hi.tech dermo 1/2017

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2017

In questo numero Carenza di vitamina D in pazienti con melanoma cutaneo Filler: nuovi materiali, tecniche e prospettive di impiego Mesoterapia di ringiovanimento cutaneo Inquinamento atmosferico invecchia la pelle Psicodermatologia: il paziente ipocondriaco nell’ambulatorio dermatologico CONGRESS REPORT LETTERATURA INTERNAZIONALE ANGOLO DELLA CLINICA GESTIONE DELLO STUDIO L’INTERVISTA Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences



SOMMARIO

Carenza di vitamina D in pazienti con melanoma cutaneo

pag. 17

A. M. Manganoni, L. Pizzatti, L. Pavoni, A. Zanca, M. Fusano, P. Calzavara Pinton

Filler: nuovi materiali, tecniche e prospettive di impiego nel 2017

pag. 23

M. Dal Canton, M. G. Galimberti, M. Bencini

Mesoterapia di ringiovanimento cutaneo: la mia esperienza clinica

pag. 30

A. Camporese

Inquinamento atmosferico invecchia la pelle

pag. 34

M. Belmontesi, G. Valacchi

il prodotto del mese

pag. 5

tecnologia in ambulatorio

pag. 7

editoriale

pag. 13

congress report

pag. 40

psicodermatologia

pag. 42

letteratura internazionale

pag. 47

angolo della clinica

pag. 49

gestione dello studio

pag. 52

l’intervista

pag. 54

corsi e congressi

pag. 56

marketing & sviluppo

pag. 57

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NORME REDAZIONALI

Requisiti per la pubblicazione di un manoscritto Gli articoli devono pervenire al Comitato di Redazione (info@laserforum.it) in copia cartacea e in forma elettronica nella loro stesura definitiva, completi di nome, cognome, qualifica professionale, indirizzo, telefono, email e firma dell’autore/i. Le illustrazioni devono essere numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. Devono essere ad alta risoluzione (almeno 300 DPI, in formato TIFF, EPS oppure JPEG). Grafici e tabelle dovranno essere forniti su supporto cartaceo e magnetico (possibilmente in formato Microsoft Excel), numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. È necessario includere l’autorizzazione per riprodurre materiale già pubblicato in precedenza o per utilizzare immagini ritraenti persone, qualora identificabili. L’articolo deve comporsi delle seguenti parti: Titolo, conciso e senza abbreviazioni, in italiano e in inglese Sottotitolo, in italiano e in inglese Nome e cognome di autore/i e relative qualifiche professionali Sommario di apertura, in italiano (minimo 30, massimo 50 parole) Riassunti in italiano e in inglese (minimo 50, massimo 100 parole). Parole chiave in italiano e in inglese (da 2 a 5), usando i termini indicati nell’Index Medicus. Qualora l’articolo sia una ricerca, il lavoro deve essere sintetico e non superare le 2.000 parole (bibliografia esclusa). Qualora l’articolo sia una rassegna, deve avere una lunghezza massima di 3.500 parole (bibliografia esclusa). Entrambi con un numero massimo di 12 foto. L’articolo può assumere la forma di una comunicazione breve, non superando in questo caso le 1.000 parole con un numero massimo di 4 foto. Struttura dell’articolo Qualora l’articolo sia una rassegna (casi clinici, test su strumenti eccetera) è sufficiente prevedere una divisione in paragrafi e sottoparagrafi, tale da rendere meglio identificabili le parti di cui è composto il lavoro e agevolare la fruizione del testo. Qualora sia una ricerca, l’articolo avrà la classica struttura dell’articolo scientifico. In questo caso si avranno: Introduzione, riassume lo stato attuale delle conoscenze; Materiali e metodi, descritti in modo tanto dettagliato da permettere ad altri la riproduzione dei risultati; Risultati, riportati in modo conciso e con riferimenti a tabelle e/o grafici. Discussione e conclusioni, enfatizzando gli aspetti importanti e innovativi dello studio. Bibliografia. Le voci bibliografiche dovranno essere elencate in ordine di citazione nel testo con una numerazione araba progressiva. Le voci bibliografiche dovranno essere redatte secondo lo stile dell’Index Medicus, pubblicato dalla National Library of Medicine di Bethesda, MD, Stati Uniti. Dovranno quindi recare cognome e iniziale del nome degli autori, il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista, l’anno di pubblicazione, eventualmente il mese, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. I rimandi bibliografici all’interno del testo, invece, dovranno essere posti tra parentesi recando il numero della voce/i cui fanno riferimento, in ordine di apparizione. L’approvazione alla pubblicazione è concessa dal Board scientifico. Le bozze inviate agli autori devono essere restituite corrette degli eventuali refusi di stampa entro il termine che verrà indicato. I lavori non possono essere stati offerti contemporaneamente ad altri editori, né pubblicati su altre riviste. L’Editore provvederà gratuitamente alla pubblicazione degli articoli, per la stesura dei quali è esclusa ogni sorta di compenso a favore dell’Autore/i. La proprietà letteraria dell’articolo pubblicato spetta all’Editore. Estratti Gli autori possono richiedere estratti a pagamento. Per ogni informazione riguardante gli estratti è possibile contattare la Redazione scrivendo a redazione@griffineditore.it

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hi.tech dermo

Alta tecnologia in dermatologia ricostruttiva Direttore responsabile Giuseppe Roccucci - g.roccucci@griffineditore.it Redazione Andrea Peren - a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli - l.romanelli@griffineditore.it Rachele Villa - r.villa@griffineditore.it Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo - customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Giovanni Cerrina Feroni g.cerrinaferoni@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Consulenza grafica Marco Redaelli - info@creativastudio.eu Stampa: Alpha Print srl Via Bellini, 24 - 21052 Busto Arsizio (VA) EDITORE Griffin srl unipersonale P.zza Castello 5/E- 22060 Carimate (Co) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it hi.tech dermo. Periodico trimestrale Anno XII - n. 1 - febbraio 2017 Registrazione del Tribunale di Como n. 22/06 del 29.11.2006 ISSN 1971-0682 Iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (Roc) n. 14370 del 31.07.2006 L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Tutti gli articoli pubblicati su hi.tech dermo sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art.11 D.Lgs.196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin srl, P.zza Castello 5/E, Carimate (Co), al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.


IL PRODOTTO DEL MESE

Dispositivo Plexr Plus, generatore di plasma L’originalità non è mai stata così chic. Nuovo design, funzioni, performance Il PLEXR (PLasma ExeResis) Plus è un “generatore di plasma”. Non si tratta né di laser, né di radio bisturi o di dispositivo a radiofrequenza. Il “plasma” dal punto di vista fisico è inteso come il 4° stato di aggregazione della materia che si pone tra quello liquido e quello gassoso, una sorta di “gas liquefatto”, secondo i fisici. In realtà è gas ionizzato: i suoi ioni si incontrano allo stato libero, un insieme instabile di elettroni e ioni globalmente neutro. Il termine “ionizzato” indica che una frazione grande di elettroni è stata strappata dai rispettivi atomi, creando un raggio attivo di microplasma che, grazie alla differenza di potenziale

Dispositivo Plexr Plus

danno termico. Per esempio in caso di trattamenti di ringiovanimento periorbitali, non ci sono danni né al nervo ottico né alle zone adiacenti, grazie all’azione precisa e focalizzata, nonché all’assenza di correnti di dispersione e all’azione superficiale. Set di tre manipoli con tre differenti microplasmi

elettromagnetico tra la punta del manipolo e il tessuto umano, “destruttura” i componenti dell’epidermide, i cheratinociti, sublimandoli. La sublimazione è il termine fisico per indicare il passaggio dallo stato solido a quello gassoso. Naturalmente in maniera contestuale ci sarà una biostimolazione del derma, dovuta al calore selettivo e focalizzato, trasferito durante l’impatto del raggio di microplasma sul tessuto interessato. Durante il trattamento, un fumo visibile verrà prodotto come risultato del processo di sublimazione, con la formazione di una crosticina sulla parte trattata che in circa una settimana cadrà, senza lasciare ematomi o cicatrici, grazie all’azione superficiale. Si capisce che il trattamento è sicuro: si lavora sull’epidermide (dall’esterno verso l’interno) e non si passa lo strato della membrana basale. Non c’è passaggio di energia elettrica e non si produce alcun

PUNTI DI FORZA Tre manipoli, tre tipi di microplasma parcellare frazionato selettivo per frequenza e potenza. Monitoraggio dei tempi di utilizzo/di attività della stazione/manipoli (con funzione di reset). Attivazione del manipolo in modalità standard tramite bottone/pedale, oppure per una maggiore comodità di scelta, tramite software, si può impostare la modalità continua che garantisce energia senza interruzioni per tre minuti. Sistema innovativo di ricarica wireless a induzione. Connessione wireless automatica dei manipoli alla base. Uscita di segnale auto-controllato grazie alla funzione SCT (Self-check test). Batterie ai polimeri di litio, estraibile sul dispositivo e agli ioni di litio sui manipoli. Schermo touch (impostazioni, video, controllo livelli di batteria).

Per informazioni:

GMV srl Tel/Fax 06.94315964 info@gruppogmv.it www.gruppogmv.it

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CON IL PATROCINIO DI

Adoi Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani Aida Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali Ela European Laser Association Isplad International Italian Society of Plastic Aesthetic and Oncologic Dermatology Sidco Società Italiana di Dermatologia Chirurgica Oncologica SIDeMaST Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse

Aidnid Associazione Italiana di Diagnostica non Invasiva in Dermatologia CoNESCoD Comitato Nazionale Etico-Scientifico Sorveglianza dei Cosmetici e dei Dispositivi Medici Ddi Donne Dermatologhe Italiane Dermoscopy Forum Forum italiano di dermoscopia e imaging cutaneo Esld European Society for Laser Dermatology Girtef Gruppo Italiano Radiofrequenze e Terapia Fotodinamica Gisv Gruppo Italiano per lo Studio e la Terapia della Vitiligine Istd International Society of Teledermatology Sidec Società Italiana di Dermatologia Estetica e Correttiva SIDeLP Società Italiana dei Dermatologi Liberi Professionisti Sild Società Italiana Laser in Dermatologia Sildec Società Italiana Laser Chirurgia Dermatologica e Cosmetica Sircped Società Italiana di Radiofrequenza in Chirurgia Plastica e Dermatologia

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Hi Tech Dermatology - italian high tech network in dermatological sciences Il Network, con sede a Milano, Via della Moscova 42, ha come fine quello di creare una vera e propria rete di connessione tra medici specialisti che, operando nell’ambito della dermatologia e della chirurgia plastica, utilizzano dispositivi biomedici di alta tecnologia. Si propone pertanto di mantenere e sviluppare la formazione e l’aggiornamento professionale del dermatologo e del chirurgo plastico ed estetico al più alto livello della pratica clinica in merito agli impieghi delle tecnologie e dei dispositivi medico chirurgici. L’Associazione ha come sua caratteristica costitutiva l’interdisciplinarietà e, nell’espletare le sue attività, trova sedi idonee e confacenti i momenti congressuali delle varie società mediche e chirurgiche, con le quali il Network avrà ampia collaborazione. Di tale interdisciplinarietà il Network desidera fare propria peculiarità principale, in quanto l’Associazione non nasce come una nuova società scientifica, ma si costituisce con l’intento di rappresentare una realtà trasversale in cui tutti i professionisti di specialità affini, interessati all’impiego nell’ambito della loro professione di dispositivi ad alta tecnologia, possano affluire per scambiare le proprie esperienze e crescere in virtù di questi scambi. Inoltre l’Associazione si propone di valutare sia la qualità dei dispositivi medico chirurgici che i loro protocolli applicativi. Hi Tech Dermatology è presente on line con il suo sito ufficiale www.hitechdermatology.org e si avvale della pubblicazione della Rivista hi.tech dermo, che rappresenta la sua espressione scientifica. Sono soci dell’Associazione tutti coloro che, enti, persone fisiche e giuridiche, cooperano al progresso e allo sviluppo della scienza medica nel campo delle applicazioni della dermatologia e chirurgia plastica, estetica ricostruttiva, della dermatologia chirurgica e oncologica e della dermatologica estetica e correttiva, e che a tale progresso e sviluppo siano interessati. Sono presidenti onorari del Network i professori Luigi Rusciani Scorza e Nicolò Scuderi. Sono soci onorari i presidenti in carica delle società scientifiche di riferimento e personalità proposte e accettate dal consiglio direttivo. Il consiglio direttivo del Network è formato dal coordinatore: Pier Luca Bencini; vice coordinatore: Patrizio Sedona; segretario scientifico: Michela Gianna Galimberti; tesoriere: Gian Marco Tomassini; consiglieri: Marco Ardigò, Davide Brunelli, Marco Dal Canton, Giovanni Pellacani. Sono responsabili e coordinatori territoriali per l’Italia settentrionale Matteo Tretti Clementoni (email: mtretti@tin.it), per l’Italia centrale Claudio Comacchi (email: comacchidermatologia@interfree.it) e infine per l’Italia meridionale e insulare Federico Ricciuti (email: ricciutifederico@tiscali.it).


TECNOLOGIA IN AMBULATORIO

Clatuu: il freddo che elimina il grasso Dispositivo per il congelamento non invasivo delle cellule adipose, un’alternativa sicura alla liposuzione

Clatuu è un dispositivo per il congelamento e la rimozione dell’adipe e, attraverso il congelamento non invasivo delle cellule adipose, induce la lipolisi senza recare alcun danno agli altri tessuti. Il congelamento dell’adipe Clatuu è un’alternativa sicura alla liposuzione. Lo scopo del trattamento è quello di rimodellare le forme del corpo. Le cellule adipose cristallizzate subiscono l’apoptosi e vengono eliminate dal corpo grazie ai naturali meccanismi del metabolismo. Il trattamento non è invasivo, non richiede tempi di recupero, non causa dolore e segue i processi naturali del corpo.

collaterali e rischi significativi. Il dispositivo che effettua un’efficace criolipolisi è il “Clatuu”, progettato e realizzato dalla multinazionale coreana Classys, ai vertici nella produzione di apparecchiature all’avanguardia nel settore della medicina estetica. Tale dispositivo ha adottato il primo manipolo con pannello di raffreddamento a 360° C, più efficace nella trasmissione dell’energia per la cristallizzazione delle cellule adipose. Du-

rante il trattamento i manipoli vengono posizionati sull’area in cui si desidera ridurre il grasso per estrarre energia dal tessuto adiposo sottostante (raffreddandolo) senza danneggiare gli altri tessuti. La cavità dell’applicatore usa un’aspirazione che crea una piega di tessuto che andrà in contatto con la superficie raffreddante all’interno del manipolo. Durante il trattamento, l’applicatore fornisce un raffreddamento controllato per colpire

La criolipolisi Il termine criolipolisi identifica un nuovo tipo di trattamento non invasivo che consente di indurre la lipolisi degli adipociti, distruggendoli, senza alterare i tessuti circostanti. L’esposizione prolungata al freddo del grasso, infatti, provoca l’apoptosi degli adipociti che muoiono e, nel tempo, vengono eliminati dall’organismo. È una metodica indolore, non invasiva, graduale, priva di effetti

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TECNOLOGIA IN AMBULATORIO

le cellule adipose nell’area trattata. Clatuu utilizza un sensore di temperatura che è in grado di monitorare attentamente il livello di “estrazione dell’energia” ovvero il raffreddamento. La criolipolisi, quindi, è una tecnica che permette di ridurre definitivamente il numero delle cellule adipose, esattamente come avviene con la liposuzione ma con la differenza di essere un trattamento non invasivo. Il vantaggio principale è che le cellule adipose vengono eliminate naturalmente, quindi i risultati sono duraturi nel tempo. Il trattamento permette di riprendere le attività quotidiane immediatamente, senza la necessità di tempi di recupero. Dopo il primo trattamento, i risultati si rendono evidenti nelle settimane successive, raggiungendo il massimo del risultato dopo circa 8 settimane. Indicazione al trattamento: rigonfiamenti adiposi ostinati come maniglie dell’amore, basso addome, cosce, zona del reggiseno, schiena e parte superiore delle braccia. Cosa ci si deve aspettare durante la procedura La sensazione iniziale è che la pelle venga aspirata energicamente. In seguito inizia il processo di raffreddamento che potrebbe arrecare un lieve fastidio solo per i primi 10 minuti. A fine trattamento, alla rimozione dell’applicatore, la pelle risulterà ovviamente fredda e tonica evidenziando un leggero rossore. Il tessuto adiposo nella zona

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da trattare viene sottoposto a freddo intenso (-9°C). Gli adipociti, come già esposto, vanno quindi incontro a un processo di “apoptosi”, cioè la morte cellulare programmata. Il corpo reagisce con una risposta infiammatoria che causa il naturale smaltimento delle cellule adipose danneggiate. La procedura consente una significativa riduzione del pannicolo adiposo a livello della zona trattata. Il trattamento Clatuu non è invasivo, non richiede tempi di recupero e non causa dolore. Utilizza solo l’energia di raffreddamento che permette al paziente di tornare alla quotidianità appena terminata la cura. Si tratta di una vera e propria rivoluzione nell’eliminazione non chirurgica del grasso: è una valida alternativa indolore e non invasiva alla classica liposuzione. Il dispositivo è stato registrato

dagli organi internazionali competenti come apparecchiatura medicale. Durata del trattamento Il trattamento richiede 40-60 minuti. I medici decidono la durata e il livello della procedura Clatuu in base alla zona target. Il paziente può rilassarsi dormendo o leggendo un libro in una posizione comoda durante il trattamento. Antonino Pulvirenti Medico Estetico, Aging Medicalaser Giarre (CT)

Per informazioni:

Bioskin Italia srl Tel. 051 510506 bioskin@bioskin.it www.bioskin.it



BOARD SCIENTIFICO

Direttore scientifico Pier Luca Bencini

Comitato di redazione Marco Dal Canton

Michela Gianna Galimberti

Michele Fimiani

Giovanni Pellacani

Giacomo Calzavara Pinton

Luigi Rusciani Scorza

Comitato scientifico Vincenzo Ansidei

Salvatore Curatolo

Alberto Massirone

Giovanni Fabio Zagni

Marco Ardigò

Antonino Di Pietro

Luciano Mavilia

Malvina Zanchi

Giuseppe Argenziano

Michela Gianna Galimberti

Santo Raffaele Mercuri

Cristina Zane

Enrico Bernè

Saturnino Gasparini

Massimo Papi

Nicola Zerbinati

Franco Buttafarro

Gianluigi Giovene

Federico Ricciuti

Giovanni Cannarozzo

Gabriella Fabbrocini

Corinna Rigoni

Giampiero Castelli

Massimo Laurenza

Mario Santinami

Claudio Comacchi

Caterina Longo

Gian Marco Tomassini

Anna Chiara Corazzol

Leonardo Marini

Gian Marco Vezzoni

Responsabili sezioni speciali Istopatologia

Imaging cutaneo

Oncologia cutanea

Vincenzo De Giorgi

Ausilia Manganoni

Diagnostica non invasiva

Direttore proceeding devices

Epidemiologia

Marco Fumagalli

Luigi Naldi

Medicina legale

Dermochirurgia oncologica

Riparazione tissutale

Giuseppe Guerriero

Marco Romanelli

Medicina legale

Imaging cutaneo

Giorgio Annessi Ignazio Stanganelli Valerio Cirfera Chirurgia plastica ricostruttiva

Pierfrancesco Cirillo

Fisica e bioingegneria

Orazio Svelto

Farmacologia clinica

Stefano Veraldi

Pietro Rubegni

Giovanni Lombardi

Editors internazionali Peter Bjerring (DANIMARCA)

Martin Mihm (STATI UNITI)

Peter Soyer (AUSTRIA)

Glen Calderhead (GIAPPONE)

Harry Moseley (SCOZIA)

Mario Trelles (SPAGNA)

David Green (STATI UNITI)

Girish Munavalli (STATI UNITI)

Mariano Velez-Gonzalez (SPAGNA)

Sean Lanigan (REGNO UNITO)

Ercin Ozunturk (TURCHIA)

Maria Alejandra Vitale (SPAGNA)

Jean Luc Levy (FRANCIA)

Marc Roscher (SUD AFRICA)

Marwan al Zarouni (EMIRATI ARABI UNITI)

Claudia I.M. van der Lugt (OLANDA)

Xavier Sierra (SPAGNA)

Editors onorari Presidente Isplad

Andrea Romani

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Presidente Sidco

Giuseppe Zumiani

Presidente Sidemast

Giampiero Girolomoni

Presidente Aida

Cecilia Pravettoni




EDITORIALE

La cosiddetta cellulite tra fisiologia e patologia: mito o realtà? Correva la fine degli gli anni ‘70 e la medicina estetica cominciava ad affermarsi creandosi energicamente uno spazio e appropriandosi via via di quelle competenze che sarebbero dovute essere, secondo ragione, terreno specifico di studio della Dermatologia e della Chirurgia plastica, uniche specializzazioni all’epoca accademicamente riconosciute, ma che snobbavano altezzosamente tutte le problematiche estetiche come non meritevoli di alcuna attenzione, perché considerate non malattie. Mai fu commesso errore più grande! Pier Luca Bencini Uno degli argomenti più controversi, in quegli anni culturalmente roDirettore scientifico venti, era la cellulite. I sostenitori della medicina estetica, soprattutto di hi.tech dermo della scuola francese e italiana, si affannavano a dimostrarne la dignità di vera e propria patologia creando “nomoni” importanti (per un semplice inestetismo) come panniculopatia fibro-edemato-sclerotica, adiposis edematosa, dermopanniculosis deformans, status protrusus cutis e lipodistrofia ginoide. In risposta, gli scienziati d’oltreoceano sorridevano con tollerante superiore sufficienza. “The so-called cellulite: an invented disease” titolava ironicamente un articolo pubblicato sulla più prestigiosa rivista di chirurgia dermatologica mondiale, quella che oggi si chiama Dermatology Surgery. L’articolo (Nürnberger F, Müller G. So-called cellulite: an invented disease. J Dermatol Surg Oncol. 1978; 4: 221–9) era brillante e ben formulato e dimostrava che l’unica vera cellulite (degna di tale nome) era una grave infezione del tessuto adiposo e che quell’altra, che riempiva pagine e pagine delle allora fiorenti riviste di salute ad usum populi, non era altro che una peculiarità anatomica del sesso femminile – soprattutto caucasico e asiatico – odiatissima, quanto normale. Di fatto non esiste alcuna morbilità o mortalità associata ad essa, perciò, sostenevano gli anglosassoni, non può essere considerata una malattia. Sappiamo poi come è andata: a furor di popolo e di pressioni dell’industria (la cellulite muove interessi miliardari) c’è stato l’upgrading e la cellulite è diventata a tutti gli effetti una malattia. Così il brillante articolo americano fu presto ignorato. Ma per la prima volta, quello studio sottolineava l’importanza nella genesi dell’inestetismo dei setti del pannicolo adiposo che nella donna, a differenza dell’uomo, corrono perpendicolari alla cute e quindi, determinando una trazione verso il basso, tendono a fare erniare il tessuto adiposo creando, secondo gli autori, quel brutto aspetto irregolare a materasso che tanto preoccupa il gentil sesso. In ogni caso, malattia o semplice inestetismo, la cellulite non piace a nessuno e rappresenta un problema importante sia per l’alto numero di donne che ne soffre (tra l’85 e il 98% delle femmine post puberali) sia per le sue importanti implicazioni sulla qualità della vita femminile. È un dato di fatto, moralismi scientifici a parte. Quindi rappresenta un problema sociale che non può essere ignorato da un medico e a cui va offerta un’adeguata e corretta risposta. Che fare dunque? Come muoversi di fronte alle numerosissime terapie comunemente pubblicizzate? Esiste un gold standard treatment? A complicare il problema è che la vulgata comprende sotto il termine di cellulite una serie di disturbi differenti che vanno dall’obesità localizzata, alla cute edematosa fino a quella a materasso. Per poter proporre

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EDITORIALE

al paziente una strategia terapeutica razionale occorre innanzitutto fare chiarezza sull’attendibilità scientificamente comprovata delle varie ipotesi patogenetiche proposte. L’ipotesi vascolare, formulata dal professor Curri, fu una delle prime a supporre che il primum movens risieda nell’associazione tra un’alterata risposta degli sfinteri precapillari e un deposito di glicosaminoglicani iperpolimerizzati nelle pareti vascolari, fattori che provocherebbero un edema intercellulare in sede dermoipodermica, successiva ipossia e neocollagenogenesi. Questa affascinante teoria non è però stata confermata dai più recenti autorevoli studi, come sottolineato da Mathew M. Avram della David Geffen School of Medicine di Los Angeles, in una review sull’argomento. Così come pare infondata la cosiddetta ipotesi infiammatoria per l’impossibilità di dimostrare fenomeni di flogosi nel tessuto adiposo delle pazienti. Il fattore che appare invece comune a tutte le pazienti e che attualmente sembra essere una delle cause patogenetiche più accreditate è rappresentato dalle differenze architetturali cutanee correlate al sesso e, in particolare, dalle variazioni dei setti connettivali interlobulari. Come già ipotizzato da quell’antico lavoro che menzionavo all’inizio, la comparsa dell’inestetismo (che ricordo è clinicamente caratterizzato da buchi, avvallamenti, increspature e protrusioni) sarebbe causato da erniazioni in alto del grasso, attraverso il derma profondo, come confermato da recenti indagini ultrasoniche. Inoltre Piérard e coll. (Piérard GE, Nizet JL, Piérard-Franchimont C. Cellulite: from standing fat herniation to hypodermal stretch marks. Am J Dermatopathol 2000; 22: 34–7) hanno riconfermato, attraverso studi autoptici, che gli avvallamenti persistenti sono causati dall’orientamento perpendicolare, tipico del sesso femminile, dei setti interlobulari. Questi esercitano quindi una progressiva e continua forza di trazione orientata verticalmente e che porta nel tempo alle protrusioni adipose che contribuiscono a determinare l’inestetismo cellulitico. Per questo motivo, già nel 2000 fu proposta la subcisione con tagli selettivi dei tralci sottocutanei perpendicolari come terapia (Hexsel DM, Mazzuco R. Subcision: a treatment for cellulite. Int J Dermatol. 2000 Jul; 39: 539–44) col proposito di correggere la struttura anatomica sottocutanea che determina l’aspetto cellulitico della cute. Indubbiamente la procedura era sperimentale e pionieristica e, essendo totalmente manuale, lunga, scarsamente standardizzabile e con tempi di recupero prolungati per l’eccessivo traumatismo ai tessuti, ma i risultati furono sorprendenti: oltre il 78% delle pazienti dimostrava ottimi risultati. Tale studio clinico ha aperto la strada a un lungo e rigoroso lavoro di ricerca che ha portato alla produzione e alla commercializzazione di un’apparecchiatura ad alta tecnologia in grado di determinare, attraverso un sistema definito TS-GS (tissue stabilized-guided subcision) un intervento selettivo e controllato sui setti responsabili, riducendo al minimo gli effetti collaterali grazie a una speciale piattaforma vacuum assistita che permette un perfetto controllo della profondità e dell’area sotto trazione verticale che occorre liberare. Recentissimi studi multicentrici dimostrano infine un miglioramento nel 97-100% dei casi e una sua stabilità a tre anni di distanza (Kaminer MS, Coleman WP, Weiss RA, Robinson DM, Coleman WP, Hornfeldt C. Multicenter pivotal study of vacuum-assisted precise tissue release for the treatment of cellulite. Dermatol Surg. 2015 Mar;41(3):33647; Michael S. Kaminer, MD; Deanne M. Robinson, MD; William P. Coleman III, MD; Robert A. Weiss, MD; W. Patrick Coleman IV, MD: Multicenter pivotal study of the safety and effectiveness of a tissue stabilized-guided subcision procedure for the treatment of cellulite: 3 year update. AAD Late breaking 2016).  Pier Luca Bencini

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DERMATOLOGIA ONCOLOGICA / vitamina D

Carenza di vitamina D in pazienti con melanoma cutaneo Vitamin D inadequacy in consecutive patients with cutaneous melanoma

RIASSUNTO La carenza di vitamina D è particolarmente frequente in Italia ed è stata documentata in pazienti affetti da diversi tipi di neoplasia tra cui seno, del colon-retto e della prostata. Sebbene nel melanoma sia riportato che bassi livelli di vitamina D si associno a una peggior prognosi ed è osservata in pazienti con pelle chiara a rischio, ulteriori studi dovranno chiarire se tale deficit possa effettivamente influenzare la prognosi del tumore. PAROLE CHIAVE Vitamina D, neoplasia

A. M. Manganoni L. Pizzatti L. Pavoni A. Zanca M. Fusano P. Calzavara Pinton Clinica Dermatologica Asst Spedali Civili di Brescia

ABSTRACT Vitamin D shortage is particularly frequent in Italy, and its deficiency has been documented in patients suffering from different kind of neoplasia, including breast, colorectal and prostate cancer. Recent studies reported a little evidence that vitamin D could have a role also in cutaneous melanoma outcome. In fact, low vitamine D status is reported to have a bad prognosis in melanoma and it is observed in fair skin patients at risk. Further research is needed to evaluate the benefits of vitamin D supplementation to guarantee vitamin D sufficiency for patients with cutaneous melanoma. KEY WORDS Vitamin D, neoplasia

Riferimento per contatti: Ausilia M. Manganoni - ausilia.manganoni@asst-spedalicivili.it Conflitti d’interesse dichiarati: nessuno

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La Vitamina D è un ormone steroideo sintetizzato dai cheratinociti a partire dal 7-deidrocolesterolo, in una reazione catalizzata dalle radiazioni ultraviolette a una lunghezza d’onda di 290-320 nm (1). Dopo l’esposizione solare, il 7-deidrocolesterolo è convertito in previtamina D3 che in poche ore viene isomerizzata a vitamina D3 (colecalciferolo) (2). La sintesi cutanea di vitamina D3 è influenzata da alcuni fattori quali il fenotipo, l’età, l’uso di protezioni solari, la stagione, la latitudine, la superficie corporea esposta e il tempo di esposizione alla luce solare (3). La vitamina D3 sintetizzata dalla cute o introdotta con gli alimenti viene idrossilata dal fegato per diventare 25-idrossi-vitamina D (25[OH]D), che rappresenta il miglior indicatore metabolico per la valutazione dello stato generale dei livelli di vitamina D. Valori sierici di 25(OH)D tra 30 e 100 ng/ml indicano un apporto vitaminico adeguato. La carenza di vitamina D è invece definita con valori inferiori a 20 ng/ml (50 nmol/l) e può essere associata a debolezza muscolare, dolore osseo e aumentato rischio di fratture ossee. Valori tra 20 e 30 ng/ml (50-75 nmol/l) mostrano uno stato di insufficienza (4). Il deficit di vitamina D è particolarmente frequente in Italia, specialmente nella popolazione anziana e durante i mesi invernali (5). In effetti, il 60% delle donne italiane tra 60 e 80 anni presenta livelli sierici di vitamina D inferiori a 12 ng/ml in inverno (6). Questa carenza può essere

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giustificata da molti fattori, tra cui la scarsa introduzione di vitamina D attraverso la dieta e la ridotta biosintesi cutanea nelle età avanzate, specialmente nei pazienti istituzionalizzati (7). In particolare, le persone anziane presentano una ridotta sintesi di vitamina D sia a livello cutaneo sia a livello renale e si espongono meno frequentemente ai raggi solari. Inoltre, la carenza di vitamina D è stata documentata in pazienti affetti da malattie cardiovascolari (8) ma anche da diversi tipi di tumore, come il carcinoma mammario, prostatico e del colon-retto (9, 10). Riguardo all’associazione tra i livelli sierici di vitamina D e il tumore cutaneo, i risultati sono ancora controversi. In particolare, una metanalisi pubblicata da Caini e collaboratori ha evidenziato il possibile ruolo dell’assunzione di vitamina D attraverso la dieta nel ridurre il rischio

Fig. 1: Melanoma cutaneo

di sviluppare il melanoma cutaneo (11). Inoltre, uno studio di coorte del 2009 ha mostrato che i livelli sierici di vitamina D sembrano essere inversamente associati allo spessore secondo Breslow del melanoma al momento della diagnosi (12). Nonostante studi epidemiologici abbiano stabilito una chiara relazione tra l’esposizione solare e il rischio di sviluppare il melanoma cutaneo, la natura di questa relazione risulta essere complessa.

Materiali e metodi Si riporta l’esperienza della Clinica Dermatologica dell’Asst Spedali Civili di Brescia nell’obiettivo di valutare se i livelli sierici di vitamina D possano correlare con lo spessore del melanoma cutaneo, ma anche stimare la possibile associazione tra la vitamina D e lo sviluppo


DERMATOLOGIA ONCOLOGICA / vitamina D

di Non Melanoma Skin Cancer (NMSC), in pazienti continuativi che hanno ricevuto diagnosi di melanoma nell’anno 2015 e domiciliati nell’area omogenea della provincia di Brescia. Brescia, con un’estensione di 4.784,36 km2, rappresenta la provincia più grande della Lombardia e possiede una popolazione di 1.264.105 abitanti. Riguardo alle condizioni meteorologiche, la provincia è caratterizzata dal tipico clima temperato delle latitudini medie. È quindi generalmente umido e piovoso in tutte le stagioni, mentre le estati sono molto calde. Le precipitazioni sono in genere moderate e ben distribuite durante l’anno, con 84 giorni di pioggia l’anno (circa il 25%) con picchi naturali in primavera. I criteri di inclusione che abbiamo considerato nella presente valutazione sono stati: età maggiore di 18 anni, diagnosi istologica di melanoma cutaneo ricevuta nel 2015, essere domiciliati in provincia di Brescia ed essere in possesso di esami ematochimici recenti che riportassero i livelli sierici di vitamina D. I dati relativi ai pazienti inclusi nello studio hanno considerato il genere e l’età al momento della diagnosi di melanoma. Abbiamo inoltre valutato la presenza di pregressi Non Melanoma Skin Cancer (NMSC) o altri tipi di neoplasie non cutanee nell’anamnesi di ciascun paziente e tenuto conto della data in cui è stato eseguito il prelievo di sangue al fine di accertare se la stagione dell’anno avesse influenzato i valori sierici di vitamina D.

Fig. 2: Valori sierici di vitamina D in pazienti con melanoma cutaneo (anno 2015). I valori tra 30 e 100 ng/ml indicano un apporto vitaminico adeguato; si ha carenza con valori inferiori a 20 ng/ml (50 nmol/l) e insuffcienza con valori tra 20 e 30 ng/ml (50-75 nmol/l)

In conformità con quanto riportato in letteratura, abbiamo definito carenza un valore inferiore a 20 ng/ml, insufficienza tra 20 e 30 ng/ml e normale se superiore a 30 ng/ml (4). Abbiamo anche considerato la possibilità che i pazienti, al momento del prelievo, stessero assumendo una terapia con supplementi di vitamina D. Tutti i dati sono stati elaborati utilizzando il test t e l’analisi statistica χ2. Risultati Novanta pazienti sono stati inclusi nella valutazione, 41 uomini (45%) e 49 donne (55%). La maggior parte dei pazienti mostrava una carenza di vitamina D (43 pazienti, 48%) o insufficienza (27 pazienti, 30%), mentre solo 20 di loro (22%) presentavano livelli sierici di vitamina D nella norma. Due pazienti (2,2%) assumevano una terapia con integratori orali di vitamina D. Nessuna differenza statistica-

mente significativa è emersa dal confronto tra genere maschile e femminile (p=0,67). Inoltre, la nostra valutazione ha mostrato che la stagione in cui è stato eseguito il prelievo ematico non ha influenzato i livelli plasmatici di vitamina D. Infatti, 19 pazienti (il 21%) hanno eseguito il prelievo in estate, 26 (il 29%) in autunno, 21 (23%) in inverno e 24 (27%) in primavera e nessuna differenza significativa è emersa confrontando i livelli di vitamina D misurati nelle diverse stagioni (p=0,39). L’età media al momento della diagnosi di melanoma cutaneo è risultata essere 57,51 anni (Ds ±14,08). È risultato che i pazienti con carenza o insufficienza di vitamina D abbiano ricevuto la diagnosi di melanoma a un’età più giovane rispetto ai pazienti con normali livelli di vitamina D (p<0,05). Infatti, i pazienti con livelli nella norma hanno ricevuto la diagnosi a un’età media di 54,2 anni, mentre nei pazienti

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con insufficienza di vitamina D il melanoma è stato diagnosticato a un’età media di 56,5 anni. Lo spessore medio del melanoma secondo Breslow è risultato essere 0,74 mm (Ds ±0,69), pertanto la maggior parte dei melanomi è stata diagnosticata precocemente. La nostra valutazione non ha mostrato alcuna relazione tra la carenza o insufficienza di vitamina D e lo spessore del melanoma. In effetti, lo spessore del melanoma è risultato essere inferiore (0,58 mm) in pazienti con insufficienza di vitamina D rispetto ai pazienti che presentavano livelli di vitamina D normali (spessore medio 0,78 mm) o carenti (spessore medio 0,98 mm) e nessuna differenza è stata trovata confrontando questi risultati (p=0,22). Per quanto riguarda il NMSC, otto pazienti (9%) presentavano un’anamnesi personale positiva per carcinoma basocellulare: in tre di loro, i livelli sierici di vitamina D risultavano nella norma, in uno risultavano essere carenti e nei rimanenti erano insufficienti. Cinque pazienti mostravano invece un’anamnesi personale per tumori non cutanei: un paziente presentava un pregresso tumore prostatico, uno presentava un tumore tiroideo e al colon-retto, uno un epatocarcinoma, una paziente un carcinoma mammario e un altro una pregressa leucemia. Non abbiamo trovato nessuna associazione tra i livelli di vitamina D e una maggiore incidenza di NMSC o altri tipi di tumore non cutaneo.

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Fig. 3: La carenza di vitamina D è particolarmente frequente in Italia ed è stata documentata in pazienti affetti da diversi tipi di neoplasia

Conclusioni Bassi livelli plasmatici di vitamina D sono molto comuni in Italia, soprattutto se misurati nella popolazione anziana, durante i mesi invernali e nelle pazienti di genere femminile (5). In effetti, i livelli sierici di 1,25(OH)D mostrano una correlazione positiva con l’assunzione di cibi che ne sono particolarmente ricchi, come l’olio di pesce o l’olio di fegato di merluzzo e potrebbero essere correlati con l’assorbimento intestinale di calcio (13, 14, 15). Studi epidemiologici hanno stabilito una chiara relazione tra l’esposizione solare e il rischio di sviluppare melanoma cutaneo e NMSC ma la natura di questa relazione è risultata essere complessa (13). Dovremmo supporre che i pazienti con melanoma cutaneo o NMSC conseguenti a un’elevata esposizione solare

abbiano normali livelli plasmatici di vitamina D. Tuttavia la nostra valutazione, nonostante abbia considerato un numero limitato di pazienti consecutivi, ha mostrato che nel 78% dei pazienti inclusi i livelli di vitamina D sono risultati essere carenti o insufficienti, ma è stato dimostrato che la maggior parte della popolazione italiana, soprattutto nelle regioni del nord, presenta valori di vitamina D inferiori alla norma. Inoltre, la nostra valutazione non mostra alcuna associazione tra bassi livelli di vitamina D e un maggior spessore del melanoma, né una maggiore incidenza di Nmsc o altri tipi di tumori non cutanei in pazienti consecutivi domiciliati nella provincia di Brescia. Pertanto, dalla nostra esperienza e in accordo con i dati precedentemente riportati in letteratura (5,12,13), sembra ragionevole


DERMATOLOGIA ONCOLOGICA / vitamina D

suggerire una corretta esposizione solare e uno stile di vita all’aria aperta. Crediamo inoltre che queste informazioni debbano essere chiaramente trasmesse al paziente. In conclusione, sebbene nel melanoma sia riportato che bassi livelli di vitamina D si associno a una peggior prognosi (17), ulteriori studi dovranno chiarire se il deficit di vitamina D possa effettivamente influenzare la prognosi del melanoma cutaneo e se, in assenza di controindicazioni mediche, un supplemento nell’assunzione di vitamina D debba essere suggerito in pazienti con melanoma cutaneo al fine di assicurare valori sierici appropriati.

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MEDICINA ESTETICA / filler

Filler: nuovi materiali, tecniche e prospettive di impiego nel 2017 Fillers: new materials, techniques and application perspectives in 2017

RIASSUNTO Tra le procedure estetico correttive non invasive oggi più praticate, le tecniche di correzione dei solchi e dei difetti di volume tessutale del volto sono seconde solo all’impiego della tossina botulinica e i dispositivi medici iniettabili a base di acido ialuronico sono i più utilizzati. Le procedure correttive dei solchi e dei difetti volumetrici del viso richiedono oggi un’eccellente conoscenza dell’anatomia, conditio sine qua non per una prevedibile gestione della tecnica e per la prevenzione delle potenziali complicanze. PAROLE CHIAVE acido ialuronico, filler, volumizzazione, rughe, solchi del viso, anatomia del volto, complicazioni dei filler

M. Dal Canton* M. G. Galimberti** M. Bencini*** * Dermatologo, Q-Derm, Belluno **Chirurgo estetico Iclid, Milano *** Studente in Medicina e Chirurgia, Facoltà di Medicina e Chirurgia, Università Statale di Milano

ABSTRACT The correction of volume losses and of wrinkles of the aging face is today second only to botulinum toxin injections amongst the most required non-invasive aesthetic procedures, and hyaluronic acid injectable fillers are the most used for this task. Besides, this new approach to the correction of volume defects and wrinkles requires a deeper knowledge of the anatomy of the face and of the aging face, a requisite for a consistent and safe technique. The new possibility to reach the deep planes in the face is significantly increasing the rate of the undesired effects and complications, which must be known and possibly prevented. KEY WORDS hyaluronic acid, fillers, volume loss, wrinkles, volumization, anatomy of the face, illers complications

Riferimento per contatti: Marco Dal Canton - mdc@qderm.it Conflitti d’interesse dichiarati: nessuno

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Nell’ambito delle opzioni di trattamento medico e chirurgico dell’invecchiamento del volto, si è assistito negli ultimi 20 anni a un inarrestabile aumento della preferenza dell’utenza per le procedure correttive non-chirurgiche rispetto a quelle invasive. Nel decennio 1997-2007 negli Usa è stato registrato un incremento del 747% delle procedure non chirurgiche che nel 2007, costituivano l’84% del totale (1). Nel 2015 il trattamento con tossina botulinica, tra le procedure non invasive, è risultato il più praticato negli Usa, con un incremento del 3% rispetto al 2012 e dell’1% rispetto al 2014; al secondo posto c’è il trattamento con soft tissue fillers, con un incremento del 6% rispetto al 2014 (1), un trend al momento in costante crescita. La maggior parte del mercato dei filler è dominato dai dispositivi a base di acido ialuronico, con un incremento nel 2015 di circa l’8%

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rispetto al 2014 (dati Usa) (1). L’acido ialuronico oggi gode di una particolare popolarità e diffusione, grazie in parte alla relativa semplicità di produzione del composto base, in parte al grado di sofisticazione delle metodiche di produzione, le quali permettono oggi di disporre di un range di dispositivi molto ampio, con proprietà reologiche estremamente differenziate e appropriate ad affrontare svariate esigenze correttive, a diversi livelli di profondità nei tessuti.

Moderno approccio al ringiovanimento facciale non invasivo Un ulteriore aspetto innovativo, da considerare oggi di fondamentale importanza, è il recente miglioramento delle conoscenze dell’anatomia dell’invecchiamento del massiccio facciale che hanno permesso di porre le basi del moderno approccio, per certi

versi inedito, alla correzione non invasiva dell’invecchiamento volumetrico del viso. I moderni studi anatomici e il supporto comparativo della diagnostica 3D con TAC e RNM hanno permesso di verificare che l’invecchiamento del volto si caratterizza per cambiamenti dei volumi e della tridimensionalità delle strutture del viso che si riassumono principalmente in una maggiore evidenza delle eminenze ossee, nell’approfondimento dei solchi frontali, nell’orizzontalizzazione dell’arco sopracciliare, dei solchi e degli angoli nasolabiali, nella comparsa delle linee della marionetta (solchi labiomentonieri), dal rilassamento ed escavazione della guancia, nella comparsa di solchi verticali sopralabiali (bar-code), dall’assottigliamento del tegumenti periorali e delle labbra (2). Procedendo dalla superficie cutanea, si distinguono 5 livelli anatomici nel massiccio facciale: la cute (livello 1) poggia sui compartimenti superficiali del grasso (livello 2), al di sotto dei quali troviamo il sistema muscolo aponeurotico (superficial muscular aponeurotic system, Smas - livello 3) che incorpora i muscoli mimici del volto; lo spazio sottoaponeurotico (sub-Smas - livello 4), infine il periostio e la fascia muscolare temporale e parotideo masseterica, con esso in continuità (livello 5). Volendo semplificare, gli strati 1-3 costituiscono uno spessore relativamente compatto e hanno la possibilità si scorrere relativamente sopra il periostio e la fascia parotideo-masseterica e tempo-


MEDICINA ESTETICA / filler

rale grazie allo spazio lasso subSmas, analogamente a quanto, a livello del cuoio capelluto la cute, il sottocute e la sottostante galea capitis scorrono sul pericranio grazie allo spazio lasso sottogaleale. Una svolta significativa alla gestione dell’invecchiamento del volto è giunta inoltre dall’evidenza che il grasso sottocutaneo non è costituito da un continuum destinato a modificarsi assottigliandosi, permettendo lo scivolare dei tegumenti sovrastanti per un effetto gravitario. Il grasso sottocutaneo risulta invece sepimentato da addensamenti fibroconnettivali sottili (retinacola cutis), poco coerenti e orientati per lo più orizzontalmente a livello immediatamente sottocutaneo, i quali in specifiche aree convergono - come i rami di un albero - orientandosi verticalmente, addensandosi al di sotto dello Smas in strutture ligamentose alquanto più spesse che si ancorano al periostio o alla fascia muscolare profonda (3). Si rimanda ai moderni studi di anatomia per un approfondimento più dettagliato (3,4,5). La densità e la forza tensile delle fibre retinacolari variano inoltre nelle diverse aree anatomiche del volto. Nella visione attuale, l’invecchiamento del viso va interpretato tridimensionalmente. La riduzione della proiezione anteriore del volto nell’invecchiamento è estremamente condizionata dalla modificazione dell’architettura del massiccio facciale, ovvero nelle trasformazioni delle strutture sottoperiostali. Le modificazioni del massiccio

facciale si caratterizzano principalmente per la retrocessione dell’arco orbitale superomediale e inferolaterale con ampliamento e cambiamento della forma dell’orbita; la retrocessione dell’angolo nasolabiale e dell’osso mascellare; l’ampliamento della fossa piriforme; la retrocessione e riduzione in altezza dell’osso mandibolare (4). In conseguenza di queste trasformazioni della struttura ossea, l’inserzione periostale delle strutture fibrolegamentose recede e contribuisce, trascinando le strutture tegumentali soprastanti, ad approfondire i solchi e a modificare profili e contorni del viso. Una soluzione correttiva potrebbe essere pertanto idealmente costituita da un impianto sub-periostale con la funzione di riposizionare i punti inserzione ligamentosa. Questa soluzione invasiva risulta, quanto meno, difficilmente praticabile routinariamente. Una correzione non chirurgica a livello sopraperiostale, oggi si profila pertanto come soluzione logica e in concreto praticabile, grazie al contributo significativo delle recenti evoluzioni di tecniche e materiali iniettabili. Distinguiamo a questo punto un compartimento superficiale e un compartimento profondo del grasso del volto (5) e la correzione dei difetti volumetrici del grasso del midface; la fascia intermedia del volto è considerata strategica ai fini del ripristino di profili e contorno giovanile del viso. Nel midface, il compartimento superficiale del grasso comprende i pannicoli superficiale

mediale, mediano, intermedio e l’ampio pannicolo laterale, o temporo-genieno. Il compartimento profondo del grasso comprende il pannicolo genieno profondo mediale, il profondo laterale, delimitato inferiormente dal muscolo zigomatico major e il pannicolo sottorbicolare profondo (Soof). Nell’invecchiamento del volto avvengono alcuni eventi chiave a livello del midface che comprendono: la riduzione degli spessori dei compartimenti adiposi, prevalente a livello del pannicolo superficiale mediale, del Soof e del pannicolo profondo mediale. Questo assottigliamento degli spessori adiposi della fascia media del volto contribuisce in modo significativo alla migrazione inferiore dei compartimenti adiposi e alla consensuale ridondanza cutanea nella fascia bassa del viso. Questi effetti sostengono l’approfondimento del solco orbitale inferiore, del solco nasogiugale (tear through), del solco genieno mediale (midcheeck groove), del solco nasolabiale, del solco labiomentoniero e mentoniero.

Ringiovanimento del volto con impiego dei filler L’approccio attuale al ringiovanimento facciale con filler è indiretto: non mira prioritariamente alla correzione di solchi e rughe, bensì contempla la correzione e il riposizionamento del volumi del volto, la ridefinizione dei profili delle subunità anatomiche coinvolte e l’attenuazione della transizione tra le subunità, ve-

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dendosi ridurre in buona parte infine i solchi cutanei. La correzione dei compartimenti profondo mediale e nasogiugale superficiale si dimostrano strategici per la correzione dei volumi e per una migliore proiezione del midface, mentre la correzione dei compartimenti intermedio e laterale superficiale sono importanti per la correzione del profilo della regione zigomatica e per ripristinare il sostegno ai tegumenti della guancia verso l’alto. Come raggiungere questi livelli di profondità in modo non traumatico. La moderna metallurgia ha permesso di mettere a punto acciai temperati adeguati a produrre cannule smusse di calibro sottile (da 27 a 25 G le più utilizzate), di lunghezze sufficienti a raggiungere le profondità necessarie con un giusto compromesso tra rigidità e flessibilità, permettendo una notevole distribuzione dei volumi con traumatismo tessutale modesto nell’impiego di taglienti e di lavorare profondamente con ragionevole sicurezza in aree a rischio, come l’area nasogiugale e nasolabiale. Un’ulteriore possibilità di raggiungere il piano sopraperiostale e lo spazio sub-Smas è costituito dalla tower technique. Preconizzata da G. Sattler et al. (6), la tecnica implica l’impiego di un ago che, inserito verticalmente fino a contattare la superficie ossea, plicando i tessuti soprastanti, permette di introdurre nel piano sopraperiostale la quantità voluta di materiale di impianto, quantità che si riduce progressivamente retrocedendo l’ago verso l’esterno, generando un cono

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di proiezione che eleva i tessuti soprastanti. Boli multipli in aree strategiche, come l’arco zigomatico anterolaterale o l’arco mentoniero, sono in grado di produrre correzioni volumetriche molto precise. Le tecniche di impianto tradizionale con aghi 27-31 G a livello del derma, tendono ad assumere la funzione di ottimizzare i risultati ottenuti con la correzione volumetrica e, rispetto al passato, hanno un ruolo più mirato e un significato volumetrico più marginale, evitando così di accumulare incongrue se non eccessive quantità di materiale sui piani superficiali. Comprensibilmente i materiali di impianto si sono dovuti evolvere per permettere un range di prestazioni, specialmente in profondità, in precedenza semplicemente non disponibile. I filler moderni, come anzidetto prevalentemente a base di acido ialuronico, sono progettati con differenti proprietà reologiche per ogni specifica indicazione e livello di profondità di impianto. La reologia del filler è la scienza che studia le reazioni dei materiali sottoposti a stress meccanici, oggi essenziale nella progettazione e nella valutazione delle proprietà di un filler (7). Si stima che nel 2013 siano stati effettuati negli Usa più di 2.000.000 di trattamenti con soft tissue filler, di cui il 71% con acido ialuronico (8).

Proprietà dell’acido ialuronico L’acido ialuronico nativo è un glicosaminoglicano essenziale

costituente intra ed extra-cellulare composto da monomeri di acido glucuronico-N-acetilglucosamina disaccaride a formare catene lineari tramite legami 1,4 glicosidici e idrogeno. Come tale, l’acido ialuronico nativo ha emivita di pochi giorni, essendo regolarmente degradato enzimaticamente. L’industria ha introdotto nel 1996 la possibilità di aumentare i legami tra le catene di HA con un cross linker esogeno, prevalentemente l’1,4 butandiolo diglicidil etere (Bdde), ottimizzando la stabilità delle macromolecole e la durata del materiale e introducendo la possibilità di produrre gel omogenei o sospensione di particelle di HA. A lato delle note proprietà igroscopiche e volumizzanti, l’acido ialuronico è componente strutturale della matrice extracellulare, oltre che componente essenziale intracellulare e stabilisce legami con le fibre collagene e con l’elastina, contribuisce alla migrazione e alla proliferazione cellulare (9), è un induttore della neocollagenogenesi e modulatore della composizione della matrice extracellulare (10). Le proprietà viscoelastiche dei filler a base di acido ialuronico sono proporzionali ai design, alla manifattura del prodotto e al modulo viscoelastico, il rapporto tra modulo viscoso e modulo elastico, parametro cardine nella classificazione reologica dei filler (11). La maggior parte dei filler sul mercato è catalogabile come “soft”, avendo modulo elastico <1000 Pa (12). La coesività di un filler a base


MEDICINA ESTETICA / filler

di HA esprime la forza di adesione tra le singole unità di HA crosslinkato che compongono il prodotto (13) proporzionale alla concentrazione di HA e al grado di cross-linking: essa misura la resistenza alla trazione e alla compressione. Un materiale ad alta coesività e alto modulo elastico sarà idealmente posizionato profondamente, dove è ricercata una maggiore proiezione volumetrica, mentre nel derma e ipoderma è più idoneo un filler a bassa coesività e basso modulo elastico, più consono a diffondere e ad adattarsi alle strutture dei tessuti. Un materiale a elevata coesività posizionato superficialmente rischierà di produrre tumefazioni identificabili, mentre un materiale a bassa coesività impiantato in profondità, ad esempio al livello sopraperiostale, comporta un maggiore rischio di migrazione.

Va anche detto che la possibilità introdotta dalle nuove tecniche di impianto e dai nuovi materiali di accedere a livelli di impianto molto più profondi rispetto al derma e all’ipoderma, ne ha modificato anche la tipologia e l’importanza delle complicazioni. L’importanza dell’argomento è oggi pertanto molto attuale, motivo di recente trattazione particolare e di continui aggiornamenti, a cui obbligatoriamente si rimanda (14-20).

Complicanze da utilzzo di filler a base di acido ialuronico Fra le complicazioni salienti delle nuove tecniche e dei materiali volumizzanti va fatta menzione della possibilità di dislocazione e migrazione del materiale, dovuto per lo più a posizionamento troppo profondo di un acido ialuronico con basso modulo elasti-

co e con bassa coesività; questa complicazione può osservarsi a distanza anche di parecchi mesi dal trattamento ed è tipicamente una criticità nella correzione del solco nasogiugale. Al contrario, vi è la possibilità di formazione di noduli palpabili e/o visibili a causa del posizionamento troppo superficiale di materiale a elevata coesività. Più preoccupante è la documentata possibilità di compressione vascolare e di embolizzazione endovascolare accidentale (14), in conseguenza della quale sono stati segnalati casi di necrosi tessutale a livello nasale e nasolabiale (15), del labbro (16), della fronte (17). La più temibile complicazione riportata nell’impianto di softtissue-fillers è l’embolizzazione retrograda dell’arteria centrale retinica attraverso l’arteria nasociliare, con conseguente cecità istantanea(18), complicazione temibile quanto pressoché priva di soluzioni realmente efficaci ed è riportata la più rara evenienza di un’embolizzaziome intracerebrale (18). L’impiego di cannule smusse al posto di aghi con punta tagliente come mezzo di inoculazione del materiale è da preferire in aree a rischio, quali l’angolo nasolabiale, il canto mediale, la regione orbitale inferiore mediale, l’area sopratrocleare e soravorbitale, le aree commessurali. Nel caso di impiego di aghi taglienti, è conveniente considerare che la manovra di aspirazione è indubbiamente funzionale a una maggiore sicurezza nell’inoculo ma la coesività dei ma-

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MEDICINA ESTETICA / filler

teriali e il calibro ridotto degli aghi inficiano l’attendibilità di questa manovra (19), per cui è raccomandabile prudenza nelle aree più a rischio di puntura vascolare. Infine la pronta disponibilità in ambulatorio della ialuronidasi, farmaco di difficile reperibilità nel nostro Paese, è necessità accreditata e oggi irrinunciabile sia per il trattamento delle ipercorrezioni e malposizionamenti del materiale a basse dosi, sia ad alte dosi per il (tentativo di) trattamento di fenomeni ischemici causati da embolizzazione (20).

Conclusioni La disponibilità di nuovi filler a base di acido ialuronico caratterizzati da proprietà reologiche differenziate, l’acquisizione di nuovi dettagliate conoscenze sull’anatomia dell’invecchiamento del volto – in relazione in particolare alla compartimentalizzazione dei pannicoli adiposi nella fascia centrale e bassa del viso e al più preciso isolamento della strutture retinacolari – hanno posto le basi per un approccio evoluto, tridimensionale, alla correzione dell’invecchiamento volumetrico del volto. Parallelamente, il grado di conoscenze anatomiche e tecniche richieste, indispensabili per un’applicazione proficua e in sicurezza di queste innovazioni, ha aumentato la curva di apprendimento della metodica. Nondimeno questo rinnovato approccio alla volumizzazione del volto è in grado di garantire risultati in termini di correzione

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dei profili e contorno del volto in precedenza inarrivabili.

Bibliografia 1. American Society of Plastic Surgeons. http://www.plasticsurgery.org/Documents/news-resources/statistics/2015-statistics/plastic-surgery-statsitics-full-report. 7, 2015. 2. Ascher B, Coleman S, Alster T et al. Full scope of effect of facial lipoatrophy: a framework of disease understanding. Dermatol Surg. 2006;32(8):1058-1069. 3. Rohrich RJ, Pessa JE. The retaining system of the face: histologic evaluation of the septal boundaries of the subcutaneous fat compartments. Plast Reconstr Surg 2014;133:756-767. 4. Mendelson B, Wong CH. Changes in the facial skeleton with aging: implications and clinical applications in facial rejuvenation. Aesthetic Plast Surg. 2012; 36(4):753-60. 5. Jorge I de la Torre, MD, FACS; Chief Editor: Deepak Narayan, MD, Facelift anatomy. emedicine.medscape.com/article/1294682-overview#a3. 6. Bartus CL, Sattler G, Hanke CW. The tower technique: a novel technique for the injection of hyaluronic acid fillers. J Drugs Dermatol. 2011 Nov;10(11):1277-80. 7. Stocks D, Sundaram H, Michaels J et al. Rheological evaluation of the physical properties of hyaluronic acid dermal fillers. J Drugs Dermatol 2011;10:(9)974-80. 8. Cahacon AH. Fillers in dermatology: from past to present. Cutis. 2015 Nov; 96(5): E17-9. 9. Duranti F, Salti G, Bovani B et al. Injectable hyaluronic acid gel for soft tissue augmentation. A clinical and histological study. Dermatol Surg. 1998 Dec;24(12):1317-1325.

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MEDICINA ESTETICA / mesoterapia

Mesoterapia di ringiovanimento cutaneo: la mia esperienza clinica Un valido ausilio medico per ritardare o attenuare l’invecchiamento cutaneo

Per mesoterapia si intende una tecnica medicale che prevede delle iniezioni locali intradermiche effettuate con aghi sottili e con rilascio di piccole quantità di sostanze specifiche, per trattare diverse problematiche fisiche. Questa terapia, nata intorno agli anni ’50 in Francia grazie al medico Michel Pistor, ha aperto la strada a un nuovo approccio, come nel trattamento del dolore e nella medicina dello sport, e in breve tempo si è diffusa anche in campo medico-estetico. Pur essendo una metodica facile da effettuare, ricordiamo che la

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mesoterapia non solo è di stretta competenza medica ma richiede sia una formazione e una competenza specifica (1), nel caso di preparati farmacologici estemporanei (per esempio per il trattamento delle adiposità localizzate), sia l’osservanza di rigide norme igieniche per evitare complicanze anche severe, causate ad esempio da infezioni batteriche (batteri tipici o micobatteri atipici). Partendo dal presupposto che tutti rispettiamo le norme igieniche necessarie, vorrei sottolineare come sia più sicuro per

Alessandra Camporese Medico chirurgo estetico, docente della Scuola Internazionale di Medicina Estetica di Roma

l’operatore e per il paziente utilizzare esclusivamente prodotti monouso con indicazione specifica e registrati per l’iniettabilità, di cui si conosce la provenienza e che, possibilmente, dispongano di valutazioni cliniche documentate. Ad oggi i prodotti per la mesoterapia di ringiovanimento cutaneo, registrati come medical device di Classe III, sono numerosi e la decisone di scelta del medico può dipendere da molteplici fattori (ad esempio trattamento di prevenzione o correzione dell’aging, preferenza tra gel o soluzione, costi del materiale, protocolli, tipologia di pazienti). Desidero sottolineare come la mesoterapia di ringiovanimento rappresenti una delle terapie più indicate sia per la prevenzione, in quanto ritarda il processo di invecchiamento cutaneo, sia per migliorare le condizioni in soggetti che presentano già segni da crono e/o fotoinvecchiamento, e può essere inoltre considerata una valida cura di base e/o sinergica a qualsiasi altro trattamento di ringiovanimento.


Mesoterapia: la mia esperienza clinica In questo breve testo riporto la mia esperienza clinica con tre tipologie di formulazioni diverse. L’acido ialuronico nella sua forma naturale in quanto è stato il primo prodotto registrato per uso estetico che, intorno al 2000, ha aperto ufficialmente il campo della biostimolazione cutanea o mesoterapia di ringiovanimento. La sua valenza in campo medico-estetico era stata descritta da A. Di Pietro, G. Di Sante (2) e da S. Maggiori (3). Nell’articolo di Maggiori si legge: «L’attività positiva dell’acido ialuronico naturale, una volta iniettato nel derma, si esplica attraverso un’azione biologica che stimola la proliferazione e la migrazione dei fibroblasti e la neosintesi indiretta di collagene, elastina e acido ialuronico; un’azione antiossidante e un’azione fisica che restituisce turgore alla cute in virtù del potere idratante e della viscosità della molecola. Questa notevole biointerattività dipende dallo specifico peso molecolare di circa 1 milione di Dalton e dall’alta concentrazione, pari a 1,8% dell’HA». La tecnica che si utilizzava era il picotage oppure a microponfi, con distanza di circa 1 cm l’uno dall’altro, e le iniezioni venivano effettuate superficialmente a livello dermico. La visibilità del gel iniettato poteva perdurare da qualche ora fino a un paio di giorni in base alla quantità iniettata. I protocolli consigliati consistevano in 3-4 sessioni iniziali con un intervallo di due settimane

circa l’una dall’altra e una sessione di mantenimento ogni due mesi circa. Una formulazione molto più recente, che sto utilizzando da oltre un anno con soddisfazione, può definirsi l’evoluzione della prima, in quanto è formulata sempre con 18 mg/ml di acido ialuronico naturale con PM di circa 1 milione di Dalton, ma è stata arricchita con 0,1 mg/ml di idrossiapatite di calcio e glicina e prolina, due aminoacidi indispensabili per la formazione di neocollagene. In questo caso oltre a “sfruttare” le riconosciute proprietà dell’HA naturale, si stimolano in forma diretta i fibroblasti. Propongo questa “formulazione avanzata” soprattutto per il trattamento del 3° inferiore in pazienti con cuti depauperate, fortemente disidratate, con rugosità diffuse o che presentano un lieve cedimento del profilo cutaneo. Inietto questo gel sia con ago che con cannula più profondamente, ottenendo un effetto filler-like ad esempio nel codice a barre e un netto miglioramento del profilo per una maggiore compattezza cutanea. Con questa tipologia di prodotto, effettuo da 2 a 3 sessioni con cadenza mensile e programmo delle sessioni di mantenimento distanziate e personalizzate, in base alle condizioni individuali del paziente. Normalmente destino le formulazioni che presentano alte concentrazioni di acido ialuronico a pazienti caratterizzate da cuti particolarmente danneggiate e disidratate, soprattutto nel protocollo iniziale d’attacco. Que-

sto perché mi permette di ripristinare velocemente una concentrazione ottimale dell’acido ialuronico che con l’età progressivamente diminuisce. Come trattamento di sostegno e/o di prevenzione ho optato invece per soluzioni che abbinano all’acido ialuronico naturale – a diverse concentrazioni (HA 2, 16, 32 mg/5ml) – un complesso di ringiovanimento a base principalmente di sali minerali, aminoacidi e vitamine. In questo caso, è particolarmente interessante il complesso nutritivo e antiossidante della formulazione che permette di proteggere sia a livello epidermico sia dermico, le cellule dall’azione nociva dei radicali liberi e di stimolare i fibroblasti a mantenere un corretto turnover. Su questa tipologia di prodotti sono stati effettuati studi in vitro che hanno infatti dimostrato la notevole azione antiossidante, nettamente superiore all’impiego del solo acido ialuronico e la capacità idratante conseguente alla significativa neosintesi di glicosamminoglicano (GAG); sono poi state effettuate valutazioni in vivo che ne hanno confermato la sicurezza e l’elevato grado di soddisfazione dei pazienti. Anche il recente studio di Lequeux et al. (4) e lo studio di A. Mojallal MD (5) hanno dimostrato l’eccellente tollerabilità ed efficacia di queste formulazioni sia nella capacità di vitalità e proliferazione in vitro di cellule staminali derivate da adipociti sia, in vivo, nella rigenerazione tessutale.

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MEDICINA ESTETICA / mesoterapia

È interessante notare come queste formulazioni complessate, per preservare l’efficacia di tutti i componenti vengano sterilizzate per filtrazione asettica. Il prodotto si presenta in flacone e, trattandosi di soluzioni, sono facilmente iniettabili con aghi da 30/32 G o utilizzabili anche con sistemi transdermici. Ultimamente nel mio studio abbiamo introdotto anche una formulazione in siringa da 3 ml specifica per il ringiovanimento del contorno occhi, composta da 18 mg di acido ialuronico e da un complesso di ringiovanimento. Anche questo medical device, essendo un’evoluzione dei precedenti, si presenta come soluzione e il suo obiettivo terapeutico consiste nel ripristinare una corretta fisiologia cutanea del distretto, senza riempire. I risultati sono visibili già dal primo trattamento e possono andare dall’attenuazione delle fini rugosità o fragilità cutanee, alla riduzione dei gonfiori palpebrali e, soprattutto efficaci nello schiarimento delle occhiaie.

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Conclusioni La mesoterapia di ringiovanimento è una terapia valida per ogni tipologia di paziente “estetico”. Può costituire, insieme ad esempio a peeling superficiali o a sessioni di fotobiomodulazione LED, un programma di prevenzione efficace oppure consentire una preparazione ottimale della cute prima di altri trattamenti, come nella correzione di un inestetismo con filler. Il medico ha oggi a disposizione varie formulazioni registrate e potrà quindi decidere e scegliere il prodotto più indicato per il proprio paziente. Ho cercato di descrivere questa metodica in quanto ritengo che costituisca – da sola o in sinergia ad altri trattamenti – un valido ausilio medico per ritardare e/o attenuare l’invecchiamento cutaneo di vari distretti del corpo (viso, collo, decolté, dorso delle mani) e, “last but not least”, per “educare “ e fidelizzare i pazienti che a noi si affidano.

Bibliografia 1. Évaluation des risques liés aux pratiques de mésothérapie à visée esthétique – Rapport d’évaluation, Évaluation des technologies de santé, http://www.has-sante.fr, 25 juin 2014. 2. Di Pietro A, Di Sante G. Il recupero dell’elasticità e del turgore cutaneo mediante iniezione intradermica di acido ialuronico (Ial-System), Giornale italiano di Dermatologia e Venereologia 2001 giugno, Ed. Minerva Medica). 3. Maggiori S. La biostimolazione cutanea con acido ialuronico naturale biointerattivo, Bollettino italiano di Mesoterapia. 4. Lequeux C et al. In vitro and in vivo biocompatibility, bioavailability and tolerance of an injectable vehicle for adipose-derived stem/stromal cells for plastic surgery indications, J Plast Reconstr Aesthet Surg. 2015 Nov. 5. Mojallal A. PhD Skin regeneration induced by Cytocare 532, Department of Plastic Surgery, Laboratoire de Substituts Cutanés, Hospices Civils de Lyon/University of Lyon, Data on file Revitacare.



MEDICINA ESTETICA / antiossidanti

Inquinamento atmosferico invecchia la pelle Antiossidanti topici, efficaci contro l’invecchiamento cutaneo da ozono

L’inquinamento atmosferico e ambientale è dannoso per la nostra salute. Rappresenta infatti la quarta causa più importante di morte, dopo dieta, pressione alta e fumo. Uno studio epidemiologico a Pechino ha rivelato che l’inquinamento induce 15 anni di riduzione della speranza di vita, causa 1,2 milioni di morti premature e si stima che crescerà del +35% nel 2020. Recenti studi hanno dimostrato come l’inquinamento atmosferico sia dannoso anche per la nostra pelle, in quanto producendo

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radicali liberi aggredisce la cute, organo più esterno e più esteso del nostro corpo, causando progressivi danni cellulari, responsabili anche di un’accelerazione nei processi di invecchiamento fisiologico della pelle. Per capire meglio come ciò accade è indispensabile fare alcune premesse. L’inquinamento dell’aria è composto da due grandi elementi: particelle fisiche e gas. Le particelle (particolato) sono classificate in base alle loro dimensioni, mentre i gas includono ozono, diossido di azoto, diossido di zolfo e monossido di

Magda Belmontesi* Giuseppe Valacchi** *Specialista in dermatologia e venereologia Docente Scuola Agorà Milano Docente Master II livello Medicina Estetica, Pavia Docente Scuola Sime Fatebenefratelli Milano ** Professore associato in Fisiologia nel Dipartimento di Scienze della Vita e Biotecnologia, Università di Ferrara

carbonio. L’ozono (O3) è un gas altamente reattivo, si trova sia in natura sia prodotto dall’attività umana ed è presente sia nella parte alta della nostra atmosfera (stratosfera) che in quella bassa (troposfera). L’ozono stratosferico, conosciuto anche come “ozono buono”, si trova naturalmente nella parte alta dell’atmosfera terrestre, tra i 16 e i 48 km sopra la superficie del nostro pianeta, dove rappresenta una forma di protezione contro i raggi ultravioletti dannosi. L’ozono troposferico, chiamato anche “ozono cattivo”, si trova al livello del suolo, è cancerogeno e aggredisce i tessuti respiratori quando ne viene a contatto.

Inquinamento da ozono: principali danni cellulari L’inquinamento da ozono proviene solo dall’ozono a livello


del suolo. L’ozono troposferico si crea attraverso reazioni chimiche che interessano l’ossido di azoto (NOx), le sostanze organiche volatili (VOC) e la luce solare. La pelle è in grado di resistere naturalmente ad aggressioni ambientali, quali responsabili dell’invecchiamento atmosferico: inquinamento, radiazioni UVA/UVB, radiazioni infrarosse (IRA). Elevati livelli di inquinamento possono però danneggiare la funzione barriera della pelle che quindi diventa più soggetta a danni dovuti ai radicali liberi. L’inquinamento da ozono genera una cascata di danni cellulari su più livelli: > interazioni con lo strato corneo. Ossida i lipidi in superficie e diminuisce le naturali difese antiossidanti, riduce la capacità della pelle di auto ripararsi; quando i lipidi sono ossidati, lo stress ossidativo che ne deriva genera la produzione di radicali liberi; tale cascata infiammatoria impatta su tutti gli strati della pelle impoverendo gradualmente le difese antiossidanti cutanee e generando la necessità di un antiossidante topico; > interazioni con l’epidermide. L’ozono attiva la cascata infiammatoria da cui derivano diversi importanti danni strutturali; il danno causato dai radicali liberi indotti dall’ozono si accumula e si manifesta in una grana della pelle ruvida, una maggiore produzione di sebo e un aumento della sensibilità (fonte: Evaluation of the impact of urban pollution on the quality of skin: a mulicentre study in Mexico);

> interazioni con il derma. Il più

importante danno strutturale dovuto ai radicali liberi prodotti dall’ozono nel derma è la degradazione del collagene; il danno strutturale si manifesta con cambiamenti visibili della texture cutanea e la comparsa di elastosi e rughe.

Perossidazione dei lipidi La degradazione ossidativa della membrana cellulare causata dai radicali liberi viene definita come perossidazione dei lipidi. Questa reazione chimica genera un danno cellulare. Le proteine HNE sono un marker della perossidazione dei lipidi nella pelle e sono generate dall’attacco dei radicali liberi agli acidi grassi in una pelle esposta a 0.8 ppm di ozono. La loro riduzione indica un’attenuazione dei danni alle cellule. Gli antiossidanti, grazie alla loro capacità di neutralizzare i radicali liberi possono prevenire e contrastare i segni dell’invecchiamento da esposizione all’ozono. In particolare alcuni pool mirati di antiossisanti (Aox) risultano particolarmente efficaci come aiuto indispensabile e quotidiano alla nostra pelle. È stato dimostrato che l’associazione vitamine C, E e acido ferulico riduce i livelli di sostanze tossiche per la cute prodotte dall’inquinamento (HNE) del 52%, mentre l’associazione di acido ferulico, floretina e vitamina C li riduce del 39%. L’esposizione a inquinamento dovuto ad ozono causa un aumento dei marker della sensibilizzazione

quando la pelle è esposta a elevate concetrazioni (0.8 ppm) di ozono. Questo si riflette nell’attivazione di ulteriori fattori nemici della salute della pelle (circuito del NFkB). Il pool di Aox, vitamine C, E e acido ferulico riducono l’attivazione di questi fattori (NFkB) del 28%, mentre acido ferulico, floretina e Vitamina C ne riducono l’attivazione del 47%.

Conclusioni Attualmente non esistono filtri o schermi solari in grado di contrastare o prevenire i danni da inquinamento da ozono. Gli antiossidanti topici risultano uno scudo globale contro l’invecchiamento cutaneo da ozono. In conclusione, l’utilizzo quotidiano di antiossianti specifici applicati in forma di siero sulla cute, a cui fare seguire l’applicazione di una protezione solare alta sulle sedi fotoesposte a maggior rischio – quali viso, collo e decolleté – risulta indispensabile per contrastare in modo efficace le aggressioni da radicali liberi indotte anche dall’inquinamento ambientale, preservando la salute e la giovinezza della cute. Gli antiossidanti infatti lavorano in modo diverso ma sinergico con schermi e filtri solari potenziandone l’efficacia protettiva sino a otto volte di più, con un’azione mirata verso radicali liberi e stress ossidativo conseguente: questi sono i veri nemici invisibili della nostra cute, nemici verso i quali è assolutamente indispensabile agire ogni giorno efficacemente.

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CONGRESS REPORT / 9° Congresso Aideco

Intolleranze alimentari e reazioni cutanee: importanza di una corretta diagnosi Si definisce reazione avversa a un alimento ogni reazione indesiderata e imprevista che fa seguito alla sua ingestione. Tali reazioni possono essere tossiche oppure dovute a ipersensibilità. Nell’ambito di queste ul3 Domenico Schiavino time, si distinguono le Direttore del Servizio di allergie e le intolleranze Allergologia, Policlinico Gemelli di Roma alimentari. Ne ha parlato Domenico Schiavino –Direttore del Servizio di Allergologia del Policlinico Gemelli di Roma – in occasione di un suo intervento durante il 9° Congresso Aideco di Roma. Allergie alimentari Costituiscono reazioni immunomediate, ovvero di tipo immunologico, e sono provocate da un alimento o dai suoi prodotti di scomposizione enzimatica. Qualsiasi alimento può essere responsabile di un’allergia ma alcuni sono più frequentemente coinvolti: latte vaccino e derivati, uova, pesce, crostacei, arachidi, noci e nocciole, mela, pesca, arancia, frumento, mais, legumi. Tra questi, taluni hanno maggiore incidenza in età pediatrica, come ad esempio l’uovo, latte vaccino e derivati. Generalmente, le allergie alimentari insorgono a distanza ravvicinata dall’ingestione dell’alimento che ne è causa, con conseguenti manifestazioni cliniche di diversa tipologia: > disturbi gastrointestinali come nausea, vomito, diarrea e dolore addominale; > disturbi respiratori come asma, rinite, congiuntivite; > sintomi a carico del cavo orale come il prurito associato a edema delle labbra, del palato o della lingua;

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> manifestazioni sistemiche come lo shock anafilattico; > manifestazioni di tipo cutaneo come l’orticaria, l’angioedema e la dermatite atopica, disordine cutaneo caratterizzato da lesioni altamente pruriginose con andamento cronico-recidivante e disordine infiammatorio cutaneo molto comune nell’infanzia.

Intolleranze alimentari Rappresentano reazioni da ipersensibilità non immunomediate, dunque non di tipo immunologico. Esse si distinguono in reazioni di natura enzimatica, farmacologica e indefinite.

REAZIONI DI TIPO CUTANEO Come procedere per effettuare una corretta diagnosi di allergie e intolleranze alimentari I test diagnostici ufficiali per la diagnosi di allergia alimentare, anche per le manifestazioni di tipo non cutaneo, come spiega Domenico Schiavino, sono: cutireazioni con gli estratti allergenici o con l’alimento fresco (metodo prick by prick); Patch test per lo studio delle reazioni ritardate; diete di eliminazione dell’alimento sospetto e test di provocazione con l’alimento sospetto. I test di provocazione non sono esenti da rischio e la diagnostica allergologica per l’allergia alimentare va quindi eseguita in ambiente protetto alla presenza di medici esperti e con la disponibilità del rianimatore. Quali test di laboratorio è più opportuno prendere in considerazione per identificare le allergie e le intolleranze alimentari Gli esami di laboratorio utilizzabili sono: il dosaggio delle IgE specifiche sieriche (RAST); test di attivazione dei basofili in citofluorimetria. Tutti gli altri non hanno un fondamento scientifico.


Intolleranze di natura farmacologica Principali sostanze responsabili > Amine vasoattive: istamina, tiramina, feniletilamina > Metilxantine: come la caffeina, la teofillina e la teobromina >

Capsaicina

>

Miristicina

>

Etanolo

Tabella 1

Le intolleranze di natura enzimatica sono reazioni conseguenti all’ingestione di alimenti e determinate dall’incapacità dell’organismo di metabolizzarne alcune sostanze a causa di difetti enzimatici congeniti che possono essere molto rari, come la fenilchetonuria e la galattosemia, oppure più diffusi, come ad esempio il deficit di lattasi, conosciuto più comunemente come l’intolleranza al lattosio. Questa sindrome clinica, con sintomi digestivi e di natura sistemica, è conseguente all’introduzione per via orale di lattosio ed è determinata dal malassorbimento del lattosio a causa di carenze enzimatiche congenite o acquisite.

Principali Additivi >

Conservanti

>

Antiossidanti

>

Coloranti

>

Dolcificanti

>

Emulsionanti-Addensanti

>

Aromatizzanti

In pratica, quando nell’organismo vengono introdotti alimenti come – latte, latticini, formaggi, creme, yogurt, gelati ma anche pane, salumi, carni – il lattosio in essi contenuto viene scomposto in galattosio e glucosio attraverso la lattasi, sostanza che, se non prodotta in giusta quantità, non è sufficiente ad avviare la corretta metabolizzazione del lattosio. Le intolleranze di natura farmacologica sono invece conseguenza di alcune sostanze chimiche contenute negli alimenti. Esse possono essere di tipo diretto e indiretto (tabella 1). Le prime, di tipo diretto, si verificano quando la sostanza chimica che è causa della reazione avversa è normalmente contenuta nell’alimento, mentre le seconde, di tipo indiretto, sono conseguenza di un alimento capace di indurre rilascio di mediatori dalle cellule. Tale tipologia di intolleranza può essere gestita semplicemente eliminando gli alimenti contenenti le sostanze chimiche ritenute responsabili. Esiste infine una categoria indefinita, di cui il meccanismo di reazione non è ancora ben conosciuto e alla quale possono essere ricondotte alcune sostanze, come ad esempio gli additivi (tabella 2). Manifestazioni di tipo cutaneo e diagnosi Per diagnosticare un’allergia alimentare sono necessari alcuni accertamenti. Si può procedere partendo con un’anamnesi accurata e una diagnosi differenziale per proseguire con alcuni test cutanei scientificamente riconosciuti, come ad esempio il Prick Test, il Patch Test, il dosaggio delle IgE specifiche e la diagnostica molecolare. Esistono poi alcuni test non validati dal punto di vista scientifico, come ad esempio il Cytotoxic Test, il DRIA test, il VEGA test, il test di provocazione/neutralizzazione, l’iridologia e l’analisi del capello. Essi vengono di frequente utilizzati per identificare le intolleranze alimentari ma non possono definirsi in grado di fornire dati certi circa la loro affidabilità. Lucia Oggianu

Tabella 2

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PSICODERMATOLOGIA

Il paziente ipocondriaco nell’ambulatorio dermatologico Quali strategie può adottare il dermatologo nella gestione del paziente che soffre di ipocondria 3 Mariella Fassino

dermatologa libero professionista, professore a contratto Scuola di specialità in Psicologia clinica, Università degli Studi di Torino

L’ipocondria può alimentare la paura della malattia che diventa una vera e propria ossessione. Mariella Fassino, dermatologa, spiega come è possibile riconoscere, gestire e affrontare il paziente ipocondriaco. Quali sono le situazioni più frequenti di reale ipocondria nell’ambulatorio dermatologico e come è possibile riconoscerla? L’ipocondria è la preoccupazione eccessiva e infondata di una persona nei confronti della propria salute. Può essere un tratto di personalità o una vera e propria patologia e in questo caso lo spettro delle manifestazioni cliniche vanno dall’ipocondria nevrotica a forme deliranti e allucinatorie. Simona Argentieri, psicoanalista attenta alle tematiche del corpo, afferma che l’ipocondria è un disturbo mentale a livello delle fantasie del corpo e del suo funzionamento che il paziente fa a livello per lo più cosciente. In medicina interna le fantasie riguardano gli organi interni, che non si vedono e che possono dare segni di presenza attraverso sintomi soggettivi, più o meno sfumati. Il paziente ipocondriaco si fa spesso interprete attento, pessimista e talora ossessivo di sintomi sfuggenti, inconsistenti e all’occhio e ascolto clinico spesso incoerenti. In dermatologia curiamo un organo che si mostra e “lavora” alla luce del sole, è dunque un “oggetto concreto” che mal si presterebbe a suscita-

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re fantasie o interpretazioni. Tuttavia, se dovessimo considerare l’attività clinica ambulatoriale potremmo asserire che la preoccupazione per la salute della propria pelle e per quella dei propri cari è un fatto piuttosto diffuso e che spesso il dermatologo si confronta con situazioni quali: i controlli nei in pazienti che non hanno rischio melanoma come i bambini, gli anziani con verruche seborroiche, i pazienti che non hanno nei, le micropatologie come le melanodermie lievi, le piccole onicodistrofie, le manifestazioni minime di dermatiti infiammatorie, le xerosi lievi, le cadute dei capelli lamentate e non apprezzabili, i minimi segni di invecchiamento cutaneo, le lamentele per una pelle troppo delicata, grassa, secca, sottile o eccessivamente rossa; paure spesso indotte dai racconti di persone colpite da neoplasie cutanee o da malattie dermatologiche infiammatorie croniche o invalidanti. Il clinico, preparato a riconoscere e curare la vasta gamma di patologie cutanee, talora si scoccia di dover rassicurare il paziente circa l’assoluta innocuità e la non evolutività dei sintomi lamentati. Dunque possiamo dire che il “tratto ipocondriaco” è una caratteristica di molti pazienti che frequentano gli ambulatori dermatologici, che l’ipocondria nevrotica è un po’ più rara, ma che spesso il confine tra le due situazioni non è netto. Infine, solo raramente il dermatologo ha a che fare con pazienti francamente deliranti o allucinati. Nel


delirio di parassitosi o Sindrome di Ekbom ad esempio il paziente è preoccupato e convinto di avere nella pelle parassiti, insetti o microbi che scavano e producono escoriazioni profonde, che in realtà sono prodotte dal paziente stesso allo scopo di allontanare o “scovare” il presunto “alieno”. E ancora nell’Hypochondriasis circumscripta che si osserva in soggetti psicotici con forti tratti paranoici, a partire da algie idiopatiche, da sensazioni soggettivamente intense e dolore pervasivo, il paziente mette in atto un comportamento delirante. Tale comportamento ha lo scopo di eliminare la parte del corpo che gli procura dolore e preoccupazione e si realizza autoinfliggendosi tagli, escoriazioni profonde che esitano in ulcere e vere e proprie mutilazioni della pelle. Ma fortunatamente l’ipocondria delirante è di rara osservazione negli ambulatori dermatologici e in ogni caso, necessita della collaborazione tra professionisti, in particolare lo psichiatra e poi il medico di base. Come può il dermatologo sospettare che l’ipocondria sia il tema dominante dell’incontro con il paziente? Il dermatologo può supporre un tratto ipocondriaco tendente all’ipocondria nevrotica quando lo scarto tra ciò che il paziente riferisce e ciò che il medico rileva è molto alto, oppure se a fronte di un esame obiettivo che evidenzia una micropatologia il paziente lamenta una sintomatologia soggettiva imponente. Attenzione al prurito che è un sintomo aspecifico di molte patologie internistiche talora gravi e invalidanti. Al tempo di internet il paziente consulta spesso siti affidabili e non, che lo portano a un’autodiagnosi fai da te. Quando si può parlare di “cybercondria”? Come può affrontarla lo specialista? Internet in medicina è un’inesauribile fonte di informazioni, un aiuto per il professionista e il paziente. Tutto sta a come viene utilizzato. Il paziente usa internet per integrare o confrontare le informazioni che ha ricevuto dal professionista, per rassicurarsi, per trovare e scambiare esperienze con altre persone che hanno attraversato

le sue stesse difficoltà, per cercare sostegno. Purtroppo in questo percorso, se il paziente è sprovveduto, se crede a tutto, se si suggestiona, può perdersi e trovare invece persone, immagini, situazioni cliniche che alimentano le sue paure e le sue angosce. È in questo terreno accidentato della conoscenza del corpo e del suo funzionamento, del suo modo di ammalarsi e di guarire che il vero paziente ipocondriaco può alimentare la paura della malattia e questa può diventare un’ossessione. Il dermatologo non può non accettare che il paziente si informi dove e come vuole, deve piuttosto spiegare nel corso della visita che esistono informazioni attendibili, scientificamente accettabili e informazioni poco credibili. Il dermatologo spesso si trova a rassicurare i pazienti che si sono dapprima rivolti a internet per capire i sintomi dai quali sono afflitti e a minimizzare le paure sollecitate da queste ricerche “fai da te”. È possibile inquadrare l’ipocondria come entità clinica e delineare una sorta di identikit del paziente ipocondriaco nell’ambulatorio dermatologico? A questa domanda in parte ho già risposto. Posso solo aggiungere che a partire dalla definizione della patologia, la possibilità di fare una diagnosi di ipocondria è legata alla quantità di sofferenza: si va dal tratto ipocondriaco, all’ipocondria nevrotica al delirio a seconda di quanto soffra il paziente per la propria salute e di quanto il rapporto con la realtà sia alterato. La peculiarità nell’ambulatorio dermatologico è legata al fatto che la cute è un organo che possiamo investire narcisisticamente, culturalmente e che contribuisce alla formazione della nostra “immagine corporea”. Spesso il paziente ipocondriaco nell’ambulatorio dermatologico ha una micropatologia e teme che questa peggiori, dilaghi, lo deturpi, gli renda difficile il rapporto con le altre persone, gli faccia provare vergogna, stigmatizzazione, impotenza. Infine il paziente ipocondriaco è spesso alla ricerca di una causa a cui imputare la propria sofferenza, non si lascia visitare volentieri ma è soddisfatto se guardiamo i suoi esami, ci porta un ricco dossier di visite allergologiche, esami,

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PSICODERMATOLOGIA

test, vuole elaborare con noi ipotesi alla ricerca di cause ultime e definitive; generalmente non ama la complessità da cui è contrassegnata la biologia e sarà temporaneamente soddisfatto se avremo trovato in un alimento che lo intossica o lo allergizza la fonte della sua presunta patologia. Quando il tratto ipocondriaco diventa una vera e propria patologia? Il dermatologo, anche quando è attrezzato culturalmente ad affrontare gli aspetti psicopatologici dei suoi pazienti perché ha frequentato dei corsi di psicodermatologia o ha letto delle pubblicazioni, non è mai autorizzato a fare una diagnosi psicopatologica che semmai potrebbe competere allo psichiatra o allo psicologo clinico. Tanto meno è autorizzato a restituire la diagnosi al paziente, non dovrà apostrofarlo definendolo come un ipocondriaco, sarebbe una restituzione inutile e dannosa, avrebbe solo lo scopo di far scaricare al professionista la rabbia, l’impotenza, l’irritazione che questo paziente gli sta procurando. Dunque, quando nella relazione stiamo provando questi sentimenti è molto probabile che ci troviamo di fronte a un paziente che ha anche un tratto ipocondriaco più o meno marcato e dobbiamo tenerne conto. La nostra impressione dovrà tuttavia rientrare nel bagaglio di informazioni che stiamo raccogliendo sul paziente e dovrà essere restituita filtrata con “tatto” e pazienza insieme ad altri aspetti del paziente, emersi nel corso dello scambio clinico. Come si caratterizza il rapporto dermatologo-paziente ipocondriaco? Si tratta sempre di un rapporto complesso in cui accanto alla patologia reale o presunta ci sono i sentimenti, le emozioni, le aspettative, la storia del paziente e quella del medico, in pochi minuti entra in campo una variabilità di fattori soggettivi e oggettivi che non è mai abbastanza studiata. Il paziente con forte tratto ipocondriaco è spesso alla ricerca di una verità che mai lo soddisfa, dunque è un paziente “nomade”, che cambia spesso medico, si rivolge anche alle medicine alternative, contesta il professionista, non è contento delle cure che proponiamo. È difficile avere

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un accesso alla sua storia affettiva o relazionale, è tenacemente aggrappato alla patologia che lo “attanaglia”, non apprezza l’humor o qualche divagazione sulla sua sofferenza e risulta difficile stringere un rapporto di alleanza terapeutica. Il medico prova noia, rabbia, impotenza e desiderio di scaricare il paziente ad altro professionista. Sul versante del paziente il rapporto è improntato alla diffidenza, alla supponenza, a una certa platealità centrata sui sintomi e le loro cause. Quali strategie può adottare il dermatologo nell’affrontare il paziente ipocondriaco? I sentimenti provati dal medico nel corso dell’incontro con il paziente sono un’utile “bussola” che ci insegna a capire qualcosa della persona che stiamo curando. Tanto più facciamo fatica a stare nella relazione quanto maggiore è l’intensità della sofferenza psicologica che il paziente ci porta. Il dermatologo dovrebbe cercare di non colludere con le parti più patologiche della psiche di questi pazienti. La collusione si può realizzare in due modi a seconda della permeabilità del confine psichico del professionista. Se il dermatologo ha difese rigide cercherà di erigere barriere difensive e sbrigativamente cercherà di “liquidare” il paziente, accampando una carenza di tempo da dedicare e di risorse da mettere in campo. Se il dermatologo ha una forte permeabilità del confine psichico lascerà troppo spazio al paziente che lo condurrà sui sentieri della sua confusione, della sua ricerca insoddisfatta circa le attribuzioni di senso e le cause della presunta malattia e della sofferenza. Quali strategie? Non è facile proporre una formula. Come in tutte le relazioni medico-paziente “complesse” e “sofferte”, bisognerebbe tentare di rintracciare nel paziente una storia che restituisca un po’ di tridimensionalità all’ossessivo racconto dei sintomi e conseguente ricerca delle cause. Una storia che vada alla radice della sofferenza vera del paziente, quella che si nasconde dietro le angosce ipocondriache e che risuona in noi stessi quando ci confrontiamo con i limiti della nostra esistenza. Lara Romanelli




LETTERATURA INTERNAZIONALE

Rassegna di articoli selezionati dalle principali riviste scientifiche Efficace trattamento delle verruche piane del volto

lari, fumo anche passivo, contatto con combustibili fossili, fototipo.

Laser e altre apparecchiature che emettono luce potrebbero rappresentare una valida opzione nel trattamento delle verruche piane del volto, sovente resistenti alle terapie convenzionali. Gli AA hanno esaminato sistematicamente 18 articoli riportati in PubMed, nei quali erano descritti trattamenti eseguiti con laser, coagulazione con infrarossi e fotodinamica. I risultati hanno indicato una significativa efficacia di questi strumenti, particolarmente utili quando si affrontano lesioni come le verruche piane, spesso recalcitranti.

3 Peng F, Xue CH, Hwang SK, Li WH, Chen Z, Zhang JZ.

3 Maranda EL, Lim VM, Nguyen AH, Nouri K. Laser and light therapy for facial warts: a systematic review(2016), J Eur Acad Dermatol Venereol. 2016; 30: 1700–1707.

Lentigo senili favorite dall’inquinamento dell’aria Le lentigo senili, uno dei segni meno accettati di invecchiamento cutaneo, sono state per decenni correlate all’esposizione solare cronica. Più recentemente è stata avanzata in numerosi studi la possibile associazione con la presenza di PM2.5 (particolato fine) nell’aria. Gli AA dello studio hanno preso in considerazione 400 donne cinesi abitanti in due aree diverse di Pechino, a basso e alto grado di presenza nell’aria di PM2.5, di età variabile dai 40 ai 90 anni. Nell’area più inquinata il numero di lentigo è risultato aumentato di 1,48 volte al viso e 2,8 volte al dorso delle mani, mentre questo incremento non è stato riscontrato nel numero di cheratosi seborroiche. Sembra quindi di poter aggiungere l’inquinamento dell’aria da particolato fine PM2.5, ad altri fattori già conosciuti di invecchiamento estrinseco della pelle, come esposizioni so-

Exposure to fine particulate matter associated with senile lentigo in Chinese women: a cross-sectional study. J Eur Acad Dermatol Venereol. 2016 Sep 5.

Trattamento dell’acne con strumenti a base di energia luminosa In questa esauriente rassegna degli studi riguardanti il trattamento dell’acne con strumenti a base di energia luminosa come luce pulsata, laser e LED e non luminosa come radiofrequenza, vengono descritte le metodiche strumentali utilizzate nell’intento di affiancare le cure farmacologiche tradizionali. L’incidenza dell’acne e l’impatto notevole sulla qualità della vita stimolano verso la ricerca di alternative che possano migliorare l’esito clinico, in particolare nei casi dove la compliance è scarsa, oppure quando non si ritenga opportuno continuare i trattamenti con i farmaci. Notevole impatto sulle forme di acne infiammatoria hanno dimostrato sia i trattamenti con luce pulsata, sia quelli con i Led a luce blu e rossa, soprattutto se abbinati alla fotodinamica. I vari dispositivi esplicano l’effetto terapeutico agendo sui diversi fattori patogenetici, in particolare con l’attivazione di porfirine che portano all’eliminazione del Propionibacterium acnes con effetto termico diretto sulla ghiandola sebacea. 3 Handler MZ, Bloom BS, Bradley S, Goldberg DJ. Energy-Based Devices in Treatment of Acne Vulgaris. Dermatologic Surgery May 2016; 42 (5): 573–585.

Annachiara Corazzol

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ANGOLO DELLA CLINICA

A proposito di un caso di lesioni figurate agli arti inferiori Quadro clinico Paziente donna di 57 anni riferiva la comparsa, da alcune settimane, di lesioni in placche e noduli, tondeggianti e ovalari, localizzate a radice delle cosce, glutei e terzo inferiore delle gambe. Tali lesioni presentavano un bordo eritematoso rilevato e la porzione centrale era sormontata da croste ematiche aderenti. Al momento della visita le lesioni cutanee presentavano l’aspetto mostrato nelle figure 1, 2, 3. La paziente riferiva che le lesioni all’esordio, si presentavano pustolose e circondate da un orletto eritematoso; la porzione centrale andava incontro a evoluzione erosiva con progressiva risoluzione crostosa. Dalla raccolta dei dati anamnestici emergevano: artrite sieronegativa in terapia con salazopirina deltacortene e idrossiclorochina, osteoporosi ed emicrania in profilassi con terapia beta-bloccante.

Tra gli esami ematochimici recenti si osservava lieve rialzo degli indici di flogosi. È stata eseguita una biopsia cutanea per esame istologico di una lesione nodulare della superficie posteriore della coscia sinistra. All’esame microscopico l’epidermide, irregolarmente acantosica, si presentava centralmente assottigliata e introflessa in un’ampia cavità contenente cellule discheratosiche, granulociti neutrofili in aggregati a carattere suppurativo e materiale detritizio (fig. 4). Il derma mostrava rimaneggiamento fibroso a carattere reattivo a tutto spessore, associato a un infiltrato infiammatorio prevalentemente linfocitario con neutrofili, rari macrofagi e plasmacellule (fig. 5). Nelle aree periferiche del campione si osservava inoltre la presenza di un gettone epidermico dislocato nel derma, circondato da infiltrato flogistico e centralmente obliterato da detriti infiammatori (fig. 6).

QUAL È LA DIAGNOSI?

Figg. 1-2-3: Lesioni cutanee in placche e noduli, tondeggianti e ovalari con bordo eritematoso rilevato e presenza di croste ematiche aderenti

Confronta la tua ipotesi diagnostica con quella degli autori. Alla pagina seguente trovi la diagnosi e il piano di trattamento consigliato

Figg. 4-5-6: Ipercheratosi follicolare e parafollicolare in cutem penetrans all’esame microscopico

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ANGOLO DELLA CLINICA

Diagnosi Malattia di Kyrle La malattia di Kyrle o “ipercheratosi follicolare e parafollicolare in cutem penetrans” appartiene al gruppo delle collagenosi perforanti, ossia dermatosi caratterizzate da eliminazione transepidermica di sostanze dermiche. A questa categoria appartengono, oltre alla malattia di Kyrle, anche la follicolite perforante (accomunate da eliminazione transdermica di cheratina), la collagenosi reattiva perforante e l’elastosi perforante serpiginosa, in cui vi è eliminazione di sostanze quali collagene e fibre elastiche rispettivamente. Inoltre, la distinzione tra la malattia di Kyrle e di Flegel (Hyperkeratosis lenticularis perstans) in entità nosologiche distinte è ancora oggi oggetto di discussione. Esse presentano quadri clinico e istologico molto simili sebbene siano caratterizzate da pattern α-cheratinico differente da cui dipende la presenza di anomalie della cheratinizzazione superficiali nel Flegel e più profonde nella malattia di Kyrle. La malattia di Kyrle colpisce prevalentemente il sesso femminile di età media, compresa tra 30 e 50 anni. L’eziologia è tuttora sconosciuta: alcuni autori ipotizzano una predisposizione genetica, data l’elevata prevalenza tra i gemelli, altri sottolineano l’associazione con patologie sistemiche quali il diabete mellito, l’insufficienza renale o epatica croniche, la colangite sclerosante. Dal punto di vista patogenetico la dermatosi sembrerebbe essere riconducibile a un disaccoppiamen-

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to del processo di proliferazione e cheratinizzazione con progressiva dislocazione del processo stesso verso la giunzione dermo-epidermica e conseguente formazione di focolai discheratosici e colonne paracheratosiche che invadono il derma in sede parafollicolare o follicolare. Inoltre potrebbe essere indotta una risposta infiammatoria dermica con successiva reazione da corpo estraneo. Clinicamente è caratterizzata dall’insorgenza di papule e/o noduli multipli ipercheratosici a superficie crostosa o con fittone corneo centrale. Tali lesioni possono presentarsi discrete o tendenti a confluire in placche circinate. Le lesioni si localizzano principalmente alla superficie estensoria degli arti, spesso a disposizione lineare e associate a lieve sintomatologia pruriginosa. In letteratura è riportato un unico caso di concomitante coinvolgimento congiuntivale e corneale. La diagnosi differenziale comprende il lichen verrucoso, prurigo nodulare, actinomicosi, micobatteriosi o cheratoacantomi multipli e altre dermatosi perforanti acquisite. Non sono attualmente disponibili trattamenti efficaci. Le opzioni terapeutiche riportate in letteratura, sebbene spesso con scarso beneficio, sono rappresentate da retinoidi topici e sistemici, cheratolitici o corticosteroidi topici, fototerapia (nb-UVB o fo-

tochemioterapia in associazione a retinoide sistemico), crioterapia o asportazione chirurgica o mediante laser CO2 di lesioni isolate. Nel caso delle forme secondarie, invece, sembra che il trattamento della patologia di base possa determinare un miglioramento anche delle lesioni cutanee. La nostra paziente è stata sottoposta a ciclo di fototerapia nb-UVB (radiazione UVB a banda stretta con lunghezza d’onda di 311 nm) a partire da un dosaggio di 0,1 J/ cm2 con incrementi progressivi del 10%, due sedute alla settimana per tre mesi. Alla visita di controllo, al termine del ciclo terapeutico, il quadro cutaneo si presentava in netto miglioramento, con riscontro di esiti post-infiammatori e assenza di lesioni in fase attiva (fig. 7). Bibliografia 1. Schreml S et al. Kyrle disease and acquired perforating collagenosis secondary to chronic renal failure and diabetes mellitus. Case Report in Dermatology 2011. 2. Saray Y et al. Acquired perforating dermatosis: clinicopathological features in twenty-two cases J. Eur Acad Dermatol Venereol. 2006. 3. Matsuzaki Y et al. Successful treatment of Kyrle disease with narrowband ultraviolet B. J Dermatol. 2016.

A. Zanca, M. Arisi, C. Zane Clinica Dermatologica, Università degli Studi di Brescia


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GESTIONE DELLO STUDIO

Riqualificazione energetica e ristrutturazione edilizia nella Legge di Bilancio 2017

3 Paola Seveso

La “Legge di Bilancio 2017” (legge 11 dicembre 2016 n. 232) ha confermato anche per l’anno 2017 il potenziamento al 50% della detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie (a regime, per gli anni successivi al 2017, tale detrazione spetterà nella misura del 36%) e nella misura del 65% per gli interventi di riqualificazione energetica. Sono stati prorogati anche il “sisma-bonus”, fino al 2021 e il “bonus mobili”. Esaminiamo ora le disposizioni in vigore per l’anno 2017, al fine di rappresentare un quadro d’insieme essenziale senza alcuna pretesa di essere esaustivi su un argomento che, considerati gli articolati e complessi risvolti, richiederebbe approfondimenti di ben più ampio raggio. Detrazione fiscale per le ristrutturazioni edilizie La detrazione fiscale del 50% spetta in relazione a interventi di manutenzione straordinaria, opere di restauro e risanamento conservativo e lavori di ristrutturazione edilizia per immobili residenziali (anche per le parti comuni condominiali). È inoltre prevista l’agevolazione in caso di acquisto, da impresa costruttrice o di costruzione, di un box di pertinenza di un immobile residenziale. Per una migliore individuazione degli interventi è possibile consultare l’apposita Guida fiscale pubblicata sul sito dell’Agenzia delle Entrate. Sono destinatari dell’agevolazione le persone fisiche soggette all’Irpef residenti e non residenti nel territorio dello Stato che siano proprietari o titolari di un diritto reale di godimento dell’immobile, locatari, comodatari o anche familiari conviventi del possessore o detentore dell’immo-

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bile oggetto di ristrutturazione, a condizione che ne sostengano le spese e siano gli intestatari delle fatture e dei bonifici di pagamento. L’agevolazione fiscale è pari al 50% delle spese sostenute fino a un massimo di 96.000 euro per unità immobiliare da ripartire in dieci quote annuali di pari importo. Detrazione fiscale eco-bonus La detrazione fiscale del 65% per il miglioramento energetico degli edifici spetta per le spese sostenute fino al 31 dicembre 2017, in relazione alle tipologie di interventi, che aumentino il livello di efficientamento energetico degli edifici esistenti (non in corso di costruzione) e fino all’importo di spesa massima già individuato per gli anni precedenti e reperibile nell’apposita guida emanata e pubblicata sul sito internet dell’Agenzia delle Entrate. A differenza della detrazione per interventi di


ristrutturazione edilizia, la detrazione per la riqualificazione energetica spetta sulle unità immobiliari esistenti di qualsiasi categoria catastale (compresi gli immobili strumentali) sia ai soggetti Irpef (persone fisiche, imprenditori individuali, professionisti, soci di società di persone e società semplici, ecc.), sia ai soggetti Ires (società di capitali, enti non commerciali, ecc.). In particolare, la Legge di bilancio 2017 ha determinato che: > sugli interventi di riqualificazione energetica effettuati su singole unità immobiliari, la detrazione nella misura del 65% è stata prorogata fino al 31 dicembre 2017, con l’applicazione della disciplina vigente già nel 2016; > sugli interventi effettuati su parti comuni condominiali, la detrazione spetta fino al 31 dicembre 2021, nella misura del 70% o 75% a seconda che si tratti di interventi sull’involucro dell’edificio o di interventi finalizzati a migliorare la prestazione energetica estiva e invernale. Detrazione fiscale sisma bonus Si tratta anche in questo caso di una detrazione fiscale dall’Irpef per gli interventi di adeguamento antisismico e messa in sicurezza degli edifici, comprese le spese effettuate per la classificazione e verifica sismica degli immobili, ma solo se propedeutiche alla realizzazione effettiva delle opere. Spetta nella misura del 50%, fruibile in cinque rate annuali di pari importo, per le spese sostenute nel quinquennio 2017-2021 sugli edifici adibiti ad abitazione e ad attività produttive ricadenti nelle zone sismiche ad alta pericolosità (zone 1, 2 e 3) per un importo complessivo pari a 96.000 euro per unità immobiliare e per ciascun anno. La detrazione fiscale sale al 70% della spesa sostenuta, se dalla realizzazione degli interventi concernenti l’adozione di misure antisismiche deriva una riduzione del rischio sismico che determina il passaggio a una classe di rischio inferiore. Aumenta all’80% in caso di passaggio a due classi di rischio inferiori. Per gli interventi su parti comuni di edifici condominiali la detrazione spetta nella misura del 75% (passaggio di una classe di rischio inferiore) e dell’85% in base all’entità del miglioramento

della classe di rischio ed è calcolata su un ammontare delle spese non superiore a 96.000 euro moltiplicato per il numero delle unità immobiliari dell’edificio. Detrazione fiscale bonus mobili È prorogata al 31 dicembre 2017 anche la detrazione riconosciuta nella misura del 50% su una spesa massima di 10.000 euro, per l’acquisto di mobili e grandi elettrodomestici di classe A+ (A per i forni) destinati a unità abitative oggetto di interventi di ristrutturazione edilizia, per i quali si usufruisca della relativa detrazione, iniziati dal 1° gennaio 2016. Cessione dell’importo della detrazione È prevista la possibilità di cedere l’importo della detrazione fiscale determinata sia per spese di risparmio energetico, sia di adeguamento antisismico per lavori condominiali. La cessione può essere effettuata alle imprese esecutrici dei lavori o a soggetti privati. Si attende l’emanazione di un apposito decreto entro il prossimo 1° marzo per l’attuazione delle disposizioni in merito. Paola Seveso ragioniere commercialista paola.seveso@studiobenzoni.it

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L’INTERVISTA

Gestione delle complicanze da peeling chimico Prevenzione e misure precauzionali da adottare per prevenire effetti indesiderati 3 Giuseppe Maria Izzo

specialista in Dermatologia e Venereologia, vice presidente Scuola Medicina estetica Icamp, Milano

Il peeling chimico è un atto medico da praticare con prudenza ma senza paura, consapevoli delle caratteristiche della sostanza utilizzata e della possibile variabilità delle risposte cliniche del paziente. Giuseppe Maria Izzo – specialista in Dermatologia e Venereologia, nonché vice presidente della Scuola di Medicina estetica Icamp di Milano –, ci parla delle principali complicanze che possono insorgere con l’utilizzo dei peeling chimici. Quali sono le complicanze da utilizzo da peeling chimici? Oggi fortunatamente non sono molto frequenti per la qualità e la sicurezza dei materiali a disposizione del medico. Tra le complicanze, in primo luogo troviamo le ipercromie cutanee che di solito sono epidermiche e scompaiono progressivamente con soft peeling e sostanze schiarenti o con laser Q-switched; se sono invece dermiche, il problema è più complesso e i trattamenti sono di maggiore durata e richiedono pazienza sia da parte del medico, sia principalmente da parte del paziente. Altro problema sono le ipocromie, generalmente transitorie, dovute a un danno solitamente temporaneo dei melanociti; rare volte si osservano acromie definitive perché i melanociti sono andati in necrosi in seguito all’aggressività eccessiva del peeling. Per finire citiamo gli esiti cicatriziali, oggi

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fortunatamente rari, dovuti a una penetrazione dell’agente peeling oltre il derma reticolare medio, con distruzione degli annessi cutanei dai quali dipende la rigenerazione della cute dopo il peeling. Quali sono le misure precauzionali da adottare per prevenire gli effetti indesiderati e le complicanze? Da quanto abbiamo detto in precedenza, si evince che è necessario in primo luogo che il medico conosca la sostanza che utilizza nel peeling, nel bene e nel male. Deve conoscere quindi la capacità di penetrazione della stessa, quali sono le possibili complicanze e, principalmente come gestirle e come recuperare il possibile danno che il peeling ha determinato. Quali sono i motivi che possono essere in relazione all’insorgenza di complicanze, o rappresentare concause favorenti o scatenanti le stesse? Una complicanza può insorgere per diversi motivi: > non è stata prescritta una giusta preparazione domiciliare del paziente al peeling chimico da praticare, per cui può essere disomogeneo e con penetrazione irregolare; > il medico, non conoscendo bene le caratteristiche dell’agente chimico, determina un’eccessiva penetrazione del peeling, con la facile insorgen-


za di una o più delle complicanze che abbiamo descritto in precedenza; > l’ambiente dove il peeling viene praticato non rispetta le giuste norme igieniche che un ambulatorio medico dovrebbe avere e quindi possono insorgere sulla cute infezioni batteriche, micotiche o virali. Se il dermatologo sospetta che si sia determinata un’ipersensibilità verso l’agente chimico posto sul viso del paziente, quali strategie gestionali dovrebbe adottare? Questa evenienza è più frequente di quanto si pensi! Nella mia ormai lunga esperienza di esperto di peeling chimici ho avuto modo di osservare un’ipersensibilità verso gli agenti peeling più svariati, dall’acido mandelico, molecola grande e a penetrazione lenta e progressiva, all’acido glicolico, molto utlizzato anche come prodotto domiciliare, fino all’acido tricloracetico, molecola principe per i peeling medici. Cosa bisogna fare in caso

di ipersensibilità all’ agente peeling? Ogni medico dovrebbe saperlo: sciacquare il viso per rimuovere l’agente, se possibile; prescrivere steroidi topici ed eventualmente sistemici e iniziare se necessario a utilizzarli in ambulatorio, sia come crema sia come fiale intramuscolari; tenere il paziente sotto osservazione per alcuni giorni, diminuendo gradualmente la posologia degli steroidi sistemici. Per concludere, bisogna sempre tener presente che il peeling chimico è un atto medico da praticare con prudenza ma senza paura, consapevoli delle caratteristiche della sostanza utilizzata e della possibile variabilità delle risposte cliniche del paziente. Lara Romanelli

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CORSI E CONGRESSI

Congresso Sime: nuova età del benessere Il 38° Congresso nazionale della Società italiana di Medicina estetica (Sime) e il 12° Congresso dell’Accademia italiana di Medicina estetica (Aimaa) si terranno a Roma il 12, 13 e 14 maggio presso il Centro Congressi Rome Cavalieri Walford Astoria Hotels & Resorts. La nuova età del benessere e il progresso della medicina estetica rigenerativa saranno i temi della kermesse. Il congresso Sime confermerà il processo di internazionalizzazione avviato lo scorso anno, ponendosi come evento di rilevanza strategica anche al di fuori dei confini europei. Rappesenta infatti uno degli eventi di riferimento del settore in Italia e il terzo come importanza in Europa. A confermarlo sono i numeri del precedente congresso: 3.000 partecipanti provenienti da tutto il mondo appartenenti alle varie discipline del settore della medicina estetica, 450 relazioni di alta vali-

dità scientifica presentate, 65 sessioni, 20 workshop aziendali e corsi accreditati ai fini Ecm. Anche per l’edizione 2017 il congresso vuole essere una valida opportunità di aggiornamento e confronto sulle tematiche più attuali di medicina estetica e medicina anti-aging. Diversi saranno i temi che verranno presentati, tra questi: medicina estetica al maschile, skin firming, rimozione dei tatuaggi, cosmetologia, vecchi e nuovi farmaci anti-aging, filler e peeling, laser e tecnologie, ginecologia estetica e funzionale e gestione delle complicanze in medicina estetica.

Per informazioni: Segreteria Organizzativa Editrice Salus Internazionale Tel: 06.37353333 - Fax 06.37519315 salus@editricesalus.it www.lamedicinaestetica.it

A Sorrento, il 92° Congresso nazionale Sidemast La 92a edizione del Congresso nazionale della società Italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (Sidemast) si svolgerà dal 3 al 6 maggio nella suggestiva cornice di Sorrento, presso il Centro congressi dell’Hilton Sorrento Palace. Il congresso rappresenta un momento di profondo significato scientifico durante il quale tutte le scuole universitarie e ospedaliere italiane si riuniranno per dibattere argomenti di attualità nei diversi settori delle Scienze dermatologiche come ha sottolineato Giuseppe Monfrecola, presidente del congresso Sidemast 2017. I lavori congressuali si apriranno nel pomeriggio di mercoledì 3 maggio con corsi teorico/pratici paralleli, inerenti micologia, dermoscopia, suture cutanee e dermopatologia. Seguiranno la cerimonia di apertura del congresso con i saluti delle autorità, lettura magistrale, breve interludio artistico e cocktail di benvenuto.

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La seconda e la terza giornata proseguiranno con sessioni scientifiche articolate in relazioni su argomenti di interesse collettivo e su tematiche specifiche, con simposi e sessioni specialistiche, tavole rotonde e riunioni di gruppi di studio della Sidemast. Ci saranno inoltre sessioni dedicate alle comunicazioni libere e una per la discussione di casi pro-diagnosi e alterazione della barriera cutanea, entrambe dedicate agli specializzandi dell’ultimo anno. Infine il congresso chiuderà i lavori nella mattinata di sabato 6 maggio con la tradizionale sessione “Breaking news” comprendente diversi ambiti dermatologici unitamente ad altre sessioni Ecm su argomenti inerenti la dermatologia clinica medica e chirurgica. Per informazioni: Segreteria organizzativa Triumph Italy Tel. 06.355301 www.triumphgroupinternational.com


MARKETING & SVILUPPO

UREADINCALM Isdin, laboratorio dermatologico specializzato nello sviluppo di soluzioni per le esigenze della pelle, presenta UreadinCalm, nuova linea antiprurito per pelli secche e pruriginose composta da un detergente doccia e da una crema corpo dalle elevate proprietà idratanti e nutritive. Grazie alla formula ProComfort, che coniuga protezione efficace con intensa azione nutriente, la nuova linea offre fino a 8 ore di sollievo, calmando il prurito in modo rapido e duraturo. Per offrire una risposta efficace sia al prurito da irritazione provocato da fattori esogeni, sia al prurito allergico associato ad altre patologie, UreadinCalm esercita una duplice azione: difende la pelle dalle aggressioni esterne, formando uno strato

protettivo e la nutre intensamente grazie al contenuto in oli naturali e relipidizzanti e all’Urea Isdin. Alla base di UreadinCalm OleoGel Protettivo e UreadinCalm Crema Antiprurito è la formula ProComfort, capace di proteggere e di ristrutturare la barriera cutanea mediante diversi ingredienti: nel detergente doccia, la combinazione di Dexpantenolo e acidi grassi essenziali Omega 3 e 6 contribuisce a contrastare la disidratazione provocata dalla doccia, donando una sensazione di comfort e morbidezza alla pelle; nella crema idratante, il Polidocanolo riduce la sensibilità verso gli agenti irritanti

esterni, mentre lo Stimu-tex derivato dall’orzo riduce la reazione allergica e istaminica, per un doppio complesso antiprurito che offre un sollievo immediato e duraturo indipendentemente dalla causa scatenante del sintomo. Prive di corticosteroidi, parabeni e sapone, le referenze della linea UreadinCalm sono testate su pelli sensibili e risultano indicate per pelli secche e molto secche.

Per informazioni: Isdin Tel. 02.20520276 www.isdin.com

JALUTÈ-HYALURONIC BIOREVITALIZING GEL Jalutè-hyaluronic bio-revitalizing gel è una novità di Officina Cosmetologica. Si tratta di un gel intradermico a base di acido ialuronico nato per soddisfare tutti i tipi di pazienti in base alle specifiche esigenze e può essere usato anche in aree estese del corpo per trattamenti antiaging personalizzati con scopi preventivi, ristrutturanti e di mantenimento. Il prodotto è un dispositivo medico di Classe III, per biorivitalizzazione completa collo-décolleté-viso contorno occhi. L’acido ialuronico utilizzato in Jalutè è ottenuto per via biofermentativa a medio peso molecolare simile all’acido ialuronico endogeno, formulato a una

concentrazione di 20 mg/ml in un tampone fisiologico, senza alcuna modifica chimica: una garanzia di biocompatibilità e tollerabilità. Jalutè è indicato nel processo fisiologico di invecchiamento della pelle e consente di apportare, direttamente nell’area da trattare, la quantità di acido ialuronico necessaria a ripristinare la funzionalità dei tessuti. Esplica una naturale funzione idratante, consente di migliorare

nettamente il trofismo e la trama cutanea con sostanzioso aumento del turgore e dell’elasticità. Il gel si presenta in siringa preriempita da 2 ml, monouso con 2 aghi da 30 G, sterile e apirogena. Si consiglia, infine, di effettuare un ciclo iniziale di tre sedute di trattamento, a intervalli di una settimana l’una dall’altra, seguito eventualmente da sedute mensili di mantenimento.

Per informazioni: Officina Cosmetologica Tel. 02.36596679 Fax 02.49466369 info@officinacosmetologica.com www.officinacosmetologica.com

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MARKETING & SVILUPPO

METODO LESC Per combattere il grasso localizzato, i pazienti cercano metodologie sicure e all’avanguardia che diano risultati soddisfacenti in poco tempo, possibilmente senza ricovero e anestesie generali. La Lesc, Lipoemulsione Sottocutanea, apparecchiatura interamente made in Italy, vuole essere la risposta a queste necessità. La metodica eseguita ambulatorialmente garantisce la sicurezza sia al paziente sia al medico. Il paziente sarà in grado di riprendere le normali attività lo stesso giorno dell’intervento. In quanto tecnica soft e microinvasiva, consente di operare anche nei piani più superficiali del pannicolo adiposo, rispettando il sistema vascolare e linfatico,

preservando così l’integrità della struttura portante della pelle. Con il metodo di lipoemulsione sottocutanea Lesc sono sufficienti minime incisioni di 2 mm che non prevedono punti di sutura. Questo innovativo strumento unisce la semplicità alla sicurezza, consentendo un’alta redditività e una piena soddisfazione nel paziente che vedrà risultati in una seduta.

Efficace nei punti più richiesti come fianchi, interno ed esterno cosce, mento, glutei, addome, braccia, caviglie e ginocchia, è uno strumento utile per eliminare in modo soft il grasso localizzato. L’apparecchiatura è prodotta interamente in Italia con certificazione Imq e registrata presso il Ministero della Sanità.

Per informazioni: Effebi di F. Bruschi Tel. 335.6700919 info@microlipo.it www.microlipi.it

SCULPSURE SculpSure è il primo sistema che offre un modellamento veloce e confortevole per ogni tipo di corpo e fototipo. È un dispositivo non invasivo che utilizza l’energia della luce laser per il trattamento dell’adipe localizzato in soli 25 minuti. SculpSure è il primo trattamento laser con autorizzazione FDA per la lipolisi non invasiva dei fianchi e dell’addome. Si tratta di una tecnologia all’avanguardia basata sul rilascio controllato di energia, ideale per pazienti che vogliono liberarsi dell’adipe localizzato in eccesso e in tempi ridotti.

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L’affinità specifica della lunghezza d’onda 1060 nm per il tessuto adiposo, insieme a un minimo assorbimento nel derma, consente a SculpSure di trattare in modo efficace aree di tessuto adiposo localizzato in tempi molto brevi. Col tempo, il corpo elimina naturalmente le cellule adipose disgregate con risultati visibili a partire dalla sesta settimana e con risultati ottimali generalmente visibili entro 12 settimane. Trattamento ipertermico controllato: la temperatura del tessuto adiposo disgregato viene mantenuta tra i

42° C e i 47 C. Il raggio laser è selettivo solo ed esclusivamente per il tessuto adiposo lasciando i tessuti circonstanti intatti e non danneggiati. Il raffreddamento a contatto, brevettato dalla ditta CynoSure, consente al paziente un trattamento molto confortevole. Grazie ai 4 applicatori indipendenti si può trattare più di un’area in soli 25 minuti e in un’unica sessione. Il sistema non necessita di operatore.

Per informazioni: Technolux Tel. 02.36504400 02.45409570 info@technolux.it www.technolux.it



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2017

In questo numero Carenza di vitamina D in pazienti con melanoma cutaneo Filler: nuovi materiali, tecniche e prospettive di impiego Mesoterapia di ringiovanimento cutaneo Inquinamento atmosferico invecchia la pelle Psicodermatologia: il paziente ipocondriaco nell’ambulatorio dermatologico CONGRESS REPORT LETTERATURA INTERNAZIONALE ANGOLO DELLA CLINICA GESTIONE DELLO STUDIO L’INTERVISTA Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences


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