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editoriale Marcella Valverde

Farmacia omnicanale: nuove figure professionali per guardare al futuro

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ono sempre più numerosi i player interessati al mercato “consumer” della farmacia che si gioca sia sul terreno dell’offline, sia su quello, seppur più giovane, dell’online. Si tratta di un aspetto che non è in competizione con il canale tradizionale, bensì deve essere considerato come assolutamente complementare

e in grado di far crescere il mercato nel suo complesso. È ovvio che, per essere efficace e ottenere risultati confortanti, si debba investire, elaborare strategie e specializzarsi con figure professionali dedicate. D’altro canto, è bene anche considerare che si sta creando un’esigenza specifica da parte di utenti e consumatori a cui bisogna dare risposta senza porsi il falso problema che, se la maggior parte degli italiani non è ancora pronta per l’ecommerce farmaceutico, non valga ancora la pena investire in quel settore. Il rischio è che, nel momento in cui si renderà indispensabile essere presenti anche online, si perderà del tempo prezioso: l’e-commerce, infatti, non è un settore in cui ci si possa improvvisare, bensì richiede la messa a punto di strategie dedicate e una struttura che va impostata e consolidata in maniera progressiva. Occorre essere in grado di rispondere alle esigenze dei consumatori che sono, tipicamente, quelle di poter fare un acquisto comodo, accessibile, sicuro e rispettoso della privacy. Chi investe nel canale online sa che si devono considerare dinamiche che vanno ben oltre un prezzo più conveniente perché questo aspetto attira principalmente un acquisto mordi e fuggi. L’obiettivo, invece, è quello di fidelizzare

Il mercato

farmaceutico online

è ancora piccolo, ma sta crescendo in modo

inarrestabile. Occorre farsi trovare pronti

con strategie ad hoc

il cliente con servizi collaterali che diventino la chiave di lettura più importante. Quindi, per esempio, accanto alla possibilità di un acquisto comodo e rapido con consegna a domicilio, si possono aggiungere contenuti e video affinché i consumatori possano disporre di quelle informazioni sui problemi di salute o sulle differenze tra i vari prodotti che normalmente otterrebbero attraverso il canale offline. E non bisogna nemmeno sottovalutare la potenza di fuoco che, negli Stati Uniti, Amazon sta mettendo in campo con “Amazon Pharmacy”, volta a fare l’ingresso in grande stile nel mondo della farmacia attraverso un

e-commerce integrato con i negozi fisici del colosso di Jeff Bezos. In Italia tale strategia non sarebbe possibile dal momento che la vendita online di medicinali Sop e OTC è autorizzata solo attraverso i siti delle farmacie previa autorizzazione del ministero della Salute. Però è un segnale forte e chiaro per non lasciare scoperto, anche qui da noi, un canale che verrà sempre più richiesto dalla clientela. L’importante è, anche in questo caso, partire per tempo e distinguersi fidelizzando i consumatori con servizi aggiuntivi.

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Ne parliamo con Farmacisti e mondo politico, insieme nella trasformazione della professione

FarmacistaPiù A FarmacistaPiù 2019 le future politiche sanitarie e la centralità del farmacista

Prodotto in copertina nuova linea zendium professional: protezione naturale clinicamente dimostrata

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Osteoporosi La “mossa” vincente con la campagna nazionale sull’osteoporosi

Ginecologia La nuova contraccezione ormonale: tollerabilità, efficacia e profili di rischio

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Psicodermatologia vivere con la dermatite atopica: successo dell’educazione terapeutica

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Odontoiatria L’equilibrio del microbioma orale contro demenza e deficit cognitivi

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Integratori Curcuma: dalla Natura un alleato del nostro benessere

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Diabetologia diabete ed effetti collaterali: un’emergenza sanitaria a livello mondiale

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Attualità

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Le aziende informano

Professione Salute Bimestrale di counseling e formazione alla prevenzione Direttore responsabile Giuseppe Roccucci Coordinamento editoriale Rachele Villa r.villa@griffineditore.it Marcella Valverde marcella.valverde@tiscali.it Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli l.romanelli@griffineditore.it

SIDeMaST

Società Italiana di Dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente Trasmesse

Grafica Grafic House, Milano Hanno collaborato in questo numero Carla Carnovale, Monica Oldani, Renato Torlaschi, Anna Graziella Burroni Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it Ufficio Abbonamenti Maria Camillo customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 Stampa Alpha Print srl Via Bellini, 24 - 21052 Busto Arsizio (VA)

Editore Griffin srl unipersonale via Ginevrina da Fossano 67A - 22063 Cantù (Co) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it Professione Salute Periodico bimestrale Anno IX - n. 3 - ottobre 2019 Registrazione del Tribunale di Como n. 4 del 14.04.2010 ISSN 2531-8748 Iscrizione Registro degli operatori di comunicazione n. 14370 del 31.07.2006 Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. Il contenuto del giornale non può essere riprodotto o traferito, neppure parzialmente, in alcuna forma e su qulalsiasi supporto, salvo espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non è tenuto al controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamento. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.

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ne parliamo con

farmacisti e mondo politico, insieme nella trasformazione della professione L’evoluzione della farmacia e della figura del farmacista, nel modo in cui si sta profilando, richiede l’impegno e la convergenza di intenti di molti interlocutori. In particolare, risulta essenziale la partecipazione del mondo politico

L’

intervento del ministro della Salute Roberto Speranza a FarmacistaPiù ha destato l’interesse di tutti i partecipanti ed è stato salutato da molti rappresentanti della professione farmaceutica come stimolo concreto affinché la farmacia italiana, già riferimento imprescindibile per il cittadino, diventi un elemento cardine nel nuovo modello di assistenza terapeutica sul territorio. Professione Salute ha approfondito il tema con Andrea Mandelli, presidente della Federazione ordini farmacisti italiani. Presidente Mandelli, la VI edizione di FarmacistaPiù è stata caratterizzata anche dall’intervento del nuovo ministro della Salute. Che cosa ha apprezzato del suo discorso? Senz’altro abbiamo apprezzato il riconoscimento del ruolo svolto dai farmacisti nel garantire l’accesso al farmaco e la sua sicurezza e, più in generale, nella tutela della salute nel servizio sanitario nel suo complesso. Ed è stato positivo vedersi riconoscere anche la grande fiducia che il cittadino ripone nel farmacista di comunità. Come avevo detto anche nello scorso Consiglio nazionale, la fiducia del cittadino è uno dei nostri punti di forza ed è nostro interesse coltivarla e aumentarla: la stessa pharmaceutical care presuppone

Intervista di Renato Torlaschi

Andrea Mandelli Presidente Fofi 6

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un rapporto con il cittadino/paziente che va al di là di quello che si instaura tra chi dispensa un bene e chi lo riceve: in Italia questo rapporto c’è già e dobbiamo tutelarlo. Si è anche parlato del Patto per la Salute. Quanto è importante per i farmacisti? Per la professione questo è un passaggio importante perché, a quanto abbiamo letto nelle proposte del ministero, si conferma la volontà di potenziare l’assistenza sul territorio: in effetti, in questo capitolo si fa esplicito riferimento alla farmacia dei servizi, di cui si sta avviando proprio ora la sperimentazione in nove Regioni. Siamo certi che nella sperimentazione verrà dimostrato che il farmacista nella farmacia di comunità è capace di contribuire sia alla presa in carico del paziente sul territorio sia alla politica di prevenzione, che è un altro degli elementi portanti del Patto per la Salute. Non dimentichiamo che la potenzialità delle campagne di prevenzione e screening di massa viene esaltata dal coinvolgimento della farmacie: il DiaDay, promosso da Federfarma e patrocinato dalla Fofi, nelle sue due edizioni ha portato all’identificazione di quasi diecimila persone che non sapevano di soffrire di diabete e altre decine di migliaia che erano in una condizione di “pre-diabete”. In

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intervista ad andrea mandelli

altre situazioni, come nel Galles, è stato lo stesso servizio sanitario a chiedere un intervento di questo tipo perché nelle farmacie – ed è il punto cruciale – entrano quattro milioni di persone ogni giorno, molte delle quali non hanno rapporti altrettanto frequenti con il medico. Nel Patto per la Salute si indica la necessità di una nuova governance della farmaceutica… È un aspetto ancora in fase di studio e auspichiamo che si attuino misure tali da dare stabilità, anche economica, a tutto il comparto che, a oggi, rappresenta una delle eccellenze del sistema salute italiano. Nel suo intervento nella plenaria di FarmacistaPiù, ma non certo per la prima volta, ha sottolineato con forza la necessità di riportare i farmaci innovativi nella farmacia di comunità come una questione professionale. Perché? Perché il farmacista è un “uomo di scienza” e, se viene escluso dal circuito dell’innovazione, rischia di veder inaridire le sue conoscenze, senza contare che non conoscere la natura e le caratteristiche di un farmaco che sta assumendo la persona che si ha di fronte rende difficile anche svolgere le prestazioni di riconciliazione farmacologica o il supporto all’aderenza terapeutica. Ovviamente non dico che da domani tutti i farmaci debbano essere riportati nella distribuzione territoriale: esisteranno sempre farmaci a uso esclusivamente ospedaliero, così come è evidente che esistono situazioni e fasi in cui il nuovo medicinale deve essere sottoposto a monitoraggio intensivo. Ma quando queste esigenze vengono meno e il farmaco ammette l’uso sul territorio, fuori dall’ospedale, è logico che il paziente possa ottenerlo nella farmacia più vicina. Non va dimenticato, infatti, che la distribuzione diretta, in particolare al Sud e nelle aree

interne del Paese, costringe il paziente, e chi se ne prende cura, a trasferte anche di decine di chilometri per raggiungere strutture che magari nemmeno sono adeguate ad accogliere il pubblico. Quindi andrebbe abolita la distribuzione diretta? A mio avviso, la distribuzione diretta, che nasce come una misura di contenimento della spesa con la Legge 405 del 2001, oggi è anacronistica. Se dieci o venti anni fa poteva avere un senso distribuire i farmaci più costosi attraverso ospedali e Asl per ragioni economiche, oggi non è più così perché siamo all’avvio di un modello di farmacia in grado non solo di garantire la capillarità e la sicurezza dell’accesso al farmaco, ma anche la sua economicità. La riforma della remunerazione della farmacia ci vede favorevoli innanzitutto perché è il mezzo per poter chiedere il ritorno dei farmaci innovativi sul territorio, per rimuovere questa mortificazione della professionalità dei farmacisti di comunità e per sviluppare tutti i servizi cognitivi che sono alla base del modello della farmacia dei servizi. Il ritorno degli innovativi sul territorio richiede un salto culturale del farmacista di comunità? Lo richiede come tutto il modello della farmacia dei servizi. Come ho già detto in altre occasioni, non sarà facile, si farà fatica, ma la Federazione già da tempo ha messo a disposizione gli strumenti per formarsi e affrontare questa nuova sfida, così come quella della collaborazione interprofessionale tra tutti i protagonisti dell’assistenza sul territorio: il medico di medicina generale, l’infermiere, ma anche le strutture dei servizi sanitari regionali. La professione è arrivata a uno snodo fondamentale: non possiamo presentarci impreparati, e sono certo che insieme potremo raggiungere anche questo obiettivo.

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l’intervento del ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha riconosciuto il ruolo svolto dai farmacisti nella tutela della salute all’interno del servizio sanitario. è un punto di forza che si concretizza nel rapporto tra professionista e paziente che va ben al di là di quello che si crea tra chi dispensa un bene e chi, molto semplicemente, lo riceve

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Fofi ha apprezzato

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nuova linea zendium professional: protezione naturale clinicamente dimostrata La nostra bocca può ospitare fino a 100 miliardi di batteri: alcuni sono patogeni mentre altri svolgono un ruolo vitale di protezione del cavo orale. L’insieme di questi batteri è chiamato microbioma orale. La capacità della bocca di autodifendersi è straordinaria: il suo naturale sistema di difesa tiene sotto controllo i batteri, facendo così da barriera per denti e gengive. Questo scudo orale naturale è costituito da enzimi e proteine che mantengono in costante equilibrio la flora batterica della bocca. Mantenere questo microbioma sano ed equilibrato può contribuire a tenere sotto controllo diversi problemi specifici, tra cui le gengiviti. Diversi fattori pos8

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sono influire sull’equilibrio del microbioma, per esempio l’invecchiamento, il fumo o le cure farmacologiche. Zendium nasce da un concetto innovativo: rafforzare le difese naturali della bocca per prendersi cura della propria igiene orale grazie alle proteine e agli enzimi. Ispirata alla bioscienza, infatti, la sua formula all’avanguardia agisce in armonia con la bocca. La storia di Zendium inizia in Scandinavia nel 1969. Il microbiologo Henk Hoogendoorn si prefisse di sviluppare un dentifricio in grado di proteggere la mucosa orale secondo i meccanismi naturali. Il Dr. Hoogendoorn studiò il modo in cui la nostra bocca tiene naturalmen-

te sotto controllo i batteri scoprendo un sistema di enzimi e proteine che vanno a costituire le sue difese naturali. Sulla base di quel sistema, sviluppò un dentifricio che agisce in armonia con la bocca e ne rafforza le difese: Zendium. Oltre a questa straordinaria combinazione di elementi, Zendium non contiene SLS (laurilsolfato di sodio), ma si avvale di un agente schiumogeno delicato (Steareth-30) e un aroma gradevole. Questi ingredienti sono delicati sui tessuti molli della bocca ed è per questo che Zendium è delicato ma efficace. L’efficacia di Zendium è clinicamente dimostrata: promuove un microbioma orale equilibrato, aumenta i batteri

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buoni della bocca riducendo allo stesso tempo altri batteri cattivi1. Zendium è il dentifricio al fluoro per uso quotidiano contenente una combinazione di enzimi e proteine, alcuni dei quali naturalmente presenti nella saliva, dove svolgono una funzione a supporto del benessere e dell’equilibrio del microbioma orale2. Dalla ricerca Zendium nasce la linea Zendium Professional: dentifrici e collutori ideati per bisogni specifici del cavo orale. La formula avanzata di Zendium con enzimi e proteine naturali permette un’azione efficace ma delicata sui tessuti della bocca. Partendo da questa combinazione unica di ingredienti, ogni dentifricio della nuova linea è sviluppato per esigenze specifiche. Le varianti, facilmente riconoscibili grazie ai diversi colori, si suddividono in: > Variante rossa - con lactoferrina, aiuta a combattere le cause di sanguinamento e infiammazione delle gengive: è clinicamente dimostrato che 8 persone su 10 hanno riscontrato gengive più sane dopo l’utilizzo3. > Variante verde - formula delicata per bocche soggette alla secchezza e alle afte, per una detersione che rispetti i tessuti della bocca, nonché per chi è affetto da stomatiti o ulcere frequenti. > Variante azzurra - per smalto forte. Aiuta a rafforzare i denti e a proteggerli dagli effetti dell’erosione dello smalto e dagli attacchi degli acidi che quotidianamente possono andare a colpire l’arcata dentale. > Variante rosa - per denti sensibili, con nitrato di potassio. Sviluppato per persone che soffrono di sensibilità dentinale. Zendium è ispirato alla capacità della bocca di autoproteggersi.

Infatti, mentre i batteri cattivi possono causare problemi orali, quelli buoni proteggono la bocca naturalmente. L’azione di Zendium, clinicamente dimostrata, è una combinazione unica di ingredienti volti a rafforzare le difese naturali della bocca. Le quattro nuove varianti per gengive, bocca secca, smalto e denti sensibili sono adatte per l’uso quotidiano anche in combinazione con i collutori della stessa linea: un collutorio specifico per gengive e uno adatto a chi ha bocca soggetta a secchezza e afte. I collutori Zendium Professional sono privi di alcol e di SLS e vantano gli stessi enzimi e proteine dei dentifrici. I dentifrici Zendium Professional possono essere consigliati a persone che stanno utilizzando collutori con clorexidina, un potente disinfettante antibatterico comunemente prescritto dal dentista come sussidio medico nel trattamento post intervento chirurgico. Tutti i dentifrici Zendium contengono fluoro e hanno un basso indice di abrasività. Zendium, quindi, può essere consigliato ai pazienti che vogliono mantenere un microbioma equilibrato, spiegando loro quali sono i fattori che possono determinare degli squilibri nel microbioma e suggerendo le corrette regole di igiene orale. è importante anche utilizzare lo spazzolino più adatto alla propria bocca: infatti è bene raccomandare di lavarsi i denti almeno due volte al giorno con un dentifricio al fluoro e uno spazzolino con setole morbide, per un’azione delicata sui bordi gengivali. è utile consiglaire anche di cambiare lo spazzolino ogni tre mesi e di farsi visitare regolarmente da un dentista. La nuova linea Zendium Professional è già disponibile nelle migliori farmacie e parafarmacie.

Bibliografia 1. Riferito al microbioma orale della placca e all’abbondanza relativa di specie batteriche notoriamente associate alla salute e ai problemi alle gengive dopo 14 settimane di spazzolamento per 2 volte al giorno con Zendium, rispetto alla situazione iniziale. 2. van ‘t Hof W, Veerman EC, Nieuw Amerongen AV, Ligtenberg AJ. Antimicrobial defense systems in saliva. Monogr Oral Sci 2014; 24:40–51. 3. Basato su 113 persone che hanno usato Zendium, in uno studio clinico sulla salute delle gengive, UK 2017.

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osteoporosi / strategie di prevenzione

La “mossa” vincente con la campagna nazionale sull’osteoporosi

di Monica Oldani

L’iniziativa vuole ricordare alla popolazione che le fratture da fragilità ossea non devono essere considerate una conseguenza ineluttabile dell’avanzare dell’età: prevenzione e una diagnosi precoce possono migliorare la qualità della vita se vengono messe in atto le specifiche linee guida 10

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ai la prima mossa. Cura le tue ossa” è il titolo assegnato a quella che è forse la campagna di sensibilizzazione sull’osteoporosi di più ampio respiro finora realizzata in Italia. Con un consistente dispiegamento di enti patrocinatori – tra cui dieci società scientifiche di medicina generale e specialistica, oltre a Federfarma, all’Associazione Nazionale Malati Reumatici e alla federazione Senior Italia – e con un articolato programma di iniziative promozionali, la campagna è stata presentata lo scorso 28 febbraio in una conferenza stampa tenutasi a Milano.

Lo strumentario della campagna ha coperto a 360 gradi il ventaglio dei canali mediatici: spazi pubblicitari sui principali quotidiani e periodici, un sito web con contenuti informativi ed educativi diretti a pazienti e caregiver, una pagina Facebook, banner su siti generalisti e di settore, materiale divulgativo in distribuzione sul territorio nazionale presso le strutture socio-assistenziali per anziani e, fiore all’occhiello, uno spot televisivo sulle principali emittenti nazionali digitali e satellitari, che è stato realizzato con la partecipazione di una testimonial di spicco qual è l’attrice e regista Laura Morante. L’obiettivo dell’iniziativa, come hanno spiegato gli esperti membri del coordinamento scientifico presenti alla conferenza stampa, è soprattutto quello di ricordare alla popolazione che le fratture da fragilità non devono essere considerate un portato ineluttabile dell’avanzare dell’età e, nel sesso femminile, dello stato post-menopausale e possono, invece, essere gestite come eventi clinici prevenibili. «In Italia solo nel 2017 vi sono stati 560mila nuovi eventi fratturativi attribuibili a osteoporosi e possiamo, a ragion veduta, anticipare che in assenza di strategie preventive queste cifre sono destinate ad aumentare di oltre il 20% solo nel prossimo decennio - ha sottolineato Stefano Gonnelli, ordinario di Medicina Interna all’Università di Siena. - Si tratta di un fenomeno il cui altissimo impatto clinico, sanitario, sociale ed economico viene amplificato dall’ormai comprovato rischio di ri-fratture che caratterizza tale condizione».

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Segnalando il fatto che talvolta le prime fratture, specialmente se avvengono a carico dei corpi vertebrali, non vengono diagnosticate, gli specialisti hanno richiamato l’attenzione su come dovrebbero invece rappresentare un’assoluta priorità per la sanità pubblica. «L’occorrenza di una frattura da fragilità deve sempre innescare un percorso assistenziale mirato alla prevenzione di successivi episodi fratturativi - ha affermato Salvatore Minisola, ordinario di Medicina Interna all’Università La Sapienza di Roma. - Un percorso che preveda il trattamento farmacologico adatto al paziente, un’adeguata supplementazione di calcio e vitamina D, gli opportuni interventi educativi relativi agli stili di vita, la riduzione del rischio di cadute e, cosa di non minore importanza, che abbia tra i propri elementi chiave il miglioramento dell’aderenza alle prescrizioni che oggi rappresenta ancora uno dei punti critici della gestione dell’osteoporosi». Se nel corso della presentazione l’accento è stato posto in particolare sulla prevenzione secondaria, finora troppo poco implementata a detta degli stessi medici presenti, la campagna che sollecita gli italiani alla cura della salute ossea non trascura però il ruolo essenziale della prevenzione primaria. Il sito web dedicato (www.curaletueossa.it) ne descrive i cardini elencando i consigli inerenti l’alimentazione, l’attività motoria, la forma fisica e i comportamenti virtuosi da mettere in atto precocemente, già nelle prime decadi di vita, per giocare d’anticipo rispetto alla fisiologica perdita di massa ossea di quelle successive e per rallentarne l’evoluzione verso gli stati di osteopenia e osteoporosi. Un video fornisce ragguagli sulla malattia, spiegandone in modo dettagliato, ma con un linguaggio e una grafica divulgativi efficaci, le possibili cause e i fattori predisponenti nei due sessi. Nel contesto di una strategia di prevenzione sia primaria che secondaria uno spazio importante è dedicato all’esercizio fisico e alla riabilitazione motoria, argomen-

miti e verità sulla salute delle ossa L’osteoporosi è una naturale conseguenza dell’invecchiamento

FALSO: L’osteoporosi è una malattia che colpisce le ossa provocandone una maggiore fragilità e quindi un aumentato rischio di fratture). Molti pensano che sia un naturale processo di invecchiamento e che pertanto non sia possibile prevenirla. In realtà prevenirla è possibile e, nelle persone che già hanno una riduzione della densità ossea, si può rallentarne la progressione e ridurre il rischio di fratture.

La carenza di vitamina D mette a rischio la salute

VERO: La vitamina D svolge molte azioni benefiche sull’organismo. Per quanto riguarda la salute dell’osso, la sua azione è fondamentale per ottimizzare l’assorbimento intestinale del calcio. Avere adeguati livelli di vitamina D è dunque indispensabile per garantire un buon livello di mineralizzazione ossea. La carenza di vitamina D, infatti, produce a livello osseo gravi conseguenze cliniche che si traducono in una riduzione della massa ossea e in un aumento del rischio di frattura, in particolare di femore. Se si riscontra un deficit di Vitamina D si procede con la supplementazione.

Ballare danneggia le ossa

FALSO: L’attività fisica regolare praticata fin da bambini favorisce la crescita e il corretto sviluppo della massa ossea; nelle persone anziane riduce la perdita ossea e migliora il tono muscolare e l’equilibrio. Maggiore impatto su piedi e gambe si traduce, quindi, in maggiore densità ossea. La danza è una tra le attività che porta beneficio alle ossa. Gli stili più indicati sono salsa, samba, rumba, fox-trot e tango. Non solo il ballo, però: sono consigliati anche jogging, step, golf, yoga e, in generale, tutti quegli esercizi fisici a carico gravitazionale, cioè in posizione eretta, che impongono il carico del peso del corpo.

Alcune malattie rappresentano un fattore di rischio per l’osteoporosi

VERO: Le malattie del sistema gastrointestinale come le coliti, il morbo di Crohn e la celiachia che comportano un malassorbimento intestinale possono rappresentare fattori di rischio per l’osteoporosi. Tra le altre patologie che possono intaccare la salute delle ossa ricordiamo: l’artrite reumatoide, la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO), l’ipertiroidismo, l’iperparatiroidismo e il morbo di Cushing. In questi casi è bene rivolgersi al proprio medico che potrà richiedere le analisi del sangue più appropriate per valutare un’eventuale carenza e la conseguente necessità di assumere integratori o avvalersi di una terapia farmacologica.

to di cui alla conferenza stampa ha parlato Rossella Costantino, fisiatra presso l’ASST Gaetano Pini di Milano, evidenziando l’importanza di perseguire sempre un training multicomponente che associ il mantenimento o il ripristino del tono muscolare e della mobilità articolare, alla correzione posturale e all’allenamento dell’equilibrio.

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osteoporosi / strategie di prevenzione

La campagna, com’è naturale, è diretta soprattutto alla popolazione, ma contiene un esplicito riferimento al ruolo della classe medica, ribadito più volte dai suoi rappresentanti durante la conferenza stampa. Il messaggio fondante, che nel sito web ricorre nelle immagini dello slider della homepage, la “prima mossa” che, per voce della sua illustre testimonial, la campagna raccomanda al proprio target è infatti “Parla con il tuo medico”. Un’esortazione che Laura Morante replica nello spot televisivo. «In considerazione delle ricadute che una frattura da fragilità può avere sullo stato di salute generale, sulla qualità della vita, sull’autonomia e sullo stato psicologico della persona è fondamentale che i soggetti predisposti siano intercettati in una fase precoce della malattia, e in questo il valore del rapporto

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con il medico curante è primario» ha chiosato Silvia Tonolo, presidentessa di ANMR. Com’è stato infine ricordato da tutti i relatori, i dati epidemiologici mondiali indicano che nella popolazione la probabilità di incorrere in una frattura da fragilità è alta – già dopo i cinquant’anni è il 34% per le donne e il 1620% per gli uomini e aumenta con l’avanzare dell’età – e la diagnosi precoce delle condizioni di osteoporosi apre la strada agli interventi basati sulla stratificazione del rischio e quindi più appropriati secondo le vigenti linee guida. A tale proposito, è utile ricordare che solo nel giugno dello scorso anno la US Preventive Services Task Force ha pubblicato (JAMA 2018;319:2521) l’aggiornamento delle proprie raccomandazioni sullo screening per l’osteoporosi e sulla valutazione del rischio fratturativo al di sotto dei 65 anni.

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cosmetologia senza frontiere Una guida pratica e immediata che offre una panoramica sui cosmetici e cosmeceutici, riclassificati in base alle piĂš importanti terapie in uso, che permette al farmacista di fornire un protocollo mirato per ciascun paziente.

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farmacistapiù / strategie e prospettive

A FarmacistaPiù 2019 le future politiche sanitarie e la centralità del farmacista “Conoscere, innovare, evolvere: strategie della professione per l’efficienza e la sostenibilità del sistema sanitari”: con queste premesse, il congresso ha dato voce, alla presenza del ministro della Salute Roberto Speranza, alla complessità e ricchezza del mondo farmaceutico attuale

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di Renato Torlaschi

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evento clou per i farmacisti italiani si è tenuto quest’anno a Milano il 4 e 5 ottobre e ha espresso, proprio com’era nelle intenzioni del presidente del Comitato scientifico Luigi D’Ambrosio Lettieri, l’eccellenza formativa e di aggiornamento, a partire dal confronto con le istituzioni e con gli attori del “sistema salute sui temi di politica sanitaria, nelle numerose sessioni dedicate agli approfondimenti scientifici, ai momenti dialogici e di confronto con gli stakeholder”.

Al termine di un evento in cui “si sono aperte prospettive di collaborazione con il ministero della Salute”, il presidente della Federazione degli ordini dei farmacisti italiani (Fofi), Andrea Mandelli, ha dichiarato che «la via imboccata dieci anni fa si è dimostrata essere giusta. E, pur se lentamente, i risultati arrivano anche perché non abbiamo mai perso l’obiettivo: ossia ridare al farmacista la centralità all’interno del Servizio sanitario nazionale che sappiamo di avere, che i cittadini ci riconoscono e che ora ci deve anche la politica». Secondo il presidente di Fofi il bilancio dei due giorni in cui si è articolato il congresso è certamente molto positivo, attestato dalla presenza dei colleghi, intervenuti numerosissimi, e di quella del mondo politico sanitario, a partire dal ministro della Salute Roberto Speranza. Questo confronto, come ci ha spiegato nell’intervista con cui abbiamo aperto questo numero di Professione Salute, ha spalancato prospettive di collaborazione con il ministero su numerosi

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farmacistapiù / strategie e prospettive

temi che riguardano i farmacisti del territorio e quelli ospedalieri, incluso il rinnovo del contratto per i farmacisti collaboratori. «C’è tanto lavoro da fare – riconosce Mandelli – ma non ci ha mai spaventato». Nel tracciare un bilancio dell’evento, D’ambrosio Lettieri, che è presidente della Fondazione Cannavò, ricorda i 150 relatori, le oltre 30 associazioni che rappresentano il pianeta della professione farmaceutica, i circa 35 convegni, le aziende che ancora una volta hanno inteso essere partner dell’evento e la plateale soddisfazione da parte di tutti i partecipanti «sono la conferma che FarmacistaPiù, nella sua sesta edizione, non soltanto ha individuato gli argomenti di maggiore rilevanza e che stanno nella quotidiana attenzione dei nostri colleghi, ma ha saputo intercettare, grazie ai relatori di eccellenza, i punti di maggiore rilevanza e anche trovare le risposte, quanto meno in termini di disegno di prospettive. Insomma, io credo che questa sesta edizione abbia disegnato un orizzonte e indicato un senso di marcia». L’evoluzione del ruolo del farmacista Ma in cosa consiste questo percorso, di cui FarmacistaPiù è stato una tappa? «Essenzialmente – dice D’ambrosio Lettieri – nell’evoluzione di un ruolo, perché il farmacista possa rimanere contestualizzato alla realtà nella quale opera, con una connessione che si appoggia solidamente sulle competenze scientifiche e su un’attenzione prioritaria dello sviluppo della relazione con il paziente utente». Esempio emblematico è la farmacia dei servizi, che è fatta di servizi cognitivi, ossia basati sulla competenza, sulla conoscenza e sulla professionalità che il farmacista, grazie anche all’imminente definizione dell’accordo che sulla farmacia dei servizi si sta profilando, potrà assicurare ottenendo, oltre che un ruolo, anche la remunerazione che va sempre più connotandosi come onorario professionale.

Il presidente richiama alcuni temi trattati dalla Fondazione Cannavò, come quello dello sviluppo del “Pil sapere”, come presupposto fondamentale per ricavarsi un ruolo da protagonisti nel mondo della sanità, ma anche le tematiche attinenti per esempio ai farmaci mancanti, al processo di evoluzione dei percorsi formativi «che hanno rappresentato punti di particolare rilevanza e che sono stati salutati anche dalla presenza entusiasta di numerosi colleghi che hanno partecipato alle varie sessioni portando anche, in molti casi, il loro personale contributo di esperienza e di propositività». Eugenio Leopardi, presidente Utifar (Unione tecnica italiana farmacisti), ritiene che la presenza del ministro della Salute, che per la prima volta ha partecipato all’evento, sia stato un elemento particolarmente rilevante. «Le sue parole sono state stimolanti per la categoria, perché abbiamo trovato una figura di governo che ha espresso concetti in linea con quello che noi pensiamo debba diventare la professione del farmacista, sempre più vicina al cittadino, in linea con quella farmacia dei servizi alla quale da tanto tempo stiamo lavorando. Aver sentito il ministro parlare di farmacia sociale è un punto di orgoglio per noi di Utifar, che per primi abbiamo parlato del bilancio sociale della farmacia».

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«Il ministro mi ha rubato l’intervento», ha dichiarato soddisfatto il presidente di Federfarma Marco Cossolo. «Particolarmente rilevante è stata la ricerca del ruolo sociale della farmacia sul territorio che è dettata sì dalla capillarità della presenza logistica secondo criteri demografici e geografici della pianta organica, ma non solo: quella che interessa è la presenza del professionista farmacista e credo che, andando nella strada di una sua rivalutazione professionale, noi ridaremo al farmacista la giusta centralità che deve avere nel Servizio sanitario nazionale. Ora questo ce lo riconosce anche la politica e ci chiede uno sforzo in più. Io ho detto al ministro: “sfruttateci”! E noi dobbiamo essere pronti e a disposizione per riprenderci in mano questo ruolo secondo modalità nuove».

Il ruolo del farmacista deve rimanere

rapportato alla realtà nella quale opera, con una connessione che poggi sempre sulle competenze scientifiche, ma favorendo, al tempo stesso, la relazione con il paziente. Tutto ciò in linea con quella farmacia dei servizi alla quale da molto

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tempo si sta lavorando

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Farmacia dei servizi: inizia la sperimentazione Le parole del ministro della Salute Roberto Speranza hanno impresso un nuovo impulso verso la realizzazione della Farmacia dei servizi. Che non si tratti solo di parole è dimostrato dal documento inviato dal ministero alle Regioni, che contiene le linee di indirizzo per la sperimentazione della Farmacia dei servizi, che verrà attuata nei prossimi tre anni in alcune Regioni italiane. «Il nuovo ruolo affidato alle Farmacie di Comunità – si legge nel documento – richiederà al farmacista lo sviluppo di competenze trasversali acquisite con una formazione professionale, all’interno della programmazione strategica del sistema salute, mirata a dare impulso alla qualificazione dell’offerta di nuovi servizi sociosanitari». A partire dal D. lgs. 153/2009, “individuazione di nuovi servizi erogati dalle farmacie nell’ambito del Servizio sanitario nazionale”, si è formalizzato e rafforzato il ruolo della Farmacia intesa non solo come luogo specifico e privilegiato di erogazione dei farmaci, ma anche come centro sociosanitario polifunzionale a servizio della comunità, nonché come punto di

raccordo tra ospedale e territorio e front office del Servizio sanitario nazionale. La sperimentazione sarà svolta in nove Regioni (Piemonte, Lazio, Puglia, Lombardia, Emilia-Romagna, Sicilia, Veneto, Umbria e Campania) e rappresenta il «primo atto del riconoscimento della potenzialità dei nuovi ruoli del farmacista in Farmacia, quest’ultima incardinata nel quadro normativo e tracciata dal Piano nazionale cronicità anche in coerenza con il modello di governance sanitaria indicata nel redigendo Piano sanitario nazionale. Per quanto riguarda la remunerazione dei nuovi servizi, questi dovranno soddisfare almeno i requisiti dell’utilità e della misurabilità. Le prestazioni aggiuntive dovranno cioè essere utili e vantaggiose per i Servizi sanitari regionali e dovranno poter essere misurate, requisito indispensabile, questo, per il pagamento da parte delle Regioni. In questo senso il gruppo di lavoro, tra i servizi erogabili dalle Farmacie di Comunità, ne ha individuato un numero ristretto che verranno monitorati attentamente nel corso della sperimentazione». Le aree di intervento previste sono numerose e sono state raggruppate in tre macro-categorie: i servizi cognitivi, i servizi di front-office e quelli relativi alle prestazioni analitiche di prima istanza. Per i servizi cognitivi, l’analisi si focalizzerà sul monitoraggio dell’aderenza della terapia farmacologica nell’ipertensione, diabete e broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco) e sull’attività del farmacista nella Ricognizione della terapia farmacologica. Per i servizi di front office, l’analisi si concentrerà specificatamente sull’adesione e attivazione in farmacia da parte dei pazienti al Fascicolo sanitario elettronico (Fse). Infine, per le prestazioni analitiche di prima istanza, verranno presi in considerazione i servizi di telemedicina (holter pressorio, holter cardiaco, autospirometria, elettrocardiogramma) e la partecipazione della farmacia alle campagne di screening per il tumore del colon-retto.

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ginecologia / le nuove “pillole”

La nuova contraccezione ormonale: tollerabilità, efficacia e profili di rischio I contraccettivi ormonali attualmente utilizzati costituiscono il frutto di una evoluzione di oltre 50 anni di ricerca scientifica e di studi consolidati sui profili di sicurezza. Nonostante ciò solo poche donne si affidano a questo metodo contraccettivo di Carla Carnovale Farmacista

è

il 1960 l’anno in è stata resa disponibile la prima pillola anticoncezionale, inizialmente per il mercato americano. Da allora, il considerevole impatto epidemiologico-sanitario/sociodemografico e la significativa diffusione a livello mondiale hanno reso i contraccettivi ormonali una delle categorie di farmaci più largamente studiate: grazie al loro consolidato utilizzo, sono infatti a oggi disponibili esaustive informazioni relative al loro profilo di sicurezza ed efficacia, anche a lunghissimo termine. Nonostante l’affidabilità e la tollerabilità oramai siano universalmente riconosciute dalla comunità scientifica internazionale, in accordo alle recenti stime riportate dalla Società Italiana di ginecologia e ostetricia (SIGO), a oggi in Italia solo una minima percentuale di donne si affida alla contraccezione ormonale (meno del 20%), mentre il 42% delle under 25 non utilizza nessun metodo contraccettivo [1]. Una donna su

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4 ricorre a un sistema poco sicuro per evitare una gravidanza indesiderata. Sebbene la possibilità di affidarsi a un metodo contraccettivo che consenta di pianificare liberamente la maternità rappresenti una scelta non semplice per via dei numerosi metodi oggi disponibili, costituisce un’opportunità estremamente vantaggiosa da molteplici punti di vista. I contraccettivi orali: quali sono i benefici che apportano Tra i metodi contraccettivi più sicuri ed efficaci, gli anticoncezionali orali ricoprono sicuramente un ruolo di primissimo piano e costituiscono la forma universalmente più nota di contraccezione ormonale tra le donne in età fertile. Oltre a garantire un’elevata protezione da gravidanze inattese, se utilizzati correttamente, apportano ulteriori benefici per la salute: tra questi, mantengono una perfetta regolarità mestruale riducendo episodi di amenorrea, cicli irregolari e sanguinamenti intermestruali, alleviano i dolori mestruali, alleggeriscono i sintomi della sindrome premestruale, contribuiscono ad alleviare l’acne, riducono il rischio di neoplasie endometriali e ovariche e di osteoporosi, anemia sideropenica, malattie benigne della mammella e cisti ovariche funzionali [2]. Attualmente i contraccettivi orali più utilizzati in Italia sono quelli combinati (COCs) che possono contenere l’etinilestradiolo (sintetico) e l’estradiolo o l’estradiolo valerato (di derivazione naturale), in associazione al progestinico. La componente progestinica è deputata al meccanismo di inibizione dell’ovulazione, mentre l’estrogeno garantisce un effetto stabilizzante a livello dell’endometrio. Nel corso degli ultimi anni, le formulazioni contenenti COCs hanno subito significativi cambiamenti con lo scopo di garantire un ottimo profilo di efficacia e sicurezza garantendo, al contempo, un minimo impatto metabolico: si è

assistito, così, a una progressiva riduzione del dosaggio della componente estrogenica (i COCs attuali contengono dai 20 mcg o 15 mcg di etinilestradiolo). Gli estrogeni di derivazione naturale costituiscono una rivoluzione nel campo della contraccezione e il loro utilizzo rappresenta una valida alternativa per le donne che sono riluttanti all’uso della pillola per il timore di assumere derivati sintetici. Generazioni di COCs I COCs costituiscono il metodo contracettivo reversibile più efficace tra quelli che vengono normalmente prescritti: un uso corretto è stato associato a un tasso di gravidanza dello 0,3% dopo 1 anno di assunzione; la percentuale raggiunge il 9% in caso di utilizzo discontinuo [2]. In base alla componente progestinica è stata stilata una classificazione che suddivide i COCs in differenti generazioni: linesterolo, noretisterone in quelli di I generazione (alti dosaggi dei suoi componenti, con marcati effetti collaterali), levonorgestrel o

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l’affidabilità e la tollerabilità riconosciutele dalla comunità scientifica, la pillola anticoncezionale viene ancora oggi scelta solo dal 20% delle donne italiane under 25, a fronte di un 42% che non usa nessun metodo contraccettivo.

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Interazioni farmacologiche È importante prestare estrema cautela in caso di possibili interazioni farmacologiche con altri farmaci in quanto, seppur rare, quando presenti, possono determinare considerevoli conseguenti implicazioni. La componente estrogenica è la più esposta alle interazioni con altri farmaci perché l’etinilestradiolo è interessato da entrambi i principali meccanismi alla base delle interazioni più rilevanti che coinvolgono l’attività degli enzimi epatici appartenenti alla famiglia dei citocromi P-450. In caso di induttori enzimatici si avrà una diminuzione della concentrazione plasmatica dell’estrogeno che si potrebbe tradurre nella perdita dell’ef-

Bibliografia 1. Portale ufficiale della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia_ https://www.sigo.it/ 2. Jensen JT, Speroff L. Health benefits of oral contraceptives. Obstet Gynecol Clin North Am. 2000 Dec;27(4):705-21. 3. Gallo M.F,. Lopez L.M., Grimes D.A,. Schulz K.F., Helmerhorst F.M.: Combination contraceptives: effects on weight. Cochrane Database of Systematic Reviews 2006, Issue 1. 4. Kemmeren J.M. et al.: Third generation oral contraceptives and risk of venous thrombosis: metaanalysis. BMJ 2001; 323: 131-134 5. Heinemann L.A., Ginger J.: Safety of a new oral contraceptive containing drospirenone. Drug Saf, 2004; 27: 1001-1018 6. Patsalos PN et al. The importance of drug interactions in epilepsy therapy. Epilepsia 2002; 43: 365-85. Guberman A. Hormonal contraception and epilepsy. Neurology 1999; 53: S38-40. 7. Cohen k et al. Antiretroviral therapy and drug interactions. S Afr Med J 2001; 91: 816-819. 8. Interazioni farmacologiche con l’erba di S. Giovanni. The Med Lett 2000; 29: 72. Adson DE et al.

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ficacia contraccettiva, mentre in caso di inibitori enzimatici si avrà un aumento con maggiore probabilità di comparsa di nausea, vomito, tensione e dolorabilità mammaria, emicrania e ritenzione idrica. I farmaci incriminati comprendono alcuni anticonvulsivanti, tra cui fenitoina, carbamazepina, barbiturici, primidone, topiramato, e oxcarbazepina: sono numerose, infatti, le segnalazioni di fallimento del contraccettivo orale in donne trattate con farmaci antiepilettici [6]. Altri farmaci implicati sono gli inibitori della proteasi potenziati con ritonavir, rifampicina e rifabutina [7]. Gli antidepressivi fluvoxamina, fluoxetina e sertralina inibiscono il

norgestrel in quelli di II (migliore tollerabilità), desogestrel o gestodene in quelli di III e drospirenone o clormadinone o dienogest o ciproterone in quelli di IV. Indipendentemente dalla generazione a cui appartengono, i COCs simulano gli ormoni ovarici una volta assunti, inibiscono il rilascio da parte dell’ipotalamo dell’ormone di rilascio delle gonadotropine con conseguente inibizione del rilascio degli ormoni ipofisari che stimolano l’ovulazione. Parallelamente favoriscono un addensamento del muco cervicale, rendendo l’utero inaccessibile agli spermatozoi. Profilo di tollerabilità e controindicazioni: eventi avversi e interazioni farmacologiche Sebbene il contraccettivo orale possa essere iniziato in qualsiasi momento della vita della donna fino alla menopausa, previo consulto ginecologico, esistono una serie di controindicazioni, tra cui sospetto di gravidanza, malattie dell’apparato cardiocircolatorio, diabete, malattie renali ed epatiche, grave cirrosi scompensata, tumori maligni dell’apparato genitale e della mammella) e specifiche raccomandazioni

CPY3A4 e aumentano la concentrazione plasmatica dei CO con maggiore comparsa di effetti indesiderati tipici degli estrogeni. Particolare attenzione va posta in caso di assunzione di preparati a base di iperico che determina una riduzione dell’azione contraccettiva dovuta a una diminuzione della concentrazione plasmatica dell’etinilestradiolo [8]. Molte le segnalazioni di sanguinamenti mestruali in donne che assumevano COCs e iperico. Nel caso di prodotti contenenti iperico, al farmacista, al momento della dispensazione, spetterà il compito di accertarsi che la donna non faccia uso di contraccettivi orali.

per via di possibili interazioni con altri farmaci (vedi box di approfondimento). Il loro diffuso utilizzo è supportato anche dal buon profilo di tollerabilità: sebbene, infatti, i COCs possano determinare la comparsa di fastidiosi eventi avversi, il rischio complessivo è comunque basso. Tra le reazioni indesiderate compaiono il sanguinamento inter-mestruale che, però, si risolve con il tempo oppure l’amenorrea. Gli estrogeni aumentano la produzione di aldosterone e causano ritenzione di sodio, che può causare ipertensione reversibile dose-correlata e aumento di peso con comparsa di gonfiore, edema e dolorabilità mammaria [3]. I COCs di IV generazione hanno effetti anti-androgenici, minore comparsa di acne, nervosismo ed effetti anabolizzanti. Possono insorgere nausea, vomito, cefalea, depressione e disturbi del sonno. L’incidenza di trombosi venosa profonda e di tromboembolia aumenta insieme all’aumentare della dose di estrogeni: con l’utilizzo dei COCs di ultima generazione il rischio è da 2 a 4 volte rispetto al rischio di base e molto inferiore rispetto al rischio associato alla gravidanza [4,5].

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psicodermatologia / dermatite atopica

Vivere con la dermatite atopica: successo dell’educazione terapeutica Dall’esperienza dei dermatologi emerge la volontà dei pazienti di essere coinvolti nella scelta delle terapie. Si rafforza così l’alleanza terapeutica che favorisce la continuità nelle cure

di Anna Graziella Burroni Presidente Sidep (Società italiana dermatologia psicosomatica) Specialista dermatologo, Clinica dermatologica di Genova - Policlinico San Martino, Genova

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a dermatite atopica (DA) è una malattia infiammatoria cronica della cute a eziopatogenesi multifattoriale. È caratterizzata da forme eczematose recidivanti accompagnate da prurito insistente. I dati della letteratura ci spingono sempre più insistentemente a pensare che la DA veda i suoi albori già in utero a causa della complessa interazione tra genetica ed eventi stressanti vissuti dalla madre. Venuto al mondo un bimbo che slatentizzi precocemente la malattia, farà tutte le fondamentali esperienze tattili attraverso una cute lesa, permeabile. La costruzione dell’immagine corporea sarà ben più difficile per un bambino atopico. È possibile che la cute arrossata e gemente induca la madre a guardare il piccolo con distacco e disgusto (madre ostile), oppure che la sofferenza del bambino scateni un aspetto depressivo nella madre che la porterà a guardare il figlio con uno sguardo vuoto, probabile causa di guai per la costruzione di una futura personalità. Dermatite atopica: impatto sulla vita del paziente Jean Marie Gauthier nel suo lavoro L’enfant malade de sa peau (1) critica l’approccio medico a questa malattia: troppe ipotesi,

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psicodermatologia / dermatite atopica

troppa confusione. Egli definisce la dermatite atopica come un enigma e arriva alla conclusione che la malattia multifattoriale sia innescata da una disarmonia tra ritmi propri del bambino e quelli del suo entourage. I bambini atopici, infatti, hanno disturbi del sonno, difetti di concentrazione, sono ipereccitabili. L’adolescenza, poi, è la fase di vita più difficile per tollerare la malattia, che deve essere seguita attentamente. Sappiamo che l’idea di suicidio in questi ragazzi è più frequente rispetto alla popolazione non atopica. L’adulto atopico ha una vita condizionata da regole e ritmi, la sofferenza è imponente al punto che la qualità di vita è più scarsa rispetto a malattie apparentemente più impegnative come il diabete. La cronicità genera profonda frustrazione nel malato e lo spinge ad abbandonare i protocolli terapeutici: così, l’aderenza terapeutica non supera il 38% e la soddisfazione verso le cure ricevute si aggira intorno al 30%. I genitori di bambini atopici o i pazienti atopici stessi vengono assaliti da una sorta di nomadismo, vagano da un medico all’altro alla ricerca di soluzioni definitive che, invece, non esistono. Vantaggi dell’educazione terapeutica nella cura della dermatite atopica La difficoltà di gestione e la sofferenza generate dalla DA hanno fatto sì che i programmi di educazione terapeutica (2), dove sono stati messi in atto, abbiano avuto un grande successo. L’obiettivo consiste nel permettere ai pazienti di acquisire o mantenere le competenze necessarie per convivere al meglio con una malattia cronica. Recentemente si è evidenziato un crescente numero di pazienti affetti da malattie croniche nei paesi industrializzati che ha reso necessaria l’ideazione di strategie specifiche: l’obiettivo, al contrario delle malattie acute, non è guarire rapidamente, ma mantenere uno stato di salute soddisfacente a lungo termine, evitando le complicanze della ma-

lattia e migliorando la qualità di vita. L’esperienza dei dermatologi ha messo in luce la volontà dei pazienti di essere coinvolti nella scelta delle terapie e nella gestione della malattia, procedura, questa, che rafforza l’alleanza terapeutica favorendo la continuità nelle cure. L’educazione terapeutica integra due modelli di salute, biomedico classico e globale. Mentre il primo concepisce la guarigione dalla malattia in relazione all’esistenza o meno di un farmaco specifico, il secondo include, per un buona riuscita, anche la persona con il suo ambiente psicosociale e le sue competenze. è lo stesso paziente che, grazie all’acquisizione di conoscenze e alla personale motivazione, contribuisce a migliorare le proprie condizioni. L’educazione terapeutica si è dimostrata efficace nella gestione di varie patologie, tra cui asma, diabete, malattie cardiovascolari e, appunto, dermatite atopica. La Scuola dell’Atopia di Genova La “Scuola dell’Atopia” è un progetto educativo che nasce dalla collaborazione multidisciplinare di diversi specialisti (dermatologo, allergologo, otorinolaringoiatra, psicologo) nella gestione della DA in tutte le sue manifestazioni cliniche. L’obiettivo è appunto quello di fornire al paziente atopico, o alla sua famiglia, gli strumenti per permettere di conoscere la propria malattia, di scegliere le cure, di acquisire competenze di autovalutazione e di auto-trattamento, di riconoscere quando è il momento di rivolgersi a uno specialista e a quale. Il modello messo in atto a Genova è il modello più classico di Educazione terapeutica (Etp) secondo gli insegnamenti di Jean Philippe Assal (2) e, poi, di Alain Go-

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Il programma genovese segue un iter di lavoro preciso che coinvolge sia i pazienti atopici under 12 e le loro

famiglie, sia quelli adulti: vengono infatti portati alla consapevolezza nei confronti della loro malattia attraverso percorsi individuali che prevedono, tra l’altro, giochi di vario tipo e sedute motivazionali

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lay, direttori della cattedra di Etp a Ginevra. Il programma si arricchisce di spunti tratti dalla medicina narrativa (3) e dal counseling: si parte dalla storia del malato e lo si porta a una maggiore consapevolezza delle proprie risorse affinché possa dominare gli strumenti utili a combattere e accettare la malattia stessa, potenziando la resilienza individuale. Si è partiti elaborando un progetto che tenesse conto delle risorse disponibili, dei locali, del personale formato all’Etp (programmi di educazione terapeutica). La formazione è essenziale e può avvenire in una dimensione di counseling: un individuo formato aiuta un altro individuo a superare un ostacolo. Si lavora con empatia, in sospensione di giudizio e sull’ascolto. I pazienti vengono aiutati a trovare le motivazioni per accettare la malattia.

individuali o di gruppo

Bibliografia 1. Gauthier JM. L’enfant malade de sa peau: approche psychosomatique de l’allergie precoce Dunod; 1993. 2. Assal JP, La Croix AF. L’educazione terapeutica dei pazienti. Feltrinelli 2001. 3. Charon R, Wyer P, NEBM Working Group. Narrative evidence based medicine. Lancet 2008;371(9609): 296-7.

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Programma genovese: l’iter di lavoro Prevede lo svolgimento di sedute educazionali singole e/o collettive (massimo 20 partecipanti). I pazienti vengono reclutati durante le visite ambulatoriali tramite gli specialisti. Si parte dalla diagnosi educazionale con una serie di domande necessarie per capire quanto il paziente sappia della propria malattia e della sua gestione: conoscere il nome della malattia; spiegare l’eczema; saper utilizzare gli emollienti e i corticosteroidi; saper utilizzare tacrolimus e pimecrolimus; esprimere le proprie convinzioni sui corticosteroidi; conoscenza delle norme relative all’igiene personale e all’abbigliamento; saper adattare l’ambiente; saper gestire il prurito; saper gestire le turbe del sonno; riconoscere le situazioni a rischio: herpes, allergeni...; sapersi adattare a condizioni particolari: vacanze, piscina…; saper esprimere le difficoltà, le emozioni, chiedere aiuto. (Si attribuisce un punteggio da 0 a 10 a ogni risposta). Il paziente totalizzerà un punteggio da utilizzarsi come strumento della consapevolezza nei confronti della propria malattia. Possono poi essere

seguite tre sedute educazionali collettive, una ogni 15 giorni. Sono anche possibili sedute individuali per i pazienti o per i loro genitori: si svolgono ogni 15 giorni e prevedono 6 moduli: corticofobia; gestione del prurito; terapia; eczema e dintorni; medicazione; vissuto e accettazione della malattia. Il paziente atopico o i suoi genitori possono partecipare a tutti i moduli o a un numero limitato di essi oppure fare un percorso individuale e poi essere inseriti in un gruppo. Le sedute collettive accolgono adolescenti atopici, adulti atopici, genitori di pazienti atopici sotto i 12 anni. Strumenti di supporto Gli strumenti usati per le sedute educazionali sono di diversa natura: possono essere giochi (per esempio il giro dell’oca dell’atopia) adattati al problema. I partecipanti ai gruppi possono anche essere coinvolti con giochi di ruolo: per esempio, negli adolescenti si può far interpretare a un ragazzo il malato, a un altro la mamma o il papà e a un terzo il medico. Emergeranno le situazioni conflittuali di questa triade e si valuterà insieme come superarle. Al termine del programma vengono consegnati al paziente una lettera per il medico curante e un questionario sul lavoro fatto con l’obiettivo di continuare a migliorare i programmi. I pazienti hanno a disposizione telefonico e indirizzo e-mail per rimanere legati alla scuola. A distanza di sei mesi, i pazienti vengono convocati per una valutazione. Conclusioni I risultati sono molto incoraggianti: se i farmaci e/o i cosmeceutici sono utilizzati con maggior consapevolezza e con un conseguente risparmio, la tolleranza alla malattia aumenta. Si ha così la conferma di quanto sostiene Alain Golay in molti suoi articoli: 1 euro investito in educazione terapeutica fa risparmiare 4 euro per la gestione della malattia.

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ars galenica Con questo volume, Irene Ruffino, responsabile del Laboratorio di Galenica interno della Farmacia Ospedaliera di Santa Maria Nuova, ci accompagna nella storia della produzione farmaceutica dalle origini della spezieria fino alle più recenti produzioni.

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odontoiatria / salute orale e deficit cognitivi

L’equilibrio del microbioma orale contro demenza e deficit cognitivi di Andrea Peren Giornalista Italian Dental Journal

Perdita di denti e scarsa salute orale si associano a demenza senile e deficit cognitivi. L’alterazione della flora batterica favorisce immuno-senescenza e sarcopenia. Nuovo compito del dentista è allora quello di tenere in equilibrio il microbioma orale

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siste un’associazione tra perdita dei denti, scarsa salute orale e sviluppo di deficit cognitivi e demenza nell’invecchiamento. La perdita dei denti posteriori, tra le conseguenze dell’invecchiamento, è associata a disfagia e deficit nutrizionali, in particolare di vitamine e alimenti a valore antiossidante. Allo stesso modo, la masticazione svolge un ruolo

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odontoiatria / salute orale e deficit cognitivi

importante nella regolazione dell’attività dell’asse ipotalamo-ipofisario e nella conservazione della funzione cognitiva dipendente dall’ippocampo (3). Dell’argomento, ancora in fase di studio, abbiamo già parlato anche su Italian Dental Journal. Di contro, però, più si invecchia e meno si curano i denti. Nel Rapporto Istat dell’ottobre 2017, l’Italia risulta al terzultimo posto per le cure odontoiatriche: si cura il 45,8% della popolazione sopra i 15 anni contro una media europea del 60,1%. La percentuale scende all’aumentare dell’età: 36,1% per gli over 65, 29,2% per gli over 75, in assoluta controtendenza con le politiche di invecchiamento attivo che dovrebbero essere promosse nel nostro Paese, secondo le direttive dell’Organizzazione mondiale della Sanità. Il tema del rapporto tra salute orale, fragilità dell’anziano e invecchiamento attivo è tornato al centro del dibattito nella tre giorni di lavori del 25° congresso nazionale del Collegio dei docenti universitari di discipline odontostomatologiche, presieduto da Antonella Polimeni, con Enrico Gherlone presidente del Collegio. Il congresso ha sottolineato la centralità dell’odontostomatologia nel complesso delle discipline mediche attraverso quattro parole chiave: microbiota orale, malattie sistemiche, rischio e correlazione. «L’ingresso di microrganismi del microbioma orale con la deglutizione salivare o la formazione persistente di placca e il loro conseguente contatto con il sistema immunitario attivo nella mucosa è responsabile dell’instaurarsi di una malattia sistemica – avverte la professoressa Antonella Polimeni, presidente del congresso –. Tenere in equilibrio e in salute le oltre 600 colonie batteriche, o microbioma orale complessivo, che popolano la nostra cavità orale e i suoi habitat – denti, gengive, palato, lingua, tonsille – a loro volta articolati in tanti microbiota che ne caratterizzano la comu-

nità batterica presente in un tessuto, rappresenta uno dei compiti principali oggi affidati all’odontostomatologia, specie con l’incedere dell’età e dell’invecchiamento che rende l’individuo fragile». Le cure odontoiatriche nella terza età Le cure odontoiatriche nella terza età sono spesso trascurate sia perché altre patologie più severe distolgono l’attenzione dal problema dentale, sia perché l’accesso ai trattamenti è reso difficoltoso da vari fattori, tra cui l’uso di farmaci anticoagulanti che possono far diventare anche una semplice estrazione un intervento a rischio. Tra le patologie odontoiatriche più comuni nella terza età, le malattie parodontali si legano anche alla minor igiene orale dovuta a una non perfetta visione e a microtremori delle mani. Va considerata poi l’importanza della protesi per una persona anziana, perché la mancanza di denti non consente di alimentarsi correttamente, rischiando di aumentare i problemi di malnutrizione cui vanno incontro gli anziani e perché la malocclusione può comportare anche dolori muscolo scheletrici. Senza

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La perdita di denti è

associata a disfagia e

deficit nutrizionali. Le cure odontoiatriche nella terza età sono spesso trascurate e si legano anche a una minore igiene orale. Oltre al rischio di malnutrizione, l’alterazione del microbiota orale influisce sul metabolismo proteico e, quindi, sul muscolo. Tenere sotto controllo il microbiota, quindi, potrebbe rappresentare un nuovo target terapeutico

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odontoiatria / salute orale e deficit cognitivi

dimenticare l’aspetto psicologico, perché una bocca senza denti porta a una chiusura e alla perdita di vita sociale. «Le alterazioni cui il microbiota va incontro con l’invecchiamento includono una diminuzione dei firmicutes e un aumento dei bacteroides. Il mutato pattern del microbiota si correla con la fragilità, alla cui base c’è proprio la condizione della salute muscolare – spiega il professor Francesco Landi, primario di riabilitazione geriatrica al Policlinico A. Gemelli di Roma –. Esiste una specie di loop proinfiammatorio della disbiosi, o alterazione della flora batterica, che favorisce immuno-senescenza e inflammaging e che, a sua volta, correla con la fragilità e con la sarcopenia. Tut-

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to ciò significa che la relazione tra microbiota e muscolo non è solo statistica, ma che vi è un cross-talk fra il microbiota e i vari organi e apparati; questa correlazione implica anche che il microbiota potrebbe rappresentare un nuovo target terapeutico. È stato chiaramente dimostrato in che misura il microbiota può influenzare soprattutto il metabolismo proteico e quindi il muscolo». Comprendere la stabilità o la variabilità del microbioma orale con l’età che avanza consentirebbe di tenere sotto controllo le alterazioni della salute, per esempio durante un cambiamento dietetico o un trattamento antibiotico, e in alcuni casi prevenire gravi malattie cronico infiammatorie. In particolare, quando si ha a che fare con pazienti over 70, considerati “fragili” perché spesso penalizzati da difficoltà di accesso alle cure odontoiatriche a causa di limitazioni funzionali, fisiche ed economiche o domiciliati con patologie debilitanti e perciò non autosufficienti. «In qualche modo, la composizione genetica del microbiota potrebbe rappresentare uno dei meccanismi in grado di modificare la longevità: se l’omeostasi del microbiota influenza la salute dell’ospite e l’invecchiamento, lo sviluppo di probiotici geneticamente ingegnerizzati potrebbe rappresentare un nuovo paradigma terapeutico per promuovere un invecchiamento in salute – sottolinea Landi –. Una modulazione personalizzata, anche in base all’età, del microbiota potrà portare all’obiettivo di mantenere un profilo microbico tale da offrire le maggiori probabilità di prevenire la fragilità e promuovere la salute muscolare».

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integratori / curcuma

curcuma: dalla Natura un alleato del nostro benessere

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a curcuma è presente nella storia dell’uomo da circa 4000 anni: si sa che era in uso presso gli Assiri per tingere i tessuti e che gli Indiani ne apprezzavano le proprietà terapeutiche e la utilizzavano anche in cucina. Per loro era “jayanti”, ossia colei che scaccia le malattie, ma ancora oggi la considerano indispensabile persino nei rituali religiosi indù grazie al suo potere colorante giallo, il colore del sole. Una radice ricca di proprietà Fino a non molto tempo fa in Occidente la curcuma era ritenuta un alimento poco nobile, trattato quasi con disprezzo con il soprannome di “zafferano dei poveri” per il suo colore. Sempre per lo stesso motivo cromatico, anche Marco Polo la chiamava “zafferano d’Oriente” nel suo Milione. Ora questa spezia è uscita dal suo cono d’ombra ed è balzata agli onori della cronaca perché gli scienziati hanno messo in luce le sue numerose virtù medicinali trasformandola da semplice ingrediente in alimento funzionale.

Nella medicina ayurvedica questa spezia ricopre da sempre un ruolo di rilievo, ma oggi vive un momento di gloria anche in tutto l’Occidente. Ecco qualche notizia per conoscerla meglio e per sfruttarne al massimo le peculiarità

di Marcella Valverde Giornalista

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I principi attivi e gli effetti sulla salute La curcuma contiene curcumina e curcuminoidi, tra cui turmerone, zingiberone e atlantone, i composti farmacologicamente più attivi di questa pianta. Nel suo rizoma è presente anche un olio volatile e sostanze coloranti, nonché flavonoidi, zuccheri, proteine, vitamine e minerali. Ecco più nel dettaglio quali sono le proprietà della nostra spezia e perché dovremmo utilizzarla come integratore o in cucina. Curcumine e curcuminoidi sono composti fenolici ai quali si deve il colore giallo-

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integratori / curcuma

arancio della spezia. Possiedono un’elevata attività antiossidante, antinfiammatoria e di protezione contro l’insorgenza dei tumori. Sono tutte sostanze liposolubili e che temono la luce. In compenso, non degradano con il calore, a patto che non sia troppo elevato e la spezia non venga sottoposta a cotture eccessivamente prolungate. Il rizoma, inoltre, contiene amido, glucosio, fruttosio, vitamine e minerali tra cui ferro e manganese, proteine, resine e turmerina, un peptide dall’elevata efficacia antiossidante. Ecco, in breve, alcune virtù della curcuma. > Un efficace antiossidante. Grazie alle ricerche scientifiche, oggi sappiamo che la curcuma contribuisce a inibire i processi ossidativi, la produzione di citochine proinfiammatorie e a proteggere l’apparato cardiocircolatorio. Gli studi in corso

il suo utilizzo in oriente In India la curcuma viene da sempre considerata una sorta di panacea per la sua azione non solo curativa, ma anche preventiva. Viene utilizzata per contrastare disturbi infiammatori, epatiti, artriti, come purificatore del sangue, per curare stomaco e fegato o per i problemi dentali. In Cina lo “zafferano d’Oriente” è arrivato solo nell’VIII secolo, ma da quel momento si è trasformato in un importante ingrediente della tradizione medica locale. Infatti, si ritiene che questa spezia purifichi il Qi, cioè l’energia vitale, ed è apprezzata anche per i suoi effetti benefici su stomaco, intestino, fegato, cistifellea e polmoni. Anche in Giappone la curcuma è famosa sia in cucina, sia come rimedio per il benessere. Per esempio, gli abitanti dell’isola di Okinawa, celebri per la loro longevità, confermata anche dalla presenza del maggior numero di centenari al mondo, la considerano un ingrediente principe e la consumano di frequente, specialmente come infuso.

La carta d’identità della curcuma La polvere di curcuma si ricava dal rizoma di questa pianta tropicale appartenente alla stessa famiglia dello zenzero, ossia quella delle Zingiberaceae. Nei negozi ben riforniti si trova facilmente anche il rizoma fresco. Tra le 133 specie esistenti, comunque, quella più ricca di principi attivi medicinali è la Curcuma longa.

Originaria dell’India, che è il maggior produttore e consumatore a livello mondiale, la spezia è presente anche in molte zone del Sud Est asiatico, tra cui Indonesia, Indocina e alcune isole del Pacifico. Al momento dell’acquisto, controllate il nome della varietà e la provenienza. Se potete, preferite i prodotti biologici.

portano ad attribuire anche un’efficacia nel contrastare allergie e disturbi infiammatori in genere e una discreta potenzialità contro le malattie neurodegenerative. Si stanno ottenendo buoni risultati anche nel trattamento di fibromialgia, artrite e reumatismi. > Combatte le infiammazioni. La curcuma può essere una buona risposta per contrastare infiammazioni come osteoartriti, artrosi, infiammazioni muscolari, contusioni, sindrome del tunnel carpale, sciatica, dolori mestruali, disturbi intestinali, dolori post-operatori. > Nemica dei radicali liberi. Oltre a fornire un’azione antiossidante, la curcuma può stimolare il fegato a produrre glutatione, una sostanza antiossidante e antitossica. Per questo motivo, può essere indicata in caso di eccessivi stress mentali, fisici, o ambientali. La curcumina e la vitamina C racchiuse nella spezia svolgono un’efficace azione contro i radicali liberi responsabili di un invecchiamento precoce e dell’instaurarsi di numerose malattie. > Abbassa il colesterolo. Per la sua azione disintossicante, la curcuma contribuisce a limitare trigliceridi e colesterolo LDL, mentre aumenta l’HDL. Infatti, la curcuma favorisce la secrezione biliare da parte del fegato e la digestione con l’eliminazione delle tossine, attraverso l’aumento della peristalsi, e le funzioni intestinali. Questa spezia contribuisce a ridurre i danni pro-

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dall’antichità, la curcuma vanta molte proprietà. Si può utilizzare sia sotto forma di integratore per beneficiare di una quantità significativa di principi attivi, sia come ingrediente in cucina, per esempio su verdure, pasta, riso, pesce, formaggi freschi. Per una maggiore biodisponibilità, va abbinata al pepe nero e all’olio extravergine di oliva e si deve scaldare leggermente

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vocati dall’aterosclerosi, proteggendo le pareti dei vasi sanguigni. > Amica del fegato. La curcuma stimola la produzione di bile e lo svuotamento della colecisti. In questo modo, riduce il rischio di formazione di calcoli della cistifellea e favorisce l’eliminazione delle piccole concrezioni già presenti nell’organismo. > Uno scudo per lo stomaco. La sua azione equilibratrice si traduce in un vantaggio per i disordini gastrointestinali: è efficace per la secrezione biliare, pancreatica e gastrica, ed è indicata, tra l’altro, in caso di dispepsia, intestino irritabile, reflusso gastroesofageo, nausea e vomito. Alcuni studi indicano anche una protezione della la mucosa gastrointestinale dal rischio di degenerazioni pretumorali. > Difende il cervello. La curcuma ne favorisce l’ossigenazione, proteggendo quest’organo dal danno ossidativo. Inoltre è utile all’azione di alcuni enzimi che ripuliscono le cellule e il tessuto nervoso

Le compagnie giuste Gran parte della curcuma che si ingerisce, purtroppo, non viene assimilata dall’organismo, ma viene eliminata a causa della sua scarsa biodisponibilità. Per ottenere il massimo risultato da questa spezia, la scienza ha individuato delle associazioni virtuose che consentono all’organismo di metabolizzarla. Ecco le principali. 1. Pepe nero. Si è notato che l’efficacia della spezia raddoppia se è abbinata al pepe nero, in un connubio, tra l’altro, dal piacevole aroma speziato. Grazie alla piperina (il principio attivo del pepe nero), la curcuma aumenta la sua biodisponibilità con un maggiore assorbimento da parte dell’organismo: va detto, però, che è meglio che il pepe sia macinato al momento per massimizzarne l’efficacia.

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2. Olio. L’assorbimento della curcuma viene amplificato dalla presenza di olio extravergine di oliva o di altri oli come quello, per esempio, di semi di lino. L’associazione diviene ancora più efficace se l’olio è leggermente scaldato. 3. Ananas. Gli studiosi hanno anche scoperto che l’assorbimento intestinale della curcumina viene potenziata dall’associazione con la bromelina contenuta nell’ananas, presente specialmente nel gambo del frutto. Questa associazione in cucina è un po’ più difficile, ma si può ricorrere a integratori specifici che offrono una biodisponibilità elevata. 4. Zenzero. Anche questo alimento aumenta l’apporto di curcumina all’organismo.

dai radicali liberi, responsabili dell’invecchiamento precoce. È stato infatti osservato che un adeguato introito di curcuma preserva il cervello dall’invecchiamento salvaguardandolo, da un lato, da malattie degenerative e, dall’altro, aiutandolo a rigenerarsi dopo eventi gravi come gli ictus. > Un cosmetico per la pelle. Riduce le imperfezioni dell’epidermide purificandola e dando luminosità all’incarnato. Grazie alle sue proprietà antinfiammatorie, depurative e antibatteriche, la curcuma può essere di aiuto in caso di patologie di natura infettiva o di acne, contribuendo, in questo caso, a ridurre anche gli eccessi di sebo. > Preziosa per l’apparato circolatorio. La curcuma svolge anche un’azione fluidificante che la rende interessante nella prevenzione di trombi, infarti ed embolie polmonari. Infatti, è in grado di inibire l’aggregazione delle piastrine con un effetto simile a quello dell’aspirina. Inoltre, riducendo i livelli di colesterolo LDL, abbassa il rischio aterosclerotico. Non solo: in studi sperimentali condotti recentemente, la curcuma apre pure un orizzonte terapeutico in caso di malattie cardiache: infatti potrebbe diventare una risorsa in caso di lesioni ischemiche cardiache senza presentare significative interferenze farmacologiche, un aspetto, questo, di grande rilievo per l’eventuale utilizzo in sinergia con altri medicinali. > Alleata della linea. La curcuma contrasta la fame nervosa perché contribuisce a regolare due importanti neurotrasmettitori coinvolti nella modulazione degli stati emotivi, la dopamina e la serotonina. Ed è proprio la carenza di serotonina che può essere alla base di questo disturbo della sfera dell’alimentazione. La spezia è anche una risorsa contro cellulite e smagliature. Utilizzandola in polvere, si può trasformare in un gommage da preparare in casa e da applicare sulle parti da trattare.

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diabetologia / terapia e rischio di ipoglicemia

diabete ed effetti collaterali: un’emergenza sanitaria a livello mondiale di Carla Carnovale Farmacista

L’aumento dei casi di diabete mellito ha assunto caratteristiche e dimensioni di una vera e propria emergenza sanitaria, anche in considerazione delle complicanze associate alla terapia insulinica 34

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econdo recenti stime in merito, circa 415 milioni di individui sono affetti da diabete mellito a livello mondiale. Questo numero, tuttavia, è destinato ad aumentare, raggiungendo circa 642 milioni nel 2040 [1]. In Italia interessa il 5,4% della popolazione generale, pari a oltre 3 milioni di persone, con un incremento del tasso di prevalenza del 90% negli ultimi 13 anni (dal 3,9% nel 2001 al 4,8% nel 2014) [2]. Parallelamente all’aumento della prevalenza della patologia, si assiste a una continua

evoluzione dell’approccio terapeutico, in particolar modo in riferimento alle nuove terapie farmacologiche che sono in grado di controllare efficacemente la progressione della malattia. Sono molteplici, infatti, le opzioni farmacologiche disponibili sul mercato che hanno rappresentato una novità estremamente importante alla luce del loro ottimo profilo di efficacia e tollerabilità. Tra questi, gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP-4), l’enzima responsabile

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diabetologia / terapia e rischio di ipoglicemia

della degradazione del GLP-1 endogeno prodotto dalle cellule intestinali, sono in grado di ridurre la glicemia con un basso rischio di ipoglicemia. Anche gli analoghi del GLP-1, migliorano il controllo glicemico e il profilo lipidico senza aumentare il rischio di insorgenza di ipoglicemia [3]. Gli inibitori del co-trasportatore sodio-glucosio 2 (SGLT2), molecole in grado di bloccare il riassorbimento renale del glucosio e aumentarne l’eliminazione attraverso le urine, rappresentano l’ultima classe di farmaci introdotti per il trattamento del diabete di tipo 2, vantano gli stessi benefici. Di recente sono stati inoltre introdotti nuovi analoghi dell’insulina umana a lunga durata d’azione, in grado di mantenere una concentrazione plasmatica costante e stabile per più di 24 ore, limitando così il numero di casi di ipoglicemia. Ipoglicemia: fattore di rischio sotto-riconosciuto per la morte e la malattia cardiovascolare nei pazienti diabetici L’aumento della prevalenza del diabete mellito, parallelamente al crescente invecchiamento della popolazione e ai progressi della medicina, solleva importanti criticità correlate alla gestione farmacologica antidiabetica nella pratica clinica quotidiana, in particolar modo tra gli over 65 per via della possibile comparsa di ipoglicemia. Questa patologia, infatti, rappresenta il più comune effetto collaterale della terapia insulinica che, oltre ad aumentare il rischio di eventi cardiovascolari, rappresenta un ostacolo al raggiungimento di un controllo glicemico ottimale, limitando l’aderenza alla terapia e causando un necessario potenziamento dello schema posologico per raggiungere gli obiettivi terapeutici. Si manifesta quando i valori della glicemia plasmatica sono uguali o inferiori a 70 mg/dl nei pazienti con diabete mellito trattati con insulina o ipoglicemizzanti orali, con i sin-

Complicanze dell’ipoglicemia L’ipoglicemia può avere diverse conseguenze in relazione alla gravità, durata e frequenza, oltre che alla presenza di eventuali malattie associate. Le conseguenze cliniche possono essere devastanti e coinvolgono una molteplicità di organi e apparati, in particolar modo il sistema nervoso centrale e l’apparato cardiovascolare [3]. L’ipoglicemia è responsabile di una considerevole compromissione delle attività intellettuali e fisiche del paziente: se protratta o particolarmente rilevante in termini di entità clinica, può determinare una neuroglicopenia talmente marcata da provocare convulsioni, coma, danno neurologico permanente e morte. Seppur temporanea, anche la disfunzione cognitiva conseguente a ipoglicemia lieve è potenzialmente pericolosa in quanto può presentarsi in contesti a rischio per la salute, per esempio mentre il paziente sta gui-

dando oppure operando con macchinari. L’ipoglicemia aumenta inoltre il rischio di eventi cardiovascolari, di demenza e della mortalità generale, riducendo in maniera significativa la qualità di vita e provocando inoltre allarmismi e psicosi nei confronti della terapia anti-iperglicemizzante, con conseguenti mancati compliance e controllo metabolico [7-11]. Inoltre, l’ipoglicemia grave causa frequenti accessi in pronto soccorso e comporta un aumento del rischio di cadute e fratture, con successiva istituzionalizzazione del paziente e aumento dei costi sanitari di gestione [12]. La prevenzione del rischio di ipoglicemia è quindi uno degli obiettivi principali che i pazienti e tutti i professionisti sanitari devono perseguire nel corso della gestione terapeutica dei pazienti, soprattutto se anziani.

tomi autonomici da attivazione simpatica (fame, sudorazione, tremore, ansietà, pallore, palpitazioni) e da neuroglicopenia (alterazione dell’umore, irritabilità, vertigini, stanchezza anche del pensiero, confusione fino al coma e alle convulsioni). In caso di ipoglicemia lieve, o moderatamente sintomatica, sono presenti i sintomi autonomici (rappresentano i sintomi di allarme all’ipoglicemia) che il paziente dovrebbe riconoscere per adottare provvedimenti correttivi volti a limitare le complicanze (vedi box di approfondimento). L’ipoglicemia severa si caratterizza come una condizione temporaneamente disabilitante (sopore, convulsioni e coma) che richiede un’assistenza specifica per la somministrazione di glucagone o glucosio per via parenterale e/o ricovero [4]. Infatti, sebbene le nuove opzioni terapeutiche riducano il rischio di insorgenza di ipoglicemia, negli ultimi anni si è registrato

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diabetologia / terapia e rischio di ipoglicemia

Bibliografia 1. http://www.diabetesatlas.org/ resources/2015-atlas.html. 2. ISTAT. Annuario statistico italiano 2015. http://www.istat.it/it/ archivio/171864. 3. Il diabete in Italia. Società italiana di diabetologia. 4. M. Agrusta. Rassegna. Fattori di rischio per l’ipoglicemia (farmaci, stile di vita, hypoglycemia unawareness). G It Diabetol Metab 2015;35:188-195. 5. Hope SV, Taylor PJ, Shields BM, Hattersley AT, Hamilton W. Are we missing hypoglycaemia? Elderly patients with insulin-treated diabetes present to primary care frequently with non-specific symptoms associated with hypoglycaemia. Prim Care Diabetes. 2018 Apr;12(2):139-146. 6. Cranston I, Lomas J, Maran A, Macdonald I, Amiel SA. Restoration of hypoglycaemia awareness in patients with long-duration insulin-dependent diabetes. Lancet 1994;344:283-7. 7. Heller S, Cryer PE. Reduced neuroendocrine and symptomatic responses to subsequent hypoglycaemia after one episodes of hypoglycaemia in nondiabetic humans. Diabetes 1991;40:223-6. 8. Johnston SS, Conner C, Aagren M, Smith DM, Bouchard J, Brett J. Evidence linking hypoglycemic events to an increased risk of acute cardiovascular events in patients with type 2 diabetes. Diabetes Care 2011; 34: 1164-1170. 9. Desouza CV, Bolli GB, Fonseca V. Hypoglycemia, diabetes, and cardiovascular events. Diabetes Care 2010; 33: 1389-1394. 10. Whitmer RA, Karter AJ, Yaffe K, Quesenberry CP Jr, Selby JV. Hypoglycemic episodes and risk of dementia in older patients with type 2 diabetes mellitus. JAMA 2009; 301: 1565-1572. 11. McCoy RG, Van Houten HK, Ziegenfuss JY, Shah ND, Wermers RA, Smith SA. Increased mortality of patients with diabetes reporting severe hypoglycemia. Diabetes Care 2012; 35: 1897-1901. 12. Frier BM. The economic costs of hypoglycaemia. Br J Diabetes Vasc Dis 2011; 11: (Suppl 1) S10-S12

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un crescente interesse per il ruolo dell’ipoglicemia severa come causa di ospedalizzazione e di costi (diretti e indiretti) correlati ai ricoveri ospedalieri tra gli anziani, la fascia della popolazione più predisposta a sviluppare le manifestazioni neuroglucopeniche dell’ipoglicemia con conseguente ridotta capacità di riconoscerne i sintomi, che si possono attribuire erroneamente ad altre condizioni (per esempio malattie neurologiche primitive). Il 25-50% degli over 85 presenta una condizione di fragilità con un sostanziale aumento del rischio di cadute, delirio, disabilità, assistenza a lungo termine e decesso. Nell’anziano si sviluppano inoltre progressivi cambiamenti età-correlati della farmacocinetica e della farmacodinamica delle terapie assunte che contribuiscono ad alterare in modo significativo gli effetti dei trattamenti farmacologici. Inoltre, gli over 65 con diabete sono ad alto rischio di politerapia e, quindi, ad aumentato rischio di effetti collaterali da farmaci e/o di interazioni farmacologiche che rendono il paziente anziano più fragile e più prono a sviluppare ipoglicemia. In uno studio di popolazione effettuato tra gli anziani over 65 in trattamento con farmaci ipoglicemizzanti in setting ospedaliero, è

stato rilevato un elevato tasso di incidenza di casi di ipoglicemia non identificata [5]. Importante sfida per la pratica clinica è l’individualizzazione precoce delle ipoglicemie e, in particolare, della sindrome da hypoglycemia unawareness, una condizione causata da ipoglicemie ricorrenti in cui l’ipoglicemia si manifesta senza sintomi autonomici di allarme: il paziente, così, non è in grado di riconoscerla e, quindi, di prevenire l’eventuale comparsa di neuroglicopenia e di ipoglicemia grave. L’hypoglycemia unawareness è piuttosto diffusa in quanto interessa circa il 25% dei pazienti con diabete di tipo 1 [6] e meno del 10% dei pazienti con diabete di tipo 2 [7]. La frequenza è più bassa nel tipo 2 perché da un punto di vista fisiopatologico il diabete di tipo 2 è caratterizzato da resistenza insulinica, dalla capacità della cellula pancreatica di ridurre la secrezione insulinica in relazione alla diminuzione della glicemia e da un sistema di controregolazione adeguato, tutte condizioni che proteggono dall’ipoglicemia [4]. La forma di diabete di tipo 1 si configura, invece, come una malattia autoimmune, caratterizzata dalla distruzione delle cellule pancreatiche e che comporta, solitamente, associazione all’insulino-deficienza.

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Tumore al seno: Lombardia e Genomic Health insieme per cure appropriate È la prima Regione italiana a rimborsare il test genomico che determina la probabilità di successo della chemioterapia nei tumori al seno in stadio precoce Genomic Health, principale fornitore al mondo di test diagnostici basati sulla genomica volti a ottimizzare la cura oncologica, annuncia la decisione di Regione Lombardia di rimborsare il test genomico Oncotype DX per le pazienti affette da cancro al seno. In Lombardia il test viene ora erogato a pazienti con “tumore alla mammella positivo ai recettori ormonali (HR+) in stadio precoce e a rischio intermedio”. Il test Oncotype DX aiuta il medico a guidare le decisioni terapeutiche in quanto è in grado di identificare una maggioranza di donne (circa l’80%) che hanno un punteggio di Recurrence Score® ≤25, alle quali può essere evitata la somministrazione della chemioterapia, come pure una minoranza di donne che hanno un punteggio compreso tra 26 e 100 che possono invece trarre beneficio da questo trattamento. Ciò è supportato dai risultati dello studio TAILORx , il più grande studio clinico finora condotto nel setting adiuvante del carcinoma mammario in stadio iniziale, che ha incluso oltre 10.000 pazienti con tumore HR+, HER2-, linfonodo negativo. Per quanto riguarda il trattamento di pazienti con interessamento linfonodale, esistono raccomandazioni differenti. La Lombardia è stata anche “il laboratorio” in cui gli esperti hanno potuto valutare l’utilità di un test di profilazione genomica in una popolazione di pazienti non selezionate, afferenti a quattro grossi ospedali della Regione. Si tratta di un ulteriore studio 38

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denominato BONDx che ha previsto l’utilizzo del test Oncotype DX, fornito alle pazienti osservate grazie al supporto di Genomic Health. «Lo studio BONDx è stato effettuato su donne affette da un tumore della mammella del tipo ormonosensibile in stadio iniziale – 400 pazienti in Lombardia con e senza interessamento dei linfonodi nell’arco del 2018 – operate e selezionate dall’oncologo per ricevere una chemioterapia ritenuta protettiva del rischio di ricaduta – spiega il dottor Carlo Alberto Tondini, Direttore dell’Unità di Oncologia dell’Ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo. – Dopo l’esecuzione del test, lo scenario si è modificato ed è stato possibile osservare un cambiamento significativo della scelta di cura con una riduzione netta di circa il 50% del ricorso alla chemioterapia. Proiettando questi risultati a livello regionale, è stato calcolato che il test consente di risparmiare circa 1.000 chemioterapie all’anno nella sola regione Lombardia. Ne deriva una diminuzione del numero di pazienti in cui la chemioterapia sarebbe inefficace evitando le relative tossicità. Infine, va considerato il risparmio per la Regione sul costo delle chemioterapie». I vantaggi del test Oncotype DX Il test Oncotype DX viene eseguito su un piccolo campione di tessuto prelevato durante l’intervento chirurgico ed è l’unico test genomico validato per la sua capacità di previsione sia dei probabili van-

taggi della chemioterapia, sia del rischio di recidiva del tumore alla mammella in stadio precoce. Il cancro al seno è la malattia oncologica più comune tra le donne europee e colpisce molte di loro negli anni che le vedono impegnate nel lavoro e in famiglia. In Italia si stima che nel 2018 il tumore al seno abbia colpito 52.800 donne. Pur essendo la chemioterapia prescritta di routine, la ricerca mostra che solo una minoranza di pazienti con cancro al seno in stadio precoce può trarne effettivo giovamento. Fornendo informazioni sulla specifica e individuale biologia del tumore, il test Oncotype DX facilita la personalizzazione del trattamento, con importanti vantaggi economici per i sistemi assistenziali. «La Regione Lombardia, prima in Italia, ha deliberato di rimborsare il test genomico per garantire alle donne con tumore al seno percorsi di cura sempre più personalizzati. Il test consente di selezionare le donne che trarranno beneficio dalla chemioterapia, evitando invece tale trattamento nei casi in cui non risulterebbe utile – afferma il Prof. Riccardo Masetti, Presidente di Susan G. Komen Italia, l’organizzazione di volontariato in prima linea nella lotta ai tumori del seno.– Mi auguro che anche le altre Regioni adottino provvedimenti analoghi per evitare disequità tra le donne italiane, e, al tempo stesso, assicurare ai sistemi assistenziali quei vantaggi economici che il test può garantire». Marcella Valverde

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attualità

Nutrizione medica per tutti: una giusta battaglia perché sia inserita nei LEA In Italia ci sono 17 milioni di persone con malattie legate a problemi nutrizionali, per un totale, a livello europeo, di circa 33 milioni. Unione Italiana Food prosegue la sua missione contro le differenze di cure Il prossimo 12 dicembre si svolgerà a Roma, presso il Centro Congressi Fontana di Trevi, la conferenza dell’Unione Italiana Food in sostegno del valore degli alimenti a fini medici speciali (AFMS) e della necessità che tutti i pazienti coinvolti possano avvalersene, senza discriminazioni territoriali. I costi complessivi di un mancato accesso, infatti, sono stimati, a livello europeo, intorno ai 120 miliardi di euro. è un problema che interessa moltissime persone affette da varie patologie che coinvolgono anche l’aspetto nutrizionale e che non riescono ad accedere a servizi e prodotti importanti per i propri fabbisogni. La nutrizione clinica e gli alimenti a fini medici speciali, infatti, in base al Regolamento (UE) 609/2013, sono “un prodotto alimentare espressamente elaborato o formulato e destinato alla gestione dietetica di pazienti, compresi i lattanti, da utilizzare sotto controllo medico; oppure sono destinati all’alimentazione completa o parziale di pazienti con capacità limitata, disturbata o alterata di assumere, digerire, assorbire, metabolizzare o eliminare alimenti comuni o determinate sostanze nutrienti in essi contenute o metaboliti, o, ancora, con altre esigenze nutrizionali determinate da condizioni cliniche e la cui gestione dietetica non può essere effettuata esclusivamente con la modifica della normale dieta”. In definitiva si tratta di prodotti specifici per il trattamento nutrizionale di soggetti affetti da turbe, malattie o condi-

zioni mediche che determinano l’impossibilità o la forte difficoltà ad alimentarsi utilizzando i comuni alimenti, integratori alimentari compresi, per soddisfare il loro fabbisogno nutritivo. Gli AFMS vengono catalogati in tre categorie: 1. Prodotti completi dal punto di vista nutrizionale con una formulazione standard dei nutrienti. 2. Prodotti completi dal punto di vista nutrizionale con una formulazione in nutrienti adattata ad una specifica malattia, un disturbo o uno stato patologico. 3. Prodotti incompleti dal punto di vista nutrizionale con una formulazione standard o adattata ad una specifica malattia, un disturbo o uno stato patologico, che non rappresentano l’unica fonte alimentare giornaliera. Da dati SINPE 2013 si stima che almeno il 15% dei pazienti sia a rischio di malnutrizione. Più in generale in Ospedale e nelle RSA un paziente su 3 è malnutrito o a rischio di malnutrizione e, ancora più grave, un paziente oncologico su 5 muore di malnutrizione. Già da una survey che SINPE e ADI hanno condotto nel 2013, su 13 ospedali di varie Regioni era stato messo in luce come la prevalenza media di malnutrizione per difetto fosse in realtà di quasi il 31%, con picchi più alti nei pazienti oncologici e negli anziani. Numerosi studi hanno confermato che un soggetto su 4 ricoverato in ospedale è a rischio malnutrizione o presenta già uno stato nutrizionale compromesso. La categoria dei malati oncologici è una delle più importanti ma non l’unica ad avere

un notevole beneficio da un corretto impiego della nutrizione clinica. Oggi, gran parte dei fabbisogni metabolico-nutrizionali dei malati cronici non sono soddisfatti, con un impatto negativo sulla spesa sanitaria perché la malnutrizione causa riduzione delle difese immunitarie e una minore efficacia di molte cure, comprese radio e chemio terapie. «Abbattere le disuguaglianze nell’accesso alla nutrizione medica e, in particolare, agli Alimenti a fini medici speciali (AFMS), è uno dei nostri principali obiettivi – dichiara Anna Paonessa, responsabile di Nutrizione Medica – Unione Italiana Food. - Continueremo a riaffermare l’urgenza di affrontre la malnutrizione rendendo accessibile a tutti i prodotti speciali. Pur avendo una valenza terapeutica comprovata, faticano a trovare spazio all’interno del Servizio Sanitario Nazionale. Inoltre, permangono differenze marcate tra le Regioni nella rimborsabilità di questi alimenti, generando disparità di trattamento inaccettabili. Così è sempre più necessaria l’attuazione di percorsi nutrizionali comuni nei pazienti oncologici, in ottemperanza alle indicazioni della Conferenza Stato-Regioni, da applicare in modo uniforme in tutte le Regioni italiane. In altre parole, puntiamo al riconoscimento della nutrizione clinica per i malati oncologici come una vera e propria terapia, con la stessa dignità di quelle farmacologiche, inserendola a pieno titolo nei LEA», conclude. Marcella Valverde ottobre 2019

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aNNURMETS HAIR: quando i capelli ci lasciano troppo presto!

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nnurMets hair” nasce dagli studi condotti dal professor Ettore Novellino e dal Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli “Federico II”, da lui coordinato. Si tratta di un integratore alimentare naturale, a base di Melannurca Campana IGP, Selenio, Biotina e Rame. I numerosi trial clinici effettuati hanno dimostrato che l’assunzione di due compresse al giorno, per almeno 3 mesi, arresta efficamente la caduta dei capelli e ne promuove la crescita e il rinfoltimento. L’elevato contenuto di procianidine presente in “AnnurMets hair” raddoppia la fase ANAGEN del ciclo vitale

del bulbo pilifero, favorendo crescita, allungamento, e trofismo dei capelli. Completa la gamma “AnnurMets hair Lozione”, da associare alla terapia in compresse, per potenziare l’effetto anticaduta ed ottenere risultati ancora migliori. Prodotto da La Sorgente del Benessere srl 03014 Fiuggi (FR) Distribuito da Farcomed Tel. 081 5845178 Casoria (NA) farcomed@gmail.com

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Immagine 1. Prima del trattamento. Immagine 2. Dopo 90 giorni di trattamento.

DENTOSAN® TECH, sempre al fianco di professionisti e pazienti

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ENTOSAN® è il celebre marchio di Recordati dedicato da sempre ai prodotti per la corretta igiene orale: anche per il 2019 l’azienda conferma il suo impegno a fianco dei professionisti della salute e dei pazienti attraverso importanti novità. Tra queste, la nuova linea di spazzolini DENTOSAN® tech, composta da sette specifiche tipologie che svolgono un’azione antiplacca nel rispetto di smalto e gengive. Tra le caratteristiche principali, questi spazzolini hanno la testina compatta, le setole con punte arrotondate, il manico ergonomico e il collo lievemente curvo, il tutto appositamente studiato per rispondere a ogni tipo di esigenza. Infatti, la linea 40

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comprende Sensitive, adatto in caso di ipersensibilità dentinale, Morbido, dall’azione delicata su gengive e smalto, Medio, con setole a taglio piano, Parodontale, ideale per l’utilizzo post chirurgico e in caso di problemi gengivali, Ortodontico, perfetto per chi utilizza apparecchi ortodontici, Junior, dedicato dai 3 anni in su e Baby da 6 a 36 mesi. In farmacia, gli spazzolini DENTOSAN® tech saranno ben visi-

bili a scaffale assieme agli altri prodotti DENTOSAN® per l’igiene orale. Recordati rinnova così il suo impegno a fianco dei farmacisti per supportarli nel consiglio ai pazienti e aumentare la propria visibilità all’interno del punto vendita. Contattandoci al numero verde 800 835029 riceverete il materiale promozionale per allestire la vostra farmacia e incrementare presenza di DENTOSAN® al suo interno. RECORDATI S.p.A. Tel. 02 487871 Numero verde 800 835029 www.dentosan.it www.recordati.com

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DOLORI MUSCOLO-SCHELETRICI: ora c’è FIT THERAPY PATCH

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al di schiena? Dolore cervicale o sciatica? Sovraccarico muscolare? Oggi la ricerca italianaha messo a punto un cerotto che allevia i dolori e le infiammazioni senza l’utilizzo di farmaci e di shock termici. L’azienda vicentina D.Fenstec propone FIT Therapy Patch, un particolare cerotto in grado di dare sollievo in caso di malessere a livello muscolo-scheletrico grazie al principio biofisico della riflettenza dell’infrarosso corporeo. Gli speciali materiali riflettenti contenuti nel cerotto, infatti, agiscono come “specchio” degli infrarossi che il corpo emette in modo del tutto naturale, rimandandoli in profondità. Questo processo favorisce l’attivazione cellula-

re che produce, come conseguenza, un aumento del microcircolo, un’accelerazione dei processi riparativi e un effetto antalgico. È sufficiente posizionare il cerotto FIT sul punto dolente e il calore corporeo attiverà la massa adesiva acrilica: si percepiranno i primi benefici dopo pochi minuti e perdureranno per tutto il tempo di applicazione (fino a 5 giorni). FIT Therapy Patch si presenta in sette diverse forme, ciascuna con un design ergonomico studiato appositamente: Cervicale e Lombare, per cervicalgia e lombalgia; Caviglia, Ginocchio, Gomito e Spalla, utili per algie e contratture di queste articolazioni; Universale per il malessere muscolo-scheletrico di varia

natura. FIT Therapy Patch è un Dispositivo Medico di Classe I completamente Made in Italy, realizzato con materiali di qualità, che può essere usato da chiunque dato che non rilascia alcun tipo di sostanza farmacologica e non provoca shock termici. D.Fenstec s.r.l. Tel. 0444 1750103 info@fit-italy.com - www.fit-italy.com

GSK Consumer Healthcare presenta POLIDENT SUPER SIGILLANTE

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SK Consumer Healthcare, leader nei settori dell’automedicazione e della salute orale, presenta Polident Super Sigillante, il nuovo adesivo per protesi messo a punto per limitare le infiltrazioni di cibo. In Italia sono circa 9,4 milioni i portatori di protesi e per molti i pasti possono rappresentare una vera sfida: dalle noci ai semi, fino alla frutta fresca, sono numerosi gli alimenti e le bevande che possono rivelarsi problematici per chi indossa la protesi. Anche se sono ben adese, piccole particelle di cibo possono rimanere intrappolate sotto la dentiera. In ita-

lia un portatore di protesi su tre si lamenta del cibo che resta sotto la protesi e che può creare infiammazioni gengivali. Per loro GSK Consumer Healthcare ha ideato Polident Super Sigillante che, grazie al nuovo beccuccio di precisione, rende più facile disegnare una linea continua di adesivo lungo il bordo della protesi, garantendo una maggiore precisione e un aumento del 36% della copertura della superficie di contatto.

Polident Super Sigillante permette così di formare un sigillo lungo il bordo della protesi tale da bloccare le infiltrazioni di cibo e fornire una forte tenuta per tutto il giorno. Il marchio Polident, dedicato alla cura delle protesi dentali, offre una gamma di fissativi e pulitori specifici per proteggerle e convivere con esse. Oltre al nuovo Polident Super Sigillante, ci sono le varianti Gusto neutro, Lunga tenuta e durata e Protezione gengive, disponibili nei due formati da 40 e da 70 gr. GSK Consumer Healthcare Tel. 800 931556 it.servizio-consumatori@gsk.com www.polident.com

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Ristoceutica: mangiare per star bene

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alimentazione è fondamentale nella prevenzione primaria di alcune malattie. Ciò che mangiamo può porre le basi per evitare patologie cardiocircolatorie e dismetaboliche quali, per esempio, il diabete. Un modello corretta alimentazione, universalmente riconosciuto, è quello della dieta mediterranea che si fonda anche sul consumo di cereali sotto forma di pasta e pane. La pasta, in particolare, per la maggior parte degli italiani è irrinunciabile, ma va consumata con moderazione, soprattutto da soggetti diabetici e sovrappeso. Ma è possibile coniugare il gusto di un buon piatto di pasta con le proprietà salutistiche di un nutraceu-

tico? A dare una risposta positiva ci pensa la emergente Ristoceutica, una disciplina il cui obiettivo è quello di portare in tavola cibi in grado di associare al consueto sapore, una prevenzione primaria di elevato profilo. Un recentissimo progetto dei ricercatori del Dipartimento di Farmacia dell’Università degli Studi di Napoli Federico II prevede di “formulare” una pasta addizionata con un particolare estratto di vinacce di Aglianico, denominato Taurisolo®, ricco in polifenoli e resveratrolo, che la rende, non solo gustosa, ma anche salubre. La particolare tecnica di produ-

zione della pasta e le caratteristiche dell’estratto addizionato fanno sì che oltre il 90% dei polifenoli riesca a superare indenne sia la cottura, sia la digestione gastrica. I preziosi polifenoli, di cui la vinaccia è ricca, arrivano così inalterati nell’intestino dove vengono quasi completamente assorbiti, andando a ottimizzare e preservare le funzioni cardiovascolari dell’organismo. Ora si potrà mangiare e fare prevenzione nello stesso momento: il cibo si è fatto medicina! nutrapharmalabs@unina.it Tel.: 081 678403

“BACK TO REALITY”: GLI INTEGRATORI PER IL RIENTRO ALLA QUOTIDIANITÀ

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ettembre è il mese del ritorno alla dura realtà dopo le vacanze. Gli esperti parlano di “stress da rientro”, caratterizzato da ansia, insonnia, nervosismo, spossatezza, difficoltà di concentrazione. Per affrontare un nuovo e lungo anno, è fondamentale seguire corretti stili di vita e cercare di riposare adeguatamente. Ma non è tutto: bisogna anche supportare l’organismo con integratori alimentari che favoriscano il benessere psicofisico e aiutino il corpo a combattere il “back to reality”. Guna, azienda leader in Italia nel settore dei medicinali omeopatici e degli integratori alimentari, può essere una preziosa alleata grazie a prodotti realizzati con il 42

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metodo della Nutraceutica Fisiologica, espressione nata dall’incontro tra Fisiologia, Biologia Molecolare e Nutraceutica. In caso di stanchezza mentale, Guna ha messo a punto Gunabrain, un integratore senza glutine a base di selenio, manganese, Camellia sinensis, Withania somnifera, coenzima Q10, Nacetilcisteina. Infatti, selenio e manganese proteggono le cellule dallo stress ossidativo, mentre la Camellia sinensis (tè verde) e la Withania somnifera sono utili in caso di stanchezza fisica e mentale. Per lo stress, invece, c’è Tonicoguna, integratore senza glutine a base di noni ed estratti vegetali: noni e ginseng hanno un effetto tonico, l’eleuterococco ha

proprietà tonico-adattogene, l’iperico e la melissa sostengono il tono dell’umore, mentre il ginkgo biloba è utile per la memoria e le funzioni cognitive. Tonicoguna è dolcificato con glicosidi steviolici (stevia) ed è senza fruttosio. Guna Tel. 02 280181 info@guna.it - www.guna.it

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