Robert firma un lungo articolo sulla criminalità giovanile, egli fa un inventario delle cause del suo 1. Apollinaire Guillaume, L’Esprit Nouveau et les poètes, pubblicazione degli atti della conferenza “L’Esprit Nouveau“ del 26 novembre 1917, Mercure de France, primo dicembre 1918. 2. Vedere Meusy Jean-Jacques, Paris-Palaces ou le temps des cinémas (1894-1918), Éditions CNRS, AFRHC, 1995, 560 p.

7 – Introduzione

Guillaume Apollinaire ha collaborato spesso con giornali e riviste, tanto che all’inizio del 1908 abbandona definitivamente il suo impiego in banca per vivere della propria attività di critico d’arte. Le sue recensioni ricoprono un arco di tempo che va dal 1902 al 1918 e fungono da testimonianze delle sue idee estetiche, della sua conoscenza dell’argomento e del suo ruolo nello sviluppo dell’arte moderna. I suoi scritti sul cinema sono meno numerosi rispetto a quelli sulla pittura, ad esempio, Guillaume Apollinaire verso il 1905. ma i testi e le affermazioni su questo nuovo mezzo di comunicazione sono sufficientemente variegati e interessanti da meritare un’analisi. Inoltre, Apollinaire non si è espresso sull’argomento solamente con articoli e interviste, ma ha integrato il cinema in modo proteiforme alla sua opera letteraria. E soprattutto, è uno dei primi poeti ad aver scritto per il cinema, consegnando una sceneggiatura a quattro mani in collaborazione con André Billy e un secondo manoscritto, incompiuto, elaborato da solo. Apollinaire muore il 9 novembre del 1918. Cento anni dopo, è giunta l’ora di fare luce sui suoi rapporti con il cinema.


aumento, citando, tra le altre, anche il cinema! Lo storico e avvocato spiega che il suo potere sugli individui è enorme e che difatti è «ancora più pericoloso del libro o del giornale. L’immagine vissuta, o meglio, apparentemente viva, impressiona il cervello in modo più profondo rispetto al disegno o alla scrittura». L’idea è sostenuta da due fatti di cronaca: «Così, in Germania, una giovane domestica di quindici anni assiste a una rappresentazione cinematografica e vede un film che mostra un servitore che, per vendicarsi dei suoi padroni troppo severi, versa del veleno nella loro cena… Tornata dai suoi padroni e nonostante loro siano gentilissimi con lei, la giovane imita, il giorno dopo, quello che ha visto al cinema… Un altro ragazzino, dopo aver visto al cinema un borseggiatore che derubava i viaggiatori nella metro, viene arrestato in pieno borseggio!». E Henri-Robert conclude: «Potrei fare molti altri esempi… Non avevo forse ragione dicendo che la situazione è allarmante?». Ne auspica quindi il divieto e la repressione poiché il cinema è decisamente molto poco raccomandabile. È quindi una sorta di “cinefobia” che si manifesta in alcuni ambienti. La gente seria e rispettabile non si reca nelle sale oscure! Di fatto, per Apollinaire il cinema è un mezzo di comunicazione popolare, scevro da ogni intellettualismo, dotato di una dimensione rivoluzionaria, nel senso che è in grado di contribuire alla lotta culturale tra le classi e al processo di democratizzazione. In quanto mezzo anti-culturale per i ribelli, il cinema diventa agli occhi del poeta molto seducente e promettente.

Vivere il cinema Il cinema di Guillaume Apollinaire – 8

Apollinaire non dà nessuna informazione sulle sue pratiche o sui suoi gusti cinematografici né nei suoi scritti né nei diari o quaderni personali. Bisogna dunque andare a rintracciare piccoli stralci d’informazioni nelle testimonianze dirette o indirette. Nel 1928, Robert Desnos scrive: «Conosco una vecchia sala di Montmartre allora frequentata da Guillaume Apollinaire. È arredata come una serra. Il soffitto è suddiviso a scacchiera da grandi travi di

ferro, mentre sottili colonne in ghisa sostengono la sua balconata»3. Più tardi, Jacques-Bernard Brunius afferma che Apollinaire inizia a interessarsi ai western intorno al 1913: «[…] nella sua rivista Les Soirées de Paris, Guillaume Apollinaire si dava pena di recensire qualche oscuro “Western”, trovandovi una nuova forma di emozione poetica, cosa che veniva vista ancora come semplice eccentricità»4. Brunius fa sicuramente riferimento all’articolo sul cinema western pubblicato nel 1914, firmato però da Maurice Reynal: “I danni dell’alcool”5. Dal canto suo, Fernand Léger racconta di aver scoperto Charlot grazie ad Apollinaire: si trattava del film Tempi moderni, che vide al Ciné Montparnasse durante una licenza nel 19166. Léger ha peraltro redatto nel 1920 la sceneggiatura di un cartone animato, ispirato alla goffaggine meccanica di questo personaggio, e che unisce cinema e pittura: Charlot cubista. Di questo progetto sono state girate solo due sequenze, ma il suo protagonista – costituito da elementi di legno dipinti e fissati su un compensato – è stato usato nel 1924 nei titoli di testa di Ballet mécanique7. I soldati guardano i film di Charlot durante le licenze ma talora anche nella salette dei campi adibite alle proiezioni. È il caso di Apollinaire. La biografa del poeta, la docente universitaria Laurence Campa, ci spiega che quest’ultimo «si deliziava dei Fantômas di Feuillade»8. La profonda infatuazione del poeta per i trentadue romanzi di Pierre Souvestre e Marcel Allain è ben nota. Emblematici della letteratura popolare della Belle Époque9, sono stati pubblicati tra il 1911 e il 1913 e hanno suscitato nel poeta un 3. Desnos Robert, “Salles de cinéma”, Le Soir, 23 maggio 1928. Nonostante le nostre ricerche, non abbiamo ancora trovato la sala in questione. 4. Brunius Jacques-Bernard, En marge du cinéma français, Éditions L’Âge d’homme, 1987, 148 pp., p. 36. 5. Raynal Maurice, “Les Ravages de l’alcool”, Les Soirées de Paris, luglio-agosto 1914. 6. Citato in Janicot Christian (dir.), Anthologie du cinéma invisible: 100 scénarios pour 100 ans de cinéma, Éditions Jean-Michel Place/Arte, 1995, 670 pp., p. 352. 7. Le Ballet mécanique è un film di sedici minuti diretto insieme a Dudley Murphy. 8. Campa Laurence, Guillaume Apollinaire, Gallimard, Coll. NRF Biographies, 2013, 864 pp. , pp. 682. 9. Sull’argomento, vedere Kalifa Dominique, Tu entreras dans le siècle en lisant Fantômas, Éditions Vendémiaire, 2017, 252 pp.


9 – Introduzione

scritto senza cura ma molto pittoresco» e conclude che Fantômas è «dal punto di vista dell’immaginazione, una delle opere più ricche che esistono»10. Il suo fascino non si spegne nel passaggio dalla carta alla pellicola, cioè quando Louis Feuillade realizza un adattamento cinematografico in cinque puntate, apparse sugli schermi nel 1913 e nel 1914 per la Gaumont: Fantômas, Juve contre Fantômas, Le mort qui tue, Fantômas contre Fantômas e Le Faux Magistrat. Se il poeta non si esprime esplicitamente riguardo questo serial francese che ha riscontrato un grande successo, il suo amico André Salmon, nelle sue memorie, rievoca, con incomprensione, la contemplazione estasiata di Apollinaire di «questi mélo assurdi trasposti per la lanterna magica»11. Inoltre, nella rivista letteraria e artistica Les Soirées de Paris, si parla di Fantômas, questo film «fitto, compatto e concentrato» nel quale, come scrive Maurice Raynal, «quanto genio La copertina di Fantômas (1911) di Pierre Souvestre e Marcel Allain, ci brilla!»12. Le ragioni dell’attrazione di e la locandina del film Fantômas (1913) di Louis Feuillade. Apollinaire per questo serial non sono difficili da capire. Innanzitutto, anche il personaggio interpretato da René Navarre esercita lo stesso fascino. Dandy entusiasmo tale che, nel 1913, egli crea con Max Jacob la “Società amorale e flemmatico, Fantômas incarna l’uomo moderno che degli Amici di Fantômas”. Avendo acquistato tutti i volumi, padroneggia i media e le tecnologie del suo tempo. Telefona spesso; Apollinaire li presta anche agli artisti della comunità del XVIII l’invenzione risale certo al 1878 ma il telefono non è ancora molto arrondissement, il Bateau-lavoir, assumendo ancora una volta il usato. Manda frequentemente dei messaggi per posta pneumatica, ruolo di tramite. Tuttavia, è così legato a queste opere che, anche una sorta di antenato degli SMS. Usa i nuovi mezzi di locomozione: se le fa circolare, non le regala, come testimonia una pagina della l’automobile, ma anche la metropolitana, la cui prima linea è sua agenda datata 2 gennaio 1917, sulla quale aggiorna i suoi prestiti e scrive che non ha ancora recuperato i volumi 21, 23 e 10. Apollinaire Guillaume, “Fantômas”, Mercure de France, 16 luglio 1914. 31. Un altro esempio del suo interesse risale al 16 luglio 1914 e si 11. Salmon André, Souvenirs sans fin. Deuxième époque (1908-1920), Gallimard, trova nella rivista letteraria Mercure de France. Apollinaire cita NRF, 1956, 349 pp., p. 89. «questo straordinario romanzo, pieno di vita e di immaginazione, 12. Raynal Maurice, “Fantômas”, Les Soirées de Paris, luglio-agosto 1914.


stata inaugurata a Parigi nel 1900. Questa modernità si ritrova anche nella scenografia di Louis Feuillade. In effetti, il regista porta la telecamera fuori dagli studi, gira per strada, persino nei quartieri popolari, il che spiega gli sguardi stupiti verso la macchina da parte dei passanti sullo sfondo. E fa anche entrare – forse per la prima volta al cinema – la sua cinepresa in un convoglio della metropolitana. Così, dai suoi film appare una dimensione realistica assai avvincente, vivida e naturale, che ha colpito gli

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Pubblicità del 1913 per Fantômas di Louis Feuillade, proiettato al Gaumont Palace.

spettatori di allora. Ciò che sicuramente ha affascinato anche Apollinaire è il modo in cui è resa nella pellicola la metamorfosi del protagonista. All’inizio di ogni puntata, lo spettatore è messo di fronte ai molteplici visi di Fantômas, che si trucca e spaventa Parigi. La questione del travestimento si pone quindi fin dall’inizio, e l’idea delle maschere è onnipresente. Altro tema altrettanto avvincente, trasposto sul grande schermo con maestria da Feuillade, è quello dell’occulto e del passaggio. In effetti ci viene mostrata una Parigi sconosciuta, una città sotterranea e segreta. Con questa opera, che rimane comunque l’adattamento di un testo letterario, Feuillade evita lo scoglio delle riprese in teatro, usando pienamente le potenzialità del cinema, in accordo con lo spirito dell’opera originale. Tuttavia, a volte, la trasposizione da un mezzo di comunicazione a un altro comporta dei compromessi: così se da un lato sul manifesto del primo film si vede Fantômas che come sempre domina la capitale schiacciandola col piede, dall’altro il pugnale insanguinato che regge nella mano destra sulla copertina del primo volume è stato cancellato. Fantômas ha segnato e influenzato un’intera generazione, anche al di là di Apollinaire. È diventato un mito trasmesso alle future generazioni, come quella dei surrealisti, e continuamente riattivato. A modo suo, Apollinaire ha quindi contribuito alla creazione e alla persistenza di questo mito. Il primo agosto 1914, lo spettatore Apollinaire passa davanti all’obiettivo! Con il suo amico André Rouveyre, si reca presso la sede del quotidiano Comoedia, per consegnare un articolo su Deauville, quando la loro attenzione è improvvisamente attratta da… ma lasciamo a Rouveyre il compito di raccontarci questa esperienza unica: «I nostri sguardi si posarono su una bancarella improvvisata all’interno di un piccolo negozio sfitto, e avemmo entrambi la stessa idea: ci lasceremo in circostanze difficili… sarebbe bello farci riprendere insieme in un filmato… entrammo e, una volta pagato, ci condussero in una sorta di garitta di legno ricoperta per metà da cartone argentato e per metà da zinco, con il fondo dietro di noi, coperto da una lamiera ondulata, dove avevamo a malapena lo spazio per muoverci, schiacciati


uno contro l’altro, incastrati; con il dubbio quasi, in quel caldo, di poter respirare… Quella situazione ci divertiva e ci faceva sentire ben disposti. Di fronte, la macchina da presa, massiccia e bassa, con il suo grosso obiettivo. A sinistra, puntato su di noi, vicinissimo, un cartone dipinto con colori chiari mandava su di noi un’intensa luce artificiale. Guardavamo curiosi quello strano posto, che non serviva certo a fulminarci, ingenui come eravamo, quando una voce ci disse: “Si comincia!” e toc, uno scatto, e poi tutto un traballamento, uno scuotimento meccanico, all’interno della macchina, un piacevole concerto ferroviario, con piccoli colpi regolari che facevano traballare tutto quello che c’era sul nostro patibolo mentre nel frattempo, avevano proiettato su di noi una luce più chiara. Còlti inizialmente di sorpresa – ma ormai non potevamo più scappare – presto capimmo che non dovevamo restare immobili. Ebbi la prontezza di girarmi verso Apollinaire e dirgli: “Dobbiamo muoverci, dire una cosa qualsiasi, altrimenti

sembreremo due stupidi!”. Questa cosa lo fece ridere e, agitandosi, balbettò alcune parole confuse che io non sentii, accompagnandole con i gesti che si vedono nella sequenza delle immagini. All’improvviso, tutto finì». Di questa scena oggi rimane la riproduzione delle cinquanta immagini raffiguranti i due compari. Per vederli prendere vita «basta raggruppare le cartoline nella mano destra e sfogliarle col pollice, procedendo con più o meno velocità o lentezza come più si desidera, o per vedere i movimenti susseguirsi nel loro insieme, o per frammenti, o persino per fermarsi su un’immagine in particolare. Così tutti possono usare le cartoline come preferiscono, e a seconda delle proprie emozioni», ci confida Rouveyre. Finita di stampare il 20 giugno del 1944, un’edizione rara (cento esemplari numerati da uno a cento; quindici fuori commercio numerati da I a XV) ha permesso di vedere per la prima volta su carta queste preziose immagini (i negativi sono stati distrutti dopo la stampa)

11 – Introduzione

Fotogrammi di Charlot entra nel cinema (1914), diretto da Georges Nichols.


Il frontespizio dell’edizione del 20 giugno 1944.

Esprimersi sul cinema

Il cinema di Guillaume Apollinaire – 12

Fotogrammi di Apollinaire insieme ad André Rouveyre il primo agosto 1914.

con il titolo: Apollinaire ripreso nel 1914. Riproduzione di 50 immagini in ricostituzione dalla piccola macchina animata. È nell’avviso che precede queste riproduzioni, pubblicate da Le Point (Lanzac par Souillac – Lot), che Rouveyre ci consegna la preziosa testimonianza di cui avete appena letto un estratto.

Il 21 settembre del 1905 compare “Il Cinematografo” all’interno del Journal de Salonique, quotidiano «politico, commerciale e letterario» che fungeva da legame tra i Tessalonicesi di Parigi e quelli rimasti in patria. Apollinaire vi pubblica tre racconti, un resoconto, una lettera e la recensione che ci interessa. Contrariamente a quello che potrebbe indicare il titolo, il cinema non è tra gli argomenti trattati, ma lo è nella forma che Apollinaire dà al suo testo. Alla fine, si tratta di scrivere come al cinema piuttosto che sul cinema. In effetti, i montaggi delle immagini cinematografiche specifiche relative agli spettacoli dell’epoca ispirano al poeta un collage letterario di tre testi datati rispettivamente 10 agosto, 20 agosto e 3 settembre. Il primo è lungo il triplo dei due testi successivi. Tratta dell’Esposizione di Liegi e fa parte del corpus di scritti sull’arte. In queste righe, il poeta si lamenta del fatto che «tutte le esposizioni si assomiglino» e che non venga data «nessuna importanza allo stile moderno». Sebbene anche lui non l’apprezzi particolarmente,


13. Del lardo, forse, dell’arte, mai. Gioco di parole tra lard (lardo) e l’art (l’arte) [N.d.T.].

La prima pagina de L’Intransigeant del primo marzo 1910.

Il secondo testo conta una quindicina di righe e tratta del velodromo del Parco dei Principi dove Apollinaire si reca per la prima volta. Inaspettatamente, è molto preso dal luogo ed è d’accordo con le affermazioni del suo interlocutore Malloué, giornalista del quotidiano La Petite République, il quale sostiene che «questa folla, questi corridori, questa pista, non danno per niente la stessa sensazione, poniamo, di una corsa di cavalli» . E Apollinaire conclude aggiungendo che questo velodromo «già un po’ fuori moda commuove in un modo speciale» e possiede «il fascino di certe stampe giapponesi». Con il poeta, l’arte non è mai lontana. Il terzo e ultimo testo, della stessa lunghezza del secondo, è dedicato alla Festa delle Logge che torna a far parlare di sé dal momento che offre una cura di giovinezza grazie all’automobile. Apollinaire nota con gioia la presenza di «piccole balere provvisorie […] allestite sotto delle tende» e si compiace del fatto che «ovunque è esposto l’invitante cartello “Qui, si può portare il proprio pranzo, il coperto è gratuito”». Con “Il Cinematografo”, Apollinaire propone un montaggio letterario di tre eventi diversi, come se fossero tre immagini cinematografiche d’attualità poste una di seguito all’altra. A prima vista, nessun legame sembra unirle. Presto però il filo conduttore della modernità si rivela e permette di associarle: lo «stile moderno» del primo testo, il velodromo «estremamente moderno» del Parco dei Principi nel secondo, la Festa delle Logge, che «ritorna a essere di moda grazie all’automobile» – invenzione moderna per eccellenza – nel terzo. Per “Le Cinéma à la Nationale” pubblicato il primo marzo del 1910 nel quotidiano L’Intransigeant, Apollinaire adotta lo pseudonimo di Pascal Hédégat per affrontare la questione della conservazione delle creazioni cinematografiche. Si tratta di un racconto – non privo di umorismo – su un uomo che vuole consultare delle sceneggiature e dei film alla Biblioteca Nazionale di Francia, per scrivere un’opera intitolata Come lo svolgimento al contrario dei film cinematografici influisce sui costumi. Ora, le sceneggiature depositate non sono inventariate; per quanto riguarda i film, essi non possono essere visionati per mancanza

13 – Introduzione

ritiene che «la gente stessa alla quale, come a [lui], non piacciono i prodotti di questa novità deve riconoscere l’interesse dell’unico tentativo che è stato fatto per liberar[li] dagli eterni stili Enrico II, Luigi XV o Luigi XVI». Questi “stili sempiterni” compaiono spesso nella critica d’arte di Apollinaire, con quella stessa ironia che qui raggiunge l’apice nell’incisiva formula finale, un ottosillabo sincopato ogni due sillabe, che unisce assonanza e allitterazione: “Du lard, peut-être, de l’art, jamais”13.


Il cinema di Guillaume Apollinaire – 14

di attrezzature adeguate. Certo, questo testo è firmato con uno pseudonimo. Tuttavia, le convinzioni del narratore sono anche, con ogni probabilità, quelle dell’autore. Dietro una parvenza leggera e divertente, questo testo non fa altro che porre domande sull’archiviazione, la conservazione e la consultazione degli elementi cinematografici14. L’articolo inizia così: «La Biblioteca ha ricevuto le sceneggiature e non le ha catalogate; ha ricevuto i film e rifiuta di comunicarlo. Ci impediscono il progresso. Mi interesso soprattutto al progresso. Ogni invenzione trova in me un ammiratore edotto, o almeno entusiasta. D’altro canto, le lettere e le arti, sono la mia consolazione e soddisfano il mio amore per il bello, per il sensato. Dopodiché, si può immaginare senza difficoltà che il fonografo e il cinematografo esercitino su di me un fascino senza pari. Soddisfano contemporaneamente il mio amore per la scienza, la mia passione per le lettere e il mio gusto artistico». Il personaggio inventato è deluso perché da un lato le sceneggiature che vorrebbe consultare non sono accessibili, e dall’altro perché sono lasciate a marcire negli scantinati. Le difficoltà incontrate dall’autore di questa richiesta assumono la forma di un racconto che unisce l’aneddoto ai fatti di cronaca in un modo molto divertente. Onnipresente, l’umorismo evolve in crescendo al fine di porre l’accento sull’assurdità di tale situazione: la richiesta di consultazione delle sceneggiature e dei film da parte del ricercatore si rivela una vera e propria missione. Prima dedica un bel po’ di tempo a cercare nei cataloghi stampati, sotto le seguenti voci: cinematografo, sceneggiatura, sceneggiature, soggetto, canovaccio, e piano. Invano. Compila poi una scheda verde sulla quale indica il suo nome, il suo indirizzo e la sua richiesta, nella fattispecie: «Qualche sceneggiatura per cinematografo». Aspetta, un’ora. Viene convocato in un ufficio dove gli viene detto che, formulata in quel modo, la sua richiesta non può essere soddisfatta. Se da un lato è possibile richiedere genericamente delle opere di medicina o dei vocabolari di lingue straniere, dall’altro per 14. Alcuni paragrafi di questo articolo sono trattati da Guillaume Apollinaire in Le Rabachis, Œuvres en prose complètes de Guillaume Apollinaire, Édition de Michel Décaudin, Parigi, Gallimard, Coll. Bibliothèque de la Pléiade, volume I, 1977, 1560 pp., pp. 528-533.

le sceneggiature bisogna precisare il titolo, il formato, il luogo e la data di stampa. Si possono fare dieci richieste. Il ricercatore spiega che è impossibile essere a conoscenza di tutte quelle informazioni, che le sceneggiature sono manoscritte o dattilografate, che non sono presenti in libreria, ecc. «Faccia come vuole!» è l’unica risposta del bibliotecario. Il ricercatore compila dieci schede, con i titoli di dieci scene cinematografiche. Aspetta un’altra ora. Lo convocano nuovamente nell’ufficio di prima per spiegargli che è il primo lettore a fare una tale richiesta. Molti di quei documenti si trovano negli archivi, su dei fogli sciolti occasionalmente raccolti con delle graffette. L’anno precedente ne sono arrivati circa tremila e non sono stati catalogati. Sono tutti ammassati e nessuno sa ancora che fine faranno. L’amministrazione non ha ancora deciso niente. Allora il lettore chiede di poter visionare i filmati stessi. La situazione va per le lunghe e il bibliotecario, visibilmente irritato, distolto dalla lettura dei Racconti della Beccaccia di Guy de Maupassant, alla fine gli risponde: «No, signore, non siamo ancora attrezzati per poter fornire quelle cose… Ci pensi, lei vorrebbe srotolare qui dentro seicento metri di pellicola fragilissima. No, signore, i nostri impiegati non sono qui per arrotolare quel che lei vuole srotolare… La sua postazione, signore, presenterebbe a fine giornata uno spettacolo desolante e di sicuro poco banale… Seicento metri di pellicola fotografica… ma, signore, avremmo l’impressione che la Biblioteca Nazionale sia afflitta da un verme solitario… No, no, no, niente del genere, Lisette!... Renderemo disponibili i film solo quando avremo scoperto un modo per farlo… Arrivederci, signore!». E il testo si conclude in questo modo: «Molto bene!... Ma questi film, queste sceneggiature, non sono stati mandati alla Biblioteca Nazionale per marcire nei vostri scantinati. Bisogna diffonderli il prima possibile presso il pubblico, che ama in tutto e per tutto il progresso». Apollinaire testimonia così l’importanza che dà al cinema. Se quest’ultimo merita archiviazione, conservazione e consultazione, allo stesso modo della letteratura, ad esempio, è proprio perché è un’arte importante. Il fatto che questo articolo sia stato pubblicato qualche settimana dopo la grande inondazione di Parigi non è privo di significato. Il quaderno di Apollinaire contenente i ritagli dei


Il quaderno di Guillaume Apollinaire.

15. Il gioco di parole è tra “cruda” (crue) e “cotta” (cuite), poiché “crue” significa anche “esondazione” [N.d.T.]. 16. Vedere: Mazaraki Magdalena, “Boleslas Matuszewski: photographe et opérateur de cinéma”, 1895, 2004, n°44, pp. 47-65 e Gunthert André, “Boleslas Matuszewski. Écrits cinématographiques”, Études cinématographiques, dicembre 2007, messo in rete il 21 settembre 2008, URL: http://journals.openedition.org/ etudesphotographiques/1593, consultato il primo maggio 2018.

15 – Introduzione

suoi articoli del 1910 è rivelatore: “La Crue et le Cuite”15 (gennaio), “L’inondazione” (gennaio), “La Senna da fare” (febbraio), “La Senna risale” (febbraio), ecc. In questo stesso quaderno troviamo anche incollato un ritaglio di giornale, intitolato “Il Cinematografo e i costumi”, nel quale Apollinaire ha scritto «È stata appena fondata in Germania una Società per il rilancio morale e scientifico del cinematografo. Naturalmente, queste parole sono riassunte in una sola nella lingua tedesca. In Francia, si va al café per giocare a carte o parlare di letteratura; i nostri vicini oltre il Reno hanno la birra triste. Se vanno in birreria, si occupano di scienza e di morale… tuttavia non si perdono un boccale». Questo breve articolo è stato pubblicato nella rubrica “Echos” del quotidiano Paris-Journal il 20 febbraio del 1910. Come già detto in precedenza, il cinema è ancora un’arte nuova. Sembra che il problema della conservazione dei film si ponga per la prima volta nel 1898, grazie all’operatore polacco Boleslas Matuszewski, che la evoca in due testi: Una nuova fonte di storia, creazione di un deposito di cinematografia storica e la Fotografia animata, quel che è e quel che deve essere. Questa conservazione degli elementi cinematografici si inserisce in una prospettiva di testimonianza storica16. A partire dal 1907, Pathé deposita alla Biblioteca Nazionale di Francia un gran numero di sceneggiature per proteggersi da eventuali contraffazioni. Da una parte, ci sono i riassunti dei film, spesso scritti a fini promozionali, che contengono anche dei fotogrammi su carta fotografica che sostituiscono il film stesso, e dall’altra parte, le sceneggiature più dettagliate, con numeri che presentano le scene e le indicazioni tecniche. La Biblioteca Nazionale di Francia non era disposta a conservare i film, la cui pellicola a base di nitrato di cellulosa costituiva un pericolo per le collezioni circostanti. Da qui, la scelta di privilegiare i testi rispetto all’immagine, ossia


la conservazione delle sceneggiature su carta17. In realtà, queste ultime non sono “marcite”: centinaia di sceneggiature di Pathé, illustrate da fotogrammi, coprono un arco di tempo che va dal 1907 al 1917. Certo, alcuni film sono scomparsi e le difficoltà di consultazione sono state reali, ma alcune riflessioni pronunciate dal bibliotecario di Apollinaire dimostrano anche che il riconoscimento e lo status attribuiti al cinema non sono affatto scontati nel 1910, il che probabilmente non è slegato dal poco interesse mostrato per la sua conservazione. Il bibliotecario fa qualche insinuazione che riflette il disprezzo che il nuovo mezzo di comunicazione suscita ancora presso certi ambienti: «Dei film? Forse vuole anche dei film di malavita?». Lo stesso Apollinaire ha trascorso molte ore presso la Biblioteca Nazionale di Francia, e più precisamente all’Inferno, dove si è nutrito di letteratura esoterica ed erotica. Probabilmente il poeta si avvale dell’esperienza vissuta in prima persona dei misteri del luogo, delle sue assurdità, e della propria sensibilità circa le questioni riguardanti la conservazione delle opere. Apollinaire è all’origine, con Fernand Fleuret e Louis Perceau, del primo catalogo de L’inferno della Biblioteca Nazionale, stampato nel 1913 dal Mercure de France. Durante le sue ricerche, il poeta ha probabilmente sentito dire spesso: “Sono forse dei libri di malavita che vuole?”. Bisognerà aspettare il 1913 per sentir parlare di “cinemateca” e il 1926 per vedere aprire la Cinemateca municipale della città di Parigi e la Cinemateca centrale dell’insegnamento professionale. Apollinaire, come sempre, fa parte di quelli che aprono la strada.

Il cinema di Guillaume Apollinaire – 16

Nel 1913, il poeta consente l’introduzione della rubrica di cronaca cinematografica di Maurice Raynal all’interno della rivista letteraria e artistica Les Soirées de Paris, fondata un anno prima da lui insieme agli amici André Billy, René Dalize, André Salmon e André Tudesq, a conferma che il suo interesse verso questo mezzo di espressione non si è spento. Il 15 novembre del 1913 viene 17. Vedere: Carou Alain, “Les Fonds de scénarios des premiers temps”, Revue de la Bibliothèque nationale de France, 2007, n°27, p. 24 e Ciezan Valérie, “Bibliothèque nationale, les scénarios Gaumont (1906-1924)”, Cinémathèque, 1992, n°2, pp. 130135.

lanciata una nuova linea editoriale. Il tono è stabilito subito da Jean Cérusse, pseudonimo di Serge Férat, oramai codirettore della rivista insieme ad Apollinaire: «Soffochiamo nelle bare dei nostri antenati: è il disgusto fisico, un’agitazione quasi bestiale: il vento che smuove i sassi lungo il cammino dell’Avvenire. Non è il momento di pretendere dei capolavori; bisogna applaudire il coraggio, l’odio che sbava e urla, lo spirito combattivo di quelli che si oppongono alla routine». Les Soirées de Paris inizia dunque a svolgere appieno il compito che si è prefissata: esplorare e rivelare i talenti, essere un luogo di innovazione e interessarsi a nuove forme d’arte. Quali sono le differenze sostanziali? I numeri sono illustrati, i collaboratori cambiano, il contenuto si avvicina alle avanguardie in modo più radicale e soprattutto, per quel che ci riguarda, compare la “cronaca cinematografica” di Maurice Raynal, nel dicembre del 1913. Il termine “cronaca” dà subito l’idea della periodicità della nuova iniziativa. E in effetti, la cronaca cinematografica sarà presente fino all’ultimo numero di luglio-agosto del 1914. In otto mesi e in quattro numeri, sono analizzati quattordici film, nell’ordine: L’île d’épouvante, Le Secret d’Andrinople, Polydore, Le Savetier et le Financier, Un bienfait n’est jamais perdu, Les Yeux de la Chimère, Haine de Race, Trente ans dans la vie d’un joueur, Le Clou de la morte!, Chasse d’Afrique, A Montcalm Palace, La Soif de l’Or, Ravages d’alcool, Rêve d’opium e Fantômas. Una questione però merita di essere sollevata: quella della paternità della cronaca. Maurice Raynal è un critico e storico dell’arte, appassionato di letteratura e di pittura, i cui scritti sul cinema si limitano alla mera cronaca18. Invece, Guillaume Apollinaire ama profondamente il cinema: si reca nelle sale oscure; scrive sul cinema; assembla alcuni testi come al cinema; parla di cinema; compone per il cinema. Inoltre, l’abbiamo visto, il poeta si diletta di western e puntate di Fantômas, entrambi presenti nei suoi resoconti. Il contesto ci spinge dunque a chiederci se non sia stato Apollinaire stesso a scrivere le suddette cronache. Alcuni, come la docente universitaria Maria Dario, sostengono che tale rubrica 18. Vedere: Raynal David, Maurice Raynal. La Bande à Picasso, Éditions OuestFrance, 2008, 140 pp.


19. Dario Maria, Les Soirées de Paris, laboratorio creativo dell’avanguardia, Padova, Unipress, 2009, 248 pp., p. 98; citata da Isabel Violante nella sua introduzione alla riproduzione della seconda serie de Les Soirées de Paris, Éditions Édite, 2012, 615 pp., p. 10. 20. In francese l’espressione “treize à la douzaine” (tredici a dozzina) sta a significare una grande quantità di qualcosa. Fa riferimento alla passata usanza dei commercianti di quartiere di aggiungere sempre gratuitamente un extra non

ottengono facilmente sconti del 50% su tutti i posti e che a questo punto non mi stupirebbe se si desse anche del denaro per occupare i posti inferiori, allora non sarebbe questo un luogo da incoraggiare? Certo, è vero che è appena fallito, ma alla fine l’intento era comunque eccellente» (luglio-agosto 1914, n°26-27). Per tornare ai film in sé, sono citati in modo eclettico sia i trucchi che l’interpretazione degli attori. In merito a quest’ultimo punto vengono denunciati alcuni “abusi”. Tali “abusi” riguardano le parole lette sulle labbra degli attori del cinema muto: «Tuttavia, e benché sia difficile per noi ammetterlo, ci siamo accorti, grazie al movimento delle labbra, che alcuni artisti non usano sempre la squisita educazione che li caratterizza. Non vogliamo fare nomi, ma diremo solo che alcuni attori, approfittando del dialogo muto, non si fanno scrupoli a proferire oscenità che abbiamo immediatamente riconosciuto e che, ancora peggio, non hanno niente a che vedere con le sceneggiature. Ecco un abuso che era opportuno segnalare». Sono fatti anche dei paragoni con gli altri paesi, collocando così il cinema francese all’interno della produzione mondiale. Vengono segnalate anche le differenze tra la qualità delle realizzazioni francesi e quelle americane; ad esempio, per Bienfait n’est jamais perdu che racconta alcuni episodi della guerra di Secessione: «Le battaglie nei film americani sono straordinarie» (dicembre 1913, n°19). Stesso discorso per i film russi: «Se la vecchia allegria francese sta decisamente morendo, dal momento che è stata fondata una lega che tenta di proibire di ridere e conversare durante i funerali, i nostri amici russi sembrano, almeno al cinema, averci superato in questo senso. Per la prima volta, probabilmente, non ci hanno rubato niente. Giudicate voi» e riferisce poi su Clou de la morte! (maggio 1914, n°24). Infine, l’ultimo film recensito nell’ultimo numero di questa cronaca è Fantômas. Precisiamo che questo personaggio è presente in un modo proteiforme, quasi idolatrato nelle Soirées de Paris, soprattutto dalla penna di Blaise Cendrars (“Fantômas”, 15 giugno 1914, n°25) e di Max Jacob (“Scritti per la S.A.F.”, luglio-agosto richiesto alla spesa del cliente. Stesso discorso vale per i “ventuno litri su venti” (vingt et un litres sur vingt) [N.d.T.].

17 – Introduzione

«a volte era redatta da Apollinaire stesso, come si evince dalle sue bozze»19. Ma nonostante le nostre ricerche, non siamo riusciti a trovare le suddette bozze. La cronaca è stata avviata da Apollinaire? Non c’è dubbio. La cronaca è stata corretta intensamente, o scritta interamente da Apollinaire? Forse. In ogni caso, Les Soirées de Paris sembra essere la prima rivista letteraria e artistica francese ad avere una rubrica specifica e ricorrente sul cinema. La cronaca debutta in un modo sorprendente: «Nonostante la grande pubblicità circolata intorno all’adattamento cinematografico di La Glu di Jean Richepin [N.d.R.: con Mistinguett], al cinema Pathé, noi non andremo a vederlo». Per quale motivo? «Siamo avversari irriducibili di questa mania di adattare le opere teatrali o letterarie per il grande schermo […]» (dicembre 1913, n°19). È un appello deciso all’autonomia e all’innovazione nel cinema, che deve affrancarsi dalla letteratura senza ricadere negli adattamenti. È interessante notare come i resoconti riguardino sia i film in sé sia le condizioni di proiezione: «Innanzitutto, niente intervalli ma uno spettacolo continuo; si può vedere più volte lo stesso, cosa alla quale non ci sottraiamo mai. Niente illuminazione in sala (la sala illuminata è un’invenzione stupida), stiamo comodamente seduti; delle deliziose bellezze vengono a cercare compagnia, in pose che la relativa oscurità favorisce; le piccole torce tascabili delle giovani impiegate molto carine a volte sorprendono una mano su qualche coscia o da qualche altra parte; si può fumare, bere, l’orchestra suona “squisitamente stonata, apposta”, o almeno così speriamo, etc., etc.» (dicembre 1913, n°19). Nell’ultima cronaca si parla anche, non senza ironia, dei posti e delle tessere dei cinema: «Agli spettatori si dà una tessera che permette loro, se si recano per cinque volte al Palace, di entrare gratuitamente alla sesta. Insomma, è la tredicesima della dozzina di lumache, e il ventunesimo sui venti litri del droghiere medio20. Inoltre, se si considera il fatto che si


Durante l’estate del 1914, Apollinaire sostiene Léopold Survage affinché possa girare il suo film Le Rythme coloré sull’evoluzione delle forme e dei colori. Da un lato, gli dà spazio in Les Soirées de Paris, dove il pittore spiega il suo progetto: «Il ritmo colorato non è affatto l’illustrazione o l’interpretazione di un’opera musicale. È un’arte

Uno dei dipinti della serie Le Rythme coloré di Léopold Survage.

Il cinema di Guillaume Apollinaire – 18

1914, n°26-27). Il suo aspetto trasgressivo è continuamente sottolineato. Questa volta, si parla esclusivamente del film, introdotto come segue: «E adesso, oserò… non oserò? Insomma, coraggio, e con la grazia di Dio! Adesso… Fantômas. L’esperienza cinematografica è intensa: “Oh nobiltà! Oh bellezza! È uno di quegli argomenti che vi schiacciano, e la maestà serena, come lo splendore inimitabile, lasciano lo spettatore palpitante, con gli occhi spalancati e le labbra mute”» (luglio-agosto 1914, n°26-27). A ogni modo, queste cronache cinematografiche delle Soirées de Paris sono chiaramente redatte da un punto di vista soggettivo. Il tono è allegro, forse leggermente familiare, o forse dovremmo dire più sanguigno, e quindi meno controllato, rispetto a quello usato per la pittura o la letteratura. Ritagli di giornali conservati da Apollinaire.


21. Léopold Survage, testo del plico sigillato consegnato all’Istituto di Francia, Accademia delle Scienze, il 29 giugno del 1914, e riprodotto nel catalogo della mostra “Rythmes colorés”, Museo di Saint-Étienne e Museo de l’Abbazia di Santa Croce, Les Sables-d’Olonne, 1973: citato nel collettivo Cinéma dadaïste et surréaliste, Parigi, Edizioni Musée national d’art moderne/Centre national d’art et de culture Georges Pompidou, 1976, 63 pp., p. 5.

Copertina di SIC, rivista di Pierre Albert-Birot.

Bisognerà poi aspettare il mese di ottobre del 1916 perché Apollinaire si dedichi nuovamente al cinema. Lo fa durante un’intervista sulle nuove tendenze, concessa all’amico Pierre Albert-Birot per la sua rivista SIC22. Guillaume Apollinaire spiega che «non c’è niente di più vicino al popolo del cinema» e che colui «che proietta un film interpreta oggi il ruolo del giocoliere di un tempo». Il cinema è quindi presentato come uno strumento adeguato per una creazione ardita e insolente, pronta a sfidare i gusti tradizionali. Il nuovo mezzo appare allora come 22. “Les Tendances nouvelles. Interview de Guillaume Apollinaire”, Pierre AlbertBirot, SIC, agosto-ottobre del 1916, n°8-9-10.

19 – Introduzione

autonoma, anche se basata sugli stessi elementi psicologici della musica. Sulla sua analogia con la musica. È il modo in cui gli elementi si succedono nel tempo a stabilire l’analogia tra la musica – il ritmo sonoro e il ritmo colorato, di cui raccomando la realizzazione mediante il cinematografo. […] Le difficoltà tecniche risiedono nella realizzazione di film cinematografici per la proiezione di ritmi colorati. Per avere uno spettacolo di tre minuti, bisogna srotolare da 1000 a 2000 immagini davanti alla macchina di proiezione. È tanto! Non pretendo però di realizzarle tutte da solo. Indico solo quali siano le tappe necessarie. I disegnatori con un po’ di buonsenso sapranno dedurre le immagini intermediarie, a seconda del numero indicato. Quando le tavole saranno pronte, le faremo scorrere davanti all’obiettivo di una macchina cinematografica a tre colori» (luglio-agosto 1914, n°26-27). Dall’altro, nel quotidiano Paris-Journal del 15 luglio 1914, Apollinaire consegna una recensione sulla pittura nella quale cita Le Rythme coloré. Scrive: «[Survage] ha comunicato le caratteristiche della sua idea all’Accademia delle Scienze e sta cercando una società cinematografica disposta a finanziare i primi tentativi di orchestrazione colorata». Il pittore scrive a Gaumont che dà il proprio consenso ma la società dimostra poco entusiasmo e scarsa sollecitudine. La guerra ne impedisce la realizzazione, cosicché Survage deve rinunciare con riluttanza al progetto. Ecco cosa ne diceva: «La pittura si è liberata dal linguaggio convenzionale della forma degli oggetti … ha conquistato il terreno delle forme astratte… Si deve liberare dell’ultimo e più importante ostacolo: l’immobilità. Animo la mia pittura, le do movimento, introduco il ritmo nell’azione reale della mia pittura astratta, scaturita dalla mia vita precedente, il mio strumento sarà il film cinematografico, vero simbolo del movimento di massa»21.


Il cinema di Guillaume Apollinaire – 20

fonte di rinnovamento dell’immaginario e della sorpresa. Si aprono nuove vie. Il cinema è definito dal poeta come sintesi delle arti. Apollinaire dichiara da una parte che «il poeta epico si esprimerà attraverso il cinema, con una bella epopea dove confluiranno tutte le arti, anche il musicista assumerà il suo ruolo per accompagnare le frasi liriche del recitante»; e dall’altra precisa che «il grande teatro che produce una drammaturgia completa è senza dubbio il cinema». Questa concezione non è né nuova né unica. Il suo amico Ricciotto Canudo23, giornalista, critico, musicologo e scrittore, la pensa in questo modo dalla fine del 1910: «Il cinema è l’arte totale dell’espressione dell’infinito attraverso il visibile»24. Canudo concettualizza quest’idea di un’arte totale, che riunisca tutte le altre, nel “Manifesto delle sette arti”, pubblicato nel 1923 nel secondo numero della sua rivista mensile, la Gazzetta delle sette arti25. Qui parla di «quest’arte di totale sintesi che è il cinema» e spiega che questa fusione unisce la pulsione plastica che vuole fermare le forme (architettura, pittura, scultura) e la pulsione ritmica che si sviluppa nel tempo (danza, musica, poesia). Canudo e Apollinaire hanno probabilmente parlato tra loro dell’argomento. Infine, il 24 giugno del 1917 nel quotidiano Le Pays26, Apollinaire menziona ancora una volta il cinema, rispondendo alle domande del giornalista Gaston Picard sulla Nuova Scuola Francese. Il poeta lo considera come successore del libro. Sarà come un nuovo libro, da vedere e da sentire. Gaston Picard gli pone allora questa domanda diretta: «Il libro scomparirà?». Al che il poeta risponde: «Sta declinando. Entro un secolo o due, morirà. Avrà un suo successore, l’unico successore possibile, il fonografo e il film cinematografico. Non avremo più bisogno di imparare a leggere e a scrivere». Ottantasei anni dopo l’oramai celebre «Questo ucciderà quello. Il libro ucciderà l’edificio» di Victor Hugo in Notre-Dame de Paris, Apollinaire propone così una variazione personale sotto 23. Vedere: Andreazza Fabio, Canudo et le cinéma, Coll. Le cinéma des poètes, Nouvelles éditions Place, 2018, 120 pp. 24. “Cent Versets d’initiation au lyrisme nouveau dans tous les arts”, La Revue de l’époque, maggio 1921. 25. “Manifeste des sept arts”, Gazette des sept arts, 5 gennaio 1923. 26. “Interview. M. Guillaume Apollinaire et la Nouvelle École française”, Gaston Picard, Le Pays, 24 giugno 1917.

forma di «il cinema ucciderà il libro». Bisogna forse considerarla una battuta da parte del poeta? Probabilmente in parte sì, perché Apollinaire non ignora che le sue parole non potranno non irritare gli intellettuali che aborrono il cinema. Capisce comunque che il cinema è un’arte potente, che dovrà assumere un ruolo importante, diminuendo correlativamente la portata non solo della letteratura, ma anche del teatro.

Inserire il cinema nell’opera letteraria e chiamare i poeti a utilizzare questo nuovo mezzo espressivo La prima traccia della presenza del cinema nell’opera letteraria di Apollinaire risale al 23 dicembre 1907. Apollinaire consegna un “racconto inedito” intitolato Un bel film al quotidiano

Un bel film nell’edizione del Messidor del 23 dicembre 1907.


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