hi.tech dermo 4/2018

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In questo numero Atrofia bianca: microangiopatia a estrinsecazione cutanea Acne: patologia a ponte tra dermatologia e medicina estetica Dermatite seborroica del cuoio capelluto: non solo la Malassezia Radiofrequenza frazionata: strumento evoluto per l’aging Trattamento delle cheratosi attiniche e photoaging severo CONGRESS REPORT PSICODERMATOLOGIA LETTERATURA INTERNAZIONALE ANGOLO DELLA CLINICA

Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences



SOMMARIO

Atrofia bianca: microangiopatia a estrinsecazione cutanea

pag. 11

Pierluigi E. Mollo, Federica Pomella, Giorgio Guarnera Salvino Bilancini, Massimo Lucchi, Gabriella Lucchi, Sandro Tucci

Acne: patologia a ponte tra dermatologia e medicina estetica

pag. 18

Giuseppe Maria Izzo

Dermatite seborroica del cuoio capelluto: non solo la Malassezia

pag. 22

Donato Di Nunno

Radiofrequenza frazionata: strumento evoluto per l’aging

pag. 26

Alessandra Camporese

Trattamento delle cheratosi attiniche e photoaging severo

pag. 30

Magda Belmontesi

congress report

pag. 34

psicodermatologia

pag. 38

letteratura internazionale

pag. 40

angolo della clinica

pag. 42

attualitĂ

pag. 44

corsi e congressi

pag. 47

marketing & sviluppo

pag. 49

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NORME REDAZIONALI

Requisiti per la pubblicazione di un manoscritto Gli articoli devono pervenire al Comitato di Redazione (info@laserforum.it) in copia cartacea e in forma elettronica nella loro stesura definitiva, completi di nome, cognome, qualifica professionale, indirizzo, telefono, email e firma dell’autore/i. Le illustrazioni devono essere numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. Devono essere ad alta risoluzione (almeno 300 DPI, in formato TIFF, EPS oppure JPEG). Grafici e tabelle dovranno essere forniti su supporto cartaceo e magnetico (possibilmente in formato Microsoft Excel), numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. È necessario includere l’autorizzazione per riprodurre materiale già pubblicato in precedenza o per utilizzare immagini ritraenti persone, qualora identificabili. L’articolo deve comporsi delle seguenti parti: Titolo, conciso e senza abbreviazioni, in italiano e in inglese Sottotitolo, in italiano e in inglese Nome e cognome di autore/i e relative qualifiche professionali Sommario di apertura, in italiano (minimo 30, massimo 50 parole) Riassunti in italiano e in inglese (minimo 50, massimo 100 parole). Parole chiave in italiano e in inglese (da 2 a 5), usando i termini indicati nell’Index Medicus. Qualora l’articolo sia una ricerca, il lavoro deve essere sintetico e non superare le 2.000 parole (bibliografia esclusa). Qualora l’articolo sia una rassegna, deve avere una lunghezza massima di 3.500 parole (bibliografia esclusa). Entrambi con un numero massimo di 12 foto. L’articolo può assumere la forma di una comunicazione breve, non superando in questo caso le 1.000 parole con un numero massimo di 4 foto. Struttura dell’articolo Qualora l’articolo sia una rassegna (casi clinici, test su strumenti eccetera) è sufficiente prevedere una divisione in paragrafi e sottoparagrafi, tale da rendere meglio identificabili le parti di cui è composto il lavoro e agevolare la fruizione del testo. Qualora sia una ricerca, l’articolo avrà la classica struttura dell’articolo scientifico. In questo caso si avranno: Introduzione, riassume lo stato attuale delle conoscenze; Materiali e metodi, descritti in modo tanto dettagliato da permettere ad altri la riproduzione dei risultati; Risultati, riportati in modo conciso e con riferimenti a tabelle e/o grafici. Discussione e conclusioni, enfatizzando gli aspetti importanti e innovativi dello studio. Bibliografia. Le voci bibliografiche dovranno essere elencate in ordine di citazione nel testo con una numerazione araba progressiva. Le voci bibliografiche dovranno essere redatte secondo lo stile dell’Index Medicus, pubblicato dalla National Library of Medicine di Bethesda, MD, Stati Uniti. Dovranno quindi recare cognome e iniziale del nome degli autori, il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista, l’anno di pubblicazione, eventualmente il mese, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. I rimandi bibliografici all’interno del testo, invece, dovranno essere posti tra parentesi recando il numero della voce/i cui fanno riferimento, in ordine di apparizione. L’approvazione alla pubblicazione è concessa dal Board scientifico. Le bozze inviate agli autori devono essere restituite corrette degli eventuali refusi di stampa entro il termine che verrà indicato. I lavori non possono essere stati offerti contemporaneamente ad altri editori, né pubblicati su altre riviste. L’Editore provvederà gratuitamente alla pubblicazione degli articoli, per la stesura dei quali è esclusa ogni sorta di compenso a favore dell’Autore/i. La proprietà letteraria dell’articolo pubblicato spetta all’Editore. Estratti Gli autori possono richiedere estratti a pagamento. Per ogni informazione riguardante gli estratti è possibile contattare la Redazione scrivendo a redazione@griffineditore.it

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hi.tech dermo

Alta tecnologia in dermatologia ricostruttiva Direttore responsabile Giuseppe Roccucci - g.roccucci@griffineditore.it Redazione Andrea Peren - a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli - l.romanelli@griffineditore.it Rachele Villa - r.villa@griffineditore.it Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo - customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Consulenza grafica Marco Redaelli - info@creativastudio.eu Stampa: Starprint srl - Bergamo EDITORE Griffin srl unipersonale P.zza Castello 5/E- 22060 Carimate (Co) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it hi.tech dermo. Periodico trimestrale Anno XIII - n. 4 - dicembre 2018 Registrazione del Tribunale di Como n. 22/06 del 29.11.2006 ISSN 1971-0682 Iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (Roc) n. 14370 del 31.07.2006 L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Tutti gli articoli pubblicati su hi.tech dermo sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art.11 D.Lgs.196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin srl, P.zza Castello 5/E, Carimate (Co), al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.



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Hi Tech Dermatology - italian high tech network in dermatological sciences Il Network, con sede a Milano, Via della Moscova 42, ha come fine quello di creare una vera e propria rete di connessione tra medici specialisti che, operando nell’ambito della dermatologia e della chirurgia plastica, utilizzano dispositivi biomedici di alta tecnologia. Si propone pertanto di mantenere e sviluppare la formazione e l’aggiornamento professionale del dermatologo e del chirurgo plastico ed estetico al più alto livello della pratica clinica in merito agli impieghi delle tecnologie e dei dispositivi medico chirurgici. L’Associazione ha come sua caratteristica costitutiva l’interdisciplinarietà e, nell’espletare le sue attività, trova sedi idonee e confacenti i momenti congressuali delle varie società mediche e chirurgiche, con le quali il Network avrà ampia collaborazione. Di tale interdisciplinarietà il Network desidera fare propria peculiarità principale, in quanto l’Associazione non nasce come una nuova società scientifica, ma si costituisce con l’intento di rappresentare una realtà trasversale in cui tutti i professionisti di specialità affini, interessati all’impiego nell’ambito della loro professione di dispositivi ad alta tecnologia, possano affluire per scambiare le proprie esperienze e crescere in virtù di questi scambi. Inoltre l’Associazione si propone di valutare sia la qualità dei dispositivi medico chirurgici che i loro protocolli applicativi. Hi Tech Dermatology è presente on line con il suo sito ufficiale www.hitechdermatology.org e si avvale della pubblicazione della Rivista hi.tech dermo, che rappresenta la sua espressione scientifica. Sono soci dell’Associazione tutti coloro che, enti, persone fisiche e giuridiche, cooperano al progresso e allo sviluppo della scienza medica nel campo delle applicazioni della dermatologia e chirurgia plastica, estetica ricostruttiva, della dermatologia chirurgica e oncologica e della dermatologica estetica e correttiva, e che a tale progresso e sviluppo siano interessati. Sono presidenti onorari del Network i professori Luigi Rusciani Scorza e Nicolò Scuderi. Sono soci onorari i presidenti in carica delle società scientifiche di riferimento e personalità proposte e accettate dal consiglio direttivo. Il consiglio direttivo del Network è formato dal coordinatore: Pier Luca Bencini; vice coordinatore: Patrizio Sedona; segretario scientifico: Michela Gianna Galimberti; tesoriere: Gian Marco Tomassini; consiglieri: Marco Ardigò, Davide Brunelli, Marco Dal Canton, Giovanni Pellacani. Sono responsabili e coordinatori territoriali per l’Italia settentrionale Matteo Tretti Clementoni (email: mtretti@tin.it), per l’Italia centrale Claudio Comacchi (email: comacchidermatologia@interfree.it) e infine per l’Italia meridionale e insulare Federico Ricciuti (email: ricciutifederico@tiscali.it).



BOARD SCIENTIFICO

Direttore scientifico Pier Luca Bencini

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Medicina legale

Imaging cutaneo

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Glen Calderhead (GIAPPONE)

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Mario Trelles (SPAGNA)

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Girish Munavalli (STATI UNITI)

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Xavier Sierra (SPAGNA)

Editors onorari Presidente Isplad

Andrea Romani

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Presidente Sidco

Giuseppe Zumiani

Presidente Sidemast

Giampiero Girolomoni

Presidente Aida

Cecilia Pravettoni



Corso FAD 2018 Allergie e intolleranze alimentari


MICROCIRCOLAZIONE / atrofia bianca

Atrofia bianca: microangiopatia a estrinsecazione cutanea Atrophie blanche is related to venous hypertension

RIASSUNTO Gli autori descrivono il quadro dell’atrofia bianca, manifestazione clinica presente con discreta frequenza nel paziente con malattia venosa cronica (MVC) nelle classi C4-C6 della stadiazione Ceap (clinica, eziologica, anatomica, patofisiologica). Tale manifestazione, riconducibile a patogenesi vascolare, ha come organo bersaglio la cute e rappresenta una condizione clinica fortemente peggiorativa nell’evoluzione del quadro flebologico, compromettendo significativamente la qualità di vita dello stesso paziente, per la sovente grave sintomatologia dolorosa che essa determina e perché costituisce frequentemente il locus minoris resistentiae cutaneo da cui può originare una lesione ulcerativa o una sua recidiva. PAROLE CHIAVE Malattia venosa cronica, lipodermatosclerosi, atrofia bianca, ulcera venosa, unità microcircolatoria

Pierluigi E. Mollo* Federica Pomella** Giorgio Guarnera*** Salvino Bilancini**** Massimo Lucchi**** Gabriella Lucchi**** Sandro Tucci**** * Angiologo medico, Ini Divisione Città Bianca, Veroli (FR) ** Angiologo medico, Servizi ambulatoriali territoriali branca Angiologia - Asl Frosinone *** Chirurgo vascolare, già presidente Associazione italiana ulcere cutanee (Aiuc). Studio Appia 197 Roma **** Angiologi medici, studio angiologico JF Merlen, Frosinone

ABSTRACT Patients affected by chronic venous insufficiency often present with oedema of the lower limb and skin changes, for example, the presence of haemosiderin and lipodermatosclerosis, as well as ulceration. In some instances, patients can also develop atrophie blanche Atrophie blanche, originally described in 1929 by Milian, is a particular form of cutaneous atrophy presenting as a smooth, ivory-white, plaque-like area on lower extremities with hyperpigmented border and peripheral telangiectasia. It is a morphological feature that is commonly seen following a healed ulcer. The pathogenesis is related to venous hypertension with small-vessel thrombosis of the subpapillary vascular plexus. Abolition of venous reflux, compression therapy and pain control are the basis of treatment of patients suffering from this disease. KEY WORDS Chronic Venous Disease, lipodermatosclerosis, atrophie blanche, venous ulcer, microcirculation

Riferimento per contatti: Pierluigi E. Mollo - pierluigi.mollo@libero.it Conflitti d’interesse dichiarati: nessuno

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MICROCIRCOLAZIONE / atrofia bianca

Lo stadio C4 della classificazione Ceap (clinica, eziologica, anatomica, patofisiologica) della malattia venosa cronica si caratterizza per le alterazioni discromico-distrofiche rappresentate dalla lipodermatosclerosi, dall’atrofia bianca (atrophie blanche degli autori francesi) e dall’eczema da stasi, quadri che, nella stadiazione evolutiva tipica del paziente flebopatico cronico, precedono la manifestazione cutanea più grave costituita dalla lesione ulcerativa flebostatica. A questi stadi possono giungere sia i pazienti affetti da insufficienza venosa primaria, determinata da patologia varicosa di vario livello di gravità, sia pazienti post-flebitici che pazienti portatori di entrambi i quadri nosografici venosi ectasiante e post-ostruttivo. La malattia venosa cronica si caratterizza non soltanto per le manifestazioni cliniche peculiari di ogni fase della sua stadiazione, soprattutto nelle classi evolutive più

avanzate, ma anche per il negativo impatto sulla qualità della vita (peggiore rispetto a molti quadri cronico-degenerativi come le artropatie e la BPCO o dismetabolici multifattoriali come la malattia diabetica) o compromettendola al pari di patologie ben più rilevanti dal punto di vista prognostico come le neoplasie, la cardiopatia ischemica e l’insufficienza cardiaca congestizia (1).

Lipodermatosclerosi: quadro clinico La lipodermatosclerosi è un quadro clinico con cui si identifica una lesione cutanea indurativa, sclerotica e iperpigmentata a carico di una gamba. È espressione di ripetuti stravasi eritrocitari interstiziali indotti dalla stasi-ipertensione, con successiva degradazione dell’emoglobina e formazione di emosiderina. La componente pigmentaria prelude e precede la comparsa della lipodermatoscle-

rosi propriamente detta. Si tratta di un processo discromico-ipodermitico distinto da tutte le ipodermiti primitivamente “dermatologiche che non riguardano la flebologia e non risultano correlate a meccanismi di ordine flebostatico”. È stata proposta la distinzione in due forme cliniche: una acuta, caratterizzata dalla presenza di un’area eritematosa, tesa, calda, molto dolente, in sede sopramalleolare interna e una cronica, che si manifesta a distanza di mesi o anche di anni e che si identifica in una fibrosi o sclerosi estesa con demarcazione sfumata (2). Nelle forme più gravi la pelle assume un aspetto marcatamente distrofico, madreperlaceo, teso, assottigliato, disseminato di aree purpuriche di estensione variabile che circondano zone di atrofia bianca, più avanti ampiamente descritta, e soggetta a micro-ulcerazioni, iperalgiche che precedono la comparsa di vere e proprie lesioni ulcerative.

CLASSIFICAZIONE CEAP C = segni clinici (C 0 > 6; a, asintomatico / s, sintomatico) Classe 0: assenza di segni clinici visibili o palpabili di malattia venosa Classe 1: presenza di teleangectasie o vene reticolari Classe 2: presenza di vene varicose Classe 3: presenza di edema Classe 4: turbo trofiche di origine venosa a) pigmentazione e/o eczema b) lipodermatosclerosi e/o atrofia bianca Classe 5: come classe 4 con ulcere cicatrizzate Classe 6: come classe 4 con ulcere in fase attiva Tabella I: classificazione Ceap (clinica, eziologica, anatomica, patofisiologica)

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Sovente la dermoipodermite non riguarda soltanto i piani cutanei ma interessa anche quelli più profondi a livello della porzione sovramalleolare, con espressione obiettiva “a manicotto” che, contrastando con l’edema del III medio e del III superiore, conferisce alla gamba l’aspetto definito “a fiasco rovesciato” (3) (fig. 1). In taluni casi questa stadiazione clinica si caratterizza anche per l’eczema da stasi, affezione costantemente pruriginosa che può evolvere in forme intensamente trasudanti, desquamanti, screpolate (eczema craquelé), complicate da lesioni da “grattamento” e aggravate da sensibilizzazioni a terapie topiche, sovente evolventi con irregolare cronologia e frequenti riacutizzazioni, verso cronicità in paracheratosi e dermatosi secche (forme squamose e lamellari). La notevole frequenza dell’associazione di manifestazioni cutanee eczematose sugli arti di soggetti con patologia varicosa o

Fig. 1: gambe “a fiasco rovesciato”

post-ostruttiva venosa, rende ragione dell’attribuzione della paternità del quadro cutaneo alla stasi venosa (4). In taluni casi il prurito può diventare intensissimo, fortemente afflittivo ed estendersi a zone cutanee distanti dall’arto flebopatico. In fase acuta prevalgono i fenomeni dermo-epidermici quali l’eritema, l’edema distrettuale, la formazione di piccole vescicole che rompendosi e confluendo tra loro, possono dar luogo a un gemizio più o meno significativo fino a una vera e propria “colatura” sierosa da un’area di “disepidermizzazione”. In fase subacuta, pur in presenza di una regressione dei fenomeni infiammatori, si osserva una persistenza di lesioni eritemato-squamose con secrezione ridotta ma pur sempre pruriginose (fig. 2). L’evoluzione verso la fase di cronicità si caratterizza per fenomeni di paracheratosi con evoluzione verso quadri di dermatosi secca, desquamante, lamellare con aspetti psoriasiformi (fig. 3). Va sottolineato che mentre la gran parte di questi quadri eczematosi rimane localizzata all’arto flebopatico, sovente è possibile osservare la comparsa di prurito, eritema ed eczematizzazione in altre aree cutanee non contigue o distanti come collo, torace e viso (fenomeno di Koebner). Dal punto di vista etiopatogenetico, esclusi i rari casi di pazienti atopici o con precedenti sensibilizzazioni che per mera coincidenza sono anche flebopatici, l’eczema da stasi appare determinato da sensibilizzazioni allergiche a trattamenti topici e/o a germi mi-

crobici o micotici favorite da cute fragile, secca, gravata da lesioni da grattamento ripetuto o da macerazioni cutanee secondarie a medicazioni inappropriate di lesioni ulcerative. Il trattamento dell’eczema da stasi, nel rispetto della fisiopatologia, dovrà pertanto essere bivalente, orientato cioè in direzione sia flebologica che dermatologica, mirando alla correzione della stasi-ipertensione e all’eliminazione del processo di sensibilizzazione allergica che ha determinato la comparsa dell’eczema. Sempre utile un’antisepsi cutanea non aggressiva e scarsamente istolesiva. In presenza di natura infettiva clinicamente sospetta dell’eczema, può trovare indicazione un trattamento antibiotico sistemico da adottare sempre con le abituali cautele.

Atrofia bianca Una manifestazione cutanea del tutto peculiare, oggetto del presente lavoro, è rappresentata dall’atrofia bianca. Si tratta di lesione cutanea extrafasciale a tendenza ulcerativa. Descritta per la prima volta da Milian nel 1929, definita “atrophie blanche” degli autori francesi, inizialmente veniva correlata alla lue e alla tubercolosi (5). L’atrofia bianca appare sotto forma di chiazze biancastre o di color avorio talora madreperlaceo, leggermente depresse sul piano cutaneo e di grandezza variabile da puntiforme con dimensioni submillimetriche fino a qualche centimetro. Queste chiazze hanno forma solitamente rotondeggiante

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MICROCIRCOLAZIONE / atrofia bianca

Fig. 2-3: eczema da stasi

od ovalare ma possono apparire anche di forma irregolare e nella gran parte dei casi con limiti non netti e scarsamente demarcati. Inizialmente poco estesa, la lesione tende a confluire in chiazze irregolarmente delimitate, nelle quali restano incluse isole di tessuto cutaneo relativamente sane, con capillari giganti che emergono come teste di spillo nei settori “malati”. Nella gran parte dei casi l’atrofia bianca si iscrive sul terreno distrofico-discromico proprio della dermo-ipodermite siderinica .Spesso associata sia a quadri severi di lipodermatosclerosi sia a lesioni ulcerative flebostatiche ovvero a lesioni ulcerative cicatrizzate, può precedere anche di anni la stessa complicanza evolutiva della lesione ulcerativa cutanea. Sedi prevalenti sono le porzioni distali della gamba, con preferenza per le superfici mediali segnatamente per la regione malleolare e sottomalleolare. Si rileva una predilezione di genere in quanto sono colpite più frequentemente le donne rispetto agli uomini, quasi esclusivamente in gambe affette

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da grave IVC con predilezione per le fasce di età media e avanzata nelle quali tale quadro è più frequente. L’atrofia bianca è presente nel paziente con MVC molto più spesso di quanto non sia rilevata e/o menzionata nella pratica e nelle refertazioni (fig. 4). Trattasi di una “vasculosi” con marcata riduzione della densità capillare e conseguente abbassa-

Fig. 4: atrofia bianca

mento della tensione tessutale di O2. Macroscopicamente si rileva un’atrofia cutanea di notevole grado, solitamente su area di dermo-ipodermite siderinica, in cui spiccano piccole chiazze depigmentate, spesso depresse nel territorio di distribuzione di un’“unità angiosferica di rifornimento”. Questa definizione identifica la zona in cui l’ipertensione venosa,


alla base di tutte le modificazioni microvasculotessutali, si estrinseca in maniera prevalente. In questa zona si realizzano gli effetti emodinamici correlati alle varici che scaricano il loro reflusso ematico in quel determinato distretto cutaneo. Proprio in tale area il danno correlato alla stasi-ipertensione sarà più intenso rispetto ad altri distretti, innescando un processo infiammatorio cronico tale da produrre le alterazioni microvascolari e tessutali tipiche della “microangiopatia da stasi”. In pratica questa zona riveste, in maniera evidente, il ruolo di “trait d’union” fisiopatologico tra alterazione emodinamica macrovasale e danno micro-vasculo-tissutale. L’epidermide va incontro a fenomeni degenerativi distrofici con progressivo assottigliamento fino alla riduzione a pochi strati di cellule. L’assottigliamento riguarda prevalentemente il corpo papillare con una contemporanea distensione edematosa e rottura e rarefazione di fibre elastiche e con progressivo depauperamento vascolare che può giungere a una completa desertificazione. Evidenti all’esame clinico le manifestazioni distrofiche anche a carico degli annessi cutanei. Fisiopatologicamente il processo correla con il meccanismo stasi-ipertensione, con dilatazione venulare e formazione di “glomeruli capillari” e con contemporanee costrizione e microtrombosi del corrispondente versante afferente. Si può certamente concordare con l’ipotesi di Glauco Bassi che individua in un “processo microemodinamico” il meccanismo fisiopatologico alla base dell’alterazione

cutanea. La condizione stasi-ipertensione in periferia induce una dilatazione di piccole vene e porta alla formazione di circoscritti glomeruli capillari, la cui porzione afferente, in particolare le arteriole del compartimento cute-sottocute, va incontro a fenomeni di restringimento e di spasmo (forse quale meccanismo di regolazione circolatoria). Il depauperamento, la progressiva desertificazione capillare e l’aumentata omogenizzazione del connettivo determinano la decolorazione “biancastra” della chiazza, mentre i puntini rossi corrispondono ai circoscritti glomeruli capillari. Lo spasmo dei piccoli vasi afferenti, quando risulta prolungato e severo, porta inevitabilmente all’ulcerazione dell’area di “rifornimento”. Si tratta dunque in ultima analisi di “ulcere arteriose impiantate su di un’alterazione della circolazione venosa (6). Lo studio dell’unità microcircolatoria e le modificazioni distrettuali delle aree sedi della degenerazione atrofica cutanea fanno meglio comprendere il quadro clinico sintomatologico e obiettivo. L’epidermide e il sottostante letto papillare si rilevano nettamente assottigliati con processi degenerativi a carico della componente connettivale in particolare rottura e rarefazione delle fibre elastiche con diffusa fibrosi. La componente vascolare (arteriolare) va incontro a una ialinizzazione e a una progressiva riduzione del lume mentre nel corrispondente versante venoso si osserva una dilatazione con ingrossamento di parete e tortuosità

correlata all’ipertensione venosa che determina un adattamento dei capillari “a gomitolo” in conseguenza di un loro allungamento. Complessivamente il processo di ialinosi e di riduzione del lume arteriolare produce una riduzione del letto e una progressiva ipoperfusione tessutale. La conferma viene dai rilievi transcutanei di O2 che evidenziano un cattivo apporto ematico, peraltro peggiorato dalle distanze di diffusione dal letto capillare delle zone atrofiche. All’ulteriore riduzione del rifornimento ematico concorrono anche i manicotti pericapillari di fibrina che notoriamente si formano nelle unità micro-vasculo-tissutali del paziente flebopatico negli stadi più avanzati. La conferma dell’ipotesi di Glauco Bassi viene dal laboratorio: le misurazioni transcutanee della pressione parziale di O2 forniscono valori estremamente bassi, espressione della cattiva perfusione distrettuale. Al contrario gli studi con il laser doppler hanno dimostrato un’intensa vasodilatazione in queste zone critiche. Tale associazione di vasodilatazione arteriolare e ipossia viene definita “ipossia iperemica” ed è una caratteristica peculiare della microangiopatia da stasi. Tale fenomeno può essere spiegato con la grave stasi venulare e con le alterazioni emoreologiche che ne conseguono. L’aggregazione eritrocitaria provoca un rallentamento del flusso capillare con riduzione degli scambi vasi-tessuto, aggravata dalla cuffia di fibrina pericapillare, condizioni che sommandosi ostacolano la cessione dell’ossigeno e l’edema

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MICROCIRCOLAZIONE / atrofia bianca

interstiziale, legato all’aumento della permeabilità venulo-capillare. L’aumento delle distanze intercellulari, indotto dall’edema rende più difficili gli scambi nutritizi. Tali alterazioni emoreologiche e microvasculo-tessutali sono accompagnate da una grave infiammazione cronica, con attivazione delle metalloproteasi, del TNF e delle interleuchine che provocano, da un lato, danno endoteliale con trasformazioni funzionali e organiche in senso trombogeno, dall’altro lesioni cellulari che favoriscono la comparsa di lesioni trofiche cutanee che vanno dall’eczema da stasi, alla dermoipodermite cronica, fino all’atrofia bianca e all’ulcera. Le ulcere su atrofia bianca, piccole all’esordio, se non curate, possono ingrandirsi molto rapidamente fino ai limiti dell’area atrofica, sia in estensione sia in profondità. La peculiarità clinica di queste ulcerazioni è la sintomaticità dolorosa sovente molto significativa. Lesioni anche minime sono caratterizzate infatti da dolori straordinariamente intensi e resistenti alla terapia. Nelle ore notturne questi dolori possono diventare intollerabili indipendentemente dalla grandezza della lesione. Il bendaggio compressivo è mal sopportato per cui è consigliabile procedere con compressioni crescenti per indurre tollerabilità e adattamento. Contro ogni aspettativa, sotto tali bendaggi può regredire anche l’atrofia non ancora ulcerata. La diagnosi differenziale va posta con la pseudo-atrofia bianca e con l’eczema varicoso. La vera atrofia bianca va infatti sempre correttamente distinta da

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Fig. 5: pseudoatrofia bianca

cicatrici o da depigmentazione su varici o su siderosclerosi (la cosiddetta “pseudo-atrofia bianca”) (7) (fig. 5). I provvedimenti terapeutici da adottare vedono in primo luogo la correzione del binomio stasi-ipertensione da contrastare o eliminare con il già citato impiego di un’adeguata elastocompressione e, quando indicato, con un appropriato e corretto trattamento chirurgico e/o scleroterapico. Ineludibile il trattamento della componente algica, sovente insopportabile e del tutto incoerente e sproporzionata rispetto all’obiettività del quadro atrofico.

Bibliografia 1. Mollo PE. Lo score clinico (da: La

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DERMATOLOGIA / trattamento dell’acne

Acne: patologia a ponte tra dermatologia e medicina estetica Scelta del trattamento domiciliare più adatto in rapporto alla tipologia delle lesioni cliniche

L’acne, sia attiva che cicatriziale, rappresenta una delle problematiche che di più frequente si presentano al medico estetico. L’acne è una patologia dermatologica di cui è necessario conoscere sia

Fig. 1 a-b: manifestazione dell’acne

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l’eziologia che la patogenesi, per cui spesso il medico estetico non riesce a ottenere risultati brillanti nella correzione delle lesioni cliniche e nella guarigione della dermatosi (fig. 1 a-b).

Giuseppe Maria Izzo Specialista in Dermatologia e Venereologia, vice presidente Scuola Medicina estetica Icamp, Milano

Eziologia dell’acne L’acne è una patologia che riconosce nella sua eziologia (fig. 2) alcuni punti fermi: si manifesta in genere nella pubertà sia nei maschi sia nelle femmine per la ca-


Fig. 2: eziologia dell’acne

scata ormonale connessa all’età, amplificata nei soggetti di sesso femminile per l’insorgere del ciclo mestruale, con le sue periodiche variazioni ormonali. All’insorgere della patologia concorrono anche una familiarità della malattia e le frequenti forme tardive che possono determinarsi per un clima caldo umido, sia dell’ambiente esterno sia nei luoghi delle pratiche sportive (principalmente il nuoto praticato in piscine chiuse), oppure per l’assunzione di farmaci sia per via generale sia topica, specialmente i cortisonici. Frequente è anche l’acne cosmetica, causata sia da errori nella detergenza, sia dall’utilizzo di creme non adatte alla cute seborroica. Spesso la patologia insorge o peggiora in autunno, per l’effetto negativo che i raggi solari hanno sul follicolo pilo-sebaceo: il quadro clinico migliora esponendosi al sole, ma l’ostio follicolare va chiudendosi per l’ipercheratinizzazione indotta dagli stessi e di

conseguenza l’acne insorge dopo il cessare dello stimolo luminoso.

Patogenesi dell’acne Il primum movens è l’ipercheratosi del dotto della ghiandola che impedisce la fuoriuscita del sebo, che dal suo canto è prodotto in maggior quantità per la stimolazione ormonale. Questo determina la flogosi della ghiandola e della cute circostante con il comparire delle papule e delle pustole; progressivamente si rompe la parete della ghiandola, il sebo invade il derma e aumenta la reazione flogistica della cute perilesionale con la comparsa dei noduli che, approfondendosi e confluendo tra di loro, danno luogo alla comparsa delle lesioni cistiche, con possibili e probabili esiti cicatriziali estremamente antiestetici. Terapia generale e topica Il medico deve essere in grado di stabilire il modus operandi del

trattamento domiciliare dell’acne seguendo un criterio logico di progressività dell’intervento terapeutico in rapporto alla tipologia delle lesioni presenti. A nostro avviso per un’acne comedonica vanno prescritti soltanto un giusto detergente, un efficace scrub e topici che possano essere moderatamente cheratolitici e sgrassanti la superficie cutanea. I problemi insorgono quando sono presenti lesioni papulo-pustolose e nodulari perché, a nostro giudizio, vanno prescritti come topici benzoilperossido e retinoidi in varie formulazioni d’uso (gli antibiotici non li amiamo per la loro relativa efficacia in seguito al formarsi intorno alle colonie batteriche del microbioma, che ne limita o ne impedisce l’azione terapeutica). In queste forme cliniche può essere indispensabile la prescrizione di terapie generali con inositolo e derivati specie nelle donne per la sua azione positiva sull’ovaio, mentre i retinoidi vanno riservati per le forme complicate e per l’acne volgare resistente alle terapie sopracitate. Nelle donne in età fertile e con alterazioni ormonali e/o del ciclo è molto efficace la prescrizione di anticoncezionali che riteniamo da assumere in pulse terapy, ovviamente in accordo con il ginecologo.

Trattamenti ambulatoriali Il punto di unione tra dermatologia e medicina estetica è costituito dai trattamenti ambulatoriali dell’acne. Molte le tecniche proposte, molte le apparecchiature durate sul mercato lo spazio di un

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DERMATOLOGIA / trattamento dell’acne

mattino. Il nostro modus operandi, con un approccio step by step, è il seguente: nelle forme comedoniche peeling chimici soft con acido salicilico combinato con acido piruvico e acido azelaico; nelle forme papulo-pustolose gli stessi peeling seguiti dalla terapia biofotonica con un gel attivatore e un led a luce blu con azione specifica sulla ghiandola sebacea, oppure peeling con TCA low dose da solo o in combinazione con acido salicilico e retinolo (fig. 3). Nelle forme più complesse utilizziamo di solito la terapia fotodinamica con acido delta amino levulinico o metil amino-levulinato, la cui applicazione è preceduta da un soft peeling di apertura all’azione dei fotosensibilizzanti. Ovviamente utilizziamo, non solo questo trattamento molto efficace e al contempo molto invasivo ma in alternanza i peeling sopracitati e/o la terapia biofotonica (fig. 4 a-b-c). Nell’acne cicatriziale l’approccio è diverso: inizialmente un peeling all’acido piruvico per purificare e sgrassare la cute sfruttandone la lipofilia, poi una scelta in rapporto al caso tra una serie di peeling al TCA a varia concentrazione e una serie di sedute di laser frazionato CO2 (fig. 5 a-b-c); oppure varie sessioni con una radiofrequenza frazionata, utilizzando in sequenza micro aghi nel derma per una bioristrutturazione della zona, e successivamente un terminale ablativo per un’omogenizzazione della superficie cutanea (fig. 6 a-b).

Conclusioni Ci sembra giusto ribadire che l’acne rappresenta una patologia der-

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matologica che va ben inquadrata e curata, anche con l’aiuto di un dermatologo e di un ginecologo. Le lesioni antiestetiche che sono presenti devono essere trattate in rapporto alla tipologia prevalente delle stesse e in cicli di trattamenti ambulatoriali anche combinati o alternati tra di loro. La parola fine alla patologia attiva potrà essere pronunciata solo quando nuove lesioni non ricompariranno dopo la fine dei trattamenti.

Per quanto riguarda le forme cicatriziali, le attuali tecniche di trattamento ci consentono un notevole miglioramento degli esiti ma è difficile farli scomparire del tutto. Da poco tempo stiamo provando un’innovativa apparecchiatura che ci consente di diffondere in modo omogeneo sostanze attive nel derma, come acido ialuronico o cortisone, per aiutarci a migliorare queste antiestetiche lesioni. Come vedete, work in progress!

Fig. 3: trattamento ambulatoriale con utilizzo di peeling chimici


Fig. 4 a-b-c: terapia biofotonica nel trattamento dell’acne

Fig. 5 a-b-c: trattamento dell’acne cicatriziale

Fig. 6 a-b: prima e dopo le sessioni di trattamento dell’acne

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TRICOLOGIA / dermatite seborroica del cuoio capelluto

Dermatite seborroica del cuoio capelluto: non solo la Malassezia La ricerca dermatologica verso il microbiota

Donato Di Nunno Medico chirurgo, Specializzato in Dermatologia e Venereologia

cutaneo spinge verso nuove strategie terapeutiche

Rivisitazione eziopatogenetica La dermatite seborroica è un’affezione eritemato-desquamativa delle aree seborroiche ad andamento cronico recidivante, tipica dell’età adulta (18-50 anni) ma di frequente riscontro anche nell’età infantile con la presenza della caratteristica crosta lattea. È una patologia che interessa il cuoio capelluto, il volto e il tronco colpendo in particolar modo aree come l’attaccatura dei capelli, la parte mediale della fronte, la regione retroauricolare, le sopracciglia, le pieghe naso-geniene e la regione della barba. La dermatite seborroica del cuoio capelluto interessa circa il 25% degli adulti ed è caratterizzata dalla presenza di pitiriasi secca o di squame giallastre e untuose su una base più o meno eritematosa. Il più delle volte il paziente lamenta intenso prurito, seborrea (con capelli che appaiono untuosi e appesantiti anche poco tempo dopo

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il lavaggio) e un aumento della caduta dei capelli (verosimilmente legata ai processi infiammatori che caratterizzano la patologia). Tipicamente peggiora durante il periodo invernale per poi migliorare nel periodo estivo, grazie all’attività immunomodulatoria dei raggi UV.

Dermatite seborroica: come si presenta Dal punto di vista clinico la dermatite seborroica può presentare: > pitiriasi secca con presenza di squame bianche di piccole dimensioni sia sul cuoio capelluto sia intorno al fusto dei capelli che sugli indumenti; > squame o placche eritemato-desquamanti e untuose di colore giallastro e dimensioni maggiori, caratterizzate da processi infiammatori anche piuttosto importanti. Riguardo l’eziopatogenesi della dermatite seborroica si sono nel

tempo affermate diverse ipotesi, dall’idea che la sola ipersecrezione sebacea potesse innescare e alimentare il processo patologico, fino alla tesi più accreditata che un’alterazione qualitativa dei lipidi di superficie in associazione al ruolo svolto da un lievito lipofilo del genere Malassezia siano alla base della patologia. Si ritiene che la dermatite seborroica sia il risultato di tre fattori strettamente correlati tra loro: alterazione qualitativa e quantitativa del sebo, iperproliferazione del lievito Malassezia e infiammazione del cuoio capelluto. Un’aumentata produzione di sebo favorisce la proliferazione dei lieviti lipofili presenti sulla cute. In particolare, diversi studi hanno messo in evidenza alterazioni quantitative degli acidi grassi polinsaturi che creano le condizioni favorevoli alla proliferazione della Malassezia che svolgerebbe un ruolo patogenetico seconda-


rio. L’attività lipasica del lievito sui trigliceridi libera sulla superficie cutanea acidi grassi insaturi e acido arachidonico che alterano il normale processo di cheratinizzazione e la funzione di barriera cutanea, inducendo iperproliferazione e infiammazione, quest’ultima inoltre favorita da citochine proinfiammatorie liberate dai cheratinociti e dall’attività di Prostaglandine, in particolare PGE2.

Tipologie di Malassezia Metodiche di biologia molecolare hanno permesso di identificare le diverse specie di Malassezia presenti sul cuoio capelluto dell’uomo: globosa, restricta, furfur, sympodialis, slooffiae, obtusa, nana, dermatis, japonica, tutte specie lipofile. Le specie più comuni riscontrate sul cuoio capelluto dell’uomo sono Malassezia restricta e globosa e risultano presenti in concentrazioni più elevate in corso di dermatite

seborroica. Diversi studi sottolineano l’importanza dell’iperproliferazione della Malassezia nella patogenesi della dermatite seborroica. Altri studi invece hanno evidenziato come molti pazienti affetti da dermatite seborroica non presentino un’iperproliferazione del lievito, mettendo in risalto più un’ipersensibilità alla Malassezia che un legame quantitativo tra il lievito e la patologia. In ogni caso, questo fungo è responsabile di una reazione infiammatoria che porta a importanti alterazioni cutanee. Recentemente, dal punto di vista patogenetico, l’attenzione si sta concentrando sul concetto di “disbiosi”, cioè di un’anomala colonizzazione microbica e fungina del cuoio capelluto affetto da dermatite seborroica. È ormai consolidato il concetto che un microbiota cutaneo equilibrato e diversificato svolga una funzione protettiva, rappresentando per la cute un’ulteriore dife-

sa immunitaria, proteggendola da aggressioni esterne, processi infiammatori e infettivi, regolando il pH e contribuendo a limitare la proliferazione di microorganismi patogeni. Diversi studi recenti, utilizzando moderne tecniche di biologia molecolare hanno infatti evidenziato come lo sbilanciamento delle popolazioni microbiche a livello cutaneo sia associato all’aggravarsi di diverse condizioni patologiche. Un recente studio ha identificato, mediante clonaggio e sequenziamento delle regioni dell’unità ribosomiale conservata e successivamente quantificate mediante PCR quantitativa, le principali specie batteriche e fungine che popolano il cuoio capelluto sano e quello affetto da dermatite seborroica. I risultati ottenuti con metodi molecolari indicano che sul cuoio capelluto sano le principali specie batteriche riscontrate sono Propionibacterium acnes e Staphylococcus epidermidis, mentre la Malassezia restricta è il principale lievito presente. Nei pazienti affetti da dermatite seborroica si assiste però a un incremento sia di Malassezia restricta siadi Staphylococcus epidermidis, a discapito del Propionibacterium acnes, evidenziando come la patologia possa essere correlata a uno sbilanciamento nella proporzione delle principali popolazioni batteriche e fungine che colonizzano il cuoio capelluto. Altre specie batteriche (Propionibacterium granulosum, Staphylococcus caprae), altri generi batterici (Streptococcus, Acinetobacter, Corynebacterium, Pseudomonas, Moraxella), altre Malassezia spp.

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TRICOLOGIA / dermatite seborroica del cuoio capelluto

(Malassezia slooffiae, Malassezia sympodialis) e altri generi fungini (Exophiala, Penicillum, Rhodotolura) sono risultati presenti in minime percentuali sia sul cuoio capelluto sano sia su quello dei pazienti affetti da dermatite seborroica. Ulteriori studi, utilizzando moderne tecnologie di sequenziamento e di bioinformatica, hanno confermato questi dati e offerto un’analisi accurata del microbiota batterico e fungino nella cute del cuoio capelluto, aprendo l’orizzonte a una visione più ampia riguardo l’eziologia della dermatite seborroica e al ruolo del microbioma e del suo disequilibrio nello sviluppo dei sintomi associati alla patologia.

Conclusioni Finora la terapia della dermatite seborroica è stata indirizzata al controllo della Malassezia e alla riduzione dell’infiammazione. Queste nuove conoscenze e l’attuale interesse della ricerca dermatologica verso il microbiota cutaneo spingono verso nuove strategie terapeutiche, le quali mirano a riparare la funzione barriera della cute e a ristabilire e a preservare il micro ecosistema presente a livello del cuoio capelluto, il cui disequilibrio pare contribuire all’insorgenza, al mantenimento e all’aggravarsi della dermatite seborroica.

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MEDICINA ESTETICA / radiofrequenza frazionata

Radiofrequenza frazionata: strumento evoluto per l’aging La metodica si avvale di due tecniche della medicina estetica: needling e radiofrequenza

La radiofrequenza frazionata si avvale di due tecniche conosciute nel campo della medicina estetica quali il needling e la radiofrequenza, migliorandone sia la performance sia la precisione. Sappiamo che il needling è stato utilizzato nel campo biostimolativo e che tuttora viene ampiamente applicato con riconosciuti successi, che la radiofrequenza di superficie è in grado di stimolare parzialmente la rigenerazione dermica ma è proprio il derma in questo caso a rappresentare una barriera. La novità consiste nel portare a livello dermico la radiofrequenza attraverso un manipolo monouso di 2x2 cm che presenta 64 microaghi non schermati in acciaio chirurgico permettendo di bypassare l’epidermide lasciandola quasi intatta (fig. 1). Gli aghi non schermati permettono una miglior conduzione dell’energia evitando di raggiungere temperature troppo elevate

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Fig. 1: manipolo monouso di 2x2 cm che presenta 64 microaghi non schermati in acciaio chirurgico, utilizzato nella metodica della radiofrequenza frazionata

Alessandra Camporese Medico chirurgo estetico, docente della Scuola internazionale di Medicina estetica di Roma

Fig. 2: il post-trattamento si presenta con un eritema cutaneo della durata massima di 4 ore


riducendo drasticamente la formazione di fibrosi sub-dermica, consentendo allo stesso tempo un recupero veloce del paziente. Il post-trattamento si presenta con un eritema cutaneo della durata massima di 4 ore (fig. 2). Il setting per ciascun paziente dev’essere personalizzato tenendo conto dello spessore dermico, del grado di aging, dell’inestetismo e infine del distretto da trattare. Per tali motivi è necessario utilizzare una macchina “aperta” ove sia possibile impostare il tipo di impulso (singolo, doppio o più impulsi) il time on (tempo di permanenza degli aghi nel derma), il time off (pausa tra gli impusi), l’intensità della radiofrequenza e infine la profondità da raggiungere. Le sedute che mediamente vengono previste per paziente sono riconducibili a tre con un intervallo di almeno 4 settimane. Il meccanismo d’azione della radiofrequenza frazionata è quello di creare un danno termico controllato nei punti d’incontro della matrice ad aghi lasciando intatto

Fig. 3: il meccanismo d’azione della radiofrequenza frazionata è quello di creare un danno termico controllato nei punti d’incontro della matrice ad aghi lasciando intatto il derma circostante che funge da “riserva biologica” necessaria per un rapido recupero

Fig. 4: area perioculare trattata. Il post-trattamento dopo tre sedute (fonte foto: dottoressa Alessandra Camporese)

il derma circostante che funge da fondamentale “riserva biologica” necessaria per un rapido recupero (fig. 3).

Indicazioni al trattamento Le indicazioni al trattamento sono molteplici quali lassità cutanea, cicatrici, rughe medie e superficiali, smagliature e acne. Per quanto riguarda i distretti da trattare in base alla nostra esperienza abbiamo trattato viso, collo e interno braccia.

Conclusioni Questa metodica rappresenta uno dei tanti validi sviluppi nel campo della medicina estetica conservativa e rigenerativa.

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MEDICINA ESTETICA / radiofrequenza frazionata

Fig. 5: pre e post-trattamento dopo la prima e seconda seduta con radiofrequenza frazionata (fonte foto: dottoressa Enrica Zorzan)

tightening using a sharply tapered non-insulated microneedle radiofrequency applicator with novel fractionated pulse mode in asians. Lasers Surg Med. 2015 Oct;47(8):626-33. 5. Chandrashekar BS, Sriram R, Mysore R, Bhaskar S, Shetty A. Evaluation of microneedling fractional radiofrequency device for treatment of acne scars. J Cutan Aesthet Surg. 2014 Apr;7(2):93-7. 6. Zheng Z, Goo B, Kim DY, Kang JS, Cho SB. Histometric analysis of skin-radiofrequency interaction

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MEDICINA ESTETICA / terapia fotodinamica Daylight-PDT

Trattamento delle cheratosi attiniche e photoaging severo Terapia fotodinamica in Daylight e acido ialuronico Nasha ad azione skinbooster: i benefici

Magda Belmontesi Specialista in dermatologia Docente Scuola Superiore Medicina Estetica Agorà, Milano Docente master II livello Medicina estetica, Università di Pavia Docente Scuola Sime, Medicina Estetica Fatebenefratelli, Roma

Il photoaging di grado severo secondo Glogau presenta una cute con segni di elastosi marcati, perdita di elasticità e di compattezza, xerosi cutanea per ridotta idratazione, marcata discromia, perdita di luminosità ed è possibile la presenza di cheratosi attiniche multiple indicative di un danno cumulativo da fotoesposizione cronica.

Le cheratosi attiniche (AK) In particolare le cheratosi attiniche (AK) possono presentarsi come chiazze da molto piccole a più estese, ruvide e desquamanti percepibili solo al tatto (di grado I secondo Olsen), più ruvide, rossastre e visibili (grado II), sino a marcatamente ipercheratosiche e ispessite (grado III), tipicamente e più frequentemente su viso, cuoio capelluto (specie negli uomini parzialmente calvi) e sul décolleté.

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Le cheratosi attiniche sono lesioni precancerose cutanee non melanocitiche che possono evolvere in carcinoma squamocellulare (SSC). La prevalenza in Italia è stimata del 27,4%, con incidenza del 34,3% negli uomini e del 20% nelle donne, con aumento dopo i 40-50 anni.

Il potenziale di progressione in SCC è stimato per singola lesione tra lo 0,025%-16% per anno, e pazienti con più di 10 lesioni hanno probabilità cumulativa pari al 14% di sviluppare SCC in 5 anni, e inoltre è dimostrato che solo nel 50% dei casi vi è correlazione tra grading clinico e grading istologico (2).


In accordo alle più recenti linee guida, in presenza di AK multiple è raccomandato trattare anche il “field” cioè il campo di cancerizzazione, quale area cutanea con alterazioni subcliniche alla periferia delle lesioni AK, simili a quelle riscontrate nelle AK. Pertanto le opzioni di trattamento delle cheratosi attiniche variano dal trattamento delle singole lesioni alla terapia del “field” (campo di cancerizzazione), trattando sia le lesioni manifeste sia le aree circostanti “fotodanneggiate”, con l’obiettivo di distruggere anche i cheratinociti atipici a livello subclinico. La terapia fotodinamica (PDT) è basata sull’utilizzo di una sostanza fotosensibilizzante (5-ALA, MAL) un profarmaco, che attivato da esposizione a fonte luminosa specifica si trasforma a livello intracellulare in protoporfirina IX, inducendo la formazione di ROS, con conseguente azione citotossica, apoptosi e necrosi selettiva delle cellule bersaglio. I picchi di assorbimento della protoporfirina IX sono nella luce visibile (~400-700 nm), la profondità di penetrazione è direttamente proporzionale alla lunghezza d’onda. Il picco di assorbimento della luce blu (400 nm) è più ampio rispetto a quello della luce rossa (630 nm), tuttavia quest’ultima agisce più in profondità. Il farmaco autorizzato in Italia per il trattamento delle cheratosi attiniche è il 5-Metil-Aminolevulinato (MAL). Esistono due tipi di PDT, la fotodinamica convenzionale (PDT c) in cui l’applicazione della crema contenente l’attivo

viene eseguita in occlusiva per tre ore nelle sedi interessate, previo curettage o ablazione cheratolitica delle lesioni, quindi esposta a luce LED rossa (indoor) per tempi variabili da 6 a 15 minuti. Nei giorni successivi avviene un’esfoliazione della zona trattata che va incontro a risoluzione completa in circa 5-8 giorni. La fotodinamica in Daylight (Daylight PDT) prevede una fase di pre-trattamento di circa 15-20 giorni in cui il paziente applica quotidianamente agenti esfolianti (urea 20%-30% o acido salicilico 10%-20%), segue la fase ambulatoriale in cui si rimuovono eventuali squame a lesioni (con curettage) quindi si applica in strato sottile la crema a base di MAL senza occlusione con successiva esposizione a luce solare diurna (outdoor) entro 30 minuti dall’applicazione, per una durata di 2 ore. Alla fine il paziente può ritornare in studio per rimuovere con acqua, gli eventuali residui di prodotto. Con questa metodica si evita l’accumulo massivo di PpIX, come invece avviene con la PDT convenzionale, in quanto la PpIX viene gradualmente prodotta e contestualmente attivata durante tutto il tempo di esposizione a luce solare. Pertanto non si verifica l’accumulo iniziale e la massiva attivazione di ROS al momento dell’esposizione a LED, con il conseguente vantaggio di una ridotta infiammazione post-trattamento e una quasi assenza di dolore. La terapia in Daylight prevede una sola sessione della durata com-

plessiva di poco più di di 2 ore con una documentata efficacia e tollerabilità.

Benefici della terapia con Daylight-PDT nel trattamento delle cheratosi attiniche In entrambe le metodiche la valutazione di guarigione viene effettuata a 3 mesi. Rispetto alla PDT convenzionale, la Daylight-PDT mostra numerosi vantaggi nel trattamento delle cheratosi attiniche, sia per il medico: tempi di procedura ridotti, lampada LED non necessaria, trattamento di ampie aree in unica seduta, non ci sono limiti nel trattare tutto il campo di cancerizzazione, trattamento di più pazienti contemporaneamente); sia per il paziente: seduta più breve, possibilità di trattare ampie aree in singola seduta, minore intensità degli effetti collaterali e quasi assenza di dolore, risultato estetico ottimale. Risulta quindi una metodologia di facile gestione con un’alta percentuale di risoluzione dopo una singola seduta. Il risultato cosmetico associato alla terapia è eccellente con significativo miglioramento anche dei segni clinici di fotodanneggiamento quali microrugosità e discromie sulle aree trattate. Grazie all’elevata tollerabilità, la PDT in Daylight viene per questo proposta anche nella pratica clinica dermoestetica per migliorare il photoaging moderato e severo. Nella personale esperienza professionale, nel trattamento del photoaging marcato-severo con presenza di cheratosi attiniche

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MEDICINA ESTETICA / terapia fotodinamica Daylight-PDT

multiple del viso di grado I e II, utilizzo il protocollo combinato della Daylight PDT con MAL e a seguire un ciclo di tre sedute di acido ialuronico Nasha ad azione skinbooster. Tale gel a base di acido ialuronico stabilizzato Nasha 20 mg/ ml viene iniettato in microgocce con ago (sistema smart-click) nelle zone con più evidenti segni dielastosi, a livello subdermico. Si esegue una seduta al mese per tre volte (1-2 ml/seduta). Gli skinbooster Nasha si utilizzano infatti, nella pratica clinica, nel trattamento dei segni di elastosi marcata da photoaging, quando si ha una perdita di elasticità, per migliorare la pelle con texture ispessita, irregolare e linee visibili, per ripristinare il turgore e la luminosità tipiche di una cute ben idratata, per migliorarne lo stato senza aggiungere volume. È recente la pubblicazione sulla rivista scientifica JDD della prima consensus italiana sull’utilizzo del gel Nasha skinbooster che definisce tale trattamento una “cura” della pelle, con effetti di miglioramento progressivo della qualità della pelle, di lunga durata, già visibile dopo la prima seduta e consolidato nel tempo.

Conclusioni Nella personale esperienza l’associazione delle due metodiche a bassa invasività e ottima compliance del paziente permette un’ampia risoluzione delle lesioni precancerose attiniche e un netto miglioramento della texture cutanea, con evidente riduzione

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dell’elastosi cutanea. La sinergia dei due trattamenti consente un’azione dermatologica terapeutica associata a una riduzione del grado di photoaging e un ringiovanimento dermoestetico della cute dimostrandosi un’efficace skin therapy con risultati naturali ed elevata soddisfazione dei pazienti.

Bibliografia 1. Bratheen LR, Szeimies RM, Basset-Seguin N, Bissonette R, Foley P, Pariser D et al. Guidelines on the use of photodynamic therapy for nonmelanoma skin cancer: an international consensus. International Society for Photodynamic Therapy in Dermatology. 2005. J Am Acad Dermatol. 2007; 56(1):125-43. 2. Angell-Petersen E e t al. J Invest Dermatol. 2006; 16(2)265-71. 3. Gardlo K et al. Curr Opin Investig Drugs. 2002;3(11):1672-8. 4. Peng Q et al. Photochem Photobiol. 1998;68(2):218-21. 6. Gholan et al. Dermatology. 2001;222:358-362. 7. Spencer JM. Actinic Keratosis; Guidelines for the management of Actinic Keratoses. European Dermatology Forum 2011; Glogau RG. Jaad. 2000;42:23-4 . 4. Marks R. Lancet. 1988;1:795-7. 8. Dirschka T. et sl J Dermatol Treat 2017. 9. Schmitz L et al Jeadv 2016; 30:1303-7. 10. Fernandez-Figueras MT. Jeadv 2017 Mar;31 Suppl 2:5-7. 11. Stockfleth E Jeadv 2017; 31 (Suppl.2), 8-11. 12. Dirschka T et al. J Dermatol Treatm 2017 Aug;28(5):431-442. 13. Werner RN et al Jeadv 2015; 29:

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CONGRESS REPORT / 20° Congresso Agorà

La biorivitalizzazione per contrastare l’invecchiamento della pelle derato si possono consigliare sostanze diverse da iniettare. Quindi se vogliamo rinfrescare il volto o prepararlo all’esposizione solare è utile affidarsi all’uso di vitamine e antiossidanti per la loro azione protettiva nei confronti di radiazioni solari e

3 Sandra Lorenzi

La pelle, a causa dell’invecchiamento, perde elasticità, luminosità e morbidezza. La medicina estetica offre la possibilità di poter agire direttamente sulla causa dell’invecchiamento cutaneo, biorivitalizzando i tessuti. Per conoscere i benefici di questo trattamento anti-aging abbiamo chiesto a Sandra Lorenzi – specialista in Dermatologia e Venereologia, intervenuta durante il recente Congresso Agorà – di parlarci di biorivitalizzazione. Nell’ambito della medicina estetica la biorivitalizzazione è uno dei trattamenti anti-age più eseguiti. Deve essere in realtà vista come una forma di trattamento e cura della pelle, in grado di nutrire in profondità la cute e di contrastare attraverso l’apporto di sostanze nutritive gli effetti dell’invecchiamento intrinseco ed estrinseco. È una tecnica in grado di fornire i “leganti” nei confronti delle radiazioni solari affinché tutte le cellule coinvolte nella rigenerazione tissutale possano trovare condizioni fisiologiche più favorevoli. Le zone che vengono maggiormente trattate sono il volto, il collo e il décolleté ma anche il dorso delle mani, le braccia, l’addome e le ginocchia possono trarre beneficio da questa tecnica in senso di ripristino di turgore ed elasticità. Non esiste un’età in cui iniziare il trattamento ma in base all’età, alla presenza o meno di rughe, al grado di photoaging o di cronoaging lieve e mo-

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Fig. 1 a-b: prima e dopo un peeling chimico con acido salicilico 25% e tre sedute di biorivitalizzazione


dell’inquinamento atmosferico; mentre se la cute è segnata o ha perso in elasticità e tono, l’uso di acido ialuronico libero diventa indispensabile per la capacità di riattivare il metabolismo e il turnover cellulare per stimolare i fibroblasti a produrre nuovo collagene. La pelle idratandosi diventa luminosa, compatta con attenuamento delle microrughe di superficie. Con una siringa dotata di un ago sottile vengono eseguite tante microiniezioni. Le modalità di iniezione a seconda delle zone da trattare sono diverse (a micropomfi, lineare retrograda, lineare anterograda) ma la tecnica è indolore. Si raccomanda alla paziente di evitare FANS o aspirina, tre giorni prima del trattamento (per ridurre al minimo il rischio di ematomi), così come come è consigliata per lo stesso motivo l’assunzione di arnica per via sistemica e per uso topico. Può essere eseguita un’anestesia topica un’ora prima del trattamento ma non è obbligatoria e si evita il trattamento in

presenza di cute infiammata o di lesioni herpetiche in atto. Chiaramente anche l’allergia a uno dei componenti oppure lo stato di gravidanza sono delle controindicazioni al trattamento. Generalmente vengono consigliate una seduta ogni due settimane per il primo mese e una seduta al mese come mantenimento. In questo modo eseguiamo un trattamento curativo ma questo protocollo è molto flessibile e varia in base all’età della paziente, al budget e allo stile di vita. Può essere eseguito come mono-trattamento nelle persone giovani che vogliono ritardare i segni dell’invecchiamento o in associazione a filler, procedure fisiche (peeling, needling, laser) e tossina botulinica per un globale approccio anti-aging. Gli effetti collaterali sono in genere lievi e transitori come eritema, lieve edema e l’eventuale comparsa di ecchimosi. a cura di Lara Romanelli


CONGRESS REPORT / 11° Convegno nazionale Aideco

Smagliature, prevenzione e terapia usando creme e oli specifici, fare attività fisica regolarmente e seguire una dieta corretta.

3 Nicoletta Banzola

Le smagliature sono cicatrici lineari con atrofia dermo-epidermica, colpiscono entrambi i sessi, le donne nel 70% e si localizzano per lo più su addome, seno, glutei, cosce e fianchi. Nel 99% dei casi sono permanenti. L’eziologia non è del tutto nota ma è dimostrato che vi sia una diminuita espressione di geni per collagene e fibronectina. Ne parliamo con la dottoressa Nicoletta Banzola, specialista in dermatologia e venereologia, laser e medicina estetica, che ha approfondito l’argomento al Congresso Aideco, svoltosi di recente a Roma. Dottoressa Banzola, cosa occorre fare per prevenire la comparsa delle smagliature e quale approccio è opportuno intraprendere per un corretto inquadramento del problema? Le smagliature hanno una patogenesi iniziale caratterizzata come alterazione delle fibre elastiche seguita da alterazione dermica fibre collagene. Vi sono alcuni fattori predisponenti come etnia, uso cronico di steroidi, sindrome di Cushing, gravidanza, storia famigliare, adolescenza, aumento rapido di peso, obesità. Iniziano come strie rubrae (rosse) e con il tempo diventano strie albae (bianche) e sono vere e proprie lesioni cicatriziali, anche all’istologia. È importante evitare bruschi aumenti di peso, idratare molto la pelle e il corpo bevendo molto e

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Quale alimentazione è opportuno indicare al paziente, oltre ad attività fisica e adeguata idratazione? Gli alimenti che vengono prediletti sono frutta e verdura, che apportano vitamine e fibre, proteine vegetali e (in minor parte) animali, che forniscono gli aminoacidi alla base della sintesi proteica per la costruzione di nuova matrice cellulare, in minor quantità carboidrati e pochi grassi. Tra le terapie topiche distinguiamo quelle preventive, d’urto e di mantenimento. Ci può spiegare quali sono nello specifico e quando è opportuno applicarle? Soprattutto la donna, dall’adolescenza in poi, è a rischio di sviluppare smagliature. Questo sta ad indicare come i principi attivi considerati preventivi siano da applicare sempre e con costanza soprattutto in quelle situazioni in cui esista un fattore di rischio conosciuto (come gravidanza, sviluppo puberale, aumento di peso oppure anche solo la familiarità allo sviluppo di queste). Le creme, infatti, contengono per lo più sostanze emollienti che sono alla base della prevenzione dello sviluppo delle smagliature, in particolare: isoaminoacidi (indispensabili per l’attività cellulare e per l’aumento dell’elasticità della pelle), complessi vitaminici ad azione trofica ed elasticizzante, allantoina che favorisce i processi riparativi dell’epidermide e agisce migliorando elasticità, olio di crusca e germe di grano ad azione lenitiva ed emolliente, vitamina E, olio di borraggine. Come azione d’urto, quando le smagliature sono presenti, troveremo creme e oli con una percentuale di principi attivi più alta o più biodisponibile, associati a principi attivi con efficacia provata a livello scientifico come tretinoina e acido glicolico e muco di lumaca che aumentano il turnover cellulare riducendo a livello clinico la smagliatura, preve-


nendo la profondità della lesione cicatriziale, spesso in formulazione con gel siliconici che migliora la biodisponibilità dei principi attivi mantenendoli intatti sulla pelle e rendendoli più penetranti; questi gel siliconici inoltre migliorano visivamente la stria agendo come normalizzanti della cicatrizzazione (principi alla base dei gel siliconici che si applicano anche post rimozione punti in chirurgia estetica). Molto utile in vitro risulta anche l’olio di melograno e la pianta del drago che migliorano in toto le caratteristiche della pelle e la loro risposta agli stimoli stressogeni. Come mantenimento useremo le sostanze considerate “preventive”, magari solo alcuni giorni della settimana, associate a sostanze “urto”. Si può poi considerare la terapia fisica con microabrasione, radiofrequenza, laser ablativi e non. Quali sono i casi in cui è opportuno assumere un approccio più deciso come questi e quali risultati si possono ottenere? Possiamo considerare le terapia fisiche di secondo livello in caso di mancata e non completa risposta alle terapie topiche oppure come primo approccio in caso di situazioni gravi. La smagliatura, infatti,

è una condizione clinica non solo una lesione dermatologica, le terapie non vanno a modificare l’attitudine allo sviluppo e non ne evitano la comparsa ma migliorano clinicamente la lesione che è a tutti gli effetti una cicatrice. Le terapie fisiche sono tanto più efficaci quanto più la stria è rossa (cioè giovane) in quanto non sono ancora presenti le alterazioni cicatriziali e di conseguenza si ottiene una miglior risposta alle terapie. Queste terapie, infatti, agiscono mediando la produzione di nuova epidermide e nuova matrice cellulare, con recupero del trofismo, aumento della produzione di elastina e collagene. Chiaramente il miglioramento avverrà in più sedute (a volte anche due sono abbastanza se la smagliatura è giovane) e si potrà mantenere e migliorare nel tempo con creme specifiche. Sicuramente l’approccio fisico è il più innovativo ma anche il più efficace in termini di risultati. In base alla tipologia di smagliatura (zona colpita, tempo di comparsa, clinica della lesione) e caratteristiche della paziente, sceglieremo l’approccio fisico migliore, dal dye laser ai laser ablativi, dalla carbossiterapia alla microdermoabrasione. Lucia Oggianu

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PSICODERMATOLOGIA

I tratti di personalità del paziente psoriasico Le peculiarità psicologiche vanno dai differenti quadri psicopatologici a tratti di personalità più o meno accentuati 3 Mariella Fassino

Così come la psoriasi è una malattia che offre uno spettro clinico eterogeneo, sia per la morfologia e le localizzazioni sia per l’intensità e le comorbilità, anche le peculiarità psicologiche dei pazienti psoriasici non sono uniformi e vanno dai differenti quadri psicopatologici contenuti nel Dsm (Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali) a tratti di personalità più o meno accentuati. Nella psichiatria moderna, come in medicina interna ma anche in dermatologia la cura delle malattie croniche è la nuova sfida che coinvolge sempre di più il medico, le istituzioni, le famiglie e la società. Ed è proprio sul terreno della cronicità che il medico è coinvolto in un rapporto di scambio cognitivo ed emotivo con il paziente e la sua famiglia. Tale interazione non è neutra ma avviene attraverso il temperamento, il carattere, la personalità del medico e del paziente, e se quest’ultimo mostra una vera e propria psicopatologia come ad esempio la depressione, dovrà essere considerata con professionalità e competenza. Il temperamento è la parte innata, geneticamente ereditata della nostra personalità, il carattere si forma e si imprime nel corso dello sviluppo psicoemotivo della persona, la personalità è l’esito arricchito, nell’età adulta, della sintesi tra temperamento e carattere. I disturbi di personalità sono categorie psicopatologiche contenute nel Dsm e in esso codificate.

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I tratti di personalità del paziente psoriasico Senza addentraci nella descrizione dei disturbi di personalità, che non ci compete e che ci porterebbe lontano dal nostro obiettivo, possiamo brevemente delineare quali sono i tratti di personalità che maggiormente incontriamo nella diagnosi e cura della psoriasi. Storicamente è stata attribuita all’alessitimia e al tratto alessitimico un ruolo di primo piano nell’insorgenza e nella cronicizzazione della psoriasi. L’alessitimia non è una vera e propria categoria psicopatologica, ma è quel tratto di personalità contrassegnato dalla difficoltà a sentire le proprie emozioni, a individuarle e a trovare parole per esprimerle. I pazienti che hanno un forte tratto alessitimico vivono le emozioni più nel corpo che nella mente e in particolare di fronte a un’emozione negativa come la rabbia, la frustrazione, la paura, tendono a sviluppare una malattia somatica. Lo stress acuto o cronico causato da un evento traumatico agisce sull’intero equilibrio psicofisico incidendo maggiormente sul corpo. Il trauma può essere precoce quando il bambino cresce ad esempio in una famiglia disfunzionale o segnata da eventi intensamente stressanti. In questi casi i genitori, nella loro attività di accudimento e cura, si dimostrano poco adatti a funzionare da regolatori psicobiologici dei ritmi naturali di crescita e maturazione. La scarsa risonanza emotiva e la coartazione della funzione di rispecchiamento dei bisogni e delle emozioni tra bambino e genitore por-


terà allo sviluppo di un tratto profondamente alessitimico e spesso anche di malattie somatiche come la psoriasi già nell’infanzia o nell’adolescenza, o la comparsa della malattia in età adulta in seguito a eventi traumatici. Questi pazienti hanno uno stile comunicativo povero, sono spesso di poche parole, sono alla ricerca di una causa ultima e definitiva della loro malattia, non accettano la complessità anche terapeutica del loro disturbo; il medico fatica a stare nella relazione che sarà contrassegnata da distanza emotiva e dalla difficoltà a entrare in una dimensione narrativa, a trovare intrecci e nessi tra la malattia e le vicissitudini psicosociali del paziente. L’osservazione clinica mostra che nel paziente psoriasico il tratto alessitimico può essere di intensità variabile e coesistere con altri tratti di personalità. Alcuni studi mostrano che il tratto alessitimico può ridursi a seguito di cure dermatologiche adeguate e con l’instaurarsi di un rapporto medico-paziente, che sarà tanto più efficace quanto più il medico è attrezzato a entrare in un rapporto di empatia. Un secondo gruppo di pazienti dermatologici con tratti di personalità peculiari potrebbe comprendere quelle persone che nell’impatto con la malattia lamentano una preoccupazione per il cambiamento della loro immagine corporea. La vergogna, la frustrazione, il timore che la malattia si estenda, che colpisca il volto, che possa essere vista dagli altri e stigmatizzata, sono sentimenti che contrassegnano i tratti di personalità narcisistica. Un Io fragile, sottile, dipendente dal giudizio degli altri e impacciato nelle relazioni sociali, oppure un Io arroccato dietro una corazza caratteriale rigida e intransigente, sono i poli opposti di un tratto narcisistico che lo psicoanalista britannico Herbert Rosenfeld aveva definito con una metafora cutanea, narcisismo a pelle sottile e narcisismo a pelle spessa. Un terzo gruppo di pazienti psoriasici con tratto di personalità peculiare è rappresentato da quelle persone che hanno nei confronti della malattia un discreto grado di trascuratezza, di incuria, pazienti che non aderiscono al programma terapeutico, che fanno di testa loro aggravando la patologia con medicazioni improprie. Potremmo definirli pazienti con scarsa compliance, spesso sovrappeso, con dipendenze multiple da cibo, fumo di sigaretta, alcol; una tendenza alla depressione che in una picco-

la percentuale di casi sfocia in una psicopatologia maggiore, con quadri clinici self-worsened, che traggono dalla cronicizzazione e dall’aggravamento della malattia un vantaggio inconscio, difficile da capire e correggere. Nella maggior parte dei casi tuttavia non è agevole individuare nel paziente psoriasico un tratto di personalità più accentuato e la patologia si intreccia con numerosi modi di porsi del paziente nella relazione. Il medico attraverso una partecipazione empatica troverà di volta in volta caratteristiche affettive ed emotive che potranno costituire un’utile bussola nell’orientarlo alla comprensione del temperamento del paziente. Il clima affettivo dell’incontro nelle situazioni più difficili potrà di volta in volta essere contrassegnato da: ansia e preoccupazione, rabbia e conflittualità, delusione e rassegnazione, paura e ossessione, vergogna e imbarazzo, depressione e senso di sconfitta, sfiducia e svalutazione. Conclusioni Riconoscere questi sentimenti attraverso le emozioni preconsce che il medico sente nel corso della relazione può essere di utilità non solo nella comprensione del paziente ma anche per evitare di colludere con le sue parti psicologiche più sofferenti e in tal modo ridurre la conflittualità latente che contrassegna ogni relazione medico-paziente difficile. Bibliografia 1. Antonella Granieri. Corporeo, affetti e pensiero. Intreccio tra psicoanalisi e neurobiologia. Ed. Utet 2015. 2. Paolo Migone. Il concetto di carattere nell’evoluzione del pensiero psicoanalitico. Psychomedia. Telematic Review. Il ruolo terapeutico 2000, 83:47-53 (I parte) 84-88 (II parte). 3. Giovannelli L, Barbaso C, Burroni AG, Fassino M, Parodi A, Granieri A. Alexitymia, dissociation and trauma in patients with cronic skin conditions. Giornale italiano di Dermatologia e Venereologia. 2016 August;151(4)347-52.

Mariella Fassino Dermatologa Scuola di specializzazione in Psicologia clinica Università degli studi di Torino

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LETTERATURA INTERNAZIONALE

Rassegna di articoli selezionati dalle principali riviste scientifiche Terapie sistemiche per schiarire le iperpigmentazioni cutanee La pigmentazione cutanea è la conseguenza dell’aumento della produzione o della deposizione di melanina dovuta a numerosi fattori come età, squilibri ormonali, malattie endocrine, infiammazione ed esposizione a radiazioni UV. Numerose terapie schiarenti sono disponibili ma si rivelano frequentemente di efficacia limitata e di durata non persistente qualora vengano sospese. Questa rassegna si propone di esaminare la letteratura attualmente disponibile su Pubmed riguardante le terapie sistemiche per schiarire le iperpigmentazioni. Le varie possibilità includono i carotenoidi orali, il glutatione, la melatonina, il Polypodium leucotomos, la procianidina e l’acido tranexamico. I dati preliminari sono promettenti e i vari trattamenti sembrano essere sicuri. Gli autori ritengono importante per i dermatologi avere adeguate conoscenze riguardanti le proprietà, l’efficacia e gli eventuali effetti avversi di ogni composto, per poter consigliare i pazienti in modo appropriato, tenendo conto sia delle aspettative sia della sicurezza. 3 Juhasz MLW, Levin MK. The role of systemic treatments for skin lightening. J Cosmet Dermatol. 2018 Aug 21.

Intelligenza Artificiale per la precisa valutazione dell’acne La valutazione dell’acne utilizzando le scale ordinali riflette la percezione clinica della gravità ma ha dimostrato scarsa riproducibilità. Per cercare di superare questo aspetto gli autori hanno indagato se un metodo basato sull’Intelligenza Artificiale esperta in immagini di pazienti acneici possa dimostrare di poter valutare l’acne con precisione e affidabilità paragonabili a quelle di medici esperti. Nello studio sono stati arruolati 479 pazienti affetti da acne da lieve a grave, appartenenti a tre gruppi etnici. Sono state prese immagini multi-polarizzate del

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viso dei pazienti, da cinque diversi angoli utilizzando lo spettro del visibile; quindi le immagini sono state inserite nell’algoritmo allo scopo di elaborare automaticamente la misurazione della gravità dell’acne secondo la gamma numerica 0-4 dell’Iga (Investigator Global Asessment). I risultati hanno indicato la capacità di classificare con grande accuratezza i pazienti da parte del metodo basato sull’AI e una correlazione tra la valutazione manuale e quella automatica sovrapponibile. 3 Melina A, Dinh NN, Tafuri B, Schipani G, Nisticò S, Cosentino C, Amato F, Thiboutot D, Cherubini A. Artificial Intelligence for the objective evaluation of acne investigator global assessment. J Drugs Dermatol. 2018 Sep 1;17(9):1006-1009. Terapia con pulsed dye laser per il trattamento di un’infezione causata da fondotinta contaminato

Gli autori riportano il caso, ritenendolo interessante, di una paziente di 36 anni affetta da un angioma (Port wine stain) alla metà destra del volto e alla parte sinistra di torace e braccio, sottoposta a un ciclo di sedute con pulsed dye laser (PDL). La paziente era già stata già trattata in precedenza con buoni risultati ma il successivo peggioramento dell’angioma aveva richiesto la ripresa della terapia laser. Due giorni dopo la settima seduta la paziente si è presentata con la parte trattata del viso eritematica, edematosa e coperta di pustole giallastre grandi 1 mm circa. Sono state eseguite le colture per la ricerca di batteri e di virus e iniziate le terapie sia antibiotica che antivirale. Le colture sono risultate negative per i virus e positive per lo stafilococco coagulasi-positivo, quindi è stata continuata solo la terapia antibiotica con completa regressione dell’infezione. L’ipotesi più attendibile è che l’infezione sia stata trasmessa da un fondotinta contaminato, che la paziente ha applicato la sera stessa del trattamento sulla pelle trattata del viso, probabilmente resa più fragile da un eccessivo calore. Gli autori quindi


prendono lo spunto da questo episodio per raccomandare di evitare l’applicazione di cosmetici per almeno 24-48 ore dopo la seduta laser. 3 Nemer KM, Hurst EA. A Port-wine stain treated with pulsed dye laser: a complication from contaminated make-up. Dermatol Surg. 2018 Oct;44(10):1359-1362.

Utilizzo off-label della tossina botulinica Questo originale studio sperimentale, randomizzato controllato e condotto in doppio cieco ha lo scopo di verificare efficacia e innocuità di un particolare utilizzo off-label della tossina botulinica, teso a ridurre l’ipertrofia del muscolo gastrocnemio, caratteristica presente soprattutto nelle donne asiatiche e fonte di disagio estetico. Lo studio è stato condotto mettendo a confronto due tossine botuliniche diverse, l’onabotulinumtoxinA (ONA) e la prabotulinumtoxinA (PRA). A 22 pazienti sono

state iniettate 100 U di ONA su un polpaccio e la stessa quantità di PRA sull’altro. Prima del trattamento e fino a 6 mesi dopo sono stati valutati i seguenti parametri: circonferenza del polpaccio in piedi e sulle punte, l’analisi isocinetica, le ecografie, le fotografie e la soddisfazione delle pazienti. Dopo due settimane la riduzione della circonferenza appariva apprezzabile, dopo sei mesi il risultato era ancora più evidente senza differenze significative tra le due tossine. Solo nella posizione sulle punte risultava più significativo l’effetto della tossina PRA. 3 Wanitphakdeedecha R, Ungaksornpairote C, Kaewkes A, Sathaworawong A, Vanadurongwan B, Lektrakul N. A pilot study comparing the efficacy of two formulations of botulinum toxin type A for muscular calves contouring. J Cosmet Dermatol. 2018 Sep 10. Annachiara Corazzol


ANGOLO DELLA CLINICA

Placca eritematosa infiltrata al labbro inferiore Quadro clinico Paziente donna di 74 anni, in politerapia farmacologica domiciliare (lercanidipina, telmisartan/idroclorotiazide, metformina, levotiroxina, rosuvastatina) per il trattamento di ipertensione arteriosa, diabete, ipotiroidismo e ipercolesterolemia. La paziente si presentava alla nostra osservazione per la comparsa di una placca eritematosa ed edematosa al labbro inferiore non accompagnata da sintomatologia dolorosa né pruriginosa (figure 1, 2 e 3). La lesione era presente invariata da circa sette mesi e la paziente aveva eseguito in precedenza un’ecografia cutanea che deponeva per la natura cistica della lesione. A seguito di questo riscontro la paziente veniva valutata dal chirurgo plastico che tuttavia controindicava l’intervento chirurgico.

In considerazione dei dati anamnestici e del quadro clinico, la paziente è stata sottoposta presso il nostro centro a biopsia cutanea della lesione ed esame istologico mediante colorazione con ematossilina eosina. Come mostrato nelle figure 4, 5 e 6 a livello di derma, ipoderma e tessuto muscolare erano presenti granulomi di taglia variabile, costituiti da istiociti epitelioidei. Non si osservavano necrosi né suppurazione e a livello del derma superficiale-medio era presente un infiltrato linfoplasmacellulare interstiziale frammisto a cellule giganti multinucleate di Langhans (fig. 6). Le colorazioni PAS e Ziehl-Neelsen non mostravano microrganismi e l’esame in luce polarizzata per la ricerca di materiale estraneo risultava negativo.

QUAL È LA DIAGNOSI?

Figura 1

Figura 4

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Figura 2

Confronta la tua ipotesi diagnostica con quella degli autori. Alla pagina seguente trovi la diagnosi e il piano di trattamento consigliato

Figura 3

Figura 5

Figura 6


Diagnosi Cheilite granulomatosa non necrotizzante sarcoido-simile Discussione La cheilite granulomatosa è stata descritta per la prima volta da Miescher nel 1945. Si tratta di una malattia rara, la cui incidenza è stimata intorno allo 0,08%. L’età media di insorgenza è di 2528 anni e non ci sono differenze di distribuzione tra i due sessi. Da alcuni autori è considerata la forma monosintomatica della Sindrome di Melkersson-Rosenthal, caratterizzata dalla triade: cheilite granulomatosa, lingua plicata e paralisi ricorrente del nervo faciale. L’eziologia e i meccanismi patogenetici alla base della cheilite granulomatosa rimangono in gran parte sconosciuti. A tal proposito si ipotizza che fattori genetici, allergici, infettivi e immunologici abbiano un ruolo. La presenza di casi familiari ha supportato l’ipotesi di un coinvolgimento di fattori genetici; alcuni studi mostrano come allergie ad alimenti o a materiali di protesi dentarie possano scatenare o far precipitare la malattia; è stato inoltre ipotizzato un possibile ruolo di agenti infettivi come Mycobacterium tuberculosis, Borrelia burgdorferi, Saccharomyces cerevisiae nella genesi della malattia; infine, per quanto riguarda la componente immunologica, è stato osservato che alla base dell’infiammazione cronica che porta alla formazione di granulomi vi è una risposta Th1 contro diversi antigeni.

Dal punto di vista clinico, la cheilite granulomatosa è caratterizzata da edema inizialmente intermittente e poi persistente di una o di entrambe le labbra, solitamente non accompagnato da sintomatologia dolorosa. L’esame istologico si rende di solito necessario per una diagnosi di certezza e si caratterizza per la presenza di granulomi costituiti da cellule epitelioidi e cellule giganti multinucleate, assenza di necrosi caseosa e possibile presenza di infiltrato linfoistiocitario, edema e fibrosi. Granulomi a livello orale possono essere presenti anche in alcune malattie granulomatose sistemiche, come morbo di Crohn, tubercolosi o sarcoidosi. Per escludere la presenza di queste malattie è utile eseguire ulteriori indagini diagnostiche come radiografia del torace, intradermoreazione di Mantoux, Esofagogastroduodenoscopia (EGDS), dosaggio sierico di ACE (Angiotensin Converting Enzyme), acido folico, ferro, vitamina B12. A causa della rarità e della scarsa conoscenza della patologia, non esistono ad oggi protocolli terapeutici standardizzati ma disponiamo di molteplici approcci terapeutici basati sulle evidenze ricavate da case report e case series. Tra questi si annoverano il trattamento con corticosteroidi (topici, in iniezione intralesionale o sistemici), Clofazimina, Dapsone, Antibiotici (Minociclina, Roxitromicina, Metronidazolo), farmaci immunomodulatori (Infliximab, Adalimumab, Metotrexate, Talidomide) e in ultima istanza è pos-

sibile considerare un approccio di tipo chirurgico (cheiloplastica riduttiva). Per quanto riguarda la nostra paziente, è stata inizialmente intrapresa una terapia con corticosteroidi topici con scarsi risultati; si è dunque passati alla somministrazione di corticosteroidi sistemici (Metilprednisolone 32 mg/ die a scalare) con miglioramento clinico e riduzione della componente infiltrativa della lesione (come mostrato nella fig. 3). Chiara Cozzi, Cristina Zane Clinica Dermatologica, Università Degli Studi Di Brescia

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ATTUALITÀ

Carcinoma a cellule di Merkel: nuove opportunità terapeutiche Disponibile in Italia il trattamento del carcinoma a cellule di Merkel metastatico, raro e aggressivo tumore della pelle, grazie alla proficua alleanza delle aziende farmaceutiche Merck e Pfizer. Si tratta di un anticorpo monoclonale inibitore della proteina PD L1 completamente umano, primo e unico farmaco approvato per il trattamento in monoterapia di pazienti adulti affetti da questa grave patologia, ammesso alla rimborsabilità dall’Agenzia italiana del farmaco. In Europa ogni anno si registrano 2.500 nuovi casi di cui il 5-12% sviluppa una malattia metastatica. I dati sono stati presentati in occasione della conferenza stampa tenutasi di recente a Roma e rappresentano un grande passo in avanti «non solo per i risultati raggiunti – ha spiegato il professor Paolo Ascierto, direttore dell’unità di Oncologia Melanoma, Immunoterapia oncologica e Terapie innovative dell’Istituto Nazionale Tumori G. Pascale di Napoli – ma anche perché evita di esporre il paziente ad effetti collaterali tipici dei trattamenti tradizionali con la possibilità di ottenere un beneficio a lungo termine, tipico dell’immunoterapia, con meno effetti collaterali». Immuno-oncologia, nuova speranza nella lotta ai tumori L’immuno-oncologia è la più sofisticata arma che abbiamo mai avuto a disposizione nella lotta ai tumori – ha dichiarato il professor Michele Maio, direttore del Centro di immuno-oncologia dell’ Uoc di immunoterapia oncologica dell’Azienda ospedaliera universitaria senese. Oltre alle terapie ormonali e mirate, questo nuovo approccio complementare che utilizza i punti di forza del sistema immunitario e i suoi meccanismi di difesa, rappresenta una svolta nella cura di diverse patologie tumorali. L’immuno-oncologia affronta il cancro sfruttando le difese intrinseche del corpo umano

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aiutando il sistema immunitario a riconoscere, a bersagliare e a distruggere le cellule tumorali laddove si presentano, disattivando i potenziali freni che impediscono alle cellule immunitarie di attaccare il cancro tramite anticorpi che sbloccano questi freni. «A differenza delle tradizionali terapie che intervengono direttamente sul tumore – ha spiegato il professor Michele Maio – i farmaci immunoterapici attivano il sistema immunitario del paziente rendendolo in grado di riconoscere come estranee le cellule tumorali e quindi di distruggerle. Questo farmaco agisce bloccando il meccanismo che permette alle cellule tumorali di eludere le difese del sistema immunitario rappresentando dunque un’importante opportunità terapeutica. Si tratta infatti di una concreta speranza offerta a quei pazienti che altrimenti non avrebbero cura». Carcinoma a cellule di Merkel Trenta volte più raro del melanoma, il carcinoma a cellule di Merkel (MCC) risulta fatale in circa un paziente su tre. Pur non essendo diffusa come altre patologie oncologiche, l’MCC ha il più delle volte un esito sfavorevole. Le cellule maligne si formano nello strato supe-


riore dell’epidermide, vicino alle terminazioni nervose associate al tatto. Può diffondersi in altre parti del corpo e dare metastasi. Il carcinoma a cellule di Merkel si manifesta solitamente con un nodulo cutaneo indolore di colore rosa, rosso o bluastro che compare generalmente su parti cutanee esposte al sole (viso, collo, braccia, gambe) ma può manifestarsi in qualsiasi parte del corpo. In alcuni casi l’escrescenza tumorale potrebbe rompersi e sanguinare. Tra i principali fattori di rischio vi sono l’esposizione al sole, il sistema immunitario indebolito a causa di malattie quali ad esempio HIV o leucemia linfatica cronica, l’assunzione di medicinali che inibiscono il sistema immunitario, una storia di altre tipologie di cancro, età superiore ai cinquanta anni, sesso maschile, pelle chiara, infezione da poliomavirus a cellule di Merkel.

L’MCC viene spesso confuso con altre tipologie di cancro cutaneo. Si tratta di un tumore che cresce a velocità esponenziale sulla pelle cronicamente danneggiata dal sole e la prognosi peggiora con le metastasi tumorali. Attualmente sono in corso di sviluppo terapie immuno-oncologiche per numerosi tumori gravi e difficili da trattare. Un nuovo ambito di ricerca sposta l’attenzione dalle cellule tumorali al loro microambiente, quello circostante la cellula, che influenza la crescita del tumore. Le terapie immuno-oncologiche avranno un ruolo sempre più importante nella terapia dei tumori, accanto a chirurgia, radioterapia, chemioterapia e trattamento con anticorpi monoclonali. Lucia Oggianu

Sinergia tra reumatologo e dermatologo nella diagnosi di psoriasi Si è tenuto di recente a Milano l’incontro tra dermatologia e reumatologia per una gestione multidisciplinare di psoriasi e artrite psoriasica. Durante l’evento dal titolo “Psoriasi non solo una questione di pelle” si è discusso di vari temi: il reumatologo come supporto al dermatologo nella diagnosi di psoriasi, l’artrite psoriasica e l’importanza della diagnosi precoce, la qualità di vita dei pazienti con psoriasi e le diverse comorbidità, tra cui quelle articolari. L’incontro, organizzato dal Corriere Salute con il contributo non condizionante di Novartis, ha visto la partecipazione del professor Antonio Costanzo, responsabile Dermatologia di Humanitas e docente di Humanitas University, e del professor Carlo Francesco Selmi, responsabile Reumatologia e Immunologia Clinica di Hu-

manitas e docente dell’Università degli Studi di Milano. Obiettivo del convegno è stato mettere in evidenza l’associazione tra psoriasi e artrite psoriasica e analizzare la medicina delle malattie infiammatorie croniche della pelle in maniera multidisciplinare. Gestire la malattia psoriasica è ormai sempre più un tema multidisciplinare, poiché un solo specialista non è sufficiente per la gestione della patologia. È necessario affrontare la cura del malato in maniera combinata tra dermatologo e reumatologo, poiché visitare da due punti di vista diversi consente di prendere decisioni cliniche e terapeutiche che permettono un eccellente controllo di tutti i sintomi. La medicina delle malattie infiammatorie croniche è, dunque, sempre meno “un solo uomo al comando”.

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ATTUALITÀ

Nuove frontiere della chirurgia intima: impiego del grasso autologo Durante il 67° Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica (Sicpre) si è parlato del boom di trattamenti rigenerativi genitali al femminile, per assicurare benessere e funzionalità anche dopo la menopausa. Dopo le cure a base di acido ialuronico, arrivano quelle che utilizzano fattori di crescita ricavati dalla paziente stessa. Alla chirurgia intima, il Congresso Nazionale della Sicpre tenutosi di recente a Roma ha dedicato un’intera sessione di lavori. «Spesso la menopausa porta ad alterazioni e a cambiamenti che possono rendere difficile la vita sessuale» – hanno spiegato Stefania de Fazio e Massimiliano Brambilla, membri del Consiglio direttivo Sicpre che hanno presieduto la sessione “Chirurgia genitale maschile e femminile”. Conservare la piena funzionalità di questo distretto anatomico è un obiettivo oggi sempre più realistico e raggiungibile, anche grazie a un cambio di tendenza avvenuto nei trattamenti. Fino a poco tempo fa, l’idratazione e il turgore dei tessuti erano ottenuti con un particolare tipo di acido ialuronico, appositamente formulato per

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la regione genitale e infiltrato con cannule molto sottili. «Grazie all’evoluzione della ricerca scientifica possiamo contare su tecniche terapeutiche sempre più complete e ‘strutturali’» – afferma de Fazio. La soluzione viene dal ricorso alla chirurgia, quando necessario, e dall’ampio impiego del grasso autologo, cioè prelevato dalla paziente stessa con una lipoaspirazione di pochi cc. «Come molti studi hanno dimostrato, il nostro grasso è ricco di cellule staminali in grado di attivare nei tessuti in cui vengono trasferite, un importante processo di rigenerazione”. In sostanza, dà il via alla produzione di nuove cellule che contrastano quel processo altrimenti fisiologico di assottigliamento e indebolimento dei tessuti che risulterebbero fragili, disidratati e di conseguenza facilmente dolenti». Trattamento con micro e nano-graft Il principio è quello del lipofilling, tecnica sempre più utilizzata in ambito sia ricostruttivo sia estetico. «La delicatezza dell’area genitale – afferma de Fazio – ha suggerito di utilizzare un grasso reso molto ‘sottile’ da un’apposita lavorazione che ha l’effetto di frantumare gli adipociti, favorendo la liberazione di tutti i fattori di crescita presenti: è il micro e il nano-graft». Il trattamento deve avvenire in ambiente sterile ma non richiede ricovero. Dopo la prima applicazione, se ne suggeriscono di successive a distanza di 9-12 mesi, un lasso di tempo che si può allungare proprio alla luce della rigenerazione e della riproduzione cellulare che viene attivata nei tessuti. «La rigenerazione – conclude Stefania De Fazio – è da anni il principale tema di studio e di ricerca in chirurgia plastica. In questo senso, non c’è una “rinuncia” da parte del ginecologo ma un atto di responsabilità e serietà professionale nell’indirizzare la paziente verso lo specialista più preparato in merito».


CORSI E CONGRESSI

21a edizione dell’Imcas Annual World Congress Dal 31 gennaio al 2 febbraio a Parigi, presso la prestigiosa sede del Palais des Congrès, si svolgerà la 21esima edizione dell’Imcas Annual World Congress 2019, uno dei più grandi congressi mondiali di dermatologia, chirurgia plastica e scienze estetiche. Migliaia di dermatologi e chirurghi plastici si incontreranno per un weekend educativo completo di tre giorni. Con 10.000 delegati attesi, 310 ore di insegnamento e più di 700 relatori, questa 21esima edizione punta a diventare la più grande di sempre. Il programma scientifico sarà incentrato su 15 temi chiave tra cui laser ed Ebd, iniettabili, dermatologia clinica, cosmeceutici, chirurgia del viso, chirurgia del seno e del corpo, chirurgia rigenerativa e terapie cellulari, ringiovanimento genitale, tricologia. Oltre a centinaia di esperti mondiali, la parte espositiva ospiterà più di 230 aziende internazionali. Il congresso vanta quest’anno di due workshop di anatomia live allo scopo di migliorare le conoscenze anatomiche e pratiche. Il cadaver workshop offrirà uno sguardo approfondito sull’anatomia per iniezioni e fili attraverso dissezioni e iniezioni dal vivo. Il nuovo laboratorio di chirurgia estetica live, che si svolgerà durante la seconda giornata, seguirà il formato del laboratorio del cadaver lab con focus su argomenti relativi alla chirurgia plastica e facciale. Per informazioni: www.imcas.com contact@imcasmail.com

A Milano il World Congress of Dermatology 2019

La Società Italiana di Dermatologia (Sidemast) ospiterà il 24° World Congress of Dermatology (WCD) a Milano dal 10 al 15 giugno 2019. Il primo raduno internazionale di dermatologi si è tenuto a Parigi nel lontano 1889. Da questo storico esordio il congresso mondiale di dermatologia si è ripetuto per 23 edizioni e attualmente si svolge una volta ogni quattro anni sotto l’egida dell’International League of Dermatological Societies (Ilds). Il congresso si concentrerà su importanti scoperte e progressi in dermatologia che vanno dalla pratica clinica alla ricerca, alla tecnologia e all’innovazione. Ci saranno molte opportunità per medici esperti e giovani dermatologi, infermieri e professionisti. La kermesse riunirà esperti internazionali per condividere esperienze, conoscenze e abilità professionali per migliorare l’assistenza ai pazienti. Il Wcd 2019 attirerà anche migliaia di partecipanti dalle 180 società internazionali che ora costituiscono l’International League of Dermatological Societies (Ilds). Il congresso internazionale di dermatologia è in memoria del professor Sergio Chimenti e rappresenta la sua idea di invitare in Italia i dermatologi di fama internazionale. Il presidente del World Congress of Dermatology 2019, il professor Giovanni Pellacani, e il segretario generale Ketty Peris hanno lavorato in sinergia con i loro colleghi e il presidente scientifico Christopher Griffiths per offrire un programma innovativo e ricco di contenuti. Le società che fanno parte dell’Ilds selezioneranno la città che ospiterà il congresso mondiale di dermatologia del 2023. Per informazioni: Segreteria organizzativa Triumph Italy wcd2019milan@thetriumph.com www.wcd2019milan.org

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CORSI E CONGRESSI

Sicurezza del paziente al centro di Amwc 2019

La 17esima edizione di Aesthetic & Anti-Aging Medicine World Congress-Amwc si terrà dal 3 al 6 aprile 2019 al Grimaldi Forum Monaco di Monte Carlo. La kermesse internazionale verterà su temi di medicina estetica, chirurgia plastica, chirurgia estetica, anti-aging e dermatologia estetica. L’edizione 2019 di Amwc darà un riconoscimento speciale a Taiwan per il suo contributo al progresso della medicina globale anti-invecchiamento. Taiwan, situata strategicamente tra l’Asia orientale e sud-orientale, è una delle realtà più dinamiche al mondo in medicina estetica. Sotto la supervisione scientifica della World Society of Interdisciplinary Anti-Aging Medicine (Wosiam), la conferenza sarà caratterizzata da un programma altamente interattivo, stimolante e multidisciplinare, forum ideale per stimolare idee, educare, condividere competenze, avviare stimolanti discussioni ed estendere opportunità di networking. La sicurezza del paziente, che rappresenta la priorità numero uno ed è sempre più riconosciuta come una questione di importanza globale, sarà il tema principale della conferenza del 2019. Ogni anno, questo evento molto atteso attrae oltre 12.000 partecipanti provenienti da circa 130 paesi. Numerose aziende internazionali di primo piano saranno in mostra nell’area espositiva di cinque piani, per presentare le ultime novità in termini di prodotti, tecnologie e servizi. Per informazioni: EuroMediCom www.euromedicom.com - Tel. +33 (0)1 56 83 78 00

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Il punto sulla bellezza al 22° Congresso Sies

Il 22° Congresso Internazionale di Medicina e Chirurgia Estetica Sies – Valet è in programma a Bologna dal 22 al 24 febbraio 2019. Mission della tre giorni congressuale sarà il raggiungimento del benessere attraverso la bellezza. Centinaia di specialisti da tutto il mondo dibatteranno i temi più “caldi” del momento, dando una risposta chiara ed esaustiva a ogni problematica. Alcuni tra i principali esperti del settore forniranno ai colleghi, durante il congresso, un’esauriente “guida intelligente” per districarsi tra le mille offerte della scienza estetica. La kermesse sarà caratterizzata da relazioni abbinate a collegamenti in live con le sale operatorie del Poliambulatorio Multimed. Durante queste live session, i medici potranno interagire come di consueto con i colleghi impegnati nelle varie fasi delle operazioni o dei trattamenti per poter carpire loro i segreti delle tecniche utilizzate. Per informazioni: Segreteria Organizzativa Valet Tel: 051.6388334 Fax: 051.326840 congresso@valet.it www.valet.it


MARKETING & SVILUPPO

DERMASTIR ACID PEEL L’esfoliazione è un processo che la pelle normalmente compie, ma che con il tempo può rallentare e diminuire notevolmente. I peeling chimici sono da sempre la tecnica più utilizzata per stimolare la rigenerazione cellulare e il ringiovanimento dell’epidermide, riproducendo il naturale meccanismo dell’esfoliazione. Per generazioni questi ineste-

tismi sono stati trattati con tecniche molto aggressive, che necessitavano di lunghi tempi di recupero. Queste tecniche, seppur risolvendo l’inestetismo, causavano visibili e prolungati effetti collaterali. Alta Care propone una nuova generazione di peeling che si avvale dell’utilizzo combinato di peptidi all’interno del peeling chimico: i peeling Dermastir AHA e BHA favoriscono la rigenerazione cellulare attraverso l’utilizzo di agenti chimici molto meno aggressivi. Dermastir AHA Peeling ai peptidi 30% gel pH 3 contiene alfa idrossiacidi (acido glicolico, acido lattico, acido ascorbico, acido citrico, acido malico, acido tartarico). Agisce sulla superficie della pelle ed è idrosolubile. È generalmente più adatto alle pelli normali, secche o visibilmente

rovinate, in quanto contiene fattori che aiutano a idratare la pelle e ridurre di danni causati dall’esposizione al sole, come le macchie solari. Dermastir BHA Peeling ai peptidi 20% gel pH 3 contiene acido betaidrossisalicilico. Agisce sia sulla superficie della pelle che all’interno dei pori. Poiché è liposolubile, è preferibile per pelli normali o grasse che tendono alla formazione di brufoli, punti neri e pori della pelle ostruiti. Inoltre contiene ingredienti con proprietà calmanti per la pelle, che lo rendono adatto alle pelli più sensibili e tendenti ad arrossamenti. Per informazioni: Alta Care Laboratoires Tel. 06.69380852 alta@altacare.com www.dermastir.com

DISPOSITIVO MEDICO EAST DTA Medical presenta E.A.S.T. dispositivo medico in Classe IIB Dir. 93/42/CEE e SMI (Dispositivi Medici) CE 0068, tecnologia totalmente italiana di microradiobisturi a sublimazione dermica controllata con arco voltaico per trattare gli inestetismi della cute in modo sicuro e confortevole. E.A.S.T. è uno strumento di nuova concezione, estremamente semplice, senza fili, pratico, maneggevole, non collegato alla rete elettrica, lavora per sublimazione dermica su superfici di 1 mm2 di pelle; con E.A.S.T. si possono trattare molti inestetismi e lesioni cutanee come: ipercromie cutanee, striae distensae periombelicali, verruche, nevi, che-

loidi, fibromi, xantelasmi, discheratosi, angiomi rubino, capillari del volto, inoltre si possono correggere le ptosi palpebrali di media e lieve entità, crow’s feet, esiti cicatriziali,

smagliature e rughe con un soft lifting della cute in eccesso. Viene utilizzata una tecnica semplice, precisa, delicata e studiata nei dettagli, interagendo esclusivamente con i tessuti superficiali (vaporizzazione cutanea per epidermolisi con diffusione superficiale). Ne deriva un trattamento non doloroso, ben tollerato dal paziente, senza down time, senza sanguinamento, adatto a tutti i fototipi. Per informazioni: DTA Medical Service by Acea Medica srl Tel. 02. 8392552 direzione@dtamedical.it www.dtamedical.it

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In questo numero Atrofia bianca: microangiopatia a estrinsecazione cutanea Acne: patologia a ponte tra dermatologia e medicina estetica Dermatite seborroica del cuoio capelluto: non solo la Malassezia Radiofrequenza frazionata: strumento evoluto per l’aging Trattamento delle cheratosi attiniche e photoaging severo CONGRESS REPORT PSICODERMATOLOGIA LETTERATURA INTERNAZIONALE ANGOLO DELLA CLINICA

Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences


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