American Wayne of Life Un ritratto compiuto di John Wayne si intravede sparpagliato e mimetizzato in qualsiasi angolo più o meno riposto di un suo film. Scovarlo, mascherato da una circostanza eccezionale, una missione speciale, un ruolo estremo, dinamico, impegnativo, non è difficile. Difficile semmai è decidere da quale esempio cominciare per delineare un carattere e un mondo inconfondibili. Valga per tutti quello di un pilota d’aereo. Un singolare pilota, in L’isola nel cielo (Island in the Sky, 1953) di William Augustus Wellman, si presta a questa immediata necessità esplicativa. Merito anche della voce narrante che nel film spesso interagiva e dialogava con un personaggio cucito su misura: il capitano Dooley. Senza la voce esterna sarebbero state ben poche le parole pronunciate dal taciturno eroe wayniano, assai riservato e ripiegato su se stesso non per egoismo ma poiché completamente assorbito dal compito di guidare, incoraggiare, sorreggere o spronare i membri della squadra. La sua squadra. «Questa è una storia» recitava il narratore invisibile «di piloti provetti e del loro mondo protetto, la loro isola nel cielo». Poi: «I piloti professionisti sono, per necessità, uomini semplici, chiari. Il loro pensiero deve rimanere lineare, o muoiono violentemente». Occorreva che si manifestasse appieno il suo repentino senso di smarrimento sopraggiunto alla vista dell’aereo che li avrebbe dovuti salvare e invece si allontanava per scoprire, oltre l’introversione del personaggio, la ricca ma mai esibita gamma espressiva dell’attore. E giungere alla fine del film per apprendere, quasi per caso, che Dooley aveva taciuto a tutti, spettatori compresi, che aveva una famiglia: neppure la nascosta apprensione avrebbe mai lasciato indovinare l’esistenza di una moglie e di ben sei figli. L’emblematica “isola nel cielo” evocata sin dal titolo non era soltanto lo spazio umano, maschile, ristretto
L'isola nel cielo (1953).
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