Baci rubati di François Truffaut di Jean-François Pioud-Bert

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I MIGLIORI FILM DELLA NOSTRA VITA Collana diretta da Enrico GiacovElli

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BACI RUBATI [ Baisers volés, 1968 ] DI

FRANÇOIS TRUFFAUT JEAN-FRANÇOIS PIOUD-BERT

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BACI RUBATI DI FRANร OIS TRUFFAUT

Cognome

Truffaut

Nome

Franรงois

nato il

6 febbraio 1932

a

Parigi (Francia)

morto il a per

21 ottobre 1984

Neuilly-sur-Seine (Francia) tumore al cervello

sepolto a Parigi, Cimitero di Montmartre

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LA CARTA D’IDENTITÀ DEL REGISTA

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FilmograFia Une visite [Una visita, 1954, cm] L’età difficile (Les mistons, 1958, cm) Une histoire d’eau [Una storia d’acqua, 1958, cm; co-regia Jean-Luc Godard] I quattrocento colpi (Les quatre cents coups, 1959) Tirate sul pianista (Tirez sur le pianiste, 1960) Jules e Jim (Jules et Jim, 1962) Antoine e Colette (Antoine et Colette, 1962, cm ; ep. da L’amore a vent’anni / L’amour à vingt ans) Los 4 golpes [I 4 colpi, 1962, cm]1 La calda amante (La peau douce, 1964) Fahrenheit 451 (1966) La sposa in nero (La mariée était en noir, 1968) Baci rubati (Baisers volés, 1968) La mia droga si chiama Julie (La sirène du Mississippi, 1969) Il ragazzo selvaggio (L’enfant sauvage, 1970) Non drammatizziamo… è solo questione di corna (Domicile conjugal, 1970) Le due inglesi (Les deux anglaises et le continent, 1971) Mica scema la ragazza! (Une belle fille comme moi, 1972) Effetto notte (La nuit américaine, 1973) Adele H. – Una storia d’amore (L’histoire d’Adèle H., 1975) Gli anni in tasca (L’argent de poche, 1976) L’uomo che amava le donne (L’homme qui aimait les femmes, 1977) La camera verde (La chambre verte, 1978) L’amore fugge (L’amour en fuite, 1979) L’ultimo metrò (Le dernier métro, 1980) La signora della porta accanto (La femme d’à côté, 1981) Finalmente domenica! (Vivement dimanche!, 1983)

Film di 3’ in 16mm, poco più che amatoriale, girato a Mar del Plata, Argentina [N.d.C.]. 1

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BACI RUBATI DI FRANÇOIS TRUFFAUT

BACI RUBATI (Baisers volés, 1968) regia: François Truffaut; soggetto e sceneggiatura: François Truffaut, Claude de Givray, Bernard Revon; fotografia: Denys Clerval (Eastmancolor); operatore: Jean Chiabaut; aiuti operatore: Jacques Assuérus, Jacques Labesse); musica: Antoine Duhamel e la canzone di Charles Trenet Que reste-t-il de nos amours?, 1942; suono: René Levert; montaggio: Agnés Guillemot (assistente al montaggio: Yann Dedet); scenografia: Claude Pignot; trucco: Nicole Félix; fonico: Robert Cambourakis; attrezzista: Jean-Claude Dolbert; capo macchinista: Louis Balthazard; capo elettricista: Claude Rouxel; fotografo di scena: Raymond Cauchetier; consulenza per le scene dell’agenzia: Agence de détectives privés Dubly; direttore generale: Roland Thénot; amministratore di produzione: Christian Lentretien; segretaria di edizione: Christine Pellé; segretaria di produzione: Suzanne Schiffman; assistenti alla regia: Jean-José Richer, Alain Deschamps, Daniel Messère. interpreti e personaggi: Jean-Pierre Léaud (Antoine Doinel), Claude Jade (Christine Darbon), Daniel Ceccaldi (Lucien Darbon), Claire Duhamel (Mme Darbon, sua moglie), Delphine Seyrig (Fabienne Tabard), Michael Lonsdale (Georges Tabard, suo marito), André Falcon (Mr Blady), Harry-Max (Mr Henri), Christine Pellé (la segretaria dell’Agenzia Blady), Catherine Lutz (Mme Catherine), Marie-France Pisier (Colette Tazzi), Jean-François Adam (Albert Tazzi), Jacques Robiolles (il disoccupato della televisione), Serge Rousseau (l’uomo dall’impermeabile), François Darbon (il maresciallo), Paul Pavel (Julien), Albert Simono (Mr Albani), Jacques Delord (il prestigiatore), Jacques Rispal (Mr Colin), Martine Brochard (Mme Colin, sua moglie), Robert Cambourakis (l’amante di Mme Colin), Martine Ferrière (la direttrice del negozio di scarpe), Pascale Dauman (la parigina pedinata), Carole Noë (la ragazzona), Léon Elkenbaum (il dentista), Roger Trapp (il proprietario dell’albergo), Marcel Mercier e Joseph Meriau (meccanici), Karine Jeantet e Chantal Banlier (commesse), Madeleine Parard, France Monthell e Liza Braconnier (prostitute).

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LA CARTA D’IDENTITÀ DEL FILM

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origine: Francia. produzione: Marcel Bebert (produttore esecutivo) e Claude Miller (direttore di produzione) per Les Films du Carrosse e Les Artistes Associés. riprese: dal 5 febbraio al 28 marzo 1968 (più alcune inquadrature di raccordo nel giugno 1968)1 a Parigi e dintorni (Pantin). distribuzione: Les Artistes Associés. prima proiezione: 14 agosto 1968 (Festival di Avignone). prima proiezione pubblica a parigi: 6 settembre 1968. prima proiezione italiana: 25 marzo 1969. durata cinematograFica: 90 minuti. Formato: 1.66:1 Il film è dedicato alla Cinémathèque Française di Henri Langlois. Si raccomanda di guardare questo film, come tutti i film, in lingua originale, con o senza sottotitoli, per gustare le voci, i rumori, le musiche e i dialoghi originali, immancabilmente traditi dalle pessime versioni italiane.

Premi:

Premio Louis Delluc 1968 Premio Méliès 1968 Premio del Syndicat Français de la Critique de Cinéma 1968 (miglior film) Premio Fémina Belge 1969 Premio del National Board of Review 1970 (miglior film straniero) Premio dell’Academy Motion Picture Arts and Sciences 1970 Premio del British Film Institute Premio della Hollywood Foreign Association Premio per l’interpretazione maschile francese a Jean-Pierre Léaud Premio per la miglior attrice non protagonista a Delphine Seyrig (National Society of Film Critics) Premio per la miglior regia a François Truffaut (National Society of Film Critics) Nomination ai Golden Globes 1969 Nomination all’Oscar 1969 (miglior film straniero)

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L’ultimo giorno di riprese è quello dei cancelli chiusi della Cinémathèque.

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Jean-Pierre Léaud – Antoine Doinel

Claude Jade – Christine Darbon

Delphine Seyrig – Fabienne Tabard

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LA CARTA D’IDENTITÀ DEL FILM

André Falcon – Mr.Blady

Harry-Max – Mr. Henri

Michael Lonsdale – Georges Tabard

Daniel Ceccaldi – Lucien Darbon

Albert Simono – Mr. Albani

Serge Rousseau – L’uomo dall’impermeabile

«Prima di morire, mio padre fece segno al suo medico di avvicinarsi e gli disse : "La gente è formidabile"... e puf!, è morto...». (DELPHINE SEYRIG A JEAN-PIERRE LÉAUD)

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PLOT

Il film si apre con un’immagine dell’ingresso della Cinémathèque Française con i cancelli sbarrati. A due passi dalla Tour Eiffel, vediamo il soldato di seconda classe Antoine Doinel rinchiuso nella prigione militare. Passa il tempo leggendo Il giglio nella valle1. Antoine, che si era arruolato volontario nell’esercito per tre anni – probabilmente per un dispiacere amoroso – è stato riformato definitivamente per instabilità di carattere. Adesso, deve pensare seriamente ad affrontare la vita di tutti i giorni. Ma per prima cosa deve mantenere una promessa fatta ai compagni di cella: andare a prostitute. Poi rientra nella sua fatiscente mansarda ai piedi del Sacro Cuore. Si reca quindi dai genitori di Christine, i signori Darbon. Ha avuto una relazione con la loro figlia prima di arruolarsi e forse l’ama ancora. Ma lei non c’è: è andata a sciare con degli amici. I genitori sono lieti di rivederlo e il signor Darbon gli trova, grazie a una conoscenza, un lavoro di portiere di notte in un albergo di Montmartre. Appena rientrata dalla vacanza, Christine va a trovare Antoine sul nuovo posto di lavoro. L’incontro con la ragazza non è caloroso quanto quello con i suoi genitori, ma lei lo invita comunque ad andare a cena da loro una sera. Il nuovo lavoro non inizia tuttavia nel migliore dei modi per Antoine. Senza volerlo, consente a un detective privato, Henri, di raccogliere le prove di un adulterio in una camera dell’hotel. Il licenziamento è inevitabile. Antoine ritrova il detective nel bar accanto dove questi gli svela il proprio mestiere e gli propone, sentendosi responsabile del suo licenziamento, di entrare nell’agenzia Blady per cui lavora. Ecco Antoine impegnato nell’agenzia di investigazioni: indagini, ri1

Romanzo epistolare di Balzac, che racconta l’iniziazione sentimentale e sessuale di un giovane [N.d.C.].

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cerche, pedinamenti diverranno il suo pane quotidiano. Henri lo guida nei primi passi da detective. Antoine incomincia a imparare alcuni trucchi del mestiere: lo vediamo spiegare alla signora Darbon come ha pedinato una bambinaia che faceva un numero di strip-tease, poi ai due Darbon come si può scoprire l’indirizzo di qualcuno conoscendo solo il suo numero di telefono. Gli capita quindi d’indagare su un prestigiatore per conto di un vecchio amico di quest’ultimo, l’eccentrico signor Albani. In compagnia di Christine, assiste a un numero di cordicelle del prestigiatore. Tutto preso dall’indagine, pianta in asso Christine nel cabaret. Ma il pedinamento del prestigiatore per strada si risolve in un fiasco: l’uomo riesce a far perdere le proprie tracce. Il titolare dell’agenzia Blady riceve il proprietario di un negozio di calzature, Tabard, che si arrovella sul fatto che «nessuno mi ama e voglio sapere perché». Per condurre l’indagine bisogna introdurre nel negozio qualcuno che possa sorvegliare il personale e ascoltare tutte le conversazioni senza farsi notare – quello che nel gergo dei detective si chiama «periscopio». Tocca ad Antoine venire assunto come magazziniere nel negozio, dopo aver sostenuto un falso esame di ammissione per non destare sospetti. Una sera, fermatosi oltre l’orario di chiusura per cercare un paio di scarpe smarrite, sente dei rumori e sorprende una donna a caccia di scarpe nella vetrina del negozio. È la moglie del proprietario, la signora Tabard. Resta immediatamente soggiogato dalla sua personalità e inizia ben presto a provare un’ammirazione senza limiti per lei. Inquieta per la mancanza di notizie, Christine lo va a cercare al negozio, facendolo infuriare. Scoppia tra loro un litigio e Antoine dichiara di non provare più niente per lei. Nel retrobottega, Antoine origlia una conversazione fra Tabard e una delle sue commesse. Il comportamento di costoro di fronte al principale non lascia spazio a dubbi, così Tabard prende Antoine con sé e lo invita a casa sua. È l’ora di pranzo. Al termine del pasto la signora Tabard propone ad Antoine di prendere il caffé mentre il marito è

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andato a recuperare un documento in macchina. È allora che, mettendo un disco sul giradischi, domanda ad Antoine se gli piace la musica. Questi risponde con un «Sissignore». Poi, rendendosi conto che il lapsus è dovuto a una forte emozione, se la dà a gambe. La signora Tabard, dopo averlo cercato nel negozio, esce. Antoine rientra in agenzia sconvolto. Una sua collega detective, che sorveglia la signora Tabard, sospetta che quest’ultima abbia un amante. Circostanza impensabile per Antoine, che vorrebbe essere sollevato dall’incarico. Nel frattempo il signor Albani esamina il resoconto del pedinamento dell’amico prestigiatore: quando viene a sapere che ha piantato in asso chi doveva sorvegliarlo, ha una crisi di nervi. Rientrando a casa, Antoine trova un pacchetto davanti alla porta. È un regalo della signora Tabard. Antoine le invia allora una lettera di addio nella quale rievoca gli amori di Félix de Vandenesse e di Madame de Mortsauf, i protagonisti del Giglio nella valle di Balzac. La mattina dopo, la signora Tabard bussa di buon’ora alla porta di Antoine. Anche lei, spiega, si è appassionata nel leggere il romanzo di Balzac, ma non interpreta nello stesso modo di Antoine gli amori di Félix e di Madame de Mortsauf. Lo scopo della visita della signora Tabard è di carattere sessuale, a patto però che si tratti dell’unico e ultimo loro incontro. Durante una riunione dei detective dell’agenzia, Antoine deve confessare che è a casa sua che la Tabard si è recata una mattina. Proprio in quel momento, il detective Henri muore all’improvviso durante una telefonata. Dopo i funerali, Antoine si allontana dal gruppo dei detective: quel lavoro non fa più per lui. Cerca di dimenticare i suoi tormenti con una prostituta. Poi, il caso gli fa incontrare Darbon: quest’ultimo, al volante della sua auto, è urtato da un camioncino del servizio di riparazioni SOS 99-99 e a bordo c’è Antoine. Eccolo dunque trasformato in riparatore di televisori. Darbon è molto contento di avere sue notizie. Con il pretesto di far riparare il televisore di casa, approfittando che

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i genitori sono partiti per il week-end, Christine chiama SOS 99-99. È ovviamente Antoine che arriva per riparare l’apparecchio, e... la riparazione si conclude al primo piano, a letto. Al mattino, i due fanno progetti per il futuro. Più tardi, seduti su una panchina, vedono avvicinarsi uno strano individuo. È lo sconosciuto che seguiva Christine da parecchi giorni e che adesso le chiede di unirsi a lui per sempre. Turbati, Antoine e Christine lo guardano allontanarsi, mentre udiamo in sottofondo extradiegetico la canzone di Charles Trenet che aveva aperto il film, Que reste-t-il de nos amours?.

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INTRODUZIONE

Il titolo Baci rubati è ripreso da una canzone scritta da Charles Trenet nel 1942, durante la seconda guerra mondiale1: Bonheur fané, cheveux au vent, baisers volés, rêves mouvants... Que reste-t-il de tout cela, dites-le-moi...

Felicità appassita, capelli al vento, baci rubati, sogni sempre diversi... Cosa rimane di tutto ciò, ditemi un po’...

Ma se il titolo del film ne prende in prestito due parole, non è però quello della canzone, che si intitola Que reste-t-il de nos amours?. Curiosamente, e in linea con il commento che intendo sviluppare, la canzone fa appello ai ricordi. Per Trenet, nel momento in cui l’ha scritta, sono ricordi legati al suo paese, ai suoi paesaggi, alla sua atmosfera anteguerra. Que reste-t-il de tout cela...? Ma nell’ambito di questo film girato nel 1968 è un’altra nostalgia a operare. Truffaut cercava qualcos’altro. «Tra Il maschio e la femmina2 e questo film passa la stessa differenza che c’è tra l’hip hop 1

Testo integrale nel box di pagina 121.

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Masculin-féminin (1965) di Jean-Luc Godard, con Jean-Pierre Léaud, Chantal Goya e Marlène Jobert.

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e il valzer. Io sono nostalgico, totalmente rivolto al passato. Il titolo del film per esempio è un omaggio a Charles Trenet. Non ho antenne per ciò che è moderno. Mi muovo solo per sensazioni. È un po’ per questo che i miei film sono pieni di ricordi di gioventù»3 . Che si tratti di uno o più film, di brani musicali (sinfonie, opere, ecc.), di romanzi o altri testi, e in generale di opere d’arte (pittura, architettura, ecc.), quelle che si chiamano le opere di una vita sono – in breve – quelle il cui ricordo resta intatto e la cui prima percezione resta inalterata nel corso del tempo. La questione del perché di questo impatto emotivo, o addirittura colpo di fulmine (perché spesso di questo si tratta), non si pone. E nonostante la lenta, inevitabile evaporazione e dissoluzione dei ricordi col passare del tempo, l’incanto rimane sempre. Certo, lo sguardo che si posa su queste opere in se stesse emblematiche si evolve con l’età, e il loro allontanarsi nel tempo filtra e distilla le emozioni. Ma alla fine, il piacere estetico è sempre là, ogni volta rinnovato. Ciò che si spiega a titolo personale rivela assai spesso contenuti inspiegabili! Paradossalmente, Baci rubati non mi ha lasciato un ricordo preciso del luogo e del momento in cui l’ho visto per la prima volta. Come invece è avvenuto per altri titoli. In compenso, la sua permanenza nel mio ricordo non si è mai sfumata né tanto meno dissolta col tempo. Mi è dunque difficile rievocare la prima occasione in cui l’ho scoperto. Probabilmente al momento della sua uscita, alla fine del 1968, forse inizio 1969, una visione veloce in una piccola città di provincia. Ricordo fugace, perché a quell’epoca e in quei luoghi era quasi impossibile rivedere subito un film. Oggi evidentemente tutto è cambiato: una immensa cineteca è a immediata disposizione di chiunque.

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Conversazione di François Truffaut con Sébastien Roulet, in «Cahiers du cinéma», n° 200-201, aprile-maggio 1968.

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INTRODUZIONE

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Ed è forse per questo che il concetto di ricordo di un’opera d’arte (essenzialmente le arti di oggi – cinema, musica, teatro – che si fissano e cristallizzano su un supporto) non ha oggi lo stesso significato. Quali ricordi si possono avere di un film, così come di una composizione musicale, se vi si può accedere in permanenza? Queste opere di oggi non si apprezzano meglio in un rimescolio incessante della memoria? Non sono, alla fine, destinate a non essere percepite che per frammenti di ricordi? Le reminiscenze di un film (immagini, sequenze, dialoghi, musiche, scenografie, ecc.) operano come gli oggetti scoperti dall’archeologo. Costui ha la conoscenza dell’oggetto, la sua impronta e la sua traccia, ma gli mancano alcuni elementi: li potrà ricostruire per associazione, riflessione e conoscenza di altri oggetti simili. Uscendo dalla proiezione, si rimette presto piede nella realtà pensando che se la vita potesse essere come al cinema... E quando si è adolescenti, non ancora giovani adulti, quando si è negli anni di «formazione», di noviziato, di smania di conoscenza, di voglia di scoprire tutto, le opere d’arte lasciano in noi tracce che restano vive e ci segnano a lungo senza che si riesca a spiegarne la ragione. Vedere un film alla fine di quegli anni Sessanta ci portava in un mondo immaginario, a volte irreale, dove l’impossibile non esisteva. Nel western si è sempre dalla parte del più forte, anche se il bandito appare a volte simpatico, o come minimo degno di compassione. Sono eroi della stessa tempra di quelli incontrati nei film di cappa e spada e nei peplum. Tuttavia, se si ama Charlot, si guardano con un po’ di disprezzo i suoi imitatori incrociati per strada. Nell’ambito dei film «sentimentali», è più l’aspetto fisico delle protagoniste che fa aguzzare lo sguardo, rispetto alle passioni ed emozioni che si affollano dentro di loro. Ma sono film come Baci rubati, l’oggetto di questo lavoro, che ci fanno compiere il salto: vedere nei personaggi

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cinematografici non più degli esseri fuori dal normale, sbucati a volte dal nulla, bensì esseri di carne e di sangue, animati dai nostri stessi sentimenti, che vivono come noi e che potremmo incrociare nel nostro palazzo o all’angolo della strada. Si ha a volte la sensazione di fare un po’ parte della loro famiglia, di essere loro amici o anche loro rivali. Ecco un tipo di cinema che porta la vita nella vita. Ciò che non impedisce assolutamente di trascurare o di eliminare dal proprio vocabolario di cinefilo i generi sopra citati. Personalmente conservo un ricordo preciso e decisamente entusiasta di film tanto diversi come Intrigo internazionale (North by Northwest, 1959) di Alfred Hitchcock oppure Pickpocket (1959) di Robert Bresson. Che cosa ha potuto intrigarmi in Baci rubati? La storia? Non ce n’è una vera e propria: è piuttosto un alternarsi di sequenze, di scenette, una piccola commedia di vita quotidiana, un racconto assai creativo e minuzioso senza però grandi sviluppi drammatici (se si eccettua la scena di «Sissignore», ved. sequenza n° 15). «All’inizio non avevo un copione, appena venti pagine, la sceneggiatura è stata scritta qualche giorno prima delle riprese [...]. L’azione procede a piccoli passi, un avvenimento dopo l’altro, tutto molto semplice, molto vicino alla vita»4. I personaggi? Probabilmente ci sono un po’ troppi personaggi che non dovrebbero necessariamente incontrarsi, che non dovrebbero essere lì in quei momenti. I loro ritratti e i loro faccia a faccia costruiscono la loro storia grazie ad attori perfettamente nella parte. La messa in scena? Semplice e concreta, ma straordinariamente efficace. Gli scenari? Sono quelli di una grande città e di un celebrato quartiere: Parigi e Montmartre. 4

In «Cahiers du cinéma», n° 200-201, aprile-maggio 1968, ibid.

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INTRODUZIONE

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La musica? Quella di una canzone arcinota dalla melodia un po’ antiquata (oggi), ma semplice e toccante... Questo sarà dunque il nostro specifico angolo visuale. Restano molte cose di questo film, che attengono solo alla nostalgia. E tuttavia sono proprio queste a sovrastare il resto. Ricordi di un’epoca spensierata ma agitata da violenti scossoni sociali, particolarmente in Francia, in quell’anno 1968. La lettura del film ne verrà condizionata, e su questo ritorneremo più avanti nell’EPILOGO.

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