Danze swing di Paola Bruno

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BIBLIOTECA DELLE ARTI

Le danze swing

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BIBLIOTECA DELLE ARTI Sezione Danza diretta da Flavia Pappacena

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Paola Bruno

Charleston, Lindy hop, Boogie woogie, Rockabilly jive e molte altre: quali sono, da dove vengono, come sono ballate

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BIBLIOTECA DELLE ARTI Sezione Danza Direttore: Flavia Pappacena (Accademia Nazionale di Danza, Roma) Comitato scientifico: Michaela Böhming (Università “L’Orientale”, Napoli) Tiziana Leucci (Centre National de la Recherche Scientifique, Parigi) Annapaola Pace (Accademia Nazionale di Danza, Roma)

Copertina: Francesco Partesano In copertina: Filippo Bertolini e Valeria Di Giammatteo (Credit: Benedetta Pitscheider) Crediti fotografici: L’Editore e l’Autore hanno compituo ogni sforzo per risalire al nome dell’autore di ogni fotografia. Nel caso in cui qualuna di esse, pur tutelata da copyright, non recasse la necessaria menzione, l’Editore si scusa dichiarandosi sin d’ora disposto a revisioni in sede di eventuali ristampe e al riconoscimento dei relativi diritti ai sensi dell’art. 70 della legge n. 633 del 1941 e successive modifiche. Stampa: FP Design – Pavona (RM) 2018 © Gremese International s.r.l.s. – Roma Tutti i diritti riservati. Nessuna parte di questo libro può essere riprodotta, registrata o trasmessa, in alcun modo e con qualsiasi mezzo, senza il preventivo consenso formale dell’Editore. ISBN 978-88-6692-003-8

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SOMMARIO Premessa ...........................................................................................................7 Introduzione ......................................................................................................9 Lo swing nella storia Il jazz

Lo swing

Il boogie woogie Il twist

1. Le danze swing: genesi e sviluppo ............................................................28 Il blues

balboa Il twist

Lo shag

Il West Coast swing Il boogie woogie

Il fox trot L’East Coast swing Il Il jive Tempi

2. Le danze swing: caratteristiche tecniche ed elementi distintivi ............81 Blues Collegiate shag West Coast swing Country Twist

Jazz Boogie woogie

Balboa Jive

3. Abbigliamento e toilette...........................................................................111 Revival anni Venti

Revival anni Trenta e Quaranta

Revival anni Cinquanta

4. Normative.....................................................................................................97 5. La musica e la musicalitĂ nelle danze swing .........................................135 APPENDICI Risorse multimediali .....................................................................................153 Shag Twist

Blues Charleston West Coast swing East Coast swing Boogie woogie

Balboa

Tutorial .......................................................................................................... 162 Charleston

Boogie woogie

Jive

La scena milanese ........................................................................................185 Bibliografia ....................................................................................................202 RingRaziamenti ......................................................................................204

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lente di ingrandimento (1), digita il numero della nota corrispondente al contenuto che ti interessa (2). Si aprirà una schermata da cui potrai subito visualizzarlo (3).

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Premessa

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dress code rĂŠtro utilizzato

tutorial. milanese tramite testimonianze e immagini.

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Le

danze swing

Australia, 1938: Frankie Manning arriva a Sydney durante il tour con la Hollywood Hotel Revue. Sullo sfondo, Jerome Williams e Willa Mae Ricker.

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INTRODUZIONE Conoscere la storia delle danze che amiamo può renderci più consapevoli, e forse anche dei ballerini migliori. Questo libro è un racconto che parla dello swing e di come è arrivato fino ai nostri giorni. Fatene l’uso che più si adatta a voi e buona lettura!

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1. MOLLICA, FABIO, La danza di società nell’Italia dell’Ottocento, Bologna, Società di danza, 1995, pag. 17.

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partner dance

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renze e passeggiate

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valzer

2. I balli popolari in Italia variano regione per regione; tanto per nominarne alcuni, abbiamo la tarantella, la furlana, i tresconi, le monferrine, i gagliardi, il saltarello. L’interesse per le danze tradizionali contadine esplode nei momenti di più alto nazionalismo, sia come ricerca della propria identità culturale sia come reazione alle danze importate dall’estero come il tango o il charleston. 3. Il teatro, oltre a essere il luogo dello spettacolo, era anche il luogo delle feste da ballo. A seconda delle occasioni, nella platea si alternavano aristocrazia o borghesia, spettatori o protagonisti delle feste. 4. «Nel secolo XVI il modo di ballare non differiva da quello del secolo XV, ovvero si ballava con riverenze, passi e scambietti, passeggiate, il cavaliere da una parte, la dama dall’altra», da MASTRIGLI, LEOPOLDO, Le danze storiche dei secoli XVI, XVII e XVIII, Paravia, 1889, ristampa Bologna, Forni, 1969.

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Lo

swing neLLa stoRia

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excursus -

Lo swing nella storia Tutti quanti voglion fare il jazz perché resister non si può al ritmo del jazz… giusto! GLI ARISTOGATTI, Walt Disney, 1970

swing?

un genere musicale jazz orientato al ballo e all’intrattenimento

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5.

CAPONE, RINO, Jazz & Free Style, Gremese, 2007, pag. 37.

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un modo ga

swin-

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. Diversamente la pro-

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.

6. DEGEN PENER e SCOTT MORRIS, autori del libro The Swing Book Paperback, 1999, attribuiscono questa definizione di swing a Artie Shaw, 1910-2004, clarinettista, compositore e creatore del genere insieme a Benny Goodman, Tommy Dorsey e Glenn Miller. 7. «Tutte le registrazioni avvenivano su partiture scritte ed è per questo che i bianchi incisero per primi, perché insegnare ai neri era reato. Col passare del tempo anche i neri hanno incominciato a leggere, le incisioni e anche gli assoli erano scritti e codificati. Se ascolti diverse versioni di un brano ad esempio di Armstrong, ti rendi conto che il “solo” è all’incirca sempre lo stesso, quindi vuol dire che era preparato. L’improvvisazione era lasciata ai concerti dal vivo e alle parate stradali. Per “cover band” s’intende il fatto che un’orchestra ripropone tutto il repertorio e in qualche caso anche lo spettacolo di un’orchestra famosa. Come adesso ci sono le cover band dei Pink Floyd o dei Dire Straits. Se ascolti ad esempio Madleine Peiroux, sembra Billie Holiday (che improvvisava anche in studio), vuol dire che l’ha ascoltata a tal punto da far diventare come suo quel modo di cantare», intervista di Paola Bruno a VALTER GANDA, musicista e musicologo, ottobre 2014. 8. Ibidem.

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Lo

swing neLLa stoRia

Cinquanta9. Le radici del jazz vanno ricercate lontano nel tempo e nello spazio. Possono essere fatte risalire all’epoca colonialista e al tempo delle migrazioni di migliaia di europei salpati per il Nuovo Mondo inseguendo un sogno: il mito di una terra promessa in cui poter rifondare civiltà e leggi umane. Questi uomini, pieni di speranze e illusioni, non sapevano di portare dentro di sé il malessere e le debolezze di una civiltà vecchia e stanca. La storia del jazz nasce e si mescola con quella della vergognosa tratta degli schiavi d’Africa, cominciata nel XVI secolo dagli spagnoli e continuata a partire dal secolo seguente da inglesi e francesi10.

melting pot 11

métissage 12

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9. Dopo il twist troviamo l’hully gully (che somiglia alla vecchia quadriglia), il surf, dove spariscono la coppia e la guida, e infine lo shake, che sancisce l’anarchia ballerina. 10. PONTREMOLI, ALESSANDRO, CAVA, ADRIANA, (a cura di), La danza jazz. Storia, cultura, tecniche, Aracne, 2014, pag. 3. 11. Nel Novecento il censimento dimostrò che il 65% della popolazione era nata da genitori europei, soprattutto provenienti da Germania, Italia, Irlanda. A New York intorno al 1920 il 50% della popolazione era di origine cattolica, il 30% ebraica e solo il 15% era protestante. 12. PONTREMOLI, A., CAVA, A., (a cura di), La danza jazz..., cit., pag. 4. 13. La prima stazione radio è del 1920.

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l’hip hop e il funky jazz14.

Etimologia e significato del termine swingato

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avanti15

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avere swing It Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing)17. Que-

14. Il Funky Charleston ha connotato i movimenti del New Jack swing aerobic dance, diffusi nelle performance di strada degli anni Ottanta. Diversamente dal charleston, richiedeva due partner. La danza divenne molto popolare nel film House Party con i Kid ‘n Play (duo di ballo), nel quale i due fanno una gara di ballo con gli attori Tisha Campbell e A.I. Johnson. 15. Cfr. ASSANTE, ERNESTO, CASTALDO, GINO, Blues, jazz, rock, pop. Il Novecento americano, Einaudi, 2004. 16.DELLA CASA, MAURIZO, Pensare la musica. Corso di educazione musicale per la scuola media, La Scuola, 1993, pag. 261. 17. “It Don’t Mean a Thing (If It Ain’t Got That Swing)” è il titolo di una canzone composta nel 1931 da Duke Ellington con testo di Irving Mills. Tradotta in italiano, suona come “Non vale niente se non ha quello swing”.

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dove

e quando nasce Lo swing

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Ai tempi d’oggi “vivere con swing” è un concetto che tende a diventare un “cult”. Che cosa significhi esattamente si sente, ma risulta difficile da esprimere: sentirsi nel ritmo della vita? Vivere il proprio tempo in modo vivace, mutevole e dinamico? In modo garbatamente spericolato? Essere “sul pezzo” O essere “modernamente fuori dal tempo”?.

Dove e quando nasce lo swing

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blues19 hollers

ballads

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18. Per quanto riguarda un’introduzione storica al periodo preso in esame, si può far riferimento al video divulgativo realizzato da me, Dalla Belle Epoque alla generazione del Rock and Roll, 2013. 19. Per la storia del blues, vedi anche il sito bluesandblues.it. 20. Nelle ballads in genere si parla dello sfruttamento dei deboli, in particolare della

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donna, e si anela alla libertà, facendo uso frequente della simbologia del treno che trasporta i viaggiatori liberi. Spesso riprendono le ballate dei coloni inglesi, scozzesi e irlandesi. 21. «La prima fase dello sviluppo del blues si ritiene che fosse il field holler – il grido dei campi –, un’espressione spontanea solistica, generalmente di natura lamentosa, di un nero impegnato in un lavoro non ritmico (come la raccolta del cotone) o durante una pausa del lavoro. È molto diverso dai veri e propri canti di lavoro, cantati da un gruppo di lavoratori, in forma responsoriale, canti molto ritmici, coordinati con l’attività fisica», da MELI, FRANCESCO, Storia culturale della musica americana, dispensa per il corso di Arte e letteratura anglo-americane presso la IULM – Libera Università di Lingue e Comunicazione, pag. 25. 22. Il blues è un genere vocale e strumentale afro-americano formatosi negli ultimi decenni del XIX sec. dalla fusione di elementi della tradizione nera africana con tratti di quella occidentale. Tra le forme musicali precedenti al jazz, è quella che raggiunge un grado di strutturazione formale e di maggiore continuità stilistica. Il suo schema formale è fra quelli maggiormente utilizzati anche per l’improvvisazione jazzistica ed è stato per il jazz uno degli stimoli più vitali, mantenendo nel corso del XX sec. un’identità espressiva ben definita. Il blues era musica inizialmente corale e antifonale, espressione della sofferenza nera (to be blue significa essere melanconici) e rappresentava la povertà, la sofferenza senza luce, il tedio. Tale stato d’animo trae origine dai campi di lavoro (work song) e dai richiami neri dei campi di cotone e si diffonde alla fine dell’Ottocento anche nelle zone urbane dopo l’abolizione della schiavitù (1865). Si trasforma in blues urbano e blues rurale, creando diverse forme musicali. Il primo blues è il Delta blues o Mississippi blues, e i songsters (cantautori e strumentisti itineranti, tra i quali uno dei più importanti, vero e proprio caposcuola, fu Charley Patton) furono gli artefici della fusione dei tratti costitutivi dello holler e delle ballads. Si sviluppa nella zona della Louisiana del Sud; la sua struttura è molto semplice: chitarra e voce, su accordi ricorrenti, in cui la voce sviluppa l’aspetto melodico. Risente molto della musica africana originale. In seguito troviamo il Chicago blues, che coincide con la migrazione verso Chicago degli anni Trenta e Quaranta. Qui è già presente l’elettrificazione e gli strumenti sono molti di più: tamburi, ottoni, basso, armonica, cosicché il cantante non era l’unico a produrre assoli. La struttura tipica era la chiamata/ risposta: chiamata della voce, risposta degli strumenti, seguendo il tema: affermazione (call/response) / conferma (call/response) / conclusione (call/turn around). Un esempio si può trovare in “Dust my Broom”, di Elmore James. Un’altra forma di blues è il Piedmont blues, che si sviluppa nella zona della New Carolina e degli Appalachi, spostandosi verso la Florida, Il Tennessee e la Georgia. Un esempio di questo stile è “Mama Lets Me Scoop for You”, di Blind Willie McTell. Si utilizzano solo strumenti acustici e lo stile è influenzato dal ragtime, dal jazz in generale, dal country, dalla rumba, dalla musica africana e dalla musica classica. In generale, gli stili musicali così come gli stili di danza si condizionano e intersecano in determinati momenti della loro storia. Spesso, inoltre, sulla stessa musica in paesi diversi si balla in modo diverso, perché si avverte l’influenza della cultura locale. Vedi ad esempio il boogie woogie, che è un classico melting pot di interpretazioni diverse. Il genere Piedmont blues è decisamente più swingato del precedente ed è adatto al ballo sia

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dove

spiritual

e quando nasce Lo swing

work songs gospel

È anche vero che il blues nasce da una realtà non certo borghese, un mondo nel quale una voce accompagnata dalla chitarra e dall’armonica è l’unico sfogo possibile per raccontare agli altri il proprio disagio. Sì, perché il blues è in generale espressione di malessere, anche se si allarga sovente verso manifestazioni di sfrenata allegria, con l’ironia e l’uso di toni goliardici (il più delle volte a sfondo erotico) volti ad esorcizzare i demoni del male.[…] Dalle imprecazioni di un uomo al quale è stato rubato il suo danaro alle invocazioni al Signore perché la propria anima abbia un posto in Paradiso, c’è il cammino di un popolo violentato nella propria anima prima ancora che nell’identità culturale e che cerca un avvenire che lo avvicini allo stile di vita dell’uomo bianco rivolgendosi al Dio che ha conosciuto grazie ad esso ma conservando, al contempo, memoria della sua terra d’origine23.

l’hillbilly24

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individuale sia di coppia, sebbene il blues non nasca come danza di coppia. Nelle zone urbanizzate la sofferenza degli emigrati si consuma nei Juke Joints, negli Honky Tonk bars, nei Rent Parties, feste private dove si usava rifocillare i presenti, che pagavano per questo, luoghi dove il blues ritmato diventerà boogie woogie. Poi abbiamo il Female blues o jazz blues, che utilizzava sia piccole sia grandi band, sia solisti. Lo stile del canto era ironico e triste, e conteneva molto jazz e molto swing. Anche lo stile di ballo era più dinamico, più puntato sui fianchi. Un esempio è in “Nobody Knows You when You Are Down and Out”, cantata da Bessie Smith. Infine troviamo il New Orleans blues, dove predominano gli ottoni e che ricorda più il genere swingato delle big bands. Era un blues più festoso, più leggero (ricorda in parte il Piedmont blues). Un esempio: “Basin Street Blues”, suonata dalla New Orleans Eritage Hall Jazz Band. 23. Blues Story – Piccola storia della Musica del Diavolo, a cura di MICHELE LOTTA. 24. Ancora prima abbiamo il blue grass, produzione folcloristica di matrice bianca ancorata a remote zone agricole, che dagli anni Trenta viene gestita e organizzata sempre più con un’ottica industriale. 25. «Pur inevitabilmente influenzato dalle tendenze commerciali imposte dalla radio e dall’industria discografica, il cantante hillbilly rimase pur sempre un musicista folk formato da modelli sociali, religiosi, culturali ed economici tipici del suo ambiente tradizionale. Il

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Il ragtime26 ragging

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minstrels e i medicine shows si utilizzava nei vaudevilles 27

repertorio era formato da ballate importate dalle Isole Britanniche e da ballate di origine americana, tra queste una delle più popolari, registrata da tutti i cantanti hillbilly è “John Henry”. Si tratta di ballate strofiche – ogni strofa ha un’unica melodia – che erano cantate con l’accompagnamento della chitarra: più raramente in combinazione con altri strumenti», da MELI, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 76. 26. Ragtime: «Con questo termine, inizialmente, s’intende una musica da ballo sincopata, non molto diversa per forma e stile dal cakewalk degli spettacoli minstrel, un ballo a coppie che comportava gesti molto sottolineati fino a diventare grotteschi e passi a gambe molto alzate. Il primo grande successo del genere è “Maple Leaf Rag” (1899) di Scott Joplin, indiscusso maestro del ragtime. Questa musica contagerà l’America per più di un ventennio», da MELI, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 102. 27. Il vaudeville è una forma di spettacolo nata in Francia alla fine del Settecento, commedia di contenuto leggero in parte cantata e in parte recitata. Verso la fine dell’Ottocento prese piede nell’America operaia del Nord, come forma di intrattenimento e si può considerare il precursore del teatro di varietà. In questi spettacoli si esibivano delle ballerine di skirt dance, ibrido tra balletto accademico e popolare (skirt dagli ampi movimenti decorativi degli abiti). I vaudevilles divennero spettacoli di varietà messi in scena in teatri molto popolari, dove si univano musica e danza con altri intrattenimenti quali giocolieri, imitatori, comici, subrettine, prestigiatori, spogliarelliste. La stessa musica diventa teatrale e grossolana, con testi sboccati, talvolta arguti e satireggianti. Il music hall o music comedy fu la versione inglese dello stesso genere, approdata in America e trasformata in quello che diventerà il musical tipico americano. La variante nera del teatro musicale leggero si chiama minstrel show e black revue, artisticamente paragonabili all’avanspettacolo, con utilizzo musicale di ragtime e blues, spiritual, e poi del jazz. Il black face minstrel è una specie di show in cui attori di terz’ordine, con un mix di danze grottesche e improvvisazioni teatrali, inscenano una goffa caricatura della vita delle piantagioni. Fu su questi palcoscenici che venne introdotto il banjo a cinque corde. L’immagine che esso forniva era uno stereotipo

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iL

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jazz

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Il jazz Se mi chiedi di spiegarti cos’è il jazz, amico, non lo capirai mai. LOUIS AMSTRONG

Il jazz -

Jaser alle work songs29

to jizz (jism

-

“animare”, “ 30

Jazz

up boys 31

spesso offensivo affidato a un attore o performer con il viso dipinto di nero, che si esibiva in sketch comici, varietà, danza e musica. Al di là dell’immagine proposta, il minstrel fu il punto di partenza che portò l’interesse dei bianchi verso la cultura nera. L’operetta era uno spettacolo teatrale di origine francese, che ebbe molto successo in America. Si caratterizzava per una parte musicale orecchiabile e dei testi brillanti, uniti a una forma coreografica molto studiata. 28. A New York nel 1885 nasce la Tin Pal Alley, il gruppo dei compositori ed editori musicali newyorkesi. 29. Cfr. CAPONE, R., Jazz e free style, cit., pag. 15. 30. MELI, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 104. 31. Barrelhouse: con questo termine si definivano le bettole di New Orleans. Con barrelhouse in musica jazz si indica una musica arcaica e molto ritmata.

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era stata un fenomeno molto importan-

washboard

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bands e brass bands

marching -

Anche i neri, più visibili qui che altrove, godevano di una prosperità relativa, soprattutto la minoranza creola, ossia i discendenti dei mulatti – figli di bianchi e di amanti nere. È quindi abbastanza naturale che la musica nera dovesse fiorire in questa città e che la fioritura più ricca avvenisse proprio con l’abolizione definitiva della schiavitù. Se il jazz da una parte era una musica gioiosa, di liberazione e particolarmente effervescente, nello stesso tempo, perfino a New Orleans e quindi ancor prima di arrivare a Chicago e New York e assumere aspetti di aperta ribellione, era anche musica di protesta dei sottoprivilegiati che iniziano a chiedere, in un modo particolarmente vitale, più giustizia, più libertà, più uguaglianza. Fu essenzialmente una musica della vita semplice, della strada, di un quartiere – Story32. Star dell’hot jazz sono i cornettisti Buddy Bolden, Bunk Johnson, King Oliver, Louis Armstrong. Diverse furono le formazioni jazzistiche delle origini bianche: la Original Dixieland Jass Band (O.D.J.B.), era composta esclusivamente da musicisti bianchi, capitanati dal trombettista italo-americano Nick la Rocca. Altri esempi sono il sofisticato George Gershwin, che pensava alla musica come a una scienza emozionale, e l’estroso Bix Beiderbecke. 33. Washboard: in principio era una vera e propria tavola per lavare i panni che veniva percossa o sfregata per produrre un suono; in seguito è stata modificata nella sua struttura originale ed è stata adattata in maniera tale da produrre adeguati suoni musicali. Questi ultimi sono ottenuti percuotendo, a mano nuda oppure con le dita ricoperte da un ditale, la base piatta in alluminio (ma esistono anche modelli in legno o in acciaio inossidabile) intramezzata da scanalature.

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jazz

ville – di alcune vie in particolare – Canal Street e Perdido Street – che non godevano certo di buona fama ma dove il divertimento non mancava. Si è accennato al gusto cosmopolita della città: in effetti è necessario ricordare che a New Orleans vi era una mescolanza molto promiscua di francesi, italiani, spagnoli, tedeschi e una sorta di “spruzzo” di anglosassoni, oltre naturalmente a una vasta popolazione nera con un numero considerevole di caraibici. Tutte queste infiltrazioni portarono alla musica di New Orleans un ritmo più sensuale, fluido e disteso rispetto a quello più frenetico africano e a quello più teso degli spirituals e del blues. Si può dire che la musica afro-americana inserisce anche frammenti del ritmo latino-americano. In molta musica di Jelly Roll Morton, autodefinitosi “inventore” del jazz e sicuramente re del primo jazz di New Orleans, vi è un’effettiva fusione della tradizione musicale teatrale francese e italiana con il tango e la rumba. Un altro elemento costitutivo del jazz di New Orleans fu la musica militare. In tutto il Sud, fra le vestigia della Guerra Civile, sopravvivevano decrepiti strumenti musicali delle bande militari. I neri se ne appropriarono e con le loro street band imitavano la musica militare, frantumandola ritmicamente e trattando i motivi in un’eterofonia folk improvvisata34.

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hot jazz35

34. MELI, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 105. Sulla miscellanea musicale: «Ad esempio in un pezzo reso famoso sia da Jelly Roll Morton che da Louis Armstrong, “Oh, Didn’t he Ramble”, la band esegue un pezzo funebre in accordo all’innodia europea in un ritmo militare lento, ma alla fine della cerimonia funebre e avviandosi al banchetto funebre la marcia militare diventa un rag veloce, l’inno si trasforma in un blues e la dance song fa qualche accenno all’opera italiana e francese». 35. Per hot jazz e hot music, o musica calda per il suo calore emotivo, si intende la musica originaria nera e americana, prevalentemente di New Orleans, che conserva maggiormente la propria identità rispetto all’utilizzo commerciale successivo; si può anche intendere la musica originale come ragtime, charleston, jazz, che presentava tutta ritmi molto rapidi.

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Lungo la strada per il cimitero – essi venivano sempre sotterrati con la musica – suonavamo dei brani molto lenti (…). Tutti i brani erano in 4/4, suonati a tempo molto lento, suonati in modo da far camminare molto lentamente anche il seguito. Arrivati al cimitero, e terminata la cerimonia di interramento, la banda si metteva in testa a tutti, all’esterno del recinto. Poi uscivano gli astanti, si mettevano a gridare, si mettevano in fila e noi marciavamo allontanandoci dal cimitero, mentre solo la grancassa faceva udire i suoi colpi. Arrivati a un isolato o due di distanza, partivamo a suonare “ragtime”, quello che la gente oggi chiama swing. Avevamo un seguito paragonabile (…) a quello della parata del martedì grasso. La polizia stessa non riusciva a tenerlo a bada, stavano tutti in mezzo alla strada, sui marciapiedi, davanti alla banda, frammisti al pubblico…37.

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36. Tra i musicisti più importanti di quel periodo si possono citare King Oliver e la sua Creole Jazz Band, che creò il cosiddetto “stile di New Orleans”; l’Original Dixieland Jazz Band, rappresentante del dixieland bianco, nella quale suonava Nick la Rocca. A lui si deve, nel 1917, la prima incisione jazz (“Tiger Rag”) e per questo ai componenti della O.D.J.B. fu attribuito il titolo di “inventori del jazz”. Il musicista più influente formatosi a New Orleans fu però la seconda tromba di King Oliver: Louis Armstrong, re del jazz e del “bel canto”. Fu lui che portò il solista in primo piano, e nei suoi gruppi di incisione, gli Hot Five e gli Hot Seven, dimostrò che l’improvvisazione nel jazz poteva superare i semplici abbellimenti per arrivare a creare nuove melodie a partire dalla successione armonica del motivo iniziale. Fissò anche il modello per tutti i cantanti successivi, non solo per il modo in cui alterava le parole e le melodie delle canzoni, ma anche per la sua improvvisazione senza parole, nella quale usava la voce come uno strumento, con la tecnica dello scat. Una virtuosa dello scat fu Ella Jane Fitzgerald (1917-1996), nota anche come “Lady Ella” e “First Lady of Song”. 37. STEARNS, MARSHALL, Storia del jazz, ELI – Edizioni Librarie Italiane, 1957. 38. Tra i rappresentanti più conosciuti di questo periodo: ancora King Oliver, che incise il suo primo disco nel 1923; Louis Amstrong, Nick La Rocca, Jelly Roll Morton, Bix Beiderbecke e il dixieland bianco, Bunk Johnson. 39. Tra i rappresentanti maggiori di quel periodo: Fletcher Henderson, Duke Ellington. I

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Lo

swing

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black revues 41

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Lo swing big bands43

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locali più famosi erano l’Apollo Theatre, il Cotton Club, il Savoy Ballroom, l’Onyx. 40. Tra gli anni Venti e Quaranta si diffuse il jazz teatrale, che univa modelli ispirati alle danze afro-americane con le esperienze del teatro musicale del primo Novecento. Jack Cole (1911-1974) ebbe l’idea di far confluire in un’unica esibizione danze indiane, balinesi e afro-americane, tutte ballate sulla musica jazz: era il 1943, in Wedding of a Solid Center, scena di ballo nelle Ziegfield Follies. 41. Il primo film sonoro è del 1927, The Jazz Singer, interpretato da Al Jolson, con le grandi labbra dipinte di bianco sulla faccia tinta di nero. 42. Da un punto di vista storico, questo periodo fu caratterizzato all’inizio da un forte sviluppo postbellico e successivamente dalla recessione e dal crollo della borsa, con conseguenti scontri e tensioni razziali. Si assistette anche a un proliferare del fenomeno malavitoso. 43. Le orchestre erano davvero imponenti, con quattro o cinque sezioni, ognuna delle quali poteva avere anche cinque esecutori, e in alcune orchestre c’erano anche gli archi. Si afferma il ritornello delle trentadue battute. In genere c’erano i cantanti e nelle esecuzioni si alternavano ritornelli cantati e strumentali. Poi, durante e dopo la Seconda guerra, il nome del cantante andò progressivamente sostituendo quello della band, nella diffusione delle musiche registrate su disco. Il gruppo Tin Pan Alley andò sostituendo progressivamente le

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. Tra le innovazioni rispetto allo riff 45

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Swing Era

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voci, accompagnate da chitarra, pianoforte e contrabbasso, alle big band. Lo sviluppo del canto fu molto aiutato dal perfezionamento dei microfoni, che rendevano possibile la trasmissione delle sfumature vocali, ma portò anche a un divario con la musica da ballo e la sua forte ritmica. Fu questo che aprì la strada al forte richiamo sonoro del rock and roll. 44. «Negli anni Venti emerse uno stile un po’ diverso, suonato da orchestre più grandi e caratterizzato dall’esecuzione d’assieme piuttosto che dal solismo. La sonorità che emerge è piena e robusta, i ritmi sono flessibili e ondeggianti senza mai essere sgargianti quanto quelli dello stile di New Orleans (Dixieland). Nel corso della sua evoluzione, fu coniata la parola “swing”, usata sia come sostantivo sia come verbo, per descrivere questo nuovo stile di musica jazz», da MELI, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 108. 45. A differenza dei generi precedenti, nello swing si assiste a una maggiore importanza della sezione ritmica, generalmente composta da chitarra, pianoforte, contrabbasso e batteria, la quale ha il compito di creare una base per le improvvisazioni dei solisti; si sviluppano inoltre le big band, costituite anche da venti-venticinque elementi, e soprattutto, le improvvisazioni si affrancano completamente dalla semplice variazione sul tema divenendo a loro volta temi nel tema. A fianco alle big band che caratterizzano l’Era dello swing, il genere viene eseguito anche da formazioni di pochi elementi: tre, quattro o cinque strumenti. È da queste che, successivamente, nascerà il genere poi chiamato “mainstream”. «Per quanto riguarda gli strumenti utilizzati, si abbandona il banjo in favore della chitarra e assumono sempre maggior importanza i sassofoni a scapito del clarinetto. Dopo i primi successi neri, lo swing diventa fonte di guadagno per i musicisti bianchi i quali riescono a farlo divenire genere di successo radiofonico e a portare il jazz ad Hollywood. Tra gli anni 1935 e 1946, lo swing delle big band diventa il genere più popolare degli Stati Uniti. Oltre ad Ellington e Basie, emergono a protagonisti di questo periodo altri musicisti e bandleader come Louis Prima, Fletcher Henderson, Benny Goodman, Jimmy Dorsey, Tommy Dorsey, Glenn Miller, Woody Herman, Harry James e Artie Shaw. Il declino della cosiddetta “Era delle big band” ha molteplici motivazioni, ma la principale è la chiusura (durante la guerra) delle immense sale da ballo che rappresentano i datori di lavoro più affidabili per le orchestre, e anche gli unici locali che possono permettersi di pagare alcune decine di musicisti ogni sera. Dopo la guerra molte sale non riaprono, e quelle che lo fanno si dedicano ad altri tipi di musica da ballo: sta per cominciare l’Era del rock. Il locale di elezione per la musica jazz diventa allora il club di ridotte dimensioni, per il quale la formazione tipo è il piccolo combo, dal trio al sestetto», da La musica swing, basssanoswingout.it. 46. Cfr. ASSANTE, E., CASTALDO, G., Blues, jazz, rock, pop..., cit.

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swing

big bands47. E la rinascita del jazz avviene dunque in concomitanza col new deal rooseveltiano, nel senso che diversi critici fin da subito paragonano l’allegria dello swing music con l’atteggiamento di ottimismo che il nuovo presidente favorisce nelle classi medio-povere grazie a una serie di riforme sociali efficaci verso una linea di welfare. Nella storia del XX secolo lo swing degli anni Trenta (ed in parte Quaranta) è ciò che diventa poi il rock nei decenni successivi del secondo Novecento: una musica di massa, di euforia, di qualità48.

il punto di arrivo tra la cultura afro-americana del jazz già affermata e la cultura americana bianca di discendenza coinvolgeva come un richiamo primitivo bianchi e neri

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be-bop

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jazz50 47. I maggiori rappresentanti dell’Era dello swing e delle big band: Count Basie, Fletcher Henderson, Duke Ellington, Jimmy Lunceford, Artie Show, Woodie Hermann, Louis Amstrong, Benny Goodmann e Glenn Miller. 48. GUIDO MICHELONE, Black music. Le sonorità afroamericane 1896 – 2012, EDUCatt Università Cattolica, 2012, pag. 27. 49. ASSANTE, E., CASTALDO, G., Blues, jazz, rock, pop..., cit., pag. 83. 50. Per diversi anni, dal 1935, la musica leggera bianca in America fu delle big band di Benny Goodmann, Tommy Dorsey, Glenn Miller, Artie Shaw, alleati con la Tin Pan Alley e l’industria della musica leggera. A questo proposito, si nota come le battaglie per i copyright e le proprietà discografiche monopolizzati da Tin Pan Alley furono determinanti nella scomparsa della musica swing: «Alla fine degli anni Trenta, scoppiò una vera e propria guerra commerciale tra gli editori musicali e le stazioni radio americane, quando i primi aumentarono le tariffe del copyright. Le stazioni radio replicarono formando proprie organizzazioni per il controllo sui diritti, ma così facendo si trovarono obbligate a cercare una propria musica al di fuori della giurisdizione di Tin Pan Alley. Poi, tra l’agosto del 1942 e l’ottobre del 1943, l’American

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be-bop51. Paradossalmente negli Stati Uniti diminuisce l’interesse verso lo swing e le big band soprattutto da parte dei musicisti, i quali ne detestano l’aspetto routiniero e commerciale, il carattere poco inventivo e a tratti molto grossolano. È proprio negli anni di guerra in tal senso che nasce una reazione dei neri allo swing e al boogie che approda in quello che viene poi chiamato il be-bop, il quale non diventerà mai musica popolare stricto sensu, essendo troppo intellettuale e in fondo per nulla comunicativa52.

regime.

Federation of Musicians scese in sciopero per ottenere aumenti sulle prestazioni relative alle incisioni discografiche. Le case discografiche, che ora attingevano ai remunerativi profitti dei juke-box, e si trovavano con l’acqua alla gola per mancanza di nuovo materiale da incidere a causa dello sciopero, furono costrette a cedere alle richieste dei musicisti. Questi due avvenimenti segnarono la fine del monopolio di Tin Pan Alley sul mercato della musica popolare. Fra le conseguenze immediate di quel secondo avvenimento ci fu il drammatico declino dello swing. Legato alla precedente associazione sui copyright controllata da Tin Pan Alley, e di conseguenza bandito dalle radio, lo swing fu anche colpito duramente dal boicottaggio dei musicisti e fu così escluso dall’ascolto del grande pubblico. Le orchestre di Benny Goodman, Harry James e Tommy Dorsey si sciolsero nell’arco di poche settimane nel 1946. Il vuoto lasciato da queste orchestre nei favori del pubblico fu colmato dai cantanti solisti (che non erano stati coinvolti nello sciopero dei musicisti): Bing Crosby e, soprattutto, Frank Sinatra. Ma fu il primo avvenimento che si rivelò il più importante: con la costituzione di un’organizzazione alternativa per i diritti d’autore, l’etere americano si apri ad altri sound precedentemente esclusi, in particolare alla musica country & western e, in modo più discreto, alla musica nera», da CHAMBERS, IAIN, Ritmi urbani. Pop music e cultura di massa, Arcana, 2003, pag. 16. 51. Dizzy Gillespie, Charlie Parker, Miles Davis. Fu Miles Davis che negli anni SettantaOttanta mescolò funk, rap, rock e pop, mettendo ancora una volta in luce la complessità del melting pot musicale americano. 52. MICHELONE, G., Black music..., cit., pag. 33.

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boogie woogie

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Il boogie woogie Il boogie woogie

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rent parties54 55

tonky

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honky -

53. «Il blues si affermò come genere dopo il 1910, e si sviluppò in seguito con considerevoli progressi ritmici e vocali. Malgrado molti blues siano basati su uno schema di 8 battute, quello di 12 battute è diventato il tipo più comune. Quest’ultimo schema classico consiste di 3 linee di voce, ciascuna di 4 battute, con un accompagnamento musicale che riprende, risponde e completa la parte vocale. Anche questo modulo caratteristico di chiamata e risposta deriva dalle forme vocali africane, e lascia libero spazio all’improvvisazione strumentale», da FIORETTI, VALERIO, Breve storia della Musica Blues, nonsolocultura. studenti.it. 54. Interessante a proposito dei rent parties la nota di Frankie Manning nella sua autobiografia, circa i balli dei tempi di sua madre: «Nessuno può dire di aver visto ballare un lento se non è stato a un House Rent Party. Quando volevano darci dentro ballavano il black bottom, il mess around e lo slow drag – tutti ballavano honky tonk che si adattava a una musica più lenta», da MANNING FRANKIE, R. MILLMAN, CHYNTIA, Frankie Manning. Ambasciatore del Lindy hop, DeriveApprodi, 2014, pag. 26. 55. È interessante la testimonianza di Gampaolo Bassich, veneziano, che parla della medesima abitudine di affittare locali o appartamenti per ballare e fare delle feste all’insegna del rock and roll a quattromila lire al giorno (Mestre e Marghera), da Quando al banco del pesce si parladi Elvis e Jerry Lee Lewis, storiedichi.com. 56. Un brano caratteristico è “Honky Tonk Train Blues” del 1927. Il compositore Meade Lux Lewis imita con le sonorità un treno a vapore. L’espressione honky tonk ha origine negli Stati Uniti, a New Orleans, al tempo del proibizionismo, quando indicava le fabbriche

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black music 57

Pinetop Trenta58

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in vinile a 78 giri tra il 1943 e il 1949 -

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abusive di gin; più tardi si chiamarono così (o con nomi simili come honkatonks, honkey-tonks, tonks o tunks) anche le taverne o i bar con annesse le sale da ballo; originariamente erano riservate al sottoproletariato di colore. In musica, honky tonk definisce una sonorità, uno stile particolare del pianoforte, che acquista una timbrica tipica, ad esempio, nei pianoforti verticali dell’epoca del Far West o nelle colonne sonore delle comiche. È considerato il precursore del ragtime. 57. Nonostante il boogie woogie come genere risalga alla fine del 1800 se non prima, il pianista a cui si attribuisce la paternità di questo blues ritmato è Jimmy Yansey (19011951), almeno per quanto riguarda lo stile di Chicago, ovvero il più moderno e ballabile. Era un pianista regolarmente presente nei rent parties e sembra che sotto la sua guida si siano formati musicisti del calibro di Albert Ammons e Clarence Smith. 58. «Conquistò la platea nazionale quando Ammons, Lewis e Johnson, insieme al cantante Big Joe Turner, furono chiamati a partecipare allo spettacolo From Spiritual to Swing, organizzato da John Hammond alla Carnegie Hall nel dicembre 1938. Per tutti gli anni Trenta si susseguirono registrazioni di boogie woogie a opera di pianisti neri», da DÉCHARNÉ, MAX, A Rocket in My Pocket. Storia vera del rockabilly, Arcana, 2011. 59. Benny Goodman, 1937, “Roll’em”, e Tommy Dorsey, 1929, “Boogie Woogie”. 60. «Nel 1938 alla Carnegie Hall di New York suonarono artisti del calibro di Benny Goodman (ormai all’apice del successo), Ted Wilson, Gene Krupa, Lionel Hampton, Count Basie, Lester Young, Cootie Williams e altri nomi leggendari del jazz. Il “New York Times” definì l’evento come qualcosa di straordinario. Sul palco, in un clima carico di energia, si esibivano insieme, in un grande concerto, gli esponenti più importanti del jazz nero e bianco, ciascuno con il proprio stile inconfondibile e una carica tale da suscitare nel pubblico manifestazioni di entusiasmo che si ripeteranno soltanto in occasione dei grandi concerti rock. Qualche tempo dopo, ma sempre nel 1938, Albert Ammons, Pete Johnson e Meade Lux Lewis, tre pianisti neri, furono scoperti da un bianco: John Hammond. Per la prima volta nella storia della musica, questo stile è presentato ad un pubblico bianco nella famosa Carnegie Hall di New York e da quel giorno è iniziato un vero e proprio boom frenetico. Boom

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Rhythm and bLues

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I V-Disc comprendono non solo jazz, ma di tutto a livello di generi, tendenze, stili, correnti, sempre ovviamente nell’ambito del sound leggero di allora, ma ad ottenere maggior successo sul Vecchio Continente sono proprio i microsolchi delle big band, le grandi orchestre swing che sbarcano spesso al seguito delle truppe di liberazione. Molti studiosi in seguito teorizzano giustamente che il primo impatto a livello di massa del pubblico europeo con l’autentica musica afro-americana avviene proprio grazie al jazz ballabile dei V-Disc, in particolare con il boogie-woogie che nel nuovo immaginario culturale indica l’America della “V” come vittoria: e lo swing a stelle e strisce, dalle sonorità già quasi multietniche, diventa metaforicamente sinonimo di antifascismo e democrazia, sogni e libertà, grandi spazi e danze acrobatiche61.

Il rhythm and blues Il rhythm and blues race music

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che ha inserito questo nuovo stile musicale ai primi posti di tutte le vendite discografiche e che ha sancito il sorpasso del boogie sulla musica jazz. Questo stile di musica, infatti, non fu soltanto patrimonio dei neri, ma influenzò anche molti musicisti bianchi, primo fra tutti Glenn Miller», dalla voce “Boogie-woogie” di Wikipedia. 61. MICHELONE, G., Black music..., cit., pag. 33.

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soul music63.

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La musica country Il country

62. Tra i maggiori rappresentanti di questo genere troviamo: B.J. Turner, L. Jordan, F. Domino, Little Richard, C. Berry, B. Diddley. Il r&b ha attraversato la storia della musica statunitense, tornando d’attualità in forme musicali con connotazioni di rap e funky, destinate all’intrattenimento da discoteca. 63. «Il r’n’b (era) ovviamente scaturito dalla cultura del blues, ma allo stesso tempo più estroverso ed elettrico, direttamente legato all’urbanizzazione dei neri d’America, e il cui elemento principale era la ballabilità. Elemento non secondario, se si ricorda che proprio nello stesso periodo – anni ‘40 e ‘50 – il jazz, attraverso il be-bop, privilegiava sempre di più l’ascolto e non la ballabilità. Molti cantanti di r’n’b possono a buon diritto essere considerati dei precursori del rock’n’roll. È il caso di Joe Turner, che nel 1954 incise “Shake, Rattle and Roll”, tradotto poi in rock’n’roll da Bill Haley, aprendo un’era nuova nella storia della musica e del costume. Anche nella musica di Chuck Berry, Bo Diddley e Fats Domino è difficile distinguere con precisione elementi definibili come r’n’b da quelli definibili come rock’n’roll. Le tematiche del r’n’b si distaccavano da quelle del blues tradizionale, attenuando o addirittura cancellando l’eredità disperata della schiavitù e della segregazione conosciute nel profondo Sud. La maggioranza dei gruppi, strumentali e vocali, venivano dal Nord del paese e, a differenza del bluesman che aveva ben chiaro il destinatario della sua musica, si rivolgevano ad un pubblico indistinto e quindi dovevano trovare temi più generici, spesso sentimentali, per comunicare. Si attua così un crossover, ossia un’interazione, un superamento delle barriere tra musica e pubblico bianco e nero. In definitiva, il r’n’b di Sam Cooke, dei Drifters, di Ben E. King, dei Platters e di tanti altri ha aperto la strada del successo alla musica dei neri nel mondo giovanile bianco sia americano sia europeo», da Meli, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 101. 64. «La locuzione fu coniata nel 1949 dal settimanale americano “Billboard” in sostituzione di race records, che indicava le produzioni di artisti di colore. In questa vaga categoria confluirono varie forme di blues cittadino (come il boogie woogie di Kansas City) e anche forme semplici di jazz, che il pubblico preferì al difficile be-bop», dalla voce “rhythm and blues” dell’enciclopedia Treccani online.

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La musica countRy

guito si aggiunsero il banjo string bands

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. old time music67

o hillbilly music68 ramale o rambler country western69 honky tonk

swing70

western -

bluegrass71 Nashville sound

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65. Il banjo fu introdotto in America dagli schiavi neri, sul modello di uno strumento africano, e progressivamente venne adottato anche dai bianchi. 66. Probabilmente la chitarra venne portata dalla cultura messicana; in seguito si unirono il contrabbasso e il pianoforte. 67. Tra i personaggi di rilievo che contribuirono ad affermare il country come genere musicale si possono citare Jimmie Rodgers e la Carter Family. 68. Hillbilly: termine dispregiativo nato alla fine dell’Ottocento con il quale si definivano i montanari degli Appalachi, bianchi spiantati, bevitori di whisky e dal grilletto facile. 69. Il country western si diffuse maggiormente in Texas e Oklahoma e fu reso celebre da interpreti come Gene Autry, singing cowboy dei film hollywoodiani, R. Roger e T. Ritter. 70. Tra i maggiori esponenti, B. Wills, M. Brown, L. McAuliffe. Questo stile diffuse l’uso della chitarra elettrica e della batteria. 71. Suoi interpreti conosciuti erano la band di J.E. Manier e Bill Monroe nonché i Monroe Brothers. 72. Venne interpretato da personaggi come Roy Acuff, E. Arnold, M. Haggard e C. Atkins. Per capire la diffusione delle tendenze conservatrici incarnate dal genere country, si può vedere il film Nashville di R. Altman, del 1975. 73. Per mettere in evidenza i rapporti complessi che legano rock and roll e country, si noti che Johnny Cash, grande interprete del country western degli anni Cinquanta, iniziò a incidere nello stesso periodo di Elvis, ed ebbe molto successo anche tra il pubblico urbano, utilizzando il rock and roll come tramite; «Paradossalmente, è stato attraverso il rock and roll

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Il rock and roll rock and roll sem-

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che il pubblico urbano ha compreso come quest’ultimo fosse radicato nella musica country western, che sarebbe poi riuscito ad apprezzare», da MELI, F., Storia culturale della musica americana, cit., pag. 84. 74. «Rock and roll era un termine largamente in uso da decenni tra i neri ma fu lanciato al momento giusto dal dj Alan Freed in un programma radio in cui mescolava indifferentemente canzoni di musicisti neri e bianchi: da lì in avanti chiunque seguisse modi e movenze “alla Elvis” faceva rock and roll», da STEFANO ISIDORO BIANCHI, Rock e altre contaminazioni, Tuttle, 2008, pag. 59.

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