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editoriale Marcella Valverde

Farmacie ancora in prima linea

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e quest’estate abbiamo sperato di poter tornare a una sorta di normalità dopo mesi durissimi di lutti e di cambiamenti radicali dei nostri stili di vita, ora, purtroppo, la ripresa dei contagi sta dando ragione alle previsioni sull’andamento della pandemia da SARS-CoV-2 fatte da molti esperti. I numeri impongono l’adozione di nuove e

severe misure per il contenimento dei contagi ed è facile supporre che saremo chiamati a dover affrontare ancora mesi molto difficili. Come sempre, le farmacie saranno in prima linea per sostenere la popolazione. Sorgono spontanee, però, due riflessioni. La prima è di stretta attualità e ha un carattere più organizzativo: i rappresentanti del Governo, tra cui il ministro Roberto Speranza, infatti, stanno studiando nuove misure per incrementare il contact tracing dei casi di positività al virus attraverso i tamponi rapidi da effettuare anche nelle farmacie. In alcune Regioni sono già stati coinvolti alcuni punti vendita nell’esecuzione di test sierologici e antigenici rapidi, ma ora si sta valutando la possibilità di estendere l’esecuzione dei tamponi rapidi al di fuori di ospedali e laboratori specializzati, coinvolgendo, appunto, anche le farmacie. Da un lato, può essere un provvedimento interessante per uscire dall’emergenza nel più breve tempo possibile, ma dall’altro si presentano vari problemi. Infatti, nelle aree attualmente preposte, tra cui ospedali, “drive in” o laboratori specializzati, gli operatori possono contare sull’abbigliamento protettivo, su spazi dedicati a tale procedura e sulla stanza “sporca” nella quale si possono cambiare alla fine del turno di lavoro. In farmacia, invece, è difficile ricreare un’analoga situazione e, se anche fosse possibile, andrebbero definiti protocolli idonei e con-

Il Governo sta studiando

la possibilità di effettuare

i tamponi rapidi anche nelle farmacie per incrementare il tracciamento dei casi di positività al virus.

Bene, a patto che non si sottovalutino i rischi dovuti alla difficoltà di adottare protocolli condivisi

divisi in tutta Italia. Il tema della sicurezza non è banale: la farmacia, infatti, invece di costituire

di sicurezza sia per gli

un argine alla pandemia, potrebbe trasformarsi in un veicolo di propagazione del contagio

operatori, sia per i pazienti

proprio per la difficoltà di gestire in modo appropriato la maggiore affluenza di persone che

che devono essere certi

vogliono una risposta veloce sul proprio stato di salute. Questa considerazione non può non

di non venire a contatto

far scattare un campanello d’allarme: se si dovesse dare il via al tampone in farmacia, si ausipca

con persone che sono state

anche che venga prima definito un iter preciso che consenta di accedere ai locali in sereni-

potenzialmente esposte

tà, senza che nessuno, e specialmente i pazienti più fragili, possano rischiare più che altrove.

al contagio

La seconda, breve considerazione riguarda il dato sull’e-commerce che è emerso durante il lockdown. Infatti, le limitazioni alla mobilità hanno fatto crescere sensibilmente gli acquisti online e ora la nuova impennata dei contagi deve far prevedere un ulteriore incremento di vendite attraverso questo canale. Il discrimine in termini di risultati è dato dalla capacità dei player di riuscire a potenziare il servizio e a garantire la massima copertura territoriale: in gioco c’è la capacità di sopravvivere ai cambiamenti epocali che stiamo vivendo e che impongono lungimiranza e risorse specifiche che permettano di affrontare con successo anche questa sfida.

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sommario

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Ne parliamo con influenza ai tempi del covid-19, come gestire al meglio le vaccinazioni?

Prodotto in copertina un nuovo approccio per la protezione quotidiana del cavo orale

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Prodotto del mese apollo, il nuovo pannello led progettato per prevenire il contagio da covid-19

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Ne parliamo con pandemia, non facciamoci cogliere di sorpresa

Dermatologia Psoriasi e malattie croniche intestinali, le evidenze crescenti di una comorbilità

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Farmacologia mancata aderenza al trattamento: le strategie per contenere il fenomeno

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Prevenzione difendersi dai dpi: come prevenire le lezioni cutanee

Direttore responsabile Giuseppe Roccucci

Vendite Stefania Bianchi s.bianchi@griffineditore.it Paola Cappelletti p.cappelletti@griffineditore.it Lucia Oggianu l.oggianu@griffineditore.it

Hanno collaborato in questo numero Carla Carnovale, Andrea Marliani, Andrea Peren, Renato Torlaschi, Marcella Valverde

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Attualità

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Le aziende informano

Nutrizione zuccheri aggiunti, danni a breve e a lungo termine

Grafica Grafic House www.grafic-house.com

Redazione Andrea Peren a.peren@griffineditore.it Lara Romanelli l.romanelli@griffineditore.it

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Professione Salute Trimestrale di counseling e formazione alla prevenzione

Coordinamento editoriale Rachele Villa r.villa@griffineditore.it

Tricologia alterazione del colore dei capelli: modificazioni anomale e precoci

Stampa Alpha Print srl Via Bellini, 24 - 21052 Busto Arsizio (VA) Ufficio Abbonamenti Maria Camillo customerservice@griffineditore.it Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110

Editore Griffin srl unipersonale via Ginevrina da Fossano 67A - 22063 Cantù (Co) Tel. 031.789085 - Fax 031.6853110 www.griffineditore.it Professione Salute Periodico trimestrale Anno X - n. 3 - ottobre 2020 Registrazione del Tribunale di Como n. 4 del 14.04.2010 ISSN 2531-8748 Iscrizione Registro degli operatori di comunicazione n. 14370 del 31.07.2006 Tutti gli articoli pubblicati su Professione Salute sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La proprietà letteraria degli articoli appartiene a Griffin. Il contenuto del giornale non può essere riprodotto o traferito, neppure parzialmente, in alcuna forma e su qulalsiasi supporto, salvo espressa autorizzazione scritta dell’Editore. Ai sensi della legge in vigore, i dati dei lettori saranno trattati sia manualmente sia con strumenti informatici e utilizzati per l’invio di questa e altre pubblicazioni o materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dalla legge. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Griffin intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Griffin, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione prevista per legge. In base alle norme sulla pubblicità l’editore non èaprile tenuto al2019 controllo dei messaggi ospitati negli spazi a pagamenProfessione Salute 5 to. Gli inserzionisti rispondono in proprio per quanto contenuto nei testi.

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ne parliamo con

Influenza ai tempi del Covid-19, come gestire al meglio le vaccinazioni? La convivenza tra Sars-CoV-2 e influenza nei prossimi mesi metterà a dura prova il Ssn, ecco perchè la vaccinazione antinfluenzale quest’anno è ancora più raccomandabile. Fofi propone maggiore coinvolgimento del farmacista nelle campagne vaccinali e al tempo stesso denuncia la carenza del vaccino nelle farmacie

I

n quest’anno particolarmente difficile, segnato dalla pandemia del Covid-19, la tradizionale vaccinazione contro l’influenza assume nuovi significati e presenta nuove sfide, che coinvolgono direttamente i farmacisti. Professione Salute ne ha parlato con Andrea Mandelli, presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti Italiani (Fofi). Presidente Mandelli, perché vaccinarsi contro l’influenza è particolarmente importante quest’anno, quando in Covid-19 è ancora in circolazione? Vaccinarsi contro l’influenza stagionale è sempre raccomandabile. Spesso si considera a torto che questa malattia infettiva sia poco più che una seccatura, ma non è così: ogni anno nel nostro paese si contano almeno 6.000 decessi attribuibili all’influenza. Quest’anno a rendere ancora più stringente la necessità di vaccinarsi è intervenuta la pandemia del Sars-CoV2. La prima ragione è che i sintomi dell’influenza, almeno inizialmente sono sovrapponibili a quelli della Covid-19, e questo complica la diagnosi. Il secondo aspetto è che l’eventuale coinfezione non può che peggiorare il quadro clinico. Il terzo, e non meno importante aspetto, è che se si dovesse verificare una ripresa dei casi gravi di Covid-19 e contemporaneamente un’epidemia influenzale

Intervista di Renato Torlaschi

Andrea Mandelli Presidente Fofi 6

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rilevante si rischia di saturare gli ospedali, con le conseguenze che chiunque può comprendere facilmente. Anche in questo caso, nel corso della stagione di circolazione del virus, sono centinaia i ricoveri in terapia intensiva, 745 nella stagione 20172018. E quest’anno è un onere che non ci possiamo assolutamente permettere. Infine, vorrei ricordare che diversi esperti ritengono che la vaccinazione antinfluenzale possa garantire in qualche misura una protezione anche contro il nuovo coronavirus. Chi dovrebbe vaccinarsi? In primo luogo le persone anziane, anche se in buona salute, quelle affette da alcune malattie croniche importanti quali diabete, cardiopatie, Bpco e in generale chi presenta una maggiore fragilità. A questi gruppi si aggiungono le persone che convivono o hanno frequenti contatti con malati, oltre alle donne in gravidanza che all’inizio della stagione influenzale si trovino oltre il primo trimestre di gestazione; poi le categorie professionali che hanno una maggiore esposizione: medici infermieri, farmacisti e veterinari, gli operatori sanitari nel loro complesso, i vigili del fuoco e le forze dell’ordine. Discorso a parte merita il capitolo dei bambini sani, ovviamente di età oltre sei mesi. Molti studi hanno dimostrato che vaccinando

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intervista ad andrea mandelli

anche i più piccoli si ottiene una maggiore protezione per tutto il nucleo familiare. Quest’anno dunque la raccomandazione si estende anche a questa fascia della popolazione. Ma al di là di questa classificazione è fondamentale che si vaccini il maggior numero di persone possibile. La domanda di vaccini dunque è aumentata. Si rischiano problemi di produzione e di rifornimento alle farmacie? Sì e non soltanto in Italia, ma in tutto il mondo. Nel caso dell’Italia, se stiamo ai dati dell’Aifa, siamo passati dai 12,5 milioni di dosi distribuiti lo scorso anno, pari a una copertura del 53-54% della popolazione, a circa 17-17,5 milioni di dosi ordinate dalle Regioni quest’anno: si tratta di un aumento pari al 40%. E certamente ci sono problemi produttivi, in particolare per l’Italia, anche perché gli ordini delle Regioni sono partiti a volte in ritardo. In estrema sintesi, produrre un vaccino è cosa ben diversa dal produrre un farmaco di sintesi. Già a luglio le aziende ci avevano comunicato che non sarebbero state in grado di rifornire anche le farmacie, che normalmente assorbono circa un milione di dosi, destinate alla popolazione che non rientra nelle categorie a rischio, alle quali la vaccinazione è erogata gratuitamente dal Ssn. Abbiamo immediatamente interessato il ministero della Salute perché la carenza di vaccini sul territorio penalizzerebbe le persone attive, quelle che vanno al lavoro, che frequentano i mezzi pubblici, che hanno una vita di relazione più intensa, e che è importante vaccinare se si vuole ridurre la circolazione del virus, senza contare che molte aziende normalmente offrono la vaccinazione ai propri collaboratori e che, dovendo acquistare le dosi nel canale farmacia, non potrebbero farlo. Come ha risposto il ministero? Devo sottolineare la sensibilità del ministro della Salute, Roberto Speranza, e ringraziar-

lo per l’impegno con cui, al momento in cui parliamo, ha attivato tutti i canali necessari a trovare una soluzione a questo problema. Il ministero ha condiviso la nostra analisi e anche la preoccupazione che possa crearsi un’altra tempesta perfetta come nel caso delle mascherine: da una parte la comunità scientifica esorta la popolazione a vaccinarsi e anche ad anticipare l’immunizzazione rispetto all’inizio della campagna, ma poi si preclude l’accesso al vaccino a chi non rientra nelle categorie a rischio. Già nella riunione straordinaria della Conferenza Stato-Regioni c’è stata una prima apertura delle amministrazioni regionali a concedere alle farmacie una parte dei vaccini nella loro disponibilità, ma il 2,5% – pari a circa 250.000 dosi – è una quantità insufficiente a soddisfare la domanda sul territorio, che secondo le stime, per i motivi elencati prima, dovrebbe salire a 1,5 milioni di dosi. Confidiamo che si giunga al più presto a una conclusione positiva a vantaggio innanzitutto della tutela dei cittadini.

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Attualmente sono 26 i

Paesi in cui è il farmacista a praticare le vaccinazioni, tra gli altri Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Danimarca, Filippine, Francia, Germania, Irlanda, Nuova Zelanda,

Voi proponete da tempo che i farmacisti siano coinvolti anche nella somministrazione dei vaccini: quali sono le ragioni di questa proposta? È da tempo che proponiamo un maggiore coinvolgimento del farmacista nelle campagne vaccinali, sulla base delle necessità del Paese e delle esperienze internazionali, da quelle più consolidate, come negli Stati Uniti, a quelle cominciate più di recente. Le proposte sono due. La prima è poter usare le farmacie come presidi in cui il medico possa procedere alla vaccinazione, come è da tempo possibile in Paesi come il Canada (dove però anche il farmacista abilitato può procedere all’immunizzazione). L’avevamo proposto al momento in cui fu reintrodotto, nel 2017, l’obbligo per le vaccinazioni pediatriche, temendo che il maggiore afflusso di genitori e bambini avrebbe potuto mettere in crisi i centri vaccinali delle

Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti, Sud Africa,

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Svizzera

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ne parliamo con

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Asl, come purtroppo è avvenuto in molte aree. Lo scopo di questa proposta è consentire di immunizzare il maggior numero possibile di persone, superando le limitazioni logistiche dovute a orari degli ambulatori, ampiezza dei locali e gli altri “colli di bottiglia” inevitabili quando si tratta di vaccinare contro l’influenza 18 milioni di persone in un breve arco di tempo. La rete della farmacie, per l’orario di apertura, per la grande accessibilità, è e resta il presidio più facilmente raggiungibile e infatti ogni giorno vi accedono 4 milioni di persone. La seconda proposta è appunto prevedere che il farmacista possa praticare lui stesso la vaccinazione, naturalmente al termine di un percorso formativo abilitante che spetta alle autorità sanitarie definire. Qual è stata l’accoglienza? Abbiamo avuto una reazione di chiusura da parte dei medici, e credo ci sia un eccesso di vis polemica. Si tratta di proposte, non di richieste più o meno perentorie, sarà il decisore sanitario a valutarle, sentite tutte le parti interessate, come è normale in democrazia. Proposte che peraltro non ledono le prerogative dei medici o di altri professionisti: non abbiamo mai detto, né pensato, che il farmacista debba fare anamnesi, porre diagnosi o altro. Dovunque il farmacista pratica le vaccinazioni, è il medico a produrre la prescrizione e, quindi, all’anamnesi del paziente provvede lui stesso. Una reazione che non vi aspettavate? Reazioni al cambiamento ce ne sono sempre, ma non stiamo parlando di pratiche inedite o trovate estemporanee. Oggi medici e infermieri possono vaccinare nelle farmacie in 10 Paesi (in Europa, Finlandia, Islanda e Olanda). Sono invece 26 i Paesi in cui è il farmacista a praticare le vaccinazioni (tra gli altri Argentina, Australia, Canada, Costa Rica, Danimarca, Filippine, Francia, Germania, Irlanda, Nuova Zelan8

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da, Portogallo, Regno Unito, Stati Uniti, Sud Africa, Svizzera). In alcuni limitandosi al vaccino contro l’influenza, in altri, per esempio Stati Uniti e Portogallo, allargando l’intervento a buona parte delle immunizzazioni previste dai piani vaccinali. Nel Regno Unito, per inciso, alla fine di agosto è stato presentato un disegno di legge perché i farmacisti possano praticare anche le future vaccinazioni contro il SarsCoV2. In tutti i casi, il coinvolgimento dei farmacisti ha determinato un significativo allargamento della copertura. In nessuno di questi Paesi sono state messe in discussione o toccate le prerogative professionali o il ruolo del medico. Se ci viene replicato che in Italia un Regio Decreto del 1934 impedisce al medico di svolgere nella farmacia una prestazione che nulla ha a che fare con la prescrizione di farmaci, la risposta è una sola: si deve cambiare la legge, come peraltro chiediamo da oltre un decennio, cioè dall’esordio del modello della farmacia dei servizi. Torniamo alla pandemia. Che cosa si attende per i prossimi mesi? Intanto spero che nel Paese prevalga la cautela che ci ha consentito di superare la fase più critica meglio di altri: non è assolutamente il caso di abbassare la guardia ora e di permettere la ripresa del contagio ai livelli di questa primavera, non possiamo permetterci un nuovo lockdown. Nello stesso tempo dobbiamo assolutamente applicare gli insegnamenti che ci vengono da questa crisi: dobbiamo potenziare l’assistenza territoriale, semplificare l’accesso alle prestazioni, completare la digitalizzazione del Servizio sanitario nazionale. I farmacisti italiani sono pronti al cambiamento e continueranno a essere la prima linea del Ssn sul territorio, come hanno fatto durante la crisi, pagando il loro impegno per la tutela dei cittadini anche con la perdita di tanti colleghi stroncati dalla Covid-19.

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prodotto IN copertina

un nuovo approccio per la protezione quotidiana del cavo orale La pandemia di Covid-19, attualmente ancora diffusa in gran parte del mondo, ha acceso una particolare attenzione sul ruolo dei microrganismi presenti nel cavo orale e sulla possibile diffusione della malattia. Il virus responsabile, denominato SARS-CoV-2, presenta una particolare affinità per i tessuti polmonari ma anche per i tessuti delle ghiandole salivari, rendendo il cavo orale uno dei siti di presenza maggiore del virus in replicazione. Fra tutte le disposizioni messe in atto per contenere il diffondersi dell’infezione, anche i collutori hanno manifestato un grande potenziale nel contrastare la presenza di SARS-CoV-2 nel cavo orale. Le recenti linee guida ministeriali 10

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promulgate per consentire la riapertura delle attività cliniche all’inizio di maggio hanno individuato 3 principi attivi che hanno mostrato un’efficacia contro il virus: perossido di idrogeno all’1%, iodopovidone 0,2% e cetilpiridinio cloruro (CPC) a una concentrazione dallo 0,05% allo 0,1%, da associare a un successivo sciacquo con clorexidina

0,2-0,3% già comunemente utilizzata presso gli studi dentistici. Mentre iodopovidone e perossido di idrogeno possono essere indicati per terapie a breve termine, essi tuttavia non possono essere consigliati come sciacqui ad uso quotidiano, mentre il cetilpiridinio cloruro è già comunemente utilizzato in molti collutori ad

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prodotto IN copertina

CURASEPT DAYCARE PROTECTION PLUS: NUOVA FORMULA CON CETILPIRIDINIO, POTENZIA LA DIFESA QUOTIDIANA CONTRO GLI ATTACCHI BATTERICI E VIRALI Protection Plus è la linea di collutori Curasept Daycare con cetilpiridinio cloruro, un agente antibatterico e antivirale ad ampio spettro, suggerito come prevenzione di gengivite e per contrastare la formazione del biofilm batterico. Il cetilpiridinio cloruro in sinergia con gli oli essenziali, fluoro e xilitolo amplia il raggio d’azione della formulazione rendendolo ancora più funzionale nel mantenimento di una bocca sana e protetta. I collutori Curasept Daycare non contengono alcool, responsabile di irritazioni per la mucosa orale con effetti anche gravi e non contengono Sls, il tensioattivo schiumogeno causa di irritazioni delle mucose orali.

uso quotidiano, anche se alla concentrazione minima suggerita dal ministero dello 0,05%. Linea Daycare Protection Plus Cosa potrebbe utilizzare quindi un paziente che ricerca un collutorio ad uso quotidiano che possa anche mostrare qualche attività contro un’eventuale infezione di Covid-19? Daycare Protection Plus rappresenta un’innovativa associazione fra un collutorio agli oli essenziali e il cetilpiridinio cloruro. Questa associazione permette di avere in un unico prodotto l’azione antisettica garantita sia dagli oli essenziali che dal cetilpiridinio, il quale tuttavia aggiunge anche un’importante azione antivirale contro il Covid-19 e, similmente, anche contro numerosi virus influenzali e respiratori. La concentrazione del cetilpiridinio è dello 0,1%, il doppio di quella normalmente presente nei prodotti con CPC, e apporta una funzione antivirale nel pieno rispetto le indicazioni del ministero della Salute per il controllo del

Covid-19. Il collutorio Daycare Protection Plus rappresenta quindi la risposta ottimale a quanti ricercano un collutorio ad uso quotidiano con principi attivi con sicura azione antimicrobica e con una notevole letteratura alle spalle, che possa comunque contribuire alla riduzione del rischio della trasmissione di virus respiratori, come il Covid-19, secondo le valutazioni scientifiche di istituti nazionali e internazionali che il ministero e le commissioni tecniche interpellate hanno preso in considerazione. Va ricordato che oli essenziali e CPC non presentano particolari limitazioni nell’utilizzo e possono essere impiegati quotidianamente anche per lungo tempo.

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prodotto del mese

apollo, il nuovo pannello led progettato per prevenire il contagio da covid-19 Da Ensto Italia, ecco la speciale lampada ad azione antivirale, antibatterica e antisettica adatta per funzionare H24 in presenza di persone

punti di forza > Filtraggio e sanificazione dell’aria a ricircolo attivo con abbattimento dei contaminanti tramite fotocatalisi > Deposito superficiale di nanomateriale brevettato composto da biossido di titanio e ioni d’argento per un’azione fotocatalitica antivirale, antibatterica e antisettica attiva H24 anche a luce spenta > Rimozione di Formaldeide, Benzene, Toluene, Xylene, Ammoniaca, TVOC e altri contaminanti > Indicato per farmacie, ospedali, scuole, asili, uffici, aree pubbliche, hotellerie, cabine di bordo, aree Covid, RSA > Conforme alle norme sull’illuminazione nei luoghi di lavoro

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Virus, batteri, pollini, formaldeide, PM10 e altri composti dannosi rappresentano un pericolo per il nostro benessere. È quindi indispensabile che farmacie, scuole, uffici, ospedali, mezzi pubblici, RSA, bar, ristoranti e, più in generale, qualsiasi luogo chiuso frequentato da persone, siano sicuri in ogni momento della giornata. Con l’emergenza da SARS-CoV-2 è più che mai urgente che l’ambiente sia costantemente sanificato anche in presenza delle persone, senza perciò dover evacuare i locali. La fotocatalisi è un metodo efficace per abbattere i patogeni senza l’uso di sostanze chimiche e Apollo sfrutta proprio questo principio: si tratta infatti di un apparecchio

di illuminazione rivestito da uno speciale nanomateriale che, attivato dalla luce, innesca il processo fotocatalitico. In più, grazie a una potente ventola interna, aspira l’aria inquinata e la restituisce all’ambiente completamente sanificata e purificata. Il risultato è che i virus vengono decomposti e le altre sostanze nocive bloccate dagli speciali filtri presenti sui bordi della lampada. L’efficacia di Apollo, anche contro il SARS-CoV-2, è certificata da SGS-Elac, il prestigioso laboratorio accreditato a livello internazionale. Apollo è utile non solo perché contribuisce a limitare la diffusione della Covid-19, ma anche per contenere la classica influenza e la maggior parte delle infezioni virali, batteriche e micotiche.

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apollo la luce LED CHE COMBATTE IL SARS-COV-2 IN TUA PRESENZA Apollo è un apparecchio di illuminazione progettato per il benessere di tutti perché filtra l’aria contaminata H24 e la restituisce all’ambiente completamente sanificata e purificata senza evacuare i locali.

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potere ossidante del nanomateriale applicato sulla superficie di Apollo, di cui Ensto Italia detiene l’utilizzo esclusivo, distrugge membrane cellulari, proteine, RNA e DNA e altri composti organici, inibendo la replicazione di virus e batteri e in completa sicurezza. n Grazie alla potente ventola, Apollo sanifica 60 m3 di aria all’ora trattenendo allergeni, pollini e inquinanti, tra cui composti organici volatili, come benzene e formaldeide, e inorganici, come anidride solforosa, monossido di carbonio e polveri sottili. L’aria ritorna nell’ambiente sanificata e priva di cattivi odori.

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ne parliamo con

Pandemia, non facciamoci cogliere di sorpresa L’emergenza sanitaria che stiamo vivendo può essere affrontata con maggiore efficacia anche grazie alla professionalità dei farmacisti. Ecco il punto di vista del professor Fabrizio Pregliasco

L

a gestione di una pandemia non è un fatto banale e siamo tutti chiamati a fare la nostra parte tenendo comportamenti responsabili, osservando le norme igieniche e, se possibile, evitando le situazioni rischiose. Si tratta di regole di base dettate dal buon senso. Entrando poi nello specifico, ci sono molte situazioni nelle quali le condizioni di sicurezza devono essere garantite il più possibile, a partire da ospedali, ambulatori, farmacie, luoghi di lavoro e via dicendo. Professione Salute ne ha parlato con il professor Fabrizio Pregliasco, docente di Igiene generale e applicata presso l’Università Statale di Milano, nonché direttore sanitario dell’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano, socio volontario e presidente nazionale di Anpas.

Intervista di Marcella Valverde

Fabrizio Pregliasco Direttore Sanitario dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi, Milano 14

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Professor Pregliasco, quali sono le previsioni per il prossimo futuro? Lo scenario che abbiamo di fronte non è tranquillizzante e richiede il massimo impegno da parte di tutti affinché la velocità del contagio da SARS-CoV-2 non sfugga definitivamente dal controllo delle autorità sanitarie. Come ho già avuto modo di affermare anche in passato, si tratta di un virus che, di per sé, mostra le peculiarità tipiche delle “normali” malattie infettive influenzali: anche loro non sono da sottovalutare perché, come osserviamo dai dati statistici, provocano vittime ogni anno. La Covid-19, però, si differenzia per la sua velocità di diffusione e perché è la prima volta a interessarci: questo ci pone in una situazione di maggiore esposizione al con-

tagio. Temo, infatti, che saremo impegnati ancora a lungo con la necessità di contenimento della diffusione di questo virus. Tra le difficoltà che si stanno evidenziando, c’è quella di individuare gli asintomatici o i paucisintomatici positivi al virus che, potenzialmente, sono in grado di contagiare chi viene a contatto con loro. È vero, questo è un problema molto serio. In alcuni casi ci sono dei campanelli d’allarme che fanno supporre di aver contratto la malattia, ma talvolta non esiste un modo preciso per distinguere le infezioni “banali” dalla Covid-19 senza ricorrere al tampone. Si va anche per esclusione: se si dovesse presentare un solo sintomo, è più facile che si ricada nella prima ipotesi. Bisogna anche precisare che esistono delle comorbilità, come obesità e diabete, che, oltre a esporre maggiormente all’infezione, possono anche aggravare la sintomatologia. è perciò importante che vi sia una costante comunicazione per raggiungere tutti gli strati della popolazione. Secondo i dati forniti dal Ministero della Salute, comunque, circa l’80% delle persone che si ammalano guarisce senza avere bisogno di assistenza medica, con tempi di recupero da pochi giorni a qualche settimana. I dati emersi dal follow-up dei pazienti hanno però rivelato delle conseguenze a lungo termine. Che ne pensa? Sì, la Covid-19 è una sindrome che può interessare più organi: stiamo osservando una prevalenza di residui sintomatici neu-

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intervista a fabrizio pregliasco

rologici, difficoltà respiratorie e danni cardiaci che vanno a influire sulla performance fisica. Per questo motivo è quanto mai importante intervenire per tempo: infatti, più è precoce l’inizio della cura e meno il virus ha modo di fare danni. Dal punto di vista terapeutico, eparina e cortisonici ben calibrati si sono rivelati ancora i farmaci più efficaci nell’affrontare la polmonite interstiziale. In realtà la polmonite interstiziale è tipica di tutte le infezioni virali, non solo del coronavirus, ma anche dell’influenza e di altri virus tra cui, per esempio, il virus respiratorio sinciziale, caratteristico dei neonati e dall’alto tasso di mortalità. I polmoni sono costituiti anche da una fitta e sottile rete di tessuto connettivo a sostegno di bronchi, vasi e alveoli polmonari, ossia il cosiddetto “interstizio”. L’aria inspirata dalla bocca o dal naso passa attraverso la trachea e va fino ai bronchi, che diventano sempre più piccoli e terminano negli alveoli respiratori, ossia quei “palloncini” in cui avviene lo scambio di anidride carbonica e di ossigeno. Quando, come nella polmonite, si ha una forte infiammazione sostenuta da un’esagerata risposta immunitaria, si verifica un notevole aumento di questo connettivo interstiziale che fa diminuire la possibilità degli scambi gassosi. I gas trovano quindi una maggior barriera al passaggio dagli alveoli respiratori al sangue e viceversa e questo evento provoca una diminuzione dell’ossigenazione del sangue: l’organismo la avverte e reagisce aumentando la frequenza degli atti respiratori. Il paziente prova così un senso di mancanza di fiato prima e durante i movimenti e, poi, anche a riposo o parlando. Inoltre avverte un senso di peso toracico con dolori diffusi. Spesso è presente una tosse stizzosa, molto insistente giorno e notte, con febbre superiore ai 38 gradi. Le farmacie possono essere di sostegno al contenimento della pandemia? Sì, assolutamente. I farmacisti hanno svolto

finora un servizio essenziale per la collettività e spesso sono stati pure contagiati durante il loro lavoro. I dispositivi di protezione, quindi, sono fondamentali per tutelare la loro salute. Inoltre, sono figure indispensabili per la cogestione delle problematiche perché fanno da trait-d’union tra i pazienti e il loro medico di famiglia. Non solo: possono diffondere informazioni corrette per un adeguato approccio alla malattia. C’è ancora molta confusione su questi temi e quindi il farmacista ricopre un ruolo molto delicato in tal senso. Quindi, come deve comportarsi il farmacista se un cliente gli riferisce dei sintomi che fanno supporre la Covid-19? Al farmacista non si può chiedere di assumersi la responsabilità diagnostica: in caso di dubbio, il primo suggerimento di buon senso è quello che il paziente si rivolga al proprio medico di base. In ogni caso, se alla tosse stizzosa si aggiunge anche abbondante catarro, in genere di colore giallo o verde, indicativo di una sovrainfezione

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Il ruolo del farmacista

è fondamentale nella

lotta contro l’infezione da SARS-CoV-2. Infatti, oltre a fornire informazioni corrette alla cittadinanza, questi professionisti fanno da trait-d’union tra paziente e medico di base in modo che, in caso di sospetto contagio, vi sia un’immediata presa in carico della persona sintomatica da parte delle autorità sanitarie

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intervista A FABRIZIO PREGLIASCO

ne parliamo con

COVID-19: ATTENZIONE AI SINTOMI SIMIL-INFLUENZALI L’infezione da Covid-19 può causare disturbi simil-influenzali quali: > febbre > difficoltà respiratorie (dispnea) > tosse secca > mal di gola > indolenzimento diffuso e dolori muscolari e articolari > cefalea, stanchezza > congestione nasale e muco che cola > congiuntivite > diarrea Sono stati segnalati anche: > perdita o diminuzione dell’olfatto (anosmia/iposmia) > perdita del gusto (ageusia)

Nei casi più gravi, l’infezione può causare: > polmonite interstiziale > sindrome respiratoria acuta grave > embolia polmonare > insufficienza renale > danni cardiologici > morte Si tratta di rischi che interessano maggiormente le persone over 65, quelle con altre patologie sottostanti, come ipertensione, problemi cardiaci o diabete, e i pazienti immunodepressi (per patologia congenita o acquisita o in trattamento con farmaci immunosoppressori, trapiantati, ecc.).

batterica, e se i valori di ossigenazione misurati con un saturimetro dovessero scendere dal valore normale del 97% in su, a valori più bassi, dal 94% in giù arrivando anche a percentuali inferiori al 90%, si deve richiedere subito l’intervento del 112-118. Quest’anno la vaccinazione antinfluenzale è un importante discrimine, giusto? Sì. Il Ssn ha potuto acquistare il 50% in più di dosi, nonostante la pianificazione sia iniziata a dicembre dell’anno scorso e, quindi, in tempi antecedenti alla diffusione del SARS-CoV-2 qui da noi. Ovviamente, le aziende produttrici hanno ricevuto maggiori richieste da tutto il mondo e si sono trovate in difficoltà. Ora si spera che questa carenza possa essere colmata al più presto. Una delle conseguenze è che l’acquisto privato in farmacia è stato reso ancora più difficile, vista la grande richiesta del Ssn. Va anche detto che la vaccinazione antinfluenzale con i vari tipi di vaccini, ossia quello normale, il tipo adiuvato MF59 e quello ad alte dosi per gli ultra 65enni, con il quadruplo dell’antigene per garantire la risposta 16

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immunitaria migliore, può essere fatta entro metà dicembre per mantenere la copertura per i successivi 5 mesi circa. è vero che esistono fattori ambientali in grado di aggravare la Covid-19? La causa di questa polmonite interstiziale conduce sia di microembolia/trombosi dei vasi polmonari. Ci sono, poi, anche fattori ambientali che intervengono: l’inquinamento atmosferico nelle città (ma anche in zone rurali ad alta presenza di allevamenti di bovini e suini) è un fattore che facilita l’infezione perché irrita le cellule dei bronchi rendendole più esposte agli agenti infettivi. Inoltre, anche freddo e vento sono predisponenti. Sono disponibili strumenti che possono contrastare la diffusione dei contagi? In questi mesi sono state studiate, da parte di tante aziende, varie tipologie di strumentazioni idonee a sanificare gli ambienti. Molte di queste sfruttano i raggi UV-C: sono efficaci, ma hanno il limite di non poter essere utilizzate in presenza delle persone per via degli effetti collaterali degli ultravioletti sull’organismo. Altri sistemi, invece, sfruttano la fotocatalisi, un processo noto da tempo che consente di eliminare i patogeni presenti nell’aria senza l’immissione nell’ambiente di sostanze chimiche, ozono o altri elementi nocivi per la salute. In questo caso, la luce attiva particolari nanomateriali posti sulle lampade che hanno la capacità di degradare virus, batteri e altri patogeni. In effetti sono un pratico ausilio perché agiscono in presenza delle persone. In alcuni casi, poi, i filtri sono efficaci anche per eliminare sostanze volatili organiche e inorganiche pericolose tra cui, particolato, formaldeide, polveri, ecc. Ovviamente non vanno mai tralasciate le misure di protezione personale e si devono tenere sempre comportamenti responsabili. A mio avviso, soprattutto nei luoghi caratterizzati da un’alta affluenza o presenza di persone, sono un aiuto per vivere più serenamente.

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Mancata aderenza al trattamento: le strategie per contenere il fenomeno Agire sulla modalità di dispensazione dei farmaci, con blister preconfezionati, personalizzati in base allo specifico piano di cura individuale, è una delle soluzioni proposte per supportare i pazienti affetti da malattie croniche nell’aderenza al trattamento

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di Carla Carnovale Farmacista

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ati allarmanti indicano che la mancata aderenza alla terapia, definita dall’Organizzazione mondiale della sanità come la scarsa attitudine del paziente a conformarsi alle raccomandazioni del proprio medico curante, in tutti quei comportamenti che concorrono alla piena adesione del percorso di cura, è responsabile di 194.500 decessi ogni anno in Europa, con conseguenti elevati costi sanitari diretti e indiretti, stimati in 125 miliardi di euro annui. Il crescente invecchiamento della popolazio-

ne generale, affetta da comorbilità e quindi soggetta a politrattamenti rappresenta uno dei principali fattori predisponenti l’inadeguata aderenza alle terapie farmacologiche (1,2). In accordo a quanto emerge da recenti studi in merito, circa sette anziani su dieci dimenticano di assumere i farmaci e uno su dieci assume la compressa sbagliata con conseguente inadeguato controllo farmacologico della patologia in atto. E ancora, il 23% dei pazienti con più di sei tipologie di farmaci diversi abbandona la terapia per eccessiva

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FARMACOLOGIA / ADERenZA AL TRATTAMENTO

Migliorare l’aderenza terapeutica mediante la dispensazione gratuita dei medicinali È stato di recente condotto un interessante studio clinico multicentrico, randomizzato, allo scopo di valutare se la dispensazione gratuita di medicinali essenziali a pazienti ambulatoriali, che non riescono a sostenere le spese delle cure, contribuisca a migliorare l’aderenza. Nel trial sono stati inclusi trattamenti per malattie non trasmissibili croniche, malattie infettive croniche e condizioni e sintomi acuti. Lo studio ha coinvolto nove centri di assistenza primaria in Ontario, Canada, e ha arruolato 786 pazienti (2016-2017), non aderenti al trattamento a causa della spesa farmaceutica. Il follow-up è durato 12 mesi. I pazienti sono stati assegnati in modo random a ricevere gratuitamente medicinali basandosi su un elenco di farmaci essenziali (n=395) o al sistema tradizio-

complessità del programma terapeutico (3). Così come riportato dal Comitato italiano per l’aderenza alla terapia (Ciat), che riunisce diverse società scientifiche, medici, farmacisti, infermieri, istituzioni e associazioni di pazienti, nei Paesi occidentali solo il 50% dei pazienti affetti da malattie croniche aderisce al trattamento, con un conseguente aumento del rischio di ospedalizzazione, complicanze associate alla malattia, minore sicurezza e inefficacia dei trattamenti (4). Più in dettaglio, sul territorio nazionale, solo il 57,7% dei pazienti aderisce ai trattamenti antipertensivi, il 63,4% alle terapie ipoglicemizzanti per la cura del diabete, il 40,3% alle cure antidepressive, il 13,4% ai trattamenti con i farmaci per le sindromi ostruttive delle vie respiratorie e il 52,1% alle cure contro l’osteoporosi. La scarsa aderenza al trattamento, la cui eziologia del fenomeno è estremamente complessa e multifattoriale, rappresenta per tutte le malattie una delle principali cause di risultati clinici sub-ottimali gravando anche negativamente sulle risorse economiche dei

nale di accesso ai farmaci (n=391), entrambi in aggiunta alla terapia standard. L’aderenza al trattamento a 1 anno a tutti i medicinali prescritti è stata considerata end point primario. Gli end point secondari erano livelli di emoglobina A1c, pressione arteriosa e colesterolo LDL 1 anno dopo la randomizzazione nei partecipanti che assumevano i medicinali corrispondenti alle rispettive patologie trattate. Tra i 786 partecipanti analizzati (439 donne e 347 uomini; età media 51,7 anni), 764 hanno completato il trial. L’aderenza al trattamento a tutti i medicinali era più elevata in quelli randomizzati a riceverli gratuitamente (151 su 395, pari al 38,2%) rispetto ai pazienti che invece sostenevano i costi abituali (104 su 391, pari al 26,6%); differenza 11,6%; IC 95% 4,9%-18,4%). Più nel dettaglio, il con-

trollo del diabete di tipo 1 e 2 non è stato significativamente migliorato dalla dispensazione gratuita (emoglobina A1c, -0,38%; da -0,76% a 0,00%), la pressione arteriosa sistolica è stata ridotta (-7,2 mmHg; da 11,7 a -2,8 mmHg), mentre non si sono rilevate variazioni significative nei livelli di colesterolo LDL (-2,3 mg/ dL; da -14,7 a 10,0 mg/dL). In conclusione, la messa a dispensazione gratuita di un set completo di medicinali essenziali ha aumentato l’aderenza al trattamento e ha migliorato alcuni end point specifici per la malattia. Bibliografia Persaud N, Bedard M, Boozary AS, et al. Effect on treatment adherence of distributing essential medicines at no charge: the clean meds randomized clinical trial. JAMA Intern Med; 2019 Oct 7;180(1):27-34.

servizi sanitari nazionali (la mancata aderenza alle terapie rappresenta una delle principali cause di spesa inappropriata) (5,6). In caso di scarsa aderenza, indipendentemente dal tipo di condizione clinica, il trattamento farmacologico con il profilo di sicurezza ed efficacia migliore può infatti risultare inefficace ed esporre il paziente a rischi quali effetti collaterali dovuti ad esempio a una brusca interruzione della terapia in atto, dipendenza farmacologica e tossicità in caso di sovradosaggio. La gestione delle malattie croniche, presupponendo un approccio polispecialistico e politerapeutico, necessita di uno sforzo considerevole e coeso da parte di tutte le figure professionali coinvolte direttamente e indirettamente nel percorso di cura dei pazienti, al fine di garantire l’efficacia dei trattamenti e tutelare la salute dei pazienti stessi. Possibili strategie per incentivare l’aderenza alla terapia In accordo a recenti stime in merito, la possibilità di garantire l’80% dell’aderenza ai

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Bibliografia 1. Burnier M. Long-term compliance with antihypertensive therapy: another facet of chronotherapeutics in hypertension. Blood Press Monit 2000;5:1:S31-S34. 2. Paes AH, Bakker A, Soe-Agnie CJ. Impact of dosage frequency on patient compliance. Diabetes Care 1997;20:1512-7. 3. Federanziani, nel 44% dei politrattati aderenza terapeutica a rischio. Disponibile al seguente link: https://www.federfarma.it/Edicola/ Ultime-notizie/22-07-2017-08-51-39. aspx 4. Sackett DL, Haynes RB, Gibson ES, et al. Patient compliance with antihypertensive regimens. Patient Couns Health Educ. 1978 1st Quart;1(1):18-21. 5. Rybacki JJ. Improving cardiovascular health in postmenopausal women by addressing medication adherence issues. Journal of the American Pharmaceutical Association, 2002, 42:63-71. 6. Dunbar-Jacob J, Erlen JA, Schlenk EA, et al. Adherence in chronic disease. Annual Review of Nursing Research, 2000, 18:48-90 7. Charles Hoffmann, Anne Schweighardt, Kelly M Conn, et al. Enhanced Adherence in Patients Using an Automated Home Medication Dispenser. J Healthc Qual 2018;40(4):194-200. 8. Bram J. Mertens, Henk-Frans Kwint, Rob J. van Marum et al. Patients’ experiences with multidose drug dispensing: a cross sectional studyInternational. J Clin Pharm. 2019 Feb;41(1):104-112.9. 9. Sinnemäki J, Airaksinen M, Valaste M, Saastamoinen LK. Impact of the automated dose dispensing with medication review on geriatric primary care patients drug use in Finland: a nationwide cohort study with matched controls. Scand J Prim Health Care. 2017 Dec;35(4):379-386.

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programmi terapeutici nelle patologie croniche consentirebbe di ottenere un risparmio di circa 11,4 miliardi di euro ogni anno, in termini di riduzione delle complicanze, accessi al pronto soccorso e ospedalizzazioni (3). Tali evidenze pongono importanti considerazioni sull’esigenza di dover sostenere e implementare programmi volti al contenimento del fenomeno. A tal proposito, un numero crescente di evidenze indica che una soluzione concreta per raggiungere una corretta compliance del programma terapeutico, migliorandone l’aderenza, e contribuendo quindi ad arginare il problema delle inefficacie delle cure, è rappresentata dalla possibilità di disporre di un servizio in grado di distribuire al paziente politrattato i farmaci tramite blister preconfezionati, personalizzati in modo individuale sulla base dello specifico piano di cura previsto. Agire sulla modalità di dispensazione può rappresentare un valido sistema per garantire una maggiore sicurezza ed efficacia terapeutica, contestualmente a una semplicità e praticità nell’assunzione dei farmaci. Il sistema di confezionamento personalizzato consente infatti di assumere il numero e la tipologia esatta di compresse che il medico ha prescritto, garantendo l’assunzione corretta della dose dei principi attivi previsti per la sua terapia. Un ulteriore vantaggio di questo metodo è il risparmio sia per il paziente sia per il Servizio sanitario nazionale: si evita, infatti, lo spreco delle pillole presenti nella confezione ma non utilizzate una volta completato il trattamento. In alcuni casi più virtuosi, l’adozione di sistemi intelligenti consente di usufruire di microchip specifici che raccolgono dati relativi all’uso dei farmaci all’interno dei blister al fine di monitorare attentamente quando e se il medicinale viene assunto, ricordando al paziente di rispettare gli intervalli temporali stabiliti dal medico curante e fornendo contestualmente avvisi sulla data di scadenza.

Altri esempi efficaci includono flaconi che incorporano un chip che raccoglie i dati di aderenza in tempo reale (ad esempio si ottengono informazioni su quando il flacone viene aperto e richiuso) e, in caso di mancata assunzione della dose, il sistema invia un avviso automatico via sms al paziente o al caregiver. Le prime evidenze preliminari provenienti da studi in merito hanno dimostrato che un approccio di questo tipo è in grado di migliorare l’efficacia delle cure e di impattare positivamente sia sugli outcome clinici che economici, contribuendo anche ad educare alla responsabilità (7-9). Anche il costo elevato dei trattamenti tra le cause della mancata aderenza Come precedente accennato, la non aderenza al trattamento farmacologico è un fenomeno estremamente complesso e multifattoriale che può essere connesso sia a un’errata assunzione della terapia, ma anche all’impossibilità di disporre dei farmaci. A livello globale la non aderenza interessa infatti anche le terapie salvavita per via dei costi molto elevati dei trattamenti, che rappresentano in molti casi un importante ostacolo all’accesso delle cure (solo alcune giurisdizioni forniscono gratuitamente i farmaci ai pazienti). A tal proposito, sono numerose le attività e i programmi di sensibilizzazione volti a garantire senza costi i medicinali essenziali per migliorare l’aderenza dei pazienti ambulatoriali che non sono in grado di sostenere le spese delle cure (vedi box di approfondimento nella pagina precedente). Per raggiungere tuttavia dei progressi considerevoli e duraturi in quest’area è necessario un impegno consistente verso un approccio multidisciplinare che richiede delle azioni coordinate da parte di tutti i professionisti sanitari, dei ricercatori, dei programmatori della sanità e dei politici, coinvolti a più livelli nella gestione farmacologica dei pazienti.

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PREVENZIONE / LESIONI CUTANEE DA DPI

Difendersi dai Dpi: come prevenire le LESIONI CUTANEE L’utilizzo prolungato dei Dpi può provocare lesioni da pressione sul viso di medici, chirurghi e infermieri. Ecco alcune indicazioni per la prevenzione messe a punto dall’Associazione infermieristica per lo studio delle lesioni cutanee

protezione individuale (Dpi). Il lavoro, a cura di Ilaria Teobaldi (infermiere dell’AOU Integrata di Verona), Annalisa Poli (coordinatore infermieristico presso gli Spedali Civili di Brescia) e Fabio Bellini (infermiere specialista in Wound Care), è una sintesi e adattamento delle linee guida internazionali “Prevention and treatment of pressure ulcer/injuries: clinical practice guideline” (1).

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a ripresa dell’attività chirurgica passa necessariamente da un utilizzo prolungato di maschere facciali FFP2 e FFP3, occhiali e schermi di protezione. Così l’Associazione infermieristica per lo studio delle lesioni cutanee (Aislec – www.aislec.it) ha realizzato un documento per fornire valide indicazioni a tutti gli operatori sanitari per la prevenzione di lesioni da pressione secondarie all’utilizzo prolungato di dispositivi di

La medicazione preventiva Esistono varie tipologie di medicazione da applicare sulla cute del viso come prevenzione delle lesioni da pressione da Dpi. Le linee guida, supportate da evidenze di moderato livello, consigliano l’utilizzo di medicazioni di protezione tipo idrocolloide, schiuma di poliuretano, gel di silicone e film trasparenti da posizionare al di sotto dei dispositivi medici (2, 3, 4). «Le evidenze attualmente disponibili dimostrano una lieve superiorità dell’efficacia della medicazione in idrocolloide rispetto al film trasparente posto a ponte sul naso (3) e per le medicazioni con bor-

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do in silicone (4) una maggiore facilità nel sollevare il bordo per ispezionare la cute e maggiore capacità di assorbire le forze di attrito» scrivono gli infermieri dell’Aislec. Da opinione degli esperti è indicato non sovrapporre troppi strati di medicazione preventiva, per evitare di aumentare ulteriormente la pressione nella zona di interfaccia con il Dpi. Nella scelta della medicazione è opportuno valutare anche la capacità di gestione dell’umidità e del microclima della cute; la facilità di applicazione e rimozione della medicazione; lo spessore sotto dispositivi altamente aderenti; la localizzazione ana> Il colore delle urine tomica; comfort e è un buon indicatore atraumaticità; il codi idratazione. efficiente di frizione dell’interfaccia cute-medicazione. Ad ogni modo, dalla conoscenza dei materiali disponibili in commercio e dall’esperienza diretta di operatori Wound Care Specialist, è opinione di Aislec che anche la medicazione in schiuma di poliuretano con l’intera superficie di contatto in silicone può essere utile in caso di utilizzo di Dpi rigidi, quali maschere facciali filtranti, soprattutto a livello di zigomi e dorso del naso, e/o occhiali protettivi e a livello della fronte. Tale vantaggio può essere considerevole soprattutto in caso di utilizzo prolungato, per la capacità di assorbire sudore o essudato, e per la facilità di riposizionamento della medicazione stessa. Procedura Gli infermieri Aislec mostrano infine i passaggi della procedura per l’applicazione e la rimozione della medicazione preventiva.

Uso prolungato dei Dpi e stress da calore: l’allarme dell’Oms Accanto ai noti disturbi provocati dall’uso prolungato dei dispositivi di protezione individuale, dalle lesioni da pressione alle reazioni cutanee, l’Oms lancia l’allarme su un vero e proprio rischio di incolumità fisica: lo stress da calore, una seria condizione medica. Maschere, schermi, guanti e tute infatti, soprattutto se usati in combinazione e per tempi prolungati, intrappolano il calore e il sudore del corpo, limitandone il fisiologico raffreddamento e aumentando la temperatura corporea, che può quindi andare fuori controllo. Per l’Oms questo eccessivo e incontrollato aumento di temperatura può portare a eruzione cutanea da calore, crampi muscolari e sensazione di spossatezza, fino al possibile svenimento. La manifestazione più violenta è il colpo di calore, che richiede un trattamento medico in emergenza per prevenire danni agli organi (cervello, cuore, reni, fegato, muscoli) e che può portare persino alla morte. Ecco allora come prevenire lo stress da calore: anzitutto mettere in pratica il sistema Buddy (il sistema del compagno), che prevede di controllare se stessi e il collega durante l’attività per identificare precocemente i sintomi di stress da calore. Altri suggerimenti forniti dall’Oms nel corso online gratuito “Occupational health and safety for health workers in the context of Covid19” sono quelli di limitare il tempo di utilizzo dei dispositivi individuali e di trascorrere le pause tra una procedura e l’altra in una zona fresca; bere molta acqua; monitorare la propria produzione di urina per colore e volume. Una quantità ridotta di urine e il colore più scuro sono infatti un buon indicatore di disidratazione, anticamera del colpo di calore. Per Livia Barenghi, biologa ed esperta di prevenzione infezione crociata, «La variabilità allo stress da calore è molto ampia sia dal punto di vista inter-individuale (età, sesso, malattia, ecc.) sia intra-individuale (assunzione di farmaci antipertensive o diuretici, allenamento, idratazione) (1). Il problema è emergente come conseguenza del lavoro in ambiente vincolato, con l’obbligo di utilizzare Dpi adeguati sia per gli operatori che i pazienti (2, 3) e ovviamente si aggrava in un microclima caldo. Non è noto lo stress termico specifico ma, in generale, l’utilizzo dei Dpi può comportare l’aumento del metabolismo in modo considerevole e indicativamente del 50% (4). Lo stress da calore può essere legato all’utilizzo improprio (ad esempio prolungato e non monouso) dei camici idrorepellenti o delle FFP». Dopo ogni procedura è quindi necessario prendersi il tempo per svestirsi in sicurezza, lavarsi le mani in un luogo fresco e idratarsi, evitando però di farlo con bevande alcoliche o a base di caffeina (5, 6). Andrea Peren 1. Notley SR, Flouris AD, Kenny GP. Occupational heat stress management: Does one size fit all?. Am J Ind Med. 2019;62(12):1017-1023. 2. www.inail.it shotlink: https://bit.ly/3kfjpKL 3. Binazzi A, Levi M, Bonafede M, et al. Evaluation of the impact of heat stress on the occurrence of occupational injuries: Meta-analysis of observational studies. Am J Ind Med. 2019;62(3):233-243. 4. Hanson MA. Development of a draft British standard: the assessment of heat strain for workers wearing personal protective equipment. Ann Occup Hyg. 1999;43(5):309-319. 5. Bongers CC, de Korte JQ, Catoire M, et al. Infographic. Cooling strategies to attenuate PPE-induced heat strain during the COVID-19 pandemic. Br J Sports Med. 2020;bjsports-2020-102528. 6. Osha. Protecting Workers from Heat Stress. www.osha.gov/OshDoc/data_Hurricane_ Facts/heat_stress.pdf

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> La medicazione in schiuma di poliuretano con l’intera superficie di contatto in silicone può essere utile in caso di utilizzo di Ddi rigidi, quali maschere facciali filtranti, soprattutto a livello di zigomi e dorso del naso, e/o occhiali protettivi e a livello della fronte

Bibliografia 1. European Pressure Ulcer Advisory Panel, National Pressure Ulcer Advisory Panel and Pan Pacific Pressure Injury Alliance. Prevention and Treatment of Pressure Ulcer/ Injuries: Clinical Practice Guideline. The International Guideline. Emily Haesler (Ed.) EPUAP/NPUAP/ PPPIA:2019. 2. Günlemez A et al. Effect of silicon gel sheeting in nasal injury associated with nasal CPAP in preterm infants. Indian Pediatr. 2010 Mar;47(3):265-7. 3. Weng MH. The effect of protective treatment in reducing pressure ulcers for non-invasive ventilation patients. Intensive Crit Care Nurs. 2008 Oct;24(5):295-9. 4. Call E et al. Enhancing pressure ulcer prevention using wound dressings: what are the modes of action? Int Wound J. 2015 Aug;12(4):408-13. 5. Rebmann T, Carrico R, Wang J. Physiologic and other effects and compliance with long-term respirator use among medical intensive care unit nurses. Am J Infect Control. 2013;41(12):1218-1223. 6. Helping prevent facial skin damage beneath personal protective equipment. UK NHS. 9 April 2020. Publications approval reference: 001559. 7. Gefen A, Ousey K. Update to device-related pressure ulcers: SECURE prevention. COVID-19, face masks and skin damage. J Wound Care. 2020;29(5):245-259.

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> Detergere la cute come d’abitudine. > Asciugare con cura, tamponando. > Scegliere la medicazione di protezione valutando la cute, la sede e le necessità specifiche dell’operatore sanitario. > Sagomare la medicazione, smussando gli angoli. > Applicare la medicazione evitando grinze o bolle d’aria per assicurare aderenza e stabilità in tutte le aree a contatto con il Dpi. > Indossare i Dpi come da procedura assicurandosi di non spostare la medicazione di protezione. > Alla rimozione, in caso di utilizzo di idrocolloide, sollevare un bordo e tirare creando una tensione tangenziale alla medicazione stessa e rimuoverla delicatamente, evitando strappi. > Detergere e idratare la cute. Indicazioni supplementari «Il problema delle lesioni da Dpi deve essere attentamente valutato soprattutto per coloro che sono affetti da malattie infiammatorie croniche e autoimmuni (psoriasi, dermatite atopica, lupus, scleroderma ecc.) – sottolinea Livia Barenghi, biologa ed esperta di prevenzione infezione crociata –. Il problema delle lesioni facciali è in crescita a causa dell’utilizzo di

FFP, nati e testati come monouso e per l’utilizzo per periodi brevi e disponibili solo in misure standard. Personalmente vorrei segnalare anche il fastidio degli elastici intorno ai padiglioni auricolari – ci ha detto l’esperta –; infatti, purtroppo, sono disponibili con difficoltà FFP con elastico intorno alla nuca (5)». Livia Barenghi segnala infine almeno un caso di reazione cutanea provocata, con ogni probabilità, dalla aumentata sudorazione delle tute/ camici in diversi materiali (polipropilene, TTR, TNT ecc.) scelti per assicurare filtraggio e idrorepellenza adeguati e da schermi, FFP e guanti, che in questo periodo sono la nuova “divisa da lavoro” di molti medici e infermieri di sala operatoria. Ecco alcune raccomandazioni supplementari fornite dall’esperta per prevenire lesioni cutanee da Dpi. > Verificare l’adattamento al volto di FFP e sforzarsi di non toccare involontariamente i Dpi respiratori con le mani per aggiustarli sul volto e tentare di ridurre il disagio (5). > Idratare la pelle almeno 30 minuti prima dell’utilizzo dei Dpi facciali (6). > Rimuovere FFP non confortevole appena possibile e lontano dalla zona clinica contaminata (6, 7). > Se possibile rimuovere FFP ogni due ore per alleviare la pressione e lo sfregamento sulla pelle, ma soprattutto per respirare meglio (5, 6). > Riconoscere altri segni di disagio nell’uso di FFP causate dalla difficoltà respiratoria: mal di testa, vertigini, difficoltà di comunicazione (5, 7).

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NUTRIZIONE / EFFETTI DEGLI ZUCCHERI AGGIUNTI

zuccheri aggiunti, danni a breve e a lungo termine di Andrea Peren

In età pediatrica una dieta ricca di zuccheri aggiunti provoca danni immediati (carie) e a lungo termine (obesità, malattie mataboliche e resistenza insulinica). Così la comunità scientifica ne sta rivedendo al ribasso la quantità da introdurre con la dieta

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ntrodurre zuccheri liberi precocemente nella dieta dei bambini e mantenerli con regolarità li espone a un elevato rischio di sviluppare carie, ma non solo: oltre al ruolo scientificamente comprovato nella patogenesi della malattia cariosa, pare che gli zuccheri aggiunti possano infatti favorire, nei soggetti in via di sviluppo, l’insorgenza di malattie croniche non trasmissibili quali obesità, diabete mellito di tipo 2, malattie cardio-metaboliche ed epatopatie. Ad alzare il livello di attenzione è Luigi Paglia, past president della Società italiana di odontoiatria infantile (Sioi), che da anni dirige il dipartimento di Odontoiatria Pediatrica all’Istituto Stomatologico Italiano di Milano. Zuccheri e carie Gli zuccheri liberi comprendono i monosaccaridi (glucosio, fruttosio, galattosio) e i disaccaridi (saccarosio, lattosio, maltosio, trealosio), aggiunti negli alimenti dai produttori o dai consumatori, oltre che

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gli zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi e succhi di frutta. Zuccheri e carboidrati fermentabili in genere, dopo essere stati idrolizzati dall’amilasi salivare, forniscono un substrato per l’azione dei batteri acidogeni presenti nel cavo orale (Streptococchi mutans e Lactobacilli in par-

ticolare), i quali riducono il pH della saliva e della placca, determinando la dissoluzione (demineralizzazione) della componente minerale dei tessuti dentali e favorendo l’instaurarsi della lesione cariosa, che rappresenta quindi il danno immediato di una dieta ricca di zuccheri aggiunti. Negli ultimi decenni, l’American Academy of Pediatric Dentistry ha introdotto la definizione di Early Childhood Caries (ECC), manifestazione precoce della malattia cariosa che si sviluppa nei bambini di età inferiore ai 6 anni, a volte anche prima del compimento dei 2 anni di vita. Si tratta di una patologia ampiamente diffusa su scala mondiale, con un’alta incidenza in Europa e in Italia. È stato dimostrato che i bambini che sviluppano ECC seguono una dieta caratterizzata da un’elevata assunzione di zuccheri liberi, specialmente sotto forma di bevande (succhi di frutta, tè dolci, soft drinks). «Una indicazione semplice da dare ai genitori è quella di privilegiare nella dieta dei loro figli gli alimenti masticabili, non bevibili, perché contengono una quantità inferiore di zuccheri – spiega Luigi Paglia –. Anche il ruolo causale delle caramelle e del ciuccio imbevuto nel miele o nello zucchero non è affatto trascurabile». Considerando la tenera età dei pazienti affetti e le conseguenze, a volte anche gravi, di questa patologia, per l’esperto è allora opportuno adottare un atteggiamento di tipo preventivo più precocemente possibile. Zuccheri e malattie sistemiche Come riportato da Sioi, oltre alla carie l’assunzione eccessiva di zuccheri aggiunti può favorire l’instaurarsi una vera e propria > Sai quanto zucchero stai bevendo? La risposta più efficace arriva appena entrati all’Ospedale dei Bambini “Vittore Buzzi” di Milano (Asst Fatebenefratelli Sacco), dove su due poster sono appese una serie di bevande, alle quali sono abbinati sacchettini contenenti la quantità corrispondente di zucchero

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malattia del metabolismo lipidico caratterizzata da un eccessivo accumulo di grasso nelle cellule epatiche: la steatosi epatica non alcolica, che ha raggiunto negli ultimi vent’anni proporzioni epidemiche anche tra i più piccoli, diventando la malattia epatica cronica pediatrica più diffusa. In Italia si stima che circa il 15% dei bambini ne sia affetto, raggiungendo l’80% tra i bambini obesi. La conferma scientifica proviene da uno studio condotto dai ricercatori dell’area di malattie epato-metaboliche dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù su 271 bambini e ragazzi sovrappeso o obesi affetti da steatosi e pubblicato sul Journal of Hepatology. L’eccesso di zuccheri aggiunti può anche favorire l’insorgenza di resistenza insulinica, generata da complessi meccanismi biochimici. L’iperglicemia persistente che ne deriva stimola il pancreas a secernere quantità maggiori di insulina, determinando così iperinsulinemia (diabete mellito di tipo 2). Negli adolescenti e nei giovani adulti, il diabete sembra essere persino più aggressivo che nei soggetti adulti, dimostrando una minore risposta al trattamento convenzionale e un più alto tasso di mortalità. La Sioi fa riferimento in particolare a un recente studio ha dimostrato che un bambino obeso ha un rischio quattro volte maggiore di sviluppare diabete mellito di tipo 2 entro i 25 anni rispetto a un bambino normopeso. Un’altra metanalisi ha evidenziato che i bambini che fanno largo consumo di bevande zuccherate (una-due dosi al giorno) hanno un rischio maggiore del 26% di sviluppare diabete rispetto a quelli che ne assumono meno (nessuna o meno di una dose al mese). Infine, secondo il lavoro di ricognizione della letteratura compiuto da Luigi Paglia (che è anche editor in chief dell’European Journal of Paediatric Dentistry) e Silvia Friuli, l’eccesso di zucchero può facilmente favorire l’insorgenza di obesità, un fattore di rischio significativo nella patogenesi della sindrome delle apnee ostrutti-

ve del sonno, poiché altera l’anatomia e la collassabilità delle vie aeree e altera il controllo respiratorio. Indicazioni pratiche per la dieta dei bambini Secondo l’Oms è bene evitare di aggiungere zuccheri agli alimenti nei bambini al di sotto dei 2 anni e limitare il consumo di zuccheri aggiunti entro il 10% del fabbisogno calorico giornaliero nei bambini di età compresa tra i 2 e i 9 anni. A dimostrazione dei danni provocati dallo zucchero, l’Associazione americana di cardiologia consiglia addirittura di ridurre ulteriormente le dosi, limitando lo zucchero ad un massimo di 25 grammi al giorno (circa 6 cucchiaini) in bambini e ragazzi di età compresa tra i 2 e i 18 anni, eliminandolo completamente in bambini al di sotto dei 2 anni. Ma non tutto lo zucchero fa male: «Tutte queste raccomandazioni riguardano solo monosaccaridi (glucosio e fruttosio) e disaccaridi (saccarosio) aggiunti ad alimenti e bevande, nonché gli zuccheri naturalmente presenti in miele, sciroppi, succhi di frutta e concentrati di succhi di frutta. Non sono inclusi gli zuccheri presenti nella frutta fresca e nei vegetali o, ancora, quelli naturalmente presenti nel latte, poiché non vi sono evidenze di effetti avversi legati alla loro assunzione» puntualizza Paglia.

Bibliografia 1. 1. Paglia L. Taste development and prenatal prevention. Eur J Paediatr Dent 2019; 20(4): 257. 2. Paglia L, Scaglioni S, Torchia V, De Cosmi V, Moretti M, Marzo G, Giuca MR. Familial and dietary risk factors in Early Childhood Caries. Eur J Paediatric Dent 2016 Jun; 17(2):93-9. 3. Mosca A, Nobili V, De Vito R, Crudele A, Scorletti E, Villani A, Alisi A, Byrne CD. Serum uric acid concentrations and fructose consumption are independently associated with NASH in children and adolescents. J Hepatol 2017 May; 66 (5): 1031–1036. 4. Te Morenga L, Mallard S, Mann J. Dietary sugars and body weight: Systematic review and metaanalyses of randomized controlled trials and cohort studies. BMJ 2012 Jan 15;346:e7492 WHO. Sugars intake for adults and children. Geneva (Switzerland):WHO; 2015. 5. Vos MB, Kaar JL, Welsh JA, et al. Added sugars and cardiovascular disease risk in children: a scientific statement from the American Hearth Association. Circulation 2017 May 09; 135(19):e1017-e1034. 6. Paglia L, Friuli S, Colombo S, Paglia M. The effect of added sugars on children’s health outcomes: Obesity, Obstructive Sleep Apnea Syndrome (OSAS), Attention-Deficit/ Hyperactivity Disorder (ADHD) and Chronic Diseases. Eur J Paediatr Dent June 2019; 20(2): 127-132.

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dermatologia / psoriasi

psoriasi e malattie croniche intestinali, le evidenze crescenti di una comorbilità

I pazienti affetti da psoriasi presentano un rischio aumentato di contrarre malattia di Crohn e colite ulcerosa

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di Renato Torlaschi

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ben noto che la psoriasi a placche, la forma più comune di psoriasi, è associata a comorbilità sistemiche, tra cui artrite, malattie cardiovascolari, malattie renali, diabete mellito e sindrome metabolica. Questo ha portato alla formulazione del concetto di “marcia prosiarica”, in cui la psoriasi è vista come condizione infiammatoria cronica che causa malattie infiammatorie in diversi distretti. «L’infiammazione sistemica – scrive WolfHenning Boehncke dell’Università di Ginevra, uno dei grandi esperti in materia – può causare resistenza all’insulina, che a

sua volta innesca la disfunzione delle cellule endoteliali, portando ad aterosclerosi e infine infarto miocardico o ictus. Anche se questa “marcia psoriasica” non è ancora stata provata formalmente, solleva questioni clinicamente e accademicamente rilevanti e ottiene supporto dalle recenti osservazioni di numerosi ricercatori» (1). Con una diffusione della malattia che tocca fino al 10% degli adulti in tutto il mondo, una più profonda conoscenza delle comorbilità può diventare un elemento rilevante per la salute globale e migliorare i trattamenti di ogni singolo paziente che potrà, ad esempio, essere indirizzato a test di laboratorio appropriati, come la glicemia a digiuno o il profilo lipidico. Associazione tra psoriasi e malattie croniche intestinali Una delle associazioni più interessanti da approfondire è quella con le malattie croniche intestinali (Ibd, internal bowel disease), che comprendono, oltre alle cosiddette “coliti indeterminate”, la malattia di Crohn e la colite ulcerosa. Già diversi studi ne hanno suggerito l’esistenza, anche perché psoriasi e Ibd condividono elevati livelli, nel siero e nei tessuti, di citochine proinfiammatorie, come il fattore di necrosi tumorale alfa e le interleuchine IL-12 e IL-23. Si è anche visto che il blocco mirato di queste citochine o dei corrispondenti recettori porta spesso a miglioramenti rilevanti in entrambe le condizioni. La forza dell’associazione tra psoriasi e ma-

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lattie croniche intestinali è stata esplorata recentemente da uno studio condotto da un team di ricercatori di Taiwan, che per la prima volta ha condotto una metanalisi su questo tema, dopo aver individuato in letteratura cinque studi trasversali e quattro studi di coorte, che complessivamente avevano esaminato un numero enorme di soggetti: 7.794.187 pazienti. Prima di tutto, la metanalisi ha confermato una significativa associazione statistica tra psoriasi e Ibd. Per la precisone, dagli studi trasversali è emerso che i pazienti affetti da psoriasi hanno un rischio aumentato del 70% rispetto alla popolazione generale di contrarre la malattia di Crohn e del 75% di sviluppare colite ulcerosa. Gli odds ratio calcolati grazie agli studi di coorte hanno sostanzialmente confermato il maggior rischio. Il gruppo di studiosi di Taiwan, oltre a presentare prove convincenti della correlazione tra queste diverse patologie, ne ha ipotizzato le cause: le possibili spiegazioni possono essere fatte risalire ad anomalie genetiche, disfunzioni del sistema immunitario, infiammazione sistemica e alterazione del microbiota intestinale. Fin dal 2012 si era scoperto il primo gene collegato alla psoriasi. Successive analisi del genoma hanno permesso di identificare nove loci genici, su cromosomi diversi, che sembrano conferire una maggiore suscettibilità alla malattia. All’interno dei loci si trovano diversi geni e molti di questi sono su vie metaboliche coinvolte nel processo infiammatorio: in alcuni casi psoriasi e Ibd sembrano condividere gli stessi loci di suscettibilità. Si sono scoperti anche due geni specifici (IL23R e IL12B) implicati nella patogenesi di entrambe le malattie. La pelle e l’intestino mostrano somiglianze nelle Ibd e nella psoriasi; il microbiota influenza molti processi dell’organismo, tra questi anche la fisiologia e la risposta immunitaria dell’epitelio della pelle e dell’intestino e la regolazione di metaboliti

biologici. Inoltre, il microbiota può portare all’espressione di particelle antimicrobiche, a elevate livelli di citochine e, di conseguenza, alla regolazione dell’attività e della differenziazione delle cellule T. Pertanto, una disfunzione del microbiota può causare una disregolazione immunitaria sistemica. Ebbene, si è visto che nei pazienti affetti di psoriasi c’è una diminuzione della diversità e dell’abbondanza di microbiota intestinale simile a quella che si verifica nelle persone con Ibd. I benefici dei trattamenti Come si diceva, molti trattamenti contro la psoriasi offrono benefici anche per le condizioni associate. Ad esempio, le terapie che bloccano i Tnf-alfa (come etanercept, adalimumab, infliximab) portano a una riduzione o scomparsa delle caratteristiche placche sulla pelle, contrastano l’infiammazione alle articolazioni, riducono i marcatori sierologici dell’infiammazione e possono persino rallentare la progressione delle malattie cardiache. Questa sovrapposizione terapeutica si estende anche alle malattie croniche intestinali: molti farmaci biologici hanno di fatto indicazioni multiple per il trattamento di psoriasis vulgaris, psoriatic arthritis, malattia di Crohn e colite ulcerosa. Sia le Ibd che la psoriasi sono caratterizzate da alterazioni immunitarie unite a infiammazioni e danni a specifici tessuti come quelli dell’intestino, dell’epidermide e delle articolazioni, ma esistono ovviamente differenze cliniche, istologiche e anche terapeutiche. Ad esempio, anticorpi monoclonali che agiscono sull’interleuchina 17 o i suoi recettori sono molto efficaci contro la psoriasi, ma possono esacerbare le malattie croniche intestinali. Si spera che le prossime ricerche scientifiche, nell’ottenere maggiori conoscenze di ciascuna di queste malattie, possano far luce anche su quelle collegate.

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affetti di psoriasi c’è una diminuzione della diversità e dell’abbondanza di microbiota intestinale simile a quella che si verifica nelle persone con malattie croniche intestinali

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Bibliografia 1. Boehncke WH; Boehncke S; Tobin AM; Kirby B. The ‘psoriatic march’: a concept of how severe psoriasis may drive cardiovascular comorbidity. Exp Dermatol. 2011; 20(4):303-7. 2. Fu Y, Lee CH, Chi CC. Association of psoriasis with inflammatory bowel disease. A systematic review and meta-analysis. JAMA Dermatol. 2018;154:1417-1423.

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Nei pazienti

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Alterazione del colore dei capelli: modificazioni anomale e precoci La perdita del colore naturale dei capelli può presentarsi anche precocemente. Le cause possono essere di origine genetica o dipendere da patologie ma anche dall’utilizzo di determinati farmaci

di Andrea Marliani Specialista in Dermatologia ed Endocrinologia Presidente fondatore della Società italiana di tricologia (Sitri)

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l colore dei capelli dipende dalla presenza di eumelanina e feomelanina, dal numero, dalle dimensioni e dalla forma dei granuli di melanina e dalla loro distribuzione nel fusto del pelo. Ciascuno di questi fattori è probabilmente controllato da più geni, il che spiega la vasta gamma di colori dei capelli normali. I celtici con capelli rossi ed efelidi possiedono quasi esclusivamente feomelanina; neri ed asiatici hanno un’elevata quantità di eumelanina; i bianchi hanno proporzioni variabili di entrambi i tipi di melanina, il che determina un range di colore di capelli variabile dal biondo al bruno, al nero.

Eterocromia: come si presenta In alcuni casi un’apparente eterocromia è dovuta alle decolorazioni o alle tinture dei capelli, ma la reale presenza di peli di due colori diversi in uno stesso individuo non è insolita. Una certa diversità tra i capelli e i peli della barba o tra i capelli e i peli pubici è quasi la regola. Alcuni soggetti possono avere delle striature naturali di un diverso colore che attraversano la loro capigliatura e spesso alla base di queste strie vi è un nevo melanocitico. Quando il capillizio è indenne bisogna ipotizzare un mosaicismo. Un tipo particolare di eterocromia è stato descritto in giapponesi con anemia sideropenica. I pazienti avevano capelli in cui si alternavano ciocche scure (di colore normale) ad altre chiare. Con la somministrazione di ferro, i capelli ricrescevano tutti con lo stesso colore bruno: per questo fenomeno è stato proposto il termine di canizie sideropenica segmentata. Mancanza di melanina: albinismo e piebaldismo I pazienti affetti da albinismo presentano deficit in una delle tappe metaboliche della sintesi di melanina. Nel vero albinismo con deficit di tirosinasi vi è una mancanza totale di melanina e i capelli sono completamente depigmentati. In varianti minori di albinismo si possono avere piccole quantità di melani-

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na, che determinano una colorazione di capelli che va dal giallo chiaro al castano chiaro. Nel piebaldismo vi è una zona localizzata in cui la melanina è congenitamente assente, spesso nella regione frontale, il che dà origine a una ciocca di capelli bianchi. Sono state descritte anche famiglie con ciocche di capelli bianchi nella zona occipitale. Poliosi: cause e rimedi La poliosi si presenta con un’area acquisita e circoscritta di capelli depigmentati, bianchi, nettamente separata dai capelli scuri normali. La causa più comune è probabilmente la vitiligine. Simili alterazioni di colore si osservano in una ricrescita di capelli dopo alopecia areata, processi infiammatori (come lo zoster), traumi, ustioni o irradiazioni con raggi X. In questi ultimi casi, i capelli possono anche ricrescere più scuri, come risultato di una focale iperpigmentazione. La soluzione più semplice è quella di tingere i capelli depigmentati. Le diverse forme di canizie La canizie è un processo fisiologico che porta a colorazione grigia o bianca dei capelli. I capelli grigi in realtà non esistono: il colore grigio deriva da una commistione di quantità variabili di capelli bianchi e di capelli normali più scuri. Nelle persone con sfumature chiare, il passaggio al grigio è meno definibile. Nelle fasi iniziali di canizie si riscontra una ridotta attività della tirosinasi nel bulbo pilifero e fenomeni degenerativi dei melanociti. Più avanti i melanociti scompaiono del tutto e non si ha più deposizione di melanina nei capelli, che divengono così bianchi. Canizie fisiologica Esistono diversi tipi di canizie. Quasi tutti incanutiscono e in questi casi si parla di canizie fisiologica. L’età in cui il processo inizia è molto variabile: tra l’inizio del secondo decennio di vita fino ai 60 o 70 anni, in media avviene tra i 40 e i 50 anni. Tipicamen-

te, i primi a incanutire sono i capelli delle tempie, poi il processo si estende all’intero capillizio. I peli della barba possono diventare grigi prima dei capelli o al contrario rimanere pigmentati ancora per anni. I peli ascellari, pubici e delle sopracciglia sono gli ultimi a perdere il colore. Non esiste terapia per la canizie, bisogna solo accettare il nuovo aspetto dei capelli o tingerli. Canizie precoce Quando la canizie insorge prima dei 20 anni nei soggetti bianchi o dei 30 in quelli di colore, si parla di canizie precoce. Spesso questo fenomeno viene ereditato con modalità autosomica dominante. Nella sindrome di Böök la canizie precoce si associa a iperidrosi e anomalie dentarie. In molte delle sindromi da invecchiamento precoce la canizie è uno dei primi segni. Canizie sintomatica La canizie di tipo sintomatico si può associare a ipertiroidismo, malnutrizione, anemia perniciosa, alla piressia indotta dalla chemioterapia, e anche alla malaria. Si legge talvolta di soggetti in cui i capelli diventano bianchi nell’arco di una notte o comunque in un breve periodo di tempo. Siccome sono necessari dei mesi per la crescita dei capelli la sola spiegazione possibile di un tale evento è che i normali capelli colorati cadano all’improvviso, lasciando i capelli bianchi che sono più resistenti. Questo insolito fenomeno avviene nel corso di un’alopecia areata. Canizie farmaco-indotta Infine, anche le terapie farmacologiche possono influire sul colore dei capelli, in questo caso si tratta di canizie farmaco-indotta. La clorochina, ma non l’idrossiclorochina, può indurre uno schiarimento dei capelli già biondo chiaro o rossi ma ha scarsa influenza sui capelli scuri. Altri farmaci implicati sono i retinoidi, la mefenesina e il triparanolo.

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farmacologiche possono influire sul colore dei capelli: clorochina, retinoidi, mefenesina e triparanolo sono alcune delle sostanze implicate nella canizie farmaco-indotta

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Bibliografia 1. Braun-Falco O. et al. Malattie dei capelli in Braun-Falco O, Plewig G, Wolff HH, Burgdorf WHC (Eds): “Dermatologia” Ed It, Springer, Milano, 2002:1099-1140. 2. Porter PS, Lobitz WC Jr. Human Hair: a genetic marker. Br J Dermatol 1970; 83:225-41.

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Anche le terapie

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Obesità: l’Italia registra un incremento del 30% negli ultimi 30 anni Gli esperti richiamano l’attenzione sull’urgenza di politiche sanitarie adeguate: se non si interviene l’aumento delle persone con obesità porterà al conseguente raddoppio della prevalenza di diabete Sovrappeso e obesità influenzano in maniera importante lo stato di salute della popolazione e rappresentano i principali fattori che determinano l’insorgenza di patologie non trasmissibili quali malattie ischemiche, ictus, ipertesione arteriosa e diabete di tipo 2. «L’Italian Obesity Barometer Report 2020, realizzato da Ibdo Foundation in collaborazione con Istat e Coresearch, e il contributo di esperti, evidenzia non solo i dati italiani e globali dell’obesità, ma prende anche in esame le politiche sanitarie di contrasto all’obesità intraprese in Italia permettendo una analisi critica che evidenzi i risultati e i limiti delle strategie attuate» ha spiegato Renato Lauro, Presidente Ibdo Foundation, intervenuto in occasione del 2nd Italian Obesity Summit. Il Rapporto mostra come l’Italia, pur presentando livelli di obesità e sovrappeso meno allarmanti rispetto ad altri paesi europei, registri un aumento dell’incidenza di sovrappeso e obesità del 30% negli ultimi 30 anni. «L’analisi temporale sottolinea anche che la geografia è rimasta inalterata con lo svantaggio dell’area meridionale, pur aumentando in misura maggiore in alcune regioni del Nord» ha aggiunto Roberta Crialesi, Dirigente del Servizio Sistema integrato salute, assistenza, previdenza e giustizia di Istat. Quella consegnata durante il summit è una fotografia preoccupante: «In Euro34

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pa, nel 2014 erano in eccesso ponderale 186 milioni di persone – ha riferito Antonio Nicolucci, direttore di Coresearch –. Dal 2008 al 2014 la crescita è stata di 37 volte in più circa. Le proiezioni indicano che se non si inverte la rotta da qui al 2060 l’aumento delle persone con obesità porterà al conseguente raddoppio della prevalenza di diabete». Ciò su cui tutti gli esperti hanno concordato è stato il riconoscere che l’obesità è una malattia cronica e che come tale va trattata, ma non solo. Viviamo in un ambiente “obesogeno” e a questa malattia sono associati non solo il diabete, ma anche ictus, varie patologie oncologiche, cardiovascolari e metaboliche. «L’obesità è una malattia multifattoriale di cui l’apporto alimentare svolge un ruolo nel determinismo e nella terapia della stessa patologia – ha aggiunto Antonio Caretto, Presidente Fonda-

zione ADI –. Uno dei motivi per cui il numero di persone obese ha subito un continuo critico aumento nel corso degli ultimi decenni è da attribuire anche al fatto che sono aumentati i livelli di calorie assunte quotidianamente, oltre alla quantità di alimenti, ma vi è anche stato un errato apporto qualitativo nell’alimentazione della popolazione, che si interseca nel globale ambiente obesogeno». Un’adeguata educazione alimentare e l’adozione di stili di vita corretti fin dalla più tenera età sono entrambe strategie fondamentali emerse durante l’evento. Obesità e Covid-19 Parlare di obesità oggi assume un significato ancora più importante in quanto il coronavirus può causare sintomi e complicazioni più gravi nelle persone con condizioni legate all’obesità. Per questo motivo, lo scorso maggio è stata inviata al ministro della Salute Speranza e a tutti i rappresentanti delle Istituzioni coinvolte una Lettera Aperta, per sottolineare l’urgenza di atti a tutela delle persone con obesità, ancor più fragili durante la pandemia per ragioni legate a difficoltà di convivenza con un ambiente obesogeno e all’interruzione delle cure o delle visite. L’auspicio e l’appello è dunque di considerare l’obesità come una priorità nazionale a livello sanitario, politico, clinico, sociale e clinico. Rachele Villa

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Adattamenti genetici a una dieta a base di riso riducono oggi diabete e obesità Uno studio rivela come popolazioni dell’Estremo Oriente che da migliaia di anni hanno inserito il riso nella dieta quotidiana hanno evoluto adattamenti metabolici che oggi li proteggono dalle malattie metaboliche La tradizionale dieta a base di riso adottata da alcune popolazioni dell’Estremo Oriente ha portato a una serie di adattamenti genetici che potrebbero contribuire a ridurre la diffusione di diabete e obesità. A proporlo è uno studio internazionale coordinato da ricercatori dell’Università di Bologna e pubblicato sulla rivista Evolutionary Applications, che ha analizzato e messo a confronto il genoma di oltre duemila individui appartenenti a 124 popolazioni est-asiatiche e sud-asiatiche. «È plausibile ipotizzare che alcune popolazioni est-asiatiche, i cui antenati hanno iniziato a consumare abitualmente riso almeno diecimila anni fa, abbiano evoluto adattamenti genetici in grado di mitigare gli effetti dannosi che un regime alimentare caratterizzato da un elevato carico glicemico può avere sul metabolismo» ha dichiarato Marco Sazzini, professore del Dipartimento di Scienze Biologiche, Geologiche e Ambientali dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio. Riso e indice glicemico Tra tutti i cereali che hanno subito un processo di domesticazione da parte dell’uomo, il riso è quello con il più alto contenuto di carboidrati e il maggiore indice glicemico. Un suo consumo abbondante e abituale rappresenta un fattore di rischio per lo sviluppo di insulinoresistenza e di malattie metaboliche, a

partire dal diabete di tipo 2. Guardando però alle popolazioni asiatiche che utilizzano il riso come elemento principale della loro dieta, scopriamo che l’incidenza di diabete e obesità è maggiore tra i popoli del subcontinente indiano rispetto a quelli dell’Asia orientale. A cosa può essere dovuta questa differenza? > Distribuzione geografica delle popolazioni asiatiche oggetto In alcune regioni dello studio e loro posizione relativa rispetto ai centri noti dell’Estremo Oriendi domesticazione del riso (Credit: Evolutionary Applications) te il riso selvatico era consumato abitualmente a partire già versità di Edimburgo e prima autrice da 12.000 anni fa. E in seguito, tra 7.000 dello studio. «E questo potrebbe aver e 6.000 anni fa, si è rapidamente diffu- permesso loro di evolvere degli adattaso anche in Corea e Giappone. Nelle menti genetici in grado di ridurre il riregioni settentrionali del subcontinente schio di sviluppare patologie associate indiano, invece, si sarebbe diffuso solo a a una dieta caratterizzata da un elevato partire da 4.000 anni fa. carico glicemico». «Le diverse varietà di riso consumate «I risultati di questa ricerca – conclude e le svariate migliaia di anni in più di Sazzini – dimostrano ancora una volta dieta a base di riso che hanno caratte- come lo studio della storia evolutiva umarizzato alcune popolazioni della Cina, na possa fornire un prezioso contributo della Corea e del Giappone potrebbe anche nell’ambito della ricerca biomeaverle sottoposte a uno stress metabo- dica, permettendo di identificare alcune lico molto più prolungato e intenso ri- delle cause profonde che sono alla base spetto a quello sperimentato dalle po- della differente suscettibilità delle popopolazioni dell’Asia meridionale» spiega lazioni umane a determinate patologie». Arianna Landini, dottoranda dell’UniR.V.

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Parodontite: il contributo del farmacista nel monitoraggio terapeutico del paziente Riconosciuto il valore di supporto del farmacista: può monitorare il paziente affetto da parodontite e aiutarlo nella scelta dei presidi di igiene orale e nella gestione dei farmaci raccomandati dallo specialista Le nuove Linee Guida recentemente pubblicate dalla Federazione Europea di Parodontologia hanno confermato che non esistono farmaci che da soli possano curare la parodontite. I trattamenti efficaci sono il controllo della placca batterica e nei casi più gravi la terapia chirurgica, mentre i farmaci utili sono soltanto antibatterici e antibiotici, che devono essere prescritti dall’odontoiatra. Alla luce di queste evidenze, il supporto del farmacista diventa perciò fondamentale per la salute orale del paziente, in quanto può aiutarlo nella gestione dei farmaci raccomandati dallo specialista e nella scelta di prodotti come spazzolini e dentifrici per

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un’adeguata igiene orale. A sottolinearlo sono gli esperti della Società Italiana di Parodontologia e Implantologia (SIdP), che evidenziando come la ricerca scientifica stia valutando possibili terapie aggiuntive utilizzando farmaci comunemente impiegati nella cura di altre patologie, come ad esempio le statine e la metformina, che rinforzino la risposta immunitaria dell’organismo per migliorare i risultati della terapia parodontale, con risultati finora poco incoraggianti o insufficienti. «Purtroppo, come confermano le linee guida recentemente pubblicate dalla Federazione Europea di Parodontologia, non esistono farmaci efficaci per la cura della parodontite – osserva Luca Landi, presidente SIdP –. Questa patologia infiammatoria, che riguarda 8 milioni di italiani, deriva da uno squilibro batterico nel cavo orale che la risposta immunitaria non riesce a contrastare. La terapia non chirurgica di eliminazione del biofilm di placca batterica è perciò il primo passo per tenere sotto controllo la progressione della patologia, che nei casi più gravi invece richiede un trattamento chirurgico. Tuttavia, senza un adeguato controllo domiciliare della placca batterica da parte del paziente non si può arrivare alla guarigione dei tessuti né alla stabilizzazione del disturbo gengivale: ecco perché è indispensabile una stretta alleanza con il farmacista, che può aiutare il paziente nella scelta dei presidi di igiene orale come spazzolini e scovolini interdentali e

di prodotti come dentifrici e collutori, che contengono principi attivi specifici per la prevenzione e la terapia di infiammazione gengivale, carie e ipersensibilità dentale. Il farmacista, figura di riferimento fondamentale per i cittadini, può diventare così complice e motivatore del paziente nel supportarne la salute e gli stili di vita». Il contributo del farmacista Il farmacista inoltre concorre con lo specialista nel monitoraggio dell’utilizzo razionale dei farmaci prescritti ed è anche colui che, conoscendone qualità, principio attivo, interazioni ed effetti sull’organismo, può consigliarne l’uso in funzione delle esigenze. «Per il controllo farmacologico della placca batterica su può usare l’antibatterico clorexidina, che riduce l’infiammazione gengivale – riprende Landi –: somministrata in sciacqui orali per un periodo di tempo limitato, oppure applicata localmente nella tasca parodontale attraverso appositi chips, rappresenta un presidio farmacologico efficace, da utilizzare in associazione alla terapia di rimozione meccanica della placca. Anche l’applicazione locale di alcuni antibiotici nelle tasche parodontali sembra dare buoni risultati, che vengono mantenuti nei 6-9 mesi successivi al trattamento; l’uso degli antibiotici sistemici invece è raccomandato solo in alcune categorie di pazienti e va scoraggiato su ampia scala per evitare lo sviluppo di antibiotico resistenze». Rachele Villa

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Vaccinazioni nell’adulto e nell’anziano: le richieste di HappyAgeing Nel position paper messo a punto da HappyAgeing si chiede che le istituzioni nazionali e regionali remino nella stessa direzione: ci sono almeno 8 azioni che si possono intraprendere e che possono fare la differenza «L’Italia ha fatto grandi progressi nell’ambito delle coperture vaccinali, ma ancora molto c’è da fare: quella che sta cominciando sarà la prima vera stagione influenzale nel periodo della pandemia, oggi più che mai occorre spingere sull’acceleratore delle immunizzazioni, a partire dalle categorie a maggior rischio. Perché ciò avvenga con successo serve che le istituzioni nazionali e regionali remino nella stessa direzione: ci sono almeno 8 azioni che si possono intraprendere e che possono davvero fare la differenza». Con queste parole Michele Conversano, Presidente del Comitato Tecnico-Scientifico di HappyAgeing - Alleanza italiana per l’invecchiamento attivo, ha aperto l’assise nazionale sull’immunizzazione dell’adulto e dell’anziano, durante il quale è stato presentato il Position paper sulle vaccinazioni dell’adulto/anziano nella stagione 2020/2021. Il Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale 2017-2019 – si legge nel position paper – poneva degli obiettivi di copertura vaccinale da raggiungere nel corso del triennio 2017-2019, ma che in realtà non sono stati completati. «Era previsto un raggiungimento di coperture per la vaccinazione antinfluenzale del 75% come obiettivo minimo perseguibile e del 95% come obiettivo ottimale negli over 65 e nei gruppi a rischio inclusi nei LEA; un raggiungimento nei 65enni di coperture per la vaccinazione

Dipartimenti di Prevenzione, Medici di Medicina Generale e Medici Specialisti», come già previsto dal Decreto Ministeriale del Ministero della Salute del 17 settembre 2018.

antipneumococcica del 75% e di coperture per la vaccinazione anti Herpes Zoster (HZ) del 50% nel 2019. Ma la copertura vaccinale dell’antinfluenzale nel periodo 2018-2019 è stata solo del 53,1%, mentre non sono note le coperture vaccinali su base nazionale dell’antipneumococcica e dell’anti HZ», ha spiegato Conversano. Ed è anche per questa mancanza di informazioni chiare che tra le 8 richieste si trova quella rivolta alle Regioni e alle ASL di «istituire urgentemente l’anagrafe vaccinale dell’adulto e dell’anziano, condivisa tra

Influenza e Covid-19 Recentemente il Paese ha fatto un ulteriore passo avanti sulla strada di una più ampia immunizzazione: la Circolare del Ministero della Salute sulle vaccinazioni per l’influenza 2020-2021 prevede infatti per questo autunno-inverno, già a partire da ottobre, un allargamento della platea di persone a cui è raccomandato il vaccino antinfluenzale: una vaccinazione più estesa, dunque, dovrebbe consentire di ridurre i possibili malati di influenza stagionale e distinguerli più facilmente da quelli di Covid-19. Ma per raggiungere questi obiettivi serve una strategia complessiva: «Chiediamo al Ministero della Salute, alle Regioni e alle ASL una chiamata attiva di adulti e anziani per tutte le vaccinazioni previste dal Piano Nazionale, l’obbligo di vaccinazione per gli operatori sanitari, cosa che alcune Regioni hanno già previsto, la gratuità per tutte le coorti previste dal Piano Nazionale di Prevenzione Vaccinale (PNPV), e dunque una rivalutazione

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vrebbe essere incentivato dalle Regioni e costantemente monitorato dal Ministero, per questo motivo è necessario vaccinarsi e farlo adesso».

degli indicatori LEA (Livelli essenziali di assistenza) da parte del Ministero. Sarebbero state azioni necessarie già in passato, oggi, di fronte alla pandemia, lo sono più che mai». Tra le richieste ve ne sono poi due di carattere più strettamente organizzativo: la prima rivolta a tutti i livelli istituzionali di «istituzionalizzare i rapporti di collaborazione tra la Medicina Generale, gli specialisti che si occupano di categorie a rischio e i Dipartimenti di Prevenzione in un quadro di potenziamento della Sanità Pubblica territoriale» e la seconda, rivolta in maniera specifica alle Regioni e alle ASL, di «essere tempestivi nella programmazione e pronti a recepire l’innovazione su ogni fronte (tecnologico, scientifico ed organizzativo)». «In questi giorni assistiamo ad un acceso dibattito relativo alla sufficiente disponibilità di vaccini per questa stagione e al come e al dove dovranno essere resi disponibili ed effettuati – ha spiegato Michele Conversano in riferimento a questo ultimo punto – A noi non interessa entrare nella polemica della distribuzione ma certo è, e lo avevamo detto già prima dell’estate, che era necessario muoversi 38

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per tempo per assicurarsi un numero di dosi adeguato alle maggior necessità di questo autunno. La programmazione è fondamentale, siamo ancora in tempo per fare bene, l’importante è andare oltre le abitudini del passato dove necessario: si potrebbe effettuare le vaccinazioni in luoghi alternativi agli ambulatori, come i palasport o in modalità “drive-in”, sono questi alcuni dei suggerimenti contenuti nel nostro documento. L’importante è raggiungere l’obiettivo di immunizzare la maggior percentuali possibili delle coorti indicate dal Piano. Due delle quattro vaccinazioni consigliate ai più anziani, l’influenza e la polmonite da pneumococco, servono infatti a prevenire malattie respiratorie. Evitare di essere suscettibili a queste patologie permetterà di avere un sistema immunitario capace di rispondere meglio alla circolazione del virus ed evitare sovraffollamento nei Pronto Soccorso. Anche un’infezione da herpes zoster (HZ), tuttavia, pur non rappresentando un potenziale pericolo a livello respiratorio, comprometterebbe sicuramente le condizioni dell’anziano. Il richiamo decennale della vaccinazione contro difterite, tetano e pertosse do-

“#Oggi più che mai”: al via la campagna per incentivare le vaccinazioni L’ultima delle 8 richieste avanzate da HappyAgeing è quella rivolta a tutti i livelli istituzionali di «incrementare l’impegno di tutti in campagne informative per la sensibilizzazione sul rischio delle malattie e sui vantaggi delle vaccinazioni». In attesa che si provveda a questo tempestivamente e con messaggi coerenti su tutto il territorio, HappyAgeing ha deciso intanto di promuovere una propria campagna social di livello nazionale il cui slogan non poteva che essere “#Oggi più che mai”. Obiettivo della campagna, realizzata con il contributo non condizionante di GSK , Pfizer e Seqirus, è quello di sensibilizzare e incentivare le persone a vaccinarsi, spingere le Regioni ad effettuare le chiamate attive per le vaccinazioni e allo stesso tempo garantire che questo diritto venga riconosciuto: perché vaccinarsi contro influenza e pneumococco, Herpes Zoster e difterite-tetano-pertosse può proteggere anche chi non può riceverlo, come accade ai bambini troppo piccoli, agli immunodepressi o a coloro che sono allergici. Protagonisti della campagna sono due Vacciomini che in una serie di strisce a fumetti raccontano il valore dell’immunizzazione. Un tono ironico e divertente che consente di parlare anche a un pubblico più ampio e che si affiancherà a contenuti più istituzionali e autorevoli come quelli degli esperti, attraverso approfondimenti editoriali e rubriche mensili sull’andamento del picco epidemico. R.V.

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LIPIDIC VITAWIN C, NUOVO INTEGRATORE ALIMENTARE CON FOSFOLIPIDI

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egli ultimi mesi, anche in virtù dell’emergenza pandemica, l’attenzione verso il sostegno del sistema immunitario è salita ai massimi livelli, rendendo, tra gli altri coadiuvanti del benessere, la vitamina C e tutti i prodotti che la contengono un vero e proprio must have nell’ambito del mantenimento dello stato di salute della persona. Ed è proprio in questo panorama che Guna, azienda farmaceutica italiana che opera nella medicina low-dose e nello sviluppo della Nutraceutica Fisiologica, ha lanciato Lipidic Vitawin C: un integratore alimentare a base di vitamina C dispersa in fosfolipidi, i costituenti fondamentali della membrana cellulare, derivanti da soia OGM-free. Le particolarità di Lipidic Vitawin C sono

da ricercarsi proprio nei fosfolipidi, che grazie alle loro peculiari caratteristiche chimico-fisiche, quando si trovano in soluzioni acquose si dispongono spontaneamente secondo una particolare architettura, formando strutture (i liposomi) in grado di intrappolare al loro interno molecole idrofile disperse nel mezzo liquido, come appunto la vitamina C, facilitandone quindi il transito attraverso la membrana cellulare, poiché hanno le stesse loro caratteristiche. Le capsule di Lipidic Vitawin C sono composte da pullulan, un polisaccaride naturale idrosolubile prodotto dal fungo Aureobasidium pullulans, che grazie all’elevata impermeabilità all’ossigeno protegge molto efficacemente il prodotto dai fenomeni ossidativi.

Lipidic Vitawin C è adatto anche a vegani e celiaci. Guna Tel. 02.280181 www.guna.it - info@guna.it

Dermoxyl, detergente delicato con antibatterico

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ermoxyl è un detergente delicato a base di urea perossido al 3%, formulato per l’uso quotidiano. Il pH acido di Dermoxyl aiuta a preservare il naturale equilibrio del film idrolipidico, contribuendo alla protezione della cute. Grazie all’azione antibatterica dell’urea perossido, Dermoxyl è particolarmente indicato in tutte quelle situazioni dove è importante un’azione antimicrobica, come ad esempio luoghi pubblici, palestre e comunità. L’urea è naturalmente presente nella

barriera protettiva della cute e aiuta a mantenerne la corretta idratazione; per questo l’utilizzo di Dermoxyl è indicato anche in presenza di secchezza cutanea. Si consiglia l’applicazione sulla cute bagnata, massaggiando fino a ottenere una leggera schiuma, evitando il contatto del prodotto con gli occhi, e risciacquandolo con cura. Alliance Pharma srl Tel. 02.304601 info.italia@allianceph.com

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POLIDENT EFFETTO CUSCINETTO: NUOVA RISPOSTA AI BISOGNI DEI PORTATORI DI PROTESI

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SK Consumer Healthcare presenta Polident Effetto Cuscinetto, il nuovo adesivo per protesi progettato per donare comfort alle gengive e protezione da pressione, sfregamento e irritazione causati dalla protesi. In Italia sono circa 9,4 milioni i portatori di protesi. Il passaggio alla protesi dentale può avere un forte impatto sulla vita dei pazienti (1). La pressione della protesi sulle gengive, soprattutto durante la masticazione, può causare irritazione e dolore. Per venire incontro a chi avverte queste problematiche, GSK Consumer Healthcare ha ideato il nuovo Polident Effetto Cuscinetto basato sulla tecnologia Adaptagrip, una nuova formula

idro-attiva che crea uno strato protettivo in gel, dalla texture liscia e non granulosa, che aiuta a difendere la gengiva dalle sollecitazioni dovute alla protesi. In particolare, l’ammortizzazione della pressione tra protesi dentale e mucosa durante la masticazione rappresenta un fattore chiave nel comfort del paziente, e l’utilizzo di Polident Effetto Cuscinetto agisce per favorirla (2). Polident Effetto Cuscinetto è inoltre do-

tato di un beccuccio sottile per un’applicazione più efficiente e controllata. 1. Krakjevic S et al. Acta Stomatol Croat 2001; 35: 281-285. 2. Schwaan S et al. J Dent Res 2018; 97 (Spec Iss B): 3537.

GSK Consumer Healthcare Tel. 800 931556 it.servizio-consumatori@gsk.com www.polident.com

CREMA MANI IGIENIZZANTE E NUTRIENTE: LA SOLUZIONE 2 IN 1

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gienizzare le mani è un gesto di protezione e responsabilità, tuttavia lavaggi frequenti o l’uso di prodotti con un’alta percentuale di alcool possono causare effetti indesiderati. Di qui la necessità di nuove soluzioni in grado di assicurare protezione nel lungo periodo. La Crema Mani Igienizzante dr. Ciccarelli igienizza riducendo la carica microbica e virale presente sulla superficie delle mani. La sua particolare formulazione sostituisce all’alcool un’associazione sinergica di ingredienti antibatterici, antifungini e antivirali, unita ad attivi emollienti ad azione nutriente. Gli antimicrobici cutanei, come l’Octenidine cloridrato, sono sostanze in grado

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di arrestare e contenere la crescita microbica anche sulla pelle, poiché contribuiscono a promuovere un ambiente sfavorevole alla proliferazione di microorganismi. La formula contiene inoltre tea tree oil, un olio essenziale naturale che ne caratterizza anche la fragranza. La Crema Mani Igienizzante è ideale per un utilizzo frequente e prolungato nel tempo in quanto rispetta il pH della pelle e si assorbe rapidamente lasciando le mani morbide e profumate. Questo grazie anche alla presenza di attivi emollienti ad azione nutriente, tra cui betaina e vitamina E, che nutrono e proteggono la barriera cutanea, preservandone il film idrolipidico e prevenendo le screpolature.

Farmaceutici Dott. Ciccarelli Tel. 02 58072 www.ciccarelli.it

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Isomar flaconcini decongestionanti: l’acqua di mare per liberare il nasino chiuso

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urante i primi mesi di vita i bambini respirano quasi unicamente con il nasino, che rappresenta quindi un’importante barriera contro virus, batteri e sostanze irritanti. Un nasino congestionato rappresenta un fastidioso ostacolo alla corretta respirazione dei neonati, con il rischio di causare difficoltà a deglutire durante la poppata o disturbare il sonno notturno. L’igiene quotidiana è fondamentale per preservare le vie respiratorie e per tenere il nasino dei bambini sempre libero dal muco, allontanando al tempo stesso i batteri che ne rimangono intrappolati e che possono causare otiti e rinosinusiti.

Dall’esperienza Euritalia Pharma nasce Isomar Flaconcini Decongestionanti, una soluzione ipertonica a base di acqua di mare allo stato puro con azione decongestionante delle mucose nasali. L’acqua di mare ipertonica libera con delicatezza il naso dal muco in eccesso per osmosi, fluidificando e migliorando il drenaggio del muco e detergendo le mucose delle fosse nasali da eventuali polveri e smog. Isomar Flaconcini Decongestionanti contengono pura acqua di mare con una concentrazione salina naturale attorno al 3%. La concentrazione salina

superiore a quella delle mucose libera il naso per osmosi in modo delicato e senza l’aggiunta di farmaci. Euritalia Pharma-Div. of Coswell Spa Tel. 051 6649115 www.isomar.com

GERMISDIN, protezione QUOTIDIANA efficace contro i germi

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sdin, azienda internazionale che opera nel campo della dermatologia, presenta la nuova gamma di prodotti Germisdin, con agenti antisettici per uso quotidiano che protegge efficacemente la pelle dai germi. La linea è composta da due prodotti che non solo detergono tutto il corpo in profondità, ma limitano la proliferazione di microorganismi preservando la naturale protezione della pelle grazie alla formula in gel con pH fisiologico. Germisdin Original è un gel detergente senza sapone con agenti antisettici per pelle normale, ideale per un’igiene delicata che rispetta il manto idrolipidico cutaneo preservandone la funzione bar-

riera e limitando la proliferazione batterica. La sua texture delicata e facile da risciacquare è dermatologicamente testata e adatta anche alla pelle delicata. Germisdin Aloe Vera è un gel detergente senza sapone, ideale per la pelle secca con tendenza al prurito. Formulato con agenti antisettici per un’igiene efficace, aiuta a mantenere e rinforzare la naturale protezione cutanea, limitando la proliferazione batterica nel rispetto del manto idrolipidico della pelle. Oltre a detergere, svolge un’azione idratante grazie all’Aloe Vera e contrasta il prurito grazie al Polidocanolo (Laureth-9). Con una texture ultraleggera e facile da risciacquare, è ideale per l’igiene quo-

tidiana. Dermatologicamente testato e adatto alla pelle sensibile. Isdin Tel. 02 20520276 info@isdin.com www.isdin.com

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NeoBorocillina Gola Junior, nasce la nuova referenza al gusto fragola

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eoBorocillina, da oltre 70 anni al fianco degli italiani per il trattamento del mal di gola, lancia NeoBorocillina Gola Junior gusto fragola, un dispositivo medico per il trattamento degli stati irritativi della gola causati da raucedine, orofaringiti o tonsilliti, specificatamente formulato per bambini dai 6 ai 12 anni. Una pastiglia gommosa al gusto fragola dalle proprietà emollienti e protettive, con una formulazione a base di componenti di origine naturale: estratto di erisimo e di aloe ad alto contenuto di mucillagini dall’azione filmogena, emolliente e lenitiva sul cavo orale; un complesso di glicerina e polisaccaridi del tamarindo dalle proprietà mucoadesive.

L’azione sinergica di questi componenti crea un film che protegge la gola dall’irritazione e calma i fastidi della gola infiammata. Grazie al suo film protettivo, NeoBorocillina Gola Junior gusto fragola genera un doppio effetto: riduce il bruciore, il dolore e la sensibilità alla deglutizione, limita il contatto con gli agenti esterni ed esplica un’azione idratante e lenitiva sulla mucosa orofaringea. Il formato in pastiglia gommosa e l’aroma al gusto fragola sono stati studiati appositamente per offrire un rimedio efficace al mal di gola dei bambini e facilitare il compito dell’adulto nella

somministrazione in caso di necessità. NeoBorocillina Gola Junior, inoltre, non contiene glutine né lattosio. Alfasigma Tel. 051 6489511 info.it@alfasigma.com www.neoborocillinagolajunior.it

FOSPID SIERO ATTIVO, PER UN’AZIONE RIGENERANTE e ANTI-AGING

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all’elevato potere antiossidante e con spiccata azione antiage, Fospid Siero Attivo di Skinius aiuta le cellule della pelle nel loro fisiologico processo di riparazione e rigenerazione. Un prodotto a tutto tondo in grado di preservare la bellezza della pelle, dalle prime rughe fino all’età matura. Fospid Siero Attivo si integra alla perfezione all’interno di ogni beauty routine in ogni momento dell’anno e della vita per restituire tono, densità, turgore, elasticità e luminosità alla pelle, grazie alle sue importanti proprietà rigeneranti. Fospid Siero Attivo contiene una altissima concentrazione di Fospidina, complesso che associa sinergicamente fosfolipidi

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e glucosamina: i fosfolipidi, costituenti fondamentali delle membrane cellulari, favoriscono la rigenerazione delle cellule e sono utili per l’integrità della barriera idrolipidica di superficie; la glucosamina, promuove la fisiologica formazione di acido ialuronico e partecipa alla costituzione delle membrane cellulari. Tra i principi attivi troviamo anche i fitosteroli, che favoriscono la sintesi delle fibre di collagene ed elastina e contribuiscono ai sistemi di trasporto di membrana, e i glicosaminoglicani, macromolecole che agendo come una spugna imprigionano l’acqua presente nella formulazione e la cedono gradualmente sulla superficie cutanea, con-

tribuendo a una migliore e prolungata idratazione. Per un’azione ancora più performante si consiglia l’impiego di FOSPID Siero Attivo in abbinamento all’integratore per il benessere della pelle Fospid.IN. Skinius Tel. 02 9515731 info@skinius.it www.skinius.it

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