Hi tech dermo 2/2018

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In questo numero Caso clinico: lesione atipica della pelle che mima un melanoma Calcifilassi: patogenesi diagnosi e terapia Psoriasi e mortalità: il destino scritto sulla pelle Acido ialuronico e glicerolo per il ripristino del turgore dermico Melasma: gestione di una patologia “difficile” CONGRESS REPORT PSICODERMATOLOGIA LETTERATURA INTERNAZIONALE ANGOLO DELLA CLINICA

Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences

Invecchiamento cutaneo indotto dall’esposoma



SOMMARIO

Caso clinico: lesione atipica della pelle che mima un melanoma

pag. 17

Andrea Naselli, Gabriele Parisi, Francesca Giusti, Victor D. Mandel, Silvana Ciardo, Giovanni Pellacani, Francesca Farnetani

Calcifilassi: patogenesi diagnosi e terapia

pag. 23

Salvino Bilancini, Gabriella Lucchi, Massimo Lucchi, Pierluigi E. Mollo, Federica Pomella, Giorgio Guarnera

Psoriasi e mortalità: il destino scritto sulla pelle

pag. 28

Luigi Naldi

Acido ialuronico e glicerolo per il ripristino del turgore dermico

pag. 32

Alessandra Camporese

Melasma: gestione di una patologia “difficile”

pag. 36

Giuseppe Maria Izzo

Invecchiamento cutaneo indotto dall’esposoma

pag. 40

Magda Belmontesi

il brand in lancio

pag. 5

editoriale

pag. 13

congress report

pag. 42

psicodermatologia

pag. 48

letteratura internazionale

pag. 52

angolo della clinica

pag. 57

attualità

pag. 60

corsi e congressi

pag. 64

marketing & sviluppo

pag. 65

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NORME REDAZIONALI

Requisiti per la pubblicazione di un manoscritto Gli articoli devono pervenire al Comitato di Redazione (info@laserforum.it) in copia cartacea e in forma elettronica nella loro stesura definitiva, completi di nome, cognome, qualifica professionale, indirizzo, telefono, email e firma dell’autore/i. Le illustrazioni devono essere numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. Devono essere ad alta risoluzione (almeno 300 DPI, in formato TIFF, EPS oppure JPEG). Grafici e tabelle dovranno essere forniti su supporto cartaceo e magnetico (possibilmente in formato Microsoft Excel), numerate progressivamente e corredate di relative didascalie, con precisi riferimenti nel testo. È necessario includere l’autorizzazione per riprodurre materiale già pubblicato in precedenza o per utilizzare immagini ritraenti persone, qualora identificabili. L’articolo deve comporsi delle seguenti parti: Titolo, conciso e senza abbreviazioni, in italiano e in inglese Sottotitolo, in italiano e in inglese Nome e cognome di autore/i e relative qualifiche professionali Sommario di apertura, in italiano (minimo 30, massimo 50 parole) Riassunti in italiano e in inglese (minimo 50, massimo 100 parole). Parole chiave in italiano e in inglese (da 2 a 5), usando i termini indicati nell’Index Medicus. Qualora l’articolo sia una ricerca, il lavoro deve essere sintetico e non superare le 2.000 parole (bibliografia esclusa). Qualora l’articolo sia una rassegna, deve avere una lunghezza massima di 3.500 parole (bibliografia esclusa). Entrambi con un numero massimo di 12 foto. L’articolo può assumere la forma di una comunicazione breve, non superando in questo caso le 1.000 parole con un numero massimo di 4 foto. Struttura dell’articolo Qualora l’articolo sia una rassegna (casi clinici, test su strumenti eccetera) è sufficiente prevedere una divisione in paragrafi e sottoparagrafi, tale da rendere meglio identificabili le parti di cui è composto il lavoro e agevolare la fruizione del testo. Qualora sia una ricerca, l’articolo avrà la classica struttura dell’articolo scientifico. In questo caso si avranno: Introduzione, riassume lo stato attuale delle conoscenze; Materiali e metodi, descritti in modo tanto dettagliato da permettere ad altri la riproduzione dei risultati; Risultati, riportati in modo conciso e con riferimenti a tabelle e/o grafici. Discussione e conclusioni, enfatizzando gli aspetti importanti e innovativi dello studio. Bibliografia. Le voci bibliografiche dovranno essere elencate in ordine di citazione nel testo con una numerazione araba progressiva. Le voci bibliografiche dovranno essere redatte secondo lo stile dell’Index Medicus, pubblicato dalla National Library of Medicine di Bethesda, MD, Stati Uniti. Dovranno quindi recare cognome e iniziale del nome degli autori, il titolo originale dell’articolo, il titolo della rivista, l’anno di pubblicazione, eventualmente il mese, il numero del volume, il numero di pagina iniziale e finale. I rimandi bibliografici all’interno del testo, invece, dovranno essere posti tra parentesi recando il numero della voce/i cui fanno riferimento, in ordine di apparizione. L’approvazione alla pubblicazione è concessa dal Board scientifico. Le bozze inviate agli autori devono essere restituite corrette degli eventuali refusi di stampa entro il termine che verrà indicato. I lavori non possono essere stati offerti contemporaneamente ad altri editori, né pubblicati su altre riviste. L’Editore provvederà gratuitamente alla pubblicazione degli articoli, per la stesura dei quali è esclusa ogni sorta di compenso a favore dell’Autore/i. La proprietà letteraria dell’articolo pubblicato spetta all’Editore. Estratti Gli autori possono richiedere estratti a pagamento. Per ogni informazione riguardante gli estratti è possibile contattare la Redazione scrivendo a redazione@griffineditore.it

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hi.tech dermo

Alta tecnologia in dermatologia ricostruttiva Direttore responsabile Giuseppe Roccucci - g.roccucci@griffineditore.it Redazione Andrea Peren - a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli - l.romanelli@griffineditore.it Rachele Villa - r.villa@griffineditore.it Segreteria di redazione e traffico Maria Camillo - customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Giovanni Cerrina Feroni g.cerrinaferoni@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Consulenza grafica Marco Redaelli - info@creativastudio.eu Stampa: Starprint srl - Bergamo EDITORE Griffin srl unipersonale P.zza Castello 5/E- 22060 Carimate (Co) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it hi.tech dermo. Periodico trimestrale Anno XIII - n. 2 - maggio 2018 Registrazione del Tribunale di Como n. 22/06 del 29.11.2006 ISSN 1971-0682 Iscrizione nel Registro degli operatori di comunicazione (Roc) n. 14370 del 31.07.2006 L’Editore dichiara di accettare, senza riserve, il Codice di Autodisciplina Pubblicitaria. Dichiara altresì di accettare la competenza e le decisioni del Comitato di Controllo e del Giurì dell’Autodisciplina Pubblicitaria, anche in ordine alla loro eventuale pubblicazione. Tutti gli articoli pubblicati su hi.tech dermo sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. La pubblicazione o ristampa degli articoli della rivista deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. 196/03, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dall’art.11 D.Lgs.196/03. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin srl, P.zza Castello 5/E, Carimate (Co), al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.


IL BRAND IN LANCIO

CeraVe: tecnologia innovativa di idratazione a rilascio continuo Nel trattamento di dermatite atopica, acne e rosacea

La cute come barriera La cute è un involucro protettivo che contribuisce a difenderci dai microrganismi ma anche a evitare l’ingresso o la fuoriuscita d’acqua (transepidermal water loss, TEWL) e di altre sostanze. Tale funzione di barriera non è tuttavia assoluta, in quanto esiste fisiologicamente un’eliminazione di liquidi e altre sostanze attraverso la pelle (sudore e sebo) ma anche la possibilità, in certe condizioni, di assorbimento. È ormai dimostrato che il maggiore ostacolo alla penetrazione percutanea di qualsiasi sostanza sia rappresentato dallo strato corneo. Questa funzione di “argine” si deve soprattutto alla struttura “a muro di mattoni” dello strato corneo, ove i mattoni sono i corneociti, cementati da materiale lipidico, che li rende solidali, ma permette anche al “muro” di mantenersi flessibile e solo parzialmente penetrabile. I lipidi, tra cui i principali sono colesterolo, acidi grassi liberi e ceramidi, hanno un ruolo fondamentale nella regolazione della funzione di barriera. Le ceramidi sono composte da una lunga catena lipofila, di solito formata da un aminoalcol, la sfingosina, combinata con un acido grasso mediante un legame amidico. Sono state identificate più di 10 classi diverse per quantità e posizione degli

di varie malattie dermatologiche (2).

Con 3 ceramidi essenziali per ripristinare la barriera protettiva della pelle e con tecnologia MVE a rilascio continuo per un’idratazione di 24 ore. Da aprile in farmacia

ossidrili legati. Tra esse, la ceramide 1 svolge un ruolo essenziale nelle caratteristiche di flessibilità dello strato corneo e della sua desquamazione. Le alterazioni di questi lipidi comportano modificazioni della funzione di barriera. Le ceramidi legate alla membrana dei corneociti, di cui rappresentano l’80%, permettono l’interazione dell’involucro del corneocita con le lamelle lipidiche della matrice, mantenendo un corretto orientamento del doppio strato lipidico intercellulare (1,2). Un difetto di barriera rappresenta quindi un fattore determinante per l’innescarsi

CeraVe: composizione e funzioni La scelta dei prodotti emollienti deve essere volta al supporto dell’integrità dello strato corneo. In questa ottica è stata formulata la linea CeraVe, che contiene sostanze in grado di favorire la riparazione della barriera cutanea in aggiunta ai tradizionali componenti idratanti. I più comuni ingredienti capaci di favorire il ripristino della barriera, inseriti nella linea CeraVe, sono tre ceramidi essenziali (CER 1, 3, 6-II) che vanno a ricaricare la quota di lipidi carenti. Un importante avanzamento svolto nella linea CeraVe è stato l’introduzione della tecnologia MVE (multivescicular emulsion): l’emulsione multivescicolare comprende strati concentrici di emulsione olio in acqua. Una volta che il prodotto è applicato sulla cute, si assiste a un’apertura sequenziale delle vescicole con un rilascio graduale di ceramidi e altri ingredienti (acidi grassi e altri lipidi) (2). CeraVe e la dermatite atopica (DA) Nella cute sana dell’atopico si osserva una quota inferiore di ceramidi, soprattutto di classe 1, rispetto ai soggetti sani. Alla microscopia elettronica dello strato corneo, esiste

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IL BRAND IN LANCIO

un’evidente differenza, tra il soggetto normale e l’atopico, nella struttura lipidica intercellulare: nel soggetto normale si presenta lineare, mentre nell’atopico la carenza di ceramidi rende irregolare il doppio strato lipidico e questo si ripercuote anche sul legame dell’acqua, inducendo a sua volta distribuzione irregolare dei corneodesmosomi. Questa situazione contribuirebbe a indurre la xerosi e la desquamazione tipiche della dermatite atopica. L’utilizzo di detergenti ed emollienti specifici ha mostrato il miglioramento dei sintomi della DA, come dimostrato in uno studio condotto su 60 pazienti, di età compresa tra 5 e 80 anni, seguiti per 4 settimane. In questo studio, in un gruppo di 20 pazienti, sono stati utilizzati l’emulsione e il detergente CeraVe in associazione con una crema a base di fluocinonide allo 0,05% (FLU). Nei due gruppi di confronto, 20 pazienti hanno utilizzato FLU e un comune detergente e gli altri 20 hanno utilizzato il detergente CeraVe e FLU. I risultati hanno mostrato un miglioramento statisticamente significativo nei pazienti che hanno utilizzato l’emulsione e il detergente CeraVe rispetto a coloro che hanno utilizzato un comune detergente e nei pazienti che hanno utilizzato il detergente CeraVe rispetto a coloro che hanno utilizzato un comune detergente. Inoltre, i pazienti che hanno fatto uso della combinazione di detergente ed emulsione CeraVe associata a FLU hanno mostrato una riduzione dei sintomi nettamente superiore agli altri due gruppi (3). In un altro recente studio di coorte condotto su 151 pazienti con DA lieve-intermedia, si è utilizzato per 6 settimane unicamente il detergente e l’emulsione CeraVe. I pazienti sono

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stati divisi in due gruppi (adulti e bambini) e in entrambe le coorti si è ottenuto un miglioramento statisticamente significativo delle manifestazioni cutanee e del prurito (4). CeraVe: trattamento di acne e rosacea Vari studi hanno dimostrato che la cute dei pazienti acneici presenta una carenza di ceramidi. Inoltre, molte terapie topiche possono causare irritazione cutanea, contribuendo a compromettere la funzione di barriera dello strato corneo. In uno studio open-label condotto su 20 pazienti con acne lieve-intermedia, la terapia farmacologica anti-acne è stata associata all’utilizzo di un detergente e di una crema CeraVe per 12 settimane. I pazienti utilizzavano mattino e sera il detergente e la crema CeraVe prima dell’applicazione della terapia (clindamicina fosfato all’12% e benzoil perossido al 2,5% in gel la mattina e tretinoina allo 0,05% in gel alla sera). Alla settimana 12, il 60% dei pazienti aveva ottenuto un successo terapeutico. Gli autori hanno pertanto concluso che il detergente e la crema CeraVe hanno contribuito alla tollerabilità della terapia topica (5). Anche pazienti con rosacea teleangectasica presentano un’aumentata TEWL, sia nella cute lesionale sia sana. Le creme emollienti, oltre a ridurre la sensibilità, riducono i flares e la xerosi della cute di questi pazienti. Questo concetto è stato dimostrato in uno studio open-label condotto su 102 pazienti con rosacea da lieve a intermedia. Questi pazienti applicavano acido azelaico allo 15% (AZA) in gel dopo aver deterso la cute e dopo aver applicato una crema idratante CeraVe solo sull’emivolto destro. Al termine

dei sette giorni di studio è stato osservato un miglioramento del bruciore sull’emivolto destro (6). Conclusioni Le alterazioni della barriera cutanea hanno un importante ruolo nella fisiopatologia di diversi quadri patologici della cute. Selezionare prodotti che riducono le alterazioni di barriera induce un miglioramento dell’outcome di queste patologie. I dati che possediamo sull’utilizzo di prodotti CeraVe specifici per acne, rosacea ed eczema ci permettono di considerarli come importanti adiuvanti della terapia farmacologica. Ylenia Balice Dermatologa Bibliografia 1. Castano P, Miani A, Busia A. La pelle. L’apparato tegumentario. Morfologia, struttura e funzioni. Ed. Sepem. 2006. 2. Zeichner JA, Del Rosso JQ. Multivesicular emulsion ceramide-containing moisturizers: an evaluation of their role in the management of common skin disorders. J Clin Aesthet Dermatol. 2016;9:26-32. 3. Draelos ZD1. The effect of ceramide-containing skin care products on eczema resolution duration. Cutis. 2008;81:87-91. 4. Lynde CW, Andriessen A. A cohort study on a ceramide containing cleanser and moisturizer used for atopic dermatitis. Cutis. 2014;93:207-13. 5. Lynde CW et al. Moisturizers and ceramide-containing moisturizers may offer concomitant therapy with benefits. J Clin Aesthet Dermatol. 2014;7:18-26. 6. Levin J, Miller R. A Guide to the ingredients and potential benefits of over-thecounter cleansers and moisturizers for rosacea patients. J Clin Aesthet Dermatol. 2011;4:31-49.



CON IL PATROCINIO DI

Adoi Associazione Dermatologi Ospedalieri Italiani Aida Associazione Italiana Dermatologi Ambulatoriali Ela European Laser Association Isplad International Italian Society of Plastic Aesthetic and Oncologic Dermatology Sidco Società Italiana di Dermatologia Chirurgica Oncologica SIDeMaST Società Italiana di Dermatologia Medica, Chirurgica, Estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse

Aidnid Associazione Italiana di Diagnostica non Invasiva in Dermatologia CoNESCoD Comitato Nazionale Etico-Scientifico Sorveglianza dei Cosmetici e dei Dispositivi Medici Ddi Donne Dermatologhe Italiane Dermoscopy Forum Forum italiano di dermoscopia e imaging cutaneo Esld European Society for Laser Dermatology Girtef Gruppo Italiano Radiofrequenze e Terapia Fotodinamica Gisv Gruppo Italiano per lo Studio e la Terapia della Vitiligine Istd International Society of Teledermatology Sidec Società Italiana di Dermatologia Estetica e Correttiva SIDeLP Società Italiana dei Dermatologi Liberi Professionisti Sild Società Italiana Laser in Dermatologia Sildec Società Italiana Laser Chirurgia Dermatologica e Cosmetica Sircped Società Italiana di Radiofrequenza in Chirurgia Plastica e Dermatologia

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Hi Tech Dermatology - italian high tech network in dermatological sciences Il Network, con sede a Milano, Via della Moscova 42, ha come fine quello di creare una vera e propria rete di connessione tra medici specialisti che, operando nell’ambito della dermatologia e della chirurgia plastica, utilizzano dispositivi biomedici di alta tecnologia. Si propone pertanto di mantenere e sviluppare la formazione e l’aggiornamento professionale del dermatologo e del chirurgo plastico ed estetico al più alto livello della pratica clinica in merito agli impieghi delle tecnologie e dei dispositivi medico chirurgici. L’Associazione ha come sua caratteristica costitutiva l’interdisciplinarietà e, nell’espletare le sue attività, trova sedi idonee e confacenti i momenti congressuali delle varie società mediche e chirurgiche, con le quali il Network avrà ampia collaborazione. Di tale interdisciplinarietà il Network desidera fare propria peculiarità principale, in quanto l’Associazione non nasce come una nuova società scientifica, ma si costituisce con l’intento di rappresentare una realtà trasversale in cui tutti i professionisti di specialità affini, interessati all’impiego nell’ambito della loro professione di dispositivi ad alta tecnologia, possano affluire per scambiare le proprie esperienze e crescere in virtù di questi scambi. Inoltre l’Associazione si propone di valutare sia la qualità dei dispositivi medico chirurgici che i loro protocolli applicativi. Hi Tech Dermatology è presente on line con il suo sito ufficiale www.hitechdermatology.org e si avvale della pubblicazione della Rivista hi.tech dermo, che rappresenta la sua espressione scientifica. Sono soci dell’Associazione tutti coloro che, enti, persone fisiche e giuridiche, cooperano al progresso e allo sviluppo della scienza medica nel campo delle applicazioni della dermatologia e chirurgia plastica, estetica ricostruttiva, della dermatologia chirurgica e oncologica e della dermatologica estetica e correttiva, e che a tale progresso e sviluppo siano interessati. Sono presidenti onorari del Network i professori Luigi Rusciani Scorza e Nicolò Scuderi. Sono soci onorari i presidenti in carica delle società scientifiche di riferimento e personalità proposte e accettate dal consiglio direttivo. Il consiglio direttivo del Network è formato dal coordinatore: Pier Luca Bencini; vice coordinatore: Patrizio Sedona; segretario scientifico: Michela Gianna Galimberti; tesoriere: Gian Marco Tomassini; consiglieri: Marco Ardigò, Davide Brunelli, Marco Dal Canton, Giovanni Pellacani. Sono responsabili e coordinatori territoriali per l’Italia settentrionale Matteo Tretti Clementoni (email: mtretti@tin.it), per l’Italia centrale Claudio Comacchi (email: comacchidermatologia@interfree.it) e infine per l’Italia meridionale e insulare Federico Ricciuti (email: ricciutifederico@tiscali.it).



BOARD SCIENTIFICO

Direttore scientifico Pier Luca Bencini

Comitato di redazione Marco Dal Canton

Michela Gianna Galimberti

Michele Fimiani

Giovanni Pellacani

Giacomo Calzavara Pinton

Luigi Rusciani Scorza

Comitato scientifico Vincenzo Ansidei

Salvatore Curatolo

Alberto Massirone

Giovanni Fabio Zagni

Marco Ardigò

Antonino Di Pietro

Luciano Mavilia

Malvina Zanchi

Giuseppe Argenziano

Michela Gianna Galimberti

Santo Raffaele Mercuri

Cristina Zane

Enrico Bernè

Saturnino Gasparini

Massimo Papi

Nicola Zerbinati

Franco Buttafarro

Gianluigi Giovene

Federico Ricciuti

Giovanni Cannarozzo

Gabriella Fabbrocini

Corinna Rigoni

Giampiero Castelli

Massimo Laurenza

Mario Santinami

Claudio Comacchi

Caterina Longo

Gian Marco Tomassini

Anna Chiara Corazzol

Leonardo Marini

Gian Marco Vezzoni

Responsabili sezioni speciali Istopatologia

Imaging cutaneo

Oncologia cutanea

Vincenzo De Giorgi

Ausilia Manganoni

Diagnostica non invasiva

Direttore proceeding devices

Epidemiologia

Marco Fumagalli

Luigi Naldi

Medicina legale

Dermochirurgia oncologica

Riparazione tissutale

Giuseppe Guerriero

Marco Romanelli

Medicina legale

Imaging cutaneo

Giorgio Annessi Ignazio Stanganelli Valerio Cirfera Chirurgia plastica ricostruttiva

Bruno Bovani

Fisica e bioingegneria

Orazio Svelto

Farmacologia clinica

Stefano Veraldi

Pietro Rubegni

Giovanni Lombardi

Editors internazionali Peter Bjerring (DANIMARCA)

Martin Mihm (STATI UNITI)

Peter Soyer (AUSTRIA)

Glen Calderhead (GIAPPONE)

Harry Moseley (SCOZIA)

Mario Trelles (SPAGNA)

David Green (STATI UNITI)

Girish Munavalli (STATI UNITI)

Mariano Velez-Gonzalez (SPAGNA)

Sean Lanigan (REGNO UNITO)

Ercin Ozunturk (TURCHIA)

Maria Alejandra Vitale (SPAGNA)

Jean Luc Levy (FRANCIA)

Marc Roscher (SUD AFRICA)

Marwan al Zarouni (EMIRATI ARABI UNITI)

Claudia I.M. van der Lugt (OLANDA)

Xavier Sierra (SPAGNA)

Editors onorari Presidente Isplad

Andrea Romani

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Presidente Sidco

Giuseppe Zumiani

Presidente Sidemast

Giampiero Girolomoni

Presidente Aida

Cecilia Pravettoni



Corso FAD 2018 Allergie e intolleranze alimentari


EDITORIALE

Sidco-Isds Roma 2018: apriamo la nostra mente! Quest’anno il XXXIII Congresso della Società italiana di dermatologia chirurgica e oncologica (Sidco) si terrà ineditamente, insieme al XXXIX Congresso della International Society for Dermatologic and Aesthetic Surgery (Isds) il 7-10 giugno, presso Angelicum Pontificia Università San Tommaso D’Aquino (www.sidcoisds2018.com). Non si tratta di una concomitanza bensì di una vera joint venture che prevede un programma che combina le prerogative dell’una e dell’altra società scientifica e prevede la condivisione e il confronto diretto Pier Luca Bencini tra relatori nazionali e internazionali. Direttore scientifico La Sidco è una delle principali società scientifiche che rappresentano di hi.tech dermo la Dermatologia italiana, che da oltre 30 anni catalizza gli interessi di chi fa dermatologia chirurgica. La Società Italiana di dermatologia chirurgica e oncologica è stata fondata a Roma nel 1985; si caratterizza come associazione no-profit, si propone di promuovere, mantenere e sviluppare la ricerca originale nel campo della dermochirurgia sia oncologica sia estetica, nonché la promozione al più alto livello scientifico della pratica clinica, raccogliendo gli specialisti in dermatologia e i cultori della materia, che svolgono la propria attività dermochirurgica sia in campo oncologico sia in campo dermocosmetologico ed estetico. L’International Society for Dermatologic and Aesthetic Surgery (Isds) è una società scientifica internazionale nata 39 anni fa che si propone come forum per i dermatologi che offrono prestazioni chirurgiche ai loro pazienti, raggruppando iscritti da numerosi paesi del mondo. Ha un range di interessi sovrapponibile a quelli della Sidco ma con un più marcato orientamento per la dermatologia correttiva, ricostruttiva ed estetica. L’Italia ha già ospitato il 6-9 ottobre 1985 il 6° meeting annuale Isds a Roma (presidente Antonio Picoto, Portogallo), il 12-15 ottobre 1990 l’11° meeting annuale a Firenze (presidente Henry Roenigk, Usa) e il 25-28 ottobre 2007 il 28° meeting a Venezia (presidente Gerhard Sattler, Germania). L’Isds inoltre ha avuto come presidente nel periodo 1992-1994 il professor Luigi Rusciani Scorza di Roma, socio fondatore della Sidco, il quale ha contribuito molto a consolidare i rapporti tra le due società scientifiche. Nei decenni, entrambe le società scientifiche hanno vissuto trascorsi a tratti sofferti e si sono necessariamente evolute e adattate ai cambiamenti imposti dallo sviluppo del contesto della dermatologia. All’interesse prevalente per la chirurgia cutanea e oncologica, tuttora centrale, si sono progressivamente affiancati lo studio della medicina rigenerativa, la diagnostica, la cultura delle alte tecnologie − principalmente i laser e le sorgenti luminose e gli energy devices −, e della dermatologia correttiva ed estetica nelle più ampie accezioni.

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EDITORIALE

Il programma scientifico del joint congress Sidco-Isds 2018 comprende numerose sessioni comuni con relatori italiani e stranieri a confronto su hot topic in dermatologia chirurgica, oncologia ed estetica. Nella giornata di giovedì 7 giugno sono previsti: un corso hands-on sulla chirurgia di base e sulla chirurgia avanzata, quest’anno su modelli artificiali realistici caratterizzati dal progressivo grado di complessità e dettaglio, con il supporto di un nutrito gruppo di tutor italiani e internazionali, al fine offrire l’esperienza di un rapporto diretto e personale con i docenti (reponsabile: Gian Marco Vezzoni); un corso pratico sulla chirurgia di Mohs, con la possibilità di effettuare le colorazioni specifiche e simulare l’allestimento del preparato (responsabile: Massimo Gattoni); un corso di dermoscopia avanzata su lesioni pigmentate, NMSC e malattie infiammatorie (responsabile: Giuseppe Argenziano); un corso interattivo di dermatologia correttiva su filler, neuromodulatori, fili di sospensione, face & body rejuvenation, sullo stile dell’How I do It (responsabile: Fabio Steffè). Nella giornata di domenica 10 giugno è previsto un corso di live surgery presso le sale operatorie dell’Ospedale Cristo Re, con una corposa sequenza di corsi di chirurgia in diretta dalle sale operatorie, con la possibilità di vedere dal vivo e interagire, tramite la moderazione nell’aula magna dell’ospedale, con esperti chirurghi di fama internazionale: sono previsti interventi di interesse oncologico e ricostruttivo, interventi di chirurgia estetica e correttiva, procedure laser ed estetiche, quali filler, tossina botulinica, fili di sospensione, lipofilling e procedure laser (responsabile: Andrea Paradisi). Un ulteriore valore aggiunto del joint Congress è quest’anno l’interessante combinazione con il 3° meeting della Keloid Research Foundation (Krf), società scientifica fondata nel 2011 dal medico Michael H. Tirgan di New York, che promuove la ricerca di base, l’educazione, le attività di supporto e di servizio al paziente su questa problematica e controversa patologia cicatriziale. In conclusione, il congresso Sidco-Isds Roma 2018 si configura come un evento scientifico ricco di contenuti nei più svariati contesti della dermochirurgia, offrendo la possibilità di costruirsi un percorso di aggiornamento ampio personalizzato e di aprirsi la mente nel confronto con tutor, esperti, scienziati e opinion leader di chiara fama internazionale, provenienti da molti paesi del mondo. Un’esperienza per certi versi unica, nella cornice suggestiva e di impareggiabile bellezza, del cuore della città di Roma.

 Pier Luca Bencini, Marco Dal Canton

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DERMATOLOGIA ONCOLOGICA / lesione atipica della pelle

Caso clinico: lesione atipica della pelle che mima un melanoma Case report: an atypical lesion of the skin that mimics a melanoma

RIASSUNTO Il sarcoma dermico pleomorfo e il fibroxantoma atipico sono strettamente correlati, per via delle loro caratteristiche istologiche e immunofenotipiche e possono simulare altri tumori come ad esempio il melanoma. La diagnosi si basa sull’esame istologico, dopo escissione completa della lesione, confermata dalla negatività dei markers melanocitari e delle citocheratine. Presentiamo il caso di una lesione atipica della regione deltoidea sinistra che mimava clinicamente e dermoscopicamente un melanoma. PAROLE CHIAVE Melanoma, sarcoma dermico pleomorfo, fibroxantoma atipico

Andrea Naselli, Gabriele Parisi, Francesca Giusti, Victor Desmond Mandel, Silvana Ciardo, Giovanni Pellacani, Francesca Farnetani Dermatologia, Dipartimento Chirurgico, Medico, Odontoiatrico e di Scienze Morfologiche con interesse Trapiantologico, Oncologico e di Medicina Rigenerativa; Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia

ABSTRACT Pleomorphic dermal sarcoma and atypical fibroxanthoma are closely related, due to their histologic and immunophenotypic characteristics, and they can mimic other tumors such as a melanoma. The diagnosis is based on histological examination, after complete excision of the lesion, confirmed by the negativity of the markers of melanocytes and cytokeratins. We present a case report about an atypical lesion in the deltoid area like a melanoma. KEY WORDS Melanoma, pleomorphic dermal sarcoma, atypical fibroxanthoma

Riferimento per contatti: Silvana Ciardo – silvana.ciardo@gmail.com Conflitti d’interesse dichiarati: nessuno

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Il sarcoma dermico pleomorfo è una rara neoplasia dei tessuti molli che, per via delle sue caratteristiche cliniche, istologiche e immunofenotipiche, si ritiene essere intimamente correlato al fibroxantoma atipico (1,2). La diagnosi differenziale tra il sarcoma dermico pleomorfo e il fibroxantoma atipico si pone con il melanoma, il carcinoma squamocellulare, l’angiosarcoma a cellu-

le fusate e il leiomiosarcoma. Si presenta il caso di una lesione atipica della regione deltoidea sinistra che mimava clinicamente e dermoscopicamente un melanoma.

Caso clinico Giungeva alla nostra osservazione un uomo di 85 anni con una lesione della regione deltoidea si-

nistra comparsa da circa un anno e aumentata di dimensioni nel tempo. Il paziente non aveva comorbilità di rilievo e non assumeva farmaci a domicilio. All’esame obiettivo dermatologico la lesione si presentava di circa 3 x 3,5 cm, con pigmentazione non omogeneamente distribuita, a margini irregolari, limiti netti con un’area nodulare ulcerata di circa 1 cm

Fig. 1: immagine clinica della lesione localizzata alla regione deltoidea sinistra (a). Presenza alla dermoscopia di un reticolo atipico, della vascolarizzazione atipica, della crisalide e di aree asimmetriche grigie o marroni (b-d)

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DERMATOLOGIA ONCOLOGICA / lesione atipica della pelle

di diametro maggiore (fig. 1a). Valutando la lesione secondo la seven-point checklist revisionata (3) si riscontrava la presenza di

4 pattern dermoscopici riconducibili a una lesione melanocitaria atipica: un reticolo atipico, una vascolarizzazione atipica, la cri-

salide ed aree asimmetriche grigie e marroni (fig. 1 b-d ). La microscopia laser confocale eseguita sia sulla parte piana sia

Fig. 2: immagini di RCM eseguite sulla parte piana e sulla parte nodulare, assenza di cellule atipiche a livello epidermico (a-c) e presenza di cellule infiammatorie in assenza di nidi (b-d)

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DERMATOLOGIA ONCOLOGICA / lesione atipica della pelle

su quella nodulare della lesione non confermava il sospetto diagnostico di melanoma. Infatti, non si osservavano le classiche caratteristiche del melanoma al confocale (cellule pagetoidi, disorganizzazione dell’architettura della giunzione dermoepidermica, cellule melanocitarie atipiche all’interno dello strato basale e del derma papillare, nidi cerebriformi nel derma papillare) (4), ma la lesione presentava aspetti aspecifici non suggestivi di una lesione di natura melanocitaria (fig. 2). Pertanto, per un miglior inquadramento diagnostico si decideva di eseguire una biopsia cutanea mediante punch da 0,6 cm. Istologicamente si osservavano frammenti superficiali di neoplasia a cellule epitelioidi di grande taglia, con citoplasma eosinofilo, nuclei vescicolosi e nucleolo evidente, con focolai di necrosi e frammista componente infiammatoria linfoistiocitaria e granulocitaria eosinofila e neutrofila. Inoltre, le cellule sono risultate positive per CD10 e focalmente per CD68, mentre apparivano negative per tutti i markers melanocitari (proteina S100, melanoma cocktail, MiTF e SOX-10) e per le citocheratine ad ampio spettro MNF-116, cromogranina, desmina, actina, CD3, CD20, CD21, CD23, CD30 e mieloperossidasi. L’attività citoproliferativa (Mib-1) risultava essere pari al 30% circa. Il reperto istologico quindi deponeva per un tumore mesenchimale, escludendo un melanoma. La diagnosi differenziale istologica si poneva principalmente tra un fibroxantoma atipico e un sarco-

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ma dermico pleomorfo. Quest’ultimo però si caratterizza per un interessamento del tessuto sottocutaneo, non valutabile nel materiale bioptico prelevato. Pertanto, per una corretta diagnosi finale si programmava l’intervento di escissione chirurgica completa della lesione, ma il paziente è morto improvvisamente per un ictus ischemico prima di eseguire tale asportazione.

Conclusioni Il sarcoma dermico pleomorfo si riscontra generalmente in soggetti maschi anziani, si localizza con maggior prevalenza al cuoio capelluto e si presenta spesso ulcerato, sanguinante e a rapida crescita (1). Nel sarcoma dermico pleomorfo, così come nel fibroxantoma atipico, all’istologia si osservano delle cellule fusate, epitelioidi, pleomorfe e multinucleari (1). Le caratteristiche istopatologiche di malignità che distinguono questi due tipi di lesione sono l’infiltrazione del sottocute, la necrosi tumorale e l’invasione angiolinfatica (2). La diagnosi istologica sia nel caso di un sarcoma dermico pleomorfo sia di un fibroxantoma atipico deve essere avvalorata dalla negatività sia per tutti i marker melanocitari sia per le citocheratine (5). Nel nostro caso il sospetto clinico e dermoscopico di melanoma non è stato confermato dalla microscopia laser confocale che mostrava aspetti aspecifici non riconducibili a una lesione melanocitaria. Dopo la biopsia la diagnosi differenziale istologica si

poneva tra un fibroxantoma atipico e un sarcoma dermico pleomorfo ma soltanto l’escissione completa di tale lesione ci avrebbe permesso di giungere a una diagnosi definitiva di melanoma o sarcoma.

Bibliografia 1. Sharma SR, Meligonis G, Todd P. Uncommon skin cancer: pleomorphic dermal sarcoma. BMJ Case Rep 2018; 2018: pii:bcr-2018-224483. 2. Ardakani NM, Pearce R, Wood BA. Pleomorphic dermal sarcoma with osteosarcoma-like and chondrosarcoma-like elements. Pathology 2016;48(1):86-9. 3. Argenziano G, Catricalà C, Ardigo M, et al. Seven-point checklist of dermoscopy revisited. Br J Dermatol 2011; 164(4):785-790. 4. Pellacani G, Cesinaro AM, Seidenari S. Reflectance-mode confocal microscopy of pigmented skin lesions - improvement in melanoma diagnostic specificity. J Am Acad Dermatol 2005;53(6):979-85. 5. Nonaka D, Bishop PW. Sarcoma-like tumor of head and neck skin. Am J Surg Pathol 2014;38(7):956-65.




CALCIFILASSI / diagnosi e terapia

Calcifilassi: patogenesi, diagnosi e terapia Salvino Bilancini* Gabriella Lucchi* Massimo Lucchi* Pierluigi E. Mollo** Federica Pomella*** Giorgio Guarnera**** *Centro Studi Malattie Vascolari J F Merlen Frosinone **INI Città Bianca Veroli Frosinone ***Servizi Ambulatoriali Territoriali, Branca Angiologica, Asl Frosinone **** Aurelia Hospital Roma

Calciphylaxis: pathogenesis, diagnosis and treatment

RIASSUNTO La calcifilassi è una microangiopatia ostruttiva tipica dei pazienti dializzati o con insufficienza renale cronica terminale. Essa è caratterizzata da calcificazione della parete arteriolare con ostruzione e trombosi e provoca ulcere talora vaste e devastanti. La prognosi è grave, con una mortalità che può raggiungere l’80%. La terapia è complessa e necessita di una presa in carico multidisciplinare. La calcifilassi può talora colpire anche pazienti con funzionalità renale normale e in questi casi la diagnosi è molto difficile. La biopsia cutanea con esame istologico è sempre necessaria. PAROLE CHIAVE Calcifilassi, microangiopatia, insufficienza renale cronica

ABSTRACT Calcific uremic arteriolopathy, otherwise known as calciphylaxis, is a rare disease characterized by skin ulceration and tissue necrosis, likely the result of vascular calcification with accompanying intimal hypertrophy and small vessel thrombosis. It results in chronic non-healing wounds and it is usually fatal (mortality 80%). Therapy is complex and requires multidisciplinary care. A series of recommended treatments is proposed for optimal treatment of calciphylaxis lesions. KEY WORDS Calciphylaxis, vessel thrombosis

Riferimento per contatti: Salvino Bilancini - silviasilvietta@libero.it Conflitti d’interesse dichiarati: nessuno

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La calcifilassi è un’affezione tipica dei pazienti dializzati o affetti da insufficienza renale cronica terminale. Essa colpisce il microcircolo, soprattutto le arteriole e provoca ulcerazioni e necrosi cutanee dolorose. Istologicamente è caratterizzata da calcificazioni della media arteriolare e proliferazione intimale, complicata da trombosi e ischemia. Tali lesioni sono presenti sia nel derma sia nell’ipoderma (1). Tale patologia può però manifestarsi anche in pazienti con funzionalità renale normale o con insufficienza renale lieve o moderata (calcifilassi non uremica) (2). In tali casi i fattori di rischio sono: iperparatiroidismo, disregolazione dell’equilibrio calcio-fosforo, sesso femminile, razza bianca, quinta decade di vita, diabete, obesità, connettiviti, terapie cortisoniche, terapia con warfarin, trombofilia, epatopatia alcolica, terapia con calcio, vitamina D, ferro (tabella 1). In un caso di calcifilassi non uremica giunto alla nostra osservazione, la causa della calcifilassi si è rivelata essere una somministrazione troppo prolungata di paratormone sintetico (sei anni continuativi e non 24 mesi come da scheda tecnica) che aveva provocato un iperparatiroidismo iatrogeno, molto raro in letteratura. La sospensione del paratormone, sostituito da bifosfonati con conseguente normalizzazione del bilancio fosforo calcio e la terapia locale hanno portato alla guarigione dell’ulcera. La prognosi della calcifilassi è grave, con una mortalità a un anno del 45-80% che è circa il triplo

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TABELLA 1 - FATTORI DI RISCHIO DELLA CALCIFILASSI Iperparatiroidismo Disregolazione dell’equilibrio calcio fosforo Sesso femminile Razza bianca Quinta decade di vita Diabete Obesità Connettiviti Terapie cortisoniche Warfarin Trombofilia Epatopatia alcolica Terapia con calcio Vitamina D Terapia con ferro della mortalità dei dializzati senza calcifilassi. La causa di morte più frequente è la sepsi (3,4). L’incidenza di questa malattia è aumentata dall’inizio di questo millennio e si attesta al 5% nei dializzati (5). Dal punto di vista fisiopatologico la calcifilassi si divide in due fasi: > calcificazione della media e fibrosi intimale; > trombosi provocata dalla disfunzione endoteliale. Tutto parte da un punto di vista

patogenetico, da un’alterazione del rapporto calcio/fosforo e iperparatiroidismo secondario (6). Si distingue dalla osteodistrofia che colpisce le arterie di medio calibro con calcificazione intimale “a corona di rosario” e si associa ad aterosclerosi (6,7). Talora le due patologie si combinano con grave peggioramento del quadro clinico, in quanto all’alterazione microcircolatoria di tipo occlusivo si associa l’ischemia da ostruzione macrocircolatoria arteriosa.


CALCIFILASSI / diagnosi e terapia

In tale caso la prognosi è ancora più severa. La cascata patogenetica inizia con la trasformazione delle cellule muscolari lisce della media in osteoblasti. Ciò accade per l’iperfosfatemia, le tossine uremiche, i radicali liberi e la riduzione degli inibitori della calcificazione. I fattori di riparazione ossea e i radicali liberi attivano la calcificazione (8). L’infiammazione, tramite le citochine e il TNF (Tumor necrosis factor) attiva la coagulazione e riduce gli inibitori della trombosi (10). Nella calcifilassi non uremica questo sembra essere il meccanismo fondamentale, insieme all’iperparatiroidismo che è presente nel 27,8% dei pazienti. Altre concause sono: la leucemia mieloide cronica e altre neoplasie maligne (22,2% dei pazienti), l’epatopatia alcolica (16,7%) e le connettiviti (11,1%) (11). La calcifilassi può interessare le dita e la parte distale degli arti (forme distali), la parte prossimale degli arti, il tronco, i glutei, dove il sottocutaneo è più abbondante (forme prossimali) e i visceri (cervello, polmoni, intestino ecc.) nonché i muscoli scheletrici (12,13).

Figg. 1 a-b-c: lesioni precoci in fase di ulcerazione e pre-ulcerazione

Manifestazione clinica della calcifilassi La manifestazione clinica classica è costituita da placche dure, dolenti, che interessano anche il sottocutaneo, con livaedo racemosa che evolvono in escare nere e poi in ulcere, soprattutto nelle aree ricche di adipe, ma anche sulle estremità e talora sul pene (figg. 1-2).

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TABELLA 2 - DIAGNOSI DIFFERENZIALE Necrosi da Warfarin Sindrome da anticorpi anti fosfolipidi Trombocitopenia da eparina Purpura fulminans Crioglobulinemia Microembiolie da colesterolo

La diagnosi differenziale si pone con la necrosi da Warfarin, la sindrome da anticorpi anti fosfolipidi, la trombocitopenia indotta da eparina, la purpura fulminans, la crioglobulinemia, le microembolie da colesterolo, l’arteriopatia ostruttiva periferica, le vasculiti, le ulcere venose, le ulcere post-traumatiche, le ulcere neuropatiche, la vasculopatia da ossalato (tabella 2). Talora la diagnosi differenziale è difficile, per cui la biopsia è sempre necessaria (2).

Arteriopatia ostruttiva periferica Vasculiti Ulcere venose Ulcere post-traumatiche Ulcere neurotrofiche Vasculopatia da ossalato

Fig. 2: ulcera distale

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La terapia La terapia è innanzitutto locale con ampio debridment delle lesioni e medicazioni appropriate alla fase dell’ulcera, antibiotici se vi è infezione, sempre sulla base delle colture; talora è stata usata con successo l’ossigenoterapia iperbarica. Dal punto di vista farmacologico le terapia più usata è il tiosolfato sodico (12,5-25 g endovena in 3 minuti ad ogni dialisi), Cinacalcet, bifosfonati, sevelamer, vitamina K, analgesici (il dolore è talora intollerabile). È inoltre indispensabile mantenere un bilancio calcio-fosforo ottimale; alcuni autori hanno avuto buoni risultati aumentando la frequenza delle dialisi, altri con la paratiroidectomia (tabella 3). Di fatto nessuna terapia si è rivelata risolutiva e nessuna è stata in grado di cambiare la prognosi della malattia. È comunque sempre necessaria una gestione multidisciplinare del paziente che comprenda oltre all’angiologo e al dermatologo: il nefrologo, il cardiologo (la cardiopatia ischemi-


CALCIFILASSI / diagnosi e terapia

ca è spesso presente), l’internista (per la possibile compromissione multiviscerale), il chirurgo plastico (per eventuali interventi ricostruttivi sulle ulcere), il terapista del dolore.

Conclusioni In conclusione, la calcifilassi è una patologia poco frequente ma molto grave con prognosi severa; il sospetto diagnostico è facile nei casi in cui si presenti in pazienti dializzati o con insufficienza renale terminale, molto difficile nei pazienti con funzionalità renale normale. Essa deve essere comunque sospettata di fronte ad ulcere che sfuggono a un inquadramento eziologico preciso, soprattutto in

presenza di calcificazioni dermo ipodermiche alla diagnostica per immagini.

Bibliografia 1. Jeong HS, Dominguez AR. Calciphylaxis: controversies in pathogenesis, diagnosis and threatment. Am J Med Sci. 2016 Feb; 351(2):217-27. 2. Nigwekar SU, Kroshinsky D, Nazarian RM, Goverman J, Malhotra R et al. Calciphylaxis: risk factors, diagnosis, and threatment. Am J.Kidney Dis. 2015 Jul;66(1):133-46. 3. Fine A, Zacharias J. Calciphylaxis is usually non-ulcerating: risk factors, outcome and therapy. Kidney Int. 2002 Jun; 61(6):2210-7. 4. Nigwekar SU, Solid CA, Ankers E et al. Quantifying a rare disease in administrative data: the example of calci-

TABELLA 3 - TERAPIA DELLA CALCIFILASSI Terapia locale Antibiotici Analgesici Ossigenoterapia iperbarica Tiosolfato sodico Cinacalcet Bifosfonati Sevelamer Vitamina K Aumento di frequenza delle dialisi Paratiroidectomia

phylaxis. J Gen Intern Med. 2014 Aug; 29 Suppl 3:s724-31. 5. Rogers NM, Coates PT. Calcific uraemic arteriolopathy: an update. Curr Opin Nephrol Hypertens. 2008 Nov; 17(6):629-34. 6. Block GA. Control of serum phosphorus: implications for coronary artery calcification and calcific uremic arteriolopathy (calciphylaxis). Curr Opin Nephrol Hypertens 2001 Nov;10(6):741-7. 7. Bilancini S, Lucchi M, Mangiafico RA, Medolla A, Ferazzoli F et al. Peripheral obstructive arterial disease and carotid artery stenosin in end stage renal disease: a case-control study. Minerva Cardioangiol. 2008 Dec; 56(6):599-603. 8. Sowers KM, Hayden MR. Calcific uremic arteriolopathy: pathophysiology, reactive oxygen species and therapeutic approaches. Oxid Med Cell Longev. 2010 Mar-Apr;3(2):109-21. 9. Feng JQ, Xing L, Zhang JH et al. NF-kappaB specifically activates BMP-2 gene expression in growth plate chondrocytes in vivo and in a chondrocytes cell line in vitro. J Biol Chem. 2003 Aug 1;278(31):29130-36. 10. Saghazadeh A, Hafizi S, Rezaei N. Inflammation in venous thromboembolism: cause or consequence? Int Immunopharmacol. 2015 Sep; 28(1):655-65. 11. Nigwekar SU, Wolf M, Stems RH et al. Calciphylaxis from nonuremic causes: a systemic review. Clin J Am Soc Nephrol. 2008 Jul; 3(4):1139-43. 12. Eldstein CL, Wickham MK, Kirby PA. Systemic calciphylaxis presenting as a painful, proximal myopathy. Postgrad Med J. 1992 Mar; 68 (797):209-11. 13. Katsamakis G, Lukovits TG, Gorelick PB. Calcific cerebral embolism in systemic calciphylaxis. Nephrology. 1998 Jul; 51 (1):295-7.

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DERMATOLOGIA / psoriasi e mortalità

Psoriasi e mortalità: il destino scritto sulla pelle Un recente studio americano ha confermato

Luigi Naldi Direttore, Unità Complessa di Dermatologia Ospedale san Bortolo, Vicenza

l’associazione tra psoriasi grave e mortalità

Per secoli la pelle è stata ispezionata alla ricerca di segni che potessero servire a prevedere eventi futuri. Una delle pratiche più popolari in tutto il mondo è la chiromanzia, la lettura della mano, un’arte radicata nella cultura classica occidentale già documentata in Aristotele e ricordata da Plinio il Vecchio. Alcuni dati recenti, sembrano riportare

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in auge il ruolo “mantico” dell’esplorazione della pelle.

Lo studio di Joel Gelfand alla Penn University In un lavoro sul Journal of Investigative Dermatology, pubblicato nel gennaio 2018 dal gruppo di Joel Gelfand della University of Pennsylvania, sono state ana-

lizzate le informazioni raccolte all’interno dell’Health Improvement Network (Thin), un database gestito da medici di medicina generale del Regno Unito che riguarda circa 9 milioni di assistiti. Nel contesto del Thin è stato identificato un campione di circa 9.000 pazienti con psoriasi per i quali venivano raccolte informazioni e misure relative alla malattia cutanea, nell’ambito di uno studio definito come “Incident Health Outcomes and Psoriasis Events” (iHOPE). Ciò che è davvero sorprendente nei dati presentati dal gruppo di Gelfand è il fatto che una singola misura imprecisa come l’estensione della psoriasi in un singolo punto temporale, la Body Surface Area (BSA), fosse in grado di predire la mortalità nei cinque anni successivi. Quando la Body Surface Area era pari o superiore al 10%, la probabilità di morte aumentava di


circa 1,8 volte rispetto a soggetti adulti senza psoriasi dopo aggiustamento per età, sesso e un indice di comorbilità che prende in esame 19 categorie morbose, definito come indice di Charlson. La stima del rischio di morte non era sostanzialmente modificata quando venivano considerati, nella cosiddetta “sensitivity analysis”, l’indice di massa corporea (Body Mass Index, BMI), il fumo, il diabete e la storia di malattie cardiovascolari. Va notato che nessun aumento del rischio di morte era evidente nei soggetti con psoriasi con valore di BSA inferiore al 10%. La soglia del 10% nell’estensione della psoriasi sulla superficie corporea ha dunque un valore che va ben oltre la sua indicazione di coinvolgimento cutaneo. Gli autori hanno calcolato che ogni anno vi è una morte in eccesso ogni 390 pazienti con psoriasi grave non spiegata da fattori di rischio tradizionali e specificamente connessa con l’avere il paziente un’estensione della malattia superiore al 10% della superficie corporea.

Impatto della psoriasi sulla mortalità suggerito da studi precedenti L’associazione tra gravità della psoriasi e mortalità generale non è nuova, anche se, solo con lo studio di Gelfand sopra menzionato sono state fornite stime connesse con un preciso indice di coinvolgimento cutaneo. Già in precedenza nel 2007, lo stesso Gelfand aveva pubblicato un’analisi derivata da un diffe-

rente database inglese, il General Practice Research Database che copriva il periodo 1987-2002. Le analisi documentavano un aumento del 40% del rischio di morte per tutte le cause nei pazienti psoriasici gravi rispetto alle persone senza psoriasi, dopo aggiustamento per fattori di rischio noti per la mortalità. Nello studio, la psoriasi grave era definita come una malattia che avesse richiesto una terapia sistemica. Nel 2011, Robert Stern della Harvard Medical School di Boston presentava un’analisi, derivata dal famoso PUVA Cohort Study che mostrava come la mortalità tra i pazienti arruolati nella coorte fosse significativamente più alta di quella osservata nella popolazione generale dopo aggiustamento per età, sesso e data di arruolamento nello studio. Più recentemente, uno studio condotto in Danimarca nel periodo 1999-2011 da cardiologi dell’università di Copenhagen che classificava i pazienti come sofferenti di psoriasi lieve o grave in base al trattamento ricevuto, mostrava un aumento del tasso di morte nei pazienti psoriasici rispetto alla popolazione generale e un ulteriore aumento dei tassi nei pazienti con psoriasi grave rispetto a quelli con psoriasi di lieve entità. Infine, una recente analisi coordinata dal gruppo di Chris Griffiths dell’università di Manchester, basata sui dati del Clinical Practice Research Datalink (Cprd), un database di assistenza primaria del Regno Unito diverso rispetto a quelli studiati da Joel Gelfand, documentava la persistenza di un

eccesso di mortalità nei pazienti psoriasici in confronto a quelli senza psoriasi, in particolare nei gruppi di età più giovani durante il periodo 1999-2013, nonostante una diminuzione generale dei tassi di mortalità nella popolazione complessiva durante lo stesso periodo.

Mortalità, una misura cruciale per la salute pubblica La mortalità è senza dubbio la misura più importante dell’impatto di una malattia sulla salute della popolazione. Oltre all’età e al sesso, i principali fattori che influenzano i tassi di morte nelle popolazioni dei paesi sviluppati sono tutte quelle condizioni come il diabete, le malattie cardiovascolari o i tumori che possono influire direttamente sul funzionamento di organi vitali. Come può dunque la psoriasi essere collegata di per sé con un’aumentata mortalità? Il processo infiammatorio sistemico associato alla psoriasi grave, protratto nel tempo, potrebbe svolgere un ruolo. Che una grave infiammazione possa essere collegata alla mortalità è ben documentato, ad esempio per l’artrite reumatoide e il lupus eritematoso. Anche un processo infiammatorio localizzato a decorso cronico come la parodontite è stato collegato con un aumento dei tassi di mortalità per tutte le cause e più specificatamente per patologie cardiovascolari. È interessante notare che la parodontite è stata associata come comorbidità alla psoriasi. Entrambe le condizioni sono caratterizzate da un’infiammazione

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DERMATOLOGIA / psoriasi e mortalità

cronica originata da tessuti epiteliali e da uno stato infiammatorio che coinvolge i piccoli vasi dell’organismo. Una variabile potenzialmente importante nell’influenzare la mortalità che non è stata presa in considerazione dagli studi condotti finora è lo stato socioeconomico. Poco si sa su questo tema, in relazione alla psoriasi. La psoriasi non è stata collegata di per sé al reddito familiare o all’educazione, tuttavia, dati recenti di uno studio francese coordinato da Emmanuel Mahé hanno mostrato come un basso livello socioeconomico e un ridotto accesso ai servizi dermatologici siano associati a una maggiore gravità della malattia. Mentre un’associazione di psoriasi grave con aumento della mortalità sembra essere ben stabilita, ulteriori analisi dovrebbero essere condotte sui determinanti della mortalità nei pazienti psoriasici, senza dimenticare le variabili socioeconomiche cioè l’istruzione, il reddito familiare e lo stato civile che hanno un forte impatto sulla mortalità per tutte le cause in tutto il mondo.

Cosa può fare il dermatologo? Il dermatologo può, se vuole, fare molto almeno su due fronti. In primo luogo, dovrebbe porsi la domanda del se e quanto non sia utile anticipare la terapia sistemica anti-infiammatoria della psoriasi rispetto alle modalità correnti. Il paradigma di trattamento attualmente in auge, prevede una progressione dei trattamenti da quelli topici verso quelli siste-

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mici in funzione dell’estensione della malattia. Credo sia giunto il momento di saggiare, attraverso studi clinici randomizzati, l’efficacia di un breve corso di terapia sistemica, precoce nel prevenire la progressione di malattia e le comorbidità, in pazienti con psoriasi sostanzialmente lieve di recente insorgenza. Il trattamento sistemico ideale, in questo caso, dovrebbe avere un profilo di efficacia e sicurezza adeguato e un costo contenuto. In secondo luogo, si dovrebbe educare il paziente con psoriasi a ridurre altre cause evitabili di morbidità e mortalità associate alla psoriasi, come il fumo di sigaretta e il sovrappeso. È stato ripetutamente dimostrato che una riduzione del peso corporeo in pazienti con psoriasi sovrappeso od obesi è in grado di migliorare di per sé la psoriasi. Credo sia giunto il momento di cogliere fino in fondo la sfida.

Bibliografia 1. Gelfand JM, Troxel AB, Lewis JD, Kurd SK, Shin DB, Wang X, et al. The risk of mortality in patients with psoriasis: results from a population-based study. Arch Dermatol. 2007; 143:1493-9. 2. Naldi L, Conti A, Cazzaniga S, Patrizi A, Pazzaglia M, Lanzoni A, Veneziano L, Pellacani G; Psoriasis Emilia Romagna Study Group. Diet and physical exercise in psoriasis: a randomized controlled trial. Br J Dermatol. 2014;170:634-42. 3. Naldi L, Pezzolo E. Back to the future: looking at the skin to predict death-a lesson from psoriasis. J Invest Dermatol. 2018;138:20-22.

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MEDICINA ESTETICA / ringiovanimento cutaneo

Acido ialuronico e glicerolo per il ripristino del turgore dermico Una formulazione terapeutica per un effettivo ringiovanimento estetico e funzionale della pelle

Circa una decina di anni fa, Richard Glogau, professore in Dermatologia all’Università californiana di S.Francisco, classificava in quattro stadi il grado di fotoaging cutaneo. Questa scala, nata inizialmente per spiegare e semplificare le proposte terapeutiche di ringiovanimento, è diventata famosa in tutto il mondo con la dicitura “the Glogau wrinkle scale”: basti pensare che è stata citata sui siti web, da medici e industrie co-

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smetiche/farmaceutiche, più di 38.000 volte! Secondo la classificazione di Glogau (tabella 1) possiamo definire di: > Tipo 1, il paziente che non presenta rughe; > Tipo 2, il paziente che presenta rughe durante la mimica; > Tipo 3, il paziente che ha rughe visibili anche in posizione statica; > Tipo 4, il paziente che presenta “solo rughe”.

Alessandra Camporese Medico chirurgo estetico, docente della Scuola internazionale di Medicina estetica di Roma

Partendo da queste grandi classi, il dermatologo e il medico a indirizzo estetico possono valutare a grandi linee la severità e orientarsi verso la/le terapie da proporre al paziente poiché ogni classe sottintende altri cambiamenti generali della cute, come alterazioni della pigmentazione, colorito, texture, secchezza cutanea, fragilità dermo-epidermica, cambiamenti della tramatura cutanea, compromissione del microcircolo, perdita di tonicità ed elasticità, fino a cheratosi attiniche o lesioni tumorali.

Formulazione a base di acido ialuronico e glicerolo per il ringiovanimento della pelle In un progetto di ringiovanimento è quindi evidente che non basta riempire una ruga, ricreare un volume o eliminare la cute in eccesso, ma bisogna in primis ripristinare le condizioni ottimali per un recupero oggettivo della qualità della cute.


In un articolo antecedente (pubblicato su hi.tech dermo n. 1/2017) avevo accennato a varie forme di mesoterapia anti-aging; vorrei con questo breve testo presentare una forma di biostimolazione con acido ialuronico non modificato chimicamente ma stabilizzato dalla presenza di molecole di glicerolo. Da una valutazione clinica internazionale mi aveva colpito in particolare il miglioramento soprattutto in relazione al notevole recupero dell’elasticità e della compattezza della cute (grado di soddisfazione riferito dai medici alla fine del protocollo di 3 sessioni pari a 9.2/10); un’altra esperienza clinica era stata riportata dal dott. Micheels che proprio partendo dalla classificazione di Glogau riferiva come la formulazione a base di acido ialuronico e glicerolo, rappresentava un’arma terapeutica importante soprattutto nei pazienti con Glogau II e III e come già, dopo solo due sessioni di trattamento, fosse possibile non solo apprezzare clinicamente ma addirittura fotografare il cambiamento positivo di ringiovanimento. Ho testato sui miei pazienti questa biostimolazione arricchita e ho cercato di approfondire quali sono i meccanismi che potenziano l’azione dell’acido ialuronico e in che modo il glicerolo interviene ed è utile alla cute. Proprietà dell’acido ialuronico e del glicerolo Innanzitutto ricordiamo che l’acido ialuronico è tra i glicosaminoglicani (GAG), quello che presenta le catene più lunghe; è

composto da unità disaccaridiche ripetute di acido glucuronico e di N-acetilglucosamina ed è l’unico GAG che non si lega covalentemente a un asse proteico e non è solfatato. È considerato l’elemento centrale, ovvero l’impalcatura della matrice extracellulare in quanto si dispone nello spazio, in una conformazione aggregata includendo un gran numero di molecole d’acqua. Questo è possibile perché lo ialuronico presenta regioni idrofile e idrofobe, pertanto in soluzioni acquose si espande grazie alla repulsione

reciproca tra i gruppi carbossilici, andando a occupare un notevole volume e intrappolando acqua all’interno di questa struttura. Nelle formulazioni concentrate e/o con acido ialuronico ad alto peso molecolare, le catene di HA si aggrovigliano creando una rete continua ma porosa per effetto della cosiddetta “pressione di turgore”. Questa impalcatura molecolare è fondamentale per mantenere il grado di idratazione e turgidità, la forma e il tono del tessuto. Inoltre, la natura estremamente viscosa dell’acido ialuronico che è particolarmente

TABELLA 1 CLASSIFICAZIONE DEL FOTOAGING CUTANEO DI GLOGAU Tipo 1: “senza rughe” Età del paziente: 20-30 anni Fotoaging lieve Modeste anomalie pigmentarie Rughe lievi Assenza di cheratosi

Tipo 2: “rughe durante la mimica” Età del paziente: 30-40 anni Fotoaging moderato Comparsa di rughe presenti al movimento Lentiggini senili visilbili Pori della pelle più prominenti Primi cambiamenti nella texture della pelle

Tipo 3: “rughe visibili anche in posizione statica” Età del paziente: pari o superiore a 50 anni Fotoaging avanzato Discromie evidenti Cheratosi visibili Teleangectasie

Tipo 4: “solo rughe” Età del paziente: 60-70 anni Fotoaging severo Rughe presenti ovunque, a riposo o durante la mimica Cute giallo-grigiastra Pregressa neoplasia cutanea Lesione precancerosa della pelle (cheratosi attinica)

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presente nella zona pericellulare della matrice, contribuisce a ritardare la penetrazione di virus e batteri. Si ricorda infine che l’acido ialuronico svolge azione scavanger sui radicali liberi e antiossidante e che si lega attraverso tre classi principali di recettori di superficie: CD44, RHAMM e ICAM-1. Grazie dunque alle sue proprietà igroscopiche, reologiche e viscoelastiche l’acido ialuronico modifica il macro e micro ambiente circostante e mediante le sue complesse interazioni con le cellule e con gli altri componenti della ECM (matrice extracellulare), può influenzare le funzioni cellulari. Come è noto il limite dell’acido ialuronico esogeno, infiltrato a livello cutaneo, è il ridotto tempo di permanenza nei tessuti, sia per l’azione enzimatica delle ialuronidasi sia dei radicali liberi. Se, per quanto riguarda i filler a base di acido ialuronico, si è riusciti a stabilizzare questo polimero creando dei legami forti con l’aggiunta di agenti chimici (BDDE, DVS, PEG ), nelle terapie di biostimolazione si è cercato di aumentarne la stabilità attraverso legami idrogeno, cioè legami deboli che non modificano le proprietà biologiche dell’HA, ma che ne rallentano il riassorbimento. Nella formulazione in oggetto la stabilizzazione viene effettuata grazie alla sinergia con una molecola utile per la cute, il glicerolo. Ricordiamo che il glicerolo è una molecola endogena e che svolge un ruolo determinante nel

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meccanismo d’idratazione della cute. Questo composto organico presenta tre gruppi ossidrile –OH, fa parte dei trioli e deriva dai trigliceridi e dai fosfolipidi. Il suo ruolo principale è quello di catturare le molecole d’acqua che andrebbero disperse e di preservare la funzione barriera della superficie cutanea. Diversi studi hanno evidenziato come siano le AQP-3, proteine canale presenti nell’epidermide, che favoriscono il trasporto dell’acqua e del glicerolo presente dal derma fino agli strati epidermici superficiali, dove grazie alla sua spiccata proprietà igroscopica (ogni molecola di glicerolo può legare fino a 6 molecole d’acqua) limita la TEWL in quanto trattiene l’acqua nello strato corneo. Il glicerolo quindi è responsabile del mantenimento di un tasso di idratazione corretto che contribuisce anche a migliorare il grado di elasticità della cute. Viene riportato, inoltre, che il glicerolo sembra svolgere anche un ruolo importante nella biosintesi dell’epidermide (aumento della secrezione dei lipidi lamellari presenti tra lo strato corneo e lo strato granuloso) e che presenti un’azione antisettica locale. Nella formulazione di biostimolazione a base di acido ialuronico arricchito con glicerolo, non sfruttiamo solo le proprietà intrinseche delle due molecole ma la sinergia d’azione che, in base all’esperienza clinica, viene confermata da un più veloce recupero dell’elasticità e di idratazione della cute rispetto all’infiltrazione di solo acido ialuronico.

La sinergia è ottenuta dalle interazioni che si creano tra l’acido ialuronico ad alto peso molecolare (circa 3mio Dalton) e il glicerolo di grado farmaceutico. Come è risaputo queste due molecole presentano spiccate proprietà igroscopiche, quindi favoriscono il ripristino del turgore dermico, ma non solo. La sinergia si crea quando tra le piccole molecole di glicerolo (P.M. 92 Dalton) e le lunghe catene di acido ialuronico si creano dei legami idrogeno che stabilizzano la matrice idratata; i legami idrogeno sono comunque legami deboli e consentono il rilascio dell’acido ialuronico naturale in modo graduale (pensiamo a un effetto velcro, dove le due molecole si attirano e si lasciano), quindi la biostimolazione risulta prolungata. Il glicerolo oltre a stabilizzare l’HA (acido ialuronico), lega a sé altre molecole d’acqua che proteggono l’HA dall’attacco dei RL (radicali liberi), dalle pressioni meccaniche e termiche, favorendo un maggiore effetto di biostimolazione e quindi un ulteriore rallentamento della degradazione dell’HA.

Metodica utilizzata La maggiore idratazione, la maggiore permanenza nel derma dell’acido ialuronico e la presenza del glicerolo (importante soprattutto quando, per effetto del fotoaging delle alterazioni ormonali, diminuisce la secrezione di lipidi parte delle ghiandole sebacee) mette a disposizione un iniettabile che può essere molto


MEDICINA ESTETICA / ringiovanimento cutaneo

interessante per il trattamento di soggetti maturi o che presentano cute disidratata e con perdita di elasticità. Il trattamento può essere effettuato mediante infiltrazioni con ago a livello del derma medio o profondo (con tecnica a nappage, micropapule, lineare, a ventaglio o pomfo allungato) o con cannula, se si vogliono ridurre i punti di accesso. Personalmente adotto entrambe le tecniche a seconda del paziente e delle aree che desidero trattare. Questa formulazione mi ha dato grandi soddisfazioni soprattutto in aree difficili come il collo dove, più che in altri distretti, la perdita di turgore si traduce in perdita di elasticità e conseguente cedimento. Tratto questo distretto a micropapule e, se necessario, incanalo e inietto con lineare retrograda anche le collane di Venere. In base alla quantità iniettata e al tipo di pelle è possibile vedere i pomfetti per 48-72 ore. Per questo informo i miei pazienti prima del trattamento che, nella maggior parte dei casi, accettano di buon grado la visibilità dell’impianto in previsione del risultato estetico.

Il protocollo Il protocollo varia in base al grado di aging e/o di disidratazione soggettiva: in linea di massima si devono prevedere da 2 a 3 trattamenti con cadenza bi o trisettimanale e il mantenimento può avere una cadenza trimestrale o semestrale. Poiché questa terapia mira soprattutto al recupero dell’idratazione e a creare

l’ambiente fisiologico ottimale per l’attività cellulare; in alcuni pazienti abbino a questo trattamento anche infiltrazioni di soluzioni contenenti aminoacidi, sali minerali e vitamine per una stimolazione diretta con apporto di nutrienti.

Bibliografia 1. Laurent TC, Ogston AG. The interactions between polysaccharides and other macromolecules. Biochem J 1963; 89:249-53. 2. Aruffo A et al. CD44 is the principal cell surface receptor for hyaluronate. Cell. 1990; 61:1303-13. 3. Meyer LJ, Stern, R. Age-dependent changes of hyaluronan in human skin. J. Invest. Dermatol. 102(3) :358, 1994. 4. Presti D, Scott JE. Hyaluronan-mediated protective effect against cell damage caused by enzymatically produced hydroxyl (OH) radicals is dependent on hyaluronan molecular mass. Cell Biochem. Funct. 12 (4) :281-8, 1994. 5. Fraser JR, Laurent TC, Laurent UB. Hyaluronan: Its nature, distribution, functions and turnover. J. Intern. Med. 242(1) :27-33, 1997. 6. Toole BP. Hyaluronan: from extracellular glue to pericellular cue. Nat Rev Cancer. 2004 Jul;4(7):528-39. 7. Verdier-Sévrain S, Bonté F. Skin hydration: a review on its molecular mechanisms. J Cosmet Dermatol. 2007 Jun;6(2):75-82. 8. Fluhr JW et al. Glycerol and the skin: holistic approach to its origin and functions. Br J Dermatol. 2008 Jul;159(1):23-34. 9. Choi EH, Man MQ et al. Is endogenous glycerol a determinant of stratum corneum hydration in

humans? Invest Dermatol. 2005 Aug;125(2):288-93. 10. Hara M, Ma T, Verkman AS. Selectively reduced glycerol in skin of aquaporin-3-deficient mice may account for impaired skin hydration, elasticity, and barrier recovery. J.Biol Chem. 2002 Nov 29;277(48):46616-21. 11. Hara-Chikuma M, Verkman AS. Physiological roles of glycerol-transporting aquaporins: the aquaglyceroporins. Cell Mol Life Sci. 2006 Jun;63(12):1386-92.

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DERMATOLOGIA / trattamento del melasma

Melasma: gestione di una patologia “difficile” Il dermatologo oggi può tenere sotto controllo

Giuseppe Maria Izzo Specialista in dermatologia, Napoli

la patologia ma la battaglia non è ancora vinta

Il melasma rappresenta ancora oggi una patologia di difficile gestione e risoluzione: per noi può essere solo tenuta sotto controllo ma non guarita, se non in alcune sue forme cliniche.

Cosa è il melasma e come ne è interpretata l’eziopatogenesi oggi Questa complessa patologia viene fuori da una ipereccitabilità dei melanociti che, per tutta una serie di stimoli, iniziano a iperprodurre melanina determinando l’insorgere o il peggiorare del melasma. Qual è l’ eziopatogenesi del melasma secondo le più moderne rilevazioni e le più moderne ipotesi? Molteplici sono i possibili fattori eziopatogenetici di questa patologia: è stato dimostrato che è presente una familiarità del melasma, più accentuata in alcuni gruppi razziali, come ispanici e

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asiatici, specie con fototipo III/V. Ovviamente un ruolo molto importante è quello dell’esposizione ai raggi ultravioletti: è stata dimostrata l’importanza nel suo determinismo della cronica esposizione a dosi sub-eritematogene, che determina il continuo deposito di melanina nell’epidermide e nel derma con la comparsa delle lesioni cliniche della patologia in seguito all’iperstimolazione della melaninogenesi e della funzione dei melanofori, per azione diretta sul DNA melanocitario, mentre i raggi ultravioletti determinano il rilascio da parte della membrana del melanocita di diacilglicerolo e acido arachidonico, in grado di attivare citochine proinfiammatorie. Un ruolo importante è stato dimostrato per la reazione plasminogeno-plasmina, in grado da un lato di stimolare direttamente la melaninogenesi tramite l’al-

fa-MSH, dall’altro di indurla indirettamente tramite l’attivazione dell’acido arachidonico che, come abbiamo già anticipato prima, ha un azione proflogistica. Ovviamente, come è ben noto, un ruolo importante lo giocano gli ormoni femminili e anche i contraccettivi, mentre l’aumento dell’incidenza del melasma nei soggetti di sesso maschile può essere dovuto alla notevole prescrizione di finasteride che è un antiandrogeno. Queste molecole agiscono stimolando la TPR-1, che stimola la tirosinasi.

Il giusto approccio terapeutico domiciliare con una paziente affetta da melasma È importante una fotoprotezione molto alta, magari “attiva”, con depigmentanti nella sua formulazione. Vanno utilizzati continuativa-


Fig. 1: trattamento ambulatoriale di due pazienti affette da melasma sul viso

mente topici con attivi depigmentanti, magari in associazione nel medesimo preparato. Tra le molecole più utilizzate il “principe” è l’idrochinone con concentrazione media del 4 %, utilizzabile in Italia solo in formulazione galenica; questo è efficace nello schiarire le lesioni del melasma ma può dare notevole sensibilizzazione e danneggiare

Fig. 2: melasma epidermico

irreversibilmente i melanociti, oltre a un suo possibile effetto mutageno. Il medico deve saperlo utilizzare con un’adeguata “pulse terapy”, cicli di circa due mesi alternati ad altrettanti di sospensione, dove potrà utilizzare altre molecole. Tra queste ricordiamo l’arbutina, glucoside dell’idrochinone, molto meno irritante

ma anche molto meno efficace, salvo se inserita in un preparato con un veicolo adatto alla sua penetrazione nella cute; e ancora l’acido kojico, di discreta efficacia ma che può sensibilizzare la cute, l’acido fitico, che può essere inserito in preparazioni combinate, il Chromabright, dimetilmetossi cromanil palmitato, che è in grado di inibire la tirosinasi, a nostro giudizio utile nelle preparazioni combinate. Oltre a queste ce ne sono tante altre e vogliamo ricordare in particolare una molecola che ci ha intrigato molto, l’acido tranexamico che è in grado di agire sulla melaninogenesi con due meccanismi, attraverso l’inibizione della trasformazione del plasminogeno in plasmina, come abbiamo già detto in precedenza; sono presenti preparazioni topiche contenenti la molecola, spesso associata ad altri attivi che ne consentano la penetrazione (non è un agente peeling!).

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Fig. 3: melasma misto

Trattamenti ambulatoriali È nostra profonda convinzione, alla luce delle esperienze nostre e di quanto hanno pubblicato colleghi di tutto il mondo, che il melasma vada trattato “in guanti gialli”, cioè vada gestito utilizzando un buon trattamento domiciliare e una fotoprotezione molto alta insieme a metodiche che non determinino iperstimolazione dei melanociti, di per sé già ipereccitabili. Abbiamo utilizzato nel nostro passato la microdermoabrasione che ci era stata proposta come ottimo rimedio per migliorare la patologia, con effetti disastrosi di ipercromia post-flogistica e peggioramento del quadro clinico. Undici anni or sono abbiamo invece utilizzato il laser frazionato 1540 per trattare la patologia, perché Fda Approved per la cura del melasma. Il laser agisce in quanto non ablativo ma microcoagulativo, determinando microcolonne nella cute (microthermal zone) che facilitano l’eliminazione delle ipercromie anche profonde. Nella nostra ampia esperienza con il dispositivo, abbiamo riscontrato però che nel 50% dei

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pazienti si assisteva a un peggioramento del quadro clinico in seguito a un’importante ipercromia post-flogistica. Nella letteratura internazionale sono riportati successi anche con l’utilizzo della luce pulsata e del laser Neodimio Yag Q-Switched; ad onor del vero però sono riportati anche notevoli peggioramen-

ti del quadro clinico determinati sempre da una iperstimolazione melanocitaria. Siamo in attesa di positivi riscontri con l’utilizzo del picolaser che, secondo illustri colleghi come l’amico Matteo Tretti Clementoni, potrebbe eliminare le ipercromie senza “scaldare la cute” e quindi senza ipercromia

Fig. 4: una ipereccitabilità dei melanociti porta a iperprodurre melanina determinando l’insorgere o il peggiorare del melasma


DERMATOLOGIA / trattamento del melasma

zione minore (da utilizzare al termine della possibile lieve flogosi indotta dal trattamento, per evitare un’eventuale ipercromia post-flogistica). Le sedute devono avere una cadenza mensile e il risultato va valutato con documentazione fotografica alla luce di Wood dopo cinque sedute in media. Fig. 5: melanociti dermici perivascolari

post-flogistica. Nel trattamento del melasma abbiamo negli anni utilizzato moltissime formulazioni di peeling chimici: dalla pasta di Unna alla resorcina, all’acido glicolico da solo o in associazione a depigmentanti, all’acido salicilico, all’acido tricloroacetico da solo o con depigmentanti, con risultati variabili a volte incoraggianti, altre volte con ipercromia post-flogistica e peggioramento del quadro clinico. Abbiamo utilizzato molti agenti peeling soft seguiti da creme con attivi depigmentanti, solitamente in combinazione terapeutica. Secondo noi la via giusta oggi è questa: > terapia domiciliare prima e dopo ogni seduta ambulatoriale; > rigida fotoprotezione sempre, > soft peeling (acido mandelico, acido lattico, acido piruvico, acido salicilico anche in associazione); > crema contenente molecole schiarenti formulate in modo da agire nella cute (nanostrutturate o in liposomi) da tenere sul viso per 1/4 ore in rapporto alla sensibilità della cute della paziente; > crema domiciliare con gli stessi principi attivi in concentra-

Conclusioni Come chiusura di questo articolo, mi sento di affermare che ancora oggi il melasma non può scomparire, tranne nelle forme cosiddette transient type, quelle

cioè dove lo stimolo ormonale è solo transitorio, o per un’autoregolazione da parte del nostro organismo dell’alterazione alla base dello scatenarsi della patologia. La battaglia quindi non è vinta ma credo che oggi, alla luce anche dei numerosi studi scientifici sostantivati da istologia, microscopia confocale e biochimica, siamo sulla buona strada per comprendere fino in fondo questa patologia così diffusa e così antiestetica.

Fig. 6: le sedute ambulatoriali devono avere una cadenza mensile e il risultato va valutato con documentazione fotografica alla luce di Wood dopo cinque sedute in media

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MEDICINA ESTETICA / esposoma e invecchiamento cutaneo

Invecchiamento cutaneo indotto dall’esposoma Agenti ambientali e stili di vita sbagliati possono favorire l’aging del derma

Dagli studi scientifici più recenti (1) effettuati su processi e cause dell’aging cutaneo è emerso che l’80% dei segni dell’invecchiamento è dovuto all’azione costante degli agenti ambientali progressivamente accumulata sulla nostra pelle nell’arco della vita, e che solo il 20% sia dovuto a un invecchiamento intrinseco legato alle caratteristiche genetiche e all’invecchiamento cronologico fisiologico. Il termine esposoma è stato creato nel 2005 da Cristopher Wild, direttore del Centro internazionale per la ricerca sul cancro (ICRC), per indicare come l’impatto cumulativo dei fattori interni ed esterni quali fattori ambientali, biologici, comportamentali ed emozionali ai quali siamo esposti ripetutamente nel corso della nostra vita, rappresenti un insieme di agenti scatenanti il processo di invecchiamento cutaneo.

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Esposoma: agenti responsabili dell’invecchiamento cutaneo Luce solare La luce solare risulta uno dei principali nemici della pelle, a partire dai raggi UVA, UVB, IR, sino a tutto lo spettro della luce visibile. Gli UVA, presenti tutto l’anno con un andamento sovrapponibile alla luce del sole, dall’alba al tramonto anche durante il periodo invernale, sono responsabili della pigmentazione per stimolazione alla melanogensi, non sono filtrati dal vetro e penetrano in profondità nella pelle sino al derma, risultando responsabili del fotoinvecchiamento, della comparsa di ipermelanosi − quali lentigo solari e melasma −, sino alla formazione di lesioni cutanee precancerose cheratinocitiche. I raggi UVB sono presenti soprattutto nelle ore centrali della giornata, maggiormente nel periodo estivo, sono responsabili dell’e-

Magda Belmontesi dermatologo Docente Scuola Superiore Medicina Estetica Agorà Milano Docente Master Medicina Estetica, Università Pavia Docente Scuola Medicina Estetica Sime, Fatebenefratelli Roma

ritema e della scottatura solare, sono filtrati dal vetro e vengono bloccati alla superficie epidermica. Per entrambi i raggi UV esistono specifiche protezioni solari, sia filtri chimici sia schermi fisici, in grado di ridurne la potenza di penetrazione e aggressività sulla cute. I raggi IR (infrarossi), responsabili del calore e prodotti sia dal sole sia da fonti di riscaldamento (ad esempio stufe, forni ecc.) si dividono anch’essi in: IRA, IRB, IRC; in particolare gli IRA sono i più pericolosi per la salute e la giovinezza della pelle, in quanto penetrano a tutto spessore nella cute, dall’epidermide al derma sino al tessuto sottocutaneo attaccando selettivamente i fibroblasti, le cellule dermiche che producono collagene, elastina e acido ialuronico, minando così severamente la loro attività cellulare. Verso queste radiazioni non esiste una protezione specifica ma bisogna


ricorrere all’utilizzo di attivi antiossidanti in grado di contrastare lo stress ossidativo e i danni cellulari indotti dai radicali liberi prodotti dai raggi IRA. Inquinamento ambientale Altro responsabile dell’invecchiamento cutaneo legato all’esposoma è l’inquinamento ambientale, in particolare sia il particolato quali microparticelle di metalli pesanti e polveri sottili, sia i gas quali ozono atmosferico, biossido di zolfo e biossido di azoto; anche in questo caso la produzione di radicali liberi indotti dall’esposizione a queste sostanze abbatte le difese antiossidanti del nostro organismo rendendo le cellule facili bersagli agli attacchi ossidativi e ai conseguenti danni irreversibili a carico del

patrimonio genetico cellulare. Stili di vita sbagliati Accanto agli agenti ambientali si sommano i danni indotti dalle abitudini di vita sbagliate, quali fumo, alimentazione squilibrata o diete sbilanciate, stress, stanchezza, abuso nell’assunzione di alcolici. Anche in questo caso, il danno è indotto dall’accumulo dello stress ossidativo a carico delle cellule cutanee con conseguente accelerazione dei processi di invecchiamento.

Conclusioni Il risultato clinico di questo insieme di aggressioni costanti e quotidiane alla nostra pelle si traduce nella comparsa di microrughe e

rughe, macchie scure e discromie con perdita dell’uniformità della pigmentazione, colorito spento, perdita di tono, compattezza e tonicità, segni evidenti dell’accelerato danno da invecchiamento cutaneo. Pertanto l’utilizzo topico quotidiano di fotoprotezione UVA-UVB con associazione di pool antiossidanti, quali vitamina E, vitamina C, polifenoli accanto a un regime alimentare sano e bilanciato sono, allo stato attuale, i migliori alleati per contrastare i danni cutanei indotti dall’insieme degli agenti aggressivi dell’esposoma. Bibliografia 1. Krutmann J, Bouloc A, Sore G, Bernard BA, Passeron T. The skin aging exposome. J Dermatol Sci. 2017 Mar;85(3):152-161.

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CONGRESS REPORT / 19° Congresso Agorà

Principali cause di alopecia giovanile cia occipitale del neonato che colpisce quasi tutti i bambini ed è correlata non al trauma del cuscino, come spesso si pensa, ma piuttosto a un ritardo della “muta” dei capelli occipitali.

3 Fiorella Bini

La caduta dei capelli sembrerebbe un problema sostanzialmente dell’età adulta. Esistono però delle condizioni in cui può esserci una caduta abnorme anche durante l’infanzia. Si è scoperto infatti che i primi follicoli dei capelli si sviluppano a partire già dalla nona settimana di gestazione e che a circa venti settimane il cuoio capelluto è del tutto completo. Nella fase di gestazione i capelli del feto restano nella fase attiva (anagen), ma vanno incontro alla fase di quiescenza (telogen) in prossimità del parto; sono quindi destinati a cadere dopo la nascita. Fiorella Bini, dermatologo tricologo a Firenze, ha illustrato in occasione del 19° Congresso Agorà di Milano le cause principali di alopecia in giovane età. Principali alterazioni del fusto durante l’infanzia I capelli rappresentano un elemento molto importante per gli individui fin dai primi momenti della vita. «Tra il sesto e il settimo mese di gravidanza», spiega la dottoressa Bini, «il feto è ricoperto da una fine peluria, il vello fetale, che in seguito perde; verso la fine dell’ottavo mese, questa lanuggine tende a cadere per essere sostituita, nelle settimane successive, dai primi capelli». Le mamme sono spesso preoccupate per l’alope-

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Atrichia congenita, ipotrichia congenita, Aplasia Cutis Tra le alterazioni congenite del fusto importanti abbiamo: l’atrichia congenita (autosomica dominante), l’ipotrichia congenita (autosomica recessiva), l’Aplasia Cutis. Quest’ultima forma di alopecia si presenta alla nascita come un’area di varia grandezza in cui mancano non solo i capelli ma anche la cute: in questa zona si formerà una cicatrice spessa priva di capelli. Anch’essa ereditaria, si sviluppa prevalentemente nella zona del vertice. Alopecia triangolare temporale o frontale Capita spesso di vedere l’alopecia triangolare temporale o frontale congenita. «Si tratta di una chiazza già presente alla nascita, totalmente priva di capelli o con presenza di peli vellus; in genere è circoscritta e come tale di scarso rilievo estetico, dal momento che viene facilmente coperta dai capelli contigui. Talvolta è associata a malformazioni e problemi di alcuni organi, oltre alla pelle», afferma Fiorella Bini. Tra le alterazioni a carico del fusto abbiamo quelle della pigmentazione: l’albinismo riguarda un’alterazione della melanogenesi di tutti i peli del corpo; mentre il piebaldismo interessa soltanto una chiazza, una zona del cuoio capelluto, magari associata anche a un’ipopigmentazione vitiligoidea della cute contigua o delle ciglia o delle sopracciglia. Monilethrix Tra le alterazioni del fusto il Monilethrix è una malattia genetica in cui i capelli hanno un’alterazione della struttura: hanno calibro variabile e struttura fragile con rottura del fusto e mancato allungamento, con apparente diradamento della capigliatura. I


Fig. 1: a sinistra, alopecia androgenetica; a destra, alopecia carenziale

bambini che presentano questo tipo di alterazione, apparentemente hanno una capigliatura diradata che non si allunga. Sindrome dei capelli impettinabili La sindrome dei capelli impettinabili è anch’essa considerata ereditaria, porta alla crescita di capelli sempre arruffati, impossibili da sistemare e spazzolare, che danno un aspetto disordinato ai pazienti. Tutto questo deriva dal fatto che i capelli hanno una sezione triangolare, con depressione lungo il fusto. È più evidente tra i 3 mesi e i 12 anni di età e migliora nell’adulto. Alterazioni infettive del cuoio capelluto Le alterazioni acquisite del cuoio capelluto sono prevalentemente infettive come Tinea Capitis microsporica che si apprezza come chiazza unica di 5-6 cm di diametro, eritemato-squamosa, infatti il fondo si presenta arrossato ma soprattutto coperto da squame; i capelli sono tronchi ma tutti uguali tra di loro, a “prato falciato”. Invece la Tinea Capitis tricofitica è legata a funghi del genere Tricophyton che prevalgono nella popolazione rurale: presenta delle chiazze multiple, di piccole dimensioni (1-2 cm), anch’esse eritemato-squamose e coperte da capelli troncati a diversa altezza, alternati a quelli sani. In questi casi è indispensabile ricorrere alla terapia sistemica. «Esistono due affezioni,

il Kerion Celsi e la Tinea Favosa, in cui il processo infiammatorio è così intenso che la capigliatura è distrutta e viene sostituita da zone cicatriziali», spiega il medico tricologo. Il Kerion Celsi è anch’esso legato al genere Tricophyton, si manifesta come una chiazza rilevata, suppurata e crostosa ed esita in alopecia cicatriziale perché i processi infiammatori portano alla distruzione del follicolo. La Tinea Favosa, rarissima, si presenta come multiple chiazze eritemato-squamose centrate da una pustola, lo scutulo, e dal caratteristico odore di orina di topo. Per queste alterazioni acquisite, infettive cicatriziali, occorre una terapia sistemica quanto più precoce possibile, per limitare il danno permanente alla capigliatura. Puntura di zecca Anche la puntura di zecca può dare origine ad alopecia. Infatti la zecca inocula col morso sostanze anticoagulanti, ed è ormai noto che queste causino la caduta (transitoria) dei capelli. Può capitare che i bambini o anche gli adulti vengano punti da una zecca: se questo avviene a livello del cuoio capelluto, si può verificare un’area di alopecia intorno al morso della zecca. Tricotillomania La tricotillomania rappresenta un capitolo molto importante della caduta dei capelli in età adolescenziale e infantile; è l’abitudine compulsiva che induce

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CONGRESS REPORT / 19° Congresso Agorà

a strapparsi ripetutamente peli o capelli e riguarda non solo il cuoio capelluto ma anche sopracciglia, ciglia, e dopo la pubertà, l’area pubica. È più frequente nei bambini che negli adulti e soprattutto allorquando ci siano situazioni difficili. Nei bambini, il picco di incidenza è tra i 2 e i 6 anni. Tante volte si vedono bambini che, mentre succhiano il dito, toccano le sopracciglia oppure arricciano la capigliatura. Questo può essere un gesto innocente ma talvolta può rappresentare l’inizio di una tricotillomania che porta a quadri ben più gravi. È ipotizzato un disturbato rapporto con i genitori che “infantilizzano” i figli nel tentativo di risolvere i loro stessi conflitti di dipendenza e autonomia, ma è frequente l’evento scatenante, un momento di stress: spesso il soggetto segue un vero e proprio rituale e viene calmato dal distacco del capello o del pelo. Clinicamente la tricotillomania si presenta in forma bizzarra: le lesioni sono in genere singole ma anche molto estese, con chiazze irregolari per forma e dimensioni, con fusti spezzati o asportati in toto, di lunghezza differente; le sedi ovviamente sono quelle più facilmente raggiungibili, quindi le regioni fronto parietali. Se noi le guardiamo più da vicino con una lente o con un tricoscopio vediamo zone non completamente glabre, con peli tronchi e spezzati, cute ispida al tatto, escoriazioni e lesioni crostose, focolai emorraggici intra e perifollicolari. I follicoli danneggiati possono dare origine a capelli deboli e contorti con aspetto a cavatappi fino a quadri di vera e propria alopecia cicatriziale; qualche caso può essere accompaganto da tricofagia, cioè alcuni di questi pazienti staccano i capelli e se li mangiano; la complicanza più severa è la formazione di tricobezoari (un accumulo di capelli all’interno della cavità gastrica, che ne rappresenta una sorta di calco). «Quando la tricotillomania è una risposta a una transitoria situazione di stress», afferma la dottoressa Bini, «la prognosi è eccellente però i genitori sono un po’ l’ago della bilancia per la guarigione di questi bambini. I problemi dei bambini devono essere discussi con i loro genitori e talvolta può essere utile un supporto psicoterapico. La diagnosi talora è rifiutata dai genitori che non hanno osservato il bambino mentre si strappava i capelli e trovano inaccettabile credere che il problema sia una sorta di autopunizione».

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Alopecia areata: diagnosi e terapia Un altro quadro importante e frequente è l’alopecia areata. «Questa è un’alopecia non cicatriziale, quindi reversibile, ha un esordio acuto con un’improvvisa caduta dei capelli in chiazze e colpisce varie zone del corpo», spiega Fiorella Bini. La causa scatenante è spesso ignota; si parla di predisposizione genetica ma soprattutto di una patogenesi autoimmune. Alcuni negano il ruolo svolto da fattori emotivi e caratteriali ma molto spesso c’è un’associazione con una perdita o un disagio da parte di questi bambini. La chiazza dell’alopecia areata può essere unica o possono essere multiple; le sedi sono varie: prevalentemente cuoio capelluto (ofiasi) ma anche le ciglia, le sopracciglia e, dopo la pubertà, i peli sessuali. L’estensione può essere variabile: da una o più chiazze all’alopecia totale che praticamente colpisce l’intero cuoio capelluto, all’alopecia universale che colpisce tutto l’organismo. Le caratteristiche della chiazza sono diverse da quelle della tricotillomania. I limiti sono netti, c’è assenza di processi infiammatorio-desquamativi come invece vediamo nelle micosi, assenza di croste e di lesioni traumatiche; la cute si presenta liscia, quasi completamente glabra. È causata da un trauma improvviso e intenso sui follicoli piliferi di una determinata area che fa praticamente cadere questi capelli in fase anagen. Al tricoscopio vediamo gli yellow dots, piccole depressioni rotondeggianti di colorito giallastro; peli a punto esclamativo, peli corti, tronchi a 2-3 mm dall’ostio follicolare con una base più stretta rispetto alle estremità, per alterazione dei processi di cheratinizzazione; peli cadaverizzati o black dots: punti neri all’interno degli osti follicolari costituiti da peli fratturati e frammentati all’interno dell’infundibolo; peli in ricrescita (inizialmente bianchi). Nell’alopecia areata incognita il diradamento è diffuso e non sono evidenti le tipiche chiazze; visibili Yellow dots e capelli in ricrescita. Per la diagnosi di alopecia areata si consigliano accertamenti ematochimici generali, mirati a individuare altre patologie autoimmunitarie: tiroiditi, celiachia. Per la terapia si procede con cortisonici per via locale e sistemica e richiesta di test cognitivi e di personalità. Lara Romanelli


Utilità della dermoscopia nella diagnosi delle lesioni del volto

3 Carlotta Gasparini

In occasione della Giornata specialistica in Dermatologia, durante l’ultima edizione del congresso Agorà di Milano, la dermatologa Carlotta Gasparini ha presentato l’utilità della dermoscopia nella diagnosi delle lesioni del volto. La dermoscopia nella valutazione delle lesioni cutanee «Negli ultimi anni abbiamo assistito a una crescita esponenziale delle richieste di trattamento delle lesioni pigmentate del volto» afferma la dottoressa Gasparini «e anche di quelle non pigmentate». La richiesta di trattamenti terapeutici idonei, oltre a essere legata a serie motivazioni cliniche, è attualmente stressata da motivazioni di ordine estetico. Lo sviluppo di mezzi terapeutici farmacologici e strumentali è, ad oggi, in grado di soddisfare questa domanda ma a fronte di questa molteplice disponibilità di interventi terapeutici, è necessario stabilire la diagnosi più accurata al fine di predisporre trattamenti appropriati per i diversi tipi di lesioni. Le difficoltà diagnostiche delle lesioni del volto sono certamente legate alla peculiare anatomia della cute di questo distretto e alle modificazioni di questa, indotte dal photoaging. In quest’ultimo caso, infatti, risulta spesso difficile porre ad occhio nudo una corretta diagnosi differenziale

tra lentigo solare, lentigo maligna, cheratosi attinica pigmentata e lichen planus-like keratosis. La dermoscopia in epiluminescenza risulta una metodica diagnostica particolarmente utile nella valutazione delle lesioni dell’estremo cefalico, offrendo un miglioramento dell’accuratezza diagnostica rispetto alla sola osservazione clinica fino al 35%. «Anatomicamente al volto, le creste interpapillari risultano pressoché appiattite; pertanto, all’osservazione dermoscopica le lesioni melanocitarie di tale distretto non realizzano una vera e propria rete, bensì un disegno a maglie, talvolta grossolano, definito pseudoreticolo», spiega Carlotta Gasparini. «Lo pseuroreticolo» continua la dermatologa «può essere osservato sia in lesioni melanocitarie, benigne o maligne, sia in lesioni non melanocitarie e apparirà regolare per forma e colore nelle lesioni melanocitarie benigne e irregolare in quelle maligne». La lentigo maligna è caratterizzata dermoscopicamente dalla presenza di punti/globuli grigio-blu e strie pigmentate grigiastre che, aggregandosi intorno ai follicoli, danno luogo a strutture granulari anulari. L’addensarsi di queste strutture anulari porta alla costituzione di uno

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CONGRESS REPORT / 19° Congresso Agorà

pseudoreticolo grigiastro. Un altro aspetto tipico è rappresentato dai follicoli pigmentati asimmetricamente, caratterizzati dalla presenza di una iperpigmentazione anulare eccentrica, di colore bruno-nerastro o grigio-nerastro. Quando le strie pigmentate tendono ad allungarsi e a incrociarsi intorno ai follicoli si realizza un pattern peculiare della lentigo maligna, cioè le strutture romboidali bruno-grigiastre o nerastre. Nelle fasi più avanzate è possibile riscontrare aree di pigmentazione omogenea bruno-grigiastre o nerastre che tendono progressivamente a ostruire gli sbocchi follicolari. La cheratosi seborroica e la lentigo senile (che di fatto è una cheratosi iniziale maculare), invece, presentano all’osservazione dermoscopica uno pseudoreticolo giallo-brunastro, strutture a im-

ERRATA CORRIGE Ci scusiamo per l’errore di pubblicazione (hi.tech dermo 1/2018 pag. 29) relativo alla rimozione di determinati colori nei tatuaggi con l’utilizzo dei laser: 1064 è la lunghezza d’onda corretta per il bianco, nero e blu; mentre 694-755 per i colori verdi, azzurri, violetti, pastello. La versione corretta dell’articolo è pubblicata online al seguente link: https://issuu.com/griffinsrl/docs/ hi.techdermo-01-2018

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pronta digitale e un caratteristico bordo morsicato. «La cheratosi attinica pigmentata», spiega Carlotta Gasparini, «si presenta spesso con uno pseudoreticolo costituito da strutture granulari anulari di colore bruno-grigiastro e talora grigio-nerastro, così da simulare, talvolta, la lentigo maligna in fase iniziale». Anche per le lesioni non pigmentate la demoscopia, grazie all’identificazione di specifici criteri recentemente descritti in letteratura, può risultare di grande ausilio diagnostico soprattutto per la corretta identificazione della cheratosi attinica e del carcinoma squamoso invasivo, nonché per l’identificazione delle cheratosi attiche che evolvono o, eventualmente, sono già in una fase di progressione verso il carcinoma squamoso invasivo. Le cheratosi attiniche non pigmentate sono caratterizzate all’osservazione dermoscopica dalla presenza di un eritema di fondo che, disponendosi attorno agli sbocchi follicolari, costituisce uno pseudoreticolo rossastro. I follicoli risaltano su questo fondo rossastro in quanto circondati da un tipico alone biancastro e inoltre molti sbocchi follicolari appaiono occupati da tappi cheratosici giallastri, così da assumere un aspetto “a bersaglio”. La combinazione degli aspetti morfologici dello pseudoreticolo rossastro e degli sbocchi follicolari è stata descritta con il suggestivo termine di “aspetto a fragola”. In letteratura, è stato proposto un interessante modello di progressione della cheratosi attica verso il carcinoma squamoso invasivo e, senza dubbio, uno degli step più importanti di tale progressione è la graduale scomparsa dello pseudoreticolo rossastro e la comparsa dello starbust pattern che rappresenta lo start verso il carcinoma squamoso intra epidermico. «Possiamo quindi concludere», afferma la dottoressa Gasparini, «che la dermoscopia, pur fornendo notevoli contributi alla diagnostica, presenta dei limiti e quindi è assolutamente indispensabile, nei casi dubbi, eseguire un prelievo bioptico». Anche in questo caso però, gioca un ruolo fondamentale poiché è in grado di indicarci la sede dove effettuare il prelievo. Lara Romanelli



PSICODERMATOLOGIA

Il dermatologo e la gestione dello stress Lo stress psicofisico è in stretta relazione con la comparsa e la cronicizzazione di molte malattie infiammatorie 3 Mariella Fassino

La parola stress è entrata nel lessico della modernità invadendo gli spazi della comunicazione, da quelli colloquiali per cui diciamo che una persona è stressata o ci sentiamo stressati, a quelli scientifici dove ne testiamo la qualità e la quantità. Il termine fu utilizzato all’origine, in fisica dei metalli e designava la forza che bisogna applicare a un materiale per realizzarne la rottura e sondarne la resistenza; si è esteso in seguito alla biologia e alla psicologia per alludere a situazioni, a eventi che si insinuano o irrompono nella vita di un individuo creando tensioni e rotture. In medicina il concetto di stress ha trovato largo consenso, diventando terreno condiviso tra medici e pazienti che utilizzano spesso i termini: situazione stressante, stressor, stressogeno, stressato, sotto stress, anti-stress, life stress events, post-traumatic stress, distress, eustress. In dermatologia è un dato ormai sempre più condiviso che le situazioni stressanti siano in stretta relazione con la comparsa, cronicizzazione e acutizzazione di molte malattie infiammatorie. Le emozioni Quando parliamo di stress ci pare di sapere intuitivamente di cosa parliamo, ma nello stesso tempo qualcosa ci sfugge. Parliamo di emozioni, di traumi, di vicende umane complesse e dolorose, di carico emotivo? E se parliamo di emozioni a cosa alludiamo? Le emozioni sono modificazioni del corpo e della mente che originano in tutti gli individui nell’intera-

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zione sociale e che sfumano nei sentimenti ad esse connesse. Gli antropologi hanno studiato le emozioni anche nelle popolazioni primitive rilevandone due gruppi principali: le emozioni primarie e le emozioni secondarie: > le emozioni primarie, quelle universali che ritroviamo in tutte le popolazioni senza distinzione di cultura e di etnia sono la rabbia, la paura, la tristezza, la gioia, la sorpresa, il disprezzo e il disgusto; > le emozioni secondarie originano dalla combinazione delle emozioni primarie con l’ambiente e si sviluppano insieme alla crescita dell’individuo, essendo connotate culturalmente e sono l’allegria, l’invidia, la vergogna, l’ansia, la rassegnazione, la gelosia, la speranza, il perdono, l’offesa, la nostalgia, il rimorso, la delusione, la frustrazione. La nostra vita si tinge quotidianamente dei colori delle emozioni e quando sono negative possiamo sentirle, riconoscerle e maneggiarle con difficoltà tendendo a viverle più nel corpo che nella mente. In questi casi preferiamo parlare di stress, un modo per semplificare le complicate interazioni tra ciò che viviamo nelle relazioni sociali e ciò che sentiamo dentro il nostro corpo. Rapporto tra stress e trauma Stress e trauma paiono due termini strettamente connessi, alludendo entrambe a qualcosa che si rompe, si danneggia. Dunque un trauma dipende dall’entità dell’oggetto che provoca il danno, ma an-


che dal materiale a cui si applica. In psicologia psicodinamica, il trauma fa riferimento alla psicologia dell’Io, alla sua complessità e alla fragilità, alle sue difese, alla suscettibilità ai conflitti, al rapporto tra mondo interno e mondo esterno. Ancora in prestito dalla fisica, un termine che designa la capacità di un materiale di assorbire energia di deformazione elastica: la resilienza. In psicologia la resilienza indica la capacità di elaborare in maniera positiva gli eventi traumatici, di riorganizzare la propria vita di fronte alle difficoltà, trovando spunti di crescita cognitiva e affettiva. In psicoterapia cognitiva si utilizza il termine di coping per indicare l’insieme dei meccanismi psicologici adattativi che le persone mettono in atto a seguito di conflitti e problemi. Le strategie di coping sono tutti quegli accorgimenti emotivi e cognitivi che mettiamo in campo per cercare di tollerare, ridurre e gestire lo stress e il conflitto, tutti quei comportamenti e atteggiamenti che adottiamo per far fronte alle difficoltà che incontriamo nella vita. Introduzione del concetto di stress in medicina Il vero padre del concetto di stress è Hans Selye, medico ricercatore che nella prima metà degli anni trenta alla McGill di Montreal aveva formulato la sindrome generale di adattamento (SGA), sovrapponendola al concetto di stress introdotto in biologia negli stessi anni da Walter Cannon. Selye asserisce che in biologia lo stress è evento ineludibile: ogni essere vivente, per il fatto di vivere è sottoposto a sollecitazioni continue che ne modificano l’assetto. Dunque lo stress in biologia è la risposta dell’individuo a ogni richiesta dell’ambiente, stressor differenti (esposizione di caldo, freddo, dolore, emozioni, stimolazioni muscolari) possono produrre a livello biologico la stessa risposta adattativa. La sindrome generale di adattamento si sviluppa attraverso tre fasi successive che seguono l’esposizione all’agente stressante: > la fase di allarme, in cui si manifestano modificazioni di carattere biochimico-ormonale; > la fase di resistenza, nella quale l’organismo si organizza anatomo-funzionalmente in senso stabilmente difensivo; > la fase di esaurimento, nella quale assistiamo al crollo delle difese e all’incapacità ad adattarsi ulteriormente agli stressor.

Selye aveva evidenziato sperimentalmente nei topi di laboratorio le modificazioni anatomiche e funzionali degli organi in prima linea nella risposta allo stress: il surrene e l’ipofisi. Grazie a questi esperimenti si ponevano le basi per la conoscenza del meccanismo d’azione dell’asse ipotalamo-ipofisi-surrene (HPA), in particolare la sindrome generale di adattamento era caratterizzata da: ipertrofia della corteccia surrenale, ipoplasia timo-linfatica, ulcera gastro-duodenale, aumento dell’ACTH e del cortisolo ematico. Meccanismi biologici implicati nella risposta allo stress Dai tempi di Selye ai nostri giorni le conoscenze sui circuiti neuro-endocrino-anatomici sollecitati dallo stress si sono ampliate diventando un elaborato esercizio di comprensione dei meccanismi di feedback tra organi e apparati coinvolti nel processo; si è compreso tra l’altro che il sistema immunitario e il sistema neuroendocrino comunicano tra di loro con un pattern comune di ormoni, recettori, mediatori polipeptici, fattori di crescita, proteine regolatorie. La cascata neuroendocrina che è alla base di questo complicato processo di adattamento inizia con la percezione da parte del sistema nervoso centrale dell’evento stressante che a sua volta si traduce nel rilascio di una moltitudine di neurotrasmettitori, catecolamine, ormoni, endorfine, citochine, chemochine, ecc. Questo fatto può essere di utilità per la comprensione del meccanismo d’azione di tante malattie infiammatorie croniche come la psoriasi, che è ormai da tutti considerata una patologia del sistema immunitario in cui, a partire da una suscettibilità familiare, lo stress fisico o psichico gioca un ruolo da protagonista nella comparsa e cronicizzazione delle molte manifestazioni cliniche. Nel 1988 Sterling e Eyer introdussero il concetto di carico allostatico, ampliato in seguito da Mc Ewen, per definire il prezzo che il nostro organismo paga per adattarsi alle condizioni mutevoli dell’ambiente. Rispetto all’omeostasi l’allostasi è un costrutto dinamico che si riferisce alla capacità di un sistema biologico di mantenersi in equilibrio attraverso il cambiamento. Se il carico allostatico perdura nel tempo o si fa più intenso, il sistema si sbilancia verso la patologia producendo modificazioni cellulari, tissutali e d’organo che ne compromettono la funzione.

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PSICODERMATOLOGIA

Lo stress in biologia e psicologia: quali connessioni Le complessità che emergono dagli studi neurofisiologici sullo stress e che hanno per corrispettivo le complessità della strutturazione della psiche umana hanno colmato le lacune che separavano la psiche dal soma nella comprensione della salute e della

malattia. Non ci interroghiamo più su quanto una malattia sia organica o originata dalla psiche, ma su come psiche e soma interagiscano nel corso della nostra vita producendo salute, benessere, equilibrio o malattia, sofferenza e alterazioni funzionali. Se il medico si sta faticosamente abituando alla complessità psico-biologica e alla frustrazione di po-

COME MISURARE IL BURNOUT: TEST MBI PER IL DERMATOLOGO Valutiamo il nostro grado di burnout con il test Maslach Burnout Inventory. Per ogni domanda occorre segnare il numero corrispondente a come ci si sente considerando che: 0 = MAI 1 = QUALCHE VOLTA ALL’ANNO 2 = UNA VOLTA AL MESE O MENO 3 = QUALCHE VOLTA AL MESE 4 = UNA VOLTA ALLA SETTIMANA 5 = QUALCHE VOLTA ALLA SETTIMANA 6 = OGNI GIORNO Domande del test MBI: 1. Mi sento emotivamente sfinito dal mio lavoro. 2. Mi sento sfinito alla fine della giornata. 3. Mi sento stanco quando mi alzo alla mattina e devo affrontare un’altra giornata di lavoro. 4. Posso capire facilmente come la pensano i miei pazienti. 5. Mi pare di trattare alcuni pazienti come se fossero degli oggetti. 6. Mi pare che lavorare tutto il giorno con la gente mi pesi. 7. Affronto efficacemente i problemi dei pazienti. 8. Mi sento esaurito dal mio lavoro. 9. Credo di influenzare positivamente la vita di altre persone attraverso il mio lavoro. 10. Da quando ho cominciato a lavorare qui sono diventato più insensibile con la gente. 11. Ho paura che questo lavoro mi possa indurire emotivamente. 12. Mi sento pieno di energie. 13. Sono frustrato dal mio lavoro. 14. Credo di lavorare troppo duramente. 15. Non mi importa veramente di ciò che succede ad alcuni pazienti. 16. Lavorare direttamente a contatto con la gente mi crea troppa tensione. 17. Riesco facilmente a rendere i pazienti rilassati e a proprio agio. 18. Mi sento rallegrato dopo aver lavorato con i pazienti. 19. Ho realizzato molte cose di valore nel mio lavoro. 20. Sento di non farcela più. 21. Nel mio lavoro affronto i problemi emotivi con calma. 22. Ho l’impressione che i pazienti diano la colpa a me per i loro problemi. Calcolo il punteggio: da 25 a 50 — è tutto nella norma da 76 a 100 — sei candidato al burnout

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da 51 a 75 — meglio prendere qualche misura preventiva da 101 a 125 — chiedi aiuto


terla tollerare e maneggiare, non altrettanto si può dire del paziente, che anche a causa dei “media” è sempre più sollecitato a cercare risposte semplici e immediate alla comprensione e cura della malattia. Lo stress è talora la spiegazione pass-partout per tutto ciò che non riusciamo a capire, a curare, a correggere in un cortocircuito di senso che crea spesso impotenza e impedisce una progettualità nel percorso di presa in carico della malattia. La parola stress appiattisce il vasto repertorio di emozioni a cui questo termine allude, semplifica e materializza la sofferenza e il disagio, tanto che spesso il paziente esordisce nella visita dicendo che ha una malattia da stress, o che è lo stress che gli causa quelle “macchie”. Nell’impotenza, nella rassegnazione che queste frettolose interpretazioni autogestite generano durante la visita medica, forte è la tentazione del dermatologo di colludere sbrigativamente con il paziente e rinunciare a un’anamnesi che includa anche solo un minimo di racconto delle vicissitudini umane dolorose del paziente. Così spesso evitiamo di realizzare un rapporto di alleanza terapeutica per mancanza di tempo, di strumenti relazionali, per uniformarci a una medicina delle performance che ci chiede di curare i sintomi bene, in fretta e senza scomodare troppe complicazioni emotive. Lo stress del medico La sindrome da burnout è una condizione diffusa tra gli operatori della salute e più in generale tra coloro che esercitano le cosiddette professioni d’aiuto, non solo medici e infermieri ma anche insegnanti, assistenti sociali, forze dell’ordine e preti. Esaurimento emotivo, depersonalizzazione, atteggiamenti improntati al cinismo, sentimenti di ridotta realizzazione professionale, frustrazione, insoddisfazione, perdita dell’empatia e della capacità di mettersi in relazione con l’altro sono alcuni degli indicatori emotivi di questa condizione psichica. Il coinvolgimento somatico della sindrome può determinare insonnia, depressione, somatizzazioni o la comparsa di dipendenze: uso di alcool, di sostanze psicoattive, o nei casi di particolare fragilità dell’Io può sfociare in comportamenti suicidari. La sindrome da burnout può essere misurata attraverso il test MBI Maslach Burnout Inventory che si compone di un questionario di 22 domande, ad

ognuna è associata una scala di Likert che valuta l’intensità della risposta su una scala da 0 a 6. Introdotta nel 1981 da Christina Maslach e Susan Jackson può essere uno strumento per comprendere lo stato emotivo dell’operatore nei confronti delle proprie fragilità professionali. Vi proponiamo una versione del test. Se il punteggio che otterrete vi preoccupa potete approfondire l’argomento sulle pagine web alla voce Maslach Burnout Inventory. Conclusioni Simona Argentieri e Nicoletta Gosio nel loro libro “Lo stress e altri equivoci” asseriscono che: “il confronto con la sofferenza altrui tende facilmente ad attivare difese basate sui meccanismi inconsci e preconsci di indifferenza e distacco emotivo”. Queste autrici tuttavia ci ricordano che l’elevato carico lavorativo, il tasso di conflittualità e competizione, gli antagonismi, le rivalità, la frustrazione e non ultima la solitudine in cui si trovano a operare molti medici, sono gli ingredienti che nelle istituzioni portano a penalizzare gli operatori, a peggiorare la qualità dei servizi, a subordinare le capacità cliniche a quelle tecnico-manageriali. La collaborazione, la condivisione, lo scambio cognitivo e emotivo tra professionisti della stessa specialità e di specialità complementari potrebbero essere utili risorse per far fronte alle difficoltà, all’abitudine, ai carichi emotivi , alle carenze, allo “stress” che il medico incontra nella quotidianità del lavoro clinico. Bibliografia 1. Simona Argentieri, Nicoletta Gosio. Stress e altri equivoci. Giulio Einaudi Editore, 2015. 2. Francesco Bottaccioli. Stress e vita. Ed. Tecniche Nuove 2012. 3. Mariella Fassino, Anna Burroni. La psoriasi: un male antico. Fratelli Frilli Editori 2010. 4. Christina Maslach. Maslach Burnout Inventory. Organizzazioni speciali. Firenze 199.

Mariella Fassino Dermatologa, professore a contratto Scuola di specialità in Psicologia clinica, Università degli Studi di Torino

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LETTERATURA INTERNAZIONALE

Rassegna di articoli selezionati dalle principali riviste scientifiche Combinazione tra microneedling e 5-fluorouracile: un efficace trattamento della vitiligine Secondo questo recente studio pubblicato online, la combinazione tra microneedling e 5-fluorouracile è un trattamento sicuro della vitiligo ed è risultato più efficace della combinazione con tacrolimus. Sui 25 pazienti osservati sono state trattate, dopo microneedling, due chiazze di vitiligo: una con 5-FU e l’altra con tacrolimus. Le applicazioni sono state effettuate ogni 2 settimane per un periodo massimo di 6 mesi. Il miglioramento, nel primo caso, è stato giudicato eccellente: 48% confrontato al valore, 16% ottenuto con l’applicazione di tacrolimus; particolarmente significativa è stata la percentuale di ripigmentazione nelle sedi acrolocalizzate. Gli effetti avversi come infiammazione, ulcerazione e iperpigmentazione sono stati più marcati con l’associazione microneedling-5FU. 3 Mina M, Elgarhy L, Al-saeid H, Ibrahim Z. Comparison between the efficacy of microneedling combined with 5-fluorouracil vs microneedling with tacrolimus in the treatment of vitiligo. J Cosmet Dermatol. 2018 Mar 12.

Protezione degli occhi durante l’attività lavorativa: attitudine dei dermatologi e del personale infermieristico L’inchiesta riportata nell’articolo riguarda l’attitudine di medici e personale infermieristico nei confronti della protezione degli occhi, durante l’attività lavorativa in ambito dermatologico. Il rischio di trasmissione di malattie virali attraverso schizzi di sangue che colpiscono la mucosa oculare è noto e può venire ridotto attraverso l’uso di mezzi adeguati di protezione.

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Nonostante il 98% degli intervistati sia consapevole del rischio, la percentuale di medici che proteggono gli occhi varia dal 39 al 42 %, mentre solo il 25% del personale infermieristico osserva adeguate precauzioni per minimizzare il rischio di contagio. 3 Pate DA, Kampp JT. Eye protection: survey of dermatologists and office staff. Dermatol Surg. Jan 2018; 44 (1):31–35.

Correlazione tra assunzione di idroclorotiazide e rischio di carcinomi basocellulari e squamocellulari L’idroclorotiazide, diuretico molto utilizzato, è già conosciuto per la sua attività fotosensibilizzante ed è già stato associato all’insorgenza di cancro labiale. In questo studio danese gli autori intendono esaminare la correlazione tra assunzione di IDRCLT e rischio di carcinomi basocellulari e squamocellulari. Utilizzando i dati del registro danese dei tumori dal 2004 al 2012 gli autori hanno identificato i casi di non melanoma skin cancer (NMSC) e li hanno accoppiati ai controlli con un rapporto di 1 a 20. L’assunzione di dosi elevate del diuretico (>50 mg) è risultata associata in modo evidente all’insorgenza di nonmelanoma skin cancer mentre tale relazione non è emersa dall’uso di altri diuretici e antipertensivi. L’idroclorotiazide ha inoltre dimostrato di essere associata all’aumento in particolare dei carcinomi squamocellulari. 3 Pedersen SA et al. Hydrochlorothiazide use and risk of nonmelanoma skin cancer: a nationwide case-control study from Denmark. J Am Acad Dermatol. 2018 Apr; 78(4):673-681.



LETTERATURA INTERNAZIONALE

Nuove raccomandazioni relative alla valutazione e al trattamento dell’irsutismo nelle donne L’epilazione laser è ancora un trattamento molto richiesto in ambito dermatologico nonostante abbondino le offerte da parte di centri estetici, proposte con modalità prettamente commerciali. Al medico, più frequentemente arrivano pazienti portatrici di patologie endocrine talvolta importanti e risulta pertanto particolarmente rilevante la conoscenza delle varie cause correlate all’irsutismo. Per aggiornare le precedenti linee guida stilate nel 2008 è stata approntata una task force di esperti che, basandosi su revisioni sistematiche e studi individuali, ha emanato le nuove raccomandazioni riguardanti la valutazione e il trattamento dell’irsutismo. Nel caso sia presente un punteggio elevato nelle scale di valutazione dell’irsutismo viene consigliato il dosaggio degli androgeni, da evitare secondo gli esperti se la paziente ha cicli mestruali regolari e un quadro solo localizzato. Oltre alle terapie farmacologiche del caso, il metodo consigliato maggiormente per rimuovere i peli in eccesso è la laser o fotoepilazione. 3 Martin KA, Anderson RR, Chang RJ, Ehrmann DA, Lobo RA, Murad MH, Pugeat MM, Rosenfield RL. Evaluation and treatment of hirsutism in premenopausal women: an endocrine society clinical practice guideline. J Clin Endocrinol Metab. 2018 Mar 7.

Efficacia di apparecchi a radiofrequenza nel trattamento della lassità vaginale L’uso di apparecchi basati su energie come laser e radiofrequenza nel trattamento della lassità vaginale e dell’incontinenza sta attirando sempre maggiore attenzione. Un gruppo di medici esperti in questi trattamenti ha eseguito una revisione della letteratura disponibile e ha discusso le indicazioni emerse dalla ricerca alla luce della propria esperienza clinica. I risultati indicano l’efficacia di questi apparecchi nell’indurre la sintesi di collagene e di elastina. Il trattamento con apparecchi a radiofrequenza può inoltre aumentare la densità di piccole fibre nervose nel derma papillare, inci-

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dendo positivamente sulla sensibilità e quindi sulle funzioni sessuali. Anche la lassità vulvo-vaginale di grado lieve o moderato, con le sue svariate conseguenze, viene migliorata dal trattamento con laser ablativo frazionale e dalla radiofrequenza in modo sicuro ed efficace. Questi metodi innovativi necessitano, a detta degli esperti, di ulteriori studi clinici per poterne confermare la sicurezza e l’efficacia. 3 Gold M, Andriessen Al, Bader A, Alinsod R, French ES, Guerette N, Kolodchenko Y et al. Review and clinical experience exploring evidence, clinical efficacy, and safety regarding nonsurgical treatment of feminine rejuvenation. J Cosmetic Dermatol. 2018 Mar 10.

Effetto della tossina botulinica di tipo A sulle cicatrici chirurgiche del viso Lo studio eseguito dagli autori su 30 pazienti aveva come obiettivo testare l’effetto della tossina botulinica di tipo A sulle cicatrici chirurgiche del viso. In particolare sono stati inseriti nello studio, pazienti che avevano subito delle incisioni verticali alla fronte. I pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: i pazienti del primo gruppo sono stati sottoposti a trattamento con tossina botulinica 5 giorni dopo l’intervento, mentre quelli del secondo gruppo non hanno ricevuto alcun trattamento. Dopo 1 e 6 mesi dall’intervento, le cicatrici sono state valutate secondo la scala di Vancouver; anche la differenza di colore con la pelle circostante è entrata a far parte della valutazione. Dopo 6 mesi le cicatrici trattate hanno dato un esito più soddisfacente rispetto alle cicatrici dei pazienti del gruppo testimone. Il trattamento con tossina botulinica ha limitato la distensione delle suture provocata dalla contrazione della muscolatura sottostante. 3 Lee SH, Min HJ, Kim YW, Cheon YW. The efficacy and safety of early postoperative botulinum toxin A injection for facial scars. Aesthetic Plast Surg. 2017 Dec 6.

Annachiara Corazzol




ANGOLO DELLA CLINICA

Lesioni purpuriche a evoluzione erosiva in paziente emodializzata Quadro clinico Paziente femmina di 74 anni accedeva alla nostra Uo di Dermatologia per la progressiva comparsa, da circa un anno, di lesioni purpuriche, dolenti, dapprima a livello dell’addome e successivamente anche in corrispondenza del dorso (fig.1). Le lesioni presentavano un’area centrale di colore bianco porcellanaceo lievemente atrofica (fig. 2) e una ten-

Fig. 1: lesioni purpuriche, dolenti a livello dell’addome e in corrispondenza del dorso

denza all’evoluzione erosiva e alcune avevano un aspetto figurato. Dall’anamnesi emergeva insufficienza renale cronica in trattamento emodialitico da tre anni, MGUS (gammapatia monoclonale di significato incerto) di tipo IgG lambda di recente riscontro e una lunga storia di coronaropatia per la quale la paziente era stata sottoposta a multipli interventi di bypass coronarico.

Fig. 2: lesioni con un’area centrale di colore bianco porcellanaceo lievemente atrofica e una tendenza all’evoluzione erosiva e alcune con un aspetto figurato

QUAL È LA DIAGNOSI?

Fig. 3: il derma sottostante comprendeva un infiltrato infiammatorio misto, un ispessimento ialino attorno ai dotti eccrini e strutture vascolari con pareti ispessite

Fig. 4: In sede dermo-ipodermica erano presenti arteriole con proliferazione fibroblastica intimale, parete vasale talora edematosa e slaminata, con un lume eccentrico e fini depositi di calcio granulare nel contesto della parete stessa, evidenziati mediante la colorazione di Von Kossa

Confronta la tua ipotesi diagnostica con quella degli autori. Alla pagina seguente trovi la diagnosi e il piano di trattamento consigliato

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ANGOLO DELLA CLINICA

Diagnosi Arteriolopatia calcifica uremica in fase iniziale L’arteriolopatia calcifica uremica (CUA), più comunemente nota come calcifilassi, è una rara vasculopatia trombo-occlusiva che colpisce prevalentemente pazienti con insufficienza renale terminale in trattamento dialitico, pur potendosi manifestare anche in altre condizioni cliniche quali neoplasie, connettivopatie, iperparatiroidismo primitivo ed epatopatia alcolica. L’età media alla diagnosi è di 48 anni, con un rapporto maschio/femmina di 1:3. È una patologia che si associa a un’elevata mortalità (60-80% dei casi entro un anno dalla diagnosi), nella maggior parte dei casi secondaria a sepsi o trombosi sistemica. Tra i fattori favorenti l’insorgenza di questa patologia sono stati segnalati: iperfosforemia, stati infiammatori, diabete mellito, patologie autoimmuni, condizioni di ipercoagulabilità, ipoalbuminuma e farmaci (warfarin, vitamina D). L’eziopatogenesi della CUA non è ancora stata completamente chiarita. Tra i vari meccanismi implicati, il principale è rappresentato da un’alterazione dell’omeostasi del calcio e del fosforo, associato a un deficit degli inibitori della calcificazione, tra i quali la fetuina-A, glicoproteina di membrana che lega il calcio e il fosforo in circolo, e la matrix Gla protein (MGP), proteina della matrice extracellulare che inibisce la calcificazione dei vasi e della cartilagine. Altro importante meccanismo coinvolto consiste nella trasformazione delle cellule muscolari lisce vascolari in cellule simil-osteoblastiche, sotto l’influenza di citochine infiammatorie, LDL ossidate e tossine uremiche.

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Negli stadi iniziali il quadro cutaneo è caratterizzato da lesioni in macule o chiazze di colore rosso cupo-violaceo, da livedo reticularis oppure da papule, placche o noduli eritematosi. Se non trattate, tali lesioni tendono a evolvere verso l’ischemia e la necrosi con formazione di ulcere spesso a configurazione stellata, con escara, di difficile guarigione. Le lesioni solitamente si associano, e talora possono essere precedute, da un’importante sintomatologia dolorosa. Nella maggior parte dei casi le aree interessate dalle lesioni cutanee sono quelle in cui il tessuto adiposo sottocutaneo è più rappresentato, come a livello di addome, cosce e glutei (altre localizzazioni descritte in sede acrale, peniena e digitale). Deve essere posto il sospetto di CUA in quei pazienti con IRC o altri fattori di rischio che sviluppino lesioni cutanee suggestive, in aree a elevata adiposità. Gli esami ematochimici permettono di escludere alcune patologie che mimano clinicamente la CUA. La conferma diagnostica richiede l’esecuzione di una biopsia cutanea per esame istologico che però si associa ad alto rischio di infezione, sanguinamento e ulcerazione. È perciò fondamentale valutare il rapporto rischio/beneficio associato a tale procedura. L’alterazione istologica più rappresentativa è il deposito intravascolare di sali di calcio nella tonaca media delle arteriole sottocutanee e del derma (evidenziabile all’immunoistochimica con la colorazione di Von Kossa). Le diagnosi differenziali della CUA includono: aterosclerosi, malattia ateroembolica, necrosi indotta da warfarin, fibrosi nefrogenica sistemica, vasculiti, purpura fulminans, sindrome da anticorpi antifosfolipidi,

vasculopatia da ossalati e mixoma atriale. In letteratura, i dati disponibili riguardo gli approcci terapeutici alla CUA sono limitati a segnalazioni di casi o piccoli studi caso-controllo, mentre non sono disponibili studi prospettici. In considerazione della prognosi sfavorevole è fondamentale la prevenzione agendo sui fattori di rischio: correzione delle alterazioni di fosforo e calcio, sospensione di farmaci che possono favorire lo sviluppo della patologia (warfarin, vitamina D), controllo di elevati valori di PTH. Il tiosolfato di sodio è il farmaco più comunemente impiegato, a un dosaggio di 5-25 g somministrato e.v.; si possono associare trattamenti topici (debridment, medicazioni), farmaci analgesici, ossigenoterapia iperbarica o bifosfonati. La nostra paziente è stata trattata con tiosolfato di sodio (12,5 g ev 3 v/sett per 3 mesi) con completa remissione del quadro cutaneo. Martina Perantoni,Vincenzo Maione, Raffaella Sala, Cristina Zane Clinica Dermatologica, Università degli Studi di Brescia, Brescia Bibliografia 1. Nigwekar SU et al. Calciphylaxis: risk factors, diagnosis, and treatment. Am J Kidney Dis. 2015 Jul;66(1):133-46. 2. Meissner M, Gille J, Kaufmann R. Calciphylaxis: no therapeutic concepts for a poorly understood syndrome? J Dtsch Dermatol Ges. 2006 Dec; 4(12):1037-44. 3. Jeong HS, Dominguez AR. Calciphylaxis: controversies in pathogenesis, diagnosis and treatment. Am J Med Sci. 2016 Feb; 351(2):217-27.



ATTUALITÀ

Premio James Dyson Award al dispositivo sKan

L’incidenza del melanoma cutaneo è in continua crescita ed è raddoppiata negli ultimi 10 anni. I metodi di diagnosi preventiva si basano sulle ispezioni visive che risultano imprecise. Quelli più sofisticati, invece, richiedono molto tempo, sono costosi e pesano ulteriormente sui sistemi sanitari già sovraccarichi. Quattro laureandi in ingegneria della McMaster University, Canada, hanno deciso di affrontare il problema della diagnosi del melanoma: la loro soluzione è sKan, un sistema diagnostico più conveniente e semplice da utilizzare che potrebbe salvare molte vite grazie a una diagnosi preventiva. Come vincitore internazionale del James Dyson Award, il team riceverà 30.000 £ per sviluppare la propria idea. sKan funziona attraverso una serie di termistori, ovvero sensori termici molto precisi: basta collocarli sulla zona interessata e il dispositivo ne rileva il ritorno alla temperatura ambiente dopo il raffreddamento. I dati provenienti dai termistori vengono digitalizzati in modo tale da individuare in tempo reale la variazione termica ed eseguire una convalida spaziale sul segnale. Gli esiti vengono visualizzati sotto forma di una mappa di calore e di un grafico delle differenze termiche e generano una sintesi dei risultati: presenza o assenza di melanoma. sKan rappresenta una soluzione più economica rispetto alle tecniche termografiche non invasive per il melanoma che risultano dispendiose poiché utilizzano telecamere a visione termica ad altissima risoluzione.

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Pelle e capelli, campanelli d’allarme per la tiroide

La Settimana Mondiale della Tiroide 2018, dal tema “Tiroide è energia”, si svolgerà dal 21 al 27 maggio con l’obiettivo di promuovere la cura e la prevenzione delle malattie di questa importante ghiandola ed è promossa da molte società endocrinologiche cliniche e chirurgiche. In tutta Italia saranno organizzate diverse iniziative di screening e incontri informativi sulle patologie tiroidee. «La pelle, le unghie e i capelli sono tra le prime parti del corpo a essere interessate da eventuali malfunzionamenti della tiroide», spiega Paolo Vitti, presidente della Società Italiana di Endocrinologia (Sie) e coordinatore e responsabile scientifico della Settimana mondiale della tiroide. «Gli ormoni tiroidei hanno infatti un importante ruolo nel mantenere le normali funzioni cutanee come il consumo di ossigeno, la divisione cellulare, la sintesi delle proteine, lo spessore cutaneo, la normale secrezione di sebo e la crescita di peli e capelli. Alcune di queste azioni degli ormoni tiroidei sono dirette e altre sono indirette e legate a effetti più generali come ad esempio la produzione di calore e la circolazione del sangue periferica». Una tiroide che non funziona correttamente è responsabile di molte alterazioni della pelle e degli annessi cutanei quali capelli e unghie: è quindi molto importante valutare questi aspetti perché potrebbero essere dei campanelli di allarme per le patologie tiroidee più diffuse. «Fortunatamente la maggior parte delle malattie della tiroide può essere diagnosticata e curata nelle fasi iniziali senza conseguenze sulla salute e, una volta ristabiliti i giusti livelli di ormoni tiroidei, generalmente anche i problemi che interessano pelle, capelli e unghie scompaiono in qualche settimana», afferma Paolo Vitti.



ATTUALITÀ

Nasce Partner, il Registro europeo dei tumori rari in età pediatrica

3 Gianni Bisogno

L’Azienda ospedaliera di Padova è coordinatore del progetto “Partner, Paediatric Rare Tumours Network – European Registry”, finanziato nell’ambito del 3rd Health Programme dall’Agenzia esecutiva per i consumatori, la salute, l’agricoltura e la sicurezza alimentare della Commissione Europea. Questo importante risultato è stato raggiunto grazie a un grande lavoro di squadra di tutti i partner europei coinvolti e al significativo impegno del coordinatore del progetto Partner, il professor Gianni Bisogno, direttore della Clinica oncoematologica dell’Università di Padova e membro dell’European Reference Network on Paediatric Cancer (ERN PaedCan). Il progetto si propone, in 36 mesi, di creare un Registro europeo dei tumori rari in età pediatrica di collegamento dei registri nazionali esistenti e non, attraverso il coinvolgimento in particolare di sei centri di ricerca come partner principali dislocati in vari Paesi europei (Italia, Austria, Germania, Francia e Polonia). Partner rappresenta il pilot plan per la creazione di un registro internazionale che sarà esteso ad altri Paesi Ue quali Spagna, Gran Bretagna, Slovenia, Croazia, Lituania. Il progetto è stato presentato durante il kick-off meeting tenutosi di recente presso l’Hotel Renaissance di Brussels in occasione dell’ERN PaedCan General Assembly. Il valore di questo progetto consiste nella raccolta di informazioni a livello europeo sul trattamento dei tumori rari in età pediatrica. La trasmissione di queste informazioni tra i membri genererà nuove

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raccomandazioni utili all’orientamento nella pratica clinica. Il primo passo sarà un processo di armonizzazione dei registri nazionali (identificazione del Very Rare Tumour di interesse, selezione di variabili, utilizzo di definizioni e procedure comuni per la gestione dei dati) e discussioni sulle questioni normative rilevanti per i diversi Paesi. L’obiettivo di Partner, attraverso la creazione di una piattaforma integrata e completa fruibile dal sistema assistenziale sanitario dell’Ue, è assicurare un’azione coordinata che garantisca qualità e uniformità di tutti i processi di cura dei tumori rari in età pediatrica. Il risultato è assicurare migliori cure ai pazienti e ridurre le disuguaglianze esistenti nei risultati dei tumori tra gli Stati membri dell’Ue. Il progetto Partner è inserito in ERNPaedCan, la rete europea di riferimento specializzata nella cura dei tumori rari pediatrici. Essa nasce con l’obiettivo specifico di rendere ampiamente accessibili knowhow specialistici e trattamenti oncologici salvavita pediatrici attraverso la creazione di una roadmap di centri sanitari rinomati in tutto il mondo per la loro esperienza nel trattamento di neoplasie pediatriche. I clinici impegnati sono soprattutto oncologi pediatri che cooperano per ridurre le disuguaglianze nella sopravvivenza del cancro infantile fornendo assistenza sanitaria transfrontaliera di alta qualità, accessibile ed economicamente vantaggiosa a bambini e adolescenti con cancro, indipendentemente dal loro paese di provenienza. Rachele Villa



CORSI E CONGRESSI

Sime 2018: il nuovo look della moderna tecnologia

A giugno la 5a edizione del Congresso Ipam

Il 39° Congresso Sime e il Congresso dell’Accademia italiana di Medicina estetica (Aimaa) si terranno a Roma dal 18 al 20 maggio presso il Centro Congressi Rome Cavalieri Walford Astoria Hotels & Resorts. Emanuele Bertoletti, presidente della Società italiana di medicina estetica e del Congresso 2018, ha presentato il tema della prossima edizione: l’eleganza in Medicina estetica, il nuovo look della moderna tecnologia. Il congresso si focalizzerà su tutti gli aspetti che vengono influenzati dal nostro concetto di eleganza: i risultati, la modalità di esecuzione dei trattamenti, la manualità, le tecniche specifiche e il rapporto col paziente. I main topics del congresso saranno: utlilizzo del microbotulino; alimentazione e scienze omiche, dal DNA alla proteina; insuccesso nei trattamenti di medicina estetica; medicina estetica e agopuntura; sole, vitamina D e fotoprotezione. Molti i temi di medicina estetica che verranno presentati durante il congresso: progettualità nel ringiovanimento del volto, filler, peeling, rinofiller, terzo superiore e regione periorbitale, ringiovanimento senza tossina e filler, laser e tecnologie in medicina estetica, gestione delle complicanze, intradermoterapia distrettuale, dermatite seborroica e molte altre novità. «Questi temi – afferma il presidente Bertoletti – ci garantiranno una manifestazione di grandissimo interesse scientifico».

Venerdì 8 e sabato 9 giugno, in occasione della 5a edizione del Congresso Ipam (International Practical Aestehtic Medicine), si incontreranno i massimi esperti europei e internazionali di medicina estetica nella moderna cornice del Nhow Ho3 Alessio Redaelli tel di Milano. L’evento, che privilegia volutamente gli aspetti pratici della medicina estetica, è presieduto da Alessio Redaelli, presidente del congresso, nonché fondatore e direttore scientifico di Medical Aesthetic, società italiana specializzata nell’insegnamento pratico ai medici e agli odontoiatri delle tecniche di medicina estetica, chirurgia vascolare e medicina rigenerativa. «Quest’anno – dichiara il direttore scientifico – abbiamo previsto una maratona di clinica pratica dal vivo, in diretta live per carpire i segreti dei grandi esperti». Dunque i migliori professionisti del settore presenteranno le loro tecniche direttamente dal vivo con la possibilità di fare tutte le domande del caso e risolvere i dubbi. Verranno trattati quasi tutti i campi dell’estetica medica, un programma nutrito che offrirà una panoramica esauriente in materia: dai fili di sospensione ai filler, dalla tossina botulinica alle più importanti tecniche che tutti i medici utilizzano ogni giorno, alle novità del settore come il trattamento delle orecchie a sventola e delle adiposità localizzate. Ad arricchire l’evento sono previsti diversi workshop pratici organizzati dalle principali ditte farmaceutiche.

Per informazioni: Segreteria Organizzativa: Editrice Salus Internazionale Tel: 06.37353333 - Fax 06.37519315 congresso@lamedicinaestetica.it www.congressosime.it

Per informazioni: Segreteria organizzativa: UPFORM Srls - Divisione Medical Aesthetic Tel. 02.49665015 www.ipamcongress.com - info@ipamcongress.com

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MARKETING & SVILUPPO

JALUTÈ-HYALURONIC BIO-REVITALIZING GEL Jalutè-hyaluronic bio-revitalizing gel è un gel intradermico a base di acido ialuronico naturale nato per soddisfare tutti i tipi di pazienti in base alle specifiche esigenze e può essere usato anche in aree estese del corpo per trattamenti antiaging personalizzati con scopi preventivi, ristrutturanti e di mantenimento. Il prodotto è un dispositivo medico di Classe III, per biorivitalizzazione completa collo-décolleté-viso -contorno occhi. L’acido ialuronico utilizzato in Jalutè è ottenuto per via biofermentativa a medio peso molecolare simile all’acido ialuronico endogeno, formulato a una concentrazione di 20 mg/ml in un tampone fisiologico, senza alcuna

modifica chimica: una garanzia di biocompatibilità e tollerabilità. Jalutè è indicato nel processo fisiologico di invecchiamento della pelle e consente di apportare, direttamente nell’area da trattare, la quantità di acido ialuronico necessaria a ripristinare la funzionalità dei tessuti. Esplica una naturale funzione idratante, consente di migliorare netta-

mente il trofismo e la trama cutanea con sostanzioso aumento del turgore e dell’elasticità. Il gel si presenta in siringa preriempita da 2 ml, monouso con 2 aghi da 30 g, sterile e apirogena. Si consiglia di effettuare un ciclo iniziale di tre sedute di trattamento, a intervalli di una settimana l’una dall’altra, seguito eventualmente da sedute mensili di mantenimento.

Per informazioni: Officina Cosmetologica Tel. 02.36596679 Fax 02.49466369 info@officinacosmetologica.it www.officinacosmetologica.com

CYNERGY MPX Cynosure rivoluziona il settore dei laser vascolari con il primo laser “intelligente” bicolore a doppia lunghezza d’onda 595 e 1064 nm. Il laser Cynergy è ottimizzato per il trattamento di tutte le lesioni pigmentate e vascolari, tra cui teleangectasie del volto e degli arti inferiori, spider nevi, emangiomi, nevi vinosi e rosacea. Cynergy offre trattamenti più efficaci rispetto ai laser tradizionali a singola lunghezza d’onda. Con il DYE laser pulsato 585 nm e il laser Nd:YAG 1064 nm, la tecnologia brevettata MultiPlex permette l’emissione sequenziale delle due lunghezze d’onda, in modo da ottenere risultati clinici eccellenti. L’emissione sequenziale significa che il DYE laser pulsato irradia il proprio raggio alcuni millisecondi prima del laser Nd:YAG. Il primo

impulso converte l’ossiemoglobina in metaemoglobina che aumenta il coefficiente di assorbimento della lunghezza d’onda Nd:YAG del 300–500%. (1,2). Successivamente il laser Nd:YAG emette il proprio raggio ed è assorbito con molta più efficacia dal target, permettendo una riduzione della fluenza e quindi maggior sicurezza per il pazien-

te. Inoltre i risultati saranno migliori in quanto il laser raggiungerà una maggiore profondità. Il laser Cynergy grazie alla doppia lunghezza d’onda garantisce, quindi, migliori risultati in minor tempo rispetto ai laser a singola lunghezza d’onda. Grazie alla minore aggressività e ai ridotti effetti collaterali, il nuovo laser risulta essere un ottimo sistema per il trattamento di tutte quelle patologie vascolari che affliggono neonati e bambini.

Per informazioni: Technolux srl Tel. 02.45409570 - Fax 02.39257514 info@technolux.it www.technolux.it -www.ringiovanimentoglobale.it

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MARKETING & SVILUPPO

HELIOCARE 360° CUSHION Cantabria Labs Difa Cooper, realtà italiana ai vertici in dermatologia da oltre 50 anni, presenta Heliocare 360° Cushion, il primo fotoprotettore in formato cushion dalla texture fondente e disponibile in due diverse tonalità. Dotato di filtri solari 50+ e dal pratico formato prêt-à-porter, questo make-up consente non solo una protezione ad ampio spettro dai raggi UVA, UVB, visibili, infrarossi, ma anche un’applicazione facile e una copertura modulabile grazie alla spugnetta in dotazione, idratando e proteggendo viso e collo in ogni momento della giornata. Grazie alle sue esclusive tecnologie brevettate, Heliocare 360° Cushion permette una protezione so-

lare quotidiana facile e uniforme, garantendo un make-up perfetto e un incarnato omogeneo. Esercita un effetto fotoprotettore a 360° che assicura la massima copertura dello spettro, grazie alla combinazione più avanzata di filtri fisici e chimici e a Bioshield System, lo scudo fotoprotettore specifico nei confronti delle radiazioni visibili e infrarosse. Consente inoltre un’intensa azione antiossidante, grazie alla presenza di Fernblock FC (un estratto brevettato, a base di Polypodium leucotomos, che aumenta la capacità della pelle di resistere alle scottature prevenendole e riducendo gli effetti dell’invecchiamento sulla pelle), e contribuisce alla riparazione del

danno solare mediante i Roxisomi (estratti della pianta Arabidopsis Thaliana). Heliocare 360° Cushion è resistente all’acqua e non comedogenico.

Per informazioni: Cantabria Labs Difa Cooper Tel. 02 9659031 info@difacooper.com www.cantabrialabsdifacooper.it

LINEA JALUPRO La linea Jalupro lanciata da Professional Derma SA a livello internazionale è basata sull’efficacia provata di lunga durata della combinazione di particolari aminoacidi e acido ialuronico. I prodotti iniettabili sono infatti Jalupro e Jalupro HMW entrambi contenenti al loro interno quattro aminoacidi, essenziali per la sintesi del collagene e dell’elastina, e l’acido ialuronico a diverso peso molecolare utile per migliorare l’idratazione cutanea. Infatti la glicina è l’aminoacido che conferisce flessibilità ed elasticità alla fibre di collagene I e III, mentre la prolina e la lisina formano i ponti che uniscono le diverse fibrille/fibre di collagene e sono utili per il rilascio del

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temporaneo ma tenda a un miglioramento nei mesi successivi all’ultima iniezione. Infatti i fibroblasti necessitano tempo per riattivarsi e aumentare la loro produzione. A seconda del grado di aging e delle zone da trattare, i medici possono utilizzare un prodotto oppure l’altro. collagene dal fibroblasto. Diversi studi scientifici molto interessanti sono stati effettuati sui prodotti mostrando un incremento del numero di fibre di collagene e un aumento dell’elasticità cutanea e in particolare, un effetto di ringiovanimento del derma visibile dopo quattro sessioni a distanza di poche settimane. È da notare come l’effetto non sia

Per informazioni: Professional Derma SA Tel. +41 919.931263 info@pderma.com www.jalupro.it



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In questo numero Caso clinico: lesione atipica della pelle che mima un melanoma Calcifilassi: patogenesi diagnosi e terapia Psoriasi e mortalità: il destino scritto sulla pelle Acido ialuronico e glicerolo per il ripristino del turgore dermico Melasma: gestione di una patologia “difficile” CONGRESS REPORT PSICODERMATOLOGIA LETTERATURA INTERNAZIONALE ANGOLO DELLA CLINICA

Hi Tech Dermatology Italian High Tech Network in Dermatological Sciences

Invecchiamento cutaneo indotto dall’esposoma


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